monografia Made in Italy Architetture Rivelate

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1 monografia Made in Italy Architetture Rivelate

2 Foto di copertina Italian Americans Ralph Iodice at the San Silverio Shrine of Dover Plains, New York, USA, 2008 Carlotta Maitland Smith La mostra Italian Americans documenta una comunità di italiani provenienti dall Isola di Ponza ed emigrati a New York negli anni 20. Nonostante il tempo e la distanza sono ancora uniti da un incredibile amore per la loro isola e da una forte devozione al loro santo patrono San Silverio. Dopo Parigi (17 febbraio - 17 marzo 2010) la mostra sarà trasferita a Roma e allestita alla Galleria Micro. Periodico di informazione della Fondazione dell Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Torino n. 4/2010 Registrato presso il Tribunale di Torino con il n. 51 del 9 ottobre 2009 Le informazioni e gli articoli contenuti in TAO riflettono esclusivamente le opinioni, i giudizi e le elaborazioni degli autori e non impegnano la redazione di TAO né l Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Torino né la Fondazione OAT TAO n.4/ Direttore Responsabile Riccardo Bedrone Coordinatore Redazionale Liana Pastorin l.pastorin@awn.it Tel Redazione Via Giolitti, Torino Tel Fax Raffaella Bucci raffaella.bucci@awn.it Emilia Garda garda.emilia@libero.it Raffaella Lecchi r.lecchi@awn.it Art Director Fabio Sorano - Lorem impaginazione Davide Musmeci - Lorem FOTOGRAFIE I materiali iconografici e le fotografie provengono dagli autori, salvo dove diversamente specificato. La Fondazione OAT è a disposizione degli aventi diritto per eventuali fonti iconografiche e fotografiche non identificate e si scusa per eventuali involontarie inesattezze e omissioni. STAMPA Unoprint Borgata Tetti Piatti, Moncalieri (TO) Pubblicità fondazione.oato@awn.it Web version Simona Castagnotti Consiglio OAT Riccardo Bedrone, presidente Maria Rosa Cena, vicepresidente Giorgio Giani, segretario Felice De Luca, tesoriere Consiglieri Marco Giovanni Aimetti Roberto Albano Sergio Cavallo Pier Massimo Cinquetti Franco Francone Gabriella Gedda Maria Adriana Giusti Elisabetta Mazzola Gennaro Napoli Carlo Novarino Marta Santolin Direttore OAT Laura Rizzi Consiglio Fondazione OAT Carlo Novarino, presidente Sergio Cavallo, vicepresidente Consiglieri Riccardo Bedrone Mario Carducci Giancarlo Faletti Emilia Garda Ivano Pomero Direttore Fondazione OAT Eleonora Gerbotto Si ringrazia Serena Pastorino

3 Indice 2 Contributors 4 Comitato scientifico 5 L Italia creativa editoriale di riccardo Bedrone Italiani 8 Vivere fra due mondi erminia dell oro 10 L italiano globale il sondaggio 12 'Luogocomunismo' e outlet color ocra davide banfo 14 Torinesi del mondo e il mondo a Torino intervista a loredana ionita, juraj valcuha, allegra hicks, laura tonatto Capitali 2 0 Italia fuori Italia riccardo bedrone 23 Capitali italiane nel Mondo 24 Le vie dell Oriente. Istanbul roberta ferrazza 2 5 Il piano regolatore di Tripoli ezio godoli 2 6 Una piccola Italia in Cina giulio machetti 27 Il teatro Colón a Buenos Aires edgardo salamano 28 New York e le Little Italy lorena bari 2 9 Berlino, nuova capitale italiana? alvise del pra' 3 0 Migrazioni italiane e segni italiani maddalena tirabassi Italici 36 La Ferrari come modello da esportare gianni rogliatti % Made in Italy pasquale de angelis 42 Una lezione di francese cristiano seganfreddo 44 Gli italici: una nuova comunità glocale piero bassetti 4 6 Roundabout 48 Un dialogo per immagini

4 Contributors DAVIDE BANFO Giornalista torinese, ha iniziato come professionista alla Gazzetta del Popolo. Da vent anni è a La Repubblica, dove ha lavorato nelle redazioni di Torino, Bari e nella sede centrale di Roma. Attualmente si occupa delle edizioni locali del sito internet. Insegna tecniche e linguaggio multimediali presso il master di Giornalismo di Torino. Tra i suoi interessi l architettura contemporanea e le trasformazioni urbane. Ha scritto alcune guide per il Touring Club Italiano dedicate al Piemonte e alla Valle d Aosta. LORENA BARI Giornalista televisiva. Lavora a Canale 5 e si occupa di arte, architettura, design, comunicazione. Relatrice in diverse conferenze, tiene lezioni in numerosi istituti italiani. Considera le arti come laboratorio antropologico, analizzando l oggetto culturale in tutte le sue sfaccettature: dalla produzione alla mediazione, al consumo, per comprendere i processi di decodifica (e costruzione) da parte dell utente. Attualmente si interessa dei meccanismi della comunicazione televisiva del costume. PIERO BASSETTI È presidente di Globus et Locus, associazione attenta alla dialettica tra globale e locale, e della Fondazione Giannino Bassetti, che studia la responsabilità nell innovazione. È stato consigliere e assessore del Comune di Milano, primo presidente della Regione Lombardia e deputato al Parlamento Italiano; è stato inoltre presidente della Camera di Commercio Industria e Agricoltura di Milano, dell Unione delle Camere di Commercio Italiane e dell Associazione delle Camere di Commercio Italiane all estero. ERMINIA DELL ORO È nata ad Asmara, in Eritrea, dove suo nonno paterno si stabilì nel È autrice di numerosi reportage dal suo Paese d origine, anche come inviata durante la guerra Eritrea-Etiopia. Ha lavorato per quindici anni nella storica Libreria Einaudi di Milano. Ha scritto libri per adulti, ragazzi e bambini, affrontando anche le tematiche del colonialismo italiano, della Shoà, delle guerre e delle recenti immigrazioni; sono frequenti i suoi incontri con gli studenti delle scuole primarie e secondarie. ALVISE DEL PRA' Laureato in Storia presso l Università degli Studi di Milano, attualmente è ricercatore presso il Centro Altreitalie della associazione Globus et Locus. In passato si è occupato di temi attinenti alle migrazioni storiche e contemporanee, ha lavorato come giornalista e traduttore a Berlino. È autore di Nuove mobilità europee e partecipazione politica. Il caso degli italiani a Berlino (Altreitalie 36-37, 2007) e di Giovani italiani a Berlino: nuove forme di mobilità europea (Altreitalie 33, 2006) PASQUALE DE ANGELIS Dal 1989 è amministratore delegato e responsabile commerciale della S.EL.DA. INFORMATICA, leader sul territorio nazionale nel software gestionale per fotolaboratori industriali e aziende ortoflorovivaiste. Docente in molti corsi privati di discipline informatiche e aziendali, ha acquisito un ampia esperienza in ambito associativo e politico. Attualmente è vicepresidente dell Istituto di Tutela dei Produttori Italiani (ITPI) e membro della Commissione Provinciale per l Artigianato di Ascoli Piceno (CPA). ROBERTA FERRAZZA In qualità di storica dell arte e funzionaria del Ministero per i beni culturali, ha lavorato per molti anni a Firenze come curatrice e nel campo della didattica museale per bambini e per adulti. Dal 2002 al 2007 ha lavorato come addetto culturale e vicedirettrice presso l Istituto italiano di cultura di Istanbul, dove ha avuto l opportunità di condurre ricerche approfondite e di curare testi sulla comunità italiana di Istanbul. Dal 2007 è direttrice dell Istituto italiano di cultura di Lubiana. EZIO GODOLI Professore ordinario di Storia dell architettura presso l Università di Firenze dal 1987, negli ultimi anni ha partecipato a progetti di ricerca sull opera degli architetti europei nei Paesi della riva meridionale del Mediterraneo. Dal 2008 ha organizzato tre esposizioni promosse dal Ministero italiano degli affari esteri sull opera degli architetti italiani in Siria e Libano, in Egitto e in Marocco. Ha promosso inoltre cicli di convegni sulla presenza degli architetti italiani nei Paesi del Mediterraneo. ALLEGRA HICKS Nata a Torino, ha studiato Design a Milano e Belle arti a Bruxelles, prima di trasferirsi negli Stati Uniti, dove ha iniziato la sua carriera nel settore dell arte. Ormai rinomata per l arredamento d interni, nel 1998 ha dato vita alla prima serie di Kaftani. Attualmente vive a Londra e disegna collezioni di tappeti e tessuti, d abbigliamento femminile e per la casa. Autrice di Design Alchemy con Ashley Hicks (Conran Octopus), pubblicherà nel 2010 En eye for design (Abrams).

5 LOREDANA IONITA Nata nel 1972 a Bacau (Romania), è in Italia dal Torinese di adozione, avvocato, professore all agenzia formativa TuttoEuropa ove precedentemente ha conseguito un master in Traduzione giuridico-amministrativa per l UE. Specializzata in mediazione culturale, ambito penale giudiziario. Nel percorso di integrazione ha svolto diverse attività lavorative (interprete, traduttrice, mediatrice culturale), prima di diventare il primo legale rumeno iscritto all Albo forense nel capoluogo piemontese. GIULIO MACHETTI Insegna Storia contemporanea presso l Università degli studi di Napoli L Orientale. Dalla fine del 2001 è consigliere di amministrazione della società partecipata S.i.re.na. cittàstorica. I suoi interessi di ricerca si sono orientati sullo studio della struttura sociale, economica e politica del Mezzogiorno d Italia tra età crispina e fascismo e sulla mobilità sociale in epoca contemporanea. Attualmente coordina con Brunella Como una ricerca sulla storia dell ex-concessione italiana a Tianjin. Claudio Mellana Vignettista, dalla fine degli anni 60 pubblica su riviste underground e di controcultura alcune delle quali ha partecipato a far nascere: Ca Balà, Puzz, Gero Zoom, Pelo & Contropelo. È autore di contributi su riviste e giornali tradizionali come Paese Sera, La Stampa, Stampa Sera, l Unità, Radiocorriere, Pianeta, ABC, Novasocietà, Gong, Il Collezionista. Nel 1991, insieme a Dino Aloi, per Feltrinelli, pubblica Un lavoro da ridere nel centenario delle Camere del Lavoro di Torino, Milano e Piacenza. GIANNI ROGLIATTI Torinese del 1929, giornalista, direttore editoriale de La Manovella, ha iniziato a scrivere nel 1959 interessandosi al mondo dell auto a 360 gradi ed in particolare alla Ferrari, grazie allo stretto rapporto instaurato sin dal 1956 con il fondatore Enzo Ferrari e successivamente con il figlio Piero e con l attuale presidente Luca di Montezemolo. Sulla Casa di Maranello ha scritto molti libri e articoli e la storia ufficiale edita nel 2007 in occasione del 60 anniversario del primo esemplare prodotto. EDGARDO SALAMANO Laureato alla Facoltà di Architettura e Urbanistica di Buenos Aires e dottore di ricerca in Pianificazione regionale e progetto urbano presso l Università Sorbona di Parigi, ha frequentato la scuola di specializzazione in Urbanistica a Berlino. Ha curato mostre e pubblicazioni e ha tenuto lezioni in ambito accademico; si è occupato di urbanistica e pianificazione per numerose istituzioni pubbliche. Attualmente è consulente del Ministero per lo sviluppo urbano della città di Buenos Aires. CRISTIANO SEGANFREDDO Direttore di Fuoribiennale (piattaforma di sviluppo del contemporaneo), di Innov(e)tion Valley (progetto di pianificazione strategica del Nord-Est come area al mondo con il più alto tasso di industria creativa), e amministratore di Agenzia del Contemporaneo (società di servizi dedicati all ambito della contemporaneità, per istituzioni e brand). Curatore di eventi e mostre con una particolare attenzione alle interazioni con la moda, il design e l architettura, in uno stretto rapporto con il tema di impresa-cultura. MADDALENA TIRABASSI È direttore del Centro Altreitalie sulle Migrazioni Italiane (associazione Globus et Locus) e della rivista Altreitalie. Curatrice della mostra itinerante Migrazioni italiane esposta in numerose città italiane ed europee, è nel comitato scientifico di Italia 150 per la sezione emigrazione e fa parte del comitato scientifico del Museo dell Emigrazione di Roma. È stata docente di letteratura angloamericana presso l Università di Teramo. Ha pubblicato numerosi saggi su riviste italiane e straniere e alcune monografie. LAURA TONATTO Torinese per nascita, ha collaborato con il maestro profumiere Hassan del Cairo e con Serge Kalouguine. Alla creazione di profumi su misura, affianca un intensa attività divulgativa, divenendo docente nel master post-laurea in Scienza e tecnologie cosmetiche a Ferrara. Ha sviluppato numerose collaborazioni con istituzioni culturali (dal Festival del Cinema di Roma all Hermitage di San Pietroburgo). È stata inoltre insignita di numerosi premi tra cui il Creativity Award 2008 nel Regno Unito. JURAJ VALCUHA Nato nel 1976 a Bratislava, in Slovacchia, ha studiato al Conservatorio Nazionale a San Pietroburgo e a Parigi. Dal 2003 al 2005 è stato direttore assistente presso l Orchestra e l Opéra National di Montpellier, debuttando nello stesso periodo con l Orchestre Nationale de France. Ha diretto le più importanti orchestre del mondo: Parigi, Lione, Bologna, Londra, Berlino, Pittsburgh, Lipsia, Milano. Dal novembre 2009 è direttore principale dell Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai.

6 Comitato scientifico Marcello Cini Professore emerito di Istituzioni di fisica teorica e di Teorie quantistiche all Università La Sapienza di Roma, è stato vicedirettore della rivista internazionale Il Nuovo Cimento. Il suo ambito di ricerca interessa prevalentemente lo studio delle particelle elementari della meccanica quantistica e dei processi stocastici. Dagli anni 70 ha accompagnato questa attività con studi di storia della scienza e di epistemologia, e interventi su varie riviste e sul quotidiano Il manifesto, di cui è tra i fondatori. Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo l Ape e l Architetto (1976) scritto insieme a Giovanni Ciccotti, Michelangelo De Maria e Giovanni Jona-Lasinio, Il paradiso perduto (1994), Dialoghi di un cattivo maestro (2001). Ha ricevuto il premio Nonino 2004 A un maestro italiano del nostro tempo. Mario Cucinella Architetto, ha fondato lo studio Mario Cucinella Architects, a Parigi, nel 1992 e, a Bologna, nel 1999 con la socia Elizabeth Francis. I suoi progetti sono caratterizzati da innovazione tecnologica, salvaguardia ambientale e sostenibilità architettonica; tra i più significativi, il progetto di ricerca sulla casa 100K, il Sino Italian Ecological Building a Pechino e la nuova sede del Comune di Bologna. Ha partecipato a grandi concorsi internazionali, ricevendo numerosi riconoscimenti, tra cui il Mipim Green Building Award 2009 e l Architectural Review Future Projects Award 2009 a Cannes, Francia. Si dedica inoltre alla ricerca e allo sviluppo di prodotti di design industriale e all attività didattica, ricoprendo il ruolo di Visiting Professor all Università di Nottingham e tenendo regolarmente conferenze in Italia e all estero. PHILIPPE POTIÉ Architetto, è professore ordinario di Histoire et cultures architecturales a Versailles. Membro del comitato di redazione della rivista Le visiteur (Société Francaise des Architectes, SFA) dal 2007, è fondatore della rivista Dessin/Chantier in collaborazione con Cyrille Simonnet (1982). È autore di numerosi saggi e monografie sui temi dell architettura, della storia delle tecniche costruttive e della rappresentazione di cui, fra le più significative, si segnala Le couvent Sainte Marie de la Tourette, Fondation Le Corbusier/ Birkhäuser (bilingue francese-inglese, 2001 inglese/cinese, 2007). Responsabile nazionale di numerosi gruppi di ricerca nell ambito della cultura costruttiva, tra cui Le Plan Urbanisme Construction Architecture, histoire et devenir d une politique d expérimentation, Plan Urbain Construction Architecture, CYRILLE SIMONNET Architetto e ricercatore presso il Laboratoire Dessin Chantier a Grenoble ( ). Dal 1997 è professore ordinario di Architettura e arti applicate presso l Institut d architecture de Genève, e direttore dello stesso istituto di Ginevra dal 1998 al Attualmente è professore di Storia dell arte presso la facoltà di Lettere dell Università de Genève. Le sue principali pubblicazioni a carattere storico e teorico riconducono ad una lettura dell architettura come fatto costruttivo e sociale. È referente culturale di una rete di ricerca legata sia all ambito accademico che professionale (Réseau Cultures Constructives) che organizza convegni e seminari nell ambito del rapporto fra architettura e tecniche costruttive. È membro del comitato di redazione della rivista FACES (Ginevra). Ha al suo attivo più di cinquanta pubblicazioni oltre alle numerose partecipazioni ad opere collettive.

7 L Italia creativa Editoriale di Riccardo Bedrone Ma si può, oggi, parlare dell Italia come metafora di creatività, cultura, fantasia, insomma di tutto ciò che siamo abituati a pensare di noi stessi, guardando alla nostra gloriosa storia passata? Già al termine del miracolo economico un autorevole osservatore delle nostre attitudini, come Ennio Flaiano, non ci credeva più e scriveva amaramente fra trent anni l Italia non sarà come l avranno fatta i governi, ma come l avrà fatta la televisione e ancora l italiano è un tentativo della natura di smitizzare se stessa. Questa volta TAO ha voluto provare a verificare se il pessimismo sia giustificato e condiviso, oppure se sussistano motivi di orgoglio e di speranza, almeno guardando alle testimonianze che gli italiani hanno saputo esprimere, in passato, di quella creatività che ancor oggi è indissolubilmente intrecciata con il marchio Made in Italy. Lo spunto è offerto dal progetto di mostra Capitali italiane nel Mondo che l Ordine degli architetti di Torino ha preparato per i festeggiamenti del centocinquantenario dell Unità d Italia, nel 2011, e che lo ha portato a scandagliare il contributo di innovazione nei costumi, negli stili di vita, nell ambiente urbano adattato o creato ex novo dagli italiani all estero dal 1861 ad oggi. E dagli interventi ospitati sulla rivista sembra prevalere la fierezza di chi riconosce quanto sia stato importante il nostro contributo nel mondo e quanto anche oggi e in futuro possa esser utile e apprezzato. Certo, c è chi (Banfo) segnala la perdita delle nostre radici architettoniche come effetto derivato della (in)cultura di massa. Ma c è anche chi (Bassetti) propone una lettura totalmente nuova dell italianità e della sua forza innovativa, che preferisce attribuire all italicità, come idea aggregante di una comunità allargata agli extracomunitari integrati, ai figli degli italiani all estero, agli italiofili E chi esalta i prodotti italiani come simbolo assoluto di supremazia creativa e tecnica la Ferrari e chi si impegna a tutelarli, ritenendoli più che mai valore in sé e come tale patrimonio collettivo da non disperdere. Nello stesso senso si possono intendere le interviste ai nuovi creativi che l Italia produce, come fucina continua di genialità, purtroppo spesso più apprezzate al di fuori dei suoi confini. Ma, soprattutto, gli interventi qui ospitati di tanti studiosi evidenziano il quadro straordinario che traspare dalle testimonianze materiali dell architettura italiana all estero, in ogni Paese, in ogni latitudine ove, per emigrazione o per aggressione, l Italia abbia messo piede. Questo perché, come ben sottolinea Tirabassi, se in termini numerici i movimenti migratori presentano cifre impressionanti, gli italiani che li hanno alimentati hanno lasciato profondi segni della loro presenza nelle diverse società. Si tratta di segni diretti, legati alle loro professionalità, architetti, ingegneri e artisti, maestranze, artigiani, scalpellini, stuccatori, intagliatori e manovali con influenze derivate dal continuo intreccio tra migrazioni di professionisti e migrazioni non specializzate. Insomma, parrebbe di capire che la creatività, l inventiva, l estro, la genialità, come caratteristiche peculiari della gente italiana (e non solo dei suoi rappresentanti eccellenti), sopravvivano ancor oggi, nonostante tutto, alla decadenza dei costumi e della morale che ogni giorno di più le pagine di cronaca ci riferiscono tristemente.

8 Gli abitanti dello Stivale Italiani Chi è più italiano? Chi lo è per nascita o chi lo diventa per scelta? Come è possibile veicolare l italianità nella propria professione? Quali stereotipi ci perseguitano? Davide Banfo 'Luogocomunismo' outlet color ocra Nascono all estero tante 'piccole Italie', caratterizzate da un modo comune di intendere i luoghi urbani

9 Erminia Dell Oro Vivere fra due mondi Una città descritta come una giostra di lingue, di colori, di profumi. Asmara è una città sospesa. Solo entrando nel mondo degli altri non sono più stranieri e noi stranieri a loro L italiano globale Quali sono i nomi a cui si riconosce maggiore italianità? Esiste un Made in Italy anche in architettura? Loredana Ionita Laura Tonatto Torinesi del mondo e il mondo a Torino Quattro storie per raccontare chi è italiano, come e dove Allegra Hicks Juraj Valcuha Ph Carlotta Maitland Smith - Adele in her sitting room. She was born in the Bronx and has never returned to Italy, Bronx, New York, USA, 2008

10 8 Italiani Vivere fra due mondi Erminia Dell Oro Un tempo, in uno dei luoghi più magici di Asmara, il Caravanserraglio, sostavano le carovane dei cammellieri che risalivano l altopiano. Immagino che la notte i mercanti accendessero fuochi per tenere lontane le iene, i leopardi, gli sciacalli. Per cucinare e scaldarsi nelle ore notturne sull altopiano. Fumavano narghilè e si raccontavano storie, sotto un cielo coperto di stelle. Vado al Caravanserraglio, diceva talvolta mio padre. Quando ero bambina credevo che andasse in un luogo incantato, con animali fiabeschi dove soltanto gli adulti potevano entrare. Forse aveva capito che mi ero inventata una fiaba, e non rivelava l acquisto di ferri vecchi che si trovavano soltanto in quell immensa fucina. Mio nonno paterno lasciò la natia Lecco nel 1896, diretto in Congo Belga. Durante la tappa forzata nel porto di Massaua, avendone abbastanza di quel lungo viaggio, sbarcò. L Eritrea era da pochi anni una colonia italiana. Il giovane e avventuroso Carlo decise di raggiungere il grande villaggio posato sull altopiano, a duemilaquattrocento metri. Non c erano strade, né ferrovia. Salì, immagino, con una carovana di cammellieri. Mi chiedo se anche lui, nella prima notte ad Asmara, abbia sostato al Caravanserraglio, ascoltando i racconti di altri viaggiatori, e narrando dei luoghi che aveva lasciato. Uno scambio di esperienze e culture diverse come in un bellissimo racconto di Italo Calvino ne Le città invisibili. La mia città è invece sospesa. Sospesa nel tempo, in attesa. Un balcone fiorito, attraversato da uccelli variopinti, posato sull orlo dei precipizi. Arrivarono ad Asmara, in quel primo Novecento, gli ebrei adeniti che fuggivano dalle persecuzioni nello Yemen, arabi yemeniti, indiani, greci, armeni. Architetti italiani costruirono la sinagoga (1906), la cattedrale in stile lombardo con mattoni a vista, la grande moschea, e la bellissima chiesa copta Nda Mariam-Casa di Maria. Entravo con le amiche nei variopinti negozietti degli indiani, profumati da incensi, compravamo braccialetti di vetro, andavamo a guardare i tessuti sgargianti e le babbucce di seta nei negozi degli ebrei, compravamo datteri e biscotti al miele nelle bottega di Ahmed e lui, conoscendoci, ci regalava caramelle. Nella grande casa di Sansone Banin, con le stanze piene di voci che mescolavano parole arabe ebraiche inglesi italiane, mi affascinava la figura della nonna. Una signora anziana, vestita sempre con abiti lunghi, orientali, che fumava un lungo narghilé, sdraiata su un divano. Andavamo al mercato, dal signore dei coralli. Era un uomo dalla lunga barba bianca, seduto con le gambe incrociate, avvolto nella jallabia e con il gilè per metterci i soldi. Portava il turbante, come tutti i mercanti arabi. Ci vendeva straordinarie perline colorate, aveva tempo e pazienza, il mercante delle mille e una notte. In quel mercato delle meraviglie, accanto alle stradine delle botteghe orientali, avevo visto, sulla piazza, un fantoccio che si muoveva nel vento, appeso a uno strano congegno. La donna eritrea che mi accompagnava ero ancora bambina mi portò via in fretta, ma io mi voltavo a guardare quella tunica bianca, una vela nell aria, e sentivo le urla di una povera donna. Avevano impiccato un bandito.

11 Italiani 9 Ph Anna Godio Mio padre aveva rapporti di lavoro e di amicizia con imprenditori arabi, indiani, greci, e giocava a scacchi, quasi ogni sera, con un maggiore dell esercito britannico. Io mi dividevo fra la mia abitazione e quella della mia amica più cara, di famiglia ebraica. Andavamo spesso nella casa dei suoi nonni, parlavano spagnolo quando non volevano farsi capire da noi bambini. La nonna veniva da Cipro, il nonno dalla Spagna. C è sempre quella casa avvolta dalle buganvillee, dove Beniamino Levi mi offriva il tè speziato e mi raccontava, affascinandomi, storie bibliche. Cultura e religioni diverse che in un microcosmo mi rendevano partecipe di un vasto mondo. Non pensavo, allora, che si potesse vivere in un mondo diverso. I bambini italiani non giocavano con i coetanei eritrei, che abitavano periferie estreme senza alberi e fiori, senz acqua, con la polvere sollevata dal vento. Conoscevamo i bambini eritrei, che si arrangiavano nel centro della città, a guadagnarsi la sopravvivenza. Li salutavamo, ci davano informazioni preziose, c era fra noi la complicità dell infanzia. Ma abitavamo mondi distanti, divisi da barriere create dagli adulti. Erano i bianchi i padroni, nella terra dove da sempre abitavano i neri. Quando torno a casa cammino, per ore, nei luoghi amati. Cammino con un senso di felicità e con un senso di angoscia per questo popolo orgoglioso, ospitale, che ha attraversato lunghi anni di guerre, di sacrifici, di infinite perdite, e ancora soffre. Li sento fratelli, gli eritrei. Cammino per le piccole strade con pareti dove si arrampicano nasturzi, buganvillee e per i viali principali. Edifici di diverse epoche e stili fanno della luminosa Asmara una città molto particolare. Vado al mercato delle granaglie, banchi colorati da frutta, verdura, piramidi di cereali, grani di sale lucente. Salgo l Amba che porta al cimitero di Asmara, dove è narrata, fra date e fotografie sbiadite, la storia dei vecchi coloni. Il cielo blu, la terra rossa, i colori dei fiori, le lepri che corrono fra le tombe danno vita a questo luogo dei morti. Torno al mercato, passo accanto alla chiesa copta e percorrendo strade mercato arrivo davanti al Caravanserraglio. Oltrepasso, emozionata, l ingresso a portico. All interno, fra le mille scintille dei fonditori, regna un magico caos. Nubi di polvere rossa avvolgono le donne che macinano il berberè, ragazzini offrono tappeti colorati, modellano ogni genere di attrezzi, espongono macinini di caffè di altre epoche. Si intrecciano cesti, si fabbricano scarpe ricavate da vecchi pneumatici. Voci, suoni, odori. Forse una notte, nel silenzio, torneranno i mercanti con i loro cammelli, carovane dei tempi lontani. E narreranno altre storie. Penso all Italia, dove nei primi anni mi sono sentita straniera, io cittadina italiana I bambini di oggi condividono i banchi di scuola con bambini di altri Paesi, di altre religioni. Ancora non sanno che è una grande ricchezza stare insieme. Anch io non lo sapevo. L ho capito negli anni vissuti in Italia. Sono stata fortunata a crescere in un Paese di culture diverse. Chissà, forse mio padre mi aveva trovato al Caravanserraglio, dove l inimmaginabile è possibile.

12 10 Italiani L italiano globale Un sondaggio tra gli iscritti OAT (e non solo) per indagare che cos è il Made in Italy nel linguaggio comune Il concetto di italiano non indica esclusivamente l appartenenza ad una nazione, ma assume un significato più ampio, descrive un vero e proprio stile di vita, rappresentato soprattutto attraverso stereotipi radicati nel tempo. E sono proprio gli stereotipi a rendersi veicoli dell italianità nel mondo: pizza, mafia e mandolino sono tra i termini più ricorrenti per descrivere l Italia e si sono diffusi a tal punto da entrare a far parte di un linguaggio universale. Ma esistono anche aziende e prodotti che hanno saputo guadagnarsi il favore del mercato internazionale, diventando famosi in tutto il mondo. Marchi come Fiat e Ferrero sono così noti all estero da divenire simbolo dell Italia e hanno contribuito a rendere il Made in Italy rinomato. In questo contesto viene spontaneo interrogarsi sul ruolo dell architettura nel veicolare l italianità fuori confine. Esiste ancora (o è mai esistito) un Made in Italy in architettura? Gli architetti di epoca romana e rinascimentale hanno contribuito a rendere famosa l Italia nel mondo, ma è corretto parlare della loro opera come di un Made in Italy? E oggi chi ha preso il loro posto? Renzo Piano e Massimiliano Fuksas sono espressione di un modo di progettare all italiana o esclusivamente individuale? Hanno risposto al sondaggio Federico Alzu, Barbara Biasiol, Maria Vittoria Capitanucci, Alberto Brunasso Cassinino, Giorgio Comoglio, Romina Cuda, Tommaso Delmastro, Roberto Doglio, Marco Virginio Fiorini, Francesca Gianola, Giudy Girardina, Raffaela Maglio, Enrico Maritano, Andrea Muzio, Giuseppe Pollichino, Paolo Pitone, Alberto Raimondi, Giovanni Sessa, Monica Stroscia, David Terracini, Davide Turaglio, Stefano Vellano, Silvia Zanetti, Andrea Zavattaro e molti altri anonimi.

13 Italiani 11 Nel campo del restauro Renzo Piano, Noumea. Nomi di archistar (Renzo Piano, Gae Aulenti, ecc). Palazzo Lascaris a Nizza. Il teatro del mondo di Aldo Rossi. Se estendiamo architettura al design soprattutto nella componentistica e finiture (rivestimenti illuminazione sanitari arredi ecc). Beaubourg. Acquedotti e costruito romano, Rinascimento e Barocco, stop Architetture locali e nei materiali. Da Palladio a Juvarra, dal Rinascimento al Barocco, un periodo di tempo a cui non corrisponde nell'era attuale un concetto di architettura così grandioso e importante se non con singoli e limitati progetti architettonici e urbanistici. Le architetture delle archistar sono a volte l'espressione di una idea che spesso è solo autocelebrazione e non un vero Made in Italy; l'architettura è una idea universale e non può essere l'espressione chiusa di una sola nazione ma di un individuo che l'ha pensata. Le opere di Giò Ponti, Ridolfi, Michelucci, Carlo Scarpa, E. Sottsass, A. Mendini Il rapporto con la storia e il territorio. Le grandi opere di Renzo Piano. Esisteva nei secoli passati, dai Romani all'800. Oggi l'italia ha perso il primato dell'arte internazionale nel campo dell'architettura, mantenendolo ancora nel design, nel cinema, nella moda. Perché? Perché l'italiano non ha più il senso della civitas cioè della collettività (cui l'architettura è rivolta). Sopravvive il bello nel privato. Nel pubblico è morto. Renzo Piano. Purtroppo è visibile da chiunque giornalmente. Sono gli edifici comuni che si continuano a costruire diffusamente nel nostro Paese, senza alcuna qualità architettonica o tecnica. Probabilmente sono questi i rappresentanti veri del Made in Italy architettonico, e non le rare e pregevoli eccezioni, realizzate da studi che hanno passione per questo mestiere. In negativo: quello scempio fatto da più generazioni di geometri scatenati, incompetenti complici una classe politica corrotta e una popolazione sostanzialmente amorfa. In positivo: il design degli anni 60, 70 e '80 che ha contaminato in positivo molti architetti. Semplice... Vitruvio... solo noi abbiamo questo innato senso della proporzione, l'armonia, il bello! Difficile fare un esempio... esiste una cultura italiana che permea l'architettura e fa si che essa diventi riconoscibile e non confondibile con quella di altri Paesi. Forse ciò era più vero nei secoli passati, però qualcosa di quel genius loci ancora rimane. Isola, Rossi... Roma antica, Palladio, il Rinascimento in genere, Nervi, Rossi, Piano, le piazze disegnate. Esisteva, le opere di architetti come Terragni ne sono un esempio.

14 12 Italiani 'Luogocomunismo' e outlet color ocra L Italia perde le sue radici architettoniche Davide Banfo Un piccolo episodio, ma significativo. Un candidato alle elezioni regionali del Lazio finisce al centro di un caso politico per aver regalato dei calendari con le gesta del Duce e il banner del suo sito personale. Il politico si difende parlando di un omaggio dei suoi sostenitori per testuali parole i 70 anni dell inaugurazione di Pomezia. Inaugurazione? Possibile che un ex esponente di An non ricordi proprio nulla della mistica fascista. Le città si fondano, non si inaugurano come i centri commerciali. Osservando l Italia del 2010 da lontano o, meglio ancora, dalla siderale distanza del web, si avverte una specie di cesura netta con le sue radici. Anche l Italia del Ventennio, come dimostra il patetico aspirante consigliere regionale del Lazio, è stata cancellata. Il piccone demolitore è confinato nei libri di storia, il quartiere dell Eur viene difeso paradossalmente dalla Lega Nord che non vuole farsi scippare da Roma ladrona il gran premio di Formula 1 che si vorrebbe correre usando come grande paracarro il Palazzo delle Civiltà. L Italia del passato non esiste più. I grandi monumenti diventano delle specie di cartoline, o meglio sfondi per cartoline. Quella che prevale, e non vale citare come al solito l antropologo Marc Augé, è un Italia, architettonicamente parlando, del non luogo. L unica Italia vera e riconosciuta è quella ricreata negli outlet gestiti da multinazionali. Basse costruzioni ad un piano rosa, ocra o gialline. Il resto è stato dimenticato. Prevale una specie di luogocomunismo che tende a omogeneizzare tutto. Le periferie delle grandi città sono ormai tutte uguali. Sembrano quelle francesi con forse qualche rotonda in meno ma le stesse insegne dei centri commerciali. Il discorso non è quello di rimpiangere le città italiane degli anni 60-70, ma forse qualche identità locale ancora all epoca si avvertiva. Il Nord era segnato dalle fratture tra le banlieue industriali e le campagne che tendevano ad essere occupate dai capannoni. Nelle città del Sud la campagna arrivava quasi all improvviso, con gli ultimi palazzi che anno dopo anno venivano superati da altri agglomerati spesso abusivi. Uno scenario andato avanti con qualche modificazione per quasi vent anni nel mito della crescita economica, della cementificazione del territorio. I capannoni degli anni 60 sono i progenitori dei capannoni che negli anni 90 hanno invaso tante zone pregiate come le Langhe, la campagna romagnola, le colline o le pianure toscane e venete. Una metastasi che non è stata sufficientemente combattuta, ma anzi promossa e agevolata da tante amministrazioni pubbliche. Le stesse amministrazioni che si ritrovano poi a fare i conti con le vecchie fabbriche nei centri storici, vecchie fabbriche tutte promosse a pezzi di archeologia industriale nella speranza di trasformarle in qualche museo o spazio sociale. Il problema, senza avere la presunzione di parlare di massimi sistemi, non è provare nostalgie, ma riflettere un attimo. La ricorrenza dei 150 anni dall Unità d Italia potrebbe essere una grande occasione. L Italia è un Paese che ancora si vende bene. Turisticamente parlando è in crisi da anni, ma all estero stanno crescendo tante piccole Italie. Il web, come accennato, ne è l esempio. Non

15 Italiani 13 Ph wikimedia commons - Croq ci sono solo il cibo e la moda a rendere interessante il Made in Italy. Forse c è ancora un modo di intendere le città con la loro storia che rende questo paese unico. Firenze non è uguale a Venezia non solo perché non ci sono il mare, le gondole o l acqua alta. Torino non assomiglia a Catania o a Palermo nonostante siano evidenti per tutte e tre le città gli influssi del Barocco. Milano ha ancora meno grattacieli di qualsiasi piccola città della Cina o degli Stati Uniti. Roma ( fondata dai gemelli Romolo e Remo e non inaugurata!) resta unica e straordinaria con i suoi palazzi finalmente ripuliti e i monumenti sopravvissuti a duemila anni di angherie e devastazioni. A proposito: anche il Colosseo non si sottrae alla ignominia di certe definizioni da reality show dove il sussidiario di terza elementare è l ultimo libro letto o sottolineato. L Anfiteatro Flavio è stato definito da uno studente in gita scolastica che si era perso quel muro alto, alto e pieno di buchi. Una definizione perfetta per farsi venire a prendere da una professoressa rassegnata, precaria e mal pagata. L Italia è un Paese che rispetto a 150 anni fa sta decisamente meglio. Grazie al sommerso ha un economia in grado di superare crisi internazionali che hanno messo in ginocchio altre nazioni. La sua capacità di reagire alle grandi emergenze non è stata neanche scalfita dagli ultimi scandali che hanno fatto precipitare in un unico calderone eroi (civili) e faccendieri (miserabili). L Italia resta un Paese fatto di mille piccole realtà che, nonostante il processo di unificazione sia andato avanti in modo contradditorio ma impetuoso, rimangono gelose della propria autonomia, della propria identità. Riempiamo gli outlet sparsi per il Bel Paese di pannelli per spiegare chi sono stati i grandi architetti italiani, quali sono i fondamenti della civiltà italiana. Alimentiamo qualche speranza per il 2061

16 14 Italiani Torinesi del mondo e il mondo a Torino L Italia e gli italiani: il punto di vista di chi è appena arrivato nel nostro Paese e di chi se ne è andato da tempo e porta all estero la sua italianità. Interviste a Loredana Ionita, Juraj Valcuha, Allegra Hicks, Laura Tonatto Loredana Ionita Loredana Ionita è un avvocato rumeno, nata a Bacau, arrivata a Torino per ricongiungersi alla madre Viorica, già precedentemente emigrata in Italia per motivi di lavoro. Nel nuovo contesto sociale, in seguito ad un iniziale periodo di difficoltà, Loredana si è agevolmente integrata, quasi a voler testimoniare la vicinanza tra i due popoli latini. DOMANDA Quando è arrivata a Torino e quale motivazione l ha spinta a rimanere? Risposta Ho visitato per la prima volta la città in un breve soggiorno avvenuto nel Mi sono trasferita definitivamente nel 2001, per stare vicina a mia madre, ma anche attratta dalla piacevolezza del luogo e dalla cordialità delle persone, nonché per il desiderio di inseguire il mio destino, alla stregua di un cavaliere errante che insegue ed è ad un tempo artefice della propria Leggenda Personale. D Dove ha preso avvio la sua professione di avvocato? In Italia o in Romania? R Mi sono laureata in Romania nel 1996 e ho ottenuto nel 1998 l abilitazione alla professione forense e la titolarità del mio studio. In quel periodo la situazione economica generale del mio Paese, effetto di un inflazione galoppante, non offriva interessanti opportunità lavorative, né di crescita professionale. Per questo motivo molte persone sono emigrate all estero. Grazie al mio percorso di integrazione e agli studi, a luglio dell anno scorso sono riuscita ad ottenere il riconoscimento dei miei titoli e l iscrizione all Albo degli Avvocati di Torino. D Quali stereotipi conosce legati all Italia o agli italiani? R Gli stereotipi accomunano tutti i Paesi; certo bisogna conoscere le diverse realtà per avere opinioni oggettive e non sconfinare nei pregiudizi. In Romania gli italiani erano soprannominati ironicamente macaronari e broscari, in quanto mangiatori di maccheroni e di rane. In generale l idea che mi ero fatta era di persone gentili e simpatiche, con uno spiccato senso degli affari. Avevo sentito parlare anche della mafia italiana, ma naturalmente non si deve fare di tutta l erba un fascio. D Secondo lei, con quali stereotipi sono connotati i rumeni in Italia? R Le donne rumene rubano gli uomini alle italiane, gli uomini rumeni amano più la grappa che le loro donne, per citare stereotipi che potrebbero suscitare ilarità. Altri rasentano la calunnia o la diffamazione e questi preferisco ometterli ed esprimere così il mio dissenso. D Quali sono i suoi ricordi del regime? R Durante la dittatura di Ceausescu era garantito il minimo vitale. Pur non mancando il lavoro e la casa, la vita era fatta di sacrifici, di privazioni e tutto era subordinato al bene dello Stato. Nelle cooperative agricole di produzione, veniva reclutata tutta la forza lavoro disponibile, inclusi gli studenti delle medie e delle superiori, che svolgevano un lavoro patriottico, raccogliendo granoturco, barbabietole ecc. Per approvvigionarsi di generi di prima necessità, occorreva avere la tessera e fare code estenuanti

17 Italiani 15 dalle quattro del mattino. La privazione più abominevole era quella di non poter esprimere apertamente le proprie idee, aggravata dalla presenza ovunque della securitate, la polizia segreta che si è macchiata di crimini efferati. L unica finestra sul mondo occidentale era la stazione radio La voce dell America, ascoltato di nascosto, con timore e circospezione. Nel 1989, la caduta di Ceausescu e della moglie Elena (considerata la vera mente delle azioni del marito) aveva suscitato speranza e disperazione. Ricordo la sensazione di terrore del Paese, le strade deserte e le porte sbarrate. Dalla televisione appresi ciò che stava accadendo, qualcosa che rasentava l impossibile. Poi i bus pieni di ragazzi che andavano verso Bucarest e che salutavano con le due dita alzate in segno di vittoria; la guerra civile in un vortice di terrore e di crudeltà, con il sacrificio di troppe vittime innocenti; infine l esecuzione di Ceausescu. D Quali sono i luoghi di Torino che apprezza di più? R Appena arrivata, sono rimasta colpita dal monumento emblema di Torino, la Mole Antonelliana. Successivamente ho avuto modo di ammirare ed apprezzare l architettura dei palazzi della città, sono rimasta affascinata dal barocco torinese di Juvarra e Guarini e dai tanti musei cittadini, e non per ultimo dallo stupendo polmone verde, il Parco del Valentino. D Gli architetti hanno realizzato anche architetture giudicate orribili per la forma e per il degrado sociale e ambientale che hanno alimentato. Esiste un reato per distruzione di opere d'arte e costruzione di mostri architettonici? Che pena infliggerebbe? R Le strutture architettoniche rispecchiano la civiltà di un popolo, la sua storia e devono avere un valore simbolico in sintonia con canoni estetici raffinati; proprio per questo non credo esista una pena sufficientemente adeguata per quello che considero una grande offesa, non solo ambientale ma anche morale. D Un piatto tipico che ha assaggiato? R La conoscenza dei piatti tipici di una regione credo sia una tappa fondamentale nel processo di integrazione. Ho avuto modo di assaggiare ed apprezzare alcuni specificità della cucina piemontese, tra cui la bagna cauda, il fritto misto alla piemontese, i dessert al cioccolato. Seppure i sapori della cucina torinese si discostino da quelli tradizionali della cucina rumena, apprezzo ugualmente ambedue. D Prima di venire a Torino, dove si era fatta un idea dell Italia? R Attraverso i film d autore, i documentari sul Bel Paese, che in Romania sono in lingua originale sottotitolati, e dai libri di autori italiani. D Che cosa non sopporta di Torino? R Lo smog e il traffico, ciò che mi ha indotto a trasferirmi nella tranquillità di un paesino di provincia. D Che cosa sta leggendo in questo momento e quali sono i suoi autori preferiti? R Sto leggendo un libro motivazionale, Come trattare gli altri e farseli amici di Dale Carnegie. Leggo molto, tra i miei autori preferiti ci sono i classici della letteratura italiana e della letteratura internazionale. Mi piacciono Pirandello, D Annunzio, Svevo, Hemingway, Antoine de Saint-Exupéry, Hugo, Eminescu, ecc. D Ha un suo motto? R Prima ci ho creduto col cervello, poi l ho fermamente voluto con il cuore, infine mi sono semplicemente dato da fare (Barone Bich). Juraj Valcuha Juraj Valcuha, trentatreenne, slovacco, già affermato a livello internazionale, è da novembre 2009 il nuovo direttore principale dell Orchestra sinfonica nazionale della Rai. La sua formazione artistica è avvenuta tra Bratislava, San Pietroburgo e Parigi e la sua carriera di direttore lo sta portando in giro per il mondo. DOMANDA Che cosa conosceva dell Italia prima della nomina della Rai? RISPOSTA Conoscevo già l Orchestra della Rai, che avevo diretto almeno in 4 programmi diversi. Avevo già trascorso qualche settimana a Torino. Ho diretto anche a Napoli, Venezia, Bologna, Genova e Milano, tutte città affascinanti. D Le piace Torino? R È una città positiva, ha un ottima energia. D Torino è una città antica che ha conosciuto un importante passato industriale, ora in fase di grande trasformazione. Può citare qualche edificio di Torino storico o moderno che l abbia più colpita e perché? R Direi il Lingotto, con il suo Auditorium progettato da Renzo Piano, architetto a me familiare: abito a Parigi e vado spesso al Beaubourg, dirigo a Berlino e passo sempre nel Sony Center per andare alle prove. Il Lingotto è una fabbrica trasformata in una sala da concerti apprezzata dalle piu grandi orchestre che vi fanno tappa nelle loro tournée europee. D Secondo lei, esiste un atmosfera torinese? Qual è l angolo della città nel quale trascorre volentieri una pausa? R Torino ha una vera personalità: non è esuberante, non è ostentatoria, ma è accogliente, ha un certo stile. Mi piace vagare per le vie del centro, osservare le facciate orgogliose degli edifici. D Un piatto o una bevanda torinese e un esempio invece tipicamente italiano. R I marrons glacés, il bicerin, ma anche i piatti col tartufo e con un bel bicchiere di Barbaresco. D Il teatro più bello e funzionale in Italia nel quale vorrebbe o tornerebbe a dirigere un orchestra? R Finora ho diretto alla Fenice, al San Carlo di Napoli, al Comunale di Bologna: uno più bello dell altro. La parola funzionale non mi sembra molto in sintonia con questi prestigiosi edifici. Il fatto di trovarsi a fare musica in questi luoghi, testimoni di tanta grandezza e creatività, aiuta ad accettare la mancanza di funzionalità. Dirigo anche spesso in sale molto sofisticate che offrono soluzioni tecnologiche all avanguardia. Entrambi gli aspetti sono interessanti. D L ha mai affascinato il Made in Italy e a che cosa lo riconduce? Secondo lei esiste ancora? R Come non rimanere affascinato? L estetica, la purezza delle linee, la qualità dei prodotti. Si può ancora parlare del Made in Italy e bisogna puntare sul-

18 16 Italiani la qualità e l esclusività. In poche parole: si deve resistere. D La musica usa un linguaggio universale, ma l opera è un elemento di orgoglio italiano, che ha anche rappresentato l unità del Paese. Lei dirige anche l opera. Quanta italianità c è allora nella sua arte? R L opera è una forma d arte italiana. Non solo l opera è stata inventata in Italia, ma in tutte le sue manifestazioni fuori Italia deve fare i conti con la tradizione interpretativa italiana. Tutti direttori e interpreti devono cercare d appropriarsi di un italianità ogni volta che dirigono o interpretano l opera (che sia tedesca, russa o francese). È ovvio che Verdi e Puccini sono i più legati all Unità d Italia e l Unità d Italia è partita da Torino D Un gioco per chiudere. Quali architetti italiani conosce e quale brano musicale abbinerebbe a ciascuno di essi? R Il primo che mi viene in mente è Palladio abbinato a Mozart (e Palestrina). Allegra Hicks Allegra Hicks, torinese fino a 18 anni, si trasferisce a Milano per frequentare una scuola di design e successivamente a Bruxelles, specializzandosi nel disegno tessile; inizia a lavorare a New York per un artista contemporaneo e successivamente si sposta a Londra. DOMANDA Come è iniziata ed è proseguita la sua carriera londinese? RISPOSTA Nel 1996 ho iniziato a disegnare tappeti e stoffe per interni (prodotti in 25 unità per modello) in collaborazione con diversi studi di architettura; tre dei miei tappeti sono utilizzati nel Parlamento inglese come arazzi decorativi. Recentemente ho aperto un negozio lifestyle in cui vendo i tessuti d arredamento, i tappeti e le collezioni d abbigliamento che disegno; la matrice della mia creatività è la produzione di stampe disegnate e questo mi consente diverse applicazioni. D Le piace Torino? Qual è il suo rapporto con la città natale? R Considero Torino una città viva e intere s s a nte d a u n pu nto di v ista inte ll et tu a l e. È una città bella a livello architettonico. Ma per me è soprattutto un luogo allo stesso tempo familiare e sorprendente. Ho lasciato Torino da ragazzina; non è stato difficile perché stavo per iniziare una nuova esperienza e la curiosità ha prevalso sulla nostalgia. Il posto da cui si arriva è sempre in noi e vi si può sempre fare ritorno. È diverso se invece si lascia la propria città in fuga o da emigrante: sapere di non potere più ritornare indietro avrebbe reso l addio molto più difficile. D Come mai ha scelto Londra? R Ero attratta dal mondo anglosassone, che per me rappresentava l eccesso, l esotico, il diverso. Vivere prima a New York e poi a Londra mi permetteva una forte astrazione, mi consentiva di non sentirmi radicata alle mie radici. Allo stesso tempo però mi ha sempre lasciato con un piede ancora in Italia. D È stato facile integrarsi all estero? R Gli Stati Uniti sono molto inclusivi: ci si integra facilmente e nell arco di poco ci si sente immediatamente statunitensi. Gli inglesi sono molto diversi: non sono inclusivi, ma sono tolleranti. Non incasellano chi arriva da un altro Paese e questo consente ampia libertà. È difficile però sentirsi inglesi, si resta sempre italiani. Amano molto l Italia (dai Grand Tour del Settecento in poi) e questo mi aiuta, come italiana, a rinsaldare le mie radici. D Ritiene che essere italiana le sia stato d aiuto nel suo lavoro? R Torino è una città con un eleganza incredibile: è uno stile, non una semplice moda che dura tre mesi; il suo fascino non si esaurisce facilmente. Nel mio lavoro e nei prodotti che vendo ho cercato di portare questo senso di eleganza che caratterizza la mia città. D Esiste ancora un Made in Italy nel campo della moda? R Sì. Il Made in Italy è sinonimo di qualità e non si tratta solo di un etichetta. In Italia esiste un know-how diffuso nel campo della moda che è impensabile in altri Paesi, ad esempio in Gran Bretagna dove non esiste nemmeno l industria della moda. Tuttavia non sempre il concetto di made in trasmette un immagine positiva: ad esempio i miei ricami sono prodotti in India perché la qualità degli artigiani in questo ambito è la più alta al mondo; in India sono ancora diffuse delle abilità che noi occidentali abbiamo perso da secoli. Tuttavia se un tappeto è Made in India è automaticamente visto come un prodotto hippie, da tutti i giorni; è inimmaginabile associarlo ad un oggetto di alta qualità. D Secondo lei quanto è diverso dall Italia vivere a Londra? R Gli inglesi non hanno la capacità di godersi la vita con la stessa naturalezza che abbiamo noi: hanno un culto della vita molto diverso dal nostro. Ad esempio noi diamo molta importanza al mangiare bene; gli inglesi molto meno. Io sono regionalista: ogni città ha le sue specificità. Torino ha il cioccolato, la Fiera del Libro, il Conservatorio; Londra il teatro e i musei. D Con quali stereotipi sono rappresentati gli italiani in Gran Bretagna? R Gli inglesi sostengono che quando vedi uno vestito da inglese è sicuramente un italiano. Gli italiani sono visti come focosi, istintivi, goduriosi, ritardatari e inaffidabili. Però se si chiede a un inglese Dove vorresti vivere?, la risposta è sempre In Italia. Se con i francesi c è sempre un rapporto di concorrenza e competizione, gli italiani invece sono posti su un piano diverso, non confrontabile perché prevale sempre l ammirazione. D Quale edificio torinese e quale londinese vestirebbe e come? R Se potessi scegliere ricoprirei la GAM di Torino con gigantografie che riproducano le opere esposte all interno e la Mole Antonelliana con del muschio verde; a Londra sceglierei invece il London Bridge e lo ricoprirei di monete di cioccolato. D Se dovesse descrivere un architetto con una stoffa, chi sceglierebbe? R Guarino Guarini è per me damasco, Carlo Mollino è velluto rosso, Tadao Ando è lino grezzo e Zaha Hadid è pelle nera e voile trasparente.

19 Italiani 17 Laura Tonatto Laura Tonatto, uno dei nasi più famosi e ricercati al mondo, è stata una dei relatori alla Conversazione OAT, Il naso nell'architettura. Il primo incontro è stato nella sua casa-laboratorio dove crea profumi, dietro le grandi vetrate che guardano i boschi della collina, la città e le montagne. DOMANDA Un naso si eredita o si educa? RISPOSTA Si educa e un po si nasce. Il mio primo ricordo olfattivo risale a quando ero bambina e mi ero ferita il naso cadendo. Ricordo distintamente l odore del sangue e dell acqua clorata del medicamento usato da mia madre. Avevo una nonna con questo mio stesso istinto, che però non ne aveva fatto un lavoro. Dei miei due figli, il maschio è come me, la femmina assolutamente no, a dimostrare che la passione da sola non basta. D Chi sono stati i suoi maestri? R La prima maestra è stata la nonna, che ha rappresentato il punto di partenza, la presa di coscienza delle mie capacità. Mi parlava di Guerlain e di Guy Robert, oggi ultraottantenne, che ho avuto la fortuna di conoscere e che mi ha molto seguita. Il privilegio che si vuole riferire ai nasi in realtà non esiste: bastano due fragranze, di cui una deve essere la rosa, e il profumo è fatto. Ecco perché realizzo corsi: perché chiunque può comporre un profumo. Mi piace trasmettere la capacità di usare l olfatto soprattutto per aiutare a capire la realtà che ci circonda. Perché il profumo, come diceva Yves Saint Laurent, è il fratello del respiro. È necessario un allenamento continuo come per la musica anche per chi crea fragranze. Le fragranze sono come i colori per i pittori. Certo di Caravaggio ce ne fu uno soltanto Miscelare è un istinto ed è lo stesso che guida i migliori chef. D Qual è stata la fragranza-rivelazione? R L ambra d Egitto, che esiste solo nel Paese che le dà il nome e che ho scoperto quand ero diciannovenne. È una costante nelle mie esperienze olfattive. Chi ama i miei profumi ama quella fragranza. D Quale lingua parla il profumo? R Una e tutte. L olfatto risiede nell ipotalamo, sede degli istinti come la fame, il sonno e il sesso. Non è quindi un senso addomesticabile: se sento una cosa e sto bene, mi piace; al contrario, se mi procura disagio, la detesto. Nei rifugi di Londra della seconda Guerra Mondiale, il diffuso profumo di lavanda ricordava ai sopravvissuti i cadaveri e in generale un senso di morte. Il profumo è un linguaggio universale, ma l istinto è personale. Ognuno di noi ha una sensibilità diversa. D Quanta italianità c è nei suoi profumi? R Moltissima, e come italiani possiamo vantare anche capacità, che ci riconoscono in tutto il mondo: gli italiani hanno lasciato un imprinting per esempio nella rinomata (per i profumi) Francia, dove le coltivazioni di fiori quali la rosa, il gelsomino e la lavanda sono un eredità di Caterina de Medici andata in sposa al re di Francia. Un campo dove gli italiani eccellono è il cibo: mangiare una mozzarella di bufala è un esperienza sensoriale! Così è per me l orto botanico di Palermo, dove ho scoperto l odore di zagara che tanto contribuì alla buona riuscita del film di Luchino Visconti, che volle quella fragranza per Claudia Cardinale per renderla meravigliosa e permearne il set, rendendo l atmosfera olfattiva reale. D Caravaggio l ha ispirata per un profumo, come è nata questa idea? R Colleziono Maddalene del periodo barocco romano: Maddalena è la santa protettrice dei profumieri. Mi sono appassionata al periodo e ho studiato il Suonatore di liuto che è ospitato all Hermitage di San Pietroburgo. Quell opera, commissionata a Caravaggio dal cardinale Giustiniani, era programmaticamente multisensoriale. Ho svolto un lavoro filologico, consapevole del fatto che Caravaggio dipingesse dal vivo e che quindi sentisse tutti quegli odori, anche quello della cera usata per incerare il liuto e il tavolo di finto marmo su cui erano appoggiati gli oggetti da ritrarre. Avevo realizzato quel profumo per me, ma il direttore dell Hermitage mi propose un esperienza interessante: far vedere il quadro agli spettatori anche con il naso. D Lei ha prodotto profumi per personaggi famosi: quali caratteristiche l hanno guidata e da dove ha tratto l ispirazione? R Creo profumi dal Tutto è cominciato in un piccolo negozio in via Brera a Milano nel quale si affacciarono presto i primi clienti importanti che desideravano una fragranza su misura: Ornella Vanoni, Elio Fiorucci, Lucia Locatelli, Francesco Totti, Asia Argento, Ornella Muti, Giorgio Armani. Ma il cliente più importante, quello che da solo basterebbe a rendere famoso un marchio nel mondo, è Elisabetta II d Inghilterra. Nel 2008 la Regina mi chiese una fragranza esclusiva per le candele e gli ambienti di Buckingham Palace e delle altre residenze reali. Il profumo che ho realizzato per la regina Elisabetta unisce stile inglese a creatività italiana: abbiamo investigato insieme tutto il percorso olfattivo da quando era una ragazzina ad oggi. D Per quale città creerebbe un profumo? R Sicuramente per Roma, che è la città più bella al mondo e per me fonte di relax. In particolare mi ispirano il Palazzo Doria Pamphilj e la sua collezione e Villa Giulia. Mi piacerebbe creare un profumo anche per Torino e le fonti di ispirazione sarebbero il fiume, dove amo canottare e dal quale mi godo lo spettacolo della città, e Piazza Vittorio Veneto, che amo per la sua atmosfera magica soprattutto quando c è la nebbia o anche quando c è l aria frizzantina della prima primavera. D Per quali architetti realizzerebbe un profumo e con quali essenze? R Per tre donne: per Francesca Moroso userei note di legni africani, per Paola Navone mughetti e fiori d'arancio e per Gae Aulenti rosa e ambra. D Esiste il Made in Italy? E nei profumi? R Esiste uno Smerd in Italy, per citare Olivero Toscani e la grandissima vergogna di cui si è coperto il nostro mercato. Ma è il pubblico che decide e alla lunga qualcuno il conto deve pur pagarlo, se le borsette vengono prodotte in Cina a due euro e rivendute in Italia a duemila Preferisco i piccoli artigiani, sempre coerenti con il loro lavoro. La profumeria italiana è conosciuta e stimata e sicuramente rappresenta un Made in Italy di cui andare orgogliosi. D In primavera uscirà il suo nuovo profumo da donna Notte a Taif. Qual è il suo profumo meglio riuscito? R Quello che devo ancora realizzare.

20 Made out of Italy Capitali Il mondo è pieno di un Made in Italy che non siamo abituati a riconoscere e che esiste da sempre: è quello di città o di pezzi di città immaginate, disegnate, costruite da italiani in giro per il mondo, tanto che possono considerarsi 'anche italiane' Capitali italiane nel mondo Storia e geografia di una vicenda extraterritoriale Istanbul Roberta Ferrazza Tripoli Ezio Godoli Tianjin Giulio Machetti Buenos Aires Edgardo Salamano New York Lorena Bari Berlino Alvise del Pra'

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