NOTA A CORTE DI GIUSTIZIA DELL UNIONE EUROPEA, SEZIONE SECONDA SENTENZA 23 gennaio 2014, C-371/12

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1 NOTA A CORTE DI GIUSTIZIA DELL UNIONE EUROPEA, SEZIONE SECONDA SENTENZA 23 gennaio 2014, C-371/12 A cura di Alessandra di Salvo Il diritto dell Unione europea non vincola gli Stati membri ad un regime unico sui risarcimenti PRONUNCIA Gli articoli 3, paragrafo 1, della direttiva 72/166/CEE e 1, paragrafi 1 e 2, della seconda direttiva 84/5/CEE, concernenti il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, e di controllo dell obbligo di assicurare tale responsabilità, devono essere interpretati nel senso che non ostano ad una legislazione nazionale la quale prevede un particolare sistema di risarcimento dei danni morali derivanti da lesioni corporali di lieve entità causate da sinistri stradali, che limita il risarcimento di tali danni rispetto a quanto ammesso in materia di risarcimento di danni identici risultanti da cause diverse da detti sinistri. Con tale pronuncia pregiudiziale, sollecitata dal Tribunale di Tivoli che nutriva dubbi sulla compatibilità con il diritto dell unione dell art. 139 del codice delle assicurazioni private, la Corte di Giustizia riconosce espressamente la possibilità dei singoli Stati membri di delimitare e modulare l entità del risarcimento in relazione alla consistenza della lesione subita a seguito di incidenti stradali. In altri termini, il diritto dell Unione Europea non vincola affatto gli Stati membri ad un regime unico sui risarcimenti. FATTO La domanda di pronuncia pregiudiziale, vertente sull interpretazione delle sopra citate direttive, è stata presentata dal Tribunale di Tivoli nell ambito di una controversia tra i sigg. E. e C. P. e l U. Assicurazioni S.p.a., relativa al risarcimento da parte di quest ultima, a titolo della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, del danno subito dal sig. E. P. a causa di un sinistro stradale. 1

2 SENTENZA La sentenza in commento affronta, dunque, la fondatezza dei dubbi sollevati dal giudice del rinvio in merito alla conformità o meno al diritto dell Unione, della specifica normativa nazionale applicabile alla materia del contendere. Ed invero, in Italia, la determinazione dell importo del risarcimento da versare a titolo di danni non patrimoniali subiti dalle vittime di sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e dei natanti, è sottoposta allo specifico sistema previsto dall art. 139 del codice delle assicurazioni private (d.lgs. 209/2005). Tale norma prevede, in particolare, parametri quantificatori più ristretti rispetto a quelli utilizzati per danni identici derivanti, però, da altre cause e, inoltre, limita la possibilità per il giudice di adeguare l importo del risarcimento al caso di specie, consentendogli di aumentarlo soltanto di un quinto. Una simile specifica disciplina è apparsa, al Tribunale di Tivoli, di dubbia conformità al diritto europeo, nella misura in cui se da un lato non esclude, per la risarcibilità di un danno derivante da un sinistro stradale, l assicurabilità del danno non patrimoniale, dall altro, non consente la risarcibilità del danno morale. A ben guardare, l art. 139 cod. ass. priv., individuando i criteri e le misure per la quantificazione del risarcimento del solo danno biologico per lesioni di lieve entità derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli, sembrerebbe tradursi in una sostanziale lesione del principio della integralità del risarcimento del danno non patrimoniale, nella misura in cui dà luogo ad una liquidazione ridotta rispetto a quella che si avrebbe applicando gli ordinari criteri elaborati dalla giurisprudenza nazionale. Si osserva, infatti, che un tale specifico meccanismo, prevedendo espressamente soltanto il risarcimento del danno biologico, lascerebbe fuori quello morale, contrastando, così, con l ormai consolidata nozione di danno non patrimoniale come categoria ampia e comprensiva di ogni ipotesi in cui si verifichi un ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, nel cui ambito è possibile isolare singole voci a fini descrittivi, di cui il giudice deve tener conto nella determinazione del danno risarcibile, al fine di evitare vuoti risarcitori. Il lungo percorso giurisprudenziale verso l attuale nozione di danno non patrimoniale Appare doveroso, a questo punto, precisare che l affermazione del richiamato principio dell integralità del risarcimento è il frutto di un articolato iter giurisprudenziale che ha portato al 2

3 definitivo superamento della tradizionale lettura restrittiva della riserva di legge di cui all art c.c., che riteneva configurabile il danno non patrimoniale soltanto in caso di reato. Momento storico fondamentale, pioniere di questo cambio di rotta, è rappresentato dalle sentenze nn e 8828 del 2003, con cui la Corte di Cassazione ha definitivamente svincolato la liquidazione dei danni non patrimoniali dal compimento di un reato, sostenendo che la precedente interpretazione riduttiva dell art c.c. deve essere abbandonata nel vigente assetto dell ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione che, all articolo 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell uomo. Si allarga, pertanto, il raggio di azione della riserva di legge, che viene ad inglobare anche la Costituzione, comportando, conseguentemente, una nuova qualificazione del danno non patrimoniale come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui si verifichi un ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, dalla quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica. I principi espressi dalla Cassazione del 2003 vengono poi ripresi ed ulteriormente precisati dalla nota sentenza delle Sezioni Unite n del 2008, la quale qualifica il danno non patrimoniale come categoria ampia ed omnicomprensiva, all interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva. Si ribadisce, pertanto, l omnicomprensività della categoria del danno non patrimoniale, specificando che le diverse nozioni di danno morale, danno esistenziale e danno biologico costituiscono soltanto delle voci descrittive di cui il giudice deve tenere conto nella determinazione del danno risarcibile, evitando così possibili vuoti di tutela. Diversamente opinando, sostengono le Sezioni Unite, si avrebbe una inconcepibile duplicazione, in quanto si verrebbero a risarcire più volte le medesime lesioni, seppur sotto l etichetta di danni diversi (morale, biologico, esistenziale). In tempi recenti la Cassazione è intervenuta, ancora, con la sentenza n del 2013 con cui ha armonizzato il divieto di duplicazione con la necessità di evitare vuoti risarcitori asserendo che, poiché il danno biologico, il danno morale ed il danno alla vita di relazione rispondono a prospettive diverse di valutazione del medesimo evento lesivo, se è vero che il giudice non deve per ciò solo liquidare automaticamente tutte le singole poste di danno, è altrettanto vero che egli dovrà dare conto di aver tenuto presente i diversi aspetti della fattispecie dannosa, evitando duplicazioni ma anche vuoti risarcitori. La natura unitaria del danno non patrimoniale è stata confermata, recentissimamente, dalla sentenza della Cassazione n. 531 del 14/1/2014, che puntualizza che le espressioni danno esistenziale e 3

4 danno biologico non esprimono distinte categorie di danno, tantomeno l uno può considerarsi una sottocategoria dell altro, trattandosi, piuttosto, di locuzioni meramente descrittive dell unica categoria di danno, che è quella del danno non patrimoniale, da identificarsi nel danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Nel caso di specie la Corte, proprio partendo dal principio affermato dalle S.U. del 2008 secondo cui il carattere omnicomprensivo del risarcimento del danno non patrimoniale non può andare a scapito del principio della integralità del risarcimento medesimo, asserisce che corollario di esso è che il danno biologico (cioè la lesione alla salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane), non costituiscono una conseguenza indefettibile in tema di lesione dei diritti della persona, occorrendo valutare, caso per caso, se il danno non patrimoniale, nella fattispecie concreta, presenti o meno siffatti aspetti. Conformemente ed in applicazione di tali principi la Cassazione afferma in massima che la mancanza di danno biologico non esclude la configurabilità in astratto di un danno morale soggettivo (da sofferenza interiore) e di un danno dinamico-relazionale quale conseguenza, autonoma, della lesione medicalmente accertabile, che si colloca e si dipana nella sfera dinamicorelazionale del soggetto. La recente giurisprudenza ha sottolineato, in più occasioni, che il danno morale, il danno biologico e il danno esistenziale costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili, senza che tali affermazioni si traducano in un ripudio del principio dell unitarietà del danno non patrimoniale (ormai consolidato) in quanto esso, come già chiarito, impone una liquidazione unitaria del danno, ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti (tra le altre Cfr. S.C. n. 9770/2013). Quanto ai criteri di determinazione del danno non patrimoniale, al fine di garantire, quanto più possibile, uniformità di trattamento con riguardo a vicende della medesima natura, si ricorre alle cosiddette tabelle, ovvero all applicazione di criteri predeterminati e standardizzati, fatto salvo, comunque, il potere del giudice di procedere alla personalizzazione del danno in relazione alle peculiarità del caso concreto. Ebbene, tornando alla questione sottoposta alla Corte di giustizia europea, sarebbe proprio tale possibilità di adeguamento del risarcimento al caso di specie a mancare nella disposizione di cui all art. 139 cod. ass. priv., che prevede, di contro, un semplice calcolo matematico. 4

5 Inoltre, come già evidenziato, risulterebbe violato il principio dell integralità del risarcimento del danno non patrimoniale, il quale non dovrebbe trovare differente disciplina in ragione dell evento che lo ha provocato. Dinnanzi ai dubbi di conformità al diritto comunitario sollevati dal giudice del rinvio, la Corte osserva che, se è vero che la particolare disciplina prevista dall art. 139 cod. ass. priv. introduce parametri risarcitori più restrittivi rispetto a quelli ordinariamente applicabili in ipotesi di danni non patrimoniali cagionati da eventi diversi dai sinistri, è altrettanto vero che essa non contrasta in alcun modo con una conforme interpretazione delle direttive 72/166 CEE e 84/5 CEE. Evidenzia la Corte, infatti, che l ordinamento europeo si limita a prescrivere l obbligo di copertura assicurativa dei rischi provocati da sinistri stradali, senza imporre, invece, che i singoli Stati membri adottino identici sistemi di risarcimento. Ed invero, l obbligo di copertura assicurativa è distinto dalla portata del risarcimento, la quale è lasciata alla determinazione del legislatore nazionale. Gli Stati europei, quindi, restano liberi di determinare quali danni debbano essere risarciti, la portata del risarcimento degli stessi e le persone aventi diritto a detto risarcimento. Se ciò è vero, l art. 139 cod. ass. priv. non è altro che la manifestazione di tale facoltà attribuita agli Stati membri, in quanto esso si limita a stabilire le specifiche modalità di determinazione del risarcimento del danno alla persona per lesioni di lieve entità. In altri termini, la suddetta norma individua la portata del diritto al risarcimento dei danni derivanti da sinistri, senza limitarne la copertura assicurativa. Non si rileva, pertanto, alcuna violazione del diritto europeo ma sussiste, al contrario, una perfetta compatibilità tra normativa italiana e comunitaria. La Corte si è, poi, soffermata ad esaminare se, comunque, dalla legge italiana derivi una limitazione sproporzionata del diritto della vittima ad un risarcimento. Infatti, la riconosciuta conformità, al diritto dell Unione, di legislazioni che impongono ai giudici nazionali criteri vincolanti per la determinazione dei danni morali da risarcire, nonché di sistemi specifici, adeguati alle particolarità dei sinistri stradali, va contemperata con l esigenza di impedire che si produca l effetto di escludere d ufficio o limitare in modo sproporzionato il diritto della vittima ad un risarcimento da parte dell assicurazione. Anche in questo caso la risposta della Corte è negativa. Essa evidenzia, infatti, che la previsione, ai fini della determinazione dell importo del risarcimento del danno immateriale di lieve entità, di elementi di calcolo diversi rispetto a quelli normalmente utilizzati, non determina una compromissione del diritto della vittima al risarcimento. Ed invero, dall esame del fascicolo 5

6 disposizione della Corte, non emerge nessun indizio in tal senso. Al contrario risulta innanzitutto che un risarcimento è accordato; poi che il metodo di calcolo più restrittivo previsto ai fini di tale risarcimento si applica solo ai danni risultanti da lesioni corporali di lieve entità; e, infine, che l importo risultante da tale calcolo è proporzionato, in particolare, alla gravità delle lesioni subite e alla durata dell invalidità provocata. La Corte conclude, pertanto, nel senso dell inesistenza di un pregiudizio della garanzia, prevista dal diritto dell unione, in base alla quale la responsabilità civile risultante dalla circolazione dei veicoli deve essere coperta da un assicurazione conforme alle direttive. In conclusione, con la pronuncia in commento, la Corte di Giustizia se da una parte ha ribadito l obbligo per gli Stati membri di provvedere alla copertura assicurativa della responsabilità civile derivante da sinistri, dall altra, ha riconosciuto la possibilità per gli stessi di determinare autonomamente l entità del risarcimento in relazione alla consistenza della lesione subita a seguito di incidenti stradali. In breve, la Corte di Giustizia salva le tabelle per il calcolo delle lesioni micropermanenti. 6