Corso di alta formazione tecnologie libere ed open source. APPUNTI DI DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELLE NUOVE TECNOLOGIE. Avv.
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- Vanessa Pala
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1 Corso di alta formazione tecnologie libere ed open source. APPUNTI DI DIRITTO DELL'INFORMATICA E DELLE NUOVE TECNOLOGIE Avv. Nuccio Cantelmi 1
2 2008 Nuccio Cantelmi Quest'opera è rilasciata nei termini della licenza Creative Commons, attribuzione, non commerciale, condividi allo stesso modo V. 2.5 (CC BY NC SA). Il testo della licenza è reperibile all'url: 2
3 Premessa. Il presente lavoro è il frutto dell'esperienza di divulgazione del Floss (free libré open source software) in diverse sedi tra cui il corso di laurea in Informatica Giuridica presso la facoltà di Giurisprudenza dell'università di Catanzaro. Esso non ha alcuna pretesa di completezza o di esaustività limitandosi, in maniera molto sintetica, a voler coniugare gli aspetti giuridici con quelli eminentemente tecnici, sociali, economici e culturali. In effetti, un approccio monotematico e unidirezionale non è in grado di cogliere la pienezza del movimento che sostiene il software libero e la trasversalità degli effetti della sua adozione nei vari settori della vita quotidiana: dal lavoro allo studio, dallo svago all'intrattenimento, dalla azienda alla pubblica amministrazione. L'intento della trattazione che segue è quello di guidare i giovani ricercatori di questo corso nella comprensione degli aspetti generali del fenomeno, nella convinzione che possano proseguire nel cammino della libera condivisione e della diffusione del sapere. Nuccio Cantelmi 3
4 L'informazione. Il sistema economico attuale sta attraversando un periodo di transizione. Fino a poco tempo fa, l'economia era basata sulla produzione materiale di beni o servizi legati ai beni. Questo paradigma è strettamente legato ad un aspetto sociologico fondamentale: il possesso di cose materiali come indicatore di successo sociale. Nella seconda metà del 20 secolo, però, lo sviluppo delle tecnologie di trasmissione dati e l'abbassamento radicale del costo dei dispositivi tecnologici, hanno reso evidente l'importanza, sotto il profilo economico, dell'informazione pura. L'informazione non è altro che il mezzo di trasmissione della conoscenza. Precisamente, ogni singola informazione rappresenta il contenuto minimo del contributo cognitivo. Oggi, misuriamo l'informazione in bit, ovvero trasformiamo il dato immateriale in qualcosa di misurabile e tangibile. Eppure, la conoscenza rappresenta pur sempre qualcosa di impalpabile e di etereo che non può essere rinchiusa in contenitori ermetici. Nonostante ciò, siamo oramai abituati a sentir parlare di proprietà intellettuale, ovvero della possibilità di dichiararsi o di essere riconosciuti padroni di un contenuto di conoscenza o, come forse è più corretto affermare, di un contenitore di conoscenza. La proprietà intellettuale. Cos'è la proprietà. Secondo il diritto civile essa è la massima forma di appartenenza giuridica e si concreta nel diritto di escludere tutti gli altri (ius excludendi omnes alios) dal rapporto privilegiato con il bene oggetto di titolarità. Va da sé che questo modello di stretta relazione uomo-cosa si traduca, nell'esperienza comune, nella materiale apprensione di una cosa: sono riconosciuto proprietario di qualcosa che posso controllare e, in qualche modo, impedire ad altri di venirne in contatto. Appare evidente che parlare di proprietà di cose immateriali, dunque, significa parlare di una finzione giuridica in base alla quale è possibile divenire proprietari di cose che non esistono. Questo concetto è quanto mai astruso nel diritto di estrazione romanistica, legato ad una concezione di 4
5 proprietà quale suprema espressione del meum est. Nei paesi anglosassoni, invece, il concetto di proprietà si lega anche a situazioni o rapporti giuridici molto diversi tra loro. Ad esempio, si parla comunemente di proprietà di un credito, sovrapponendo titolarità e diritto di proprietà. Una fictio iurus, dunque, la finzione di poter apprendere un bene immateriale. Il concetto di proprietà intellettuale si estende anche al campo del brevetto, del marchio e del disegno industriale. Alcuni, però, preferiscono parlare di proprietà industriale (vedi codice della proprietà industriale) per quanto concerne patenti, brevetti e marchi, mentre la proprietà intellettuale pura dovrebbe individuare il solo diritto d'autore. Il brevetto. Il brevetto è il riconoscimento di un monopolio nella produzione e commercializzazione di una invenzione, con carattere del tutto temporaneo. Il monopolio legale nasce per una forma di pubblicità che consiste nella presentazione della domanda di brevetto e nel suo ottenimento, previa verifica della presenza di alcune caratteristiche. In cambio del monopolio, però, l'inventore è tenuto a disvelare le caratteristiche tecniche e costruttive della propria invenzione industriale. Affinché possa concedersi brevetto occorre che l'invenzione sia implichi un'attività inventiva e che abbiano una concreta applicazione industriale. I caratteri salienti dell'invenzione sono, quindi, la novità, l'industrialità e la liceità. Un'invenzione è nuova se non è presente nello stato della tecnica, ovvero se non sia mai stato reso pubblico, in precedenza, il contenuto dell'invenzione. Un'invenzione ha carattere inventivo se, per una persona esperta nel ramo, essa non risulti ovvia, ovvero sia necessario uno sforzo intellettivo particolare che innalzi il prodotto al di sopra dello stato della tecnica corrente. L'industrialità consiste nella concreta possibilità di ricadute applicative dell'oggetto di invenzione, ovvero se questo può essere prodotto o fabbricato. All'atto della presentazione della domanda di brevetto, l'inventore deve presentare una descrizione 5
6 tecnica del prodotto d'ingegno. La presentazione della domanda conferisce priorità nello sfruttamento e nella commercializzazione. La durata del privilegio concesso dalla legge è di venti anni dalla presentazione della domanda di brevetto, cessati i quali l'invenzione risulta liberamente disponibile per la produzione e la commercializzazione. Il Diritto d'autore (DDA). Il diritto d'autore nasce come struttura giuridica di protezione delle idee nel primo 18 secolo. Lo statuto della regina Anna (1710), rese il Regno Unito il primo stato a dotarsi di una disciplina organica del dda. Quali sono le ragioni di fondo della disciplina giuridica del dda? Proteggere i diritti dell'autore di un'opera rappresenta, nell'intendimento del legislatore, il miglior modo per invogliare l'umanità a creare arte e conoscenza, mettendola così a disposizione della collettività e contribuendo, in questo modo, alla crescita individuale e collettiva (art 2 Cost). La legge italiana sul DDA risale, nella sua originaria stesura, al 22 aprile 1941, legge n Essa è stata novellata e rimodellata più volte. Nel corso degli ultimi dieci anni, gli interventi di novella superano la decina. Eppure, la sua struttura originaria non è stata intaccata. Le modifiche, come meglio vedremo in seguito, hanno riguardato aspetti non prioritari della legge, riuscendo comunque a stravolgerne il senso pristino. Innanzitutto, qual'è l'oggetto della tutela della legge? Risposta immediata: la legge 633 tutela le opere dell'ingegno di carattere creativo. Semplice, anzi no. Cos'è un'opera? Essa è l'estrinsecazione del pensiero umano in una forma artistica. L'arte è la chiave di codifica del linguaggio universale che ogni uomo è capace di recepire. L'arte è il veicolo attraverso cui valori umani vengono trasmessi e possono essere metabolizzati. 6
7 Ovviamente, ogni opera ha bisogno di un sostrato materiale per essere oggetto di contemplazione o conoscenza, altrimenti, essa resta dominio esclusivo del suo creatore ed è inidonea ad essere condivisa. Dunque, un'opera di ingegno deve avere carattere materiale. Il momento di fissazione dell'opera su supporto materiale fa nascere, in capo all'autore, i diritti riconosciuti dalla legge. La titolarità del dda, quindi, è sostanzialmente una res facti. Nella sua struttura di base il dda poggia su due pilastri. La base del dda. Il primo è il diritto morale, il secondo è il diritto patrimoniale. Il diritto morale (artt 20 e ss Lda) è una situazione giuridica originaria e personalissima, inalienabile, che concede all'autore il diritto di rivendicare la paternità e di opporsi a modificazioni, deformazione o deturpazione dell'opera. Il diritto morale non si estingue in caso di cessione del diritto patrimoniale sull'opera. Il diritto patrimoniale (artt. 25 e ss Lda) corrisponde all'utilizzazione economica dell'opera. Lo sfruttamento economico dell'opera si protrae per tutta la vita del creatore e per settanta anni dalla sua morte. Il diritto patrimoniale è trasmissibile inter vivos e mortis causa. Questi sono i due pilastri del dda. Le privative. Su questi due capisaldi si innestano una pluralità di situazioni giuridiche riconducibili all'atto della creazione dell'opera. A mio modo di vedere si può parlare non di diritti ma di facoltà, al pari delle facoltà del comune proprietario, ad esempio: l'uso, il non uso, la distruzione della cosa etc... Queste facoltà sono: prima pubblicazione (art 12), riproduzione (copia) (art 13), trascrivere (art 14), rappresentare (art 15), diffusione a distanza o per mezzo radiofonico o televisivo (art 16), 7
8 commercializzazione (art 17), traduzione, noleggio (art 18). Queste facoltà sono proprie del titolare dei diritti sull'opera. Esse sono definite privative e sono la massima rappresentazione del potere dell'autore sull'opera. Le privative sono ciò che rende protetta per legge un'opera. Ovviamente, ciascuna delle facoltà riconosciute all'autore può essere oggetto di transazione commerciale, ovvero cessione a titolo oneroso di una o più di esse. Libere utilizzazioni. A fronte delle privative, la legge riconosce alcuni limitati momenti di libertà definite libere utilizzazioni (artt. 65 e ss LDA). Esse consistono in eccezioni al potere di privativa. Le libere utilizzazioni si associano al concetto di fair use statunitense ed a quello di fair dealing anglosassone. In particolare, il primo ha cominciato ad essere usato ed invocato anche nei paesi europei e la direttiva Ipred1 (2004/48/CE), pare averne recepito i 4 valori fondamentali: 1) L'oggetto e la natura dell'uso, in particolare se ha natura commerciale oppure didattico e senza scopo lucrativo. 2) La natura dell'opera protetta. 3) La quantità e l'importanza della parte utilizzata in rapporto all'insieme dell'opera protette. 4)Le conseguenze di questo uso sul mercato potenziale o sul valore dell'opera protetta. In altre parole, è possibile per chiunque superare le riserve di privativa ed avere libero accesso ad un'opera a patto di rispettare i quattro punti di cui sopra. Di recente, è stato novellato l'art 70-bis nel punto in cui prevede la libera riproducibilità di opere d'arte purché la copia diffusa abbia un carattere degradato di qualità rispetto l'originale. Tra le più importanti libere utilizzazioni, possiamo citare la libera riproducibilità di un articolo di carattere economico, politico o religioso (salvo che tale diritto non sia espressamente riservato), per ragioni di critica, revisione. È, in genere, libera la riproduzione di opere fatta con mezzi che non consentano lo spaccio (art 68 8
9 LDA) o la diffusione al pubblico. Un esempio è la reprografia, ovvero la fotocopia, che è libera fino alla concorrenza del 15% di un'opera e dietro il pagamento di un contributo agli autori per mezzo Siae. La più importante delle libere utilizzazioni è quella espressa dall'art 71-sexies LDA, in forza del quale è consentita la riproduzione per uso privato di videogrammi, fotogrammi e programmi per elaboratore. Si tratta della dottrina della cosiddetta copia privata. In buona sostanza, è liberamente consentito effettuare una copia di salvataggio (backup) dell'opera legittimamente detenuta. Ovviamente, a fronte di questa facoltà è riconosciuto il diritto ad un compenso per l'autore. Il compenso viene versato in maniera indiretta, attraverso una tassa apposta su tutti i dispositivi di registrazione o memorizzazione. Ogni qual volta acquistiamo un cd, un dvd, un computer o un videoregistratore, paghiamo un prezzo maggiorato di una tassa corrispondente al tipo di supporto. Per cd e dvd, questa tassa a quasi duplicato il costo di mercato. Il paradosso sta nel fatto che la tassa viene pagata anche se su quel supporto non vengono fissate opere coperte da DDA oppure se non venga utilizzato per il backup di opere tutelate. I diritti connessi. Con il tempo, altre situazioni giuridiche, ulteriori rispetto quelle dell'autore, sono riuscite a ritagliarsi uno spazio in seno alla normativa dda. Si tratta di interessi peculiari, come quello del produttore di fonogrammi, artisti, interpreti ed esecutori, il produttore di opere cinematografiche o audiovisive (ad. es. format televisivo). La presenza di ulteriori fattori di protezione, oltre il diritto dell'autore, comporta un intensificazione delle aspettative di tutela a tutta compressione degli interessi dell'utente/fruitore di un'opera. Il diritto connesso degli interpreti, ad esempio, secondo recenti proposte di legge potrebbe essere esteso a 95 anni la prima pubblicazione o fissazione. La tutela civile del dda. 9
10 La moderna legislazione offre strumenti molto importanti di tutela civilistica. Il più importante di questi è l'actio inibitoria (artt 163 e ss LDA). Il soggetto che si ritenga leso nel suo DDA può chiedere, in via cautelare, che qualsiasi violazione sia interrotta, intervenendo anche nei confronti di intermediari. Secondo il dettato dell'art 161 LDA, è possibile chiedere il sequestro delle cose che si ritengono violazione della legge. Il fattore innovativo della protezione civilistica del DDA è rappresentato dal cosiddetto enforcement. L'espressione è dovuta ad una direttiva comunitaria, la Ipred1 (Intellectual proprerty enforcement directive 48/2004/CE), il cui scopo è stato quello dell'armonizzazione di alcuni aspetti del DDA europeo, con particolare riguardo alla tutela civilistica. Con la legge di recepimento (legge 140/2006) la LDA è stata novellata con l'introduzione degli articoli 156 e ss. La particolarità dell'enforcement consiste nel poter beneficiare di una procedura giudiziale agevolata per reprimere le violazioni del DDA. Chi ha ragione di temere la violazione e può presentare al giudice seri elementi sulla fondatezza della propria domanda, può ottenere che il giudicante ordini l'esibizione o la produzione della prova alla controparte (inversione dell'onere della prova). Può chiedere, altresì, che siano fornite informazioni sulle reti di distribuzione o prestazione servizi. Queste informazioni possono essere richieste anche ad ogni altra persona implicata nel traffico di materiale coperto da DDA. (Caso Peppermint). La tutela penale del DDA. La violazione del DDA comporta una serie di sanzioni penali. La detenzione, la commercializzazione, l'importazione ed altre condotte tipizzate di materiale coperto da DDA, porta come conseguenza l'applicazione di una pesante sanzione edittale, accompagnata da multa e sanzioni accessorie. Particolare rilevante è il fatto che alcune norme di penalizzazione puniscano la mancata apposizione del cosiddetto Bollino Siae (contrassegno). La Corte di Giustizia Europea ha recentemente sancito la illegittimità della normativa italiana in materia. 10
11 Le fattispecie delittuose indicate dagli artt 171 e ss LDA, sono condite da un elemento soggettivo caratterizzato da un fattore di specialità: esso è il fine di lucro o di profitto. Lo scopo di lucro, associato alla fattispecie incriminatoria, comporta che la condotta tipica del delitto sia caratterizzata dalla volontà di arricchimento. Ben diverso appare il fine di profitto (previsto dall'art 171 ter per la duplicazione del software), in forza del quale il semplice mancato esborso economico può rappresentare elemento significante del fatto di reato. La questione è divenuta di particolare interesse allorquando nel 2004 il Ministro Urbani propose un decreto (poi convertito nella legge 128/04) nel quale si modificava l'art 171-ter LDA nel punto in cui le fattispecie descritte venivano assistite da fine di lucro, disponendosi, in sostituzione, che esse fossero punibili alla soglia del fine di profitto. Questa variazione, associata ad uno dei primi casi internazionali di legislazione punitiva dello scambio di files tutelati su reti P2P, aveva reso passibili di sanzione penale quasi tutte le condotte di scambio, duplicazione o riproduzione di opere per uso non personale. Il Decreto Urbani è stato poi modificato dalla legge 43/2005. Le misure tecnologiche di protezione. La ricezione della direttiva 2001/29/CE (Dlgs 68/2003) ha prodotto un vigoroso scuotimento della legge 633. In particolare, tra le novità più significanti vi è l'introduzione della disciplina giuridica delle cosiddette Misure tecnologiche di protezione (MTP). Di cosa di tratta. In buona sostanza, viene riconosciuto al titolare dei diritti di sfruttamento economico la possibilità di limitare l'accesso all'opera attraverso dei dispositivi tecnologici. Questi dispositivi sono tanto hardware che software. Un esempio ne è la cd. regionalizzazione dei cd o dvd. In pratica, un film su supporto digitale acquistato in America, non funzionerà su un lettore acquistato in Europa e viceversa. Per cui, se acquistiamo in America il film che non riusciamo a trovare nel catalogo del nostro rivenditore di fiducia, non avremo la possibilità di goderne. 11
12 Le MTP si sono notevolmente sviluppate nel corso degli ultimi cinque anni, dando vita ad un fiorente mercato. In particolare, i sistemi più diffusi sono i cd DRM ed il Trusted Computing. DRM sta per digital right management, ovvero gestione dei diritti digitali. Si tratta di una serie di restrizioni all'accesso all'opera che possono limitare o impedire, ad esempio, la copia, la riproduzione con supporti o dispositivi diversi da quello su cui originariamente l'opera è fissata o da quello specificamente prescelto dal produttore. I DRM sono solitamente associati ai files multimediali (musica o cinema) e possono impedire la masterizzazione su supporto ottico. In questo senso, i DRM si pongono in netto contrasto con quanto previsto dall'art 71-sexies LDA che consente la copia di riserva di un'opera legittimamente posseduta. Le MTP hanno, però, un lato oscuro. Innanzitutto, l'art 102-quater descrive le misure tecnologiche di protezione come efficaci per principio di legge. Ciò comporta che la violazione delle stesse, penalmente sanzionate, può incorrere anche quando la MTP non sia realmente efficace o presenti caratteristiche tecniche tali da essere idonea all'uso ed allo scopo preposto. Questa disposizione ha messo a rischio uno dei settori della ricerca scientifica più promettenti, ovvero la crittografia. Essa consiste nella scienza della cifratura, ovvero nell'arte di nascondere i documenti in modo che essi non possano essere conosciuti da chi non sia previamente autorizzato. Questo settore è fondamentale, ad esempio, quando si parla di firma digitale. La lettera h) del 1 comma dell'art 171-ter LDA, inoltre, punisce chiunque comunica o mette a disposizione del pubblico materiale dal quale siano state rimosse le MTP. Non poco dubbio è stato sollevato da questa disposizione. Mettiamo il caso che io scopra un difetto nel funzionamento di un sistema coperto da MTP e decida, nel corso della mia attività di ricercatore scientifico, di realizzare una pubblicazione sull'argomento. Ebbene, in questo caso sarei passibile di concorso nel reato di cui sopra, oppure potrei essere accusato di favoreggiamento, di associazione per delinquere o di 12
13 ricettazione. Il rischio è che la ricerca scientifica nel settore informatico possa essere drasticamente limitata. Ma ci sono altri aspetti addirittura più inquietanti. Uno dei sistemi DRM più in uso è quello di accludere al file multimediale un appendice software che sia in grado di attivarsi al momento della fissazione del file sul disco dell'utente. Questo applicativo si metterà in contatto con il produttore dell'opera per avvisarlo di eventuali abusi o violazioni. Già che c'è, però, il dispositivo controlla il disco dell'utente per verificare se non vi siano altri abusi o violazioni e trasmette tutte le informazioni (tutte) che vuole al server del produttore. Da più parti si è levato un grido di protesta avverso questo metodo di controllo che non garantisce la privacy dell'utente e che rende il computer del ricevente esposto all'intrusione di chiunque abbia la malizia di sfruttare queste tecnologie. Vedi il caso Sony-Bmg. Le MTP, infine, limitano o impediscono la copia dell'opera, di fatto annullando la possibilità di copia privata prevista dall'art 71-sexies. Il paradosso è che se il legittimo titolare del diritto di copia privata provi ad aggirare le MTP infrangerebbe l'attuale legislazione. Del TC discuteremo in seguito trattando del software. Il principio di esaurimento. Il principio di esaurimento o clausola di primo uso (first sale doctrine), rappresenta uno dei modi di estinzione del diritto di sfruttamento economico sull'opera. In buona sostanza, con la prima vendita del supporto che contiene il prodotto d'ingegno, il diritto dell'autore si esaurisce, non potendo costui opporsi ad ogni ulteriore passaggio del bene. Successivamente al primo acquisto, dunque, l'opera può essere ceduta, prestata, distrutta ad libitum. Non tutte le privative, però, si esauriscono. La riproduzione, ad esempio, è sempre soggetta al diritto dell'autore (vedi reprografia). Il diritto morale, invece, non viene interrotto della prima vendita. Occorre evidenziare che con il Dlgs 68/2003, è stata introdotta una eccezione al principio di esaurimento. Il terzo comma dell'art 17 LDA prevede che questo non si applichi alla messa a 13
14 disposizione di opere in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelto individualmente. La lettura più corretta di questo comma, vuole che opere prive di supporto materiale siano sempre seguite dal DDA nonostante la prima vendita. Ciò comporta che la distribuzione on line di musica, film o software non cade sotto l'effetto del disposto del primo comma. Il risultato può essere particolare: nonostante un utente abbia acquistato legittimamente un brano musicale, egli non ne è ritenuto titolare, potendo il fornitore pretendere il pagamento di una licenza a tempo o a scadenza, rinnovabile o meno. Il pubblico dominio. Uno dei temi meno conosciuti in materia di DDA è quello del pubblico dominio. In cosa consiste. Alla scadenza del periodo in cui la legge riserva all'autore o al titolare del diritto l'esercizio delle privative, l'opera entra in uno stato di assoluta disponibilità da parte di quisique de populo. Copia, riproduzione, modificazione, derivazione e rappresentazione, divengono improvvisamente disponibili per chiunque senza temere rappresaglie da parte di chi detenga i diritti sull'opera. Nel corso dell'ultimo secolo, per evitare che opere in scadenza del DDA potessero entrare nel pubblico dominio, la durata del periodo di privativa è stata progressivamente ampliata fino agli attuali 70 anni dalla morte dell'autore (o dell'ultimo degli autori in caso di opera collettiva) e 95 dalla creazione dell'opera in caso di società. Un'opera può ricadere nel pubblico dominio anche per espressa disposizione dell'avente titolo. Il caso più emblematico è stato il gesto di assoluta nobiltà di Sir Tim Barners Lee, l'inventore della moderna internet, il quale ha rifiutato ogni forma di privazione sulla sua creatura intellettuale, regalando all'umanità la possibilità di crescere nella comunicazione, nella connessione e nella conoscenza. La teoria dei Commons. 14
15 Questa è una teoria giuridica di matrice anglosassone che trova molto riscontro nella più moderna dottrina giuridica statunitense, espressa magistralmente dal prof. Lawrence Lessig. I Commons sono risorse comuni a cui l'intera collettività ha diritto di accedere ed usufruire. In un certo qual senso, i commons sono il collante materiale della società cui ogni singolo individuo deve poter beneficiare al momento del bisogno. Le strade, ad esempio, rappresentano un ottimo commons. Esse appartengono alla collettività, sono gestite da un ente pubblico ed esistono regole che consentono al cittadino di poterne fruire in piena libertà nel rispetto di alcune prescrizioni di condotta. Altri esempi potrebbero essere l'acqua, l'aria atmosferica, l'energia del sole. Parimenti, sono risorse condivisibili la giustizia e la solidarietà. Rappresentano un commons l'informazione e le idee. Una società ha bisogno di poter attingere a risorse comuni. In esse, la collettività si riconosce e si qualifica come tale. Per questo motivo, l'ordinamento giuridico deve prevedere delle regole che garantiscano ed assicurino la parità di accesso e di fruibilità. Alla teoria dei commons è stata associata la teoria dei layers (strati). In buona sostanza, ogni commons si presenta secondo diversi strati di fruizione. Il primo strato è quello fisico, ovvero il mezzo materiale di godimento del commons. Il secondo è quello del codice, ovvero dell'insieme di regole autonome o eteronome che presiedono alla gestione del commons. Il terzo è quello del contenuto, ovvero l'espressione di vantaggio o di utilità del commons per il contesto sociale di riferimento. Facciamo un esempio. Le strade sono un commons. Al livello dello strato fisico, esse sono materialmente accessibili da chiunque. Al livello del codice, esiste una regolamentazione dettagliata che indica cosa e come accedere alla risorsa (codice della strada). Al livello del contenuto, occorre guardare al contesto 15
16 sociale che si crea attorno alla risorsa comune: case, negozi, attività commerciali, enti pubblici; ma anche: autovetture, semafori, cartelloni pubblicitari. Il medium è messaggio di comunicazione e di interscambio sociale. Internet è un commons. Al livello fisico, esso si presenta come un insieme di dispositivi tecnologici capaci di connettersi tra loro. Questi dispositivi appartengono a privati. Al livello del codice, la rete si presenta una babele di linguaggi tenuti insieme da un protocollo di comunicazione che ne assicura la interoperabilità. Al livello del contenuto, internet è ciò che tutti noi conosciamo: la forma più evoluta di connettività. Le idee e la conoscenza sono esse stesse un commons. Esse sono libere ed immateriali al livello fisico. Sono libere e fruibili al livello del codice (non c'è legge che impedisca la libera circolazione delle idee). Sono importanti soprattutto al livello del contenuto. Per questa ragione, il legislatore dispone che il regime di esclusiva del creatore di un'opera sia limitato nel tempo: viene concesso periodo nel quale l'autore può beneficiare del risultato economico del proprio sforzo creativo, decorso il quale l'opera torna nella libera fruibilità collettiva. Purtroppo, nel corso dell'ultimo secolo (dell'ultimo cinquantennio, in particolare) i termini di durata del copyright sono stati progressivamente ampliati. Attualmente, settanta anni dalla morte dell'autore sono un periodo molto lungo, eppure esistono delle spinte lobbistiche ad ulteriori estensioni (vi è, finanche, chi proclama che il copyright debba essere eterno). Oltre la legge, è la tecnologia che pone seri ostacoli alla libera circolazione delle idee. Una MTP, infatti, può di fatto chiudere la scatola nella quale è contenuta un'idea e renderla inaccessibile per un tempo illimitato. 16
17 Il software. Espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni in qualsiasi forma e su qualsiasi supporto capace di far eseguire direttamente o indirettamente o far ottenere una funzione o un compito o di far ottenere una funzione particolare per mezzo di un sistema di elaborazione elettronica dell'informazione. (Definizione Wipo, Canberra aprile 1984). Nei primi anni '80 dello scorso secolo, viene avvertita, a livello internazionale, l'esigenza di dare una veste giuridica al software. Il primo scoglio da superare è stato quello di individuare in quale categoria giuridica far rientrare i programmi per elaboratore. Le alternative di fatto erano ridotte a due: l'invenzione industriale o l'opera di ingegno. La via scelta è stata la seconda. Pertanto, il software viene compreso sotto l'egida del DDA (Direttiva 91/259/CEE). Un programma per computer è scritto in un linguaggio che ha regole e semantica proprie di un formalismo. La scrittura di espressioni significanti per indurre la macchina ad eseguire determinate operazioni è definita codice. Il codice realizzato dallo sviluppatore del programma è definito codice sorgente. Il sorgente è la versione intellegibile del linguaggio informatico. Esso è comprensibile dagli altri sviluppatori che possono studiarlo, copiarlo e modificarlo. Per essere reso comprensibile al computer, però, è necessario che questo linguaggio venga tradotto da un apposito dispositivo, definito compilatore, che converte il linguaggio umano in linguaggio macchina. Questo è il codice oggetto o eseguibile. Esso non è comprensibile all'uomo. L'assunto di fondo è che il codice sorgente, in quanto scritto dall'uomo, sia assimilabile all'opera 17
18 letteraria. Pertanto, l'accostamento con il DDA è venuto quasi naturale. In Italia, la prima legge di tutela del software risale al 1992, il Dlgs 518. Esso innovava la legge 633/41, in particolare, con l'introduzione degli artt 64-bis e ss. La sezione della LDA specificamente dedicata al software si apre con la descrizione delle privative tipicamente dedicate al creatore del programma. Esse consistono nella possibilità di effettuare o autorizzare la riproduzione, la modificazione e la distribuzione al pubblico in qualsiasi forma. Il concetto di riproduzione può suscitare qualche tipo di ambiguità. Nel linguaggio comune, infatti, riprodurre è sinonimo di copiare. Anche per la legge 633 questa definizione è valida (vedi art. 13 LDA). Per il software, però, questa nozione può dare adito a fraintendimenti. Riprodurre un programma, infatti, significa caricare le istruzioni del codice oggetto dello stesso sulla memoria della macchina in modo tale che questa possa restituire un output in forma di interfaccia grafica, che rappresenta l'area di lavoro per l'utente. Dunque, quando parliamo di software, riprodurre vuol dire sia duplicare che eseguire il programma. In realtà, tanto la riproduzione (intesa come esecuzione) che la modificazione possono essere liberamente eseguite, salvo patto contrario. Questo ci introduce nel discorso relativo al regime di circolazione del software. La licenza d'uso. Per solito, le modalità di diffusione del software sono due. La prima è il contratto di sviluppo, la seconda è la licenza d'uso. Il contratto di sviluppo è inquadrato nella categoria della prestazione d'opera intellettuale ed è assimilabile nulla più che ad un contratto d'appalto. Di solito, però, il software circola attraverso licenza d'uso. La dottrina universa tende a considerarla alla stregua della locazione operativa. Questa licenza viene associata al software commercializzato in pacchetti, in confezione o in bundle, 18
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