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1 Direttore responsabile Mario Giorgio Segretarìo di redazione Luigi Mancino Direzione e Redazione: Biblioteca Provinciale, V.le Di Vittorio Foggia - Tel , Fax P.I Registrazione al n. 150 del Trib. dì Foggia in data 6/VI/1963 Leone Editrice s.r.l. - Foggia V.le G. Di Vittorio 31d

2 SOMMARIO Editoriale 9 Varo: «... meos reddite libros!» Saggi 15 MICHELE DELL AQUILA Poesia e scienza: un unico linguaggio? 23 LUIGI PAGLIA Il sistema semantico dell'«allegria» ungarettiana 53 GERARDO CAPOZZI Lite seicentesca ad Ascoli Satriano: una taverna fra spada e croce 67 NUNZIO TOMAIUOLI Aspetti e problemi dell'architettura del '700 nella provincia di Foggia 143 ANTONIO VITULLI Una famiglia di patrioti foggiani: 1 Salerni marchesi di Rose 163 NINO CASIGLIO Angelo Fraccacreta tra economia e politica 173 GIUSEPPE DE MATTEIS Esiti di poesia religiosa in Puglia

3 203 GIUSEPPE ROSATI Per la intelligenza del Sistema Doganale 239 ARMANDO GRAVINA Bronzi dauni (VIII - III sec. a.c.) a Nord-Ovest di San Severo Tra cronaca e storia 253 ANGELO CELUZZA I venti anni della nuova Biblioteca Provinciale di Foggia: ANTONIO DE COSMO Rita Hayworth e il suo doppio. Diario grafico-catalografico 305 MARIA ALTOBELLA GALASSO Le Cinquecentine della Biblioteca Provinciale di Foggia Appendice 351 GUIDO PENSATO Un saluto

4 Editoriale

5 Varo: «... meos reddite fibros!» Finalmente una buona notizia per questa città: nell'ideale classifica della qualità della vita «Foggia ha lasciato l ultimo posto a Taranto -... dove la sfiducia nelle istituzioni è stata alimentata per anni e anni da una classe politica locale, che ha amministrato la città in maniera a dir poco pietosa: basti dire che a Taranto non esiste una biblioteca comunale (e provinciale)! - ma è rimasta al penultimo!» (Il MONDO, 29 agosto 1994). In verità, quanto a classe politica e attenzione di questa per il mondo della cultura e delle biblioteche, Foggia non è che sia stata e stia molto meglio: «Gesù - commentava testualmente, tra sorpresa, incredulità e risentimento, un senatore locale il giorno dell'inaugurazione dell'attuale sede - mica noi sapevamo (e meno male!) che qua stesse sorgendo questa po po di biblioteca!». E, vent anni dopo, all'ultimo assessore provinciale alla P.I. e Cultura, tirato letteralmente per la giacca anche per fargli rendere conto di parte non irrilevante delle sue specifiche attribuzioni, sono occorsi ben sette mesi, perché, materialmente, vedesse la Biblioteca Provinciale. In altra sezione di questo numero - che, in occasione del ventennale della nuova sede, raccoglie contributi di argomento più segnatamente biobliografico, quali un saluto di Guido Pensato, le riflessioni diaristiche di Antonio De Cosmo, occasionategli dall'esperíenza catalografica del fondo Manifesti cinematografici ; e l Appendice, curata da Maria Altobella, al Catalogo delle Cinquecentine già apparso nel Angelo Celuzza, che - per una irripetibile, favorevole congiunzione astrale e in clandestina complicità con i ben diversi tecnici e amministratori di quel tempo, tra i quali non si può non ricordare, tra gli altri, il presidente Berardino Tizzani - tenacemente volle questa nuova sede, ricostruisce, sul filo della memoria (e, quindi, con qualche inevitabile dimenticanza) il fervore e le illuminate spinte ideali di partenza e, con accenti a mano a mano sempre più delusi ed amareggiati, la travagliata storia di questi ventanni. Circostanze fortuite e concomitanti vogliono che, chi scrive questa nota, oltre che della rivista sua emanazione esterna, regga, attualmente, le sorti dell intera istituzione e avverta, nel contesto di un Paese, che, tutt'intero, retrocede, come il processo di arretramento e degrado, che investe Città e provincia, ne coinvolga, implacabilmente e in primo luogo, il mondo e le istituzioni culturali. E solo così, del resto, è spiegabile l apparente paradosso: 400 mila ettari di pianura quasi tutta irrigata e un reddito agricolo pro-capite triplo rispetto alla media nazionale; un giacimento metanifero, nel Subappennino, tra i più 9

6 consistenti d Europa e il Gargano punto forte, ormai, del turismo nazionale e internazionale; e, ancora, un nodo ferroviario di strategica importanza e strutture aereoportuali consolidate; istituti di ricerca a livello e con collegamenti nazionali; il più grande Consorzio di Bonifica d Europa, ricco di un patrimonio tecnico-professionale di tutto rilievo; una Fiera dell Agricoltura ancora tra le prime d Italia e... tuttavia, nonostante questa addirittura eccessiva concentrazione di ricchezze e di potenzialità di sviluppo, questa Città permane come avviluppata in una coltre di indolente, rassegnato assopimento, che impedisce quel salto, quello scatto, che informi e connoti, a un diverso livello di qualità appunto, la sua vita civile. Allorché il diffuso processo di ridimensionamento e dequalificazione coinvolge, e di proposito, anche una biblioteca, la cui sola esistenza costituisce dato discriminante per non toccare l estremo degrado, e questa biblioteca in particolare, che rappresentò l'elemento decisivo, perché qui potessero aver inizio gli attuali corsi universitari decentrati in vista della futura autonomia, sembra doveroso e necessario denunciare il processo in atto e, su questo, richiamare l'attenzione della Foggia civile. Oltre che svilire un ricco patrimonio di cultura tout court, e di memoria storica locale, condannandolo ad una asfittica sopravvivenza, si lascerebbe nel contempo cadere proprio uno dei capisaldi culturali, che, nel corso degli anni, ha tentato - per quello che gli è stato possibile - di portare avanti discorsi ed iniziative di dignitoso livello, proponendosi sia in modo autonomo, che come punto di riferimento e di raccordo. Quel salto di qualità, quello scatto che non riesce a compiere, è possibile, per questa Città, solo e attraverso - è dato storico e teorico pacificamente acquisito, si pensi al Gerschenkron vigorosi stimoli ideologici o culturali, favoriti da istituzioni come una biblioteca attrezzata, e provocati, finalmente, da una Università degli Studi decorosa ed equilibrata, che, consolidandosi negli anni, potrebbe rappresentare il punto di autentica svolta; e che, pur essa, non potrebbe non far riferimento, intanto, a questa Biblioteca Provinciale, preparata e rifondata proprio in tale ottica. Che è la stessa, del resto, a rendere opportuna la ripresa di questa testata, offrendosi essa e rappresentanto, anche con l attuale numero, luogo quasi obbligato - ultimo rimasto - per contributi di particolare impegno civile e intellettuale e per testimonianze di gratificante significato. A cominciare dall incalzante ed innata eleganza d apertura di Michele Dell Aquila e dal dignitoso rigore, che Nino Casiglio - ritornando su Angelo Fraccacreta, del quale, si ricorda, possediamo la ricca e specializzata biblioteca - rileva e segnala nell azione politica dell economista sanseverese; per conti- 10

7 nuare - nel campo delle humanae litterae - con gli ampi saggi di Luigi Paglia e Giuseppe De Matteis, l uno sperimentando con successo nell Allegria ungarettiana moduli di lettura d avanguardia, l altro percorrendo con matura sensibilità critica gli ultimi esiti poetici di Capitanata, dei quali piace richiamare l afflato serafico e dolente di Domenico Lamura; con i ragguagli interessanti fornitici da Armando Gravina su recenti, locali rinvenimenti archeologici; e col gusto penetrante e divertito di Gerardo Capozzi, non disattento ad economia e costumi del tempo, nel racconto di un esemplare lite seicentesca in Ascoli Satriano. Proseguendo con una inedita storia agraria del Tavoliere di Giuseppe Rosati, introdotta e curata con collaudata competenza da Antonio Ventura; con la passione civile di sempre di Antonio Vitulli, che colmando un vuoto storiografico e precisando, di passaggio, sciatterie toponomastiche cittadine, trasmette nel documentato saggio sui Salerni, marchesi di Rose. E, per concludere, con il notevole sforzo di sintesi operato da Nunzio Tomaiuoli nel più ampio, informato ed aggiornato studio, di cui si disponga, sull'architettura settecentesca di Capitanata. Si tratta, a guardar bene, di contributi e testimonianze di una parte della Capitanata civile di oggi, che riflette su figure e argomenti del presente e di un passato più o meno recente altrettanto civile : è, in definitiva, il mondo al quale, per converso, si fa riferimento e nel quale si confida, perché, in un'atmosfera di nubi minacciose, la valanga non salga. E per evitarci anche la giustificata richiesta, che, come ombra di Banquo, potrebbe avanzare il fantasma del primo mecenate di questa biblioteca, il gentiluomo troiano Gaetano Varo: «... ma ridatemi i libri e... andate, andate!». M.G. 11

8 Saggi

9 Poesia e scienza: un unico linguaggio? di Michele Dell'Aquila* In principio era il Verbo e il Verbo, / era presso Dio, / e il Verbo era Dio. / Egli era in principio presso Dio. / Tutto è stato fatto per mezzo di lui / e senza di esso niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. Il memorabile esordio del Vangelo secondo Giovanni propone fin dal principio della nostra era volgare, in forma fortemente anaforica, l inestricabile intreccio di senso tra Verbo / parola, Verbo / pensiero e, si direbbe, Verbo / azione. Una unione, come tutte le altre, segnata da numerose crisi; divorzi, abbandoni, rappacificazioni. Il testo, com è noto, risale alla fine del primo secolo dopo Cristo e risente della sedimentazíone di tutta la cultura filosofica antica, greca ed ellenistica, senza della quale, pur nella forte spinta innovativa della ispirazione cristiana, non si spiegherebbe. La espressione Verbo, secondo altre traduzioni Parola, ci viene da Verbuni che è nel testo della versione latina detta Vulgata, la quale così volge il greco Logos del testo originale. Questo a sua volta arrivava sulla pagina evangelica da una tradizione di linguaggio e di pensiero filosofico svoltasi in oltre cinquecent anni, dalla speculazione socratico/platonica alle scuole neoplatoniche del tempo; e dunque si può dire rappresentativa di tutta la filosofia classica. Fu allora, ai tempi di Platone e dell Accademia, che i filosofi greci riuscirono ad ottenere la fissione del concetto di logos, sprigionando nei secoli avvenire una energia mentale certamente non inferiore a quella fisica scatenata dalla bomba atomica, senza che mai, peraltro, si sia potuto con nettezza di contorni definire il valore distinto da attribuire ai neutroni * Relazione letta al Symposium dell'unione Europea degli Scrittori Scienziati e Artisti UESA nella sede dell Unione degli Scrittori in Mosca, giugno

10 ed al protone così liberati. L espressione Logos, infatti, manterrà irriducibile nel tempo la sua ancipite valenza semantica di parola e di pensiero, di discorso e di ragionamento, segnando così i confini e gl intrecci dei prodotti del pensiero e di quelli della parola, quanto dire delle scientiae e delle litterae: creature bicefale esse stesse o, se si preferisce, bisessuate, mescolandosi in esse, senza rimedio, i geni originari, essi stessi originati dalla comune bisessuata matrice. Insomma, nate da un tal ceppo, scienze e lettere si sono svolte nei secoli misurandosi, confrontandosi, soverchiandosi, o tentando di soverchiarsi con alterna vicenda e fortuna, sovente vestendosi l una dei panni dell altra, scambiando o rubandosi concetti e parole, e in qualche caso perfino finalità e competenze, in un incessante attraversamento di confini ed intreccio di forme, anche quando sembravano starsene distanti, nei propri territori, come potenze guardinghe in riguardosi armistizi o in tendenziose offerte di incontri. D altro canto, non solo la letteratura e l arte hanno avuto le loro crisi e, di volta in volta, quasi una morte annunciata. Alla rnorte dell arte di hegeliana memoria, fanno riscontro le crisi della filosofia che ciclicamente, dopo le ambiziose sintesi dialettiche degli assoluti, si è vista costretta a ripiegare sulla fenomenologia e sull analisi delle microstrutture e casi individuali, come mostra di essere orientato oggi il cosiddetto pensiero debole ; le scienze, poi, attraversano crisi cicliche di fede in se stesse e di generale credibilità assoluta. I reciproci atteggiamenti possono ridursi, in qualche modo, nelle categorie di: sottomissione o complesso d inferiorità, tentativo di assimilazione e conciliazione, autonomia e indifferenza, disprezzo e rifiuto: dico delle lettere verso le scienze e delle scienze verso le lettere. Ma si tratta di schematizzazioni sommarie, buone forse a spiegare l atteggiamento dei mediocri, ma non certo dei grandi. La realtà profonda, oltre le forme esteriori e le apparenze, era ben chiara ai sommi, a nessuno dei quali, poeti o filosofi o scienziati che fossero, sfuggiva il nodo originario, l intreccio inestricabile, l osmosi senza fine dell una e dell altra radice. Che cosa poteva mai aspirare a dire la poesia e la letteratura che non fosse riflessione sulla vita o immaginazione (e dunque ricreazione) della vita nelle forme libere ed originali dell arte? E la scienza, non dichiarava essa stessa, in più casi, di aver bisogno per i suoi progressi di uno scatto d immaginazione, oltre che di metafore e immagini e parole mutuate alla letteratura e in qualche caso alla poesia? 16

11 Che cos altro era stata la poesia di Virgilio e di Orazio, e prima quella di Omero e dei greci? E Virgilio, per poter meritare nel Medioevo la fama di mago e di saggio, non era stato l indagatore dei misteri della morte e dell oltretomba, del destino oscuro degli uomini, dei loro viaggi terreni ed ultraterreni secondo itinerari che nessuna carta nautica o scienza della navigazione segnava con certezza? E Lucrezio, seguendo Epicuro e Democrito ed i naturalisti vissuti prima di Socrate, non aveva rappresentato poeticamente lo strazio doloroso e luminoso dell amore, il principio della vita cosmica ed universale, il clinamen degli atomi in vertiginosa discesa, l incontro/scontro degli elementi che si attraggono e si respingono, a formare la materia e le forme della vita, le tempeste dell anima, la corruzione e la morte e la trasformazione della materia vivente? Insomma cos altro erano quei suoi libri del De Rerum natura se non scienza e poesia d inestricabile intreccio? Le stesse poesie amorose di Saffo e di Catullo e degli altri lirici tra antichità e medioevo, fino a Dante ed oltre, non si mostravano consapevoli delle leggi della passione, non ignare delle oscure latebre dell anima, delle altezze e degli abissi in cui la passione sospinge senza scampo? Per rappresentare Francesca e la bufera infernale dei lussuriosi, Dante sa bene di quelle cose, partecipa e respinge, comprende e condanna, non cancella responsabilità anche personali, della letteratura d amore del tempo, di se stesso e degli altri amici stilnovisti, persuasori di una educazione sentimentale che poteva portare sulla strada di un ambiguo raffinamento, fino alla improvvisa irresistibile irruzione dei sensi e dunque alla perdizione ed alla morte dell anima. Scienza e poesia s intrecciano nella sua opera cui pose mano e cielo e terra, non solo nelle parti più didascaliche che rispondevano alle inclinazioni di un enciclopedismo medioevale, ma anche nelle parti di più alta ispirazione poetica e religiosa. Lo stesso Stil nuovo e molta poesia e trattatistica d amore provenzale nascevano da uno stretto intreccio di cultura letteraria e scientifica, quale poteva determinarsi negli ambienti universitari del tempo, Tolosa, Montpellier, o Parigi, o Bologna, in quell ambito di cultura laica che veniva differenziandosi faticosamente, all alba dell era moderna, dalla cultura degli ordini religiosi e delle scuole di sacra scrittura. Petrarca rappresenterà il tramite inquieto e doloroso tra idue evi: la sua battaglia contro le scienze e le arti meccaniche può sembrare l estrema difesa del letterato umanista; in realtà riassumeva un atteggiamento tradi- 17

12 zionale, ma ne anticipava nello stesso tempo un altro, di nuovo umanesimo. Così come Boccaccio, almeno in una parte della sua opera, sarà il descrittore della nuova società laica e mercantesca, dei suoi valori d intelligenza, di spirito, di avvedutezza e sagacia, della fortuna e della virtù, dall intreccio delle quali cose è mossa la storia, come già è chiaro nel Decameron prima che nel Principe di Machiavelli. Certo il Medioevo e l età antica erano epoche di forte sincretismo; la cultura e gli studi, organizzati nel sistema del Trivio e del Quadrivio, non conoscevano ancora le distinzioni e le specializzazioni esasperate che l avrebbero resi miopi ed orbi, fuori dello stretto seminato di una specifica competenza. Le ricostruzioni di quella età, anche quelle più vicine a noi e largamente diffuse da formule scrittorie di successo, quali Il nome della rosa o il più recente Pendolo di Eco, mostrano il fitto intreccio disciplinare, gl ingranaggi combinatori di tante sedimentazioni e forme culturali, anche esoteriche, che s intrecciavano a formare quella che diciamo l anima di un età, la sua dimensione culturale, che vista di lontano, negli schematismi dei manuali e dell insegnamento scolastico può apparire univoca e povera, mentre era ricchissima e complessa e variegata nella sua organica unità. Potremmo dunque non stupirci se in quei secoli il poeta ed il filosofo o l uomo di scienza potessero trovare agevole terreno d incontro, pur nella specificità dei loro linguaggi, data la comune formazione ed i comuni referenti culturali. Avverrà forse nell età moderna la separazione ed il distanziamento, fino alla dicotomia? Invece proprio nella larga onda del naturalismo rinascimentale poesia e filosofia, scienze naturali ed umane, litterae e scientiae trovano nuovi terreni d incontro: Machiavelli è letterato e pensatore, e per converso Campanella e Bruno sono filosofi e letterati, anzi, poeti. Così sarà di Galileo e dei galileiani: anzi, proprio da essi verrà quella spinta al recupero di una tradizione di lingua desueta alle esigenze espressive e terminologiche della scienza nuova. Certo vi erano falde di letteratura arroccate nella separatezza, quali il petrarchismo italiano ed europeo, cittadella d avorio sorgente nel cuore di Parnaso chiusa in un sogno di vitrea perfezione formale. Ma accanto ed intorno avvenivano incontri e scontri e connubi: la tradizione speculativa, da Montaigne a Pascal a Rousseau amava vestire i panni della riflessione 18

13 moralistica e della grande prosa di tradizione, così come tutta la letteratura religiosa, eloquente e morale del Seicento. La tragedia moderna, come quella antica, dibatteva le grandi questioni delle leggi umane e divine, delle passioni dell uomo e delle necessità sociali, dell erotismo, dell ambizione, dell amore, dell odio: lo faceva con forte intensità di sentimento, e con eloquenza e capacità di commozione, ma anche con profondità di riflessione non soltanto poetica, ma si direbbe filosofica e morale. Il Settecento razionalista. e riformatore, con le sue infinite curiosità e la smania di vivere che slargavano i confini del mondo, produsse una poesia ch era didascalica e satirica, ed una trattatistica che era ricca d intelligenza e d esprit, d ironia e di ragionevolezza: la rivoluzione vera, la dissacrazione dei miti e delle autorità costituite in ogni campo muovevano dal sorriso tagliente di Voltaire, dalla volubilità avventurosa di Casanova, dalla comicità di Goldoni, dalla rivoluzione narrativa di Swift e di De Foe, dall ironia umorosa di Sterne. A che vale continuare nella carrellata fino ai nostri tempi? Romanticismo e decadentismo non sono stati anche i momenti di maggiore tensione conoscitiva della poesia? Non è stato Leopardi, e con lui Goethe, Hölderlin, Shelley, De Vigny, e poi Baudelaire ed i simbolisti di fine secolo, fino a Mallarmé e Rilke, e al nostro Pascoli, a teorizzare una possibilità di conoscenza intuitiva, assai più profonda nelle misteriose corrispondenze della natura, di quanto non possa razionalmente la scienza, anche la più sicura di sé? Ma non solo a livello d intuizione misteriosofica o sensoriale, bensì proprio nell intendimento speculativo, come riteneva il Leopardi nella sua polemica antirazionalista, contro la raison/raison e nell avversione agli entusiasmi scientisti e progressivi di una cultura dell incivilimento di cui si sentiva stretto e deluso. Ne riporto qui una sola citazione dallo Zibaldone: E siccome alla sola immaginazione ed al cuore spetta il sentire e quindi conoscere ciò ch è poetico, però ad essi soli è possibile ed appartiene l entrare e il penetrare addentro ne grandi misteri della vita, dei destini, delle intenzioni, sì generali, sì anche particolari della natura. Essi soli possono meno imperfettamente contemplare, conoscere, abbracciare, co mprendere il tutto della natura, il suo modo di essere, di operare, di vivere, i suoi generali e grandi effetti. Essi solo sono atti a concepire, creare, formare, perfezionare un sistema filosofico, metafisico, politico che abbia il meno possibile di falso, o, se non altro, il più possibile di simile al vero, e il meno possibile di assurdo, d improbabile, 19

14 di stravagante... Finalmente la sola immaginazione ed il cuore, e le passioni stesse... hanno più scoperto e insegnato e confermato le più grandi, più generali, più sublimi, profonde, fondamentali e più importanti verità filosofiche che si posseggano e rivelato e dichiarato i più grandi, alti, intimi misteri che si conoscano, della natura e delle cose... ( , del 22 agosto 1823). Da altre posizioni, si era naturalmente di parere diametralmente opposto, come tutta la vicenda del positivismo e del naturalismo di fine Ottocento dimostrano; senza peraltro che venissero meno le ragioni d intreccio e di scambio, proprio a livello letterario e di metodo scientifico. Ma l Ottocento registra anche la straordinaria vastità d interessi e perfezione formale dell opera di Puskin, la classica rappresentazione delle violenze della storia e delle resistenze degli individui e dei sentimenti umani che si ritrova nella maestosa opera narrativa di Tolstoj, lo scavo allucinante di Dostoevskij nel mondo inquieto e sotterraneo dei demoni dell anima che assediano l uomo, la rappresentazione perfetta di una vita e di una società che ormai è lontana dal nostro tempo ma non dalla nostra anima, ch è nell opera narrativa e drammatica di Cecov. Perché questo fosse possibile ormai lo scrittore doveva essere ad un tempo scrittore e conoscitore dell animo umano, scrittore e indagatore delle vicende della storia, scrittore e maestro nei processi della conoscenza scientifica. L intellettuale letterato del Novecento possiede ingegno riflessivo e filosofico, da Svevo a Pirandello, da Kafka a Camus, da Pessoa a Mann, a Sinisgalli, a Gadda, a Montale, a Calvino, a Gorki a Maiakowskij. E un modo di difendersi (e soprattutto di difendere) dalla straripante sopraffazione della tecnologia, ma anche dalla sterilità delle retoriche. Parola e pensiero, discorso e ragionamento, con le loro intenzioni speculative, dichiarative, suggestive, oratorie, debordano dai loro statuti in un intreccio sempre più fitto in cui concretamente si definiscono. Le capacità combinatorie si dispiegano infinitamente e la semiologia sembra corrispondere, dal versante della parola, alle combinazioni dell informatica e dei sistemi segnici della scienza. Forse proprio oggi, nel comune uso del computer la possibilità di un linguaggio comune degli scrittori e degli scienziati è più reale che mai. E proprio Leopardi, l esile contino recanatese chiuso nella sua tristezza come nella nera redingote che lo vestiva, memore dei suoi studi giovanili di retorica e di filosofia, quanto dire di lettere e di scienza, in un suo pensiero poco noto, che mi piace qui riportare, offre un nuovo elemento alla nostra riflessione: 20

15 Né mi pento - egli scriveva in una lettera degli anni maturi - di aver prima studiato di proposito a parlare, e dopo a pensare, contro quello che gli altri fanno; tanto che se a- desso ho qualcosa da dire, sappia come va detta, e non l abbia da mettere in serbo, aspettando ch io abbia imparato a poterla significare. Oltre che la facoltà della parola aiuta incredibilmente la facoltà del pensiero, e le spiana ed accorcia la strada. In principio era il Verbo, dunque. Ed al principio ci rimanda l esperienza della storia ed il fitto intreccio parola/pensiero e l ininterrotta vicenda delle scienze e delle lettere, con una certezza, più che un augurio, di rinnovata integrazione, tra gli uomini e nelle opere. 21

16 Il sistema semantico dell «Allegria» ungarettiana* 1. Il sistema logico-semantico di Luigi Paglia L individuazione degli elementi logico-semantici 1, dei principi generativi profondi del macrotesto dell Allegria squaderna l universo tematico fondamentale della raccolta, il quale si proietta e si realizza figurativamente nel sistema archetipico, ossia nella trama dei simboli, e nella costellazione metaforica, si attualizza operativamente nelle azioni dei personaggi, il più importante dei quali appare l io lirico, e si dilata nelle coordinate spaziali e temporali. (*) Lo studio che viene qui presentato costituisce la documentazione e la trasposizione in forma saggistica del lavoro didattico, centrato monograficamente sull analisi dei testi dell Allegria ungarettiana, condotto negli ultimi anni scolastici (anche con l ausilio del mezzo informatico, nel quadro della sperimentazione dello studio della Letteratura italiana col computer) con i miei alunni, del corso C del III I. T. C. per Programmatori B. Pascal di Foggia, ai quali viene dedicato il saggio. Esso, rispetto all esperienza didattica, presenta un doppio processo: di dilatazione, per quanto riguarda il numero dei testi poetici esaminati (ridotti a quelli più significativi, in sede scolastica), e di sintesi, in quanto sono stati, ovviamente, eliminati i passaggi didattici necessari nell esplicazione testuale, mentre vengono riproposti gli schemi grafici e i tabulati (che sono funzionali ad una migliore comprensione dei meccanismi semantici dei testi ungarettiani) per l elaborazione dei quali, oltre al quadrato semiologico greimasiano, di cui si dirà nella nota 1, è stato utilizzato il modello topologico dello spazio interno (IN) e dello spazio esterno (ES) elaborato dal Lotman (Cfr. nota 22). 1 - Nel delineare il sistema semantico dell Allegria, si utilizzerà, con alcune modifiche, il modello elaborato da Greimas, e in particolare il cosiddetto quadrato semiologico che prevede tre tipi di relazioni, visualizzate nello schema grafico seguente, tra i quattro termini della struttura elementare della significazione: una relazione di contrarietà (Es.: bianco - nero ) e di subcontrarietà (Es.: non nero non bianco ), una di contraddizione ( bianco non bianco e nero non nero ) ed una di complementarità ( bianco non nero e nero non bianco ). 23

17 L asse semico fondamentale appare quello stabilito sulla direttrice dei contrari pace-guerra: la guerra è il tema ossessivo (anche se a volte rimosso) della raccolta, alla cui negatività si contrappone l aspirazione, talvolta sottaciuta e sotterranea ma non per questo meno avvertita e intensa, alla pace, e all armonia universale. L altro asse semico basilare, parallelo al primo, dei subcontrari è costituito dal rapporto vita-morte, poli vibranti della dialettica esistenziale e situazionale designata nel macrotesto. Inoltre, poiché ogni sistema semiotico è una gerarchia, le relazioni contratte dai termini possono servire, a loro volta, da termini in grado di stabilire tra loro relazioni gerarchicamente superiori. In questo modo le due relazioni di contrarietà contraggono tra loro una relazione di contraddizione e le due relazioni di complementarità stabiliscono tra loro una relazione di contrarietà, come ad esempio, nel cosiddetto quadrato di veridizione (Cfr. la prefazione di P. Magli e M. P. Pozzato a A. J. GREIMAS, Senso 2, Milano, 1985, pp. V-VI, e, per ulteriori approfondimenti, A. J. GREIMAS, Del senso, Milano, 1974, p. 145 ss., e lo stesso Senso 2, p. 47 ss.). 24

18 L essere per la morte, secondo la definizione di Heidegger 2, rappresenta la condizione umana, è il dato fondamentale dell esistenza, ma la guerra agisce come elemento catalizzatore, attualizzante, del dissidio vita-morte, dà ad esso il carattere di imminenza, di drammatica concentrazione e manifestazione. Le relazioni di contraddizione, d altra parte, mettono in luce l irriducibilità della morte disumana, provocata dalla guerra (a cui è parificata la distruzione delle case, come in San Martino del Carso), alla dimensione della pace; mentre, simmetricamente, la vita si oppone alla guerra (la morte appare come la signora della guerra, e la vita della pace). Il superamento del contrasto guerra-pace può individuarsi nella fraternità, ossia nel riconoscimento della appartenenza alla stessa umanità (o, in termini cristiani, della discendenza umana dall unico padre celeste), e nella solidarietà ed aiuto reciproco degli uomini; mentre quello tra la vita e la morte (che mette in luce l umana limitatezza) si riposa e si annienta nella comunione con la natura, o, si proietta, in una dimensione cosmica o religiosa, nell espansione della persona umana nell immenso, o nel divino. Le relazioni di contrarietà e subcontrarietà stabiliscono tra loro un rapporto di contraddizione, per cui la fraternità umana, la solidarietà, che attengono al campo umano, si oppongono alla proiezione nel non umano: la divinità, l immensità, la natura. La relazione di complementarità stabilita tra i termini pace-vita (che è indicatrice di positività: deissi positiva), che può essere individuata nelle caratteristiche, dislocate su vari livelli, psicologico, temporale e spaziale: della sicurezza, dell apertura al futuro e all ES, e dell immissione nel flusso storico, entra in contrasto con le connotazioni della relazione, contraddittoria rispetto alla precedente e orientata sull altra polarità complementare di guerra-morte (che rappresenta il versante negativo: deissi negativa), che investe i livelli semantici della precarietà, della fissazione al presente (e al passato) e all IN, e dell uscita dalla dimensione della storia. Graficamente il sistema semantico dell Allegria può essere visualizzato nel seguente quadrato semiologico greimasiano: 2 - Cfr. M, HEIDEGGER, Sein und Zeit, Tubingen, 1927, traduzione italiana a c. di P. Chiodi: Essere e tempo, Milano,

19 La lettura di alcuni testi dell Allegria esemplifica i tratti del sistema delineato. Come si è detto, il motivo fondamentale della guerra, e delle sue distruzioni, attraversa quasi tutto il libro: da Soldati a San Martino del Carso, da Veglia a In dormiveglia, da Pellegrinaggio ( in queste budella/ di macerie ) a Vanità ( sulle macerie ), e diventa più dirompente proprio quando viene sottaciuto, collocato sotto traccia e quasi rimosso dalla coscienza e dalla rappresentazione, come nel caso di Natale, di Solitudine, di Dormire, di I Fiumi, di C'era una volta, di Peso (in cui l unico accenno alla guerra: Quel contadino soldato, nell edizione udinese del 1916, viene eliminato nella successiva edizione vallecchiana del 1919); mentre la pace rappresenta il termine sotterraneo di riferimento, l elemento contrario di profondità, la filigrana in positivo (giacente nella sfera latente del subconscio, del sonno, del sogno o del ricordo - come avviene, per es., in C'era una volta, Natale, Dormire), della sequenza bellica negativa; ed, inoltre, l armonia, dilatata su scala cosmica, è la massima aspirazione dell io lirico ( mi sono riconosciuto/ una docile fibra/ dell universo// Il mio supplizio/ è quando/ non mi credo/ in armonia, in I fiumi; Resto docile/ all inclinazione/ dell universo, in A riposo). L asse vita-morte, d altra parte, è fondamentale nella visione poetica di tutta la produzione ungarettiana, ed in particolare nell Allegria, apparendo in tutta la sua evidenza in testi esemplari, come S. Martino del Carso, Sono una creatura, e Veglia: in quest ultima composizione i quat- 26

20 tro elementi nodali del quadrato semiologico delineato compaiono contemporaneamente o, per dir meglio, emergono i temi della guerra, della vita e della morte, mentre quello della pace che balena in sottotraccia, prefigurato nel motivo dell amore ( Ho scritto/ lettere piene d amore ), rappresenta l obiettivo profondo, anche se inespresso a livello denotativo, a cui tende il desiderio latente del poeta. La fraternità ( Parola tremante/ nella notte dell esistenza, Foglia appena nata nel deserto umano) appare come il tentativo di superare il drammatico, abissale contrasto tra la guerra e la pace: la timida luce di riscatto dalla bestialità degli uomini si accende, appunto, in Fratelli, e in San Martino del Carso in cui è proiettata sull esangue e muto mondo dei morti (così come nel testo proemiale dell Allegria, In memoria, illumina e lenisce un altra violenza, non quella bellica, ma che, tuttavia, esplode nella grande città estranea la stessa carica dirompente ed annientatrice della guerra). D altra parte, il tentativo di superare l insanabile frattura tra la vita e la morte configura una pluralità di esiti, di direzioni di uscita: la comunione con la natura o con la divinità e la proiezione nell immenso, che appaiono i riferimenti, disposti su una scala di minore o maggiore corrispondenza, del trittico Mattina, Solitudine, Dormire (il grido contro il cielo muto, l identificazione col bianco silenzio del paesaggio nevoso, in cui è insinuato forse anche un abbandonarsi alla morte, e l accecante e- spansione nell immensità, comune anche alla diversa ubriacatura di La notte bella e di Universo); mentre il rovello conoscitivo sulla bramosia di Dio ( Perchè bramo Dio? ) che si acuisce in Dannazione entra in contrasto con l ingenua religiosità del contadino-soldato di Peso, la quale appare come un talismano contro gli orrori della guerra. Il rapporto di contraddizione tra le polarità di segno positivo (sicurezza, a- pertura al futuro ed all ES, nel flusso della storia) e quelle negative (precarietà, fissazione al presente ed all IN, nella stagnazione del tempo storico) determina il numero maggiore di investimenti semantici. Il testo di più alta esemplarità della dialettica sicurezza-precarietà appare Soldati in cui l incipit di stabilità ( Si sta ) viene rovesciato nella designazione massima dell incertezza esistenziale la quale rappresenta il tema centrale anche di altri testi emblematici come Vanità ( Un ombra// Cullata/ e piano/ franta ), Sereno ( Mi riconosco/ immagine/ passeggera// Presa in un giro/ immortale ), Fratelli ( involontaria rivolta/ dell uomo presente alla sua/ fragilità ). Naturalmente, l universo semantico dell Allegria appare molto più 27

21 complesso ed articolato (ed anche più dialettico) dello schematico modello suggerito: per es., la pace, a volte, appare correlativa (coincidente e non oppositiva) alla morte (o alla sua prefigurazione, come avviene in Dormire), e la tranquillità di Natale potrebbe trasformarsi in stagnazione, senza la vitalità e il movimento della raffigurazione del fumo-fuoco del caminetto; mentre la guerra può esasperare l accensione vitale (come in Veglia). Il quadro assiologico dei valori (e disvalori) della semantica fondamentale si converte, a livello di sintassi figurale, in un fare (agire, pensare, dire) antropologico 3. Il fulcro del sistema di operazioni antropologiche individuabili nell Allegria, che si innesta sul quadrato semiologico delineato, è rappresentato, ovviamente, dall io lirico (dalla sua complessità emotivo-psicologica, dalla dialettica conscioinconscio, dalle rappresentazioni e proiezioni psichiche), oltre che dalla serie dei personaggi (soldati, amici vivi e morti, donne ecc.) che svolgono quasi sempre un ruolo di comparse o comprimari, per cui si è potuto parlare da parte di Bàrberi Squarotti della centralità tolemaica dell io che si pone al punto di intersezione dei vari rapporti di contraddizione o di interazione. 2. L universo archetipico-simbolico Il quadrato semiologico trova la quasi perfetta corrispondenza (o la proiezione) nel sistema simbolico la cui organizzazione è orientata in modo binario sui piani superiore ed inferiore ed è polarizzata sui versanti positivo e negativo. Infatti, gli archetipi, appartenenti alla sfera superiore, del cielo, dell aria, del fuoco, del sole, della luce, che appaiono in rapporto di complementarità (ed interdipendenza) con gli altri archetipi (della sfera inferiore) della terra, della vegetazione, dell acqua, della luna, dell oscurità 4, sono orientati sulla polarità positiva (della vitalità o creatività, o della presenza) o negativa (della distruttività o della loro assenza), così che 3 - Cfr. A. J. GREIMAS, Senso 2, cit., pp e e l introduzione di Magli e Pozzato, p. VII. 4 - Gli archetipi del Cielo e della Terra, Fuoco ed Acqua, Sole e Luna ecc., che si co llocano in posizione di complementarità ed interdipendenza, secondo la tradizione orientale sono riconducibili ai principi dello Yin e dello Yang di cui è da sottolineare (e 28

22 anche la loro articolazione assume configurazione quadripartita (in corrispondenza coi principi logico-semantici elementari precedentemente individuati di pace vs guerra e di vita vs morte): BRA [ARMONIA - CARITA - PACE] [GUERRA] CIELO - ARIA CIELO LONTANO 0 NEMICO FUOCO - SOLE - LUCE SOLE - FUOCO DI- STRUTTIVI TERRA - VEGETAZIONE TERRA DESOLATA - DE- SERTO - PIETRA ACQUA - LUNA - OM- ARIDITA - VEGETAZIO- NE SREGOLATA ACQUA DISTRUTTIVA o ASSENTE o STAGNANTE - GHIAC- CIO [AMORE - EROS - VITA] [MORTE] Bisogna, infatti, ricordare la caratteristica della bivalenza degli archetipi, il loro fluttuare, ambiguamente, da un campo semantico all altro (ed anche la loro dialettica interna), estendendosi essi sul doppio versante, positivo e negativo, della creatività o della distruttività. Per es., il simbolo solare può inserirsi nella figurazione del cielo, ed avere una connotazione di creatività, o, al contrario, trasformarsi in un principio di distruttività, in analogia con la sfera del fuoco anch esso fluttuante tra negativo e positivo; così come la terra può essere attratta nel campo dell acqua e della vegetazione, o nel campo opposto della petrosità, dell aridità; inoltre, anche l acqua connotata nel senso della fertilità, può rovesciarsi nell opposto campo della distruttività 5. visibile nel simbolo globale Yin-Yang) l indivisibilità, la compenetrazione, ed anche la particolarità che il primo elemento procede dall altro e viceversa. Cfr. R. GUE- NON, La Grande Triade, Milano, 1980, pp ; cfr. anche M. ELIADE, Traité d'histoire des religions, Paris, 1948, trad. ital. Trattato di storia delle religioni, Torino, 1976, p. 42 ss., e FUNG YU-LAN, Storia della filosofia cinese, Milano, 1975, p. 109 ss. 5 - Sulla bipolarità degli archetipi, cfr. E. FROMM, Il linguaggio dimenticato, Milano, 1972; e il mio saggio Il rovesciamento del tempo solare nei «Preludes» di Eliot, in «RAPPORTI», n , 1980, pp Sul rovesciamento semantico degli archetipi in un altra opera ungarettiana, La Terra Promessa, si veda il mio saggio L'inversione delle connotazioni espansive sul piano 29

23 E evidente che i simboli debbano essere inseriti e decifrati nel contesto del mondo semantico che essi contribuiscono ad attivare, e che debba, quindi, essere rimossa la tendenza che isola i simboli come [... ] oggetti da conoscere negandone il radicamento soggettivo e la mobile complessità e che soffre di una segreta limitatezza metafisica (corsivo nel testo) 6. Si cercherà di delineare un quadro di riferimento sintetico del sistema simbolico ungarettiano, rinviando per un esame testuale più articolato all analisi delle singole poesie in altri miei studi. 2.1 Il cielo è esplicitamente richiamato in Notte di maggio ed investito delle connotazioni dell armonia e della comunione cosmica nella suggestiva raffigurazione della collocazione in capo ai minareti delle ghirlande di lumini, immagine che sembra insinuare l idea delle nozze tra cielo e terra (e tra l elemento maschile e quello femminile) e, quindi, della massima possibilità di unione e di compenetrazione fisica e psicologica, estendendosi altresì al campo archetipico della fecondità e della vegetazione con il riferimento metaforico alle ghirlande. Ma il punto più alto della comunione con l universo viene raggiunto in Mattina, con l espansione dell io nell immensità, e con il rispecchiamento della irradiazione luminosa (mentre, simmetricamente, in Solitudine 7 l armonia viene rovesciata nel negativo dell indifferenza o della mancata comunicazione celeste: il grido verso il cielo che ricade sull emittente), e nella Notte bella in cui l ubriacatura d universo viene coniugata alla figurazione, questa volta esplicita, delle nozze, simbolo -come si è detto di comunione, ed alla metafora di fusione figlio-madre: Ora mordo/ come un bambino la mammella/ lo spazio ed, inoltre, a locuzioni metaforiche relative al campo semantico dell acqua ( sorgiva e stagno di buio in cui appaiono, rispettivamente, l insorgenza e la latenza della dilatazione vitale) o del vino, prodotto della terra ( ubriaco d universo ). In Sereno, l armonia interiore dell io lirico viene raggiunta nella dialettica tra il riconoscimento, collegato allo svelarsi delle stelle, dei limiti spazio-temporale-antropologico negli ungarettiani «Cori di Didone», in «CRITICA LETTERARIA», n. 78, 1993, pp Cfr. J. CHEVALIER e A. GHEERBRANT, Dizionario dei simboli, Milano, 1986, p. XXIX. 7 - Per un esame più approfondito delle poesie Mattina, Solitudine e Dormire, si rimanda al mio lavoro: Configurazione dei rapporti spaziali in un trittico dell «Allegria» ungarettiana, in «OT- TO/NOVECENTO», n. 6/1992, pp

24 umani e la rivelazione della sconfinata apertura del cielo ( Respiro/ il fresco/ che mi lascia/ il colore del cielo// Mi riconosco/ immagine/ passeggera// Presa in un giro/immortale ), cosi come in Godimento la febbrile vitalità dell archetipo luminoso che matura dolcemente, sul piano della metaforica vegetazione, il frutto della giornata, si oppone all insignificanza esistenziale, al rimorso-latrato nel panorama arido ed infecondo del deserto metaforico. In Inizio di sera si realizza il raddoppiamento, sul versante positivo, dell energia radiante e vitalizzante del sole e del principio di fertilità della potenziale acqua delle nuvole; tale figurazione, nella quale si può anche intravedere la compenetrazione dei principi maschile e femminile ( nuvole colme/ trapunte di sole ), ritorna nell immagine analogica ( Come una nuvola/ mi filtro nel sole ) di Trasfigurazione nel cui testo la dialettica cielo-terra si potenzia e si moltiplica (nel gremirsi di motivi erotici e di fecondità) nella vita brulicante della terra (la cui feracità si proietta nella metaforica pienezza del frutto vegetale e di quello umano del bimbo) e nella prospettiva delle fasi del cielo, e trova la sua diffusione (e conclusione) nel bacio cosmico, e il suo inizio (e la sua motivazione) nell eredità biologica della gente contadina, nella scoperta delle origini ( Ben nato mi sento/ di gente di terra ). A riposo prospetta l alternanza tra fasi di espansione e di ripiegamento interiore: in un primo tempo si attua il raddoppiamento (e l interazione) dei due principi vitali del sole e dell acqua, a significanza della massima espansione creatrice dell universo e dell armonico inserimento dell io nel ciclo vitale; le espressioni terrestri restano fecondate dall azione combinata dei due princìpi: l erba flessuosa è seminata di gocciole di sole, le montagne subiscono la transustanziazione metaforica nell acqua ( sorsi ), ed entrano in sintonia col cielo. Nella seconda fase, il rovesciamento della situazione di sublimazione presenta il correlativo oggettivo della discesa dall elevato e sconfinato spazio esterno al sottostante e limitato spazio interno, e dalla luce al buio, anche se tale movimento implica la trivellazione vitale dei territori psichici profondi ( E m oscuro in un mio nido ). In Monotonia, l archetipo celeste dell aria appare sottoposto ad una straordinaria dialettica interna, in quanto oscillante tra i due poli della depressione e del languore, da una parte, e dell armonia e della sublimazione, dall altra, in relazione alla diversificazione temporale presente-passato ed alla variata serie delle figurazioni metaforiche che connotano, sui due piani sensoriali visivo e auditivo, rispettivamente, la declinazione 31

25 luminosa ( appannata, cecità, consunzione ), e l armonia musicale ( arpeggio ). La comunione e l armonia con l universo sono raggiunte in Risvegli, dopo l immersione nel vivificante bagno / di care cose consuete, nel segno della pioggia celeste ( le nuvole che si sciolgono e le gocciole di stelle ) e sono connotate in Annientamento dalla trasmutazione dell io lirico nel principio aereo del volo di nubi, dopo la sua trasmigrazione attraverso le tappe simboliche della vegetazione e dell acqua. 2.2 Il tema della distruzione (nel segno del ferro e del fuoco bellico) è coniugato in San Martino del Carso e in Pellegrinaggio in tutta la sua carica dissolvente, referenziale e metaforica, con la stessa tipologia di immagini ( Brandello di muro e budella di macerie, ho strascicato / la mia carcassa / usata dal fango / come una suola ) e viene dilatato anche sul versante degenerativo del campo semantico dell acqua ( fango ) e della corporeità umana ( brandello e carcassa ), oltre che sul terreno della petrosità ( muro e queste [... ] macerie ), e dispiegato nella dimensione della affermazione dello strazio del cuore o dell illusorio desiderio di metaforica liberazione dalla tragedia della guerra ( E' il mio cuore/ il paese più straziato e un riflettore [... ] mette un mare / nella nebbia ). Anche le macerie di Vanità, segni della cieca distruzione della guerra, appaiono come i correlativi, nel campo delle espansioni-costruzioni umane, della morte dell uomo, e della sua fragilità improvvisamente scoperta (davanti al limpido/ stupore/ dell immensità, a contatto coi simboli della vita: acqua e sole) ed accettata e sublimata nella comunione universale. La distruttività della guerra appare correlata, in modo evidentissimo, alla violenza esercitata sulla notte e sull elemento positivo dell aria ( Assisto la notte violentata// L aria è crivellata [... ] dalle schioppettate/ degli uomini / ritratti/ nelle trincee ), nonché alla profanazione della terra (per lo scavo delle trincee) nel testo di In dormiveglia, mentre in Fratelli la violenza bellica, che egualmente produce i suoi effetti dissonanti ( Parola tremante/ nella notte, Nell aria spasimante ) sulla simbologia positiva dell aria (e della notte), trova un inizio di riparazione e di conversione nel segno vitalizzante dello spuntare (metaforico) della vegetazione ( Foglia appena nata ). La simbologia distruttiva del fuoco ( Reggo il mio cuore/ che s incaverna/ e schianta e rintrona/ come un proiettile ; Guardo l orizzonte/ che si vaiola di crateri ), mutuata dal contesto bellico, appare in tutta la sua carica dirompente in Perché?, in correlazione metaforica col cuore della 32

26 dramatis persona la quale è ulteriormente paragonata alla sostanza inerte (che richiama la pietra così prosciugata/ così refrattaria di Sono una creatura), e quindi priva del potere vitalizzante dell acqua, deteriorata, infine, nella sua compattezza materica ( scaglia dei sassi tarlati/ della improvvisata strada/ di guerra ), che appare figura emblematica della guerra e della morte; tuttavia, l io lirico appare attratto in un moto di levitazione e di liberazione dalla prigione della guerra e del tempo, e dal buio del momento storico, moto che trova il suo veicolo metaforico nell erba che vuole tremare piano alla luce nella cui formulazione appaiono i due simboli vitalizzanti della vegetazione e della luce, richiamati, egualmente, nella settima strofe negli zampilli (acqua), e nei razzi (luce) i quali perdono la loro figura di segnali di guerra. Appare evidente in Ricordo d'affrica la polarità negativa del simbolo solare ( Il sole rapisce la città ) sganciato dall affinità col cielo, e spostato, invece, nel campo distruttivo del fuoco (rimandando ad altri luoghi ungarettiani: il sole belva di Foggia nel Deserto e dopo 8, Di luglio ecc.), così che si identifica e si unisce con la morte, anzi cancella perfino le tombe col suo fulgore annientante (in una sorta di figurazione di morte al quadrato): l energia vitale si rovescia in distruttività, e la luce in oscurità. In Fase d'oriente, invece, il simbolo solare è trasferito nella dimensione individuale, sul piano della guerra e della devastazione interiore, ed evidenziato nella sua carica compressiva nella figurazione della vendemmia umana, correlativo esterno della interna consumante arsione, della devastante tempesta erotica che scarica il suo peso opprimente anche sulla terra, deviata dal suo ruolo creativo, dopo la vanificazione dell illusiva prospettiva equorea delle infinite promesse, dopo la dispersione delle connotazioni acquatico-vegetative ( molle, germogli, lago ) che pure, in un primo tempo, si innestano dialetticamente sull esplosione della violenza erotica. 2.3 La polarità della petrosità, dell aridità, della mancanza d acqua, talvolta in connessione con lo sfiorire della vegetazione e il declinare della luce, spalanca il negativo della morte, e l eclissi dell amore. La morte dell amico Moammed Sceab diffonde la desolazione nell appassito vicolo in discesa (In memoria) e nel buio dello Spazio nero infinito e delle ultime oscurità (Chiaroscuro). 8 - Cfr. Il Tavoliere, in Il deserto e dopo, Verona, 1961, p

27 In Agonia la morte è mancanza dell elemento vitale dell acqua nella proiezione analogica Morire come le allodole assetate che allude alla desolazione e alla morte psichica del personaggio intratestuale, così come la stagione autunnale, con la spoliazione della vegetazione: la caduta delle foglie, egualmente connota la morte (o la precarietà dell esistere) in Soldati. La distruttività della guerra e l incombente presenza della morte sono collegate alle connotazioni negative della durezza e della refrattarietà della pietra, caratteristiche dilatate al massimo dell espressività (e dell espressionismo) in Sono una creatura in cui anche il pianto appare prosciugato e la morte si paga con la dilungata morte dell esistenza. Nel testo di In galleria, l archetipo equoreo si manifesta, sul versante degenerativo, nelle figurazioni dello stagno e del ghiaccio che connotano l indifferenza e la lontananza del cielo, a cui corrisponde, sul piano umano, l acquario/ di sonnambula noia. Nei Fiumi viene realizzata una straordinaria operazione dialettica che evidenzia l energia radiante degli archetipi attivi nel testo. Sul versante negativo appaiono la folgorante immagine dell albero mutilato (in cui vengono connotate la morte o la ferita dell albero della vita, l interruzione dei processi vegetativi) ed, inoltre, i segni dell aridità della dolina (mentre l immagine conclusiva della corolla di tenebre risulta ambiguamente oscillante tra i connotati della depressione e dell espansione). Ma la composizione rovescia nel positivo i segnali di negatività (e ciò costituisce un anticipazione dei motivi presentati nella sezione successiva), investendo il campo semantico della morte ( urna, reliquia ) dei connotati lievitanti della vita, e spalancando l orizzonte dell archetipo acquatico con la reiterazione insistente dei lessemi relativi al campo semantico acqueo ( acqua, fiumi e la nominazione dei quattro fiumi) nel cui segno avviene il viaggio all ndietro nel tempo (e nello spazio) attraverso le epoche della vita dell io lirico, ed anche più indietro, nella discesa nelle passate generazioni in una trivellazione stratigrafica alle fonti della vita. 2.4 L archetipo dell acqua nella poesia dell Allegria, individuato per primo da Macrì 9 ed indagato nelle sue articolazioni e diramazioni nella 9 - Cfr. O. MACRI, Aspetti rettorici e esistenziali dell'«allegria», in ID. Realtà del simbolo. Poeti e critici del Novecento italiano, Firenze, 1968, p. 26 ss. 34

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