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3 XOMEGAP E-BOOK 1ª EDIZIONE OTTOBRE 2012 IMPAGINAZIONE E GRAFICA ELENA BERTACCHINI MULTIPSICO studio info@multipsico.org

4 10.12 INDICE La Cassetta degli Attrezzi RACCONTI Romagnoli Raffaella Dire Fare Baciare Lettera Testamento Sacchi Francesca Sole e Luna Sernesi Enrico In Missione Bonacini Angela - Olimpo De Marino Imma - Il Babbo mio Simonini Silvia - La Vittoria... per voi

5 LA CASSETTA DEGLI ATTREZZI La creatività e il bisogno di comunicare le proprie idee sono il primo impulso della scrittura. Per questo bastano un semplice pezzo di carta e una penna. Non è sufficiente se invece vogliamo spingerci oltre e abbracciare l infausta idea di fare gli scrittori. Servono tecnica e trucchi per rendere i nostri testi estremamente buoni. Ogni autore valuta i propri testi già ottimi e questo accade per due motivi. Il primo, come dice il buon Max, è che ogni aspirante scrittore ha fatalmente un basso potere di autocritica il secondo è una scarsa conoscenza dei meccanismi e delle regole che guidano la scrittura. Nonostante ciò che molti pensano, la scrittura creativa ha canoni abbastanza precisi. Queste regole possono essere infrante e manipolate, ma solo se si conoscono. Le regole ci permettono di avere il controllo sul nostro testo quando esso, nella nostra foga creativa, si anima ribellandosi alla nostra stessa volontà. Un corso di scrittura ha proprio questo scopo. Deve fornire ai partecipanti una cassetta degli attrezzi che permetta di lavorare in modo oggettivo su un testo. A questo va aggiunto un lavoro di confronto fatto sullo scritto, passaggio fondamentale per il miglioramento dell autocritica. Un lavoro che faccia capire allo scrittore dove si nascondono le debolezze dei suoi scritti in modo che possa lavorare al loro miglioramento. Questa l idea su cui si è basato il primo corso di scrittura di Xomegap. Un corso che ha prodotto i racconti raccolti in questo ebook. Non pensiate che i racconti che leggerete siano stati banalmente pensati e scritti. Dietro a ognuno di essi c è stato un grande lavoro di ideazione e riscrittura. Nello scrivere gli autori hanno applicato alcuni degli strumenti appresi nel corso cercando di comprendere quali fossero maggiormente efficaci e adatti al tipo di racconto che avevano intenzione di scrivere. Vedere i testi evolvere e mutare è stato molto emozionante. Leggerli adesso rispetto alla loro fase embrionale ci rende soddisfatti del lavoro svolto. Lasciamo quindi la parola ai racconti, ringraziando tutti per il lavoro svolto e per la passione e l impegno messi in questo laboratorio di scrittura.

6 RACCONTI

7 DIRE FARE BACIARE LETTERA TESTAMENTO Cielo terso, aria gelida. Non so per quale motivo ho la strana convinzione che ai funerali debba piovere. Forse l idea generalizzata che la pioggia e il tempo grigio ben si addicono alla tristezza. Invece la luce del sole, soprattutto quella di un pomeriggio di dicembre inoltrato, evidenzia con maggiore intensità le espressioni dei volti e rende la situazione che si sta svolgendo come la scena di un film. La gente del paese è tutta presente. E un tacito dovere partecipare all ultimo saluto di un compaesano. Sono tutti sparsi lungo il percorso che porta alla chiesa, come se ciascuno sapesse esattamente dove stare, in ordine. Ci sono persone che non vedo da anni, sono quelle che incontri solo in determinate occasioni come matrimoni, battesimi e appunto funerali. Alcune le riconosco subito, per altre devo fare uno sforzo di memoria tanto i segni del tempo le hanno cambiate. Non riesco a stare concentrata sul defunto. L obiettivo non dovrebbe essere questo? Pensare intensamente al compianto? Un meccanismo di autodifesa emozionale scatta in me tutte le volte che partecipo a una situazione tragica. Inizio a osservare le persone e le cose che mi circondano e cerco particolari, dettagli, elementi che stonano nel quadro generale. E il senso del dovere che mi ha spinta a essere presente? Volevo bene a Maria, ma non la vedevo da un paio d anni; l ultima volta aveva faticato a riconoscermi. Mi dava del lei come se fossi stata un estranea e continuava a ripetere le stesse frasi, una litania senza fine, sussurrate e poi urlate e poi di nuovo sussurrate. Il deperimento della sua mente mal si sposava con il suo corpo ancora vivo e forte. Era in qualche modo morta allora. Una parte dell elaborazione del lutto l avevo già affrontata. La percezione di oggi è quella di espletare delle formalità. L atto finale. Ma forse anche questa considerazione è legata all astrazione dalla situazione reale che sto cercando. Partecipo fisicamente eppure voglio assistere dall esterno, come se stessi osservando la scena da lontano. Quando entro nella piccola chiesa del paese mi accorgo di quanto sia stata trascurata. Le pareti sono in più punti rovinate dall umidità, il resto presenta un colore sbiadito. La luce delle candele elettriche ha sostituito quella delle candele di cera e crea una macabra atmosfera. Fa freddo. Il silenzio dovrebbe essere parte del rito, invece tutti vociferano, chiacchierano, si salutano in una profusione di baci e abbracci. Quelli che dovrebbero essere mesti sorrisi di condoglianze mi appaiono sguaiati scambi di convenevoli, inappropriati. Mi siedo su una delle panche, verso il fondo, una reminiscenza di rispetto religioso mi impone di restare in disparte, non posso essere considerata un assidua frequentatrice di messe e non mi sentirei a mio agio in prima fila. I posti migliori sono per i parenti stretti. La figlia e i nipoti, in questo caso. Vedo Matilde, saranno passati sei o sette anni dall ultima volta in cui ci siamo incontrate. Noto una marcata somiglianza con Maria. Invecchiando sembra assumere la sua stessa espressione, in particolare l angolo degli occhi rivolto verso il basso, la bocca imbronciata mentre è assorta. Mi chiedo per quale motivo abbia deciso di scrivermi per comunicarmi il decesso, soprattutto in considerazione del fatto che i miei vivono nello stesso borgo di Maria e mi hanno avvisata immediatamente. Forse, visto il momento di dolore, ha riesumato il ricordo di quando da piccole giocavamo assieme nel giardino di sua nonna. Allora eravamo amiche. Una delle tante amicizie di infanzia che si è persa nel tempo e nei meandri delle scelte di vita, così, senza una ragione. Una mail. 1

8 Volendo essere pignola, visto il contesto, avrebbe dovuto spedirmi una lettera scritta a mano in bella calligrafia. Anche se probabilmente mi sarebbe arrivata dopo la celebrazione. Di sicuro non si è persa in convenevoli: La nonna è morta, il funerale è domani alle due e mezza, ci sarai? Rispondo: Ho saputo, mi dispiace davvero tanto, ti abbraccio forte. Ci vediamo domani. Forse nemmeno io sono stata troppo premurosa, ma cosa avrei dovuto rispondere? Dovrebbero essere sentite e lo sono, ma appaiono sempre come frasi di circostanza; mi ricordano i moduli prestampati. Al momento delle condoglianze proverò a essere più generosa di parole. Devo pensare bene a cosa dire per non apparire troppo scontata. Sono presenti anche tutti i parenti di Ernesto, sono solo tre anni che è stato seppellito pure lui e tra poco sarà di nuovo con sua moglie. A pensarci bene sono stati separati solo due volte nella loro vita: durante la guerra e in questo triennio. Ha un nonsoché di romantico. La storia d amore più lunga che io conosca. Per qualche tempo, negli anni cinquanta, si erano trasferiti nel Regno Unito dove Maria aveva una zia che aveva sposato un soldato inglese, uno che contava diceva lei. Se da quell esperienza non avevano imparato quasi nulla della lingua, avevano però arricchito la loro personalità e vissuto esperienze che, tradotte in minuziosi racconti di quella terra piovosa, piena di farfalle e fiori, avevano riempito i miei pomeriggi di infanzia. Maria mi raccontava spesso storie di Mago Merlino e di Re Artù, diceva che del castello in cui era nato non rimanevano che pochi ruderi e che, se non stavi attento, passeggiando sulla scogliera potevi scivolare dritto, dritto in quel mare così blu là in fondo. La messa è un susseguirsi di situazioni tra l ironico e il patetico. Il prete senegalese che ora gestisce la parrocchia non sa parlare l italiano! Al momento della predica riesce a bofonchiare qualche sentenza sulla vita e sulla morte. Poveretto, strabuzza gli occhi ogni volta che deve pronunciare una parola composta. Le orbite oculari sparate all indietro sono talmente bianche, in confronto alla pelle scura, che fanno pensare a una sorta di esorcismo. Pochissimi tra i presenti rispondono alle invocazioni. Una suora anziana intona i canti del rito e viene seguita da pochi stonati fedeli. L accompagnamento musicale di un giovane aspirante chitarrista non riesce a mascherare il fastidioso miscuglio di voci. Il risultato è un ulteriore contributo grottesco. Mi chiedo se Maria, e in generale il defunto che si trova al cospetto dell altare, percepisca in qualche modo quello che accade intorno oppure se sia tutto finito, punto e basta e quindi anche il funerale e l estremo saluto siano solo un teatro per i sopravvissuti, un intento religioso in buona fede, ma pur sempre una messinscena. Quanti dei presenti le hanno davvero voluto bene, dall inizio alla fine, in modo disinteressato e genuino? Non riesco a vedere un coinvolgimento reale da parte di nessuno, nemmeno della figlia. L uscita dalla chiesta segue gli schemi prestabiliti, prima la famiglia, quindi gli uomini e in coda le donne. Non riesco ad affiancare Matilde, in compenso vengo bloccata dai parenti di Ernesto, i cinque nipoti figli del fratello: mi baciano e mi abbracciano, inondandomi con una serie di domande sulla mia vita. Cerco di essere cortese, ma mi sembrano esagerati. Non ho mai avuto un gran rapporto con loro, si potrebbe dire che non li conosco e non riesco a capire per quale motivo siano così interessati e spudoratamente cordiali. Il corteo verso il cimitero è scomposto e rumoroso. 2

9 Sono infastidita. Vedo la figlia di Maria che si gira a guardare la colonna di persone e il nostro sguardo si incrocia. Cerco di rimanere impassibile. La corazza di protezione che mi costruisco in queste circostanze vuole tenere lontane le emozioni altrui, eppure rimango perplessa dall occhiataccia che ricevo. Sono lì per essere vicina al loro dolore, ma è come se la mia presenza la disturbasse. Anche Matilde si gira nella mia direzione, in risposta le faccio un cenno con il capo e abbozzo un sorriso. Nulla. Lo sguardo è serio, quasi accusatorio. Che cavolo sta succedendo? Vengo superata dalle due pettegole del paese, la signora Ortensia e la fidata amica Agata: non hanno smesso un attimo di chiacchierare e ora alzano la voce quel tanto che basta per far sì che io le possa sentire. Pare che ieri sera, terminato il rosario, il prete abbia dovuto far da pacere, con non poche difficoltà, tra la Rosetta e il sig. Guardinbene dice la prima. Ah, la figlia della povera signora Maria ha sempre avuto un caratteraccio! Chissà perché se la sarà presa stavolta, con quel buon uomo dell avvocato, poi? aggiunge subito la seconda. Lo sguardo furtivo che mi indirizza ha lo scopo di verificare che il discorso sia stato ben afferrato: è in attesa di una mia reazione che però non arriva. Così si avvicina: Buongiorno Silvia, come sta? quanto tempo! erano anni che non la si vedeva da queste parti! Accenno un sorriso. Non voglio essere intrappolata nella loro alquanto inappropriata conversazione, ma nemmeno posso essere scortese. Agata non molla: So che era così attaccata alla Maria quando era piccolina, e la Maria l adorava, parlava sempre di lei, poveretta! Però poteva venire a trovarla più spesso, eh? Se l Ortensia non mi avesse detto chi era, quasi non l avrei riconosciuta. Potrei replicare che sono sempre stata in contatto con Maria, anche quando ero all estero per lavoro, ma rispondere significherebbe partecipare al loro gioco. E poi a loro che importa? Comincio ad avere la sensazione che stiano indagando. Vogliono scoprire se sono a conoscenza di qualche nuova informazione sull ultima vicenda della comunità: la lite tra gli eredi e il noto, nonché unico, avvocato del paese. In tutti questi anni di esilio volontario, l unica cosa che non mi è mai mancata è la costante sensazione di non poter fare nulla senza che tutti ne venissero a conoscenza in tempi record e il ruolo di gazzetta informativa le due comari l avevano sempre ricoperto a dovere. Di nuovo sorrido e cerco di cavarmela rispondendole in tono fermo: E molto doloroso per me parlarne. Le ero molto affezionata. Spero che la risposta telegrafica riesca a trasferire il messaggio che non ho intenzione di aggiungere altro alla conversazione. Essendo il corteo prossimo all entrata del cimitero confido nel fatto di potermela svignare tra la folla. L Ortensia, però, sbuca sulla destra in uno slancio sportivo che proprio non le si addice, e mi prende sotto braccio. Cara Silvia, mi racconti, si sfoghi con me, come l ha presa? con fare da psicologa televisiva più che da bottegaia. Corrugare la fronte e alzare le sopracciglia con aria interrogativa non la frena dal proseguire. Avete già parlato? 3

10 Comincio seriamente a spazientirmi. Appoggio la mano sinistra sulle sue che mi stringono il braccio, voglio aumentare la sensazione di confidenza e contrariamente a quando si sarebbe aspettata di udire le dico: Ortensia! Ma con chi caspita avrei dovuto parlare? Avrei potuto esordire con un mi fa veramente piacere vederla e posso davvero dire che la trovo in splendida forma ma mi sarei persa lo sbigottimento sul suo volto e il repentino abbandono della presa. Proseguo libera lasciandomi alle spalle il cicaleccio delle due in evidente confusione. Possibile che nessuno, me compresa, riesca a vivere lo spirito della cerimonia? Il prete sta benedicendo la bara ricoperta di calle bianche. Erano i fiori che Maria preferiva. Fiori da sposa per un funerale. Una contraddizione che, essendo riferita a lei, non stona. La sua eccentricità mi aveva sempre affascinata. Determinata e cocciuta governava lei la casa. Il marito obbediva in modo amorevole. Non mi stupirei se avesse lasciato detto che la figliol prodiga non avrebbe visto il becco di un quattrino se la tomba non fosse stata piena di calle bianche. E la Rosetta, che frequentava la madre solo quando le risorse finanziarie iniziavano a scarseggiare, non avrebbe esitato a eseguire alla lettera le disposizioni pur di mettere le mani sull eredità. Gran parte della mia infanzia e della mia adolescenza l avevo passata in loro compagnia, quella silenziosa di Ernesto e quella invadente, spumeggiante, chiassosa di Maria. La curiosità. Credo fosse questo l aspetto del mio carattere che aveva creato il legame tra noi. E vero quello che ha detto l Agata. Maria mi adorava. Per riprendere il controllo della situazione e non cedere ai ricordi mi accodo alle altre persone per pronunciare le sentite condoglianze. Rosetta mi stringe la mano per convenienza e non risponde alla mia frase di cordoglio. Di nuovo percepisco una forte ostilità nei miei confronti che, per quanto ne so, non ha motivo di esistere. Avvicino Matilde: il suo sguardo è palesemente adirato. Faccio per abbracciarla quando sento che tra le labbra sibila: Come hai potuto?. Quindi accenna un sorriso di circostanza e mi allontana. Sollevo gli occhiali scuri e la fisso dritto negli occhi. Ho sempre creduto che uno sguardo diretto non menta e voglio che capisca che non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo. Sono più che spazientita, sono irritata. Altri vogliono salutare e ne approfitto per allontanarmi, perplessa più che mai. Al cancello d ingresso del cimitero intravedo Guardinbene. Devo raggiungerlo. A questo punto anche io voglio le informazioni sul pettegolezzo del paese. Mi affretto, ma potrei fare con calma: mi sta aspettando. Mi saluta cordialmente come usuale per un avvocato e senza troppi preamboli mi dà appuntamento per l indomani presso il suo ufficio: I parenti sono già al corrente di tutto, temo abbiano trovato una bozza scritta a mano, ma occorre aspettare l ufficialità della lettura. Fa per allontanarsi ed ecco che si volta porgendomi una busta di carta finissima Di questa non sanno nulla. Solleva il cappello in gesto di saluto e se ne va. 4

11 Cara Silvia, negli ultimi anni ti ho vista poco, ma per fortuna siamo riuscite a rimanere in contatto. Le tue cartoline hanno quasi completamente oscurato lo specchio del comò e non ti nascondo che mi fanno anche un favore così non sono costretta a vedere le rughe sul mio volto. Le tue lettere, poi, rimangono la mia lettura preferita, la sera prima di addormentarmi. Parlando con tua madre mi sono tenuta costantemente informata. Non potevo non farlo. Viaggiavi, studiavi, amavi con passione e frenesia. Eri la mia telenovela preferita. Hai potuto farlo perché sei riuscita a praticare il distacco nei confronti di tutto quello che ti legava a questo vecchio bigotto paese e in questo sono fiera di aver dato il mio contributo spronandoti a scoprire il mondo. Sono soprattutto fiera di te! Negli ultimi tempi la salute fa i capricci. Alzaimer dicono e non so nemmeno come si scriva. Presto mi rimbambiranno di così tante medicine che non sarò più in grado di capire. Voglio essere breve, sai che non sono le parole che contano, ma i fatti. Sono andata da un notaio. E tutto scritto, per quando non ci sarò più. Questa lettera ti verrà consegnata allora e tu dovrai presentarti all apertura del testamento. Ho deciso di lasciarti qualcosa che solo tu potresti apprezzare. Stai tranquilla e accetta quanto ti viene donato. Ho fatto in modo che anche quegli ingrati dei miei eredi legittimi ricevano quanto devono avere per legge. Non potranno impugnare le mie decisioni. Sii felice. Con affetto Maria Percorrendo la strada in direzione di Tintagel continuo a meravigliarmi del verde di questa terra. Sono in Cornovaglia da due giorni e nemmeno una goccia di pioggia, e io che mi aspettavo il tipico tempo uggioso britannico. Ho in programma di visitare il castello dove si dice sia nato Re Artù e, se la marea lo consente, di entrare nella grotta di Mago Merlino. A quanto pare ve ne sono molte altre sparse per tutto il Regno Unito, il che fa nascere in me qualche sospetto. Avrei potuto guidare senza soste e arrivare direttamente a Port Isac, ma voglio arricchire questo viaggio il più possibile. Sul sedile sinistro, di fianco alla borsa, c è un mazzo di chiavi; continuo a guardarle con trepidante attesa. Quando il notaio ha letto il testamento sono rimasta sbalordita, senza parole. Mi sarei aspettata un gioiello, di certo non il cottage sul mare in Cornovaglia. E stato subito chiaro il motivo del malumore dei parenti, così come ho compreso la frase della lettera di Maria in cui diceva che solo io avrei potuto apprezzarlo. Gli ingrati lo avrebbero venduto e si sarebbero spartiti il ricavato, con ogni probabilità senza nemmeno andare a vederlo. Maria nutriva un amore profondo per la Cornovaglia, forse per il ricordo di un periodo felice della sua vita. In un certo senso ha voluto far sì che potessi condividere con lei parte delle emozioni che aveva vissuto. Guidando per le strette strade riconosco sempre più dettagli dei racconti ascoltati da bambina. *** 5

12 Ho visitato questi luoghi mille volte con la fantasia e ora si materializzano davanti ai miei occhi. Una volta varcata la soglia del piccolo portone blu sarà impossibile non restare. 6

13 SOLE E LUNA Ho male alla caviglia. Non so dove sono. Deve essere quasi l alba, vista la luce fioca che mi fa intravedere solo qualche bagliore sulle onde. Mi sono svegliata da qualche momento e non so per quanto ho dormito. Mi guardo le gambe scoperte e infreddolite: non posso credere che la mia gonna fosse così corta ieri sera. Non so cosa pensavo di dimostrarti: volevo essere bella, di una bellezza inconsueta. Volevo che capissi che non sono solo un insignificante impiegata nascosta dietro a occhialini da professoressa. Volevo che ti ricordassi di me, colpirti. Chissà se ce l ho fatta. Ma soprattutto chissà cos ho fatto per trovarmi qui da sola, all alba, su una spiaggia fredda gelata. E tu dove sarai? E le altre? Dove sono finite? Perché non mi sono venute a cercare? Poi realizzo che non ho più nulla. La mia borsa è scomparsa, devono avermi rubato tutto, cellulare, portafoglio, chiavi e quel poco che avevo. Sono tutta insabbiata. Mi sento appiccicosa, un misto tra salsedine e sabbia umidiccia. Che schifo. Come cavolo farò a tornare a casa? Con un grande sforzo mi alzo: la caviglia è gonfissima. A qualche fila di ombrelloni di distanza sento dei bonghi suonare e intravedo un gruppo di persone. Potrei andare a chiedere loro dove sono, ma probabilmente sti qua sono così fuori di melone che sarebbe già un successo se non mi vomitassero addosso. Inizio a pensare alla notte e intanto cammino dalla parte opposta rispetto alle percussioni. Mi ricordo che sei arrivato tardi. Per la prima volta ti ho visto senza uno dei tuoi completi eleganti che usi in ufficio, e i tuoi occhi liberi dalla cornice seriosa degli occhiali me li vedo ancora davanti. Ricordo che io e la Dani avevamo già bevuto un po quando sei arrivato. Mi hai salutato dicendo che il tuo amico ti era passato a prendere in ritardo. La Dani l ha subito voluto conoscere: di lui, Mirco o Marco, non ricordo molto. Ero troppo attratta da te. La Dani ha iniziato a parlare con lui. Io e te siamo andati a cercare l Elisa e la Patti. Dopo non so. Quella mongola dell Elisa deve avermi fatto bere di tutto. Ho alcuni ricordi vaghi, imprecisi. Ridevo come una svitata, non ricordo il perché. E poi cos è successo? Perché sono scappata? Sto camminando già da un po e la luce che si diffonde sulla spiaggia mi dà fastidio, la testa batte fortissimo. Raggiungo il lungomare e cerco di capire da che parte è il campeggio. Non so neanche dove dormi: vorrei poter sapere che mi sei venuto a cercare, che eri preoccupato per me. Invece so che non è così. Starai dormendo, forse con una che hai conosciuto ieri sera. Ma d altronde cosa te ne può fregare di me? Sono solo una collega, una tra le tante. Tu non sai nemmeno quanto mi piaci, non sai nulla. Arrivo sulla strada. Sono al bagno 42, devo arrivare al 66. Mi sento male! Sarà almeno un chilometro a piedi e la caviglia non vuol smettere di farmi incazzare. C è un silenzio surreale per essere Marina. Solo ogni tanto sento qualche risata lontana, forse dalla spiaggia. Continuo a camminare, ho le braccia e le gambe congelate. Senza parlare del mal di testa sovrumano. 7

14 Mi chiedo se anche questa volta, come le altre, la sbronza che ho preso mi servirà per chiudere il capitolo Andrea. Chiuderlo senza averlo mai iniziato. La mia vita è fatta di innamoramenti appesi a un filo e intoccabili. Con te ci sono dentro fino al collo già da tre mesi. Nessuno lo sa. Neanche Maurizio sospetta nulla. Speravo che bevendo sarei riuscita a dirti qualcosa, in un momento di inconsapevole coraggio. Ora in realtà non mi ricordo cos è successo dopo che quella babista dell Elisa mi ha fatto bere. Mentre cammino arriva una macchina. Accosta e ci sono due tipi che mi guardano e ridono. Ciao stellina, vuoi un passaggio? No, grazie, vado a piedi. Ma dove vuoi andare, sei messa peggio di mio nonno! Io sicura contrattacco: Ma no, tranquilli, ormai sono arrivata. Ci manca solo di salire in macchina con due a caso senza documenti! Per fortuna il tipo taglia corto: Oh, va bè, musino. Fai a modo, eh? La macchina sfreccia via. Probabilmente non ha per niente sfrecciato, ma rispetto alla mia andatura da tartaruga è partita velocissima. Sono al numero 58. La luce aumenta un ancora. Nelle macchine parcheggiate ai lati della strada qualcuno dorme in posizioni assurde. Da una macchina spuntano due piedi. Pensare che credevo di essere messa male io! Il volto di Mauri mi si affaccia alla mente. Di sicuro ieri sera mi avrà chiamato. Chissà se avevo ancora il cellulare con me quando ha telefonato. Chissà se ho risposto e soprattutto cosa gli ho detto Lui mi vuole bene davvero e anch io gliene voglio. Forse lui è la persona con cui voglio stare. Con lui non ho bisogno di bere, di mettermi gonne corte, di apparire diversa. Ma oltre a lui ora voglio anche te. Voglio sentire il tuo corpo addosso al mio. Tra le tante ore che passo con Mauri vorrei passare qualche ora con te. Io lo tradirei per te. Sarei disposta a rischiare. Non glielo direi mai, ma vorrei avere tutte e due. Come in Jules e Jim, come ogni giorno sopra la mia testa passano il sole e la luna, senza incrociarsi mai. Perché dobbiamo amare una sola persona alla volta? Chi l ha detto? Chi è che ci vieta di amare più di una persona? Al diavolo la gelosia, la monogamia. Io voglio il suo amore e il tuo. Tutto insieme. Felicità più felicità. Felicità al quadrato. Eppure non riesco a dirti nulla di ciò che penso. Mi sembra così difficile entrare in confidenza con te, arrivare lentamente a scoprire di giorno in giorno nuovi dettagli di te, fino a poterti spogliare nel mio letto di casa. Mentre sto pensando a tutto questo arrivo davanti al Piomboni. Non ho un documento, né un soldo, né un telefono. Il braccialetto del campeggio però ce l ho e lo faccio vedere fiera al guardiano. Bella sensazione questa. Sapere che sei ancora qualcuno al mondo per un semplice oggettino di carta rinforzata legato intorno al polso! Sono così felice quando mi fa entrare che la caviglia non fa più così male. Mi avvio con le poche forze rimaste verso la tenda. A un certo punto da lontano vedo una figura avvicinarsi: riconosco Stefano. Appena mi vede velocizza il passo e in un attimo è da me. Giulia! Ma dove sei finita? Tu non hai idea di che casino abbiamo fatto per trovarti alla Duna stanotte! Ma che hai fatto? 8

15 Guarda, Ste, non lo so. So solo che mi sono svegliata un ora fa, distesa vicino al bagno 42. Non ho idea di come ho fatto ad arrivare là, non so dirti altro. Ste, mi hanno fottuto tutto: borsa, cellulare, portafoglio. Ma no, quelli ce li ha la Dani in tenda: non ti ricordi che avevi lasciato la borsa vicino al tavolo, prima di sparire con Andrea? A proposito, ma dove siete stati dopo? Ah, io sarei sparita con Andrea? Ma si. L Eli dice che dopo che ti sei sparata tre mojito di fila hai portato Andrea a ballare. L Eli vi ha visto per l ultima volta in pista: tu ti appoggiavi a lui perché non stavi dritta. Poi lei è andata in bagno e quando è tornata non c eravate più. E Andrea dov è adesso?. Direi in tenda a dormire. C è anche il suo amico, Mirco. Senti, Giuli, mi sto pisciando addosso, secondo me ti conviene andare a sdraiarti un po. Le altre sono tutte in tenda. Si ora vado, a dopo. Ok, a dopo. Zio bo, verso le tre forse riprendo conoscenza! Non posso aspettare, devo sapere che cos è successo. La tua tenda è due file più avanti. Ma cosa potrei dirti? Non ho idea di cosa ho fatto! Non posso venire lì, svegliarti, e chiederti cosa ti ho detto o cos ho fatto ieri sera Poi stanotte sicuramente ti avrò così schifato che non vorrai nemmeno vedermi. Penso all ufficio, al fatto che probabilmente ho rovinato il nostro rapporto di buoni colleghi, costruito in questi mesi di convivenza. Che cogliona che sono. Meglio andare in tenda dalle altre. Devo dormirci su, almeno un oretta o due, giusto il tempo per riprendermi e aspettare che ci sia così caldo in tenda che saremo tutte costrette a svegliarci. Oddio! Non voglio vederti, non voglio sapere cos ho fatto ieri notte! Entro in tenda. Solo la Dani apre mezzo occhio e dice: Giuli, sei, qui! Ma dov eri anche te? Dopo poi mi spieghi eh?! Poi rientra in coma, come le altre. Penso che fra ventiquattro ore saremo tutti quanti in ufficio, coi nostri vestiti stirati e le facce di pietra. Io non avrò più il coraggio di entrare nel tuo ufficio a chiederti qualcosa. Tutti sparleranno di me: sono sputtanata per sempre, cogliona che non sono altro! Mi appoggio e sento la terra dura sulla schiena che preme e fa un male cane. La Duna è anche questo: dormire in campeggio al Piomboni rigorosamente senza materassino, come vuole la tradizione. A pensarci con un minimo di raziocinio la Duna non è niente in tutto: alcuni metri quadri di sabbione scuro, qualche ombrellone finto hawaiano e un numero spropositato di più e meno giovani barcollanti che fan casino fino all alba. Orde di giovani emiliani. Fighetti, sfattoni, alternativi, eterni bambini, futuri manager in cerca di emozioni, impiegatine e studentesse in cerca di avventure. Migliaia di battute ai limiti della comprensibilità per il novantanove per cento delle persone ma assolutamente vitali per quell uno per cento che le partorisce. Litri di cocktail ingurgitati per allontanare il vestito sempre troppo stretto della settimana. E alla fine di tutto un metro quadrato di piazzola umidiccia per crollare, sfatti, alle sei del mattino. Però, per quanto poco senso abbia tutto questo, c è qualcosa che passa la soglia della memoria a breve, medio e anche lungo termine, depositandosi in quella culla misteriosa chiamata ricordo, che per me ad esempio è: stelle, mare Adriatico puzzoso, da qualche parte nel cielo la luna che se la chiami scende subito giù a farti due coccole, voci stonate lontano, un abbraccio forte per tenersi su a vicenda, due occhi che sanno solo che di fronte hanno altri due occhi sorridenti, il sottofondo di Somewhere over the rainbow versione onirica di IZ 9

16 Kamakawiwoʻole, come dire al mondo: Ok, scusate, siamo colpevoli, ci stiamo solo divertendo. Siamo la gioventù bruciata che lontano dai roghi delle proprie città cerca solo un riparo di follia inutile, musicale, alcolica. Chiediamo venia, le trasmissioni riprenderanno il prima possibile. Il dolore alla caviglia mi riporta a terra. Poi qualcosa di ieri sera inizia a tornarmi in mente. Un immagine: io e te in riva al mare. Io ero mezza fuori, non so se è realtà o se me lo sono sognato, ma mi sembra di averti detto che dovevi rincorrermi. Si, correvo sulla sabbia, ma non ricordo se poi tu mi inseguivi. In effetti il fatto che mi sia svegliata al bagno 42 potrebbe essere una logica spiegazione della mia folle corsa di quasi un chilometro nella speranza che tu mi seguissi. Boh? Chissà com è andata veramente. Se è vero che ho corso fin là una cosa è certa. Tu non c eri. Non mi hai cercato, non mi hai voluto. Tutto qui. Ho solo voglia di piangere per la figura da cretina. E ancora di più perché non mi hai rincorso. Ma perché solo nei film si rincorrono, perché solo nei film si guardano negli occhi una volta e sono già amanti? Perché ieri sera sono corsa via invece di parlarti, di starti vicina? Certo, forse non avrei potuto fare gran discorsi, ma potevo almeno guardarti negli occhi, in silenzio e farti capire quanto ti voglio, quanto ti desidero. Invece sono corsa via, pensando che ti sarebbe piaciuto rincorrermi, prendermi, buttarmi a terra in un abbraccio e farmi sentire il tuo corpo sopra il mio. Adoro le coppie che si rincorrono, mi trasmettono un senso di libertà, di pace e di sensualità profonda, vera. Ma io e te non siamo insieme. Siamo solo colleghi. Ho perso la mia più grande chance: tu eri libero, lontano dai pensieri del lavoro, ed eri lì tutto per me, distanti dalla mucchia della Duna. Ma allora perché sono fuggita? D un tratto, nel silenzio generale, sento dei passi. Qualcuno si ferma davanti alla tenda. Sento una mano che tocca la veranda e apre la prima cerniera. Vedo due gambe, ma dall ombra non capisco di chi si tratta. Io ho proprio la testa vicino all ingresso della tenda. Quando la prima cerniera viene aperta del tutto inizio a distinguere qualcuno. Non voglio crederci: sei tu, sei venuto qui, perché? Apri la seconda cerniera e ti chini per entrare. Io non provo neanche a fingere di dormire e ti punto gli occhi sbarrati addosso. Devo avere uno sguardo allucinante. Tu mi guardi, serio, come quando in ufficio mi devi dare una risposta difficile. I tuoi occhi guardano per un momento dentro la tenda, poi tornano veloci su di me, prima sul mio corpo tutto storto e quasi scoperto, poi sul mio viso. Non ce la faccio e distolgo per un istante lo sguardo. Giulia, puoi uscire? mi dici, un po severo, un po insicuro. Vorrei chiederti perché, ma non mi escono le parole di bocca. Intanto sono già fuori dalla tenda. Spero di non aver svegliato le altre. Ti indico di incamminarti un po in là e di fare piano. Tu vai verso i lavandini. Poi d un tratto ti fermi e mi guardi: sempre prima il mio corpo, poi i miei occhi. Stefano mi ha detto che sei arrivata mezz ora fa. Dov eri? Mi hai fatto prendere un colpo. Alle cinque quando sono tornato in tenda la Daniela mi ha detto che non eri ancora tornata. Non rispondo, imbarazzata. 10

17 Ieri notte sei corsa via a una tale velocità! Io non ti ho seguito perché pensavo che saresti tornata subito indietro. Invece sei sparita. Non so perché ho corso così tanto, ero un po fuori. E tu cos hai fatto dopo che sono corsa via? Sono tornato verso la Duna, pensavo che fossi andata al Toto. Poi sono stato lì con Mirco e l Elisa. Mi stavo rompendo un po. Ho anche beccato la mia ex. Ah, si? Beh, ti ha salutato? Si, è stata un po lì con me, poi è arrivato un tipo, penso sia il suo nuovo moroso. Dopo sono spariti. Io era da un bel po che non stavo così. A fatica ricordo cos è successo. Bè, meglio sempre rimuovere quello che si fa quando si è fuori. E che ho fatto io? Non so, dicevi cose senza senso. Quando le dicevi però sembravi seria. Convinta. Che ho detto, Andrea? Niente Cose senza senso. Mi guardi per cedermi la parola. Ma non ho niente da dire e con lo sguardo ti imploro di dirmi tutto. A un certo punto hai detto che ti piacevo. Silenzio. Interminabile. Poi sei corsa via. Correvi così forte che non ho avuto la prontezza di rincorrerti. Non potevo crederci. Te l ho detto davvero? Come posso non ricordarmelo? Ti osservo, mentre guardi in giro, ovunque. Tranne me. Andrea, scusa, chissà che cavolo mi è preso. Non mi ricordo nulla. Appunto, dicevo che è meglio scordare ciò che si dice quando si è fuori. Cavolo, adesso non riuscirò più a guardarti in faccia. Che figura di merda. Ma, no, non ti preoccupare! So che eri fuori, chissà a chi pensavi. In realtà cazzo, adesso te lo dico. In realtà forse non pensavo a niente. Chissà come mi è uscita quella frase. Facciamo così. Facciamo come se non sia successo niente, io non sono mai venuto là con te, questa notte non ci siamo visti. Ok, perfetto. Tutto rimarrà lì, su quella spiaggia alle tre del mattino. Torniamo alla tenda? Si. Anche se non riuscirò più a dormire, c è già un caldo terribile là dentro! Non so come fate voi a starci in quattro tutte pigiate. Infatti mi sa che in quella tenda non ci torno. Vado a fare un bagno. E da quando avevo dieci anni che non faccio il bagno alle sette del mattino! Perché, a dieci anni facevi il bagno alle sette? Si. Ogni tanto quando andavo in vacanza in hotel con mia madre mi svegliavo prestissimo e da vera bambina rompipalle costringevo anche lei ad alzarsi e a portarmi al mare per fare il bagno. Volevo avere il mare tutto per me. In effetti non era male. E mi sa che ora ci vado davvero. Adesso ti chiedo se vuoi venire. No, non ce la faccio. Mi lascio andare. Tu vieni? Sono un po distrutto Ma sì dai, sarà che io non ho mai fatto il bagno prima delle nove e mezza, anche quando avevo dieci anni. Vado a prendere il costume. Ci vediamo davanti al Piomboni fra cinque minuti. Ok! 11

18 Ok, ok, ok. Non ci capisco più nulla. Perché stiamo andando a fare il bagno? Non so neanche se mi reggerò in piedi col mal di testa che ho: ciocca come un batteria! Ma chi se lo perde un bagno con te alle sette del mattino? Ho male ovunque, sono distrutta, ma la cosa che voglio di più al mondo ora è un mare piatto con te vicino che nuoti. Merda, non ti ho mai visto in costume. E tu non hai mai visto me! Mi vengono mille paranoie, ma voglio fare questo bagno con te. Mi fiondo in tenda, ravano nella borsa, mi cambio e per poco non pesto la testa dell Elisa che comunque continua a dormire. Esco e mi sto per dimenticare pure il telo. Se penso che fino a un secondo fa eri lì che mi ripetevi quello che ti ho detto ieri sera mi sento male. Dopo due minuti esatti sono davanti all ingresso del campeggio. Il guardiano mi guarda un po storto: forse si chiederà come diavolo faccio, senza aver dormito neanche tre secondi, a essere così carica per un bagno al mare. Comunque tu arrivi, con i boxer e la magliettina azzurra. Ciabatti come un dannato. Hai la faccia distrutta, ma sei bellissimo tutto stropicciato e spettinato. Forse mi scappa un sorriso mentre mi vieni incontro perché penso a come sei impeccabile in ufficio. Vestito da sposo, come dice la Daniela. Ora non sembri neanche tu. Ma sarà gelata! dici. Si, ma almeno alle sette si vede il fondo, e in Adriatico non è cosa da poco. Io non so se ho le forze, forse annegherò, comunque sei tu la bagnina, mi dovrai salvare! Chi ti ha detto che sono bagnina? Lo dicevi un giorno in ufficio a Patrizia. Ma allora è vero che i muri parlano. Come fai a sentire tutto quello che diciamo? Se devo coordinare i lavori bisognerà pure che non mi faccia scappare nulla. Vi tengo d occhio! Basta, ho capito, inizieremo a parlarci a gesti! Mi giro di lato per vedere la tua espressione e mi sorridi come un bimbo che appena ha fatto una marachella. Sei così diverso da come appari di solito e noto un nuovo aspetto di te che trovo ancora più irresistibile. Arriviamo davanti al bagno della Duna. C è giusto uno dei proprietari che riordina degli scatoloni. Per spezzare il silenzio dico: Questo posto è veramente un buco, se lo vedi vuoto e tutto in ordine. E vero, ma io non so quante volte ci sono già stato quest anno. Sono sempre qui. E un buco schifoso, però incontro più amici qui che a casa! Io quest anno non ci ero ancora stata, ma a me la Duna fa un brutto effetto. Finisce sempre che vado fuori come un balcone anche se non vorrei. Taci, va là, che prima mi hai fatto prendere un mezzo colpo. E dire che in ufficio sei così tranquilla! Però mi hai fatto troppo ridere quando hai dato quel ceffone a lui là! Cos è che ho fatto? Ma si, non ricordi? A un certo punto, mentre eravamo lì con l Elisa è arrivato sto qua. Tu ballavi e giravi in tondo, lui ti ha preso sotto braccio accompagnandoti nella danza. Poi ha provato a portarti via e mentre tu ridevi e lo guardavi gli hai tirato una ceffa da paura. Sto qua non se l aspettava ed è rimasto pietrificato. Poi ha visto che eri fuori più di lui ed è andato via. Io non voglio crederci. Una tronca come ieri non la prendevo da un bel po. Io e l Elisa avremo molto da raccontare in ufficio lunedì! 12

19 No, Andrea, veramente, dovete avere pietà di me. Non voglio che tutti mi ridano dietro. Poi neanche tu e l Elisa eravate del tutto in forma! Si ma almeno io mi ricordo cos ho detto e cos ho fatto! Ma guarda che io non sarei arrivata a quel punto se non era per quella mongola dell Elisa che mi portava tremila mojito al minuto! Sì ma potevi anche non berli! In effetti ho esagerato, ma i mojito mi fanno impazzire. Li bevo come acqua dal gran che mi piacciono! Comunque scusa, io non so davvero cos ho fatto. Il fatto è Cosa? Non lo so, avevi uno sguardo. Come? Non so, mentre mi dicevi quelle cose mi guardavi fisso negli occhi e non è da te. Andrea, ti ho già detto, io non so No, il fatto è che tu non guardi mai così fisso negli occhi. Quando mi parli di solito guardi un po me, un po ti guardi intorno, poi ti soffermi sulle scarpe, poi fissi di nuovo me. Ieri sera mi hai guardato negli occhi per tre, quattro minuti. Sembravi un altra. Infatti ero un altra, non ero io, ero fuori come un balcone! Lo so, ma sembravi così vera. Così sicura. Hai detto tante cose, lo sai? Siamo circondati da un silenzio troppo grande, ogni momento dentro questo non dirsi nulla sembra aumentare la verità delle parole che ti avevo detto ieri sera. Devo assolutamente parlare: Io mi tuffo. Tu vieni? Ti guardo e intanto, mentre immergo il piede nell acqua mi parte un brivido incontrollabile per tutto il corpo. Deve essere caldissima dalla faccia che hai fatto! dici ridendo. Certo, è caldissima. Il freddo e il caldo sono solo questione di volontà, non lo sai? Poi mi faccio forza e mi tuffo in acqua. Faccio tre bracciate arrancando a fior d acqua, poi il fiato mi si blocca in gola. I mojito si fanno sentire molto bene. In realtà l acqua è davvero gelida però l ultima frase che ho detto mi è uscita bene. Tiro su la testa. Tu sei ancora là sulla riva, con l acqua alle caviglie. Mi guardi dubbioso per un secondo e poi ti levi veloce la maglietta. Il tuo fisico asciutto lo intravedo per un istante prima che ti lanci agilmente in acqua. Anche tu accenni alcune bracciate sgangherate e mi arrivi di fianco. Tutte quelle goccioline sul tuo viso lo rendono ai miei occhi ancora più bello e prezioso. La luce del sole è lieve, ma tutta per noi. Anche il mare è solo per noi. La Duna al mattino così presto, ma chi l aveva mai vista? Di tutti i week-end passati alla Duna mai ne avevo vissuto uno con il corpo a bagno nel mare. Questa strana energia che mi sono ritrovata addosso stamattina è solo per te, sai? No, non lo sai. Vado giù sott acqua ma riemergo in un secondo perché il fiato mi si blocca nei polmoni. Commento felice: Vedi, si vedono i piedi in fondo! E vero, hai ragione! Beh, dai, fra un ora sarò collassato di nuovo, ma adesso in fondo sto bene. Alla fine sto bagno ci voleva, mi sento quasi riposato! Scoppio a ridere, non so perché, forse per le due occhiaie che ti ritrovi mentre dici sta cosa. Che ti ridi? È vero! Sono fresco come un fiorellino! Beh, l importante è esserne convinti. Io sono a pezzi, non riesco a stare sotto per più di due secondi! Però guarda, abbiamo l Adriatico tutto per noi. L hai mai visto così vuoto? Direi di no, anche se se lo meriterebbe, sto buco d acqua puzzolente! 13

20 Io intanto mi sono sdraiata sull acqua. Il cielo sopra è lontanissimo. Allargo le braccia e mentre sono lì a fare il morto vedo il tuo viso che mi appare sopra. Sento che mi stringi una mano, poi l altra, le porti verso l alto e dici: Ora ti porto a fare un giro. Mi fai scivolare sull acqua in tondo e io mi lascio cullare. Chiudo gli occhi e mi esce questa frase sussurrata: E fantastico. Dimmi che non smetterai mai. Con le orecchie in acqua riesco a sentire la tua voce ovattata che dice: Beh, ne possiamo parlare. E io: No, non ne parliamo. Tu mi spiazzi dicendo: No, invece io ne voglio parlare. Smetti di cullarmi lasciandomi le mani. Io mi tiro su e ti guardo interrogativa. Di cosa vuoi parlare? Del perché sei corsa via ieri sera e di ciò che hai detto. Mi vuoi far star male. No, vorrei solo che mi guardassi negli occhi come hai fatto ieri sera. Cioè? Guardami negli occhi per tre minuti. Tre minuti? Sì, sono centottanta secondi. Allora ti guardo e intanto conto fino a centottanta? Si, ma conta in silenzio. Uno, due, tre. Quattro, cinque, sei, sette, otto. Hai gli occhi più grandi del mondo. Nove, dieci, undici, dodici. Numeri su numeri, il tempo ha una forma incredibile stamattina. È da secoli che non sento il tempo così forte sulla pelle. Tredici, quattordici. E una clessidra col buco otturato. Sento i secondi strozzarmi la gola. Quindici, sedici, diciassette, diciotto: se ne stanno lì in gola. Mi rendo conto che non sto respirando. Mi sembra quasi di non avere più bisogno di respirare. Diciannove, venti. Fino al trentanove non penso a nulla, ci sono solo i tuoi occhi che fanno male. Tu non ridi, sei serio, sei concentrato su di me. D un tratto inizio a pensare a te che mi stai guardando. Dov è la tua mente? Mi sembri così presente: sei proprio lì che mi guardi. I numeri iniziano a mischiarsi nella testa: cinquanta, settantatre, centodue, centosedici? Come si fa a mettere in fila dei numeri? Non sono mai stata una persona ordinata come te. Tu stai ancora contando mentre io mi sono già persa. Io sono così anche nella vita. Butto le cose a casaccio: i vestiti, le chiavi, i soldi, le parole, i foglietti. Milioni di foglietti su cui appunto pezzi di vita, pensieri, desideri, tanti desideri disordinati. Tu fai un passo, oppure non so, forse qualcuno ha spostato la sabbia sotto di noi. Siamo più vicini. Forse abbiamo già passato i centottanta secondi, forse non siamo neanche a cento. So solo che questo momento non è sostenibile. Sto perdendo quota, ho iniziato ad avvicinarmi. Anche tu ti avvicini. Ma lo sai dove stai andando? Atterri. Atterri sulle mie labbra. 14

21 Non so che dire: iniziamo a baciarci. Nella bolla di desiderio in cui sto nuotando ora un pensiero percorre la mia mente: da quanto tempo non provavo una sensazione così forte per un semplice bacio? Penso alle migliaia di baci con Mauri, che sono passati via, lisci come l olio. E sento invece questi baci come una burrasca di mare che mi travolge. Tutto mi sembra così inconcepibilmente sensuale. La novità, il fatto che da mesi ti desidero, che da tre mesi ti ho idealizzato come una statua greca. Anche tu ora hai smesso di contare. Finalmente sei perso nello stesso posto dove sono io. Hai gli occhi aperti, ogni tanto li chiudi, il tuo desiderio mi stupisce. Poi i nostri occhi si incontrano. Ci richiamano per un momento all ordine e smettiamo di baciarci. Tu guardi il mare e intanto dici: Anche tu mi piaci, sai? Non lo avrei mai pensato. Non te l avrei mai detto se non fossi stata così fuori di testa ieri sera. Neanch io te l avrei mai detto. C è Maurizio. Sì, c è Mauri. Pensavo che col tempo mi sarebbe passata: lo speravo. Adesso non so. Adesso spero che non dovrò spiegare a nessuno quello che è successo. Adesso, e neanche domani e neanche dopodomani. So solo che è bellissimo. Cosa è bellissimo? Io non riesco più a parlare. Ti indico semplicemente con il dito il sole, che si staglia all orizzonte sul mare e poi dall altra parte, sopra la pineta, la luna. 15

22 IN MISSIONE Un lampo di luce. Michael spalanca gli occhi Dove diavolo sono? L ambiente gli è subito famigliare. Pensa e si guarda intorno, si rende conto di trovarsi in volo, nel simulatore militare della base. Oh merda! Mi sono addormentato durante un addestramento! Se qualcuno se n é accorto sarà una bella macchia nera, difficile da cancellare. "Ehi, Michael, tutto bene?", la voce familiare. Michael R. Patterson, dal Michigan, matricola , Capitano dell aviazione degli Stai Uniti d America: pensa in automatico. "Capitano Patterson, sono il Capitano Chavez, suo responsabile di terra, le chiedo di fare rapporto sulle sue condizioni, i parametri rilevati dal simulatore non sono coerenti, passo". Il Capitano Chavez? Miguel! Se mi parla in autoritarese significa che devo rispondere a modo. Michael si schiarisce la voce con un colpetto di tosse; "Capitano Michael R. Patterson, matricola , aviazione degli Stai Uniti d America". "Bene, Capitano Patterson, ora che sappiamo che è tra noi, vuole cortesemente farmi rapporto?" la voce di Chavez ha cambiato tono e risulta amichevole e allo stesso tempo accorta. Michael si guarda intorno e riassume le condizioni del volo leggendo gli strumenti, mentre aggiorna a voce il responsabile di terra. "Posizione attuale 41,44 nord, 12,39 est, altezza diciottomila piedi, velocità 1.3 mach, rotta zero-otto-zero". Il suo sguardo indugia su vari strumenti, per notare eventuali anomalie. "Tutti i parametri di volo sono regolari e nella norma. Armeggia sulla console posta a destra, premendo [select] più volte, ed ecco comparire i parametri vitali del pilota, che lampeggiano indicando valori fuori scala. "Base, chiedo controllo. Ho indicazioni di allarme per le condizioni vitali." "Michael, i tuoi parametri vitali ci risultano nella norma. Pulsazioni 110, pressione 85/145. Aspetta! Ossigenazione 0,93; immagino tu abbia un'avaria a bordo, tutto questo ossigeno deve averti stordito". Chavez è molto calmo nell esporgli la situazione. "Miguel, mi fa piacere sapere che ci sia una motivazione. Non so cosa mi sia successo. So di essere nel simulatore, ma non ricordo il briefing, né tanto meno obiettivo primario e secondario!" Qualche secondo di attesa e Michael controlla anche gli ultimi pannelli dei vari quadri strumenti che si trovano davanti a lui. Fa in tempo a capire che l aereo è equipaggiato con armamento S&D, per attacco a terra e combattimento ravvicinato con altri caccia, il suo preferito. "Michael, sei a bordo del simulatore di volo presso la base di Pasadena. La missione odierna riguarda il raggiungimento di una squadra a terra che ha richiesto aiuto via radio quattro minuti fa. Sei a bordo dell F-35D, su cui hai maturato oltre quattrocento ore di volo. L armamento è S&D. ETA 1:35. Previsione di trovare a terra un convoglio corazzato leggero, dotato di contraerea, alta possibilità di missili Terra Aria a ricerca. Ipotizziamo circa cento ostili. I nostri hanno preso possesso di una serie di edifici, che sul tuo schermo compariranno evidenziati in verde". 16

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