Per un nuovo modello di management della piccola impresa: dimensioni organizzative coesistenti, reti di impresa, governance condivisa 1
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- Amando Damiani
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1 Per un nuovo modello di management della piccola impresa: dimensioni organizzative coesistenti, reti di impresa, governance condivisa 1 di Federico Butera Il problema Come rafforzare le piccole e medie e medie imprese che in Italia sono le più numerose e che occupano il maggior numero di persone? Oggi sono in pericolo. Queste imprese sono soggette a molte condizioni penalizzanti dovute al sistema paese: tassazione alta, insufficienza di infrastrutture, insolvenza della Pubblica Amministrazione sui crediti maturati, pesantezza della burocrazia, lentezza della giustizia, costo dell energia, illegalità in ampie aree del paese e molto altro. La crisi economica aggrava tali tradizionali oneri. Il numero di imprese che chiudono o mettono in cassa integrazione i dipendenti oggi ad aprile 2013 cresce di giorno in giorno in maniera impressionante. Pressanti proposte di politiche pubbliche sono proposte in queste ore dalla Confindustria e da altre associazioni imprenditoriali: ridurre il global tax rate, ridurre il cuneo fiscale, riattivare grandi e piccoli cantieri di infrastrutture, e altro. In questa crisi tuttavia insieme a imprese al limite della tenuta vi sono anche imprese che vanno bene, che innovano, esportano, crescono. Le migliori imprese italiane manifatturiere e di servizi studiate nel nostro programma Italia Way of Doing Industry si sono rivelate capaci di competere. perché hanno affrontato la crisi continuando incessantemente a innovare oltre ai loro prodotti e servizi la loro governance, il loro posizionamento di mercato, le loro strategie e il loro dimensionamento, la loro organizzazione macro e micro, la loro tecnologia e soprattutto la loro identità. Dalla nostra ricerca le caratteristiche di queste imprese piccole e medie (o che lo sono state trovando la strada della crescita) sono 8: 1. sviluppano prodotti e servizi di qualità e ad alto livello di design con una componente artigianale in qualche punto del ciclo; 2. si internazionalizzano e cercano mercati non coperti; 3. crescono in base al continuo ascolto della clientela; 4. hanno forti relazioni col territorio; 5. hanno organizzazioni costituite da strutture organiche, agili e flessibili disposte su reti di grandi, medie e piccole imprese, con funzionamenti basati su cooperazione, conoscenza,comunicazione e comunità; 6. hanno un anima, un energia e un identità fondata sulla valorizzazione del proprio scrigno delle competenze, delle eredità dinamiche, dei valori; 7. hanno una imprenditoria taking care prevalentemente industriale e con un buona qualità di relazioni industriali a livello aziendale. 8. fanno parte di insiemi come piattaforme, cluster, macro-imprese che danno un senso unitario all individualismo e all apparente casualità dello sviluppo delle imprese; 1 Questo è un articolo che riporta concettualizzazioni, riflessioni e proposte dell autore, scritto con l intenzione di dare agli operatori del settori un contributo colto allo sviluppo di pratiche di management delle PMIk e allo sviluppo di politiche pubbliche adeguate alla loro natura. Non è un lavoro accademico e pertanto è omessa una bibliografia. Esso ovviamente è tributario di autori, che si troveranno ampiamente citati in due articoli pubblicati su Studi Organizzativi: F. Butera Internet e piccole e medie imprese, n. 2 del 2000.; F. Butera e F. Alberti, ll governo delle reti per la competitività, n.1, 2012 e nel volume F. Butera e G. De Michelis L Italia che compete. L Italian Way of Doing Industry, Franco Angeli 2011). Si ringraziano inoltre alcune persone con cui da mesi l autore ha avviato un confronto sui servizi alle PMI e in particolare Enrico Maria Bignami, Paolo Bulleri, Gregorio De Felice, Giorgio De Michelis, Claudio Gagliardi, Bruno Lamborghini, Alessandra Lanza, Gian Battista Lazzarino, Domenico Mauriello,Giuseppe Tripoli, Marco Zurru e altri: le opinioni e le proposte espresse ovviamente sono di esclusiva responsabilità dell autore. 1
2 Esse hanno bisogno di due cose: essere aiutate a autoriconoscersi per rafforzarsi e per anche per rendere visibile il modello con cui hanno avuto successo affinché possa essere utile al sistema industriale italiano; ricevere dal sistema paese quei servizi finanziari, tecnologici, consulenziali, educativi adeguati alle loro caratteristiche e alle loro potenzialità di crescita. Ma le altre imprese che stanno soffrendo più acutamente della loro crisi e che non hanno sviluppato le caratteristiche che hanno consentito il successo delle medie imprese dell Italian Way of Doing Industry, vanno più fortemente aiutate a sviluppare più robusti modelli di management e a ricevere servizi di alta qualità a basso costo. Nella crisi italiana, appare particolarmente cruciale potenziare la dimensione le capabilities delle imprese che consentano loro di fronteggiare le diseconomie esterne: cruciale per le imprese leader dell Italian Way per crescere ancora e per le imprese in maggiore difficoltà. Michael Cusumano del MIT, che ha studiato le imprese che hanno durato nel percorso di tante crisi, ha proposto 6 princìpi per staying power, restar forti nella crisi: sviluppare piattaforme, complementare i prodotti con servizi innovativi, partire dal mercato, praticare economies of scope, mantenere una elevata flessibilità strategica e operativa e soprattutto potenziare le capabilities dell impresa. Severino Salvemini della Bocconi di fronte alle lamentele sulla debolezza del sistema paese invita a volgere l attenzione anche alla debolezza del sistema delle imprese. E al rafforzamento di queste capacità dell impresa che è dedicata questa nota. Tre sono le principali leve che vengono indicate per rafforzare le capacità delle piccole e medie imprese: l impiego strategico delle tecnologie informatiche, il rafforzamento dei legami fra le imprese in una prospettiva di rete, la successione imprenditoriale e il management. Questo lavoro propone tre indicazioni per il management e per le politiche pubbliche. La prima è la gestione del cambiamento integrato di tecnologia, organizzazione, persone. Non vi è una singola key weapon: occorre sviluppare insieme e armonicamente tutte le dimensioni organizzative, tecnologiche, sociali che regolano e sviluppano l impresa. L aspettativa di usare la leva delle tecnologie dell informazione e della comunicazione come potente fattore di ottimizzazione dell organizzazione e di riposizionamento strategico è fondata, ma solo a condizione che esse si integrino con le altre dimensioni dell organizzazione reale, ossia con l organizzazione formale, le pratiche di lavoro, le regole professionali, la cultura organizzativa e altro. Il ridisegno dei processi, l analisi, la riprogettazione, la implementazione dell organizzazione reale, possono consentire lo sprigionarsi dello straordinario potenziale delle tecnologie dell informazione e della comunicazione. Ma trascurare queste dimensioni espone l investimento tecnologico ad una crisi di rigetto, perdendo uno dei principali driver per la crescita dimensionale, l innovazione, il controllo dei costi, l internazionalizzazione. Per l imprenditore l indicazione è quella di passare dalla informatizzazione alla gestione integrale del cambiamento organizzativo. Per le politiche pubbliche questo lavoro suggerisce di favorire l erogazione di servizi integrati alla PMI, ossia credito, tecnologia, consulenza, formazione, assegnando alle società di servizi un compito cruciale per lo sviluppo delle PMI. La seconda è la crescita attraverso il potenziamento delle reti. Le recenti iniziative sui contratti di rete sono molto importanti per far sì che un insieme di imprese di limitate dimensioni riesca, operando in rete, a conseguire gli stessi vantaggi di costi, possibilità di finanziamenti, capacità di investimenti, percorsi di internazionalizzazione altrimenti possibili solo per le imprese di maggiori dimensioni. I contratti di rete coprono però al momento una piccolissima frazione di quei sistemi di imprese in rete che caratterizzano il sistema imprenditoriale, che per lo più non hanno messo a fuoco che esse rappresentano un nuovo soggetto collettivo. Gestire l impresa come nodo di una rete, vuol dire per il management essere attenti allo sviluppo complessivo della catena del valore, 2
3 dei processi complessivi, delle relazioni, delle nuove forme strutturali della rete/delle reti di cui l impresa fa parte. Per le politiche pubbliche la natura delle reti suggerisce di incentivare i servizi privati e pubblici che permettano di mettere in forma e gestire le reti di impresa, con particolare riferimento ancora alle tecnologie della comunicazione e dell informazione, al credito, alla consulenza, alla formazione. La terza è che le PMI, guidate da imprenditori spesso energici e capaci, debbano rinnovare il loro sistema di governance e il management system. Il noto e molto dibattuto problema della successione degli imprenditori e dello sviluppo di un management professionale nelle PMI, è fortemente legato alle forme di governance attuale e futura dell impresa. Data la natura composita della PMI, un percorso per fronteggiare la crisi o per espandere l azione e le dimensioni dell azienda è difficilmente affrontabile da una governance monarchica o da una governance formale fatta di soli organismi legali e societari. Occorre invece attivare forme di governance partecipative fondate su competenze interne ed esterne all impresa, che valorizzino tutte le dimensioni dell impresa e il suo sviluppo entro le reti per l efficienza, lo sviluppo, l innovazione, l internazionalizzazione. Per l imprenditore questo vuol dire costruire modalità robuste di mettere al lavoro gruppi di manager e professionisti che supportino l impresa nel processo di governance. Per le politiche pubbliche questo implica trovare dispositivi normativi che non ostacolino con eccesso di formalismi lo sviluppo di una governance partecipata e professionale. Il tema Questo lavoro si concentra sulle piccole e medie imprese. Piccole e medie imprese sono quelle che per le regole europee occupano da 10 a 49 dipendenti, hanno un fatturato annuo inferiore a 7 milioni di euro e un bilancio non superiore 5 milioni di euro 2. Medie imprese sono quelle che occupano meno di 250 dipendenti ed hanno un fatturato inferiore a 40 milioni di euro. Fuori dal campo delle osservazioni che seguono sono le microimprese e le macro imprese. Alcune medie imprese sono il nuovo miracolo italiano : quelle censite da Mediobanca hanno risultati eccellenti, crescono, si internazionalizzano. Sono il più delle volte teste di filiere o agenzie strategiche di reti diffuse. Esse sono il cuore dell Italian Way of Doing Industry (Butera e De Michelis). Talvolta diventano multinazionali di grandi o grandissime dimensioni come Merloni, Ferrero, Luxottica, Geox, Armani e molte altre. Non così di successo sono la maggior parte delle piccole e medie imprese colpite dalla crisi che svela drammaticamente i loro punti di debolezza che il ciclo economico positivo non aveva evidenziato. Il tasso di chiusura e di fallimenti delle piccole e medie imprese in questo ultimo anno è impressionante. Se non si vuole accettare la fatalistica spiegazione darwinistica che la crisi seleziona le più deboli e si vogliono individuare delle azioni di sostegno per le imprese che navigano in questa tempesta, occorre formulare tre domande che riguardano la capacità di far fronte alla situazione e in particolare accrescere la loro redditività, innovatività, accesso ai mercati internazionali. Come possono fare le piccole e medie e le medie imprese a irrobustirsi strutturalmente e managerialmente? Come possono crescere verso la loro dimensione ottimale? Come possono operare con successo anche conservando la loro dimensione ma operando come nodi di reti di imprese, guidate da grandi, medie o da altre piccole e medie imprese? Queste sono questioni cruciali per la produttività e competitività del sistema produttivo italiano e per l aumento dell occupazione. Infatti, escludendo le microimprese che sono un ingente 2 Raccomandazione 96/280/CE 3
4 fenomeno al confine fra impresa e lavoro autonomo, le piccole e medie imprese di produzione e di servizi nel panorama economico italiano rimangono le imprese più numerose, quelle che occupano percentualmente il maggior numero di persone, hanno un valore aggiunto secondo solo alle grandi imprese. Le piccole e medie imprese sono in Italia (4,8% del totale contro lo 0,5% delle medie e lo 0,1% delle grandi), sviluppano valore aggiunto per 139 miliardi di euro (22,7% del totale contro il 16,2% delle medie e il 31,7% delle grandi), occupano dipendenti (21,4% del totale contro il 12,3% delle medie e il 19,7% delle grandi). NUMERO DI IMPRESE OCCUPAZIONE VALORE AGGIUNTO Numero di imprese % Numero di addetti % Miliardi di euro % Micro ,6% ,6% ,4% Piccole e medie ,8% ,4% ,7% Medie ,5% ,3% 99 16,2% Grandi ,1% ,7% ,7% Totale % % % Stime elaborate da Cambridge Econometrics per il 2010, basate sui dati relativi al periodo della banca dati sulle statistiche strutturali d'impresa di Eurostat. Lo sviluppo dell economia italiana per alcuni autorevoli studiosi non potrà aver luogo senza un rilancio su basi rinnovate del settore manifatturiero (Patrizio Bianchi), cosa impossibile senza un sistema di piccole e medie e medie imprese forti, che mantengono in gran parte l esperienza del saper fare e capaci di crescere sia per dimensioni che per aggregazioni. Esse tuttavia sono insufficientemente rappresentate sul piano del potere economico, insufficientemente conosciute, inadeguatamente supportate da azioni di politica economica e di servizi appropriati. I loro problemi concreti sono numerosi e riguardano l accesso al mercato, l innovazione tecnologica, il credito, le politiche fiscali, e non da ultime le politiche di gestione delle risorse umane. La piccola impresa è stata giudicata quasi inconoscibile dagli studi organizzativi e manageriali: gli interventi di politiche pubbliche, di sostegno finanziario-economico, di supporto consulenziale, di dotazione tecnologica, di formazione vengono per lo più basati sui dati macro delle popolazioni di impresa: dati di bilancio, settore, localizzazione, posizionamento nei flussi di esportazione. Qui si sostiene che tali interventi raramente riescono ad essere adeguati perché non riescono a penetrare il segreto della piccola impresa, che rimane vista come un individuo irripetibile, risultato di un ineffabile e cangiante rapporto fra mercato, produzione, economicità, personalità e capacità dell imprenditore, cultura e rapporto con il territorio. In una parola, della piccola impresa sono noti i bilanci e si conosce il profilo dell imprenditore, ma l interno sembra una black box. La piccola impresa sembra una struttura affetta da irrimediabile irrazionalità che la renderebbe refrattaria ad un management moderno. Se fosse così, come potrebbe una qualsiasi politica industriale promuovere uno sviluppo imprenditoriale e manageriale, fornire servizi appropriati, favorire crescita dimensionale o aggregazioni? Ma non è così: la piccola impresa è conoscibile, governabile, sviluppabile dal suo gruppo dirigente, può essere destinataria di servizi avanzati, può essere supportabile da politiche industriali di carattere finanziario e fiscale: proveremo a dimostrarlo. Questo contributo individua tre capisaldi per il management delle piccole e medie e medie imprese: a. l approccio clinico, ossia la capacità di riconoscere e gestire la molteplicità delle fonti di organizzazione che coesistono in ogni impresa e in particolare nella piccola, ciò che chiameremo strati organizzativi coesistenti nella stessa impresa; b. il management delle reti di cui la piccola impresa fa parte, ossia la progettazione e la gestione del modo di stare in rete per conseguire risultati di efficienza, innovazione, internazionalizzazione che la piccola dimensione non consentirebbe); 4
5 c. lo sviluppo di una governance partecipativa, ossia una governance che combini il rigore di un sistema razionale e trasparente di gestione dell impresa e di un sistema di attivazione di competenze ed energie interne ed esterne all impresa. Le insufficienze delle scienze organizzative e manageriali Le scienze organizzative e manageriali hanno affrontato il problema in tre modi. Il primo è quello dei case studies, centrato cioè sull analisi della singola impresa. Il più delle volte esse, anche quando consistono in magistrali analisi economiche o sociologiche, scivolano sul terreno delle storie di vita dell imprenditore, delle relazioni fra le persone all interno dell impresa, delle comunicazioni, delle strategie di riduzione dei costi e di generazione del profitto, della generazione dell invenzione, etc. Questi case studies raramente indicano percorsi di diffusione o indicazioni per la condotta imprenditoriale o manageriale. Questi case studies inducono a credere che l imprenditore è solo e né una struttura manageriale né una consulenza possono essere appropriate a sostenerlo di fronte alla complessità del fare impresa. Il secondo è quello centrato sulle storie degli imprenditori, spesso encomiastiche. Tale approccio parte dall assunto che la piccola impresa non è conoscibile e non rimane che dedicarsi a sostenere l imprenditore, le sue capacità, i suoi bisogni, la sua irripetibile personalità. Ci penserà lui a comprendere e sviluppare la sua inconoscibile azienda. Il terzo è quello centrato sull analisi delle popolazioni di impresa. Il punto di partenza è che la classe dimensionale dell impresa (ricavi, occupati), il settore, la posizione geografica, può consentire di predire bisogni e linee di evoluzione. Vengono proposte svariate tipologie di imprese, che esibiscono regolarità di struttura, di funzionamento e di organizzazione del lavoro molto diverse e per ciascuna di loro vengono proposte interpretazioni e prescrizioni diverse. Ma esse non spiegano perché nasce, si sviluppa, muore una singola impresa entro quella classe dimensionale, quel settore, quell area geografica. Le tre tesi La piccola impresa non è una impresa in scala ridotta, ma è un organizzazione costruita attorno al risultato, al prodotto o al servizio che essa eroga, è una organizzazione teleologica, ossia guidata dai fini (come e più di come dovrebbero essere tutte le organizzazioni). La piccola impresa è un insieme delle risorse di capitali, di conoscenza necessarie per lanciare, produrre, vedere un prodotto o servizio e per garantirne la redditività. In continua transazione con il mercato è un nodo di una rete, di una piattaforma, di un sistema con cui scambia processi e valori. La piccola impresa è un sistema di azione originato dall imprenditore che può o meno condividere il governo con altri. In questo lavoro sosterrò tre tesi e tre concetti per spiegare la permanente difficoltà a identificare caratteri e condizioni di sviluppo della piccola impresa: gli strati organizzativi, la rete, la governance reale. La prima tesi è che l organizzazione di ogni singola piccola impresa non è inconoscibile o irrilevante, ma è invece caratterizzata in misura assai maggiore della grande non da una sola organizzazione, ma da un package di diverse organizzazioni coesistenti, o da diversi strati o dimensioni coesistenti di organizzazione, unificate da una forte tensione al risultato di produrre prodotti e servizi che imprime energia e integrazione. Tali strati organizzativi coesistenti sono costituiti da: 5
6 1. l organizzazione formale, tradizionalmente debole nella piccola impresa; 2. l organizzazione istituzionale, quella data dall insieme di adempimenti legali, societari, fiscali, e in generale di compliance; 3. l organizzazione tecnica, ossia quella che deriva dall adozione di tecnologie; 4. l organizzazione di fatto, tradizionalmente sede delle culture artigiane del lavoro che sono alla base della piccola impresa); 5. l organizzazione professionale, ossia lo strato regolato da professioni formalizzate o meno, strato fortissimo nelle imprese high tech); 6. l organizzazione percepita, ossia il modo con cui i diversi gruppi che partecipano all impresa la vedono e la vivono in base alle loro culture e valori; 7. l organizzazione informale, in cui irrompono il sociale, i processi sociodinamici, il mondo degli interessi. Preciseremo a breve cosa intendiamo per tutto ciò. Però notiamo che occorre cogliere la ricchezza e la complessità governabile e gestire tutta intera la realtà dell impresa e non solo la dimensione formale. La seconda tesi è che la piccola impresa fa quasi sempre parte di un sistema sovraordinato, di un impresa di ordine superiore. Proveremo a designarla con il termine di impresa rete e reti di imprese. Il modello evoluto di gestione della piccola impresa è quello che la tratta come nodo di una rete. La terza tesi è che i sistemi di governance della piccola impresa possono essere basati sul governo monocratico dell imprenditore oppure da team direzionali coesi e da sistemi semplici e flessibili di controllo, basati su cooperazione, condivisione della conoscenza, comunicazione interna ed esterna, senso di appartenenza all'interno dell'impresa. I modelli di governance più evoluti devono rafforzare questo modello partecipato di governance uscendo dalla gestione monocratica del solo imprenditore. Le grandi imprese hanno affidato il loro successo a sistemi di corporate governance, basati su sistemi di direzione e controlli molto sofisticati, ma non adatti per le imprese di dimensioni minori. Dall altra parte, il pragmatismo e la "rule of thumb" di molte imprese di minori dimensioni hanno spesso decretato l'insuccesso dell'impresa nelle fasi di crisi di mercato, successione, espansione, innovazione tecnologica, internazionalizzazione. Strati organizzativi e dimensioni coesistenti nella stessa impresa 1. La piccola e media impresa ha sempre un organizzazione formale, ma è ben diversa da quella della grande impresa. Sono di solito assenti per lo più articolazioni funzionali e soprattutto una forte divisione fra staff e line. Le partizioni interne dell impresa (quella che nella grande impresa si chiama macrostruttura) sono labili e assai mutevoli e centrate su missioni o obiettivi; in ogni caso, nessuna unità organizzativa opera isolatamente, ma risponde sempre a più fonti di autorità formali o non formali. In sintesi, la macrostruttura della piccola impresa assomiglia spesso più a strutture per progetto e obiettivi o per matrice che a strutture gerarchico-funzionali. È forte e visibile il ruolo del vertice, quasi sempre una persona o un piccolo gruppo di soci. Più che i poteri e le deleghe formali sono rilevanti aspetti come leadership, carisma, influenza basata su valori sociali e spesso familiari. Per lo più è un organizzazione basata su un tipo di autorità diversa da quella legale-razionale. Le procedure hanno vita stentata nelle piccole e medie e medie e medie imprese: di fronte a crisi di disordine spesso vengono introdotte procedure anche assai stringenti ad imitazione di quelle delle grandi aziende ben organizzate. Ma raramente funzionano. Le mansioni come 6
7 serie di compiti da eseguire non sono rigidamente definite, ma nelle migliori piccole e medie imprese esiste quasi sempre un forte sistema di ruoli, esprimibili in termini di risultati da raggiungere, relazioni da tenere, problemi concreti da risolvere, con forte intercambiabilità. Le regole di gestione del personale sono raramente generate all interno dell impresa, ma provengono da vincoli esterni (leggi o contratti). I sistemi di reclutamento del personale sono invece basati sulla cooptazione. Le regole di assegnazione del lavoro sono spesso basate su una valutazione sia di qualità lavorative che sociali del lavoratore. L organizzazione formale nella piccola impresa tuttavia esiste ed è di grande importanza, ma contiene caratteri innovativi rispetto alle burocrazie industriali delle grande imprese. Essa è per lo più caratterizzata da un modello organico basato sul forte orientamento all obiettivo, dalla capacità di ascoltare i clienti e il mercato, dalla flessibilità strategica e operativa, dal lavoro di gruppo e altro. La formalizzazione non risiede nelle norme e negli organigrammi, ma nella cooperazione intrinseca, comunicazione estesa, condivisione di conoscenze, comunità (Butera, Modello 4C). Essa, se riconosciuta come organizzazione e non come organizzazione informale, può diventare lo spazio in cui promuovere la modernizzazione e la creazione di maggiore razionalità e il distacco dalla personalità dell imprenditore. 2. L organizzazione istituzionale è quella fissata da norme esterne, ossia la compliance: regole legali, societarie, fiscali, ambiente, sicurezza. Essa invece di essere oggetto di governo dell impresa è spesso vista come un insieme di formalità o un sistema di vincoli esterni. Esse invece contribuiscono a mettere in forma la piccola azienda, ne assicurano la sopravvivenza e lo sviluppo economico, le consentono di mantenere la correttezza formale e sostanziale verso la Società e le Istituzioni. Essa è quella che dà stabilità all impresa che vuole essere costruita per durare. Naturalmente l eccesso di regolamentazione e di complicazioni burocratiche è nocivo all impresa: ma questo è un altro argomento anche se confina con il precedente. 3. Una parte rilevante dell organizzazione della piccola impresa è costituita da una struttura latente, alla vista di tutti, ma raramente compresa nella sua essenza: l organizzazione tecnica. Un ciclo di montaggio, una distinta base, una procedura di prelievo a magazzino, una procedura di controllo, un software di contabilità, un sistema di CAD/CAM etc., sono a prima vista sistemi tecnici, ma in realtà sono anche e soprattutto sistemi per regolare comportamenti umani. Responsabilità, ruoli, funzioni, ritmi e carichi di lavoro, conoscenze, formazione, etc., sono spesso determinati da questi sistemi tecnici. Attraverso la loro diffusione le tecnologie dell informazione portano nella piccola impresa non solo cultura moderna, ma anche una forte dose di organizzazione incorporata nelle metodologie e tecnologie. È evidente che se questa organizzazione tecnica sarà sinergica con quella organizzazione organica caratteristica della piccola impresa che abbiamo citato prima, tale organizzazione tecnica conferirà all impresa efficacia ed efficienza, modernità, flessibilità e qualità. In caso contrario (ad esempio se i sistemi tecnici saranno rigidi, prescrittivi,non taylor made) allora è probabile che avverrà un processo di autosegregazione e distacco dei sistemi tecnici. Avverrà probabilmente una convivenza inefficiente fra un azienda tradizionale e flessibile (giudicata pasticciona e personalistica) e un azienda tecnologicamente avanzata e moderna (giudicata rigida e astratta) 4. La maggior parte dell iceberg organizzativo della piccola impresa è però rappresentato dall organizzazione di fatto, ossia quella serie di norme, pratiche, valori, culture non scritte, ma fortemente riconoscibili, che rappresentano il modo di fare concretamente le cose nella produzione, nell attività commerciale, nell amministrazione etc. Questa organizzazione risiede in primo luogo nelle capacità, nelle pratiche degli operai, degli impiegati, dei dirigenti: è un organizzazione che scaturisce dalle persone, piuttosto che un organizzazione che fissa regole alle persone. Importantissime organizzazioni di fatto sono le comunità di pratica, oggetto da oltre un decennio di studio e di intervento. Questa organizzazione è l insieme delle pratiche produttive, degli standard, delle esperienze di cui l impresa è ricca. Un impresa ha un organizzazione di fatto, ma in gran parte è la sua organizzazione di fatto. Reputazione e competenza distintiva da una parte e limiti 7
8 all innovazione e alle traiettorie di sviluppo dall altra sono radicate in tale organizzazione di fatto, unica e resistente al cambiamento rapido. Vi è in ciò forse un pezzo di spiegazione del perché economisti, sociologi e consulenti di management ritengono inconoscibile la piccola impresa: essa sarebbe assolutamente unica e si conoscerebbe solo vivendoci dentro, quindi ingovernabile e non controllabile se non dal leader carismatico e dai leader professionali: ciò la renderebbe quindi refrattaria al cambiamento e critica al momento della successione. Ma non è così: anche l organizzazione di fatto si può cambiare con il riorientamento strategico, con processi di gestione del cambiamento, con lo sviluppo del sistema professionale, con i social network, con la formazione, etc. 5. In molte organizzazioni piccole e medie ad alto livello di conoscenza (così come in quelle medie e grandi) lo strato organizzativo più importante è l organizzazione professionale. Le persone sembrano operare in base ai dettami di una istituzione professionale sovraordinata che detta regole, criteri, valori. Il caso estremo è la situazione delle imprese costituite da professional: questi ultimi hanno una doppia lealtà, all impresa e alla loro corporazione spesso. Congressi, riviste, network, scuole, associazioni sono spesso la struttura portante dell organizzazione dei giornalisti, dei progettisti di software, dei medici, dei pubblicitari, dei consulenti etc. In gran parte del terziario avanzato le regole tecniche e di condotta sono fissate non dentro la singola impresa, ma dentro queste più ampie istituzioni o corporazioni. Nella piccola impresa ad alta intensità professionale del terziario avanzato, si pensa che manchi l organizzazione. Il successo e la crescita dell impresa vengono attribuiti a fattori individuali di capacità, creatività, genialità: le persone. L idea stessa di organizzazione pare essere antitetica o contrastante rispetto a quella di creatività e autonomia professionale. In verità, si tratta di expert dependente organizations in cui l organizzazione coesiste con il sistema professionale. 6. L organizzazione percepita è molto più che la cultura dell organizzazione: è quel particolare strato organizzativo in cui valori, credenze, accomunamenti, sistemi di senso, flussi affettivi che costituiscono una struttura rappresentativa del mondo producono fra una popolazione definita una particolare lettura delle regole organizzative più hard. Tale lettura infatti è differente fra diversi gruppi sociali, etnici, di genere, di età, di scolarità etc. Nella piccola impresa, ad esempio, la famiglia come struttura sociale e come sistema culturale è potentissima: così i ruoli legali di comando vengono spesso letti come ruoli paterni; gli impegni verso il risultato produttivo come risultante di impegni di lealtà reciproca dei gruppi sociali; lo sviluppo dell impresa è spesso lo sviluppo di una missione di tipo parentale; il piccolo imprenditore che vuole fare come il padre morto prematuramente in realtà porta dentro di sé comandi, stili, valori, procedure organizzative tramandatigli a un primo livello attraverso le relazioni di parentela e ad un secondo livello attraverso un educazione a leggere l organizzazione produttiva con gli occhiali (deformanti o formanti) dell istituzione familiare e delle sue figure prominenti. 7. L organizzazione informale di cui si parla anche a proposito della piccola impresa è quindi uno strato residuale sia pur importante: è l organizzazione sociale che assicura protezione a interessi di individui e piccoli gruppi. L organizzazione informale serve alle persone, non agli scopi, dell organizzazione: essa è orientata agli interessi di membri dell organizzazione e alle relazioni, non al risultato produttivo. Talvolta l organizzazione informale è innocente e benefica: è cioè il modo con cui vengono riforniti bisogni di socialità e di convivialità dei gruppi sociali. In molti altri casi, invece, l organizzazione informale nasconde una controorganizzazione che ha scopi diversi da quelli dell organizzazione e talvolta anche illegali. Talvolta l organizzazione informale è addirittura la filiale di una organizzazione più vasta di carattere criminosa che usa la specifica organizzazione in modo parassitario. È il caso delle cricche, dei clan, dei nuclei mafiosi o camorristici che si annidano entro le aziende produttive. 8
9 Ciascuno di questi strati dispone di un proprio modello: l organizzazione complessiva, in realtà, non è la reductio ad unum, ma la combinazione di organizzazioni diverse fra loro compatibili. Questo avviene se il vettore principale è l orientamento all obiettivo e al risultato. La gestione della piccola impresa deve essere basata sul potenziamento della robustezza, razionalità di tutti gli strati organizzativi e la loro convergenza verso fini. Questo vuol dire: a) orientare tutti gli strati organizzativi verso obbiettivi e risultati di redditività, socialità, crescita, innovazione, internazionalizzazione b) sviluppare progetti di innovazione e di cambiamento strategico, organizzativo, culturale, operativo della piccola impresa c) selezionare e formare un management professionale moderno ma adeguato alla natura della piccola impresa e soprattutto capace di comprendere e migliorare tutti gli strati organizzativi illustrati e portarli ad unità. Questo approccio suggerisce di valorizzare tutti gli elementi/strati dell organizzazione. L idea che le tecnologie dell informazione e della comunicazione consentiranno crescita, efficienza, internalizzazione è corretta, ma solo alla condizione che esse siano precedute dall analisi e dal ripensamento dei processi di business, dall accompagnamento dell inserimento delle tecnologie, dallo sviluppo delle comunità di pratica, dei sistemi professionali, dal miglioramento della cultura e dei valori, dal potenziamento della competenze: in una parola il management deve avviare processi di change management. Favorire un buon sistema di energizzazione e controllo verso gli obbiettivi, lo sviluppo di progetti di innovazione e la cura di forme di management adatte per le piccole e medie imprese diventa anche compito di politiche industriali. Esse dovrebbero in particolare favorire l apertura di cantieri di innovazione e la formazione, l identità professionale, la mobilità di dirigenti, quadri, professional delle piccole e medie imprese. Scuola, università, CNR, associazioni imprenditoriali, enti locali devono trovare risorse e programmi per aiutare la piccola impresa ad attivare progetti di cambiamento e fornire alla piccola impresa quel management che è necessario per far crescere di dimensioni e di capacità la piccola impresa. E per metterla in rete. La piccola impresa come nodo dell impresa rete Nella grande maggioranza dei casi, la piccola impresa è il nodo di un impresa a livello superiore: l impresa rete e le reti d impresa. Questo termine viene attribuito in primo luogo a casi nei quali ha luogo un processo di decentramento di attività da un impresa centrale verso imprese subfornitrici: il decentramento produttivo di attività manifatturiere e il decentramento delle attività di servizi. La piccola impresa in questo caso è per lo più il reparto staccato, il subfornitore specializzato e flessibile della grande impresa. Una seconda e distinta classe di situazioni che vengono evocate parlando di impresa rete è quella delle filiere, costellazioni di imprese, ossia sistemi di imprese collegate fra loro in un ciclo di produzione: esse non hanno di solito fra loro collegamenti societari o organizzativi, ma hanno potenti sistemi di cooperazione operativa. È il caso, in Italia, dei mobili in Brianza, delle calzature a Napoli, delle attività agroalimentari in Emilia etc. In questo caso le piccole e medie imprese sono soggetti di un complesso gioco di cooperazione fra imprese. Una terza classe di situazioni è quella che fa riferimento a sistemi di imprese (omogenee o disomogenee) su base territoriale come i distretti imprenditoriali e i cluster : imprese grandi e piccole e medie si compenetrano fra loro e con enti non economici come il Comune, la Regione, i partiti etc. Sono imprese rete e reti di imprese anche quei sistemi imprenditoriali costituiti da imprese giuridicamente autonome ma legate fra loro da forti vincoli associativi, e strutture consortili di servizio come le confederazioni degli artigiani o le cooperative. 9
10 Da cosa è composta una rete organizzativa? Ecco la grammatica delle reti proposta da chi scrive a partire dal 1990: 1. una doppia catena del valore: il valore economico e il valore sociale che si rinforzano a vicenda; 2. processi interfunzionali, interaziendali e interistituzionali che attraversano imprese e unità organizzative diverse; 3. nodi produttivi (imprese, unità organizzative, ruoli professionali) e istituzionali (enti pubblici, Comuni, scuole e gruppi sociali) vitali e capaci di sopravvivere e prosperare autonomamente; 4. connessioni e relazioni lasche o forti che connettono i nodi (scambi economici, procedure, informazioni, comunicazioni, relazioni sociali, rapporti di potere etc.); 5. strutture multiple che devono essere fra loro coerenti e adatte alle strategie e alle sfide (gerarchia, mercato, sistema informativo, strutture sociali, strutture politiche etc.); 6. proprietà operative peculiari, come i sistemi decisionali, di regolazione dei conflitti, di rafforzamento dell appartenenza alla rete, di creazione d identità, di governance. Questa grammatica ci consente di analizzare e di esplorare la varietà delle nuove forme assunte dalle reti di impresa e dalle imprese rete. 1. Le reti organizzative sono tali quando i soggetti che le compongono condividono una stessa catena del valore: dal potenziamento dell intera catena del valore deriva l aumento di valore del segmento in cui ogni componente è collocato. Catena del valore economico e catena del valore sociale si rinforzano a vicenda attraverso il ciclo redditivitàinvestimento-visibilità-supporto sociale interno ed esterno-strategie-compatibili. 2. Una rete organizzativa è tale se controlla uno o più processi fondamentali (ideare, progettare, produrre, acquistare, vendere, promuovere l identità, amministrare). Nelle reti verticali (per esempio le filiere del mobile della Brianza) i processi principali implicano una divisione del lavoro per fasi; nelle reti orizzontali in cui diverse imprese fanno la stessa cosa (per esempio Sassuolo) i processi in comune sono quelli relativi al coordinamento e all innovazione, mentre rimangono replicati in parallelo (e competitivi) i processi fondamentali. 3. I nodi, che sono parti costitutive di un organizzazione a rete, sono entità grandi o piccole e medie orientate ai risultati, relativamente autoregolate, capaci di cooperare tra loro e di interpretare gli eventi esterni. Essi possono essere interni o esterni ai confini giuridicoamministrativi di un impresa: possono essere, cioè, sia unità giuridicamente autonome (un impresa), sia unità organizzative interne ad una singola impresa. Nodi di un organizzazione a rete sono ad esempio: una holding, un impresa autonoma ma anche un ente pubblico, un consorzio, una business unit, un gruppo di lavoro, un ruolo organizzativo, una persona (per esempio un designer o uno stilista). 4. Una parte costitutiva della rete è data dalle connessioni o relazioni fra i nodi. Tali connessioni sono di varia natura, coesistenti e in molti casi sinergiche più che opposte. Le connessioni burocratiche sono quelle più tradizionalmente visibili, quelle cioè che più danno la sensazione di un sistema organizzato : ordini, norme, procedure. In un impresa rete esse esistono e sono importanti; rappresentano però solo alcune fra le connessioni che tengono unito il sistema. Nell organizzazione a rete è fondamentale lavorare insieme su un problema, prendere una decisione collegiale, portare a termine un progetto. Per questo contano di più altri tipi di connessioni: per esempio le regole e le pratiche della cooperazione lavorativa, i canali e le forme di comunicazione, lo scambio della conoscenza. Le transazioni economiche sono fra le connessioni più importanti nel sistema: prezzi di transazione di merci e servizi scambiati nel sistema, sia fra imprese che fra unità organizzative. Le informazioni formalizzate che passano attraverso reti informative sono sempre più connessioni fondamentali del sistema: molte delle imprese rete sopravvivono e 10
11 si sviluppano per i sistemi di ICT che supportano sistemi di programmazione, logistica, controllo di gestione etc. Le interazioni che avvengono nelle riunioni, negli incontri, nelle telefonate, nei team intra e inter-funzionali sono connessioni fondamentali per funzionare come una comunità di lavoro. Anche in termini di connessioni, legami, si assiste a un complicarsi del fenomeno, con la coesistenza all interno della stessa rete di meccanismi di connessione dei nodi della rete formali-burocratici, sociali o con scambio di capitale al tempo stesso. 5. Le reti di imprese e le imprese rete sono strutture composite governate. La configurazione dei nodi e delle connessioni dà luogo a strutture tipiche. Nell impresa rete convivono strutture diverse. Convivono strutture dure (descrivibili e razionalmente progettabili) e strutture morbide (che riposano su razionalità diverse e che possono essere influenzate, ma non pienamente progettate). Esempi di strutture conviventi nel sistema sono: strutture di proprietà (partecipazioni azionarie); strutture di governance (consigli di amministrazione); struttura gerarchica (un organigramma); struttura operativa (un comitato, una task force); struttura informativa (una rete locale); mercato; clan; sistema politico; parentela; etnia etc. 6. Anche in termini di proprietà operative si assiste a un moltiplicarsi di forme, soprattutto per quanto concerne la governance della rete stessa, tesa ad assicurare il coordinamento e il controllo delle attività. Eccone alcuni esempi: presenza di manager o amministratori che occupano contemporaneamente posizioni di responsabilità all interno di più imprese; routine, regole e procedure; scambi di informazioni (formalizzati o meno); direttive (formali o informali) emanate su base gerarchica; ruoli di collegamento o di integrazione (per esempio assunti da imprese che occupano lo stadio finale e commerciale della filiera produttiva; oppure assunti da product/project manager; o da intrecci nei consigli di amministrazione); organi di governo inter-imprenditoriali (per esempio all interno di distretti industriali in cui viene accettata la leadership di un impresa centrale); gruppi (formali o informali) per la risoluzione di problemi; sistemi di pianificazione e programmazione e sistemi informativi (per esempio applicazioni informatiche inter-organizzative; programmazione delle vendite e degli acquisti nelle catene di franchising; pianificazione e controllo delle operazioni nei contratti di sub-fornitura etc.); strumenti di mercato (per esempio contratti regolatori di obbligazioni finanziarie, o di relazioni reciproche in termini di divisione del lavoro e/o diritti di remunerazione; patti di arbitrato per la risoluzione delle controversie); presenza di un senso di appartenenza al gruppo che facilita le relazioni e lo scambio di informazioni. Vi sono quattro saperi fondamentali per i manager e gli imprenditori che operano in imprese che indipendentemente dalla loro forma giuridica e dalla loro dimensione sono in corso di trasformazione strutturale verso modelli organici e in rete. 1. Saper dar vita e mantenere in vita sotto-sistemi organizzativi vitali Dar vita significa scegliere e fondare unità consonanti (tecnologia, organizzazione, persone) e appropriate (al prodotto/mercato). Assicurarne la vitalità vuol dire assicurare a tali unità adeguate skill operative, di management, di innovazione, capacità di autoregolazione (gestire impegni, comunicazioni etc.), capacità di raggiungimento degli obiettivi (controllo delle varianze, feedback, feed-forward). Gestire sistemi vuol dire fissare e controllare obiettivi; formare, supportare e sanzionare; vuol dire anche chiudere le unità inefficienti e inefficaci, ma valorizzare le esperienze e preservare le persone. 2. Saper interagire e saper gestire le connessioni Imprenditori e manager della piccola impresa svilupperanno le regole burocratiche: tentando di definire le minime specifiche critiche e non superprocedurizzando. Essi costruiranno mercati interni comunicanti con i mercati esterni, considerando in modo unico il cliente interno ed esterno. Sapranno usare e sviluppare l informatica di supporto alle professioni e le tecnologie della comunicazione e della cooperazione. Svilupperanno la cultura dell interdipendenza e della soluzione, assicureranno lo sviluppo della catena del valore reddituale e di visibilità. 11
12 3. Saper progettare e gestire strutture complesse Imprenditori e manager della piccola impresa organica in rete dovranno avere capacità di progettare e gestire strutture per sistemi (business unit, profit center, divisioni, dipartimenti, gruppi di lavoro etc.), sviluppare e gestire reti locali, reti geografiche, cooperation technology, work station intelligenti. Dirigere implicherà sempre più capacità di gestire piccole society umane (clan management). Essere dirigenti implicherà sempre più un azione intenzionale a sviluppare la cultura d impresa e il management delle risorse simboliche. 4. Disporre di una piena padronanza di tecniche di gestione moderna Imprenditori e manager in rete devono padroneggiare il linguaggio dell impresa e sviluppare la cultura della casa. Dovranno sviluppare sistemi di governance, pianificazione e controllo ad hoc per l impresa in cui si opera. La collaborazione delle imprese in rete è un tratto distintivo del modo italiano di fare impresa. E necessario costituire una piattaforma nazionale dedicata all erogazione di servizi alle imprese in rete. Il suo potenziamento con adeguati servizi finanziari, tecnologici, manageriali, educativi viene sempre più frequentemente considerato un elemento essenziale e virtuoso per favorire la competitività del tessuto imprenditoriale italiano. Rendere visibili e accessibili tali servizi e far crescere il volere e sapere stare in rete è il secondo punto chiave di una politica industriale a favore delle piccole e medie imprese. La governance Lo sviluppo delle imprese e delle reti di imprese richiede che vi sia un sistema di governante e controllo unitario, condiviso e riconoscibile. La governance è il metodo attraverso il quale le aziende sono dirette e controllate. Il sistema di governance deve essere quello adatto alla specifica azienda. Non esiste una ricetta: esiste un metodo, da applicare in ogni azienda, per trovare la soluzione corretta per quell azienda. Il modello della governance svolta dall imprenditore singolo è obsoleto a favore di quello di imprenditore costituito da un gruppo di persone, coordinato e indirizzato da un leader, secondo la definizione di Enrico Maria Bignami. Il Leader è il capo-azienda. Il Gruppo pro-tempore è formato dalle persone chiave (interne, ma anche esterne) che affrontano insieme i progetti di innovazione, cambiamento e ristrutturazione strategica, organizzativa, operativa. Il Gruppo visto dinamicamente - è quindi un imprenditore resistente, affidabile e competente. Esso non usurpa le prerogative o la iniziativa del singolo imprenditore, ma lo rafforza e integra. Lo rende capace di far traghettare la sua azienda verso dimensioni, relazioni, mercati più estesi. La governance così intesa si sviluppa in profondità e in estensione. Profondità perché coinvolge tutti gli strati dell organizzazione e non solo quelli formali: in particolare innova le tecnologie senza farne un corpo estraneo nell azienda, potenzia il sistema professionale senza farne un contropotere, valorizza le pratiche dell organizzazione di fatto come energia e risorsa concreta per il cambiamento, circoscrive le dimensioni di compliance senza farsene degli alibi, opera sulla cultura e sulle percezioni delle persone che sono coinvolte nel cambiamento: in una parola integra tutti questi strati o dimensioni riportandoli ad unità nella dinamica del cambiamento e crea le condizioni per attivare la partecipazione delle persone al cambiamento stesso. Estensione perché la governance copre tutto l ambito della rete di cui l impresa fa parte: vede e sviluppa il valore generato dalla rete, configura i processi in modo che scorrano fluidi lungo tuta la rete, conosce e si relaziona con tutti i nodi della rete, valorizza tutte le forme di connessione, si vede non come una entità isolata ma come parte di una struttura/distretto/piattaforma industriale di 12
13 cui condivide i destini. La governance dell impresa in rete fa strategia in casa degli altri e si apre a valorizzare la strategia che altri fanno contando sulla propria eccellenza produttiva. Proponiamo che le imprese costituiscano una Independent Advisory Board, costituito da un team di esperti senior interni ed esterni all impresa che fornisca alla Proprietà indicazioni strategiche e di governance super partes, non condizionate da vincoli di dipendenza gerarchica, legami famigliari o partecipazione azionaria. L Independent Advisory Board opera partecipando a progetti di innovazione e, come osservatore, al processo decisionale aziendale, fornendo la propria opinione non vincolante sia di merito sia di processo, anche grazie all accesso ad un ampio network relazionale ed istituzionale. Per quanto riguarda le politiche industriali a questo riguardo, esse dovrebbero consistere nel fornire risorse per la costituzione di Advisory Board che assicurino le competenze finanziarie, tecnologiche, organizzative, educative a quelle imprese che presentano precisi programmi di innovazione e cambiamento. 13
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