Pubblicata in Bollettino Tributario del , fasc. 19, p REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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1 TRIBUNALE PALERMO Pubblicata in Bollettino Tributario del , fasc. 19, p REPUBBLICA ITALIANA Sent. N. 295/98 R.G. 427/97 Cronol Repert. 402 In decisione Decisa Depos IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Palermo Sezione Prima Civile costituita dai signori: 1) Dott. ALFONSO GIORDANO Presidente 2) Dott. ROCCO CAMERATA SCOVAZZO Consigliere 3) Dott. MICHELE PERRIERA Consigliere dei quali il terzo relatore ed estensore, riunita in Camera di Consiglio, ha emesso la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 427/97 del R.G. di questa Corte di Appello, posta in decisione all udienza collegiale del 3/12/1997 e promossa in questo grado DA Amministrazione Finanziaria dello Stato, in persona del Ministro p.t., rappresentata e difesa dall Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici di Via A. De Gasperi n. 81 per legge domiciliata. Appellante CONTRO Bellomo G. & Figli S.r.l., con sede in Palermo, Via Filippo Di Giovanni 82/86, in persona del suo legale rappresentante p.t. Sig. Bellomo Aurelio, rappresentata e difesa, giusta delega a margine della comparsa di risposta dall avv. Giancarlo Cipolla, unitamente e separatamente all avv. Mario Parisi ed elettivamente domiciliata nello studio di quest ultimo in Palermo via A. Meucci n. 9.
2 Appellato CONCLUSIONI DELLE PARTI Per l appellante l avv. Bucalo dell Avvocatura: PIACCIA ALLA CORTE ECC.MA in parziale riforma dell impugnata sentenza, dichiarare l incompetenza del Tribunale di Palermo ovvero l infondatezza delle pretese avversarie. Vinte le spese del doppio grado del giudizio. Per l appellato gli avv.ti Cipolla e Parisi: PIACCIA ALLA CORTE ECC.MA respinta ogni contraria istanza eccezione e difesa: rigettare, in toto, l appello proposto dal Ministero delle Finanze, in persona del Ministero p.t., contro l impugnata sentenza e, in accoglimento dell appello incidentale, condannare lo stesso all ulteriore pagamento della somma di L pagata per il rinnovo dell iscrizione nel registro dell impresa nell anno 1989, degli interessi legali e della rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT costo della vita, dalla data dei singoli versamenti, da parte di quest ultima società, alla data della medesima restituzione dell indebito al saldo effettivo. La rivalutazione deve consistere non solo nella svalutazione monetaria in quanto tale ma in ogni perdita o mancato guadagno collegato al ritardo nell adempimento della obbligazione pecuniaria nonché al fenomeno della svalutazione nel periodo del ritardo (Cass. Civ. sez. I n. 555 Corte UE cit.) Applicare la prescrizione decennale ex art Condannare il Ministero alla rifusione, per intero, alle spese e compensi del primo giudizio. Confermare per il resto l impugnata sentenza.
3 Con vittoria di spese e compensi dei due gradi del giudizio, da liquidare per intero, con distrazione in favore della difesa ex art. 93 c.p.c.. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il 12/1/96 la società Bellomo G. & Figli S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Palermo il Ministero delle Finanze chiedendone la condanna al pagamento della somma di lire , a titolo di rimborsi delle tasse di concessione governativa sull iscrizione delle società nel registro delle imprese, corrisposte da essa attrice per il periodo compreso tra gli anni 1989 e L amministrazione convenuta, ritualmente costituitasi, eccepì l incompetenza territoriale del tribunale di Palermo, la decadenza dell azione giudiziaria, per essere stata omessa la procedura di rimborso di cui all art. 13 del D.P.R. n. 641 del 1972, e comunque l infondatezza nel merito della pretesa. Con sentenza in data 1/7/96 il Tribunale condannò il Ministero delle Finanze al pagamento in favore della società attrice della somma di lire , oltre gli interessi legali dalla notifica dell atto di citazione; dichiarò, invece, la S.r.l. Bellomo G. & Figli decaduta dal diritto di ottenere il rimborso delle maggiori somme richieste. Avverso tale pronuncia propose tempestivamente impugnazione l Amministrazione Finanziaria, chiedendone la riforma. Si costituì la società appellata chiedendo il rigetto del gravame e spiegando, a sua volta, appello incidentale.
4 Sulle conclusioni delle parti riportate in epigrafe, all'udienza del 3/12/97 la causa è stata trattenuta per la decisione con assegnazione dei termini per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, previsti dal combinato disposto degli att. 352 e 190 c.p.c.. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di impugnazione l'appellante ha censurato la pronuncia di primo grado che avrebbe erroneamente respinto l'eccezione d'incompetenza per territorio del giudice adito; al riguardo, sostiene l'amministrazione finanziaria, il tributo è stato riscosso per conto dell'ufficio del Registro per le tasse sulle concessioni governative di Roma, sicché la competenza territoriale si radicherebbe in Roma e non in Palermo. Il motivo è infondato. Infatti, come correttamente osservato dal Tribunale, nel caso in esame non si verte in tema di riscossione o di liquidazione di un tributo bensì di restituzione di somme indebitamente pagate. Orbene, ai sensi dell'art. 20 c.p.c., la competenza territoriale va determinata con riferimento al luogo ove è sorta o deve essere eseguita l'obbligazione per cui è controversia; e giacché l'obbligazione di restituzione, che è sorta con il versamento indebito della tassa effettuato in Palermo, deve essere estinta mediante accredito effettuato dal competente ufficio periferico di tesoreria che ha sede in Palermo, ne consegue che è infondata l'eccezione proposta. Nel merito, l'appellante ha sostenuto la piena legittimità della tassa corrisposta a fronte di un servizio comunque oneroso per lo Stato, ancorché di difficile
5 quantificazione, cosicché in una certa misura l'utente del servizio, che ne ha beneficiato, sarebbe tenuto a sopportare i relativi costi. Il motivo è infondato e va quindi respinto. La Suprema Corte, con autorevole e consolidato insegnamento, da cui questa Corte non ritiene opportuno discostarsi, ha, infatti, affermato: "La tassa di concessione governativa per l'iscrizione di cui all'art. 3 del D.L. 19 dicembre1984 n. 853 (convertito in L. 17 febbraio 1985 n. 17) e successive modificazioni, è illegittima, atteso che, non essendovi alcun nesso tra il costo del servizio concretamente reso e l'importo della tassa, dovuta per l'iscrizione, si pone in contrasto con il dettato degli artt. 10 e 12 della direttiva del Consiglio CE del 17 luglio 1969 n. 3345, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, nell'interpretazione datane - con efficacia vincolante per il giudice italiano, che è tenuto alla disapplicazione della norma di diritto interno su indicata - dalla Corte di Giustizia CEE con sentenza del 20 aprile 1993" (Sez. Un. 12 aprile 1996 n. 3457; cfr. stessa data n. 3458). Con i motivi di appello incidentale la società "Bellomo G. & Figli" ha, a sua volta, dedotto l'erronea applicazione nel caso di specie del termine di decadenza triennale di cui all'art. 13 D.P.R. 641/72. L'obiezione non appare fondata. Al riguardo ha precisato la Corte di legittimità con le menzionate sentenze che nel vigente sistema tributario la restituzione delle tasse erroneamente pagate è soggetta alla decadenza triennale dal giorno del pagamento e che a tale regime non sfugge la tassa in esame (tassa di concessione governativa sull'iscrizione della società nel registro delle imprese), vertendosi in tema "di disapplicazione
6 del diritto interno per contrasto con il prevalente ordinamento comunitario che, però, non comporta né l'abrogazione, né l'incompatibilità della legge italiana". La disposizione di cui all'art. 13 D.P.R. 641/72, avente carattere generale, è, infatti, formulata in modo tale da ricomprendere tutte le tasse erroneamente pagate, quale che sia la causa dell'avvenuto indebito pagamento, cosicché può ritenersi che anche le tasse sulle concessioni governative sono soggette al regime di preclusione indicato, in relazione alle domande di rimborso. Ha aggiunto la Suprema Corte che non è condivisibile la tesi, secondo cui la decadenza, pur prevista in generale per ogni indebito, sarebbe inoperante di fronte all'illegittimità della norma di imposizione tributaria confliggente con l'ordinamento comunitario. Esclusa, infatti, la carenza di potere tributario da parte dello stato, la Corte ha ribadito che il giudice deve limitarsi a disapplicare il diritto interno confliggente con quello comunitario, ferma restando l'efficacia ed applicabilità, anche alla fattispecie in esame, del principio di decadenza per il ritardo con cui si chiede il rimborso delle tasse "indebitamente o erroneamente" pagate. L'autorevolezza del citato pronunciamento induce questa Corte ad adeguarsi all'affermato principio, confermando sul punto la sentenza impugnata. In relazione all'eccezione, sollevata dall'appellata e fondata sulla sentenza della Corte di Giustizia Europea del 25 luglio 1991 nella causa n. 208/90, secondo cui il "dies a quo" del periodo decadenziale dovrebbe comunque farsi decorrere, non già dal momento del pagamento, bensì da quello della trasposizione della direttiva comunitaria nel diritto nazionale, è il caso di aggiungere che la citata pronuncia della Corte di Giustizia (anteriore rispetto alla sentenza delle Sezioni
7 Unite della Corte di Cassazione) non ha natura interpretativa della normativa applicabile al caso che ci occupa e non spiega, pertanto, alcuna efficacia nel presente giudizio. E' invece fondato il motivo con il quale l'appellante incidentale ha chiesto la condanna dell'amministrazione al pagamento degli interessi dalle date delle istanze amministrative. Infatti, poiché le domande di rimborso proposte dalla società appellata (in conformità alla normativa vigente in tema di rimborso di somme indebitamente pagate per concessioni governative) avevano caratteristiche del tutto analoghe alla domanda giudiziale, in particolare per la certezza del "dies a quo", per l'idoneità a rendere consapevole l'accipiens dell'indebito nel quale versa, le stesse non possono essere considerate una mera richiesta di restituzione, "tenuto che un'interpretazione restrittiva del termine domanda domanda nel senso tecnico giuridico determinerebbe conseguenze pregiudizievole per i diritti del solvens e quindi dubbi di legittimità costituzionale della citata norma in relazione all'art. 3 e 23 Cost." (Sez. Un. 5 agosto 1994 n. 7269). Di conseguenza gli interessi legali decorrono sulle somme anzidette dalle date delle domande di rimborso, pacificamente pervenute all'amministrazione finanziaria il 19 luglio 1991 (per versate per l'anno 1990), il 16 ottobre 1991 ( per versate per l'anno 1991), il 4 novembre 1992 (per versate per l'anno 1992). Alla società appellata, in accoglimento del relativo motivo di gravame, deve essere altresì riconosciuto il diritto al risarcimento del maggior danno derivatole dall'impossibilità di disporre delle somme versate, ai sensi dell'art. 1224, comma 2, c.c.. Ed invero la S.r.l. "Bellomo" risulta esercitare attività imprenditoriale,
8 cosicché sussistono i presupposti per una valutazione degli effetti della mancata utilizzazione del denaro, sulla scorta dei criteri di normalità dell'utilizzo delle risorse pecuniarie da parte dell'imprenditore commerciale. Quanto all'ammontare del lamentato danno, nella ragionevole presunzione della necessità del ricorso al prestito bancario, può farsi riferimento al costo del denaro e dunque al tasso debitorio degli interessi passivi bancari. E giacché, con riguardo alle obbligazioni pecuniarie, la liquidazione del maggior danno è comprensivo degli interessi legali - già liquidati con la sentenza impugnata -, assorbendo ogni pregiudizio della mora debendi, può equitativamente ritenersi il tasso degli interessi passivi superiore del 5% annuo rispetto al saggio degli interessi legali ed entro tale misura rimanere risarcito il danno patito dal solvens. Pertanto, deve essere liquidata in favore della società "Bellomo G. & Figli", a tale titolo, la complessiva somma di lire (pari al 5% annuo degli importi dovuti dalle date delle domande di rimborso alla data della presente sentenza), ed al pagamento di essa va condannata l'amministrazione finanziaria, oltre agli interessi legali dalla sentenza medesima. Va, invece, disattesa la domanda di risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata, proposta dall'appellata. Non può, infatti, farsi luogo all'applicazione della norma di cui all'art. 96 c.p.c., mancando la prova sia dell'elemento soggettivo, consistente nell'avere l'appellante agito in giudizio con mala fede o colpa grave, sia di quello oggettivo, rappresentato dalla concreta ed effettiva esistenza di un danno subito dalla controparte come conseguenza diretta ed immediata di un simile comportamento.
9 Va del pari disattesa la doglianza con la quale la società "Bellomo g. & Figli" lamenta la parziale compensazione (nella misura di un terzo) delle spese del giudizio di primo grado, compensazione che, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., trova ragione nella parziale soccombenza dell'attrice, dichiarata decaduta dal diritto di ottenere il rimborso delle maggiori somme richieste con l'atto introduttivo del giudizio. Le spese del giudizio di gravame vanno, invece, poste interamente a carico dell'amministrazione finanziaria e liquidate in favore dell'appellata in complessive lire , di cui per esborsi, per diritti di procuratore, per onorari i difesa e per rimborso spese generali, oltre iva e cpa. P.Q.M. La Corte; definitivamente pronunciando; ogni contraria domanda, eccezione e difesa disattesa; rigetta l'appello proposto dall'amministrazione finanziaria dello Stato, in persona del Ministro pro tempore, con atto di citazione notificato il 4/4/97 nei confronti della S.r.l. "Bellomo G. & Figli" avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Palermo in data 1/7/96. In parziale accoglimento dell'appello incidentale proposto dalla società anzidetta condanna l'appellante al pagamento degli interessi legali sulle somme dovute a titolo di rimborso delle tasse di concessione governativa con decorrenza dalle date delle singole istanze di rimborso. Condanna, altresì, l'amministrazione finanziaria al risarcimento del maggior danno, liquidato in lire , oltre agli interessi legali dalla sentenza, nonché alla rifusione delle spese del giudizio di gravame in favore
10 della società appellata, e liquida le dette spese in complessive , oltre iva e cpa. Così deciso in Palermo, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione Civile della Corte di Appello, il 28/2/98. Il Presidente Alfonso Giordano
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