Forme di collaborazione tra medio-piccole imprese industriali e distribuzione moderna: primi risultati di una ricerca empirica

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1 Forme di collaborazione tra medio-piccole imprese industriali e distribuzione moderna: primi risultati di una ricerca empirica Roberto Panizzolo Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Gestionale e Meccanica Università degli studi di Udine Via delle Scienze, Udine panizzolo@diegm.uniud.it Abstract Nel settore dei beni di largo consumo (grocery) l'evoluzione della domanda e l'inasprimento della concorrenza orizzontale e verticale stanno spingendo i produttori e la distribuzione moderna a riformulare le scelte strategiche ed a riorganizzare i processi operativi. L'esigenza di instaurare rapporti di carattere collaborativo tra le parti, ha spinto i diversi attori della catena logistica ad avviare e sperimentare una serie di innovazioni tecnologiche-gestionali che vengono normalmente individuate con il termine Efficient Consumer Response (ECR). Nonostante la vasta eco che le iniziative ECR hanno suscitato e i significativi risultati che in particolari ambiti sono stati raggiunti, si tratta di collaborazioni che nella quasi totalità dei casi hanno visto il coinvolgimento, da un lato, della grande distribuzione organizzata e, dall'altro lato, della grande industria di marca. Nel lavoro sono presentati i risultati preliminari di uno studio empirico finalizzato ad esaminare il grado di diffusione di metodologie e strumenti caratterizzanti un approccio ECR all'interno di un campione di medio-piccole imprese industriali che si rapportano con la grande distribuzione organizzata. Emerge con chiarezza che l'ecr non costituisce ancora un terreno di interazione fra industria e distribuzione e forti difficoltà vi sono per la piccola impresa di instaurare con gli interlocutori commerciali programmi di collaborazione finalizzati ad una maggiore integrazione. 1 - Introduzione La crescente varietà e personalizzazione dei prodotti richieste dal mercato, l accorciamento del ciclo di vita dei prodotti, l esigenza di maggiore qualità ed innovazione di prodotto, la richiesta di minori tempi di consegna e di un superiore livello di servizio sono stati tra i principali elementi che hanno reso la situazione competitiva attuale caratterizzata da forti elementi di novità rispetto al recente passato. Il particolare, il ruolo primario assunto dal cliente ha indotto molte aziende a ripensare alle proprie strategie di offerta nella direzione di una maggiore segmentazione del mercato. In questo senso la possibilità di raggiungere ambiziosi traguardi di efficienza ed efficacia di risposta alla domanda del mercato è strettamente connessa alla ricerca di superiori livelli di integrazione tra le attività. Tale integrazione ha assunto in un primo momento una valenza prettamente interna, nel senso che si è cercato di esasperare il coordinamento delle attività entro i confini aziendali. Ben presto, è emerso con evidenza come non sia sufficiente focalizzare l'attenzione solamente sulle attività interne, ma sia assolutamente necessario estendere l'integrazione anche verso tutti gli attori esterni ai confini aziendali che contribuiscono con diversa intensità alla soddisfazione dell'ultimo cliente della catena. Si è configurato, in questo modo, quell'insieme di relazioni tra processi interni ed esterni all'azienda che 1

2 comunemente viene indicato con il termine supply chain. In un tale contesto, il vero successo dell'impresa rimane fortemente ancorato alla capacità di coordinare una complessa rete di nodi in modo da promuovere un unico flusso di attività che, parafrasando una nota definizione di supply chain ha origine dal fornitore del fornitore e termina presso il cliente del cliente (Ghiani e Musmanno, 2000) 1. Vi è quindi la consapevolezza che il valore potenziale di un business è fortemente condizionato dalla "bontà" di tutti gli anelli della catena cliente-fornitori. Maggiore qualità, maggiore affidabilità, maggiore varietà e personalizzazione dei prodotti, maggiore rapidità nel rispondere alla domanda e nell'introdurre prodotti nuovi, impongono maggiore integrazione dei processi aziendali sia all'interno che all'esterno dell'azienda Se questa prospettiva di analisi secondo un ottica interaziendale finalizzata all ottimizzazione delle prestazioni dell intera catena nei confronti del consumatore finale ha ormai assunto una rilevanza centrale negli studi di operations management è fuor di dubbio che la stragrande maggioranza degli studi di supply chain management ha per molto tempo privilegiato l esame delle relazioni che si instaurano nella parte di monte dei canali logistici, quella costituita da imprese manifatturiere (supply chain manifatturiera), mentre minore attenzione è stata dedicata alle logiche e modalità di relazione tra imprese collocate nella parte di valle della rete, quella dove entrano in contatto i produttori e gli intermediari commerciali (supply chain distributiva) (Schonberger, 1990). In realtà, appare ormai chiaro che dopo innumerevoli interventi di riorganizzazione delle attività di monte, sia sempre più necessario, se si intende raggiungere livelli superiori di efficienza e di efficacia nella risposta al cliente finale, avviare specifici programmi di razionalizzazione della rete di valle 2. In altre parole, le imprese si trovano oggi ad operare in un ambiente caratterizzato da un livello di articolazioni delle interdipendenze competitive tale da non rendere più rinviabile la riprogettazione degli assetti relazionali con gli altri soggetti del canale, in modo da conseguire maggiore integrazione nelle attività della supply chain e rinvenire nuove forme congiunte di creazione del valore (Castaldo e Bertozzi, 2000). Queste considerazioni appaiono particolarmente vere per il settore dei beni di largo consumo (grocery) nel quale l'evoluzione della domanda e l'inasprimento della concorrenza orizzontale e verticale stanno spingendo i produttori e la distribuzione moderna 3 a riformulare le scelte strategiche ed a riorganizzare i processi operativi. 1 We've seen numerous examples of amazing improvements in a specific activity in a single company. But these experiences have also made us realize that applying lean techniques to discrete activities is not the end of the road. If individual breakthroughs ca be linked up and down the value chain to form a continuous value stream that creates, sells, and services a family of products, the performance of the whole can be raised to a dramatically higher level. We think that value-creating activities can be joned, but this effort will require a new organizational model: the lean enterprise (Womack and Jones, 1994, p. 93). 2 I costi di interfaccia tra industria e distribuzione nel settore dei beni di largo consumo rappresentano mediamente un terzo dei costi totali contribuendo in tal modo a innalzare i prezzi di vendita ritenuti spesso eccessivi dai clienti (ECR Italia, 1996). 3 La Distribuzione Moderna, in contrapposizione a quella Tradizionale, è rappresentata dalle imprese che operano con strutture di ampia dimensione, praticando tecniche di vendita avanzate e disponendo di vasti assortimenti di merce. Le grandi aree di affari che caratterizzano la distribuzione moderna sono: i punti vendita di prodotti grocery (superette e minimarket, supermercato, ipermercato, discount), i prodotti non food (grandi magazzini, grandi superfici specializzate- ad esempio Upim, Coin, Oviesse, La Rinascente, Ikea, Bernardi, Decathlon, Mercatone Uno, Bricocenter, Media World, Toys, Blockbuster). La distribuzione moderna è suddivisa in: Grande Distribuzione Organizzata (GDO), Distribuzione Organizzata e Gruppi Indipendenti. La GDO comprende le grandi catene al dettaglio con 2

3 L'esigenza di instaurare rapporti di carattere collaborativo tra le parti, ha spinto i diversi attori della catena logistica, prima negli Stati Uniti, poi in Europa e quindi in Italia, ad avviare e sperimentare una serie di innovazioni tecnologiche-gestionali che vengono normalmente ricomprese sotto il cosiddetto approccio ECR ovvero Efficient Consumer Response (Salmon, 1993). Nonostante la vasta eco che le iniziative ECR hanno suscitato e i significativi risultati che in particolari ambiti sono stati raggiunti, si tratta di collaborazioni che nella quasi totalità dei casi vedono il coinvolgimento, da un lato, della (grande) distribuzione organizzata e, dall'altro lato, della (grande) industria di marca. In altre parole, la reale diffusione delle soluzioni organizzative individuate, delle metodologie di lavoro suggerite, degli strumenti tecnologici segnalati appare circoscritta al contesto della grande impresa e per alcune categorie di beni, mentre molto più difficoltosa appare la loro applicabilità in ambiti diversi, in particolare quando il rapporto avviene tra la distribuzione organizzata e la medio-piccola impresa produttrice. Nel lavoro sono presentati i risultati preliminari di uno studio empirico finalizzato ad esaminare il grado di diffusione di metodologie e strumenti caratterizzanti un approccio ECR all'interno di un campione di medio-piccole imprese industriali (localizzate nelle regioni Lombardia e Veneto) che si rapportano con la grande distribuzione organizzata. La ricerca ha in parte beneficiato delle analisi e degli interventi sul campo che l'autore ha svolto all'interno di un progetto europeo ADAPT denominato KAM-Key Account Manager for Smes 4 ). Preliminare alla fase di raccolta dati è stata la costruzione del modello della ricerca che ha richiesto un esame approfondito delle tematiche oggetto di analisi. 2- L'evoluzione dei rapporti industria-distribuzione: dal produrre per vendere al vendere per produrre Per parecchio tempo, il tema dei rapporti industria-distribuzione pur arricchendosi di nuove acquisizioni teoriche ed empiriche, è rimasto ancorato ad una base concettuale che poneva al centro dell'analisi l'industria con le sue specificità, i suoi problemi e le sue strategie di mercato. In questa prospettiva, l'industria svolge una funzione di channel leader frutto della sua capacità di pianificazione strategica top-down in termini di analisi unica proprietà dei punti vendita e gestione centralizzata delle funzioni di acquisto, di marketing, organizzative, amministrative e finanziarie (ad esempio Coop Italia, PAM, La Rinascente). La distribuzione organizzata comprende i gruppi di acquisto e le unione volontarie. I primi sono associazioni tra soli grossisti o dettaglianti, ciascuno dei quali mantiene la propria autonomia giuridica e patrimoniale, finalizzate principalmente ad ottenere economie d approvvigionamento (ad esempio CONAD). Le unioni volontarie sono costituite da un grossista che associa un certo numero di dettaglianti sotto un insegna comune (ad esempio, A&O, Vegè, Despar), offrendo i vantaggi derivanti dalle economie di approvvigionamento e dalla fruizione di servizi comuni per la gestione dell assortimento, delle promozioni, degli spazi espositivi e per il rinnovo dei punti vendita. I grandi indipendenti sono punti vendita moderni (ipermercati, supermercati, negozi slf-service con almeno due casse a barriera) non appartenenti a grandi gruppo di catene al dettaglio né alla distribuzione organizzata; sono strutturalmente simili alle catene della Grande Distribuzione ma operano con un modesto numero di punti vendita a carattere prevalentemente locale. 4 Questo progetto, promosso dalla Fondazione CUOA di Altavilla Vicentina (VI), ha visto come partner internazionali l'università di Patrasso in Grecia e la TÜV Akademie Westafalen in Germania. E' finalizzato a individuare e a formare una figura professionale nuova e completa in grado di assumere all'interno di piccole e medie imprese industriali le funzioni tipicamente svolte dal national key account della grande azienda multinazionale, aggiungendovi, tuttavia, alcune peculiarità connesse alla ridotta realtà dimensionale. 3

4 e comprensione del mercato, di attivazione e stimolazione della domanda, di gestione dei canali di distribuzione. In realtà, molti dei presupposti su cui si fondano questi fattori di orientamento e di controllo del mercato oggi sono venuti in gran parte meno facendo perdere di consistenza e di efficacia alla capacità pianificatoria e ordinatrice propria della (grande) impresa industriale. E' possibile affermare che i profondi cambiamenti sopravvenuti nello scenario competitivo hanno creato una vera e propria discontinuità nei rapporti industria-distribuzione provocando un inasprimento della lotta per il potere nei canali logistici di marketing (Varaldo e Fornari, 1998). Nello scenario attuale dei rapporti industria-distribuzione, si può osservare come la distribuzione moderna, sia nel commercio alimentare che nel non alimentare, abbia conseguito importanti risultati nei confronti dei produttori, rispetto ai quali si pone oggi non solo come cliente ma anche come concorrente e come interlocutore fondamentale sulle politiche commerciali. Si è assistito e si assiste ad una mutata funzione delle attività commerciali che, all interno del ciclo produzione-distribuzione-consumo, non hanno più il ruolo di semplice tramite fra produttore e consumatore (un ruolo di servizio ), bensì assumono la funzione di coordinamento dell intero ciclo. In altri termini, la distribuzione commerciale ha acquisito potere economico traendo semplicemente le conseguenze dal fatto che l attività commerciale (e quella economica più in generale) è passata dallo schema del "produrre per vendere" a quello del "vendere per produrre". Circoscrivendo l'analisi al settore dei beni di largo consumo 5, diverse sono state le cause scatenanti queste nuove modalità di relazione industria-distribuzione che hanno imposto una profonda innovazione nella trama delle strategie e delle tattiche operative rendendo di fatto superati i paradigmi tradizionali di management. Esula dagli obiettivi di questo lavoro condurre una analisi esaustiva di queste tematiche. Limitando l'esame alla evoluzione più recente (anni '90), le determinanti della profonda trasformazione che il sistema distributivo sta vivendo possono essere così sintetizzate 6 : -il tasso di crescita del reddito disponibile subisce (rispetto agli anni '80) una forte inversione di tendenza con un forte impatto negativo sul reddito disponibile ai consumi portando ad una sostanziale stagnazione della domanda; - accanto alla riduzione quantitativa dei consumi nasce anche una nuova cultura del consumo, tesa a privilegiare l acquisto di quei prodotti caratterizzati da una maggiore qualità intrinseca. L'affermazione di nuovi stili e comportamenti di consumo porta ad una riduzione della sensibilità ai prodotti di marca vale a dire al "valore" assegnato dai consumatori agli attributi e alle funzioni della marca e al rafforzamento delle situazioni di store loyalty 7. - strettamente legato al punto precedente è la nascita del fenomeno del discount che ha determinato importanti effetti nei rapporti di canale. L'affermazione di forme distributive hard discount, in un momento di recessione dell'economia nazionale, ha, infatti, comportato una contrazione della quota di mercato dei prodotti di marca, 5 Quello dei beni di largo consumo è un settore composito, che include prodotti di diversa natura, alimentari e non alimentari e che vale, secondo fonti Nielsen, più di 300 mila miliardi di lire. 6 Su questi temi si vedano, tra gli altri, i contributi di Varaldo e Fornari (1998), Pastore (1996), Pellegrini (1996) e Caputo (1998). 7 In questo senso è da considerare lo sviluppo delle marche private le quali, sebbene diffuse in Italia in misura ancora inferiore ad altri Paesi europei, mirano alla finalità strategica di fidelizzare il cliente. La crescente propensione delle imprese distributive a cercare fedeltà dei cliente non più solo alla marca ma anche e soprattutto al punto di vendita è stata studiata approfonditamente (tra gli altri, Busacca e Castaldo, 1996; Zaninotto, 1991; Gandolfo, 1995). 4

5 penalizzando di conseguenza sia le imprese di produzione sia quelle della distribuzione moderna che operavano nel settore; - adozione diffusa dell information technology, sia nei processi interni (ciclo dell ordine e logistica) che in quelli sul cliente (carte commerciali). Questo ha consentito una forte razionalizzazione delle attività e delle strutture (automazione delle procedure di cassa e di pagamento, maggiore efficacia dei sistemi informativi interni e di canale, migliore controllo delle scorte); - forti cambiamenti strutturali che, sebbene con ritmi più lenti rispetto agli altri paesi europei, hanno investito e stanno investendo la distribuzione italiana. Si intende fare riferimento, in primo luogo, al progressivo sviluppo dei punti di vendita di grandi dimensioni, ed in particolare degli ipermercati, caratterizzati da un'offerta assortimentale ampia (numero di famiglie merceologiche), da un'elevata rotazione, delle merci e da una forte immagine di convenienza 8. In secondo luogo, è da ricordare l'intenso processo di concentrazione che sta caratterizzando il settore della distribuzione dove le imprese si stanno ingrandendo e rafforzando allo scopo di raggiungere quella dimensione minima ritenuta necessaria per consentire loro di far fronte alle minacce competitive 9. A tal proposito, se fino a qualche tempo or sono il processo di crescita ha spinto le imprese, razionalmente, ad aprire punti di vendita (di dimensioni crescenti) che non fossero troppo vicini ai concorrenti, ora si sta assistendo ad una maggiore competizione tra le imprese della distribuzione organizzata. Ogni distributore, infatti, ha cercato di aprire grandi superfici in aree che non fossero già affollate di concorrenti o, soprattutto, in localizzazioni comunque non troppo vicine a grandi punti di vendita già esistenti. Oggi le aree più attrattive per reddito e popolazione, specialmente nel Nord Italia, sono già state quasi coperte; rimangono aree meno attrattive e aree già coperte da concorrenti. Si sta verificando quindi il fenomeno per cui le imprese di grande distribuzione aprono punti di vendita relativamente vicini a quelli della concorrenza. La competizione nella quale la grande distribuzione organizzata si trova coinvolta sta passando da grandi contro piccoli a grandi contro grandi: grandi imprese diventano concorrenti diretti e combattono frontalmente una battaglia tra grandi punti di vendita operanti nella stessa area. In conseguenza dell'apertura di nuove grandi strutture commerciali, la competizione di prezzo nella grande distribuzione organizzata sta aumentando e aumenterà sempre di più; perciò, la convenienza di prezzo determinerà in modo crescente la scelta del cliente di acquistare presso un punto vendita piuttosto che in un altro tra quelli in competizione nella grande distribuzione. In terzo luogo ed ultimo luogo, i grandi cambiamenti strutturali del settore sono da 8 Il dato di sintesi cui si è soliti fare riferimento è quello relativo alla superficie di ipermercati e supermercati, cioè degli esercizi a libero servizio superiori a 400 mq. I dati relativi al 2000 sottolineano come, nel Nord-Est, l area costituita dal Triveneto e dall Emilia-Romagna, si siano ormai abbondantemente superati i 150 mq ogni 1000 abitanti, una soglia che sta per essere raggiunta anche nelle altre regioni settentrionali. Questi livelli di densità distributiva avvicinano il Nord Italia agli standard delle aree europee più evolute, dove proprio la soglia dei 150 mq per 1000 abitanti è considerata sinonimo di saturazione del mercato distributivo. 9 I livelli di concentrazione della distribuzione moderna in Europa sono ben sintetizzati dai seguenti dati (Centro Studi Cermes): Paese I primi 3 gruppi (% cum.)i primi 5 gruppi (% cum.) Italia 22,9 46 Francia 48,5 65,4 Gran Bretagna 50 63,4 Germania 47,4 69,9 5

6 imputare al processo, in atto, di forte internazionalizzazione e globalizzazione dei grandi gruppi distributivi 10. Gli elementi sin qui sinteticamente ricordati hanno determinato, come si diceva, una radicale trasformazione dei rapporti tra le aziende della distribuzione e quelle industriali loro fornitrici. La dinamica evolutiva è sfociata, da un lato, in un maggiore livello di tensione e conflittualità tra gli operatori del commercio e quelli della produzione ma anche in una crescente consapevolezza a considerare i vantaggi di una maggiore cooperazione 11. In particolare, la (grande) Industria di Marca da un lato (la più colpita dal fenomeno discount) e la Grande Distribuzione Organizzata dall'altro lato (maggiormente esposta alla penetrazione straniera) hanno avviato un maggior coordinamento logistico fra i due sistemi, volto a ottenere soprattutto recuperi di efficienza e miglioramenti nel livello di servizio offerto (Barizza et al., 2000). Questo sta comportando una completa riprogettazione della filiera mediante una più efficiente allocazione delle funzioni logistiche tra i diversi soggetti, riducendo, così facendo i motivi di conflitto legati alla sovrapposizione e alla duplicazione delle funzioni nelle relazioni verticali (Leonida, 1994; Libelli, 1995; Caputo et al., 1996). La consapevolezza che il coordinamento cooperativo del canale logistico è l'unico percorso strategico di medio-lungo periodo in grado di avvicinare il momento della produzione con quello della vendita, con il risultato di soddisfare al meglio i bisogni del consumatore moderno, ha spinto l'industria di marca e la grande distribuzione 10 Il 1999 ha visto l arrivo in Europa della grande distribuzione statunitense con Wal Mart che ha stabilito una testa di ponte in Germania. Al momento della comparsa di Wal Mart la distribuzione europea aveva un gruppo dominante, la tedesca Metro, seguito a distanza dalla francese Intermarché. L arrivo di Wal Mart ha spinto la tedesca Metro a trovare accordi nel suo mercato ma, soprattutto, ha provocato l unione delle francesi Promodés e Carrefour che, insieme, hanno raggiunto una cifra di affari di oltre 40 miliardi di euro, superando così il primato della Metro come appare dai seguenti dati (ACNielsen): I top 10 del retail in Europa (fatturati in miliardi di euro) Promodés + Carrefour (F) 44,21 Metro (D) 43,55 Intermarché (F) 28,47 Rewe (F) 27,14 Auchan (F) 24,64 Aldi (D) 23,26 Edeka (D) 21,42 Leclerc (D) 20,80 Tesco (UK) 19,93 Tengelmann (D) 19,00 La scossa provocata nei mercati dalle reazioni della Metro, dalle notizie su Wal Mart che sta avviando lo studio di fattibilità per un centro distributivo in Italia, nei pressi di Piacenza e dalla fusione fra Carrefour e Promodés hanno generato una corsa alla crescita da parte dei distributori. La sensazione è che la massa critica ritenuta sinora valida per il mercato europeo, circa 10 miliardi di euro, non sia più sufficiente per far fronte alle nuove concentrazioni ed agli arrivi di altri distributori dagli USA. La soglia critica da 10 miliardi di euro potrà salire a 30 miliardi di euro: questo nuovo livello sconvolgerà gli assetti costringendo i gruppi nazionali alla ricerca di nuove alleanze. 11 A questo proposito, Caputo e Mininno (1996) ricordano che gli studiosi concordano nel riconoscere, all'interno del rapporto industria-distribuzione, la coesistenza di tre componenti principali, quella contrattualistica-negoziale, quella competitiva e quella strategica. La prima fa riferimento all'aspetto negoziale della compravendita, la seconda si manifesta con la sovrapposizione delle funzioni nelle relazioni verticali, mentre la componente strategica si sviluppa quando esiste coincidenza di obiettivi e quindi interesse ad instaurare rapporti di lungo termine. Gli aspetti contrattualistici e competitivi generano tendenzialmente conflitto fra le parti, viceversa le relazioni strategiche creano le condizioni per aumentare il livello di collaborazione. 6

7 organizzata ad unire le proprie risorse in un programma comune denominato ECR (Efficient Consumer Response) nato in Italia e in Europa dopo un'analoga esperienza condotta negli Stati Uniti e finalizzato alla riprogettazione globale ed integrata della filiera logistica del grocery. 3 - Il grande spettacolo dell ECR E' noto che agli inizi degli anni 90 una serie di eventi a valenza negativa ha spinto le imprese americane del settore grocery (produttori e distributori) ad una maggiore attenzione agli aspetti gestionali riguardanti il recupero di efficienza e di competitività. E' in questa occasione che viene lanciato un progetto di ampio respiro denominato Joint Industry Project on Efficient Consumer Response finalizzato a studiare le tematiche legate alla formazione del valore per il consumatore nel settore grocery e viene creato un apposito comitato nazionale (l'efficient Consumer Response Committee). L'iniziativa, che vedeva la partecipazione dei più grandi operatori della produzione e della distribuzione (soggetti del calibro di Procter&Gamble e Wal-Mart nel ruolo di sponsor) accanto a prestigiose società di consulenza, portò nel 1993 alla stesura di un documento, rimasto famoso, nel quale si evidenziano le diverse cause di inefficienze che possono caratterizzare il canale logistico, vengono quantificati gli obiettivi di riduzione dei costi 12, sono suggerite aree di cooperazione e programmi di miglioramento secondo alcuni principi guida che costituiscono la filosofia di fondo dell'ecr 13. Successivamente alla presentazione del modello ECR statunitense, iniziative analoghe vengono avviate sia a livello europeo che italiano. Nel 1994 il Coca-Cola Retailing Research Group Europe propone un proprio modello, denominato Supplier Retailer Collaboration, per la creazione di forme di partnership tramite la definizione e la diffusione di strumenti di confronto cooperativo tra industria e distribuzione 14. Si afferma che l'adozione di un approccio SCR potrebbe portare ad una riduzione del 1,8-2,5 per cento dei costi logistici. Nel 1996 viene costituita l'associazione ECR Europa alla quale partecipano tutti i più grandi distributori europei e primarie società di consulenza quali Andersen Consulting, Roland Berger & Partner, Coopers & Lybrand, Kurt Salmon Associates con l'obiettivo di sviluppare un modello ECR più in sintonia con le caratteristiche strutturali e operative del settore grocery in Europa (ECRE, 1996). Anche in questo caso si dichiara che l'adozione delle pratiche descritte nel modello consentirebbe di ridurre i costi logistici di circa il 5, 7%. Ad oggi, praticamente in tutti i paesi europei esistono iniziative nazionali riconducibili a programmi ECR. In Italia, il progetto ECR parte nel '94 con 64 grandi 12 Creando un certo scalpore, il Comitato ECR quantificò gli obiettivi di riduzione dei costi per l'intero settore grocery USA in circa il 10% del valore annuale delle vendite (300 miliardi di dollari), pari a 30 miliardi di dollari con una riduzione dello stock lungo il canale da 104 giorni a 61 giorni. 13 Ecr is a grocery industry supply chain management strategy aimed at eliminating inefficiencies, and excessive or non-value-added costs within the supply chain, thus delivering better value to the consumer. It is designed to re-engineer the grocery supply chain from a push-sistem in which manufacturer push products into store, towards a pull system in which products are pulled down the supply chain into the stores by consumer-demand information captured at the point of sale. The ultimate goal of ECR is to produce a responsive, consumer-driven system which allows distributors and suppliers to work together in order to maximize consumer satisfaction and minimize cost (Salmon, 1993). 14 Secondo il CCRRGE (1994) "SCR is defined when both retailers and suppliers share proprietary internal or external data, and/or share policies and processes used in decision making with the clear objective of sharing the benefits". 7

8 produttori e con 14 grandi distributori della grande distribuzione e della distribuzione organizzata. Si tratta di una iniziativa fortemente voluta dalle industrie aderenti a Centromarca 15 e dalle associazioni delle grandi catene commerciali, Faid e Federcom. ECR Italia, dopo aver selezionato alcuni degli interventi che, sul piano teorico, concorrono a ridurre le disfunzioni del canale ha istituito sette progetti pilota, con l'obiettivo di testare la fattibilità delle soluzioni proposte e misurarne l'efficacia e l'efficienza, attraverso indicatori di performance. I progetti pilota sono stati raggruppati in due macroaree di intervento, la prima relativa alla riprogettazione della catena logistica e la seconda alla velocizzazione e perfezionamento del ciclo dell'ordine 16. Nonostante alcune diversità presenti tra i vari modelli ECR via via proposti negli anni '90 17, per lo sviluppo di un sistema di relazioni tra le imprese dei vari stadi della catena logistica, atto ad eliminare tutte le attività che non danno valore al consumatore finale e, contemporaneamente, ad incoraggiare quelle che massimizzano la sua soddisfazione, vengono innanzi tutto individuate quattro aree strategiche di cooperazione ognuna delle quali relativa ad un processo a valore aggiunto all interno della catena distributiva (vedi figura 1). - Efficient Store Assortment - ESA (Obiettivo - Assicurare al punto vendita l offerta di un mix di prodotti sufficientemente ampio tale da soddisfare le esigenze del consumatore e allo stesso tempo ottimizzare la produttività dello spazio di immagazzinaggio e di vendita 18 ); - Efficient Product Introduction - EPI (Obiettivo- Maggiore cooperazione tra produttore e distributore nelle attività di ideazione e nella valutazione dei nuovi concetti di prodotto al fine di proporre al mercato prodotti caratterizzati da elementi davvero innovativi capaci di migliorare significativamente il valore per i consumatori 19 ); - Efficient Promotion - EP (Obiettivo Condurre una analisi completa dei benefici associati alle promozioni che devono essere valutati contestualmente ai costi aggiuntivi che generano in tutta la catena logistica 20 ); - Efficient Replenishment - ER (Obiettivo Consentire uno scambio preciso e puntuale delle informazioni al fine di gestire efficientemente il ciclo dell'ordine ed il reintegro delle scorte). Se le prime tre aree possono essere ricondotte ad una prospettiva di marketing, l'ultima è quella più direttamente attinente alla logistica ed è quella che ha riscosso l'attenzione prevalente se non esclusiva dei progetti finora avviati (costituendo, di fatto, il punto di partenza di ogni progetto) al punto che spesso viene confusa con lo stesso 15 Il Centromarma è l'organismo di coordinamento al quale aderiscono le principali aziende di marca italiana. 16 Le soluzioni logistiche individuate nell'ambito di ECR Italia sono descritte in ECR Italia (1996) mentre i risultati ottenuti dai sette progetti pilota, successivamente istituiti, sono contenuti in ECR Italia (1997). 17 Per una interessante analisi comparata dei diversi modelli e approcci si veda Kotzab (1999). 18 Alcuni studi condotti negli Stati Uniti dimostrano che, all'interno di un supermercato medio, il 22% dei prodotti esposti vende meno di una unità al mese (Browning, 1997). 19 Circa il 60% delle innovazioni introdotte annualmente (siano esse nuove marche o estensioni di linea) scompaiono dopo due anni (Belloni, 1996). 20 I costi indotti dalle prassi attuali di gestione delle promozioni vanno ben al di là di quelli immediatamente visibili (scorte e magazzini), in quanto inducono picchi ed avvallamenti fittizi nella domanda che mettono in crisi le strutture distributive e produttive, e comportano rilevanti costi amministrativi da ambo le parti, anche perché i produttori tendono ad organizzare offerte promozionali molto complesse e tra loro differenziate, anche per rendere difficile il confronto tra le condizioni offerte ai diversi retailers, il che non fa che aumentare il clima di diffidenza reciproca (Siri, 1994). 8

9 ECR, di cui in realtà è solo una parte. Category Management Efficient Store Assortment Efficient Product Introduction ECR Efficient Promotion Efficient Replenishment Computer Assisted Ordering Continuous Replenishment Program Bar Code/ Scanners Cross-docking/ Direct Store delivery Electronic Data Interchange Figura 1 Elementi costitutivi dell'ecr (adattato da Kurnia et al., 1998). Per una corretta gestione del flusso logistico finalizzata a consentire un rifornimento efficiente è necessario operare secondo un programma di continuous replenishment che è un sistema di ricostituzione delle scorte nel quale il distributore emette gli ordini sulla base delle uscite e della scorta del CEDI e fornisce periodicamente al produttore le previsioni di vendita o ordini provvisori per un periodo futuro preconcordato in modo da consentire al produttore stesso una migliore pianificazione della produzione 21. L'implementazione di un simile programma richiede obbligatoriamente la disponibilità di specifiche tecnologie e l'impiego di particolari metodologie operative. Nel primo caso ci si riferisce all'utilizzo dei sistemi POS-scanner e EFT nonchè ai sistemi informativi interni e di canale (sistemi EDI). Nel secondo caso a tecniche CAO (Computer-Assisted Ordering 22 ), Cross Docking 23 e DSD (Direct Store Delivery 24 ). 21 Si possono distinguere due tipi di continuous replenishment in funzione del soggetto che emette l'ordine, il distributore o il produttore; in quest'ultimo caso la tecnica viene più propriamente definita vendor managed replenishment system (VMRS). 22 Si tratta di un sistema informativo che genera automaticamente ordini di ri-approvvigionamento al variare del livello di stock e del fabbisogno, sulla base di regole e algoritmi preventivamente determinati. 9

10 Anche le attività di collaborazione a livello di marketing (quale assortimento, quali prodotti e quali modalità di promozione) richiedono il supporto di specifici programmi e strumenti quali i metodi del category management e l'utilizzo dei dati provenienti dai sistemi POS-scanner. E' di estrema rilevanza, infatti, poter suddividere i prodotti in categorie, individuare cioè gruppi definiti ed omogenei di prodotti che il consumatore percepisce come interrelati ed intercambiabili per soddisfare i propri bisogni. La categoria viene poi gestita in maniera coordinata dalle imprese della distribuzione e dall'industria come una specifica unità di business. Essa viene segmentata per meglio valutare i prodotti, definire le azioni conseguenti e stabilire quali risultati specifici (ad esempio, la soddisfazione del consumatore, il fatturato lordo, il valore della scorte) si intendono migliorare 25. A distanza di diversi anni dall'avvio dei progetti ECR e nonostante gli incoraggianti risultati delle prime sperimentazioni sul campo 26, è fuor di dubbio che numerosi problemi operativi e relazionali-organizzativi stanno rendendo i tempi di diffusione delle pratiche ECR più lenti di quanto era stato previsto. La grande euforia e le notevoli speranze iniziali paiono lasciare il campo a una fase di maggiore consapevolezza nella quale l'applicazione estesa dei principi dell'ecr viene valutata alla luce dei vari ostacoli che forse in maniera un pò superficiale sono stati finora trascurati (Brockman e Morgan, 1999; Robins, 1994; Kotzab, 1999). E' da sottolineare in primo luogo, che nonostante i numerosi sforzi, pesa ancora la diffidenza fra i comparti manifatturieri e distributivi, restii a condividere informazioni, perché timorosi di perdere potere all'interno del canale. In questo modo non vi è la conoscenza reciproca dei programmi aziendali e degli andamenti dei mercati finali, non si costruisce quel clima di fiducia e di affidabilità necessario per una conoscenza reciproca fra le imprese in modo che si crei una visione chiara e condivisa delle modalità operative. Un secondo elemento degno di nota è il seguente: i risultati più rilevanti hanno finora riguardato recuperi di efficienza (l'area logistica dell'efficient Replenishment) piuttosto che maggiore attenzione ai bisogni del consumatore (le rimanenti tre aree) tant'è che ultimamente con ECR molti intendono Efficient Cost Reducing. Concentrare l'attenzione solo sugli aspetti logistici potrebbe portare a trascurare elementi importanti per la creazione di valore per il cliente 27. Vi è, in terzo luogo, il problema della massa critica. Affinché l'ecr possa 23 I1 cross-docking è un sistema di distribuzione caratterizzato dalla presenza di una piattaforma comune in cui convergono i mezzi di trasporto di più produttori e di più distributori e da cui i pallet vengono smistati per punto di consegna, CEDI o punto di vendita (PDV). 24 Si tratta del trasporto diretto dei beni dal produttore allo scaffale del punto vendita. 25 Per una analisi dettagliata dei metodi di category management si veda Lugli e Cristini (2001); Castaldo e Bertozzi (2000). 26 In Italia, ad esempio, i benefici derivati da alcune tecniche ECR, adottate in progetti pilota, hanno dato buoni risultati consentendo, ad esempio di ridurre il lead time (tempi di consegna) da 7,5 a 5 giorni, i costi di distribuzione di circa il 20%, di realizzare un più 5% di utile lordo per i produttori ed un più 6% per i distributori ed di aumentare le vendite per entrambi rispettivamente del 11,1% e del 7,9% (ECR Italia, 1997). 27 "To put it in a nutshell, so far, the consumer has been the target and focus of ECR but consumers themselves haven't actually been involved in ECR. The philosophy, skills and benefits of working together have not been extended to the people they're all aimed to.we have never really tried to add value by working with the consumers...in fact, despite all the rhetoric about the importance of the 'C' in the middle of ECR, so far, for all intents and purposes, ECR has stopped at the shop" (Mitchell, 2001). 10

11 veramente decollare è necessaria l'adesione e la cooperazione di un numero elevato di membri del canale (produttori e distributori) affiancati da aziende di servizi logistici e tecnologie informatiche. Questo impone il coinvolgimento anche di produttori di piccolamedia dimensione che, di fatto, non hanno partecipato alle iniziative finora condotte le quali hanno visto, accanto alla distribuzione moderna, la presenza della sola grande industria di marca. Ciò nonostante, i produttori di piccola-media (PMI) dimensione si trovano oggi a rapportarsi con degli interlocutori commerciali che esprimono nei loro confronti crescenti standard quantitativi e qualitativi che impongono un impegno non indifferente di risorse finanziarie ed organizzative, oltre allo sviluppo di competenze specifiche e alla revisione delle strutture organizzative. Aumenta, in sintesi, la complessità totale e, di conseguenza, il limite minimo di capacità e di risorse richieste alle PMI per poter entrare, operare e rimanere in un mercato sempre più difficile e selettivo. E' alla luce di queste ultime considerazioni che si è ritenuto utile condurre uno studio finalizzato esaminare il livello di diffusione delle pratiche ECR in un contesto di media-piccola impresa. 4 - Il modello per la ricerca empirica Al fine di riuscire a valutare, in maniera la più oggettiva possibile, il grado di diffusione di pratiche ECR nelle interazioni tra le aziende del campione e gli operatori commerciali è stato necessario "operazionalizzare" i concetti precedentemente illustrati relativamente agli elementi che caratterizzano l'approccio ECR. Il modello che viene proposto si articola sulle quattro aree strategiche di cooperazione evidenziate nella figura 1, ognuna delle quali considera differenti ambiti dell'interazione operativa fornitore-cliente: gestione efficiente dell'assortimento, gestione efficiente dei nuovi prodotti, gestione efficiente delle promozioni e, infine, gestione efficiente del ciclo dell'ordine. Evidentemente, i quattro ambiti appena menzionati risultano concetti complessi e, così come enunciati, di non facile misurazione. Per tale motivo, il primo passo è stato quello di decomporre ognuno di essi in un certo numero di attività con l'obiettivo di specificarne meglio la natura e di renderne più agevole la misura. In altre parole, il livello effettivo di cooperazione tra fornitore e cliente in un determinato ambito di interazione viene valutato analizzando il grado di interazione nello svolgimento di specifiche attività intese come tecniche, strumenti e metodologie operative. In definitiva, il modello utilizzato per la ricerca empirica è organizzato su due livelli: aree di cooperazione e attività come illustrato nella figura 2 seguente. Nell'ambito dell'efficient Store Assortment la cooperazione è relativa, come si è detto, alla definizione del mix di prodotti tale da soddisfare le esigenze del consumatore e allo stesso tempo ottimizzare la produttività dello spazio nel punto vendita. Il perseguimento di questo obiettivo richiede, in primo luogo, l'operare secondo i metodi e i principi del category management. In questo senso gli elementi che devono essere valutati riguardano (Castaldo e Bertozzi, 2000): 11

12 AREE DI COOPERAZIONE ATTIVITA' 1) Efficient Store Assortment 1A) Pianificazione delle categorie 1B) Gestione dello spazio nel punto vendita 1C) Sistemi informativi di supporto 1D) Valutazione delle categorie 2) Efficient Product Introduction 2A) Pianificazione nuovi prodotti 2B) Lancio nuovi prodotti 2C) Analisi prestazioni nuovi prodotti 3) Efficient Promotion 3A) Pianificazione promozioni 3B) Progettazione promozioni 3C) Conduzione promozioni e analisi benefici 4) Efficient Replenishment 4A) Generazione dell'ordine 4B) Programmazione delle consegne 4C) Utilizzo sistemi EDI Figura 2 Il modello per la ricerca empirica - la presenza di una idonea struttura organizzativa e dei meccanismi organizzativi di supporto (figure manageriali poste a presidio delle categorie, sistema di reporting organizzato per categorie, una gestione orientata ai processi e infrastrutture e procedure per facilitare la comunicazione tra le diverse funzioni); - l'esistenza di un processo formale di category management (analisi del comportamento d'acquisto del consumatore, definizione delle categorie e conseguente determinazione del posizionamento, analisi della categoria volta a stabilire gli obiettivi e i ruoli delle diverse categorie, elaborazione della strategia di categoria nell'ambito più generale della strategia di marketing dell'impresa). In secondo luogo, in un'ottica di assortimento efficiente assume rilevanza l'attività di gestione dello spazio del punto vendita. In questo ambito si intende misurare il grado di cooperazione tra produttore e distributore su elementi quali: progettazione del lay-out del punto vendita, specificazione delle caratteristiche del diplay, ovvero del contenitore che serve per presentare prodotti e materiali sul punto vendita, scelte di packaging e, infine, criteri di shelf space allocation. Un terzo aspetto concernente l'efficient Store Assortment si riferisce ai sistemi informativi. Questi, come è stato evidenziato, vanno riprogettati in modo coerente in modo da consentire la produzione di informazioni adeguate per pianificare e controllare l'attività di categoria che accresce la complessità gestionale dell'impresa e quindi il fabbisogno informativo 28. In questo senso sono da valutare: la presenza di specifici pacchetti software e data base in grado di sostenere il processo di decision making (si pensi alle tecniche di basket analysis), il grado di condivisione (produttore-distributore) del patrimonio informativo, l'adozione di protocolli comuni per lo scambio elettronico 28 "L'up grading del sistema informativo è, da un lato, il principale ostacolo alla implementazione del category management e, dall'altro lato, una premessa indispensabile per affrontare le tappe successive" (Lugli, 1996). 12

13 dei dati. La quarta e ultima attività caratterizzante l'area dell'efficient Store Assortment è la valutazione delle categorie ovvero la presenza di scorecard per monitorare i progressi del piano di categoria, per migliorarne il processo decisionale e per la revisione e la ricognizione dello stesso (ECR USA, 1995). Oggetto della misura è il livello di collaborazione tra produttore e distributore su due elementi fondamentali: (1) valutazione del consumatore volta ad acquisire informazioni circa le motivazioni alla base dell'acquisto della categoria, (2) valutazione del mercato in termini di trend di vendita e di consumo al fine di analizzare le performance economiche della categoria e l'eventuale esistenza di opportunity gap. La seconda area di cooperazione presente nel modello di figura 2 è quella relativa alle attività di ideazione e valutazione dei nuovi prodotti che possono essere ripartite in tre classi (ECR USA, 1996; Grant, 1987; Thölke et al., 1997). La prima concerne la pianificazione nuovi prodotti e in questo ambito la collaborazione tra produttore-distributore (finalizzata a riconciliare la logica di portafoglio del produttore con la logica di assortimento del distributore) riguarda l'analisi dei seguenti elementi: - la strategia di sviluppo nuovi prodotti; - l'evoluzione del mercato e dei bisogni e gusti dei consumatori; - la segmentazione del mercato; - il posizionamento strategico del prodotto e le preferenze del consumatore; - il potenziale di vendita del nuovo prodotto; - i costi del prodotto, i tempi di introduzione, gli investimenti necessari, la redditività prevista. La seconda attività è inerente il lancio dei nuovi prodotti. In questo caso la collaborazione riguarda: - la fase di test pubblicitario e di mercato con individuazione dei modelli e delle tecniche da impiegare nel product test e nel area test; - la tempificazione (timing) del processo di lancio vero e proprio che tenga conto dei vincoli sia del distributore (necessità di azzerare le scorte del prodotto precedente, attesa della fine di una campagna promozionale, approntamento dei nuovi spazi espositivi,...) che del produttore (completamento della base di dati tecnici necessari ai processi di pianificazione, messa a regime delle linee di produzione,...) - la predisposizione della rete logistica (ad esempio in termini di adeguati livelli di scorte definiti sulla base di previsioni di vendita) atti a garantire un idoneo livello di servizio; - la scelta delle politiche pubblicitarie secondo una prospettiva di Co-advertising (comunicazione finalizzata a promuovere congiuntamente insegna commerciale e marca industriale). La terza ed ultima attività caratterizzante l'area del Efficient Product Introduction riguarda l'analisi delle prestazioni nuovi prodotti. Si tratta in questo caso di forme di collaborazione inerenti la definizione: - degli obiettivi strategici e di performance aziendale relativi allo sviluppo nuovi prodotti (significa esplicitare i fattori critici di successo, le azioni o i processi da porre in essere per conseguirli, le modalità di misurazione, gli indicatori di misura). - del modello organizzativo di supporto (unità organizzative, le relazioni tra queste, le attività delle varie unità organizzative). 13

14 Veniamo ora alla terza area di cooperazione evidenziata nel modello di figura 2, l'efficient Promotion che comprende le seguenti attività: pianificazione promozioni, progettazione delle promozioni, conduzione delle promozioni e analisi benefici (Pellegrini, 1991). Nel primo caso, la collaborazione produttore-distributore è finalizzata alla definizione degli obiettivi di base delle promozioni in termini di: - definizione delle tipologie promozionali che si intende adottare 29 ; - obiettivi che l'industria da un lato e la distribuzione dall'altro lato mirano a realizzare con l'utilizzo delle diverse tecniche promozionali; - determinazione del budget promozionale; - coordinamento delle politiche di vendita e pubblicitarie del distributore con quelle del produttore; - elaborazione di un "piano promozioni" con indicazione delle azioni promozionali periodiche e/o particolari). Nell'ambito della progettazione delle promozioni è necessario definire congiuntamente: - gli obiettivi specifici della promozione; - il tipo di promozione; - le politiche di comunicazione secondo una prospettiva di Co-advertising; - il periodo previsto per la promozione; - le politiche economiche che caratterizzano il prodotto promozionato; - la sincronizzazione tra le attività del distributore (completamento della eventuale promozione in corso su un prodotto della medesima categoria, predisposizione dello spazio nel punto vendita, disponibilità del materiale per la comunicazione,...) e quelle del produttore (definizione dei piani di produzione e dei relativi piani relativi ai fabbisogni dei materiali e di capacità produttiva, avvio della produzione e formazione di stock di prodotti finiti,...). Con riferimento, infine, alla conduzione delle promozioni e analisi benefici assumono un ruolo considerevole i seguenti elementi: - stretto monitoraggio dell'andamento della promozione con scambio continuo di dati al fine di consentire una corretta pianificazione logistica tesa a ridurre, da un lato, le rotture di stock e, dall'altro lato, le scorte al termine del periodo promozionale; - elaborazione di specifici programmi di activation research tesi a quantificare l'efficacia (vendite del periodo promozionale rapportate alle cosiddette vendite di base) e l'intensità (totale vendite avvenute sotto forma promozionale) della azione promozionale. La quarta ed ultima area di cooperazione tra produttori e distributori riguarda l'efficient Replenishment e risulta essere articolata sulle seguenti principali attività: generazione dell'ordine, programmazione delle consegne e utilizzo sistemi EDI. Si tratta, come affermato precedentemente dell'area nella quale si sono concentrati la maggior parte degli sforzi delle imprese impegnate in progetti ECR. I concetti e le tecniche sono quindi ben noti e ampiamente descritti nella letteratura (ECR Italia, 1996). Con riferimento alla generazione dell'ordine, la cooperazione riguarda la 29 Tra queste ricordiamo: la raccolta punti, il concorso, il premio regalo e le vendite abbinate, il multipack ed il formato speciale, il coupon, il 3x2, le animazioni del punto vendita. 14

15 predisposizione di sistemi informativi in grado di formulare automaticamente ordini di approvvigionamento (secondo logiche di continuous replenishment) tramite proiezioni statistiche della domanda basate su: - consistenza degli stock; - entità dei consumi; - "profili" di vendita giornalieri; - analisi di azioni particolari del marketing quali promozioni e delle offerte speciali. Nell'ambito della programmazione delle consegne numerosi sono gli elementi di collaborazione produttore-distributore: - adozione di sistemi software dotati di funzionalità avanzate quali: - capacità di combinare diversi ordini ed inevasi sia per il consolidamento dei carichi che per il calcolo di sconti cumulativi; - tracking sofisticato della merce in transito; - assegnazione dinamica dei carichi e dei percorsi tenendo conto in dettaglio dei vincoli esterni posti dal traffico, dalla mappa stradale e dagli orari di consegna concordati coi clienti, e dei vincoli interni posti dalla disponibilità e dalle caratteristiche di automezzi e personale; - impiego di sistemi di distribuzione cross-docking (almeno per le referenze con elevati indici di rotazione): - utilizzo di sistemi quali il magazzino multiproduttore oppure il CEDI multidistributore qualora i vincoli connessi all'attuazione del cross-docking sono tali da non renderne possibile l'adozione; - unificazione dei pallet, dimensionamento dei suoi sottomultipli e definizione del numero ottimale di unità di consumo per cartone; - introduzione di logiche di carico e scarico veicoli di tipo Multi-Pick e Multi-Drop; - razionalizzazione dell'utilizzo dei corrieri in modo da massimizzare i volumi di consegne e di minimizzare i costi di trasporto. Infine, in riferimento all'utilizzo di sistemi EDI la cooperazione riguarda. - l'adozione di standard di settore per lo scambio elettronico di dati concernenti ordini e pagamenti; - l'uso di sistemi telematici EDI per la trasmissione dei dati al fine di ottenere un sensibile abbattimento degli errori nel trasferimento dei medesimi e una notevole riduzione dei tempi amministrativi. 5 - Lo sviluppo della ricerca empirica Lo studio ha visto il coinvolgimento di 49 aziende, situate nelle quattro province di Brescia, Mantova, Cremona e Verona. Si tratta di aziende fornitrici di beni di largo consumo per la grande distribuzione e la distribuzione organizzata, delle quali 31 operano nel mercato alimentare (food) e 18 nel mercato dei prodotti non alimentari (nofood). Con riferimento alla classica suddivisione dei prodotti di largo consumo in settori merceologici e categorie, 13 aziende del campione operano nel settore dei Deperibili (categorie: salumi, formaggi freschi, gastronomia fresca), 4 nel settore Surgelati (categoria: surgelati), 14 nel settore Drogheria food (categorie: alimentazione naturale/dietetica, preparati per dolci, snack, pane e sostitutivi, ortaggi elaborati e conservati), 1 nel settore Petfood (categoria: pet accessori), 9 nel settore Cura della persona (categorie: igiene orale, accessori toiletries e profumeria, articoli igienico sanitari), 8 nel settore Cura e pulizia della casa (categorie: deodoranti casa, accessori pulizia, prodotti in carta, 15

16 avvolgibili alimentari). I dati dimensionali in termini di fatturato e dipendenti sono contenuti nella tabella 1 seguente. Tabella 1 Le aziende del campione. < N. Addetti < Fatturato(MLD ) La valutazione del grado di collaborazione esistente tra le imprese produttrici del campione esaminato e la distribuzione moderna, con riferimento alle diverse attività caratterizzanti le quattro aree strategiche di cooperazione, e' avvenuta costruendo una dettagliata check list contenente 123 item basati su scale di Likert a cinque punti (0- completamente in disaccordo...4-completamente in accordo). Questa check list è stata somministrata alle aziende coinvolte in occasione dei vari workshop tenuti presso le associazioni industriali delle province interessate. Nello specifico, per ogni provincia sono stati predisposti cinque incontri, della durata di otto ore ognuno, dedicati, il primo, ad illustrare le problematiche generali oggetto di analisi e, i rimanenti, all'esame, in sequenza, degli elementi componenti le quattro aree di cooperazione contenute nel modello di figura 2. Raccogliendo le risposte date agli item della check list si è riusciti a misurare il grado di collaborazione con i distributori per ognuna delle singole attività costituenti le quattro aree di cooperazione. I primi risultati a cui si è giunti e le osservazioni ancora parziali sinora elaborate sono il focus della parte rimanente di questo lavoro. Innanzi tutto, è stata condotta una elaborazione che ha consentito di pervenire ai dati contenuti nella seguente tabella 2 dove viene evidenziato: - per ogni attività, la percentuale di imprese che hanno dichiarato di condurla congiuntamente ai distributori in modo sufficientemente significativo (valori 3 o 4 della scala di Likert); - un indicatore (calcolato come media dei valori percentuali del punto precedente) che quantifica l'intensità della collaborazione di ogni area; - un indicatore (calcolato come varianza dei valori percentuali del primo punto) teso a valutare la variabilità del livello di collaborazione con i distributori tra le diverse attività di ogni area. L'analisi dei dati contenuti nella tabella 2 consente di sviluppare diverse considerazioni. In primo luogo è evidente che il livello di cooperazione con i distributori sulle diverse pratiche riconducibili all'approccio ECR è generalmente molto basso. In soli tre casi oltre metà del campione dichiara di aver avviato fattivi programmi di collaborazione con i clienti commerciali. E due di questi sono relativi all'area della logistica, confermando quanto già emerso nella letteratura ovvero che questo è l'ambito dove si sono concentrati finora gli sforzi maggiori. I dati delineano, quindi, un quadro abbastanza preoccupante dal quale si evince che l'adozione di pratiche ECR in un contesto di piccola impresa è ben lungi dall'essere compiuta. Un secondo elemento di riflessione riguarda la forte varietà del livello di 16

17 cooperazione instauratosi tra produttori e distributori sulle diverse attività caratterizzanti un approccio ECR. Infatti, accanto alla "programmazione delle consegne" per la quale ben l'85,7% delle imprese del campione ha dichiarato di operare congiuntamente con i distributori, ritroviamo, all'opposto, che per l'attività di "sistemi informativi di supporto" tale indicatore assume un valore molto più piccolo pari a 10,2%. Degno di nota è pure il basso valore di "utilizzo sistemi EDI" per l'interazione sulle problematiche di tipo logistico che sembrano mettere in luce delle criticità generalizzate a livello di information technology. Tabella 2 Risultati della ricerca empirica. Punteggio* x** s*** Efficient Store Assortment - ESA 1A) Pianificazione delle categorie 46,9% 1B) Gestione dello spazio nel punto vendita 14,3% 1C) Sistemi informativi di supporto 10,2% 1D) Valutazione delle categorie 30,6% 25,5 16,8 Efficient Product Introduction. - EPI 2A) Pianificazione nuovi prodotti 36,7% 2B) Lancio nuovi prodotti 55,1% 2C) Analisi prestazioni nuovi prodotti 16,3% 36,1 19,4 Efficient Promotion. - EP 3A) Pianificazione promozioni 14,3% 3B) Progettazione promozioni 24,5% 3C) Conduzione promozioni e analisi benefici 32,7% 23,8 9,2 Efficient Replenishment - ER 4A) Generazione dell'ordine 71,4% 4B) Programmazione delle consegne 85,7% 4C) Utilizzo sistemi EDI 12,2% 56,5 38,9 * Rappresenta, espresso in percentuale, il numero di imprese che si sono collocate sui valori 3 o 4 della scala di Likert ** intensità media della collaborazione; *** varianza della collaborazione Quanto appena descritto pare suggerire che la ricerca di forme di collaborazione con i distributori è avvenuta in assenza di un piano di azione generale con la predisposizione di interventi e iniziative tra loro coordinate. Focalizzando l'analisi a livello delle singole aree di cooperazione, quella che presenta il valore più basso dell'indicatore "intensità media della collaborazione" pari a 23,8% è relativa alla gestione efficiente delle promozioni a testimonianza del fatto che la collaborazione su elementi quali la definizione delle tipologie promozionali che si intendono adottare, le politiche di vendita e pubblicitarie, il monitoraggio della promozione presenta forti elementi di difficoltà. Questi impedimenti sono comuni a tutte le aziende del campione come dimostra il basso valore dell'indicatore "varianza della collaborazione". Al contrario, massimo è il valore dell'indicatore "intensità media della collaborazione" per l'efficient Replenishment a ribadire quanto appena affermato ovvero 17

18 che i programmi finalizzati ad aumentare la superficie di interazione cliente-fornitore si focalizzano inizialmente sugli aspetti operativi legati alla gestione del ciclo dell'ordine e delle consegne. L'elevato valore che assume pure l'indicatore "varianza della collaborazione" è dovuto allo scarso utilizzo dei sistemi EDI nelle aziende del campione ad attestare che nonostante diversi anni siano ormai trascorsi dalle prime sperimentazioni di tali strumenti permangono significativi impedimenti ad una loro effettiva adozione. Ad un livello intermedio si collocano le altre due aree, Efficient Store Assortment e Efficient Product Introduction. Quest'ultima in particolare presenta un valore dell'intensità media della collaborazione relativamente buono a conferma che il processo di sviluppo nuovi prodotti orientato al cliente e teso alla massimizzazione della sua soddisfazione ha assunto ormai un rilievo considerevole nelle strategie d'impresa e rappresenta oggi una delle più rilevanti fonti di vantaggio competitivo. Al fine di pervenire ad una visione di sintesi del grado di collaborazione esistente tra le aziende del campione e i loro clienti commerciali è stata condotta anche un secondo tipo di analisi tramite la definizione di due differenti indicatori chiamati indice di aderenza e indice di coerenza. Il primo intende rilevare il numero di aziende (espresso in percentuale sul campione) per le quali la media dei valori raggiunti nelle singole attività di una specifica area è almeno pari a 3; tali aziende sono dunque rappresentative di quella parte del campione che dimostra una significativa aderenza all'area. Si ritiene opportuno parlare di aderenza in quanto tale indicatore non distingue le imprese che hanno lavorato in modo significativo su tutte le attività dell'area da quelle che invece hanno privilegiato certe attività a scapito di altre. Il secondo indicatore (l indice di coerenza) intende, invece, valutare il numero di aziende (espresso in percentuale sul campione) per le quali i valori raggiunti nelle singole attività inerenti ad un'area sono contemporaneamente almeno pari a 3. Tali aziende sono, quindi, rappresentative di quella parte del campione che non solo è aderente all area, ma ha sviluppato forme di collaborazione con maggiore coerenza. Nella figura 3 seguente è rappresentato il profilo del campione rispetto ai due indici sopra esemplificati. L'esame di tale figura mette in luce come l'indice di aderenza non assume valori elevati mantenendosi, tranne che in un caso, ben al di sotto del 50%. Ciò suggerisce che solo per una minoranza delle imprese coinvolte c'è un livello significativo di collaborazione con i clienti commerciali. Se si guarda poi ai valori dell'indice di coerenza le cose sono ancora più sconfortanti: il quadro che emerge evidenzia come il numero di aziende che hanno avviato forme di collaborazione ampie, coordinate e coerenti sulle singole aree è irrilevante. 6 - Osservazioni conclusive L'evoluzione della distribuzione e l'aumento della pressione competitiva a tutti i livelli del canale hanno indotto alcune imprese commerciali e industriali ad avviare un processo di ripensamento delle proprie modalità di gestione seguendo i principi del Efficient Consumer Response. Si tratta, come si è visto nei paragrafi precedenti, di un'innovazione organizzativa destinata a produrre effetti "dirompenti" in quanto volta alla reingegnerizzazione della gestione della singola impresa e delle relazioni di canale. La ricerca esplorativa condotta su un campione di 49 imprese industriali ha consentito di monitorare l'effettiva portata della reingegnerizzazione in atto in un contesto di piccola impresa solitamente trascurato dagli studi e dalle ricerche sin qui condotte. 18

19 80% ER 63,3% 26,5% EP 16,3% 0% 6,1% 14,3% 30,6% ESA 24,5% 42,9% Indice di aderenza Indice di coerenza EPI Figura 3 Il profilo del campione rispetto agli indici di aderenza e coerenza. Dai risultati della ricerca emerge con chiarezza che l'ecr non costituisce ancora un nuovo terreno di interazione fra industria e distribuzione e un innovativo linguaggio intra e inter-organizzativo. Le evidenze empiriche raccolte testimoniano di una forte difficoltà per la piccola impresa di avviare con gli interlocutori commerciali programmi di collaborazione finalizzati ad una maggiore integrazione su quelle che sono le quattro aree tipiche dell'ecr. Nel corso dei workshop condotti con le imprese si è anche cercato di comprendere le ragioni di tale difficoltà. Questa parte della ricerca non è ancora giunta ad una sistematizzazione definitiva dei dati raccolti, ciò nonostante si ritiene utile sviluppare alcune considerazioni di sintesi utili a meglio comprendere lo stato delle cose così come è apparso nel paragrafo precedente. I manager coinvolti nell'indagine sono stati tutti concordi nel ritenere che l'ecr ha un impatto significativo sulla struttura organizzativa, sui meccanismi operativi e sugli strumenti operativi di supporto al coordinamento e allo scambio informativo. I cambiamenti organizzativi sono quelli che appaiono più critici e tra questi sono segnalati la gestione per processi, la creazione di figure nuove, la creazione di team organizzativi nuovi, le modifiche alle infrastrutture di comunicazione tra le diverse funzioni. Si tratta evidentemente di cambiamenti che hanno un impatto traumatico sulla struttura organizzativa e i dati raccolti rilevano una certa "resistenza" ad affrontare tali cambiamenti. Viceversa, l'approccio all'implementazione delle pratiche di ECR pare privilegiare i cambiamenti nei meccanismi operativi tra i quali particolare rilevanza assumono le procedure di comunicazione - che favoriscano la condivisione delle informazioni e il coordinamento - e i sistemi di valutazione e incentivazione - che orientano i comportamenti. Rilevanti appaiono, inoltre, i cambiamenti nel profilo delle competenze di coloro che devono interfacciarsi con il cliente commerciale. Sono ritenute importanti la 19

20 conoscenza dei principi del category management, le capacità di analisi del comportamento della clientela finale e intermedia, la capacità di lavorare per processi interfunzionali, le competenze merceologiche e quelle relative alle singole leve del retailing mix (pricing e analisi dei costi, merchandising, promozioni). Un'importanza nettamente inferiore viene assegnata agli skill in passato ritenuti fondamentali punti di forza del personale di vendita, quali la capacità di negoziazione e di comunicazione. Per quanto riguarda gli strumenti operativi di supporto al coordinamento e allo scambio informativo, l'approccio ECR aumenta enormemente le quantità di dati di varia natura necessarie così come cresce il ricorso a software che ne consentano un trattamento efficace ed efficiente. Le imprese industriali, secondo quanto emerge dall'indagine, sono consapevoli che uno dei presupposti fondamentali per l'implementazione ottimale dell'ecr sia l'adeguamento del sistema informativo aziendale. L'adozione di pratiche ECR comporta, inoltre, una profonda revisione delle modalità di relazione nel canale, tra produttore, distributore e consumatore. Da questo punto di vista l'avvio di un progetto ECR richiede che siano soddisfatte due condizioni: - la presenza di un sistema informativo e di una logistica altamente sofisticati; - lo sviluppo di relazioni bilaterali tra la distribuzione e l'industria per poter sfruttare da parte di entrambe il singolo patrimonio di conoscenze. Si tratta, in altre parole, di sviluppare una visione chiara e condivisa dell'intero ciclo operativo e una conoscenza reciproca fra le imprese tale da consentire il crearsi di un clima di fiducia e di affidabilità. Quest'ultima condizione rappresenta certamente il maggiore ed obiettivamente più forte ostacolo allo sviluppo di pratiche ECR ma solo in tal modo sarà possibile intraprendere quelle attività di condivisione dei programmi aziendali, dei sistemi e delle modalità di comunicazione, delle prestazioni operative premessa indispensabile per ottenere un'efficienza ed una efficacia globale della catena logistica. Riferimenti bibliografici Belloni A., 1996, Quattro strategie per cambiare il rapporto con il consumatore, L Impresa, n. 2, pp Brockman B. K., Morgan R. M., 1999, The evolution of managerial innovations in distribution: what prospects for ECR?, International Journal of Retail & Distribution Management, vol. 27. n. 10, pp Browning C., 1997, Efficient consumer response: its lessons for everyone, 1997 Council of Logistics Management Annual Conference, Chicago, IL. Bulbarelli A., Vinelli A., 1998, Il coordinameno logistico fra Industria di Marca e Grande Distribuzione Organizzata, Economia e Management, n. 1, pp Busacca B., Castaldo S., 1996, Il potenziale competitivo della fedeltà alla marca e all'insegna commerciale, Egea, Milano. Caputo M., 1998, Organizzare la logistica per l'efficient Consumer Response, CEDAM, Padova. Caputo M., Mininno V., 1996, Innovazioni logistiche e rapporti di collaborazione fra industria di marca e grande distribuzione organizzata, Logistica e Management, Dicembre 1996, pp Caputo M., Mininno V., Resciniti R., 1996, Integrazione logistica, interna e verticale, nella distribuzione dei beni di largo consumo, Economia e Management, n. 1, pp

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