Premesse. Capitolo Spazi L p

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1 Capitolo 1 Premesse 1.1 Spazi L p Indicheremo con un aperto misurabile di R N, con dx la misura di Lebesgue e con la misura di secondo Lebesgue. Siano f e g due funzioni misurabili su. Definiamo f ρ g se e solo se f = g quasi ovunque (q.o.). È facile vedere che ρ è una relazione di equivalenza. Definizione Sia p R con 1 p < ; sia L p () = {f : R misurabili: f p dx < } ρ e [ f = f p dx p ] 1 p. Definizione Sia e L () = {f : R misurabili: ess sup f < + } ρ f = ess sup f. Si può dimostrare che se è un insieme tale che <, valgono le seguenti inclusioni. Siano 1 p < q, si ha: L q () L p (). Notazione. Sia 1 p ; denotiamo con p l esponente coniugato di p, 1

2 2 Premesse cioè il valore tale che 1 p + 1 p = 1, se p = 1, p = e viceversa. Gli spazi L p sono spazi di Banach, riflessivi per 1 < p < e separabili per 1 p <. Ricordiamo alcuni teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integrale. Teorema (di Beppo Levi, della convergenza monotona). Sia (f n ) una successione crescente di funzioni misurabili e non negative q.o. Detto f il limite puntuale delle f n si ha: lim f n (x) dx = f(x) dx. n + Dimostrazione. Cf. [16] Teorema Lemma (di Fatou). Sia (f n ) una successione di funzioni misurabili e non negative q.o. e tale che f n converge q.o. a una funzione f. Allora: f(x) dx lim inf f n (x) dx. n + Dimostrazione. Cf. [16] Teorema Teorema (di Lebesgue, della convergenza dominata). Sia (f n ) una successione di funzioni di L 1 () convergente q.o. verso una funzione misurabile f. Sia g L 1 () tale che per ogni n 1, f n g q.o. su. Allora f L 1 () e: lim f n (x) dx = f(x) dx. n + Dimostrazione. Cf. [16] Teorema Lemma (di Vitali). Sia (f n ) una successione di funzioni misurabili, e supponiamo che f n converga a f q.o. Allora: lim f n (x) f(x) dx = 0 n + ε > 0 δ > 0 : A < δ sup n N A f n dx ε. Dimostrazione. Cf. [16] Teorema

3 1.1 Spazi L p 3 Teorema Siano (f n ) e (g n ) due successioni di funzioni di L 1 () tali che f n f e g n g q.o. Supponiamo che e Allora f n g n q.o., lim g n g = 0. n 1 lim f n f = 0 e f g q.o. n 1 Notazione. Sia X uno spazio di Banach. Indicheremo con X il suo duale, cioè lo spazio delle forme lineari e continue su X. Se f X e x X scriveremo f, x in luogo di f(x), e diremo che, è il prodotto di dualità tra X, X. Teorema (di rappresentazione di Riesz). Sia 1 p < e sia ϕ (L p ). Allora! u (L p ) : ϕ, f = uf f L p. Si ha u L p = ϕ (L p ). Dimostrazione. Cf. [5] Teorema IV.11. Osservazione. Faremo sempre l identificazione (L p ) = L p. Notazione. Indichiamo con C c (R N ) lo spazio di tutte le funzioni continue su R N, a supporto compatto, cioè: C c (R N ) = {f C(R N ); f(x) = 0 x R N \K, K compatto} Teorema Lo spazio C c (R N ) è denso in L p (R N ) per ogni 1 p <. Dimostrazione. Cf. [5] Teorema IV.12. Notazione. C c () è lo spazio di tutte le funzioni continue su che si annullano fuori di un compatto K, Cc k () = C k () C c (), C c () = C () C c (), (a volte si indica con D() o con C0 () lo spazio C c ()). Teorema Lo spazio Cc () è denso in L p () per ogni 1 p <. Dimostrazione. Cf. [5] Corollario IV.23.

4 4 Premesse 1.2 Spazi di Hilbert Definizione Uno spazio di Hilbert H è uno spazio vettoriale munito di un prodotto scalare (u v) e che risulti completo rispetto alla norma u H = (u u) 1\2. Un esempio molto importante è L 2 () con prodotto scalare (u v) = u(x)v(x)dx. Teorema (di rappresentazione di Riesz-Frechet). Per ogni ϕ H esiste un unica f H, tale che ϕ, v = (f v) v H. Dimostrazione. Cf. [5] Teorema V.5. Faremo quasi sempre l identificazione H = H. Una situazione tipica in cui non faremo tale identificazione è la seguente: sia H uno spazio di Hilbert munito del prodotto scalare ( ) e della norma. Sia V un sottospazio H vettoriale, denso in H. Sia V munito della norma che lo rende uno spazio di Banach riflessivo, e supponiamo inoltre che l iniezione canonica di V in H sia continua, e cioè v H c v v V. Identifichiamo H e H. Si può allora immergere H in V e ottenere il seguente schema: V H = H V, (1.1) con immersioni continue e dense. Se supponiamo che V sia uno spazio di Hilbert, si potrebbe identificare V con il sio duale, ma a quel punto la (1.1) sarebbe assurda. Ciò mostra che non si possono fare simultaneamente le due identificazioni, si deve fare una scelta. Definizione Una forma bilineare a(u, v) : H H R è i) continua se esiste una costante C tale che: a(u, v) C u H v H u, v H, ii) coercitiva se esiste una costante α > 0 tale che a(v, v) α v 2 H v H.

5 1.3 Spazi di Sobolev 5 Teorema (di Lax-Milgram). Sia a(u, v) una forma bilineare continua e coercitiva. Allora, per ogni ϕ H esiste un unica u H tale che a(u, v) = ϕ, v v H. Inoltre, se a è simmetrica, u ha la seguente proprietà: u H e 1 2 { 1 a(u, u) ϕ, u = min v H 2 } a(v, v) ϕ, v. Dimostrazione. Cf. [5] Corollario V.8. Definizione Una successione (e n ) di elementi di H si dice base Hilbertiana se: i) e n H = 1 n, (e m, e n ) = 0 m, n, m n. ii) Lo spazio vettoriale generato dalle combinazioni lineari finite di (e n ) è denso in H. Vale il seguente Teorema Ogni spazio di Hilbert separabile ammette una base Hilbertiana. Dimostrazione. Cf. [5] Teorema V Spazi di Sobolev Sia 1 p. Definizione Sia u L p () : g 1,..., g N L p () tali che W 1,p () = u ϕ x i = g iϕ ϕ Cc (), i = 1,..., N. Lo spazio W 1,p () è detto spazio di Sobolev. Le funzioni ϕ Cc Si pone () sono dette funzioni test. H 1 () = W 1,2 ().

6 6 Premesse Per u W 1,p (), porremo ( u u = g i e u =, u ) u,..., = grad u x i x 1 x 2 x N che viene detto gradiente debole della u. Indichiamo con u = N u L p x i e con ( u v) = i=1 N ( u i=1 Lo spazio W 1,p () è munito della norma x i L p, ) v x i u W 1,p = u L p + u L p o della norma equivalente ( u p L p + u p L p ) 1\p. Mentre lo spazio H 1 () è munito del prodotto scalare a cui è associata la norma equivalente alla norma di W 1,2. (u v) H 1 = (u v) L 2 + ( u v) L 2 ( ) 1\2 u H 1 = u 2 + L 2 u 2 L 2 Proposizione Lo spazio W 1,p è uno spazio di Banach per 1 p, è riflessivo per 1 < p < e separabile per 1 p <. Lo spazio H 1 è uno spazio di Hilbert separabile. Dimostrazione. Osservazione. Cf. [5] Proposizione IX.1. Diamo due risultati importanti: a) Sia (u n ) una successione di W 1,p tale che u n u in L p e ( u n ) converge verso un limite v in (L p ) N, allora u W 1,p, u = v e u n u W 1,p 0. b) Se 1 < p basta sapere che u n u in L p e che ( u n ) è limitata in (L p ) N per concludere che u W 1,p.

7 1.3 Spazi di Sobolev 7 Diamo anche la definizione dello spazio di Sobolev W m,p () Definizione Sia m 2 un intero e sia p un numero reale 1 p. Definiamo per ricorrenza W m,p = (u W m 1,p (); u x i W m 1,p () i = 1, 2,..., N) Lo spazio W m,p () munito della norma u W m,p = 0 α m D α u L p è uno spazio di Banach. Poniamo H m () = W 2,p (); H m () è munito del prodotto scalare (u, v) H m = 0 α m (D α u, D α v) L 2 Notazione. Dato x R N poniamo x = (x, x N ) con x R N 1, x = (x 1, x 2,..., x N 1 ) e sia Poniamo inoltre x = ( N 1 i=1 x 2 i ) 1\2. R N + = {x = (x, x N ); x N > 0} Q = {x = (x, x N ); x < 1 e x N < 1} Q + = Q R N + Q 0 = {x = (x, x N ); x < 1 e x N = 0} Definizione Si dice che è un aperto di classe C 1 se x Γ = esiste un intorno U di x in R N ed un applicazione H : Q U biettiva tale che: H C 1 (Q), H 1 C 1 (U), H(Q + ) = U e H(Q 0 ) = U Γ

8 8 Premesse Teorema Sia di classe C 1. Sia u W m,p () con 1 p <. Allora esiste una successione (u n ) di Cc (R N ) tale che u n u in W m,p (). Ovvero, le restrizioni ad delle funzioni di Cc (R N ) sono un sottospazio denso di W m,p (). Dimostrazione. Cf. [5] Corollario IX.8. Diamo alcuni risultati molto importanti sulle immersioni degli spazi di Sobolev in alcuni spazi L p. Consideriamo il caso in cui sia un aperto di classe C 1 con Γ = limitata. Se p < N indichiamo con p il numero reale p = Np N p. Teorema Sia 1 p. Si ha se 1 p < N, allora W 1,p () L p (), se p = N, allora W 1,p () L q () q [p, [, se p > N, allora W 1,p () L (), con iniezioni continue. Dimostrazione. Cf. [5] Corollario IX.14. Teorema (di Rellich - Kondrachov). Supponiamo limitato di classe C 1. Si ha se p < N, allora W 1,p () L q () q [1, p [, se p = N, allora W 1,p () L q () q [1, [, se p > N, allora W 1,p () C(), con iniezioni compatte. Dimostrazione. Cf. [5] Teorema IX.16. Osservazione. Se non è limitato, l immersione W m+j,p () W j,q () non è compatta in generale. Infatti, sia R N non limitato. Allora esiste una successione (B i ) di palle aperte, reciprocamente disgiunte, contenute in, e tutte aventi lo stesso raggio. Sia Φ 1 C0 (B 1) e supponiamo Φ 1 = A k,p,b1 k,p > 0 per ogni k = 0, 1, 2,... e p 1, dove con k,p,b1 indichiamo la norma in L p (B 1 ) della derivata k-esima di Φ 1. Sia Φ i una traslata di Φ 1 avente supporto in B i. Allora (Φ i ) è una successione limitata in W m+j,p 0 () per ogni j, m, p fissati. Ma per ogni q si ha che: Φ i Φ k j,q, = [ Φ i q j,q,b i + Φ k q j,q,b k ] 1/q = 2 1/q A j,q > 0, quindi (Φ i ) non ha sottosuccessioni convergenti in W j,q (). E quindi l immersione di W m+j,p () W j,q () non può essere compatta.

9 1.3 Spazi di Sobolev 9 Definizione Sia 1 p < ; W 1,p 0 () indica la chiusura di C 1 c () in W 1,p (). Si pone H 1 0 () = W 1,2 0 (). Lo spazio W 1,p 0 munito della norma indotta da W 1,p è uno spazio di Banach separabile; è riflessivo se 1 < p <. H0 1 è uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto scalare di H 1. Poiché vale il Teorema si ha che W 1,p 0 (R N ) = W 1,p (R N ). Osservazione. Inoltre, sia G una funzione lipschtziana e t.c. G(0) = 0. Allora u H 1 0 = G(u) H 1 0, G(u) = G (u) u. G è una funzione lipschitziana, quindi G (x), derivata prima di G, esiste q.o.. Per esempio se G(x) = x, si ha che u = u( x ) u. Se u = 0 su un insieme di misura positiva, potrebbe non essere definita ( x ) u. Ma sugli insiemi di livello di u, cioè {u = k}, si ha u = 0 q.o., e quindi, su questi insiemi, si ha G(u) = 0 essendo u = 0 e G (u) una quantità limitata. Teorema (Disuguaglianza di Poincaré). Supponiamo che sia un aperto limitato. Allora esiste una costante C (dipendente da e da p) tale che C u L p u L p u W 1,p 0 () (1 p < ). 1,p In particolare u L p è una norma su W0 () equivalente alla norma u ; mentre su W 1,p H1 0 (), u v è un prodotto scalare che induce la norma u equivalente alla norma u L 2 H 1. Dimostrazione. Cf. [5] Corollario IX.19. La disuguaglianza di Poincaré continua a sussistere sia se è di misura finita, sia se è limitato in una sola direzione. Teorema (Disuguaglianza di Sobolev). Sia un aperto e sia 1 p < N, allora esiste una costante S (dipendente da e da p) tale che S u L p u L p u W 1,p 0 (). Dimostrazione. Cf. [5] Teorema IX.9. Lo spazio duale di W 1,p 0.

10 10 Premesse Notazione. Indichiamo con W 1,p () lo spazio duale di W 1,p 0 (), con 1 p < e con H 1 () lo spazio duale di H 1 0 (). Identifichiamo L 2 () con il suo duale ma non identifichiamo H0 1 () con il suo duale. Si hanno le seguenti inclusioni H 1 0 () L 2 () H 1 (), con immersioni continue e dense. Se è limitato, si ha W 1,p 0 () L 2 () W 1,p () se con immersioni continue e dense. Se non è limitato, si ha W 1,p 0 () L 2 () W 1,p () se 2N N + 2 p <, 2N N + 2 p 2. Gli elementi di W 1,p () si possono caratterizzare con la seguente Proposizione Sia F W 1,p (), allora esistono f 0, f 1,..., f N L p tali che N v F, v = f 0 v + f i v W 1,p () x i e i=1 max 0 i N f i L p = F. Se è limitato, grazie alla disuguaglianza di Poincaré, si può scegliere f 0 = 0. Dimostrazione. Cf. [5] Proposizione IX.20. Diamo ora un esempio di formulazione variazionale di problemi ai limiti ellittici. Esempio (Problema di Dirichlet omogeneo) Sia un aperto limitato; vogliamo trovare una funzione u : R che verifichi { u + u = f in (1.2) u = 0 su Γ = ove N 2 u u = x 2 = Laplaciano di u, i i=1 e f è una funzione assegnata su. La condizione ai limiti u = 0 su Γ si dice condizione di Dirichlet (omogenea).

11 1.3 Spazi di Sobolev 11 Definizione Una soluzione classica di (1.2) è una funzione u C 2 () verificante (1.2). Una soluzione debole di (1.2) è una funzione u H0 1 () verificante u v + uv = fv v H 1 0 (). (1.3) Osserviamo intanto che una soluzione classica è una soluzione debole. Infatti sia u C 2 () verificante (1.2). Questo vuol dire che u soddisfa div( u(x)) + u(x) = f(x) x. (1.4) Moltiplichiamo entrambi i membri della (1.4) per una funzione test v e integriamo. Si ottiene: div( u) v + u v = f v. Dal fatto che otteniamo div( u v) = div( u) v + u v u v + u v = f v + div( u v). Applicando il teorema della divergenza div( u v) = ( u v) n = 0 essendo v una funzione test, e cioè v = 0 su, quindi u v + u v = f v v C 1 c () e per densità questa uguaglianza resta verificata per v H 1 0 (). Dimostriamo l esistenza di una soluzione debole. Teorema (Dirichlet, Riemann, Hilbert). Per ogni f L 2 () esiste un unica u H0 1 () soluzione debole di (1.2). Inoltre u risolve il problema { 1 min ( v 2 v H0 1() 2 + v 2 ) } f v.

12 12 Premesse Dimostrazione. Consideriamo la forma bilineare simmetrica a(u, v) = u v + nello spazio di Hilbert H = H0 1 (). a(u, v) è coercitiva e continua. Infatti: coercitività: a(v, v) = v 2 + v 2 v 2, H0 1 L 2 H0 1 u v continuità: a(u, v) u v + u v u H 1 0 v H u L 2 v L 2 (1 + C 2 ) u H 1 0 v H 1 0, con C la costante di Poincaré. Possiamo applicare il teorema di Lax-Milgram alla forma bilineare a(u, v) e alla forma lineare ϕ : v f v, che è in H 1 () per la disuguaglianza di Cauchy-Schwartz e per la disuguaglianza di Poincaré, infatti Esiste pertanto un unica u H 1 0 (): ϕ(v) f 2 v 2 C f 2 v H 1 0. a(u, v) = ϕ, v v H 1 0 () e cioè esiste un unica soluzione del problema (1.3). Inoltre, sempre per Lax-Milgram, 1 u u 2 f u = 2 2 min v H 1 0 () { 1 ( v 2 2 Dal fatto che L 2N N+2 H 1 () segue il seguente + v 2 ) } f v. Teorema Per ogni f L 2N N+2 (),! u H 1 0 () soluzione di (1.2).

13 Capitolo 2 Il Teorema di Weierstrass 2.1 Esistenza e unicità di soluzioni deboli Sia un aperto limitato di R N con N 3. Iniziamo a parlare di problemi ellittici del secondo ordine del tipo: { u = f(x, u) in u = 0 su (2.1) Definizione Sia un aperto di R N. Diremo che f(x, s) : R R è una funzione di Carathéodory se sono soddisfatte le seguenti condizioni: { s R, la funzione f(, s) è misurabile su ; (2.2) per q.o. x, f(x, ) è continua su R. Assumeremo sempre che f sia una funzione di Carathéodory. Se aggiungiamo l ipotesi f(x, 0) = 0, abbiamo che u = 0 è sempre soluzione di (2.1). Studieremo questi diversi casi: f(x) in questo caso u = 0 non è mai soluzione, f(x, s) = λs f(s) = s θ θ < 1, f(s) = s p p > 1. v = λv è un problema di autovalori, Tutti questi casi hanno un fattore comune: le soluzioni si possono vedere come punti critici di opportuni funzionali definiti su H 1 0 (). Iniziamo con il caso f(x, s) = f(x). Abbiamo visto nel precedente capitolo che una soluzione debole di (2.1) è una funzione u H0 1 () che soddisfa: u v = f v v C0(). 1 (2.3) 13

14 14 Il Teorema di Weierstrass Cerchiamo di trovare una soluzione di (2.1) con un metodo diverso da quello esposto nel primo capitolo. Definizione Sia X uno spazio di Banach e sia (x n ) X una successione. Diciamo che x n converge debolmente a x X, (e si indica x n x ) se: T, x n T, x T X. Definizione Sia X uno spazio di Banach. Un funzionale J : X R è detto debolmente semicontinuo inferiormente (d.s.c.i.), se per tutte le successioni (x n ) X convergenti debolmente verso un limite x X si ha che: J(x) lim inf n + J(x n). Un risultato fondamentale di esistenza di minimi per un funzionale è dato da seguente: Teorema (Weierstrass).. Sia X uno spazio di Banach riflessivo, K X un convesso chiuso e J : K R un funzionale t.c. i) J è d.s.c.i.. In più se K non è limitato: ii) per tutte le successioni (x n ) K t.c. x n +, J(x n ) + (coercitività). Allora J ammette minimo su K, cioè u K, J(u) = inf J(v) = min J(v). v K v K Dimostrazione. Sia m = inf v K J(v) e sia (u n ) una successione minimizzante. La successione (u n ), in virtù dell ipotesi ii), è limitata. Se così non fosse esisterebbe una sottosuccessione (u nk ) di (u n ) : u nk +, allora m J(u nk ) +, e ciò è assurdo. Siccome X è riflessivo, esiste una sottosuccessione (u nk ) k e u K tale che u nk u. Essendo K un convesso chiuso, K è debolmente chiuso e quindi u K. In conclusione α J(u) lim inf k + J(u n k ) = α,

15 2.1 Esistenza e unicità di soluzioni deboli 15 essendo J d.s.c.i.. Quindi α = J(u) R e J ammette come minimo u K. Applichiamo il teorema di Weierstrass al funzionale J(v) = 1 2 v 2 fv v H 1 0 (), f L 2N N+2, (2.4) con N 3. Dimostriamo che ( (2.4) ) è coercitivo e d.s.c.i. i) coercitività: osserviamo che: 2N N+2 = 2N N 2 = 2, e quindi: ( fv ) N+2 ( ) 1 f 2N 2N N+2 v 2 2 = f 2N v 1 N+2 2 S f 2N v N+2 H 1 0 con S la costante di Sobolev. Pertanto fv 1 S f 2N v N+2 H 1. 0 In conclusione J(v) 1 2 v 2 1 H0 1 S f 2N v N+2 H 1, 0 e quindi lim J(v) = +. v + ii) d.s.c.i.: sia (v n ) H0 1 una successione t.c. v n v in H0 1. Per definizione di convergenza debole, e per il fatto che ϕ : H0 1 () R definita da ϕ(w) = fw è in H 1 (), si ha che fv n fv. Perciò J è d.s.c.i. ( v n v = v 2 lim inf v n 2 ). n + Ora e quindi 0 di conseguenza (v n v) 2 = v n 2 2 v n v + v 2 v v n v v n 2, (2.5) v lim inf v n v lim inf v n 2 n + n + essendo la (2.5) vera n N. Per definizione di convergenza debole, essendo l applicazione ϕ : H0 1() R definita da ϕ(w) = u w un elemento di H 1 (), v n v v 2

16 16 Il Teorema di Weierstrass e quindi cioè 2 v v v 2 lim inf v n 2, n + v 2 lim inf v n 2. n + Pertanto, essendo verificate le ipotesi del teorema di Weierstrass, il funzionale J(v) ammette minimo. Mostriamo che tale minimo è soluzione debole del problema (2.1). Sia u = min v H 1 0 J(v), allora J(u) J(v) v H 1 0 (). Scegliamo v = u + tϕ, con t R, e con ϕ H 1 0 (). J(u) J(u + tϕ) e quindi = u 2 2 u 2 Abbiamo quindi 0 t u ϕ + t2 2 fu 1 (u + tϕ) t u ϕ + t2 2 ϕ 2 ϕ 2 f(u + tϕ) = fu t fϕ. t fϕ t R, ϕ H0 1 (). (2.6) Consideriamo t > 0, e dividiamo la (2.6) per t. Passando al limite per t 0 + si ottiene: 0 u ϕ fϕ ϕ H0 1 (). (2.7) D altra parte, dividiamo la (2.6) per t < 0. Passando al limite per t 0 si ottiene: 0 u ϕ fϕ ϕ H0 1 (). (2.8) Unendo la (2.7) e la (2.8) si ha che: u ϕ = fϕ ϕ H 1 0 (), e cioè, u è soluzione debole del problema (2.1). Inoltre tale soluzione è unica. Infatti siano u e v due soluzioni di (2.3). Allora u w = fw e v w = fw w H0 1 (),

17 2.1 Esistenza e unicità di soluzioni deboli 17 sottraendo membro a membro le due equazioni si ha che: (u v) w = 0 w H0 1 (). (2.9) Ponendo w = v u nella (2.9) otteniamo (u v) 2 = v u 2 H0 1 = 0 e cioè u = v. Ricordiamo che: s + = max(s, 0), s = max( s, 0), s = s + s, s = s + + s. Teorema Sia u H0 1 () soluzione del problema (2.1). Se f 0 allora u 0. Dimostrazione. u è soluzione di (2.1), quindi u v = fv v H 1 0 (). Scegliamo come funzione test u (lo si può fare per l osservazione del Capitolo 1 a pag 9). Si ha che: Ma Pertanto di conseguenza u u = u u = fu 0. (u + u ) u = u 2. u 2 0, u 2 = 0. Questo vuol dire che u H 1 0 = 0, e cioè u = 0, e quindi u = u + 0. Si può dimostrare, in modo analogo, che se f 0 allora u 0.

18 18 Il Teorema di Weierstrass 2.2 Regolarità delle soluzioni deboli Il problema che ci poniamo ora è il seguente: facendo variare la regolarità della funzione f nel problema (2.1), quanto e in che modo questa influisce sulla regolarità della soluzione u? Iniziamo col definire alcune funzioni: { 1 se s 0 sgn(s) = 1 se s < 0 G k (s) = ( s k) + sgn(s) k 0, k G k (s) k s T k (s) = s G k (s) = min(k, max(s, k)). T k (s) k k k k s G k (s) e T k (s) sono due funzioni lipschitziane, che si annullano nell origine. Se u H0 1(), G k(u), T k (u) H0 1 (). Inoltre G k (u) = u G k (u) q.o. e con e quindi T k (u) = u T k (u) q.o. { G 1 se s > k k (s) = 0 se s < k { T k 1 se s < k (s) = 0 se s > k G k (u) = u X { u >k} q.o.

19 2.2 Regolarità delle soluzioni deboli 19 T k (u) = u X { u <k} q.o. Osservazione. G k (u) si annulla dove u < k, ovvero dove u è limitata. Quindi dire che u è limitata vuol dire che k 0 : G k0 (u) 0. Vale il seguente Lemma (Stampacchia). Sia ψ : [0, + ) [0, + ) non crescente. Allora, Ne segue che h > k 0 ψ(h) c (h k) β ψ(k)α, con β > 0 e α > 1. ψ(h) = 0 h d, con d β = c ψ(0) α 1 2 αβ α 1. Teorema (Stampacchia). Sia u soluzione del problema (2.1). Se f L p (), p > N 2, allora u L (). Inoltre u C f p. Dimostrazione. Per ipotesi u soddisfa: u v = fv v H0 1 (). (2.10) Scegliamo v = G k (u), k > 0, e definiamo A k = {x : u(x) > k}. Allora, essendo G k (u(x)) = 0 se x / A k, dalla (2.10) si ha che: u G k (u) = A k fg k (u). A k (2.11) Osserviamo che A k u G k (u) = A k u 2. Ma su A k, u 2 = G k (u) 2 e quindi otteniamo u 2 = A k G k (u) 2. A k (2.12) Applichiamo la disuguaglianza di Sobolev al secondo membro della (2.12), ed usando la (2.11): ( ) 2 S G k (u) 2 2 G k (u) 2 = fg k (u) f G k (u) A k A k ( ) 1 ( f p p G k (u) 2 ) 1 2 A k 1 1 p 1 2,

20 20 Il Teorema di Weierstrass con S la costante di Sobolev. Nell ultima disuguaglianza si è applicata la disuguaglianza di Hölder con esponenti p, q, 2 1, con q t.c. q = 1 1 p 1 2. Ciò è possibile se q > 1, ma questo è vero se p > 2N N+2, vero per ipotesi essendo p > N 2 > 2N N+2 se N 3. Riassumendo: ( ) 2 ( ) S G k (u) f G p k (u) 2 2 A k p + 1 N, e quindi dividendo per ( G ) k(u) (stiamo supponendo che G k (u) 0) otteniamo: ( ) 1 S G k (u) 2 2 f A p k p + 1 N. Scegliamo h R, h > k, cosicché A h A k. Osserviamo che G k (s) h k, se s > k, e quindi ( ) 1 ( ) S G k (u) S h k 2 2 = S h k A h 1 2. A h A h Di conseguenza A h h i ( ) S f Ak p + 1 N (2.13) p (h k) 2 Ma [ p + 1 ] > 1 ( 1 N 2 1 p + 1 N ) > 1 2 = p p > N 2. Quindi nella (2.13) l esponente di A k è maggiore di 1. Posso applicare il ( 2 Lemma (2.2.1) con ψ(k) = A k, c = 1 S p) f, β = 2, α = 2 ( p + 1 N ) > 1. Questo vuol dire che: con d = ( ) 1 S f 2 ( p + 1 N ) 1 p ψ(h) = 0 h d, ( p + 1 N ) 2 ( p + 1 N ) 1 = C(N, p, ) f p. Sappiamo che ψ(d) = {x : u > d}, e quindi u d q.o. ovvero u L e inoltre u C(N, p, ) f p.

21 2.2 Regolarità delle soluzioni deboli 21 la cui corrispon- Il teorema è ottimale nel senso che f L p (), p N 2 dente soluzione del problema (2.1) non è limitata. Per esempio { u = 1 x 2 u = 0 in su (2.14) con = B(0, 1) R N 1. La funzione L p (B(0, 1)) per p < N x 2 2, ma la soluzione del problema è u = C N ln( x ) che su B(0, 1) non è limitata. Teorema Sia u soluzione del problema (2.1). Se f L p () con 2N N+2 p < N 2, allora u Lm () con m = Np N 2p. Inoltre, u C f. m p Dimostrazione. Sia α 0 e v = T k (u) 2α T k (u). Allora v H 1 0 () e v = u(2α + 1) T k (u) 2α T k (u). Essendo u soluzione, si ha che: u w = Sostituiamo nella (2.15) w = v. Otteniamo (2α + 1) u T k (u) T k (u) 2α = Ma u T k (u) T k (u) 2α = { u <k} fw w H 1 0 (). (2.15) u 2 T k (u) 2α = e quindi, per la disuguaglianza di Hölder, (2α + 1) T k (u) 2 T k (u) 2α Siccome f p ( T k (u) T k (u) α 2 = T k (u) (2α+1)p ) 1 p. f T k (u) 2α T k (u). T k (u) 2 T k (u) 2α f T k (u) 2α+1 1 (α + 1) 2 T k (u) α+1 2, si ha, utilizzando la disuguaglianza di Sobolev, che: (2α + 1)S (α + 1) 2 Osservazione. ( ) 2 ( T k (u) (α+1)2 2 f p T k (u) (2α+1)p ) 1 p (2.16)

22 22 Il Teorema di Weierstrass i) 2 2 = 1 2 N > 1 1 p p < N 2 ; ii) (α + 1)2 = (2α + 1)p α = 2 p Quindi α p 2. < p 2 2N N+2 p < N 2 ; iii) α = 2 p 2p 2 quindi 2 (α + 1) = 2 p 2p 2 = Np N 2p = m. Il reciproco 1 m = p = 1 2 N p = N 2p Np Dalle osservazioni precedenti discende che possiamo dividere entrambi i ( membri della (2.16) per T k(u) (2α+1)p ) 1 p e ottenere e quindi ( ) 2 T k (u) Np 2 1 p f (α + 1) 2 N 2p p (2α + 1)S, f (α + 1) 2 p T k (u) m (2α + 1)S, k N. Facciamo tendere k + e otteniamo (per il Teorema di Beppo-Levi) f (α + 1) 2 p u m (2α + 1)S = C(N, p) f. p Osservazione. Trovare una stima su T k (u) in L 1 è molto facile, infatti T k (u) k, ma nella dimostrazione del Teorema la stima su T 1 k (u) in L m è uniforme in k il che permette di passare al limite. Per maggiori dettagli cf. [14]. Torniamo a parlare della costante di Poncaré C. Si può stimare questa costante, e trovare la migliore costante di Poincaré. Ovviamente si ha, dalla disuguaglianza di Poincaré: e quindi C u 2 u 2 u H 1 0 (), u 0, C = inf u H 1 0 u 0 u 2. u 2 Teorema Sia C la costante di Poincaré. Allora C = min u H 1 0 u 0 u 2. (2.17) u 2

23 2.2 Regolarità delle soluzioni deboli 23 Dimostrazione. Intanto osserviamo che C = min u H1 0 u2 = 1 Infatti possiamo sempre scegliere nella (2.17) v = ed, inoltre, v 2 = v 2 = u 2 = 1, u 2 u ( u 2) u 2. (2.18) u u 2. Si ha, allora, che = u 2. u 2 Sia (u n ) la successione minimizzante di (2.18), e cioè (u n ) H0 1 () con u n 2 = 1, t.c. u n 2 C = min v 2. v H1 0 v2 = 1 Essendo u n 2 convergente, si ha u n 2 M costante. E quindi H0 1 esiste una sottosuccessione (u nk ) che converge debolmente in H0 1 ad un limite u H0 1. Per avere la tesi basta dimostrare che u 2 = 1, ma questo è vero per l immersione compatta di H0 1 in L2. Il punto di minimo risolve { w = Cw in w = 0 su (2.19) w è autofunzione dell operatore, e C è un autovalore. w non è unica, infatti sw s R è soluzione di (2.19). Si può dimostrare che C è autovalore di molteplicità 1. Definizione Sia C la costante di Poincaré, allora chiamiamo C il primo autovalore di e lo denotiamo con il simbolo λ 1. Si può dimostrare che possiamo scegliere come prima autofunzione w positiva e con w 2 = 1. Allora denotiamo w = ϕ 1, che verifica { ϕ1 = λ 1 ϕ 1 in ϕ 1 = 0 su (2.20)

24 24 Il Teorema di Weierstrass inoltre si può dimostrare che ϕ 1 L (). Possiamo iterare il processo di minimizzazzione e trovare v 1 = λ 1 v 1 e v 2 = λ 2 v 2 (v 1 v 2 ) = 0 0 min u H 1 0 u 2 = 1 uϕ 1 = 0 u 2 = λ 2. Essendo ridotto lo spazio si ha λ 2 > λ 1, l uguaglianza non si può avere perché si potrebbe avere solo su ϕ 1 che non soddisfa la condizione uϕ 1 = 0. λ 2 verifica ϕ 2 = λ 2 ϕ 2 in ϕ2 ϕ 1 = 0 in (2.21) ϕ 2 = 0 su Teorema Esiste una successione di valori (λ k ) con a cui si associa il relativo autospazio 0 < λ k < λ k+1 +, E k = ϕ 1 k,..., ϕn k k con dim(e k) = n k < +. Ogni autofunzione soddisfa { con ϕi k ϕj k = δ ij e ϕ j k L j, k, i N. ϕ j k = λ kϕ j k in ϕ j k = 0 su (2.22) Le autofunzioni sono una base di L 2 (), e conservano la loro ortogonalità anche in H 1 0 (), infatti ϕ k ϕ h = λ k ϕ kϕ h = 0.

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