La biologia molecolare del gene

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1 1 La struttura del materiale genetico 1.1 lcuni esperimenti hanno dimostrato che il D è il materiale depositario dell informazione genetica 1.2 D e R sono polimeri di nucleotidi 1.3 Il D ha la struttura di un elica a doppio filamento 2 La duplicazione del D 1.4 La duplicazione del D dipende dallo specifico appaiamento delle basi azotate 1.5 La duplicazione del D ha inizio simultaneamente in molti punti e procede grazie alla D polimerasi PRE L BILI MLELRE E L EVLUZIE La biologia molecolare del gene UIÀ 1 3 Il passaggio dell informazione genetica dal D all R alle proteine 1.6 La duplicazione del D procede in modo discontinuo sul filamento antiparallelo 1.7 li errori di duplicazione vengono corretti grazie alla D polimerasi e ad altri meccanismi di riparazione 1.8 Le estremità 5 dei filamenti di D non vengono duplicate 1.9 L informazione genetica codificata dal D viene tradotta nella sequenza delle proteine 1.10 L informazione genetica è codificata nel D in triplette di nucleotidi, ciascuna delle quali corrisponde a un amminoacido nella proteina corrispondente 1.11 Il codice genetico è la stele di Rosetta della vita 1.12 La trascrizione produce messaggi genetici sotto forma di R 1.13 Prima di uscire dal nucleo della cellula eucariote l R messaggero viene modificato 1.14 Le molecole di R di trasporto agiscono da interpreti durante la traduzione 1.15 I ribosomi assemblano i polipeptidi 1.16 L inizio del messaggio portato dall mr è indicato da uno speciale codone 1.17 ella fase di allungamento la catena polipeptidica si accresce finché il codone di arresto termina la traduzione 1.18 In sintesi: il flusso dell informazione genetica procede dal D all R e dall R alle proteine 1.19 Le mutazioni possono modificare il significato dei geni 4 La genetica dei virus e dei batteri 1.20 Il D virale può diventare parte del cromosoma dell ospite salute Un armata invisibile 1.21 evoluzione La salute delle popolazioni umane è minacciata dalla comparsa di nuovi virus 1.22 Il virus dell IDS sintetizza il D utilizzando l R come stampo 1.23 Viroidi e prioni sono agenti patogeni diffusi nelle piante e negli animali 1.24 I batteri possono ricombinare i propri geni in tre modi 1.25 I plasmidi batterici possono essere impiegati per trasferire i geni Prova di competenza scuola dai virus Perché, per studiare il funzionameno del D a livello molecolare, i virus sono stati preferiti ad altri modelli come le drosofile di Morgan? biettivi m conoscere la struttura delle molecole del D e dell R m comprendere il meccanismo di duplicazione del D m comprendere come viene decodificata l informazione genetica contenuta nel D m conoscere le funzioni dei diversi tipi di R m comprendere come avviene la sintesi delle proteine all interno delle cellule m conoscere i meccanismi con cui i virus infettano le cellule 3

2 LEZIE 1 La struttura del materiale genetico attività L esperimento di ershey e hase Figura 1.1 L esperimento di riffith. batteri patogeni vivi RISULI il topo muore 1.1 lcuni esperimenti hanno dimostrato che il D è il materiale depositario dell informazione genetica batteri innocui vivi il topo vive batteri patogeni uccisi dal calore il topo vive batteri patogeni uccisi dal calore mescolati a batteri innocui vivi il topo muore i campioni di sangue contengono batteri patogeni vivi in grado di riprodursi, dando origine a nuovi batteri patogeni ll inizio del XX secolo l identità precisa del materiale ereditario era ancora sconosciuta. I biologi sapevano che i portatori dell informazione ereditaria erano i cromosomi; il materiale genetico, di conseguenza, doveva trovarsi in uno dei due componenti chimici dei cromosomi: nel D, oppure nelle proteine. Fino agli anni quaranta, la maggior parte degli studiosi propendeva per la seconda ipotesi, dal momento che le proteine apparivano più complesse dal punto di vista della struttura e più specifiche nella funzione rispetto al D. I peptidi, infatti, sono formati da 20 diversi amminoacidi, mentre il D è composto soltanto da 4 tipi di nucleotidi. Furono alcuni fondamentali esperimenti condotti sui batteri e sui virus a svelare, alla fine, il ruolo del D nella trasmissione ereditaria. I primi indizi del ruolo del D come depositario dell informazione genetica risalgono al Il biologo inglese Frederick riffith stava studiando due ceppi di un batterio: uno era innocuo, l altro provocava la polmonite nei topi. riffith scoprì che, quando mescolava batteri patogeni precedentemente uccisi con altri batteri innocui ma vivi, alcuni di questi ultimi si trasformavano nella forma patogena in grado di causare la malattia (Figura 1.1); tutti i discendenti dei batteri modificati, inoltre, ereditavano la capacità di indurre la malattia. Era chiaro che alcuni componenti chimici presenti nei batteri morti dovevano agire da fattore trasformante, dando luogo a un cambiamento che poteva essere trasmesso ai discendenti. el 1952 i biologi americani lfred ershey e Martha hase svolsero una serie di esperimenti molto convincenti dimostrando che proprio il D è il materiale genetico di un virus denominato 2, che infetta il batterio Escherichia coli (E. coli). I virus batterici sono chiamati batteriofagi o, più sinteticamente, fagi (dal greco phageîn mangiare ). Il fago 2 è costituito da una testa formata da un rivestimento proteico, che racchiude D, e collegata a una coda cava, dalla quale si dipartono sei fibre articolate, capaci di attaccarsi alla superficie di un batterio sensibile. ershey e hase avevano capito che il fago 2 era in grado di riprogrammare la cellula ospite inducendola così a produrre nuovi fagi, ma all inizio non sapevano quale componente, se il D o le proteine, venisse trasferita per svolgere questo compito. I due biologi riuscirono a trovare la risposta ideando un esperimento che utilizzava materiali relativamente semplici: sostanze chimiche marcate con isotopi radioattivi (che agiscono da traccianti e possono essere monitorate in laboratorio nei loro spostamenti), un rilevatore di radioattività, un frullatore da cucina e una centrifuga (uno strumento grazie al quale si possono separare particelle di peso differente presenti in una sospensione). ershey e hase usarono isotopi radioattivi diversi per marcare il D e le proteine del fago 2. Per cominciare, allevarono il fago e le cellule di E. coli in una soluzione contenente zolfo radioattivo (in giallo nella Figura 1.1B). Dato che le proteine contengono zolfo, a differenza del D, gli atomi di zolfo radioattivo potevano essere incorporati soltanto nelle proteine dei fagi di nuova formazione. I ricercatori coltivarono poi un altro gruppo di fagi in una soluzione contenente fosforo radioattivo (in verde nella figura). Poiché quasi tutto il fosforo del fago si trova nel suo D, soltanto il D dei fagi coltivati in questa soluzione risultava marcato. L esperimento di ershey e hase. Una volta ottenuti i due ceppi di 2 marcati, ershey e hase condussero l esperimento descritto nella Figura 1.1B. 1. I due studiosi fecero infettare dai due gruppi di virus, marcati diversamente, due differenti gruppi di batteri; 4

3 2. frullarono quindi le due colture in modo da staccare meccanicamente le parti dei fagi rimaste fuori dalle cellule batteriche; 3. centrifugarono i campioni ottenuti in modo da separare le cellule batteriche (più pesanti e accumulate sul fondo della provetta) dai fagi e dai loro frammenti, più leggeri, che rimanevano in sospensione nel liquido; 4. misurarono infine la radioattività nel precipitato e nel liquido sovrastante. razie a questo esperimento, ershey e hase scoprirono che, quando i batteri erano infettati dai fagi 2 con proteine marcate, la radioattività si misurava principalmente nel liquido sovrastante, contenente fagi ma non batteri. Da questo risultato si poteva dedurre che le proteine del fago non erano entrate nelle cellule batteriche. Quando i batteri erano infettati dai fagi con D marcato, al contrario, la maggior parte della radioattività si trovava nel precipitato batterico. Se questi batteri venivano nuovamente inseriti in una coltura, le loro cellule andavano rapidamente incontro a lisi e liberavano nuovi fagi contenenti D con foattività Phage 2 reproductive cycle inquiry an a genetic trait be transferred between different bacterial strains? La biologia molecolare del gene UIÀ 1 sforo radioattivo, ma privi di zolfo radioattivo nelle proteine. I due ricercatori conclusero quindi che il fago 2 inietta il proprio D nella cellula ospite, lasciando all esterno tutte le sue proteine. Essi dimostrarono, inoltre, che erano proprio le molecole di D iniettate a indurre un ulteriore produzione di D e proteine virali (in modo da generare fagi completi). utte le istruzioni necessarie per produrre nuovi fagi dovevano dunque essere contenute nel D. I risultati di ershey e hase, insieme a dati ottenuti dalle ricerche precedenti, convinsero la maggior parte degli scienziati che il materiale ereditario è costituito da D. Questo esperimento, di fatto, ha dato il via alla grande avventura scientifica che ha svelato la struttura del D e il suo ruolo nell archiviare e nel trasmettere l informazione genetica da una generazione all altra. SEP BY SEP he cosa convinse ershey e hase del fatto che il materiale genetico del fago 2 è rappresentato dal D e non dalle proteine? Figura 1.1B L esperimento di ershey e hase. fago proteine radioattive involucro proteico vuoto D del fago radioattività nel liquido batterio D ceppo 1 proteine radioattive passaggio nella centrifuga precipitato 1 i fagi radioattivi vengono 2 i fagi che si trovano 3 la miscela viene 4 si misura la radioattività mescolati con i batteri; i fagi infettano le cellule batteriche all esterno dei batteri vengono separati dalle cellule e dal loro contenuto usando un frullatore centrifugata; i batteri formano un precipitato sul fondo della provetta nel precipitato e nel liquido sovrastante ceppo 2 D radioattivo D radioattivo passaggio nella centrifuga precipitato radioattività nel precipitato 5

4 LEZIE 1 La struttura del materiale genetico Figura 1.2 La struttura di un polinucleotide di D. 1.2 D e R sono polimeri di nucleotidi Quando ershey e hase svolsero i loro esperimenti, si sapeva già molto sul D: gli scienziati avevano identificato le molecole che lo costituivano e i legami covalenti che le univano. on era però ancora nota la configurazione tridimensionale del D, quella da cui dipendono le proprietà uniche di questa macromolecola: la capa cità di archiviare l informazione genetica, di copiarla e di trasmetterla da una generazione all altra. Dopo un solo anno dalla pubblicazione dei risultati di ershey e hase, altri studiosi riuscirono a ricostruire la struttura tridimensionale del D e a spiegarne il funzionamento. Prima di esaminare questa nuova scoperta (cui è dedicato il paragrafo 1.3), è utile rivedere la struttura chimica del D e dell R. La struttura degli acidi nucleici. Il D e l R sono acidi nucleici costituiti da lunghe catene (o polimeri) di unità chimiche (monomeri) ripetute e legate tra loro, dette nucleotidi. ella parte sinistra della Figura 1.2 è rappresentato un semplice schema di questo polimero, detto anche polinucleotide. l centro della figura si può osservare che ogni nucleotide include tre componenti: una base azotata (l elemento più a destra indicato con colori diversi), uno zucchero (in azzurro) e un gruppo fosfato (in giallo). Il D è costituito da quattro diversi tipi di nucleotidi che differiscono tra loro solo per la base azotata: adenina (), citosina (), timina () o guanina (). I nucleotidi sono uniti da legami covalenti che si formano tra lo zucchero di un nucleotide e il gruppo fosfato del nucleotide successivo. La struttura risultante da questa disposizione, detta scheletro zucchero-fosfato, si ripete per tutta la lunghezza del polinucleotide; all esterno di questo scheletro sporgono le basi azotate. In un filamento di acido nucleico, la posizione occupata dai singoli nucleotidi è variabile, così come la lunghezza delle catene polinucleotidiche. Le diverse combinazioni dei quattro nucleotidi sono all origine del grandissimo numero di polinucleotidi. Se scendiamo ancor più nel dettaglio ed esaminiamo un singolo nucleotide di D (a destra nella Figura 1.2), possiamo notare la particolare struttura chimica dei suoi tre componenti. Il gruppo fosfato ha un atomo di fosforo (P) al centro e determina il carattere acido di questi polimeri. Lo zucchero ha cinque atomi di carbonio (evidenziati in rosso), quattro nell anello e uno posizionato esternamente rispetto al piano dell anello; al vertice della struttura si trova un atomo di ossigeno. el D lo zucchero è chia- scheletro zucchero-fosfato gruppo fosfato base azotata zucchero la posizione degli atomi di carbonio nello zucchero del nucleotide è indicata da numeri con apice; in posizione 2 il desossiribosio del D ha un atomo di nucleotide di D P base azotata (,,, o ) timina () gruppo fosfato 4 3 nucleotide di D 1 2 zucchero (desossiribosio) polinucleotide di D 6

5 La biologia molecolare del gene UIÀ 1 3 timina () citosina () adenina () guanina () Figura 1.2B Le basi azotate del D. pirimidine purine mato desossiribosio perché, rispetto allo zucchero ribosio dell R, ha un atomo di ossigeno in meno (nella figura, l atomo di in basso a destra è legato a un atomo di, invece che a un gruppo, come nel ribosio; vedi Figura 1.2). Il nome per esteso del D è, dunque, acido desossiribonucleico, dove il termine nucleico ricorda la localizzazione del D nel nucleo delle cellule eucariote. La base azotata (nel nostro esempio una timina) ha un anello costituito da atomi di azoto e carbonio, cui sono uniti vari gruppi funzionali. differenza del gruppo fosfato, che è acido, le basi azotate, come indica il nome, sono sostanze basiche. La loro struttura chimica è illustrata nella Figura 1.2B ed è riconducibile a due modelli: la timina () e la citosina () sono strutture ad anello singolo, chiamate pirimidine; l adenina () e la guanina () sono strutture più grandi, con un doppio anello, chiamate purine. (otate che le stesse abbreviazioni possono essere usate per indicare le singole basi oppure i nucleotidi che le contengono; è la base azotata, infatti, l unico elemento distintivo dei nucleotidi.) Le differenze tra R e D. ome indicato dal nome, l acido ribonucleico (o R) è costituito dallo zucchero ribosio (Figura 1.2) che, abbiamo visto, contiene un atomo di ossigeno in più rispetto al desossiribosio. Un altra differenza tra R e D è data dalla presenza nell R, al posto della timina, di una base azotata chiamata uracile (U), che ha una struttura molto simile a quella della timina. La Figura 1.2D è una rappresentazione al computer di un segmento di R lungo circa 20 nucleotidi. li atomi di fosforo, colorati di giallo, al centro dei gruppi fosfato facilitano l identificazione dello scheletro zucchero-fosfato. SEP BY SEP Quali sono le analogie e le differenze tra la struttura del D e quella dell R? a differenza del D, la molecola di R è, di solito, un singolo filamento a forma di elica guanina Figura 1.2D Parte di un polinucleotide di R. adenina citosina uracile base azotata (,,, o U) P gruppo fosfato zucchero (ribosio) uracile (U) il ribosio ha un gruppo in posizione 2 fosfato ribosio Figura 1.2 Un nucleotide di R. 7

6 LEZIE 1 La struttura del materiale genetico animazione La struttura della doppia elica del D attività D double helix Figura 1.3 Rosalind Franklin e l immagine del D che ottenne con la cristallografia a raggi X. 1.3 Il D ha la struttura di un elica a doppio filamento Partendo dall ipotesi che l informazione genetica fosse contenuta nel D, come suggerivano i risultati degli esperimenti di ershey e hase del 1952, ricercatori di diversi laboratori ingaggiarono una vera e propria gara per riuscire a determinare la struttura tridimensionale di questa molecola e provare così il suo ruolo fondamentale nell ereditarietà. quel tempo la disposizione dei legami covalenti nella catena di un acido nucleico era già ben conosciuta. Perciò, gli sforzi dei biochimici si concentrarono principalmente sullo studio della struttura tridimensionale del D, anche perché si era scoperto l importante legame tra struttura e funzioni nelle proteine. I primi a svelare il mistero furono l americano James D. Watson e l inglese Francis rick. Il contributo della cristallografia a raggi X. La collaborazione tra i due scienziati, breve ma famosa, ebbe inizio quando il ventitreenne Watson visitò l università di ambridge, dove rick stava studiando la struttura molecolare delle proteine servendosi di una tecnica chiamata cristallografia a raggi X. Ma la svolta avvenne al King s ollege di Londra, dove il biologo Maurice Wilkins era all avanguardia in questi studi. el laboratorio di Wilkins, Watson osservò un immagine cristallografica del D ottenuta da una collega di Wilkins, Rosalind Franklin (Figura 1.3). Uno studio accurato di questa immagine permise a Watson e a rick di dedurre che la forma del D era un elica con un diametro costante di 2 nanometri (nm), nella quale le basi azotate erano distanziate di circa un terzo di nanometro (per avere un termine di paragone, la membrana plasmatica della cellula è spessa circa 8 nm). Il diametro dell elica suggeriva che essa fosse costituita da due filamenti polinucleotidici, uniti in una configurazione a doppia elica. Watson e rick, usando modelli molecolari in filo metallico, tentarono quindi di costruire una doppia elica che fosse conforme sia ai dati di Rosalind Franklin sia a ciò che si sapeva a quel tempo della chimica del D (Figura 1.3B). In particolare, la ricercatrice aveva concluso che gli scheletri zucchero-fosfato dovessero trovarsi all esterno della doppia elica. Le basi azotate, di conseguenza, dovevano essere spostate nel modello all interno della molecola. Ma in che modo? L appaiamento delle basi azotate. ll inizio, Watson e rick immaginarono che le basi azotate fossero appaiate secondo il criterio del simile con il simile, per esempio con e con. Ma questo tipo di appaiamento non corrispondeva ai dati ottenuti ai raggi X, che suggerivano un diametro costante nella molecola del D; la coppia di basi, infatti, avrebbe avuto un in gombro quasi doppio rispetto alla coppia, causando vistosi rigonfiamenti nella molecola. Ben presto fu chiaro che una base a doppio anello (una purina) doveva sempre essere appaiata, sul filamento opposto, con una base ad anello singolo (una pirimidina). Watson e rick, inoltre, capirono che le singole strutture delle basi imponevano un accoppiamento ancora più specifico: ogni base ha infatti gruppi chimici laterali che tendono a formare legami idrogeno con una molecola adatta. L adenina forma legami idrogeno con la timina, e la guanina con la citosina. Usando le abbreviazioni del linguaggio dei biologi, si appaia con e con ; le basi complementari del D sono dunque - e -. Il modello di appaiamento di Watson e rick era perfettamente compatibile con quanto si sapeva sulle caratteristiche fisiche e i legami chimici del D. Inoltre, giustificava alcuni dati che erano stati ottenuti diversi anni prima dal biochimico americano Erwin hargaff. hargaff aveva scoperto che, in tutte le specie, la quantità di adenina presente nel D è sempre uguale alla quantità di timina e la quantità di guanina è sempre uguale a Figura 1.3B Watson e rick nel 1953, con il loro modello di D a doppia elica. 8

7 animazione I legami idrogeno del D La biologia molecolare del gene UIÀ 1 quella di citosina. La regolarità rilevata da hargaff è spiegata dal fatto che ogni presente su una delle catene polinucleotidiche di D si appaia sempre con una sull altra catena, proprio come ogni su una catena si appaia sempre con una sull altra. Il modello a doppia elica. Il modello a doppia elica del D proposto da Watson e rick può essere immaginato come una scala di corda, con rigidi pioli di legno, avvolta su se stessa in senso orario (Figura 1.3). Le due corde laterali sono equivalenti agli scheletri zucchero-fosfato, mentre i pioli rappresentano le coppie di basi azotate unite da legami idrogeno. La Figura 1.3D mostra tre rappresentazioni della doppia elica. La forma dei simboli delle basi, nel modello a sinistra, sottolinea la loro complementarietà. Lo schema al centro illustra, in particolare, i legami idrogeno tra basi complementari (indicati con linee punteggiate); si noti inoltre che le catene sono antiparallele, cioè disposte in senso opposto. el modello computerizzato a destra, gli atomi delle molecole di desossiribosio sono colorati in azzurro, i gruppi fosfato in giallo e le basi azotate in verde e arancione. La regola dell appaiamento complementare scoperta da Watson e rick implica un preciso abbinamento delle basi azotate, ma non pone limitazioni alla lunghezza della molecola e alla disposizione dei singoli nucleotidi. La sequenza delle basi presenta infinite variazioni e i nucleotidi di ogni gene hanno, di conseguenza, una sequenza di basi esclusiva. Per il loro straordinario contributo alla biologia molecolare e alla genetica, illustrato con un breve articolo apparso sulla rivista ature nel 1953, Watson, rick e Wilkins ricevettero il Pre- avvolgimento mio obel per la Medicina nel (Rosalind Franklin non poté riceverlo perché era morta di cancro nel 1958.) È interessante notare che l eccezionale riconoscimento ottenuto da questi ricercatori non sia dovuto alla produzione di nuovi dati sperimentali, ma all atto creativo di immaginare un modello che corrispondesse a tutti i dati sperimentali già in possesso della comunità scientifica. razie al loro modello, fu possibile conoscere l organizzazione molecolare che consente alla sequenza nucleotidica del D di codificare l informazione ereditaria contenuta nei geni di un cromosoma. SEP BY SEP Se lungo un filamento della doppia elica troviamo la sequenza nucleotidica, qual è la sequenza complementare sull altro filamento di D? Figura 1.3 La doppia elica rappresentata attraverso il modello della scala a pioli. Figura 1.3D re modi di rappresentare il D. modello a nastro coppia di basi appaiate il legame idrogeno è un legame debole che si forma tra un atomo di idrogeno, unito in modo covalente estremità 5 a una molecola, e un atomo molto elettronegativo, come oppure, di una molecola diversa P estremità 3 2 P 2 P 2 P 2 estremità 3 i due scheletri zucchero-fosfato sono orientati in direzioni opposte: ciascun filamento ha un estremità 3 e un estremità 5 2 P 2 P 2 P 2 P estremità 5 modello computerizzato 9

8 LEZIE 2 La duplicazione del D Figura 1.4 Modello a stampo della duplicazione del D. 1.4 La duplicazione del D dipende dallo specifico appaiamento delle basi azotate Uno dei temi più importanti e trasversali della biologia, il rapporto tra struttura e funzione, emerge con grande evidenza nella doppia elica del D. L esistenza di un appaiamento specifico delle basi nel D non solo orientò Watson e rick verso la scoperta della corretta struttura della doppia elica, ma suggerì anche ai due scienziati un aspetto funzionale di enorme rilevanza legato a questa disposizione. Il loro famosissimo articolo del 1953 terminava con queste parole: «non è sfuggito alla nostra attenzione che l appaiamento specifico da noi proposto suggerisce direttamente un possibile meccanismo per la duplicazione del materiale genetico». La logica alla base dell ipotesi di Watson e rick sulle modalità di duplicazione del D attraverso l appaiamento specifico di basi complementari è molto semplice. Per rendersene conto, basta coprire uno dei filamenti della molecola originaria di D nella Figura 1.4: la sequenza di basi del filamento coperto può essere determinata applicando la regola dell appaiamento delle basi al filamento rimasto visibile: si appaia con, con. Il meccanismo di stampo nella duplicazione. Secondo l ipotesi di Watson e rick, la cellula applicava lo stesso principio di complementarietà quando copiava i propri geni. ome si vede nella Figura 1.4, i due filamenti di D originario (in azzurro) si separano. questo punto, ognuno di essi diventa uno stampo per l assemblaggio di un filamento complementare a partire da una riserva di nucleotidi liberi disponibili nell ambiente (in grigio). I nucleotidi si allineano uno alla volta lungo il filamento stampo, seguendo la regola dell appaiamento delle basi. ppositi enzimi uniscono poi i nucleotidi formando il nuovo filamento di D. Le nuove molecole, identiche alla molecola originaria, sono chiamate molecole figlie. Il meccanismo di copia è analogo a quello impiegato per produrre da un negativo fotografico un immagine positiva, la quale, a sua volta, può essere usata per produrre un altro negativo, e così via. nucleotidi Il modello di Watson e rick prevede che, quando una doppia elica si duplica, ognuna delle molecole figlie sia costituita da un vecchio filamento, appartenente alla molecola originaria, e da uno nuovo. Questo modello di duplicazione è noto come modello semiconservativo, perché in ogni molecola figlia viene conservata metà della molecola originaria. Il modello semiconservativo della duplicazione è stato confermato da alcuni esperimenti eseguiti negli anni cinquanta del ovecento. Sebbene il meccanismo generale della duplicazione del D sia concettualmente semplice, il processo reale implica una complessa attività biochimica. Parte di tale complessità deriva dal fatto che, per duplicarsi, la molecola elicoidale di D deve svolgersi e copiare quasi simultaneamente i suoi due filamenti (Figura 1.4B). Un altro problema è la velocità del processo. E. coli, che ha circa 4,6 milioni di coppie di basi, può copiare il suo genoma in meno di un ora. li esseri umani, che hanno più di 6 miliardi di coppie di basi distribuite in 46 cromosomi, impiegano qualche ora (in media vengono aggiunti 50 nucleotidi al secondo nei mammiferi). Eppure, il processo è incredibilmente accurato: di solito, soltanto un nucleotide su diversi miliardi si appaia in modo errato. el prossimo paragrafo vedremo più in dettaglio il meccanismo che consente alla duplicazione del D di procedere con tanta velocità e accuratezza. SEP BY SEP In che modo l appaiamento complementare delle basi rende possibile la duplicazione del D? Figura 1.4B Svolgimento della molecola originaria e duplicazione del D. molecola originaria di D i due filamenti originari agiscono da stampo due molecole figlie di D identiche 10

9 attività La duplicazione del D La biologia molecolare del gene UIÀ La duplicazione del D ha inizio simultaneamente in molti punti e procede grazie alla D polimerasi origine della duplicazione filamento originario filamento di nuova sintesi La duplicazione di una molecola di D richiede la cooperazione di numerosi enzimi e di altre proteine speciali. Il processo ha inizio in particolari punti di origine della duplicazione, che sono tratti di D con una caratteristica sequenza di nucleotidi, in corrispondenza dei quali gli enzimi si attaccano all acido nucleico e separano i filamenti. ome mostra la Figura 1.5, la duplicazione procede quindi in due direzioni, dando origine a bolle di duplicazione. I filamenti del D originario (in azzurro) si dividono a mano a mano che i filamenti di nuova sintesi (in grigio) si allungano su entrambi i lati di ogni bolla. elle cellule eucariote, la molecola di D di un cromosoma ha molti punti di origine, da cui la duplicazione può partire simultaneamente; in tal modo, il tempo complessivo necessario per completare il processo si abbrevia. ello stesso istante, possono essere presenti migliaia di bolle, che finiscono poi per fondersi l una con l altra, generando due nuove molecole complete di D. L azione delle D polimerasi. li enzimi D polimerasi sono responsabili della sintesi dei nuovi filamenti di D, legando i nucleotidi che si appaiano spontaneamente al fi lamento di D stampo, ma hanno due importanti limiti. In primo luogo, non sono in grado di cominciare la sintesi di un filamento partendo dal primo nucleotide, ma possono soltanto allungare un filamento esistente. Per questo motivo un altro enzima, la primasi, sintetizza una breve molecola di R complementare (un nucleotide alla volta), detta primer o bolla due molecole figlie di D innesco. Il primer verrà eliminato e sostituito con D al termine della duplicazione. ome secondo limite, le D polimerasi possono aggiungere i nuovi nucleotidi soltanto all estremità 3 del filamento nascente e mai all estremità 5 (i numeri con apice si riferiscono alla posizione degli atomi di carbonio negli zuccheri del nucleotide). Un filamento di D di nuova sintesi, quindi, può crescere esclusivamente nella direzione 5 3. Si può osservare l azione della D polimerasi nella Figura 1.5B. I due scheletri zucchero-fosfato del D sono orientati in direzioni opposte: ogni filamento ha un estremità 3 e un estremità 5. una delle estremità di ciascun filamento, l atomo di carbonio 3 dello zucchero è unito a un gruppo, mentre all altra estremità l atomo di carbonio 5 dello zucchero è unito a un gruppo fosfato. La D polimerasi aggiunge un nuovo nucleotide catalizzando la formazione di un legame covalente tra il gruppo fosfato del nuovo nucleotide e l estremità 3 del filamento preesistente. SEP BY SEP Quali sono le caratteristiche della D polimerasi? Figura 1.5 re bolle di duplicazione del D. nuovo filamento estremità 5 filamento stampo estremità 3 estremità 5 estremità 3 Figura 1.5B L aggiunta di un nucleotide al nuovo filamento di D. zucchero gruppo fosfato estremità 3 base azotata D polimerasi estremità 3 nuovo nucleotide estremità 5 estremità 5 11

10 LEZIE 3 Il passaggio dell informazione genetica dal D all R alle proteine 1.6 La duplicazione del D origine della duplicazione procede in modo discontinuo sul filamento antiparallelo La capacità della D polimerasi di allungare il fi lamento in una sola direzione fa sì che la sintesi proceda in modo diverso sui due fi lamenti stampo. La Figura 1.6 rappresenta le strutture a forcella che si trovano alle estremità di una bolla di duplicazione. Qui, uno dei filamenti di nuova sintesi (in colore azzurro) può essere assemblato in modo continuo da una D polimerasi che si sposta verso il punto di biforcazione del D originario. L allungamento del secondo fi lamento, invece, procede in direzione opposta rispetto alla forcella. Mano a mano che la polimerasi si allontana in direzione 3, però, il tratto non duplicato aumenterebbe, se non fosse al lavoro un altra polimerasi. Per questo motivo il fi lamento antiparallelo viene sintetizzato un frammento alla volta, via via che la forcella si apre. Questi brevi segmenti di D, detti frammenti di kazaki, vengono poi uniti l uno all altro da un altro enzima, detto D ligasi, generando un unica catena di D. Il fi lamento sintetizzato in modo continuo ha bisogno di un solo innesco, dopodiché si allunga speditamente, perciò viene chiamato fi lamento veloce. Il fi lamento antiparallelo, invece, procede più lentamente. La primasi, infatti, deve sintetizzare un primer per ogni frammento di kazaki, poi la sintesi procede fi no al primer del frammento successivo; alla fine i primer devono essere rimossi e gli spazi vuoti vengono riempiti allungando i frammenti adiacenti, che una volta vicini possono essere uniti tra loro dalla ligasi. Per questo motivo, il filamento antiparallelo è detto fi lamento lento. filamento veloce filamento lento filamento lento 2 1 filamento veloce direzioni in cui procede la duplicazione 1 la primasi sintetizza un primer di R 5 filamento stampo 2 la D polimerasi aggiunge nucleotidi al primer formando un frammento di kazaki primer di R 3 quando raggiunge il primer successivo la D polimerasi si stacca 1 frammento di kazaki 1 4 quando è pronto il primer del filamento 2 la D polimerasi lo allunga fino al primer del filamento un altra polimerasi sostituisce i nucleotidi di R del primer fino all inizio del frammento SEP BY SEP Perché la duplicazione del D non procede alla stessa velocità sui due filamenti? 6 la D ligasi unisce i frammenti 1 e 2 7 questa regione del filamento lento è completa 1 2 Figura 1.6 La sintesi di un segmento del filamento lento mediante l unione di due frammenti di kazaki. 12 direzione in cui procede la duplicazione

11 La biologia molecolare del gene UIÀ li errori di duplicazione vengono corretti grazie alla D polimerasi e ad altri meccanismi di riparazione La specificità dell appaiamento delle basi non è sufficiente a garantire la corretta duplicazione del D; infatti, in media, un nucleotide su non è complementare al fi lamento stampo. In molti casi questo errore viene riconosciuto dalle D polimerasi, che compiono una sorta di correzione di bozze in corso d opera: rimuovono velocemente i nucleotidi appaiati in modo errato e li sostituiscono con quelli corretti, prima di procedere. In una piccola percentuale di casi, però, l appaiamento sbagliato sfugge alla correzione di bozze e, allora, intervengono enzimi specifici, tra cui altre D polimerasi e ligasi, che riconoscono i nucleotidi fuori posto e li sostituiscono (Figura 1.7). L accuratezza del processo di duplicazione del D garantisce che tutte le cellule somatiche di un organismo pluricellulare contengano la stessa informazione genetica e che le istruzioni in essa custodite vengano trasmesse da una generazione alla successiva. onostante ciò, la sequenza del D può subire modifiche, dovute non solo a errori di duplicazione, ma anche all azione aggressiva di agenti fisici (come le radiazioni ad alta energia UV e X) o chimici (per esempio, i composti contenuti nel fumo del tabacco) a cui è continuamente sottoposta. Per questo motivo sono costantemente attivi alcuni sistemi di riparazione del D, sotto forma di enzimi che eliminano e sostituiscono i nucleotidi danneggiati prima che possano provocare una D polimerasi D ligasi 1 un dimero di timina distorce la struttura regolare della molecola 2 un enzima detto nucleasi taglia il D del filamento non corretto e toglie il frammento da sostituire nucleasi 3 la D polimerasi sintetizza i nucleotidi mancanti 4 la ligasi unisce gli estremi del nuovo frammento al resto del filamento mutazione, cioè prima che la cellula si replichi nuovamente e trasmetta, così, l errore alla generazione successiva. SEP BY SEP Quali saranno le conseguenze per una persona portatrice di una mutazione che riduce la funzionalità di un enzima coinvolto nella riparazione del D? Figura 1.7 La riparazione di un danno al D (in questo caso la formazione di un dimero di timina, spesso causata dalle radiazioni ultraviolette). 1.8 Le estremità 5 dei filamenti di D non vengono duplicate Un altra conseguenza del fatto che le D polimerasi sono in grado di aggiungere nucleotidi solo all estremità 3 di un fi lamento preesistente è che le estremità 5 dei filamenti stampo non possono essere duplicate. nche se una primasi sintetizza un primer che si appaia perfettamente all estremità 5 di un filamento consentendo la sintesi di un frammento di kazaki, non è possibile sostituire il primer con D, una volta che sia stato rimosso, perché non c è alcuna estremità 3 da cui la D polimerasi possa partire. Per questo motivo, i filamenti di D diventano più corti a ogni ciclo di duplicazione. iononostante, l informazione contenuta nei geni non viene compromessa, grazie alla presenza, a ciascuna estremità della molecola, di un ampio tratto di D chiamato telomero. Si tratta di una breve sequenza, ripetuta moltissime volte, che non codifica per alcun gene, ma ha una funzione non meno importante: a ogni ciclo di duplicazione del D, i telomeri diventano un po più corti, mentre l informazione contenuta nei cromosomi resta intatta. lcune ricerche suggeriscono che l accorciamento progressivo dei telomeri sia connesso al processo di invecchiamento dei tessuti e, in generale, degli organismi. Per impedire che i telomeri si accorcino troppo passando da una generazione all altra di individui, nelle cellule della linea germinale è presente un enzima, la telomerasi, che ripristina la lunghezza dei telomeri fino al valore massimo. SEP BY SEP he cosa succederà in una coltura cellulare nella quale le cellule presenti non esprimono l enzima telomerasi? 13

12 LEZIE 3 Il passaggio dell informazione genetica dal D all R alle proteine mp3 tutor D to R to protein 1.9 L informazione genetica codificata dal D viene tradotta nella sequenza delle proteine on le conoscenze che abbiamo acquisito sul D, possiamo fornire una definizione più precisa di genotipo e fenotipo di un organismo: il genotipo è l informazione ereditaria contenuta nel suo D; il fenotipo corrisponde, invece, ai suoi tratti specifici. livello molecolare, il collegamento tra genotipo e fenotipo è rappresentato dalle proteine. Il D che un organismo eredita dai genitori, infatti, specifica quali proteine devono essere sintetizzate, e in quale momento. loro volta, le proteine strutturali ed enzimatiche da cui dipende il fenotipo sono determinate dalla loro sequenza amminoacidica. Figura 1.9B rescita di eurospora crassa in una piastra per colture. Figura 1.9 Il flusso dell informazione genetica in una cellula eucariote. nucleo citoplasma D R proteina trascrizione traduzione Il dogma centrale della biologia molecolare. Un gene non sintetizza direttamente una proteina; il suo compito infatti è quello di fornire le istruzioni sotto forma di R, che a sua volta programma la sintesi proteica. Questo concetto fondamentale, che nel 1956 Francis rick denominò dogma centrale della biologia molecolare, è riassunto nella Figura 1.9. La serie di istruzioni parte dal D contenuto nel nucleo della cellula (in colore viola), procede verso l R e da qui verso la sintesi della proteina nel citoplasma (in colore giallo). Le due fasi principali del processo sono la trascrizione, ovvero il trasferimento dell informazione genetica dal D a una molecola di R, e la traduzione, cioè il trasferimento dell informazione contenuta nell R a una proteina. ei prossimi paragrafi esamineremo tutti i passaggi di questo flusso di informazioni dal gene alla proteina. La relazione tra geni e proteine fu proposta per la prima volta nel 1909 dal medico inglese rchibald arrod, convinto che i geni determinassero i fenotipi attraverso l azione degli enzimi. arrod si era fatto questa idea studiando le malattie ereditarie e ipotizzando che esse rispecchiassero errori congeniti del metabolismo, come l incapacità di sintetizzare un particolare enzima. Una di queste malattie era l alcaptonuria, nella quale le urine sono di colore molto scuro per la presenza di una sostanza chiamata alcaptone. arrod pensava che gli individui sani avessero un enzima in grado di metabolizzare l alcaptone, mentre quelli malati ne fossero privi; un ipotesi in anticipo sui tempi, ma che a distanza di decenni si rivelò esatta. egli anni seguenti, i biochimici accumularono sempre più prove del fatto che, attraverso i processi metabolici, le cellule sintetizzano e demoliscono importanti molecole biologiche, come nel caso della sintesi di un amminoacido o della demolizione di uno zucchero. In una via metabolica ogni passaggio è catalizzato da un enzima specifico; gli individui privi anche solo di uno di questi enzimi non sono in grado di portare a termine il processo. L ipotesi un gene-un polipeptide. Il maggiore contributo nella dimostrazione della relazione tra geni ed enzimi fu il lavoro di eorge Beadle ed Edward atum, negli anni quaranta del ovecento, sulla muffa del pane eurospora crassa (Figura 1.9B). I due scienziati studiarono filamenti della muffa incapaci di crescere in un mezzo di coltura semplice. Scoprirono così che ognuno di questi mutanti nutrizionali, come li chiamavano, era privo di un enzima necessario a catalizzare la sintesi di un amminoacido indispensabile per la crescita della muffa. Beadle e atum dimostrarono inoltre che ogni mutante era privo di un singolo gene e formularono così la loro famosa ipotesi un gene-un enzima, secondo cui il compito di un gene è quello di prescrivere la produzione di uno specifico enzima. Questa ipotesi è stata ampiamente confermata, ma con alcune importanti modifiche. Per prima cosa, i biologi l hanno estesa a tutti i tipi di proteine, ribattezzandola un gene-una proteina. Inoltre, molte proteine sono costituite da una o più catene polipeptidiche, ciascuna delle quali risulta codificata da un proprio gene. L emoglobina, per esempio, che trasporta l ossigeno nel sangue, è costituita da due tipi di polipeptidi, codificati da due geni diversi. L ipotesi di Beadle e atum, perciò, è diventata un gene-un polipeptide. SEP BY SEP che cosa servono la trascrizione e la traduzione? 14

13 La biologia molecolare del gene UIÀ L informazione genetica è codificata nel D in triplette di nucleotidi, ciascuna delle quali corrisponde a un amminoacido nella proteina corrispondente ome abbiamo visto, i geni forniscono le istruzioni per sintetizzare proteine specifiche; tuttavia, un gene non sintetizza direttamente la proteina. Il D viene trascritto nell R, a sua volta tradotto nelle proteine. In altre parole, le cellule sono governate da quella che potremmo definire una catena di comando molecolare : D R proteine. Il linguaggio chimico degli acidi nucleici. Per comprendere con quali modalità l informazione genetica passa dal genotipo al fenotipo, dobbiamo capire in che modo il linguaggio chimico del D viene tradotto nel linguaggio chimico delle proteine. he cos è, esattamente, il linguaggio chimico degli acidi nucleici? anto il D quanto l R sono polimeri costituiti da monomeri nucleotidici. el D troviamo quattro tipi di nucleotidi, che differiscono tra loro per le basi azotate (,, e ); lo stesso vale per l R, che però contiene l uracile (U) al posto della timina (). La Figura 1.10 mostra ingrandita una piccola regione di un gene in una molecola di D. iascun gene consiste normalmente di centinaia o migliaia di nucleotidi che compaiono in una precisa sequenza lineare, caratterizzata da un inizio e da una fine. Il filamento di colore rosa, posto sotto il particolare del D ingrandito, rappresenta il risultato della trascrizione di una sequenza di D in una sequenza di R, utilizzando lo stesso linguaggio degli acidi nucleici. Le basi nucleotidiche della molecola di R sono complementari a quelle presenti sul fi lamento del D; come vedremo nel paragrafo 1.12, questa caratteristica dipende dal fatto che l R è stato sintetizzato usando il D come stampo. La traduzione. La catena di colore viola in basso nella figura rappresenta il risultato della traduzione, ovvero la conversione del linguaggio degli acidi nucleici nel linguaggio dei polipeptidi. ome gli acidi nucleici, anche i polipeptidi sono polimeri, ma i monomeri che li compongono sono i 20 amminoacidi comuni a tutti gli organismi. nche in questo caso, l informazione è scritta in una sequenza lineare, e la sequenza nucleotidica della molecola di R indica l esatta sequenza amminoacidica del polipeptide. In questo modo, l R funge da messaggero che trasporta l informazione genetica proveniente dal D. Durante la traduzione avviene dunque un cambiamento di linguaggio, dalla sequenza di nucleoti- di dell R alla sequenza di amminoacidi del polipeptide. Le parentesi graffe sotto la catena di R indicano il modo in cui l informazione genetica è codificata negli acidi nucleici: ognuna racchiude tre nucleotidi dell R, perciò si dice che il codice genetico è scritto e letto a triplette di basi (cioè sequenze di tre basi). Il D e l R contengono soltanto quattro tipi diversi di nucleotidi: rispettivamente,,, e,,, U. ella traduzione, questi quattro nucleotidi devono in qualche modo specificare 20 amminoacidi. Se ogni base nucleotidica specificasse un amminoacido, potrebbero essere codificati soltanto 4 amminoacidi. Se le basi di un gene venissero lette due alla volta, la coppia per esempio potrebbe specificare un amminoacido, mentre potrebbe specificarne uno diverso. Ma combinando le quattro basi a coppie, otterremmo soltanto 16 (cioè 4 2 ) possibili combinazioni, un numero non sufficiente per specificare tutti i 20 amminoacidi che compongono le proteine. Le triplette di basi sono dunque le parole più brevi, di lunghezza uniforme, in grado di specificare tutti gli amminoacidi. Supponiamo che nel D ogni parola in codice consista di una tripletta e che ogni combinazione di tre basi consecutive codifichi per un amminoacido. i sarebbero allora 64 (cioè 4 3 ) possibili parole in codice, più che sufficienti per specificare i 20 amminoacidi. In realtà, il numero di triplette è tale che a ogni amminoacido può corrisponderne più di una. Per esempio, le triplette e codificano entrambe per lo stesso amminoacido (leucina). lcuni esperimenti hanno confermato che il flusso di informazioni dal gene alla proteina è effettivamente basato su un codice a triplette: le istruzioni genetiche per la sequenza amminoacidica di una catena polipeptidica sono scritte nel D e nell R come una serie di parole di tre lettere (le basi) dette codoni. ome si vede nella Figura 1.10, i codoni del D sono trascritti nei codoni complementari dell R, i quali sono poi tradotti negli amminoacidi che formano un polipeptide. SEP BY SEP Una particolare proteina ha una lunghezza pari a 100 amminoacidi. Quanti nucleotidi sono necessari per codificarla? filamento di D trascrizione R traduzione polipeptide U U U U U U U codone amminoacido Figura 1.10 La trascrizione e la traduzione dei codoni. molecola di D gene 3 gene 1 gene 2 15

14 LEZIE 3 Il passaggio dell informazione genetica dal D all R alle proteine filamento da trascrivere Figura 1.11 Il dizionario del codice genetico (codoni di R) Il codice genetico è la stele di Rosetta della vita el 1799 fu rinvenuta a Rosetta, in Egitto, una grande lastra di pietra che riportava lo stesso testo scritto in tre modi diversi: con i geroglifici, in demotico (una scrittura egizia semplificata rispetto ai geroglifici) e in greco antico. Questa scoperta fornì la chiave per decifrare i geroglifici, fino ad allora rimasti intraducibili. Per decodificare il codice genetico, gli scienziati hanno scritto una loro stele di Rosetta. I dati raccolti grazie a una serie di esperimenti hanno infatti permesso di tradurre ciascuna tripletta di nucleotidi nell amminoacido corrispondente. Il primo codone fu decifrato nel 1961 dal biochimico americano Marshall irenberg, che sintetizzò una molecola di R artificiale costituita da una sequenza di un solo tipo di nucleotide, avente come base l uracile. irenberg introdusse questo R, che esprimeva soltanto un tipo di codone, UUU, in una provetta contenente una miscela di ribosomi e altre sostanze necessarie per la sintesi di un polipeptide. La miscela tradusse il poliu in un polipeptide contenente un unico amminoacido, la fenilalanina. irenberg quindi ne dedusse che il codone UUU dell R specifica l amminoacido fenilalanina (Phe). In breve tempo, variando questo metodo, furono individuati gli amminoacidi specificati da tutti gli altri codoni. Le regole del codice genetico. Il codice genetico consiste di una serie di regole che stabiliscono la corrispondenza tra i codoni dell R e gli amminoacidi delle proteine. ome mostra la Figura 1.11, soltanto 61 dei 64 codoni codificano per amminoacidi. li altri 3 codoni (evidenziati in prima base azotata seconda base azotata U UUU UU UU UU U Phe yr ys UU U U U U Ser UU U U stop U stop Leu UU U U stop U rp UU U U U UU U U U UU U U U Leu Ile Met o inizio Val U U U Pro hr la U U U is ln sn Lys sp lu U U U rg Ser rg ly U U U terza base azotata D R polipeptide U U U U U codone di inizio Met Lys trascrizione codone di arresto traduzione Phe Figura 1.11B La decodifica dell informazione genetica contenuta nel D. rosso nella figura) non specificano alcun amminoacido, ma sono i codoni di arresto (o di stop) che segnalano la fine della traduzione. La tripletta U (in verde) ha una doppia funzione: codifica per l amminoacido metionina (Met) e può anche fornire il segnale che indica l inizio di una catena polipeptidica. sservando la Figura 1.11, si può notare che nel codice genetico c è ridondanza, ma non ambiguità. Per esempio, sebbene i codoni UUU e UU specifichino entrambi la fenilalanina (ridondanza), nessuno dei due codifica mai per altri amminoacidi (nessuna ambiguità). iascuna tripletta di R della figura ha una tripletta complementare sul D. I nucleotidi che costituiscono i codoni si trovano sul D e sull R in sequenza lineare, senza alcun intervallo o punteggiatura che separi un codone dall altro. ome esercizio di traduzione del codice genetico, consideriamo il segmento di D costituito da 12 nucleotidi della Figura 1.11B. Suddividendo la sequenza di nucleotidi in triplette e usando le regole dell appaiamento delle basi (con U al posto di nell R), vediamo che il codone del D viene trascritto nel corrispondente codone U dell R. ome si può vedere nella Figura 1.11, U contiene la seguente informazione: «inserire Met come primo amminoacido nel polipeptide». La seconda tripletta del D,, prescrive di posizionare nell R il codone, che codifica per il secondo amminoacido, la lisina (Lys). Il processo può continuare in questo modo finché non viene raggiunto un codone di arresto. Il codice genetico è praticamente universale, in quanto è condiviso da tutti gli organismi, dai più semplici batteri fino alle piante e agli animali più complessi. iò suggerisce che esso si sia evoluto in tempi molto antichi nella storia della vita ed è un ulteriore testimonianza dell origine di tutti i viventi da un antenato comune. SEP BY SEP Qual è la sequenza di amminoacidi che corrisponde alla sequenza UUU di nucleotidi dell R? 16

15 La biologia molecolare del gene UIÀ 1 animazione La trascrizione 1.12 La trascrizione produce messaggi genetici sotto forma di R elle cellule eucariote, la trascrizione, ovvero il trasferimento dell informazione genetica dal D all R, avviene nel nucleo, mentre nelle cellule procariote si verifica direttamente nel citoplasma. Una molecola di R viene trascritta a partire da uno stampo di D, attraverso un processo simile a quello che ha luogo durante la duplicazione del D (Figura 1.12). ome nella duplicazione, i due filamenti di D devono prima di tutto separarsi nel punto in cui il processo inizia. ella trascrizione, tuttavia, solo uno dei fi lamenti di D serve da stampo per la nuova molecola di R. I nucleotidi che la costituiscono si posizionano uno alla volta lungo il fi lamento stampo di D, formando legami idrogeno con le sue basi nucleotidiche. I ribonucleotidi dell R seguono la stessa regola di appaiamento delle basi complementari che vige nella duplicazione del D, salvo che ad appaiarsi con è U invece di. L enzima di trascrizione R polimerasi, rappresentato nella figura dalla sagoma grigia sullo sfondo, provvede quindi a legare tra loro i ribonucleotidi. La Figura 1.12B è uno schema riassuntivo del processo di trascrizione di un intero gene (l esempio si riferisce, in particolare, al gene di un procariote, perché il processo è leggermente più semplice in questi organismi rispetto agli eucarioti). Lungo il D, specifiche sequenze di nucleotidi segnano i punti di inizio e di arresto della trascrizione di ciascun gene. Il segnale di inizio trascrizione è una sequenza nucleotidica chiamata promotore. Un promotore è uno specifico sito cui si lega l R polimerasi e indica quale dei due fi lamenti della doppia elica di D deve essere usato come stampo nella trascrizione. ella prima fase delallungamento la trascrizione, chiamata inizio, l R polimerasi si unisce al promotore sul D e incomincia la sintesi dell R. ella seconda fase, l R si allunga; mentre la sintesi prosegue, il fi lamento di R si separa dal D stampo, i cui fi lamenti possono così appaiarsi nuovamente lungo il tratto già trascritto. Infine, nella terza fase, detta terminazione, l R polimerasi raggiunge una sequenza di basi sul D stampo, detta sequenza di terminazione, che segnala la fine del gene. l termine del processo l R polimerasi si stacca sia dall R sia dal gene, e risulta libera per catalizzare un altra trascrizione. ltre a produrre l R che codifica per le sequenze amminoacidiche, la trascrizione determina la sintesi di due altri tipi di R coinvolti nell assemblaggio dei polipeptidi. ei prossimi tre paragrafi esamineremo nel dettaglio questi tre tipi di R. SEP BY SEP he cos è un promotore? Qual è la sua funzione? promotore unità di trascrizione R polimerasi 1 inizio dopo che l R polimerasi si è legata al promotore, i filamenti di D si svolgono e la polimerasi comincia la sintesi dell R a partire dal punto di inizio sul filamento stampo D svolto trascritto di R U U U D riavvolto estremità filamento stampo del D 2 allungamento la polimerasi si muove verso valle, svolgendo la molecola di D e allungando il trascritto di R in direzione ; sulla scia della trascrizione, i filamenti di D riformano la doppia elica R polimerasi D punto di inizio filamento del D che non funge da stampo nucleotidi dell R Figura 1.12B La trascrizione di un gene (in questo caso di un procariote). trascritto di R direzione della trascrizione ( a valle ) filamento stampo del D R di nuova sintesi Figura 1.12 Una rappresentazione schematica del processo di trascrizione. 3 terminazione alla fine, il trascritto di R viene liberato e la polimerasi si stacca dal D trascritto di R completato 17

16 LEZIE 3 Il passaggio dell informazione genetica dal D all R alle proteine animazione Le funzioni dell R Figura 1.13 La costruzione dell mr in una cellula eucariote. 18 D trascritto di R con cappuccio e coda mr cappuccio esone introne esone introne esone sequenza codificante trascrizione aggiunta del cappuccio e della coda rimozione degli introni splicing degli esoni nucleo coda citoplasma 1.13 Prima di uscire dal nucleo della cellula eucariote l R messaggero viene modificato L R che codifica per le sequenze di amminoacidi delle proteine è chiamato R messaggero (mr), perché trasmette l informazione genetica dal D al dispositivo di traduzione della cellula. L R messaggero viene trascritto a partire dal D stampo e il suo messaggio viene poi tradotto, nel citoplasma, in catene polipeptidiche. elle cellule procariote, che sono prive di nucleo, trascrizione e traduzione avvengono entrambe nel citoplasma. elle cellule eucariote, invece, le molecole di mr necessarie per la traduzione devono uscire dal nucleo attraverso i pori nucleari e trasferirsi nel citoplasma, dove è situato l apparato per la biosintesi dei polipeptidi. egli eucarioti, prima di lasciare il nucleo, gli mr vengono modificati, o elaborati, in vario modo. Un tipo di elaborazione consiste nell aggiunta di un breve cappuccio a un estremità, formato da un unico nucleotide, e di una lunga coda all altra estremità, che contiene da 50 a 250 nucleotidi di adenina (Figura 1.13). Il cappuccio e la coda non vengono tradotti in una sequenza amminoacidica, ma facilitano l esportazione dell mr dal nucleo, lo proteggono dall attacco degli enzimi cellulari e promuovono il suo legame con i ribosomi. Lo splicing dell R. li eucarioti necessitano anche di un altro tipo di elaborazione dell R perché, nella maggior parte dei geni, la sequenza di D che codifica per i polipeptidi non è continua. elle piante e negli animali i geni includono di solito regioni interne non codificanti, chiamate introni. Le regioni codificanti, ossia le parti del gene che saranno poi espresse come amminoacidi, sono chiamate invece esoni. ome mostra la Figura 1.13, all atto della trascrizione sia gli esoni (in colore più scuro) sia gli introni (in colore più chiaro) sono copiati dal D nell R. uttavia, prima che l R lasci il nucleo, gli introni sono rimossi mentre gli esoni si uniscono producendo una molecola di mr con una sequenza codificante continua. (Le brevi regioni non codificanti adiacenti al cappuccio e alla coda sono considerate rispettivamente parti del primo e dell ultimo esone.) Questo processo di taglia e cuci è detto splicing. ella maggior parte dei casi, lo splicing dell R è catalizzato da un complesso di proteine e di piccole molecole di R, ma a volte sono gli stessi trascritti di R a catalizzare il processo. In altre parole, l R può in alcuni casi funzionare come un enzima che rimuove i propri introni. ella prossima unità vedremo che lo splicing dell R rappresenta anche un modo per produrre polipeptidi diversi a partire da un unico gene. La sintesi dei polipeptidi prosegue a questo punto con il processo di traduzione, che coinvolge un apparato molto più complicato rispetto alla trascrizione e costituito da vari componenti: l R di trasporto (tr), un altro tipo di molecola di R; i ribosomi, gli organuli nei quali avviene la traduzione; enzimi e altri fattori proteici; fonti di energia chimica, come l P. SEP BY SEP Perché molti geni degli eucarioti sono più lunghi del trascritto di mr che esce dal nucleo? 1.14 Le molecole di R di trasporto agiscono da interpreti durante la traduzione La traduzione di un messaggio da una lingua all altra richiede un interprete, ossia qualcuno in grado di riconoscere le parole di una lingua e convertirle in quelle di un altra. nche la traduzione del messaggio contenuto nell mr dal linguaggio dei nucleotidi a quello degli amminoacidi richiede un interprete molecolare, uno speciale tipo di R chiamato R di trasporto (tr) che converte le parole di tre lettere (i codoni) degli acidi nucleici nelle parole di una sola lettera (gli amminoacidi) delle proteine.

17 La biologia molecolare del gene UIÀ 1 sito di legame per l amminoacido legame idrogeno catena polinucleotidica di R anticodone Figura 1.14 La struttura del tr. el citoplasma di una cellula pronta a eseguire la traduzione è presente una fornitura completa di amminoacidi, ricavati dal cibo o prodotti a partire da altre sostanze chimiche. li amminoacidi, però, non sono in grado di riconoscere da soli i codoni lungo l R messaggero. È dunque compito degli interpreti molecolari della cellula, le molecole di tr, abbinare gli amminoacidi giusti ai rispettivi codoni, così da sintetizzare il nuovo polipeptide. Per svolgere questo compito, le molecole di tr devono: 1. unirsi ai giusti amminoacidi, tra quelli presenti nel citoplasma; 2. riconoscere sull mr i codoni corrispondenti a ciascun amminoacido. La particolare struttura delle molecole di tr permette loro di svolgere entrambe le funzioni. La struttura del tr. ome mostra la Figura 1.14, una molecola di tr è formata da un singolo filamento di R (una catena polinucleotidica) che consiste di circa 80 nucleotidi. vvolgendosi e ripiegandosi su se stesso, il tr forma alcune regioni a doppio filamento, nelle quali brevi segmenti di R appaiano le proprie basi azotate a quelle complementari di un altro segmento. un estremità ripiegata della molecola, un ansa a singolo filamento contiene una tripletta di cruciale importanza, chiamata anticodone. gni anticodone del tr è infatti complementare a un particolare codone dell mr, al quale si appaia durante la traduzione. ll altra estremità della molecola di tr si trova invece il sito di legame per l amminoacido. ei prossimi paragrafi, in cui approfondiremo il processo della traduzione, rappresenteremo il tr con la forma semplificata mostrata nella Figura 1.14 a destra. Questo simbolo mette in evidenza le due parti fondamentali della molecola di tr, l anticodone e il sito di legame per l amminoacido, che consentono di associare uno specifico codone dell acido nucleico a un particolare amminoacido della proteina in formazione. Sebbene tutte le molecole di tr siano simili, ogni amminoacido ha il proprio tr, leggermente diverso dagli altri, al quale si lega grazie a un enzima specifico. Questo legame mediato dall enzima richiede una molecola di P come fonte di energia. Il complesso amminoacido-tr che ne risulta può quindi aggiungere il proprio amminoacido alla catena polipeptidica in via di formazione, attraverso un processo che descriveremo nel prossimo paragrafo. L immagine al computer della Figura 1.14B mostra una molecola di tr (in rosso e in giallo) e una molecola di P (in viola) legate all enzima (in blu). otate le diverse proporzioni di queste tre molecole; l amminoacido che dovrebbe attaccarsi al tr non è illustrato, ma le sue dimensioni sarebbero inferiori alla metà di quelle dell P. SEP BY SEP he cos è un anticodone e qual è la sua funzione? Figura 1.14B Una molecola di tr legata a una molecola enzimatica (in blu). 19

18 LEZIE 3 Il passaggio dell informazione genetica dal D all R alle proteine flash back Viaggio all interno della cellula FLS BK Rivedi le strutture e le funzioni della cellula. Figura 1.15 La vera forma di un ribosoma in funzione. B I siti di legame di un ribosoma. Un ribosoma con i siti di legame occupati I ribosomi assemblano i polipeptidi Per tradurre l informazione genetica, la cellula utilizza diversi tipi di molecole: l mr (che trasporta le istruzioni contenute nel D), il tr (che interpreta le istruzioni), gli amminoacidi (presenti nel citoplasma), vari enzimi (per legare gli amminoacidi al tr) e l P (che fornisce energia). Per completare il processo occorrono i ribosomi, organuli situati nel citoplasma che coordinano il funzionamento di mr e tr ed eseguono materialmente l assemblaggio dei polipeptidi. Un ribosoma consiste di due subunità, ciascuna formata da proteine e da un tipo di R detto R ribosomiale (rr). La Figura 1.15 mostra la forma e la grandezza relativa delle subunità ribosomiali, nonché la posizione relativa dell mr, del tr e del polipeptide in formazione durante la traduzione. I ribosomi sono componenti cellulari di tutti gli organismi, ma, mentre nelle cellule procariote si trovano soltanto liberi nel citoplasma, in quelle eucariote possono essere anche legati al reticolo endoplasmatico ruvido. li schemi delle Figure 1.15B e 1.15 mostrano come gli anticodoni del tr e i codoni dell mr si legano ai ribosomi, ciascuno dei quali ha un sito di legame per l mr e due siti di legame per il tr (Figura 1.15B). ella Figura 1.15 vediamo invece come le molecole di tr occupano questi due siti: le subunità del ribosoma agiscono come una morsa, tenendo vicine le molecole di tr e di mr e permettendo quindi agli amminoacidi legati alle molecole di tr di unirsi e formare una catena polipeptidica. ei prossimi due paragrafi esamineremo da vicino i singoli passaggi della traduzione. SEP BY SEP Qual è il compito del ribosoma durante la sintesi proteica? molecole di tr mr polipeptide in formazione subunità maggiore subunità minore B subunità maggiore sito di legame per l mr subunità minore siti di legame per il tr polipeptide in formazione mr codoni amminoacido seguente da aggiungere al polipeptide tr inizio del messaggio genetico Figura 1.16 Una molecola di mr L inizio del messaggio portato dall mr è indicato da uno speciale codone ome la trascrizione, anche il processo di traduzione può essere diviso in tre fasi: inizio, allungamento e terminazione. ella fase di inizio, l mr fine entra in contatto con un tr che porta il primo amminoacido e avviene l attacco delle due subunità del ribosoma. La molecola di mr trascritta a partire dal D stampo è più lunga rispetto al messaggio genetico che contiene (Figura 1.16). Le sequenze di nucleotidi poste a entrambe le estremità della molecola (in rosa chiaro nella figura) non fanno parte del messaggio, ma facilitano il legame dell mr con il risoboma. Il processo di inizio ha quindi la funzione di stabilire esattamente il punto di inizio della traduzione, verificando che i codoni dell mr siano tradotti nella corretta sequenza di amminoacidi. La fase di inizio avviene in due tappe (Figura 1.16B). Una molecola di mr si unisce alla subunità ribosomiale più piccola, mentre uno speciale tr di partenza si lega al codone di inizio U, a livello del quale incomincia la traduzione dell mr. Il tr di partenza possiede l anticodone U, complementare al codone di inizio

19 U, e trasporta l amminoacido metionina (Met). questo punto, la subunità ribosomiale più grande si unisce a quella più piccola, formando un ribosoma funzionale. Il tr di partenza si colloca in uno dei due siti di legame per il tr (detto sito P, cioè sito peptidico), a cui in seguito sarà ancorato il polipeptide nascente. L altro sito del riattività La traduzione animazione La traduzione La biologia molecolare del gene UIÀ 1 Met Met tr di partenza subunità maggiore del ribosoma U U sito P U U sito mr codone di inizio subunità minore del ribosoma bosoma, chiamato sito (sito amminoacidico), ancora vuoto, è pronto per accogliere il successivo tr, legato all amminoacido corrispondente. SEP BY SEP he cosa può accadere se, per un errore, il codone di inizio viene sostituito da un altro codone? Figura 1.16B L inizio della traduzione ella fase di allungamento la catena polipeptidica si accresce finché il codone di arresto termina la traduzione Una volta completata la fase di inizio, nuovi amminoacidi sono aggiunti al primo amminoacido della sequenza, uno alla volta, secondo un processo di allungamento che si svolge in tre tappe (Figura 1.17). polipeptide sito P mr codoni sito amminoacido anticodone 1 riconoscimento del codone 1. Riconoscimento del codone. L anticodone di una molecola di tr, unita all amminoacido corrispondente, si appaia con il codone dell mr nel sito del ribosoma. 2. Formazione del legame peptidico. Il polipeptide si separa dal tr al quale era legato (nel sito P) e si attacca, mediante un legame peptidico, all amminoacido trasportato dal tr nel sito. Un ribosoma catalizza la formazione del legame. In questo modo un altro amminoacido si è aggiunto alla catena. 3. raslocazione. Il tr del sito P lascia il ribosoma e il tr che si trovava nel sito viene spostato, insieme al polipeptide, dal sito al sito P. odone e anticodone rimangono legati, l mr e il tr si muovono insieme. Questo movimento porta nel sito il successivo codone di mr da tradurre, e il processo può quindi ricominciare dalla tappa 1. L allungamento continua finché nel sito del ribosoma giunge un codone di arresto (U, U o U) che interrompe la traduzione. Questa è la fase di terminazione della traduzione: il polipeptide completo si stacca dall ultimo tr e abbandona il ribosoma, le cui subunità si separano di nuovo. spostamento dell mr 3 traslocazione codone di arresto SEP BY SEP he cosa accade al tr nel sito e nel sito P del ribosoma durante la fase di allungamento? 2 formazione del legame peptidico nuovo legame peptidico Figura 1.17 L allungamento del polipeptide. 21

20 LEZIE 3 Il passaggio dell informazione genetica dal D all R alle proteine D mr amminoacido tr tr di partenza mr polipeptide in formazione mr U U codone di inizio codoni trascrizione traduzione enzima P codone di arresto R polimerasi subunità maggiore del ribosoma subunità minore del ribosoma si forma un nuovo legame peptidico 1 l mr è trascritto a partire da un D stampo 2 ogni amminoacido si lega al rispettivo tr grazie all aiuto di uno specifico enzima e dell P anticodone 3 inizio della sintesi polipeptidica l mr, il primo tr e le subunità ribosomiali si uniscono 4 allungamento molecole di tr aggiungono in successione gli amminoacidi alla catena polipeptidica mentre l mr si sposta lungo il ribosoma, un codone alla volta polipeptide 5 terminazione il ribosoma riconosce un codone di arresto; il polipeptide è terminato e viene liberato 1.18 In sintesi: il flusso dell informazione genetica procede dal D all R e dall R alle proteine La Figura 1.18 riassume i principali passaggi del flusso di informazione genetica dal D all R alle proteine. appa 1 ella trascrizione (D R), l R è sintetizzato a partire da un D stampo. elle cellule eucariote, la trascrizione ha luogo nel nucleo e quindi l R messaggero deve spostarsi da questa sede al citoplasma. appe 2-5 La traduzione (R proteine) può essere suddivisa in quattro tappe, che avvengono tutte nel citoplasma. lla fine dell ultima tappa, quando il polipeptide è completo, le due subunità del ribosoma si separano, liberando il tr e l mr (questo passaggio non è mostrato nella figura). La traduzione avviene rapidamente; un singolo risoboma può sintetizzare un polipeptide di medie dimensioni in meno di un minuto. Di solito, una molecola di mr viene tradotta simul taneamente da più ribosomi. Quando il codone di inizio esce dal primo ribosoma, vi si può attaccare un secondo ribosoma; in tal modo, lungo la stessa molecola di mr possono inserirsi diversi ribosomi (che formano nel complesso un poliribosoma). gni polipeptide, poi, si avvolge e si ripiega assumendo una configurazione tridimensionale che costituisce la sua struttura terziaria e che dipende dalla sequenza degli amminoacidi; se si uniscono diversi polipeptidi, la proteina assume anche una caratteristica struttura quaternaria. l termine della sintesi, una sequenza specifica di amminoacidi della proteina, detta sequenza segnale, indica la sua destinazione, che può essere uno degli organuli cellulari oppure il reticolo endoplasmico, dove viene modificata. In generale, attraverso la trascrizione e la traduzione i geni controllano le strutture e le attività cellulari o, per dirla in breve, il genotipo specifica il fenotipo. L informazione contenuta nei geni, infatti, si traduce in polipeptidi con la mediazione dell R. Le proteine che si formano a partire dai polipeptidi, alla fine, determinano l aspetto e le proprietà delle cellule e quindi dell intero organismo. SEP BY SEP Quale tra le molecole e le strutture elencate sotto non partecipa direttamente alla traduzione? ribosomi tr mr D P enzimi Figura 1.18 I processi di trascrizione e traduzione in una cellula eucariote. 22

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