Geni, evoluzione, informazione

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1 Liceo Scientifico GIORDANO BRUNO - Mestre - AVANGUARDIA DELLA TRADIZIONE IV EDIZIONE L INFINITO DELLA VITA ANIMALE Dottor STEFANO GIAIMO Geni, evoluzione, informazione 27 febbraio 2009

2 Moderatore: Non sarete del tutto stupiti di vedere qualcuno di voi almeno non deve esserlo, perché l ho preannunciato un ragazzo che potrebbe davvero essere uno studente di questo liceo che è uscito da pochi anni. Adesso lo presento sommariamente, racconto in poche battute anche la storia del contatto che abbiamo avuto con lui. Mi auguro, soprattutto, che sia di buon augurio e di incoraggiamento per tutti voi, perché spesso, anche negli incontri precedenti, si è parlato, denunciata la difficoltà che i giovani studiosi ricercatori trovano nel dare soddisfazione alle loro ambizioni, alle loro vocazioni. Con il dottor Giaimo, non posso chiamarlo professore, ma magari sarà più trasparente e autorevole di qualche professore con le P maiuscole che abbiamo ospitato, noi abbiamo il piacere di fare vedere, di constatare che effettivamente con i costi che una carriera del genere comporta agli inizi si debbono pagare qualche prospettiva per i giovani studiosi resta. Il professor Giaimo è, per così dire, in vece, rispetto al programma che abbiamo predisposto, del professor Giovanni Bognolo, il quale era stato da noi invitato in ragione di questo libro, che io ho qui e che è intitolato Limite al ribelle Etica, naturalismo e darwinismo. Per delle difficoltà e per un accordo convenuto tra lui e noi, avrebbe dovuto essere qui sotto Natale, c erano grandi difficoltà da parte sua e gli abbiamo detto che se ci trovava un valido sostituto noi eravamo anche disposti a accoglierlo e lui ci ha segnalato il suo ricercatore, non studente, perché abbondantemente laureato, con cui aveva appena pubblicato questo libro su parti delle quali penso verterà la sua lezione di lui. Questo libro è intitolato Filosofia e Scienza della Vita. Un analisi dei fondamenti della biologia e della biomedicina. È un libro a più mani. In molti di questi saggi, però c è la mano diretta del dottor Giaimo, non si è semplicemente limitato a coordinare la ricerca. Il titolo della conferenza lo conoscete, oltre tutto, per chi non lo sapesse, è scolpito qui sopra, la lezione, quindi, dovrebbe vertere sui fondamenti concettuali della biologia evoluzionistica a partire dalla pluralità di concetti che definiscono quell entità che noi chiamiamo gene, e poi ci si dovrebbe sentire, dire qualcosa sulla distinzione tra evoluzione e selezione, cioè due concetti distinti, che spesso, invece, si confondono, anche perché si intrecciano, perché si sovrappongono in qualche modo. Infine, ci aspettiamo chiarimenti sull utilizzo del concetto di informazione nell ambito delle scienze della vita, dove il termine informazione ormai si è caricato di un peso metaforico che lo schiaccia, che rende incomprensibile, quantomeno ambiguo, il suo significato. Io passo direttamente il microfono, cercando di impiantarlo nel migliore dei modi, al dottor Giaimo. Dottor Giaimo Stefano: Io ringrazio moltissimo il professor Martufi sia per la benevola introduzione che mi ha fatto sia per l invito, per avere accettato me come sostituto del professor Bognolo per venire a parlarvi. Sono veramente lusingato di parlare a un pubblico non solo così numeroso, ma anche così preparato, da come posso desumere semplicemente passeggiando per il vostro liceo, si vede che qui c è un forte fermento culturale. Che dire? Sostanzialmente, io sono qui, non so, vorrei in due secondi definirmi. Quello che io cerco di fare: faccio ricerche in filosofia. Penso che sia almeno un po peculiare per tutti pensare che un filosofo possa parlare di Darwin, di evoluzione, di biologia. Quello che interesserebbe a me è farvi proprio capire, durante questa lezione, qual è il lavoro del filosofo rispetto a una scienza naturale com è la biologia, e cercherò di farlo attraversando questi tre concetti che io ho scelto, sono tre concetti che sono stati molto discussi nel dibattito filosofico internazionale e nazionale: il concetto di evoluzione, il concetto di gene, il concetto di informazione, e far vedere qual è il lavoro filosofico su questi concetti. Non sono qui a fare della divulgazione scientifica perché gli scienziati e i giornalisti scientifici sono molto meglio di me in questo, cioè loro possono coprire tutti i contenuti. Ugualmente, lo possono fare i vostri professori di scienze naturali, di biologia etc.. Per cui quello che voglio cercare di trasmettervi è la peculiarità dello studio filosofico, di avere uno sguardo filosofico sulla biologia. Questo anche perché spesso questo, ad esempio, non so, è stata la mia esperienza, quando andavo io al liceo la filosofia era intesa quasi solo come storia della filosofia, era raramente pensata come 1

3 un attività. Generalmente, si trattano i grandi filosofi del passato. Invece, dobbiamo pensare alla filosofia anche come un attività di ricerca viva ancora oggi, che si occupa di tematiche molto moderne e che ha i suoi strumenti e i suoi metodi. In particolare, voglio discutere del fatto che la filosofia cosiddetta della biologia, la filosofia, il pensiero teorico, teoretico sulla biologia, fondamentalmente, è una branca, un ramo della filosofia della scienza. La filosofia della scienza è, come probabilmente sapete, la filosofia che si occupa di riflettere sulle questioni scientifiche. Ha alcuni temi classici che possono essere: che cos è una spiegazione scientifica? Che cos è e come avviene una scoperta scientifica? Che cos è una legge di natura? La filosofia della biologia, in qualche modo, cerca di riportare queste grande tematiche del pensiero della filosofia della scienza all interno della biologia e cerca di vedere lì che cosa succede, anche perché molta della filosofia della scienza che è stata fatta durante il 900, per esempio, ha preso come modello la fisica; per cui le nuove generazioni di filosofi hanno pensato: sì, ma andiamo a vedere anche altre scienze oltre alla fisica, e ho preso la biologia. Uno dei compiti principali della filosofia della biologia è dare un esplicazione dei concetti della biologia stessa, cioè fornire un esplicazione significa chiarificare, sostanzialmente, è una vera e propria tecnica filosofica. Generalmente, siamo abituati a pensare alla filosofia in maniera non ben contornata e definita, è strano pensare che esista un metodo in qualche maniera filosofico. L esplicazione è un metodo filosofico che consiste, appunto, nel prendere un concetto scientifico, che mostrare che probabilmente è un po ambiguo, solleva delle questioni irrisolte etc. e cercare di appianarle e rendere il concetto molto più piano e chiaro. Ovviamente, questo succede nella scienza in generale, ma succede anche all interno della filosofia della biologia, in particolare per quei concetti tipici della filosofia della biologia. Poi la filosofia della biologia, a volte, si è visto nel dibattito internazionale, si confonde con la biologia teorica. Altro importante aspetto di che cos è la filosofia della biologia: essa cerca di enucleare dalle scoperte scientifiche, dalla conoscenza scientifica che cosa può essere rilevante in generale per le grandi questioni filosofiche (che cos è l uomo, esiste un Dio, etc.) Sostanzialmente, iniziamo brevemente dalla prima, e l ho già un po descritta. Abbiamo i temi classici della filosofia della scienza per cui abbiamo le leggi di natura, che cos è una legge di natura? Adesso non so, l equazione, la legge di Newton, che cos è? Che cos è il riduzionismo? Cioè che cosa significa spiegare da un certo punto di vista più fondamentale gli stessi fenomeni? Per esempio, nella filosofia della scienza molti si sono domandati: la relatività è una maniera riduzionistica, è per approcciare i fenomeni fisici? È una maniera per andare più a fondo? Cioè può la fisica newtoniana, grosso modo, essere ridotta alla relatività? Sono questi i tipi di domande che si sono posti i filosofi della scienza tradizionalmente. Oppure anche come cambia la scienza, in che maniera, come cambiano i suoi concetti, i suoi interessi e tutto. Si diceva prima: esplicare, abbiamo certi concetti che, ad esempio, sono propri della fisica, tipo il concetto di massa, e esistono dei concetti che sono propri della biologia, uno di questi, ad esempio, è il concetto di fitness. Non l ho tradotto, non ha niente a che vedere con le palestre dove si corre sui tapis roulant, ha a che vedere più che altro con il fatto che gli organismi venivano detti più o meno adatti e adatti è la traduzione, appunto, di fit. Fitness è come dire l idoneità dell organismo rispetto all ambiente in cui si trova, e questo è un concetto tipicamente biologico. Lo stesso tipo del concetto di gene, non è un concetto della fisica, ne parleremo più avanti. Selezione naturale. Grandissimo concetto della biologia, in particolare della biologia evoluzionistica, forse IL concetto della biologia evoluzionistica. Ce ne sono altri, ovviamente. Come dicevo, ogni tanto, si è visto che la filosofia della biologia, cioè la riflessione dei filosofi, a volte si fonde con quella di chi fa teoria della biologia. Si è visto molto bene, per esempio, non so, nel caso dei metodi di classificazione, cioè dovete pensare che la maniera con cui si classificano le specie, secondo alcuni, dovrebbe riflettere il modo in cui queste specie si sono evolute, cioè c è una discendenza genealogica le une dalle altre. Sostanzialmente, in questo dibattito, che è metodologico, cioè che dice: come possiamo ricostruire la storia genealogica delle specie? I filosofi hanno avuto un ruolo molto importante. Ci sono delle opere fondamentali scritte da filosofi della scienza, che 2

4 sono citate da biologi, da eminenti biologi. Sfogliamo magari una rivista scientifica di biologia, prendiamo, non so, Evolution, per esempio, che è una delle riviste più prestigiose della biologia evoluzionistica e possiamo trovarci degli articoli scritti da filosofi, che cercano di affrontare delle questioni di metodo. Per cui, appunto, a volte, la filosofia della biologia, come del resto la filosofia della scienza, si fonde con la metodologia scientifica, con l attività teorica della scienza. Altro importante tema, lì vedete scritto: livelli unità della selezione naturale. La selezione naturale, concetto importantissimo, è stato sviscerato non solo dai biologi, ma anche dai filosofi, cercando di capire come la selezione naturale possa agire, ad esempio, a diversi livelli dell organizzazione biologica, geni piuttosto che gli organismi, piuttosto che le popolazioni, piuttosto che le specie. Poi ultimo punto molto importante: la filosofia della biologia, come dicevo, cerca di rispondere, cioè di attingere alla biologia per rispondere alle grandi questioni della filosofia, questioni classiche: qual è la natura umana? C è un disegno intelligente nelle cose? L antropocentrismo. Siamo al centro dell universo? E altre questioni. Questo è il lavoro del filosofo della biologia. Si articola in queste 4 grandi categorie. In realtà, ce ne sarebbe un altra, però generalmente ricade all interno della cosiddetta bioetica, cioè chi fa bioetica, e fa quindi etica, filosofia della biologia, fa un certo tipo di filosofia della scienza, ha bisogno di conoscenze morali e scientifiche, ma anche bisogno di conoscenze di filosofia della scienza, di filosofia della biologia, altrimenti non riuscirà a apprezzare realmente il risultato scientifico nella maniera corretta. In un certo senso sarà troppo appiattito a assorbire il risultato scientifico per dopo poterlo discutere sotto il punto di vista morale. La filosofia della scienza, ovviamente, si nutre di scienza, ma non è scienza; si nutre di storia, perché ogni questione filosofica deve essere storicamente contestualizzata, altrimenti non ha senso. Chiedersi: esiste il disegno intelligente prima di Darwin? e chiederselo dopo Darwin sono due cose completamente diverse. Per cui ogni grande questione filosofica va contestualizzata rispetto al periodo storico in cui vogliamo rispondere a questa questione, e ricordiamoci, appunto, che il filosofo cosa fa? Risponde a queste grandi questioni. Come lo fa? Utilizza la ragione argomentativa. Non è un matematico, non è un logico, anche se utilizza, a volte, gli strumenti della logica, della matematica per rispondere a queste domande, e lo fa portando le sue ragioni, porta la sua soluzione al problema e la giustifica. Questo è un po il lavoro del filosofo in generale e in particolare del filosofo della biologia. Prendiamo il concetto di evoluzione. Storicamente lo associamo immediatamente al nome di Charles Darwin e al suo libro Sull origine della specie, però come avete notato nel titolo stesso non c è la parola evoluzione, si parla dell origine della specie. Il problema di Darwin, infatti, è quello di capire come si originano le specie. Sostanzialmente, la tradizione che lui ha attorno a sé è quella della cosiddetta immutabilità della specie, cioè le specie sono così dalla creazione, in avanti quante sono generate, più o meno, sono le stesse che ci ritroviamo adesso, con delle varianti su questa idea. Però quello è il contesto storico di Darwin. Lui cerca di muoversi e rispondere a questa domanda. Per rispondere a questa domanda lui, nel suo libro, che non è lunghissimo, ma è come se fosse una lunghissima narrazione, presenta due idee fondamentali; cioè se noi sfogliamo quel libro, lo leggiamo, sostanzialmente, ci dobbiamo portare a casa due messaggi, perché lui dopo è un naturalista bravissimo, nel senso che dopo ha una cultura e una conoscenza talmente profonde dei vari organismi che dopo ci perderemmo in tutti i dettagli dei fringuelli piuttosto che di altri etc. Dobbiamo portarci a casa le idee più scientifiche filosofiche. Allora le due idee sono: l albero della vita, che è un ipotesi storica; e la seconda è la selezione naturale, che è un ipotesi che riguarda un processo. Adesso vedremo un po meglio. L albero della vita. Cos è l albero della vita? L ipotesi storica che tutti gli esseri viventi sono collegati tra loro da relazione genealogiche e derivano da una o poche forme di vita. Darwin è un po incerto, ogni tanto dice una forma di vita, ma potrebbero essere anche più di una. Sostanzialmente, il quadro che lui ha davanti, quello appunto delle specie immutabili, lui dice: no, non sono immutabili, sono tutte collegate l una con l altra. Qui ho riportato un albero della vita, anche un po sommario, non c è tutto, però sta di fatto che abbiamo questa rappresentazione 3

5 diagrammatica molto facile dell albero della vita. Tra l altro, ho scelto apposta questa raffigurazione per il semplice fatto che non abbiamo il classico albero in cui le specie come se ascendessero, cioè troviamo i batteri e tutte le altre cose in fondo e l uomo sopra a dominare tutto il resto. Ho scelto apposta questa immagine che è un po più pluralista e che rende anche un po più ragione di quello che è veramente il mondo biologico. L idea dell albero della vita, non so se ce ne abbiate mai ragionato sopra, ma è estremamente affascinante, nel senso che non solo è in grado di spiegare l enorme numero di similarità che ci sono tra le specie. Qui, ad esempio, ho fatto il caso delle omologie, sono omologie tra ossa, dagli atti dei vertebrati. Il professor Minelli, che so che è venuto a parlarvi, è un grandissimo esperto di questa materia. Ma la cosa, secondo me, più bella è che quando andiamo indietro nel tempo, se è vera l ipotesi dell albero della vita, allora tutti noi abbiamo un antenato in comune; cioè basta andare sufficientemente indietro nel tempo per trovare un antenato comune tra me e il professor Martufi, ma anche tra me e uno qualsiasi di voi, anche tra me e il gatto del vostro vicino di casa, se andiamo abbastanza lontano, cioè è un idea estremamente potente, suggerisce quest idea di cuginanza universale, non dico fratellanza, però, insomma, è un idea estremamente forte. L altra ipotesi: la selezione naturale. Abbiamo detto una o poche forme di vita, attuale biodiversità. Ci devono essere stati dei cambiamenti che hanno portato da quell unica forma di vita all attuale biodiversità. Allora che cosa è responsabile di questi cambiamenti? Secondo Darwin il principale responsabile, non l unico, di questi cambiamenti da una forma a tante forme di vita è la selezione naturale, che è un idea in qualche maniera geniale, nel senso che nessuno ci aveva proprio ben pensato prima, nessuno prima di Darwin intendo. È un idea geniale che, sostanzialmente, non so, io ho usato delle parole che ho tratto dall origine delle specie. Qui Darwin dice: ma si tratta della conservazione delle variazioni favorevoli e dell eliminazione delle variazioni nocive. Ora, noi siamo subito tentati pensare a favorevoli e nocive in generale, in realtà tutto va relativizzato a un certo ambiente. Come ben sappiamo, probabilmente, è una cosa che sapete, ma tendo a rimarcarla: l idea del pesce fuor d acqua, il pesce può essere bravissimo a respirare, a svolgere tutte le sue attività e tutte le sue funzioni acquatiche, una volta che l ho tirato fuori dall acqua è un pesce fuor d acqua. Un po tautologico, però, insomma, il messaggio dovrebbe arrivare. Gli ingredienti fondamentali perché ci sia selezione naturale. Come vedete, qui abbiamo già distinto, come accennava all inizio nell introduzione il professor Martufi, evoluzione da selezione naturale. Evoluzione, infatti, si riferisce ai cambiamenti da quell unica o poche forme di vita, fino a tutte quelle che conosciamo oggi. Evoluzione è cambiamento. Selezione naturale, invece, è un processo che ha portato questo cambiamento, non l unico. Che cosa richiede la selezione naturale? Tre cose. Probabilmente, il professor Pilastro ve ne ha già parlato. Sostanzialmente: variazione ereditabile della fitness. Se, però, questo concetto lo possedete bene, posso anche parlare oltre. Allora spendo un paio di parole per ciascuna. Essenzialmente, gli individui all interno di una popolazione devono essere diversi tra loro. A questa diversità deve essere associata anche una diversità di sopravvivenza e riproduzione e queste caratteristiche, che permettono una sopravvivenza e una fertilità diverse, devono poter essere trasmesse alla propria progenie. Questi sono i tre ingredienti fondamentali che fanno la selezione naturale: gli individui devono essere diversi, le diversità delle loro caratteristiche devono implicare il fatto che alcuni vivono di più, si riproducono di più e queste caratteristiche devono essere ereditabili. La ragione è abbastanza ovvia: non ha senso, arrivati a un certo punto, una categoria di individui, diciamo quelli più piccolini sopravvivono più degli altri per una qualsiasi ragione. Banalmente, un mare su cui i pescatori passano a setaccio con le reti; c è della selezione, quella selezione per essere piccoli, per passare per le maglie della rete. Se questi non fanno a loro volta dei figli piccoli, non c è cambiamento nel lungo periodo. Come dicevo prima, attenzione in un dato ambiente e considerate che non è affatto facile definire che cosa sia l ambiente, cioè qui io l ho messa così, però dovete pensare, avete presente il 4

6 famosissimo esempio evolutivo delle farfalle? Ci sono queste farfalle che sono bianche, grigie, etc.; così c è una selezione naturale che dipende dalla frequenza, cioè il tipo più frequente, a un certo punto, viene predato di più dai predatori, e il tipo meno frequente inizia a diffondersi di nuovo, fintanto che a un certo punto non diventa lui il più diffuso e a questo punto si verifica il fenomeno contrario, si verifica questa sorta di equilibrio, cioè non è un equilibrio, è un equilibrio dinamico. Per cui, banalmente, l ambiente, in questo caso, non è la pianta, l albero o il fiume etc., ma sono gli altri individui della popolazione. Lo stesso organismo, tra l altro, provvede a costruirsi un suo ambiente, cioè i castori fanno delle dighe incredibili per poter costruirsi la propria nicchia. Come dicevamo, la selezione naturale non è l unico meccanismo che ha prodotto del cambiamento, cioè l evoluzione. Ripeto: evoluzione nel senso di cambiamenti che hanno portato da una o poche forme di vita alla biodiversità. C è anche la cosiddetta deriva casuale. Che cos è la deriva casuale? Qui abbiamo un asteroide che si schianta sulla Terra; quando un asteroide si schianta sulla terra, non gli importa molto se cade sulla testa del più bello, del più intelligente, del più sveglio, etc., cade e dove cade, cade. Sostanzialmente, cosa succede? Che dopo elimina un enorme parte di variazione, quella su cui fa presa la selezione naturale, la elimina e a un certo punto cosa succede? La selezione naturale riparte da quel pezzettino di variazione che è rimasto, è una banalità, ma nel caso, appunto, dei dinosauri una delle ipotesi è che si sono estinti proprio per un meteorite, e questo ha permesso la radiazione adattativa dei mammiferi. È un ipotesi, non si sa se è vera, però, per dire, concettualmente lo schema è quello, quello della deriva, tra le altre cose, non è l unico. Allora cerchiamo adesso di entrare nel lavoro filosofico perché fino adesso vi ho restituito due idee fondamentali. Anche restituire le idee fondamentali, a volte, è opera del filosofo, nel senso che comunque il filosofo della scienza sa bene come enucleare le idee fondamentali scientifiche, però dopo un lavoro ulteriore, come vi ho detto all inizio, del filosofo della biologia è cercare di capire qual è la rilevanza della conoscenza scientifica per le grandi questioni filosofiche. In questo caso, ad esempio, abbiamo il finalismo. L evoluzione ci dice che non c è un fine verso cui il mondo biologico tende, cioè non si va verso la perfezione, l organismo viene adattato costantemente per renderlo sempre migliore, sempre migliore, sempre migliore. Banalmente, questo era un po quello che pensava, in qualche maniera, ma prendetelo con le pinze, Lamarque, che spesso associamo al nome di Darwin; nel senso che lui veramente pensava che ci fossero degli stadi di progressione del cambiamento del vivente più o meno preordinati. Invece, sappiamo che l evoluzione è in un certo senso cieca, cioè non agisce cercando di migliorare, di portare verso un fine. Banalmente, oltre al fatto che, appunto, siamo circondati da moltissime imperfezioni evolutive, uno degli esempi più comuni, non so, ad esempio, il mal di schiena in Homo Sapiens si pensa che possa essere dovuto, tra le altre cose, al fatto che la postura eretta non sia esattamente l ideale e data la sua precedente storia filogenetica, che prevedeva un altro tipo di andatura, per il momento c è ancora per il momento, nel senso non si sa affatto che cosa succederà nel futuro, ma c è questa imperfezione, cioè l andatura eretta comporta questo effetto collaterale. Un altra idea filosofica del passato: l antropocentrismo. Se già le teorie cosmologiche erano state completamente rivoluzionate, per cui l uomo è, appunto, sulla Terra, la Terra gira attorno al Sole, e il Sole è una stella all interno adesso, ancora peggio, nel senso che il posto dell uomo nel mondo biologico è veramente quello di un pezzettino, un segmento minuscolo dell albero della vita, che è qualcosa di gigantesco. Tanto per intenderci, ho cercato di prendere l Homo Sapiens, che non c è, ma è incluso all interno di Animali, tanto per dire, cioè siamo lì nella stessa categoria dei gatti etc.. Come potete vedere, ne rimangono di cose fuori, e parecchie. Tra l altro, dobbiamo pensare che quest idea, per cui generalmente ci siamo noi al centro, poi casomai ci saranno i nostri animali domestici, va completamente al limite, le gazzelle, le tigri, cioè le tigri no, però sta di fatto che va completamente rivoluzionata perché gran parte della biodiversità è composta da microrganismi, per cui la teoria evolutiva è fondamentale per scardinare l idea antropocentrica. Un altra idea filosofica è il disegno intelligente. È una cosa di cui si è parlato molto negli ultimi anni ed è un tema molto interessante per il semplice fatto che dovete immaginare che Darwin era un 5

7 appassionato lettore di tutti quei trattati, scritti più o meno nel 700 etc., che cercano di spiegare l adattamento degli esseri viventi, ad esempio, la perfezione di organi come l occhio, come opera di un disegno intelligente, di un creatore che li aveva ideati in una maniera squisita, cioè di una mano secondo questi trattati, gran parte delle caratteristiche dei viventi rivelavano, come dire, un artigiano bravissimo, un disegnatore intelligente, in un certo senso, ma nel senso di designer. Sostanzialmente, Darwin cosa fa? Legge tutti questi autori, ne è totalmente affascinato, cioè pensa che la logica che ci sia dietro questi ragionamenti sia bellissima, lui è veramente affascinato da questi testi. Però cosa fa? Riesce a sostituire questa interpretazione, cioè questa spiegazione metafisica, cioè che postula un creatore per le caratteristiche dei viventi e i viventi, una spiegazione di tipo naturalistico, cioè dice: no, non dobbiamo ricorrere a un opzione metafisica, non dobbiamo pensare che c è qualcosa oltre; possiamo rimanere qui sulla terra e pensare all evoluzione per selezione naturale. L espressione che usa lui è discendenza con modificazioni. Tra l altro, appunto, come si può dire? Ritornando al discorso di prima, delle imperfezioni, anche quelle, ad esempio, sono molto facili da spiegare all interno della teoria evolutiva, molto meno facile all interno della teoria del disegno intelligente. La teoria evolutiva ti dice: stai attento al fatto che la selezione naturale agisce facendo un po il bricolage su quello che si trova tra le mani, e quello che si trova tra le mani sono gli organismi che sono già stati plasmati dalla loro precedente storia filogenetica. Per cui il risultato non è la perfezione, è un ri-arrangiamento estremamente sapiente, poi, alla fine, non c è dubbio, nel senso che comunque la selezione naturale nel lungo periodo produce veramente adattamenti strabilianti, però se ci sono queste perfezioni, la teoria dell evoluzione ci dice perché ci sono; la teoria del disegno intelligente non ce lo dice o ci fa pensare che il disegnatore non è così intelligente. Un altra grande idea filosofica del passato è l essenzialismo. È una dottrina che penso che, sostanzialmente, rispetto a tutti i cavalli, i cavalli sono delle incarnazioni mondane di un qualche prototipo, di un idea; condividono la stessa più o meno essenza. Adesso sto costruendo questa dottrina tagliando un po con l accetta, però per intenderci. Sostanzialmente, come nel caso del cavallo, sono tutte incarnazioni più o meno perfette di una qualche idea. Cosa succede? In realtà, adottando il punto di vista evoluzionistico, si scopre che quella che è la norma è la variazione, come dicevamo, la variazione su cui poi fa presa la selezione naturale, cioè la diversità, anche all interno di una stessa specie è la norma. Non è vero gli individui partecipano di un prototipo comune. Il prototipo comune non esiste; ciò che esiste è la variabilità, è la diversità, che è appunto uno degli ingredienti della selezione. Qualcuno potrebbe ripensare: sì, ma magari, non so, vedete, qui c è una gaussiana, sì, ma c è magari una tendenza centrale. Sì, può darsi, ad esempio, per certi tratti, non so, l altezza per gli uomini, c è una tendenza centrale di questo tipo, però non è che coloro che stanno nelle code della gaussiana, poveracci, sono un po anormali, sono lì, oltre il 98% etc.. No, perché, appunto, può essere benissimo che abbiamo selezione di tipo disrupting selection, cioè una selezione che, praticamente, incide sulla distribuzione favorendo le due code. Ad esempio, non so, individui molto alti e individui molto bassi, per una qualche circostanza ambientale si riproducono e sopravvivono di più rispetto a quelli che stanno nel centro, nella media. E cosa succede? Che praticamente la distribuzione viene schiacciata al centro e otteniamo altre due distribuzioni che vanno separandosi. Questa è una delle maniere in cui funziona la selezione naturale. Quindi, appunto, la dottrina dell essenzialismo, condividiamo un tipo comune, etc., l evoluzione ci dice: buttiamola via, non per tutto, cioè non lo dice di buttare via per le sedie, per gli artefatti umani, dice per l entità biologica. L entità biologica, questa teoria filosofica è falsa, non va bene. Dopodiché ci aiuta anche a capire meglio il concetto di funzione e il concetto di finalità, nel senso che comunque, spesso, quando vediamo un organismo che compie un azione, che a noi sembra rivolta verso un fine, tendiamo, appunto, a introdurre un idea di causa finale. Non so, ad esempio, c è il microrganismo che si muove verso il cibo, perché? Perché vuole raggiungere quel cibo. Introduciamo dei concetti che sono legati a una certa antropomorfizzazione di questi organismi; cioè pensiamo che in qualche modo loro abbiano l intenzione di fare quello. 6

8 Come fa la teoria evolutiva a ribaltare questa idea filosofica di causa finale per quello che riguarda gli organismi biologici? È semplice: raccontando una storia sul loro passato, cioè quell organismo che nasce e compie una certa azione, che a noi sembra diretta verso un fine, perché lo fa? Perché è nato da altri microrganismi, che nel passato, compiendo quell azione, sono riusciti a vivere e a riprodursi, per cui lui riapplica ciecamente, in un certo senso, uno schema, ma non perché vuole qualche cosa, ma proprio perché c è questa sorta di cecità dell evoluzione che non è semplice da affermare immediatamente, però è un concetto molto importante per quello che riguarda la filosofia della biologia; cioè l idea che le funzioni, che spesso noi attribuiamo, sono in realtà funzioni selezionate. Quello che spesso spieghiamo come qualcosa che viene dopo, nel futuro che ci sta davanti, va spiegato guardando indietro. È una prospettiva veramente ruotata di 180 gradi. Di nuovo, ritorniamo al metalivello. Adesso parlavo di che cosa fa, ad esempio, il filosofo della biologia che vuole enucleare il contenuto filosofico della teoria evolutiva e dell evoluzione, ma, dicevo, il filosofo può anche pensare: va bene, applico quelle che sono delle vecchie tematiche (non nel senso dispregiativo, nel senso tradizionale) della filosofia della scienza all interno della biologia. Tematica tradizionale: le leggi di natura. Esistono leggi di natura in biologia? Secondo alcuni sì, secondo altri no, però per capire, ovviamente, questo dobbiamo conoscere un minimo di filosofia della scienza. Generalmente, si pensa che una legge scientifica si esprima, sostanzialmente, come un enunciato universale. Tra l altro, secondo me, se leggete quel tipo di enunciato universale, in un liceo scientifico dovrebbe suonare molto familiare, nel senso per ogni x, x, f, allora x, g. Questo perché, appunto, come dicevo prima, il filosofo della scienza attinge alla matematica e alla logica tra i suoi strumenti per esplicare meglio un concetto, in questo caso per esplicare il concetto di legge di natura. Sostanzialmente, quello che sta dicendo è che questa è la maniera in cui si esprimono le leggi di natura per ogni corpo, se non è soggetto a forte, allora permarrà nel suo stato di quiete, moto rettilineo informe, per esempio, per dirne una. Ma, ovviamente, dobbiamo stare attenti, questo tipo di formulazione delle leggi di natura ha un piccolo problema. Ad esempio: nel primo caso, per ogni x, se x è una sfera di oro, allora x ha un diametro inferiore al chilometro; nel secondo caso, per ogni x, se x è una sfera di uranio, allora x ha un diametro inferiore al chilometro. Allora nel primo caso l enunciato è sempre vero, è vero ma è vero in maniera accidentale nel senso che non c è conoscenza di qualcuno che abbia creato una sfera di oro di quel diametro, però niente ci vieta di pensare che potremmo crearla. Nel secondo caso, invece, non solo nessuno l ha mai fatto, ma nessuno potrà fare mai, perché a un certo punto si raggiungerà la massa critica molto prima di arrivare al chilometro. Per cui il primo è accidentale, il secondo è necessario. Le leggi di natura dovrebbero catturare delle relazioni necessarie tra cose e dovrebbero essere valide, sostanzialmente, sempre, in ogni luogo e comunque. Con questo tipo di strumento in mente il filosofo della biologia approccia l evoluzione, la biologia evoluzionistica, e si domanda: possiamo trovare delle leggi di natura in biologia, in biologia evoluzionistica segnatamente? Alcuni formulano questo tipo di argomento. Ricordiamo quando la filosofia fornisce soluzioni a problemi giustificando e argomentando. Ci dice: la variabilità è la norma, la vita è un fenomeno particolare, nel senso che è ristretto per quello che ne sappiamo noi, sostanzialmente, alla Terra, e la vita cambia, nel senso che le cose cambiano del tempo. Per cui cosa succede? Che quando uno cerca di formulare un qualche enunciato, come i precedenti, di tipo universale per stabilire una legge di natura dell evoluzione niente ci dice che un giorno questa cosa non potrà cambiare; cioè, banalmente, non so, tutti i corvi sono neri, o che comunque il fatto che stiamo parlando di corvi ci restringe moltissimo, perché ci restringe a una specie particolare nata sulla Terra, che si è evoluta sulla Terra, che in qualche maniera è un individuo particolare, se rapportato, non so, all Universo. Per cui per molti filosofi non si può parlare di vere e proprie leggi di natura in biologia evoluzionistica, per il semplice fatto, appunto, che sono troppo ristrette, sia temporalmente che spazialmente. A un certo punto, questo tipo di enunciati universali verranno smentiti, quindi dicono forse sono tutte accidentali, cioè durano per un periodo, per un periodo vivono bene, però, a un certo punto, come qualcuno costruirà la sfera di oro di un chilometro, un giorno quella 7

9 generalizzazione, tipo tutti gli organismi effettuano un ciclo di Krebs, verrà meno o forse non è stato sempre vero. Comunque vi sono anche visioni diverse. Quello che comunque ci tengo a dire è che su tutte queste questioni essenzialismo, disegno intelligente piuttosto che in questo caso parlavamo delle leggi di natura c è un dibattito continuo e costante, che c è ancora adesso. Per esempio, già il fatto che la filosofia, proprio per la sua natura, appunto, di dare risposte argomentativamente razionali a certe questioni non giunge mai a un termine, è un lavorio continuo di argomentazione contro argomentazione, per cui, banalmente, ci sono delle persone che pensano che l essenzialismo possa essere rivalutato o pensano che il disegno intelligente possa essere rivalutato. Ovviamente, ci sono casi e casi, ad esempio quello del disegno intelligente, francamente, ci si sente di dire che si può tranquillamente abbandonare, quello dell essenzialismo forse no. Continuiamo allora e cerchiamo di applicare il famoso metodo dell esplicazione al concetto di evoluzione, cioè cerchiamo di chiarire. Se noi sfogliamo dei libri di biologia evoluzionistica, non proprio i più recenti, però una definizione che per molti anni è andata per la maggiore è qualcosa del genere: l evoluzione è un cambiamento statistico della struttura genetica della popolazione. Per struttura genetica intendiamo sia le frequenze dei geni sia le frequenze dei genotipi. Anche perché dobbiamo considerare entrambe queste cose. A volte, possono mutare le frequenze geniche e rimanere inalterati i fenotipi, comunque sono fenomeni un po Quello che mi preme, appunto, di puntualizzare sono sostanzialmente tre cose. La prima è che, come potete vedere, qui dentro, dentro questa piccola definizione, è molto ben apprezzata l idea della variabilità di cui parlavamo prima; cioè la variabilità, quella su cui fa presa la selezione naturale, è la variabilità che crea, che è continuamente creata e rimodellata durante l evoluzione. Qual è lo strumento migliore per catturare la variabilità e descriverla, maneggiarla etc.? È la statistica. Sostanzialmente, Darwin non era un esperto di probabilità e statistica, suo cugino però sì. Sappiamo, infatti, che da Galton e dalla sua scuola sono nati gli studi di cosiddetta biometria, che hanno sviluppato la statistica di per sé come strumento matematico e hanno cercato costantemente di accostarlo allo studio dell evoluzione. Per cui, appunto, la rilevanza della statistica e della probabilità per comprendere l evoluzione e la biologia evoluzionistica. Popolazioni, nel senso che comunque questa definizione restringe di molto il campo, ma non ci deve stupire, nel senso che comunque, quando parliamo di scienza, generalmente, siamo abituati a pensare a qualcosa che effettivamente descrive la realtà tutto come c è; in realtà, parliamo sempre di quello che è la rappresentazione scientifica del mondo. E una maniera molto facile per rappresentare il mondo biologico in termini evoluzionistici, ad esempio, è quello di considerare solo le popolazioni, dopo come vedremo i geni e i cambiamenti e le valutazioni statistiche dei geni e dei genotipi all interno delle popolazioni. Questa è una rappresentazione scientifica del mondo estremamente conveniente e che si focalizza sulle popolazioni. Perché, tra l altro, si focalizza sulle popolazioni, in particolare? Perché non sull individuo, perché l individuo non evolve, ovviamente, l individuo va incontro a una serie di cambiamenti dal momento in cui è uno zigote, ad esempio, fino alla vecchiaia e alla morte, etc., ma tutti questi cambiamenti finiscono sotto il nome di sviluppo. L individuo non evolve, quello che evolve è la popolazione a cui appartiene l individuo; evolve nel senso che abbiamo visto prima, non so, distribuzione di frequenza di una caratteristica, questa distribuzione di frequenza cambia, cambia forma, oppure semplicemente rimane costante, ma viene pian piano stabilizzata sempre di più dalla selezione naturale. Quindi sono le popolazioni, in un certo senso, le prime a evolvere. Dopo uno può dire: ma dopo le popolazioni compongono le specie e, di conseguenza, anche le specie evolvono. Ma questa è una questione più complessa e ancora più articolata. Poi c è la struttura genetica delle popolazioni. È interessante il fatto che, in realtà, Darwin non possedesse il concetto di gene, mentre adesso, quando parliamo di evoluzione, non possiamo fare a meno di parlare di geni o difficilmente possiamo farne a meno. Tra l altro, dobbiamo pensare che il fatto che Darwin non sapesse in che maniera i caratteri degli organismi venissero trasmessi era una lacuna molto forte, in un certo senso, nella sua teoria. Al che lui dice: ma io azzardo un ipotesi, 8

10 che è l ipotesi cosiddetta della pangenesi, cioè lui si immagina che, in qualche modo, le cellule dell organismo, ciascuna a un certo punto secerna una serie di sostanze che registrano qual è il suo stato attuale, lo stato di quella cellula in quel momento. Queste gemmule, che sono le secrezioni delle cellule, convogliano nell apparato riproduttore e, a un certo punto, quando l organismo si riproduce, cosa succede? Durante lo sviluppo del nuovo organismo, che proviene da questo, le gemmule che erano lì contenute, in qualche maniera, vanno a ricostruire quello che avevano immagazzinato durante la loro secrezione. Questo per dirla in termini un po brutti, però lui si immagina questo meccanismo, proprio perché sa di averne bisogno. È necessario, come abbiamo detto, per la selezione che ci sia ereditabilità. Darwin non sapeva come funzionasse il meccanismo dell ereditabilità, se ne inventa uno, anche se riconosce e dice: è solo un ipotesi che io cerco di mettere insieme, perché questa ipotesi è in grado di connettere tra di loro un enorme numero di fatti che altrimenti non so ancora come collegare. C è da dire, però è una cosa anche un po curiosa noi adesso quando parliamo di gene subito ripensiamo, non so, a Mendel, ai suoi esperimenti sul pisum sativum etc., per cui lui vedeva i segni rugosi. Il suo articolo, che riguarda appunto gli incroci di queste piante ibride, esce nel Sembra che Darwin, nella sua biblioteca, avesse anche delle riviste, era lì in qualche maniera la soluzione. È solo un aneddoto, però per dire di come, in realtà, la storia del gene sia parallela a quella, appunto, dello sviluppo del pensiero evolutivo e che queste due storie non si incrocino per quasi cinquant anni, nel senso che adesso siamo estremamente imbevuti di genetica piuttosto che di biologia molecolare etc. che ci viene passata dai media, per cui pensiamo all evoluzione, pensiamo ai geni, pensiamo al DNA, pensiamo a Mendel che faceva i suoi primi esperimenti etc.. La storia, però, ovviamente, è molto più complessa. Generalmente, è compito dello storico della scienza ricostruire la storia di un concetto scientifico, per cui adesso non passerò attraverso tutte le tappe, anche perché non sono uno storico nel senso stretto, però se penso che ho letto molte cose sulla storia del concetto di gene, penso che sia veramente molto affascinante. Però, appunto, come dicevo la filosofia della biologia necessita oltre che di scienza anche un po di storia della scienza. Sappiamo che il concetto di gene è stato coniato, cioè il primo che ha tirato fuori questo nome è il danese Johansen. Sostanzialmente, lui lo fa nel 1909: cerca di trovare un concetto molto duttile per parlare di quelli che erano i fattori mendeliani. Lui dice: io conio questo concetto molto duttile, come dire, è convinto che tornerà molto utile. L unica problema è che i fattori mendeliani piuttosto che il gene, a quel tempo, sono visti con un certo scetticismo, perché la filosofia del momento risente di un certo tipo di positivismo; per cui siccome Mendel non aveva visto nessun fattore né Johansen aveva visto nessun fattore, nessun gene in senso stretto, uno dice: benissimo, siccome non l hai visto, è inosservabile, e tu la postuli, nel senso hai bisogno di pensare che esista per la tua teoria, in realtà, questo tipo di procedimento, in un certo tipo di pensiero positivista, è visto male, nel senso che sembra metafisica; vai al di là delle tue esperienze, percezioni o comunque quello che puoi mostrare o dimostrare. Tra l altro, il problema dell entità inosservabile è anche classico della filosofia della scienza, che ritorna più volte. Fin tanto che a un certo punto non convogliano insieme diverse anime, perché, da un lato, c è la citologia, cioè la teoria della cellula, la teoria cromosomica etc.; dall altro, ci sono gli esperimenti sugli ibridi, diciamo quelli che continuavano la tradizione di Mendel; dall altro, c è l evoluzione e l evoluzionismo. Questi tre campi del sapere, che fino a un certo punto sono separati, paralleli, e sostanzialmente non si parlano, anche perché c è una certa diffidenza reciproca nel senso che gli evoluzionisti, in quel momento, sono convinti che quelli che fanno gli studi sui fattori mendeliani, per cui incrociano piante di tipo diverso, sono interessati agli ibridi. Allora gli studi sull ibridismo, tradizionalmente, venivano dalla curiosità di alcuni scienziati di vedere cosa succede cercando di creare un po di scompiglio nell ordine della creazione, nel senso che comunque ci sono specie immutabili, ma cosa succede quando due si incrociano? Per cui dice: ma no, quello è un retaggio che ci vogliamo lasciare alle spalle. Questo è il punto di vista dell evoluzionista. 9

11 Quelli che fanno gli incroci sugli ibridi sono molto bravi a fare degli esperimenti, molto di più degli evoluzionisti di allora, che si stavano letteralmente perdendo nello sviluppare la statistica e avevano perso qualsiasi contatto con la sperimentazione vera e propria della biologia. E poi, dall altra parte, appunto, c è la citologia che ha degli esponenti, che certamente hanno un background evoluzionistico (ad esempio pensiamo a Weisman), che però non sanno ancora come collegare queste cose tra di loro. Sostanzialmente, l unione giunge con la cosiddetta nuova sintesi, quando tra statistici e biologi viene fondata la cosiddetta genetica di popolazione ; nel senso che ormai c è un referente chiaro, osservabile, più o meno osservabile, di che cos è il gene perché comunque si è visto che i geni sono localizzati sui cromosomi. Dall altro, si dice: usiamo questi strumenti statistici ottimi per descrivere la variabilità e mostriamo che con questi strumenti statistici possiamo descrivere i cambiamenti nelle frequenze, appunto, dei geni all interno di una popolazione, pensando che mentre, ad esempio, non so, un certo gene, o il fattore mendeliano, codifica per un solo carattere del tipo semilisci, semirugosi; pensiamo che, in realtà, perché sarebbe, come dire, un po limitativo pensare in termini di caratteri discreti quando dobbiamo trattare caratteri continui, come l altezza etc., per cui pensiamo che questi caratteri continui siano sotto l influenza di molti geni. Però, sostanzialmente, che cosa succede? Che da questo felice incontro, praticamente, nasce la genetica di popolazione ed è dalla genetica di popolazione che viene l attuale idea di evoluzione, cioè quella che abbiamo visto prima, dell evoluzione come il cambiamento statistico nella struttura genica di una popolazione, cioè è un retaggio di quel tipo di cultura storicamente. Come vedete, il gene, a quel punto, si dice perfetto, c è la porzione cromosomica, sappiamo che cosa fare, sapete che i cromosomi si aggregano, c è il crossing-over, etc. tutta una serie di fenomeni, possono esserci delle mutazioni. E abbiamo trovato una maniera interessante per poter descrivere matematicamente questi processi, e quindi qui avviene un po la fusione tra evoluzione e genetica. La cosa interessante è che quando il concetto di gene entra nell evoluzione, ristruttura un po questo concetto e il modo classico di intendere l evoluzione, nel senso che introduce il cosiddetto punto di vista del gene, perché nella rappresentazione scientifica di prima, cioè l evoluzione mutamento statistico della struttura genetica delle popolazione è una rappresentazione scientifica del mondo che adotta un punto di vista particolare, quello del gene, che è estremamente utile, da cui scaturiscono nuovi interrogativi di tipo filosofico. Perché, a questo punto, abbiamo nuove domande, ad esempio su che cos è l altruismo, un carattere che noi pensiamo connaturato all uomo, non pensiamo di trovarlo anche in altri animali etc., può essere spesso spiegato in termini non altruistici. L esempio che ho riportato: immaginatevi un gruppo di animali che, a un certo punto, corre il rischio di essere predato. I maschi dominanti si mettono tutti attorno al gruppo e cercano di proteggerlo dall attacco di questi predatori. Sostanzialmente, prima spiegazione, la spiegazione di getto: benissimo, i maschi cercano di proteggere il gruppo e sono altruistici, cioè loro rischiano la loro vita, sono coraggiosa e preservano gli indifesi che stanno al centro del gruppo. Il punto di vista del gene ci dice: no, non è un comportamento altruistico perché quello che stanno facendo quei maschi dominanti è salvare tantissime copie, in un certo senso, dei loro stessi geni, perché loro, probabilmente, sono i padri della maggior parte dei cuccioli all interno di quel gruppo. Per cui cosa succede? Verosimilmente ci dice la teoria evolutiva posseggono, in qualche maniera, dei geni che li spingono a questo comportamento, perché in questa maniera quegli stessi geni sanno che si stanno salvando mentre sono ancora, non so, all interno di un cucciolo e non hanno possibilità di reagire. Ovviamente, questa è una spiegazione che io sto dando in termini molto antropomorfi, però è di enorme portata, nel senso che comunque una spiegazione di un certo tipo, altruismo, viene ribaltata: non è altruismo, è una forma di egoismo. Dopo ci sono diverse declinazioni, perché un conto è l altruismo biologico, in cui l organismo rinuncia a un po della sua fitness, cioè la sua idoneità a vivere e a sopravvivere in favore di quella di qualcun altro; dall altruismo psicologico che introduciamo, per esempio, per specie come l uomo in cui abbiamo la certezza che c è una mente, c è un intenzionalità e c è un ragionare sul che cosa voglio fare, come posso aiutare quella persona. Sono due ordini di questioni un po separate e non è 10

12 facile collegarle tra di loro perché, appunto, non è direttamente collegata all altruismo umano, lo è in maniera indiretta, ma comunque tocca un problema fondamentale. Un altro problema filosofico enorme: la morte. Sembra curioso, però se uno pensa in termini evoluzionistici, e in questi termini evoluzionistici, genetici diciamo, in qualche modo, nel momento in cui un organismo non è più in grado di trasmettere i propri geni, è come se fosse morto, nel senso che evolutivamente il suo contributo è finito lì perché non può più contribuire al cambiamento statistico della popolazione a cui appartiene, perché la riproduzione, che ha una sua carta d accesso, a questo cambiamento è venuta meno. Può essere perché, non so, ormai è troppo vecchio per cui non può più riprodursi, oppure è semplicemente sterile. Per cui, appunto, da un punto di vista evolutivo, possiamo ripensare anche la morte, ovviamente in una maniera molto diversa da quella, penso, non so, gli umanisti, gli esistenzialisti; è una maniera di pensare la morte completamente diversa, però fa sempre parte di questo continuo lavoro del filosofo che cerca di enucleare la rilevanza della biologia, in questo caso la biologia evolutiva per le grandi questioni filosofiche. Certo, non ci fa molto piacere in questo caso, però, banalmente, cosa possiamo apprendere? Possiamo apprendere che, forse, quello che dobbiamo cercare in questo caso non è un concetto di morte biologico. Ad esempio, ultimamente, si è parlato moltissimo della morte piuttosto che siamo sicuri che ci interessa capire biologicamente che cos è la morte? Sì, ci interessa, però dobbiamo anche pensare che quando pensiamo alla morte, pensiamo anche a dei valori, cioè attribuiamo dei valori alle cose, alle persone. È una maniera che non ci piace molto, al che emerge subito l idea: okay, forse attaccavo molti valori a quel concetto, quel concetto di morte, e non è vero che nella biologia troverò la soluzione. Devo mettere in gioco la biologia e i miei valori per riflettere sulla morte. Però ha anche tante conseguenze positive pensare dal punto di vista dei geni. L invecchiamento, che è un fenomeno strettamente connesso con la morte, non tutti, però diciamo che tutti ci auguriamo di morire pian piano, invecchiando etc., cosa succede? Come spiegare l invecchiamento? A prima vista, uno potrebbe pensare: ma effettivamente per selezione naturale, perché non viviamo pressoché in eterno fintanto che un qualche evento accidentale non ci uccide? Non so, ti cade il vaso di fiori in testa piuttosto che in maniera tale che continuiamo a riprodurci. Perché? Cosa succede? Una spiegazione è la seguente: si pensa che si possono accumulare nel patrimonio genetico di una popolazione, nel suo pool genico, dei geni che a un certo punto sono dannosi, ma sono dannosi quando? In un momento molto particolare della vita dell individuo: quando lui ormai si è già riprodotto, oppure quando ha già smesso di riprodursi. Per cui cosa succede? Questi geni è come se la selezione naturale non li vedesse più. Praticamente, possono fare il loro effetto deleterio sull organismo senza che la selezione naturale li punisca, nel senso diminuisca la loro frequenza nella popolazione. E questo semplicemente, appunto, perché tendenzialmente cosa succede? La tua probabilità di essere vivo all anno x è comunque superiore alla tua probabilità di essere vivo l anno x+1, per cui la selezione premia quelli che si riproducono prima. Banalmente, che cosa succede? Che è meglio aumentare di frequenza in quei geni che ti aiutano a riprodurti prima e dopo quello che succede dopo la riproduzione, alla selezione naturale non interessa più, per cui magari si accumulano geni che dopo, appunto, la stagione riproduttiva iniziano a essere deleteri per te o magari sono quegli stessi geni che ti hanno prodotto degli effetti positivi quando eri giovane e che dopo, quando sei più vecchio, ti provocano dei danni. Si dice, ad esempio, che il processo dell infiammazione, che è così importante per la biologia dell organismo, è deleterio a lungo andare. È un concetto che noi riusciamo a capire: il cosiddetto antagonismo pleiotropico, ad esempio, cioè il fatto che un gene o più geni possano avere degli effetti opposti, cioè buoni e negativi, in tempi diversi della vita dell organismo; è una cosa che riusciamo a capire molto bene quando adottiamo il punto di vista del gene rispetto all evoluzione. L evoluzione non vuole, in qualche maniera continuo a usare termini antropomorfi, però l evoluzione per selezione naturale non comporta il fatto che l organismo diventerà sempre, sempre più perfetto. In un certo qual modo, usando molte metafore, fa sì che diventi un ottimo veicolo per i suoi geni. Quando questo veicolo non serve più va beh 11

13 Allora, come abbiamo visto, introdurre il concetto di gene all interno dell evoluzione ci ha portato, sostanzialmente, a ulteriori riflessioni filosofiche, cioè a enucleare ancora di più il contenuto filosofico della teoria evolutiva per grandi questioni filosofiche e di rilevanza per l uomo. C è da dire che, però, il concetto di gene così com è non può essere preso neanche lui a sua volta in maniera pacifica e tranquilla, perché anche lui ha bisogno di essere in qualche modo esplicato, nel senso che se, per esempio, prendiamo una definizione abbastanza diffusa tra i biologi molecolari di cosa sia un gene, dopo Watson e Crick, etc., quando pensiamo a geni pensiamo a DNA, una definizione molto diffusa dice: un segmento di DNA che codifica per una proteina. Probabilmente, avrete sentito un qualcosa di analogo, non ho bene idea, però questa è una definizione che va per la maggiore, molti si riconoscono in questa definizione di gene. Qui abbiamo un piccolo schema che illustra un po che cosa succede: abbiamo la doppia elica, si apre, inizia la trascrizione, il tutto viene portato fuori dal nucleo e via con la traduzione, ovviamente, i dettagli immagino li conoscerete meglio di me. Ci sono, però, alcuni piccoli problemi che riguardano questa definizione. Sappiamo che alcuni geni, alcuni segmenti di DNA, producono dell RNA, che è l immediato trascritto del DNA, che è immediatamente funzionale; cioè questo trascritto di RNA, questo acido nucleico, si ripiega immediatamente, assume una conformazione e va a fare le sue cose in giro, cioè diventa uno degli attori cellulari. Sappiamo che certe sequenze, che vengono trascritte, si trovano sovrapposte l una con l altra, e sappiamo anche che certe sequenze, dopo essere state trascritte, o durante la loro trascrizione, vengono tagliuzzate e rincollate in varia maniera. Poi ci sono sequenze che non portano né a una proteina né a un RNA, ma servono semplicemente perché altre molecole cellulari possano legarsi al DNA, ad esempio dare inizio alla trascrizione. Il caso, ad esempio, del promotore: i geni hanno un promotore, il promotore sta lì, è una sequenza di consenso per una molecola che vada lì, si leghi al promotore e che permetta il legarsi di altri fattori, fattori di trascrizione, per l inizio della sintesi dell RNA rispetto allo stampo. Poi c è una ricombinazione somatica per cui, appunto, nelle cellule del sistema immunitario si sa che ci sono proprio dei pezzi, sostanzialmente, di cromosomi che vanno di qua e di là e vengono ricombinati per creare quella variabilità che contraddistingue la risposta immunitaria. Ci sono geni sovrapposti e geni inclusi, nel senso che ci sono dei geni all interno di altri geni. Come potete vedere, tutto questo tipo di evidenze, che sono evidenze sperimentali, che sono state accumulate nel corso degli anni, hanno messo in crisi il concetto di gene che avevamo dato all inizio, cioè un segmento lineare di DNA. Quel tipo di concetto non va molto bene, perché? Perché si scontra con tutte queste evidenze sperimentali. Anche il DNA spazzatura, cioè ci sono regioni del DNA che non si sa bene cosa facciano, stanno lì, ogni tanto si trova qualche funzioni di alcune di queste sequenze, altre volte no, non si sa veramente cosa facciano. Inoltre, siccome, appunto, a noi serviva il gene come qualcosa che trasmettesse i caratteri da una generazione all altra, alla fine cosa è venuto fuori? Che l ereditarietà è un concetto molto più ampio di quello di gene, per il semplice fatto che esiste l ereditarietà sociale, culturale, epigenetica nel senso che comunque avviene una trasmissione dei caratteri da una generazione all altra, anche attraverso i meccanismi che sono diversi da quelli dei geni, nel senso, ad esempio, che alla stessa maniera in cui è marcata chimicamente la cromatina che è sostanzialmente la sostanza di cui sono composti i cromosomi, e quindi DNA più proteine anche quella può essere trasmessa alla progenie. Analogamente, moltissime caratteristiche vengono sostanzialmente passate da genitori a figli, quindi è una trasmissione di tipo culturale. La scimmia che insegna a usare lo strumento piuttosto che quello è un esempio. Il che ci fa capire che quando pensiamo, non so, esistono delle espressioni metaforiche, ma molto belle, che nel nostro patrimonio genetico, come se noi avessimo accumulato tutta l informazione della nostra precedente storia filogenetica, sì, è vero, ma è fino a un certo punto, nel senso che, appunto, l evoluzione non si muove trasmettendo i caratteri, etc., solo sul piano genetico, lo fa anche su altri piani. Comunemente, uno dei temi più importanti, adesso, è l evoluzione culturale, viene molto studiata in filosofia: che cos è e come funziona l evoluzione culturale. 12

14 Inoltre, più abbiamo iniziato a capire bene che cosa fosse un gene, che cosa fosse il DNA, quale fosse il metabolismo del DNA etc. all interno della cellula, più ci siamo allontanati dall idea di capire bene come una proteina, che è il risultato prevalente di un gene, possa avere una qualche rilevanza per questi grandi caratteri fenotipici, di cui parlavamo all inizio; cioè ad esempio: semilisci piuttosto che semirugosi etc.. Nel senso che questi caratteri fenotipici sono, in un certo senso, così enormi rispetto a una proteina che veramente non si sa più bene come collegare l uno con l altro. Il famoso gene per..., puntini, mettete qualsiasi cosa è un idea un po fuorviante, nel senso che quello che viene fuori da lì, presumibilmente, è una proteina, magari una proteina che si mette lì sulla superficie cellulare e aspetta un segnale che venga dall esterno della cellula, lo prende, lo trasduce all interno e questo è quello che fa, solo che magari una mutazione in quel gene provoca un disordine patologico enorme. E non è affatto banale capire come a un livello di complessità più alto, ad esempio, appunto, quello dell intero organismo si esplichino gli effetti di un qualcosa in un certo senso minuscolo, cioè qual è l interazione di quella proteina con tutte le altre per dare luogo a quel fenotipo? Veramente è una maniera per ripensare il concetto di gene. Il filosofo fa anche questo, cioè cerca di ripensare questi concetti, alla luce delle scoperte stesse della biologia, anche perché sembra banale questi concetti dopo non solo travasano nella vita quotidiana in maniera distorta etc., ma, a volte, il biologo, banalmente, se non si interessa di biologia teorica, spesso è più interessato al suo lavoro quotidiano piuttosto che a riflettere su questi concetti, che rimane, appunto, lavoro filosofico. Cosa è successo? In questo tentativo di esplicare che cosa significhi gene, alcuni filosofi hanno raggiunto la conclusione, un po paradossale, che il concetto di gene che abbiamo visto così importante dovrebbe essere semplicemente preso e buttato via. Dicono: parliamo solo di DNA, ormai non ha più senso parlare di geni. Altri, invece, dicono: no, ha senso parlare di geni, solo che lo dobbiamo fare in maniera molto contestualizzata, per cui invece di prendere un concetto ne prendiamo diversi, vari, spieghiamo dove si collocano, in quale cornice teorica, e come funzionano. Perché queste due conclusioni diverse? Come dicevo, la ragione filosofica argomentativa etc. produce delle conclusioni giustificate, ma non ce n è una che sia definitiva, conclusiva, siamo arrivati, ecco il risultato. È un continuo lavorio, è un continuo dibattito argomentativo e razionale. Coloro, ad esempio, che propongono di mantenere il concetto di gene dicono: sì, manteniamo un concetto di gene senza problematizzare su che cosa effettivamente sia la base molecolare del gene, come questa si esplichi poi in un fenotipo durante lo sviluppo, ma manteniamo semplicemente il gene come quel segmento di cromosoma, che sostanzialmente segrega, ricombina, può essere mutato etc.. Questo per quello che è il loro scopo, per quello che è il loro segmento, della biologia, per quella che è la loro rappresentazione scientifica del mondo, quella che vedevamo un po riassunta in quella definizione di evoluzione: cambiamento statistico nella struttura genica di una popolazione, per noi va ancora bene. Altri dicono: biologia molecolare, no, a noi non va più bene, ormai sappiamo troppo, non possiamo più prendere quella vecchia definizione, abbiamo bisogno di qualcosa di meglio. Anche perché comunque questo è un problema anche informatico. Dovete pensare che quando viene sequenziato il genoma umano, a un certo punto, vengono creati dei database. Discorso analogo succede per tutti gli altri organismi modello che vengono usati in biologia, e dopo è utilissimo perché quando tu studi un gene nel pesce zebra piuttosto che nel verme Caenorhabditis elegans, a un certo punto, tu vuoi sapere se quel gene ha un omologo da qualche parte nella specie umana, perché? Perché puoi pensare che forse il gene omologo ha una funzione analoga o omologa, dipende, per il semplice fatto che è molto più facile studiare un verme, una mosca, un pesce piuttosto che un uomo. Allora cosa si fa? Quando si fanno gli studi molecolari su queste cose, c è bisogno di un concetto di gene per sapere più o meno dove si va a ritagliare. Come faccio dopo nel mio database a ripescare la sequenza che, ad esempio, io ho ottenuto su zebra fish, l ho studiato, ho scoperto che ha una certa rilevanza perché è un unico gene, cioè è uno di quei geni che stimola la proliferazione cellulare; come faccio a sapere qual è l omologo umano? Quindi è un problema anche informatico, è un problema filosofico, biologico e informatico. 13

15 Poi c è un altro concetto di gene ancora che è il cosiddetto gene predittivo per un carattere fenotipico. Allora qui non siamo più né nel campo della genetica di popolazione né nel campo della biologia molecolare, ma, ad esempio, siamo nel campo della diagnostica medica, della medicina molecolare. Cosa succede? In questi anni si parla molto dei vari geni che ci espongono a maggiore rischio di cancro. Per alcuni di questi geni i loro ruoli cellulari sono abbastanza chiari, però cosa succede? Per altri no. Si sa, però, che un certo polimorfismo, una certa mutazione per quel gene aumenta il rischio per il cancro al seno, e questa è un informazione estremamente utile. Per cui perché non mantenere questo concetto? Il concetto di gene per il cancro al seno? Tenendo dietro alle spalle, appunto, tutta la complessità che c è dietro, nel senso che dopo non è che uno si dimentica che cosa sta succedendo dalle altre parti. Però, appunto, dopo il filosofo va a capire e a mappare come un unico concetto diventi più concetti e come questi funzionino all interno di un quadro teorico. Questo è lavoro filosofico e, come vedete, ha degli addentellati con le scienze. Molto interessante è anche la questione di che cosa significa che un segmento di DNA codifica per una proteina. Prima vi ho dato la definizione e voi me l avete lasciata passare, ma avreste potuto domandare: che cosa significa che codifica per una proteina? Allora codifica sta, sostanzialmente, per quel disegno che abbiamo visto prima, per quel diagramma, cioè la doppia elica che si apre, trascrizione, fuori dal nucleo, se tutto va bene non incontra nessun altro che gli rompe le scatole e verrà tradotto. Questa maniera di parlare dei geni è invalsa dalla metà più o meno del 900, anche se, generalmente, si pensa sempre al fisico Schrödinger, che scrive che cos è la vita e si immagina che dentro a un uovo fecondato ci possa essere qualcosa tipo un cristallo periodico, che dopo viene letto come una sorta di codice, analogo al Codice Morse, per poter dare tutte le informazioni perché qualcosa di così microscopico come una cellula possa svilupparsi, cioè percorrere il percorso dell ontogenesi e diventare un intero organismo. Ci deve essere qualcosa di impacchettato là dentro, delle informazioni che poi si liberano. Questa è un po l idea metaforica. Adesso, a posteriori, quando noi guardiamo al concetto di informazione, diciamo che sappiamo che ha avuto un ruolo molto importante nella storia della biologia, nel senso che comunque gran parte dei primi problemi della biologia molecolare sono stati risolti proprio grazie al fatto che i biologi adottavano questo approccio un po informazionale ai loro problemi, nel senso che comunque si sono immediatamente posti il problema di come far corrispondere che troviamo sul DNA agli aminoacidi della proteina. Hanno trattato questo problema in maniera molto formale, cioè quali sono le regole di corrispondenza che mi portano da uno all altro? L idea è, appunto, quella del Codice Morse: come faccio a tradurre un messaggio che mi arriva con i puntini e le linee in un messaggio sensato in italiano? Per cui è questa l idea, ed è stata un idea di un valore euristico, nel senso che ha portato a trovare delle cose, estremamente importante, perché sappiamo che, ad esempio, grazie a questo ponte dell informazione si è messo da parte per un po il problema di capire quale fosse il problema conformazionale che ci stava sotto; cioè, alla fin dei conti, non stiamo parlando di cose totalmente volatili etc., parliamo di proteine, di macromolecole, di acidi nucleici etc. che si devono, come dire, trovare tra di loro. È la proteina che lega il DNA. Abbiamo bisogno di una polimerasi che scorra sulle eliche del DNA aperta e che riesca ad appaiare in maniera corretta i nucleotidi; per cui veramente questo problema conformazionale, per un periodo, è stato proprio trascurato pensando solo al problema informazionale di come tradurre, come si fa, qual è il problema formale? Come si passa dalle basi agli aminoacidi? Una metafora di enorme valore in queste tre discipline, perché poi c è la genetica molecolare, cioè l idea si dilata un po, si dice: qual è l informazione che c è dentro al DNA per creare un fenotipo di una certa rilevanza? Ci devono essere delle informazioni contenute nel DNA che dice come si costruisce, non so, un occhio questa era l idea. E anche per la biologia evoluzionistica, come dicevamo prima, con l idea di deposito dell informazione della storia genetica passata. Il filosofo cosa fa? Non solo con uno sguardo parzialmente storico dice: sì, effettivamente, ha avuto un ruolo euristico molto importante; però si domanda: questo concetto lo vogliamo tenere o non lo vogliamo tenere? Che ruolo svolge, se ne svolge ancora uno? E questo è di nuovo, appunto, il 14

16 lavoro del filosofo, che si mette lì, guarda i concetti, li studia, li esplica e cerca di comprenderne la portata. Ad esempio, biologia molecolare: l informazione che cos è in questo caso? Sappiamo da Crick, lo scopritore della doppia elica del DNA, che per informazione si intende la specificazione della sequenza di aminoacidi della proteina, a partire dalla sequenza di nucleotidi del DNA. Allora questo, che per molto tempo è stato visto come un problema di corrispondenze quasi speculari tra le due cose, in realtà, che cos è? Sostanzialmente, coinvolge un numero enorme di reazioni biochimiche tra un numero vastissimo di macromolecole di diversi tipi. Cosa succede in tutte queste reazioni? Succede che non sempre tutto va per il verso giusto, nel senso che comunque poi, alla fine, quella proteina non sarà necessariamente una copia fedele di quello che c era sul DNA, vengono introdotti degli errori. Anche qui bisogna entrare in un ragionamento di tipo probabilistico, nel senso che comunque, proprio perché si tratta di reazioni tra macromolecole etc., ogni tanto, può capitare qualche cosa, non so, un evento sfavorevole, non un errore, perché errore ci fa pensare di nuovo al codice, come dire: hai fatto un errore rispetto a come andrebbe trascritto correttamente. No, semplicemente avviene un evento che ha una bassa probabilità di accadere. Considerato che gli eventi tipo la trascrizione, immaginiamo le nostre cellule, stanno continuamente trascrivendo qualcosa, sostanzialmente, abbiano un evento di bassa probabilità; per cui, ad esempio, non so, in quella proteina, invece di un certo aminoacido ce ne sarà un altro. Vedere, appunto, questa come informazione guidata da un codice è piuttosto fuorviante, cioè ci fa dimenticare la biochimica. In genetica molecolare, quando diciamo che per quel fenotipo (l occhio piuttosto che altre caratteristiche, gli occhi verdi etc.) abbiamo bisogno dell informazione che è stata pescata nel DNA; qui il problema è che quasi tutti i caratteri fenotipici coinvolgono l azione di un numero enorme di geni, e poi comunque dobbiamo pensare anche al fatto che già immediatamente dopo quello che abbiamo descritto, cioè la traduzione, quando abbiamo la proteina, già iniziamo un po a perderci; nel senso che la proteina, come sappiamo, dopo deve essere ripiegata per diventare funzionale, perché così come viene fuori è una catena di aminoacidi, allora il ripiegamento di questa proteina richiede che cosa? Delle giuste condizioni, sostanzialmente (PH etc.), ma, ad esempio, per gli organismi eucarioti è richiesto che esistano delle altre proteine in giro che aiutino queste proteine a ripiegarsi nella maniera corretta per diventare funzionali. Se non ci sono, queste proteine non possono svolgere la loro funzione. Difatti, prova pratica di questo: se diamo certi geni, certe sequenze di DNA da trascrivere a degli organismi procarioti e queste sono sequenze eucariotiche a volte l organismo procariote, il batterio in questo caso, non è in grado di produrci le proteine, la quantità che vogliamo. Questa è una cosa normalissima, come sapete, nelle biotecnologie la schiavizzazione del batterio è la norma, in un certo senso. Questa non funziona, perché non possiamo avere la proteina perché a lui mancano le proteine adatte per ripiegare la proteina e renderla funzionale; per cui, appunto, cioè ci perdiamo al passo successivo di quello che è la traduzione, immaginatevi arrivare a un qualche fenotipo di tipo complesso (come gli occhi verdi etc.). Quindi questo già ci fa capire qual è la complessità che lega il DNA a un carattere che noi ritagliamo da un organismo così. C è una prima conclusione che potrebbe essere pessimistica che ci dice: perfetto, prendiamo il concetto di informazione, viene usato ancora adesso dai biologi ad esempio, lavoro costantemente fianco a fianco con biologi, ma non nel senso metaforico, sto proprio dentro un laboratorio di biologia molecolare, tutto il tempo, e posso tranquillamente dire che i biologi usano il termine informazione, semplicemente lo usano come una parola molto veloce per indicare qualche cosa; cioè loro pensano, appunto, che se dai al protozoo qualche cosa da replicare (un vettore etc.) lui lo farà a un certo punto, per cui gli hai dato l informazione perché lui possa, però, appunto, è una maniera di parlare spicciola che non ha a che vedere con un ruolo veramente sostanziale di questo concetto all interno della teoria e della pratica della biologia molecolare. Per cui uno può dire: buttiamolo via. Hans Blumenberg, nel suo libro La leggibilità del mondo, in cui non affronta solo questo problema, ma ne affronta altri, il libro della natura, in cui dice: nella biochimica e nella genetica si può osservare come il progresso della teoria smantella i punteggi 15

17 delle metafore, dei quali con tanto successo si è servito, come al posto della leggibilità non mette altro che l interazione di caratteri stereospecifici di riconoscimento di molecole che li inducono a fabbricare aggregati ordinati. L informazione è la superficie di una molecola proteica globulare. Una volta che si è capito come fa il genoma perché vengano fabbricate specialità sempre identiche di proteine, non occorre più considerarlo come il testo secondo le cui indicazioni viene preparata la ricetta. Per cui lui ha detto: benissimo, cosa che succede nella storia della scienza, abbiamo una metafora, la esprimiamo, la usiamo, fintanto che ci porta qualche cosa di interessante; a un certo punto, ci guardiamo indietro, riconosciamo era solo una metafora, la prendiamo e la mettiamo da parte. In realtà, c è una conclusione anche diversa. Possiamo dire argomentazione contro argomentazione. Questo è quello che dice Blumenberg, però possiamo anche pensare di attingere a una linea di ricerca molto moderna, perché, appunto, non pensiamo alla filosofia solo come storia della filosofia, pensiamo alla filosofia come a un attività che viene praticata. In questo caso, parliamo della filosofia dell informazione. La filosofia dell informazione è un ramo della filosofia che è stato, sostanzialmente, fondato e ancora adesso viene portato avanti da un italiano, tra l altro, un italiano che non sta in Italia, è stato per un periodo a Bari, adesso sta nel Regno Unito, e che sta vincendo un sacco di premi filosofici ed è noto a livello internazionale, cioè è una delle più grandi personalità della filosofia del momento, e ha fondato la filosofia dell informazione, che si chiama Luciano Floridi. Lui, appunto, dedica la sua attività filosofica a cercare di comprendere di esplicare, cioè di rendere chiaro in tutti i suoi significati il concetto di informazione. Attingendo a quello che fa lui, si può prendere in prestito una nozione che ci torna molto utile: la nozione di informazione come realtà. Lui dice: che cos è l informazione come realtà? Due sistemi A e B funzionano di pari passo, quasi di pari passo, di modo che l essere di A in uno stato del tipo F sia correlato con l essere di B nello stato del tipo G. La correlazione che si instaura tra i due sistemi A e B è quindi fonte di informazione per l osservatore, il quale inferisce dallo stato o dal tipo di stato di A il tipo di stato di B. Cosa succede? Che questo tipo di nozione, oltre al fatto che attenzione qui l osservatore avere un certo background, quando tagliamo un albero e guardiamo i cerchi che ci sono dentro, magari a me non dicono niente, a un esperto di dendrocronologia dicono tutto: questo albero ha questa età piuttosto che ha vissuto una crisi durante questo anno della sua vita. Questo tipo di nozione di informazione, che ripesca da altre teorie dell informazione in matematica che sono state sviluppate, ci ritorna molto utile. Però sta di fatto perché? Perché possiamo pensare, ad esempio, alle vicende che abbiamo visto prima in termini probabilistici, cioè dicevamo prima il gene per il cancro al seno, benissimo, lo esprimiamo in questo senso, nel senso che quella sequenza di DNA a noi osservatori e agenti epistemici, che abbiamo un certo background, che sappiamo certe cose, ci dà delle informazione rispetto alla probabilità che quella persona abbia un cancro al seno. Discorso analogo per il passaggio dal DNA alle proteine. Non possiamo garantire che siano un passaggio sostanzialmente speculare, però sicuramente sapere che quella stringa di DNA è composta da quella sequenza di basi diciamo che ci dà un altissima probabilità che quando la diamo al protozoo da replicare e da tradurre etc. in proteine, sempre che ci riesca, darà essenzialmente quel risultato, quel tipo di proteina. Questa maniera di estrarre informazioni dal DNA, ad esempio che è utilissima anche per la filogenesi molecolare, quando, ad esempio, vogliamo ricostruire la storia filogenetica del passato, come facciamo? Compariamo gli organismi e cerchiamo di capire le similarità e le differenze, non in maniera banale, però, perché sono similarità e differenze che, in realtà, ci conducono a ricostruire la loro storia filogenetica in maniera del tutto erronea. Pensiamo alle similitudini tra i mammiferi e i marsupiali d Australia. Però, ultimamente, la filogenetica è fatta molto su base molecolare, allora la comparazione di sequenze fornisce all osservatore attento delle informazioni estremamente utili. Per cui vedete come, ad esempio, una nozione sviluppata all interno della filosofia della scienza, in particolare della filosofia dell informazione ci ritorna utile per rivalutare sotto una luce nuova un concetto biologico che in qualche maniera ed è stato sempre più sottovalutato. Ho concluso tutta la parte. 16

18 Quello che veramente avrei cercato di passarvi in questo paio d ore insieme è, appunto, l idea di qual è il lavoro del filosofo della biologia. Ho cercato di farlo a partire da Darwin e dal concetto di evoluzione, etc., passando attraverso il concetto di gene e il concetto di informazione e, come vedete, sono tutti in qualche maniera inanellati l uno con l altro, mettendovi in mostra qual è il lavoro filosofico per capire, in un certo senso c è una metareazione, cioè che cos è la filosofia della biologia. Grazie. Moderatore: Allora, ragazzi, io sono senza parole, andrebbero risparmiate le parole. Credo ci siano state poche lesioni così ricche e complesse, con momenti di grande lucidità e chiarezza didascalica e, al tempo stesso, come è stato dichiarato, precisamente alla fine, testimonianza del lavoro, di un lavoro davvero originale e raro. Credo ci siano pochissimi in Italia e nel mondo di filosofi che lavorano dentro laboratori di biologia. Su tanti passaggi o apparentemente chiari o esplicitamente complessi ognuno di noi, al più presto, potrà riflettere, se vuole, perché avremo preso il DVD di queste lezioni. Se ci sono alcune domande anche semplici fatele prestissimo, perché siete stati bravissimi, per primo è stato bravo il dottor Giaimo, il quale aveva timore di essere poco autorevole, visto l aspetto giovanile, oltre che l età effettivamente, è stato bravissimo e siete stati bravissimi anche voi. Se avete alcune domande, facciamole pure al volo, non fatevi preoccupazioni, su problemi banali o problemi grandissimi. Io che le domande ci sono, lo so per certo, perché alcune questioni le hanno poste a me e non sono all altezza di rispondere. Non vi preoccupate se manca poco, fatele. Dalla questione della morte alla questione del disegno intelligente o anche chiarimenti tecnici, io per primo sentirei di dover chiedere, ma non le faccio io queste domande, sugli ultimi passaggi. Intervento: Volevo fare una domanda rapidissima su che cos è il disegno intelligente ; se è una tesi creazionistica oppure una mediazione tra l evoluzione e il creazionismo. Dottor Giaimo Stefano: Il problema è che, in realtà, esiste in diverse varianti, nel senso che comunque c è chi introduce, come dire, il ruolo di Dio a un certo punto, cioè Dio che dà delle piccole spinte all evoluzione, Dio che dà il primo colpo iniziale piuttosto che Dio crea le specie così con uno schiocco di dita; per cui, effettivamente, c è uno spettro per cui non è possibile identificare un unica teoria, ce ne sono diverse. In questo senso non ho una risposta chiara da darti, però certamente quello che le accomuna è che, a un certo punto, c è qualcosa di metafisico, qualcosa di oltre che interviene nel mondo e plasma le caratteristiche dei viventi in maniera molto intelligente. Moderatore: Ci sono altre domande? Intervento: Molto breve. Darwin e la teoria originale prevedeva l errore di riproduzione, la variabilità per via dell errore di riproduzione? Che nella riproduzione qualche carattere viene alterato spontaneamente? Proprio l errore, quello che per noi è l errore genetico, Darwin l aveva immaginato? Dottor Giaimo Stefano: Darwin, di solito, non parla di come si introduca nuova variazione, cioè penso che la tua domanda sia la seguente: come si introduce nuova variazione? Come Darwin pensa che venga introdotta nuova variabilità, noi adesso parliamo di mutazione, generalmente l argomento di Darwin è sempre: 17

19 data una certa variabilità, le cose agiranno dopo per selezione naturale. Non posso dirti per certo, non sono uno storico o comunque un conoscitore così approfondito dell opera di Darwin, però tenderei a dire non fosse molto chiaro quale fosse il meccanismo che introduca nuova variazione. Moderatore: Qualcun altro? Vi voglio solo ricordare che fra meno di due settimane, giovedì 12 marzo, abbiamo la terza e conclusiva lezione del professor Boncinelli. Troverete uno scienziato con un aspetto almeno esteriore molto diverso, perché ha circa 70 anni, rispetto al professor Giaimo, e il tema della conferenza è: L evoluzionismo ieri e oggi. Il professor Boncinelli ci ha suggerito anche qualche lettura dall ultimo numero di Scienze e comunque per gli studenti dell altra scuola io metto a disposizione le fotocopie che abbiamo. Salutiamo il professor Giaimo. Ci vediamo presto. 18

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