Numeri cardinali. Definizione 1.1 Due insiemi A e B, non vuoti, si dicono equipotenti, e si scrive A B, se esiste un applicazione f : A B biunivoca.
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- Giuseppa Vaccaro
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1 Numeri cardinali 1 Insiemi equipotenti e cardinalità Partiamo da un semplice esempio. Sia A = {a, b, c, d, e, f} l insieme delle prime sei lettere dell alfabeto. Che tipo di operazione facciamo per concludere che A ha sei elementi? Implicitamente assegniamo ad 1 la lettera a, a 2 la lettera b e così via fino ad assgnare 6 ad f. Stiamo, in altre parole definendo un applicazione biunivoca dall insieme I 6 = {1, 2, 3, 4, 5, 6} in A = {a, b, c, d, e, f}. Indichiamo con I n l insieme {1, 2,..., n}. Diremo quindi che un insieme A ha n elementi se esiste un applicazione biunivoca di I n in A. Estendiamo la procedura descritta sopra ad insiemi qualsiasi. Definizione 1.1 Due insiemi A e B, non vuoti, si dicono equipotenti, e si scrive A B, se esiste un applicazione f : A B biunivoca. È facile vedere che Proposizione 1.2 L equipotenza gode delle proprietà di una relazione d equivalenza. Cioè A A A B B A A B e B C A C. Non si tratta tuttavia di una relazione d equivalenza essendo il suo ambiente naturale l insieme di tutti gli insiemi che non esiste (v. Appendice 2). Fissato però un insieme A ha senso considerare la famiglia di tutti gli insiemi equipotenti ad A. Questa famiglia è indicata con card(a); il simbolo card(a) si legge cardinalità di A o numero cardinale di A.. E se A B si dice che A e B hanno la stessa cardinalità o lo stesso numero cardinale. Si pone, per definizione, card( ) = 0. Se si vuole operare una distinzione tra gli insiemi in base alla cardinalità, è bene prendere alcuni insiemi come campione e dare un nome speciale alla loro cardinalità. Porremo card(i n ) = n card(n) = ℵ 0 (leggi aleph zero)
2 2 card(r) = c Allo stato attuale nulla ci dice che quest tre simboli rappresentano effettivamente classi di insiemi differenti. Esaminiamo le diverse situazioni possibili 2 Insiemi finiti Nella sezione precedente abbiamo definito card(i n ) = n in corrispondenza del fatto che l insieme I n ha esattamente n elementi. Gli insiemi I n saranno quindi i campioni per gli insiemi finiti. Cominciamo con l osservare che se n, m N +, n m, allora I n non è equipotente ad I m. La cosa, in sé piuttosto evidente, meriterebbe una dimostarzione che qui omettiamo. Questo fatto ci permette di dare la seguente Definizione 2.1 Un insieme E si dice finito se esiste un n N tale che E I n ovvero se card(e) = n. Un insieme che non è finito si dice infinito. Gli insiemi finiti godono di alcune proprietà che elenchiamo nella seguente Proposizione 2.2 (1) Se card(a) = n e a A, allora card(a \ {a}) = n 1. (2) Sia A un insieme finito e B un sottoinsieme proprio di A. Allora anche B è finito e card(b) < card(a). Un immediata conseguenza della (2) Teorema 2.2 è che: Teorema 2.3 Un insieme finito non può essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio. Come vedremo tra poco questa proprietà caratterizza gli insiemi finiti. 3 Insiemi infiniti I numeri cardinali che identificano gli insiemi finiti, che non sono poi altri che i numeri naturali, possiedono un ordine che nasce dalla (2) del Teorema 2.2; ci si rende facilmente conto che esso è l ordine naturale di N. Se A e B sono insiemi finiti e card(b) < card(a), non è difficile dimostrare che è possibile definire un applicazione iniettiva f : B A che identifica B con un sottoinsieme di A. Questo fatto, ci permette di estendere a numeri cardinali qualsiasi (la cui esistenza non è ancora stata provata) l ordine definito per i cardinali finiti.
3 3 Definizione 3.1 Siano A e B due insiemi. Si dice che card(b) card(a) se esiste un applicazione iniettiva f di B in A. La relazione così definita tra i numeri cardinali è effettivamente una relazione d ordine. Le proprietà riflessiva e transitiva sono facili da dimostrare e le lasciamo al lettore. La dimostrazione della proprietà antisimmetrica è più complicata e viene qui omessa. Essa è reperibile nei testi di Analisi sotto il nome di teorema di Schöder - Bernstein. Mostriamo adesso l esistenza di insiemi infiniti. Teorema 3.2 L insieme N è infinito. Risulta quindi, n < ℵ 0 per ogni n N Dimostrazione L insieme P dei numeri naturali pari è un sottoinsieme proprio di N; si vede facilmente che l applicazione n N 2n P è biunivoca. Quindi N è in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio. Dal Teorema 2.3, segue allora che N non è finito; esso è allora, per definizione, infinito. Così come abbiamo usato gli I n come prototipi degli insiemi finiti, è, a questo punto, naturale considerare N come un campione per analizzare la cardinalità degli insiemi infiniti. Definizione 3.3 Un insieme A è detto numerabile se esiste un applicazione biunivoca di N in A. Se A è numerabile è possibile etichettare ogni elemento di A con un numero naturale ponendo a n = f(n); questo corrisponde a numerare gli elementi di A o detto altrimenti a disporli in successione. Teorema 3.4 Sia E un insieme. Le affermazioni seguenti sono equivalenti: (i) E è infinito; (ii) E contiene un sottoinsieme numerabile; (iii) E è equipotente ad un suo sottoinsieme proprio. Dimostrazione (i) (ii). Se E è infinito, esso è non vuoto. Sia x 0 E. L insieme E \ {x 0 } non è vuoto, perché altrimenti E sarebbe finito. Sia x 1 E \{x 0 }. L insieme E \{x 0, x 1 } non è vuoto, perché altrimenti, di nuovo, E sarebbe finito. Sia x 2 E \ {x 0, x 1 }. Procedendo in questo modo si costruisce una successione di elementi di E e quindi un sottoinsieme numerabile di E. (ii) (iii) Sia F = {x 0, x 1, x 2...} un sottoinsieme numerabile di E. L applicazione f : F F \ {x 0 } definita da f(x n ) = x n+1 è biunivoca. Definiamo un applicazione g : E E \ {x 0 } ponendo { x se x E \ F g(x) = se x = x n F x n+1 L applicazione g così definita mette in corrispondenza biunivoca E ed E \ {x 0 }. (iii) (i) Per contronominale: se E fosse finito non sarebbe equipotente ad un suo sottoinsieme proprio (Teorema 2.3).
4 4 Il Teorema 3.4, mette in luce il fatto che la cardinalità di N è la minima cardinalità degli insiemi infiniti. Vediamo adesso di determinare la cardinalità degli altri insiemi numerici che abbiamo fin qui considerato. Teorema 3.5 L insieme Z dei numeri interi è numerabile. Dimostrazione Definiamo la seguente applicazione f : N Z ponendo { n f(n) = 2 se n è pari n+1 2 se n è dispari La f così definita è, come si vede facilmente, biunivoca.. Proposizione 3.6 N N è numerabile Dimostrazione Per mostrare la numerabilità di un insieme, si può anche procedere mostrando un metodo operativo per disporre gli elementi dell insieme in successione. Per prima cosa disponiamo gli elementi di N N in una tabella a doppia entrata nel modo seguente: (0, 0) (0, 1) (0, 2)... (1, 0) (1, 1) (1, 2)... (2, 0) (2, 1) (2, 2) Adesso percorriamo la tabella, partendo da (0, 0), spostandoci di un posto lungo diagonali parallele in un modo prefissato. Se percorriamo diagonali parallele a quella per (1, 0) e (0, 1), otterremo la successione (0, 0), (1, 0), (0, 1), (0, 2), (1, 1), (2, 0)... Ad ogni passo sulla tabella (cioè passando da un naturale al successivo) si determina uno, e uno solo, elemento di N N e viceversa. Se A e B sono insiemi numerabili, esistono due applicazioni biunivoche f : A N e g : B N; l applicazione h : A B N N che associa ad (a, b) l elemento (f(a), g(b)) è biunivoca (verificare!). Quindi A B N N N. In conclusione, Proposizione 3.7 Il prodotto cartesiano di due insiemi numerabili è numerabile. Quindi, in particolare Z Z è numerabile. Dimostriamo ora che Teorema 3.8 L insieme Q dei numeri razionali è numerabile.
5 5 Dimostrazione Intanto osserviamo che essendo N Q, sarà card(n) card(q). Dato un numero q Q, come sappiamo esso è rappresentabile in unico modo come un rapporto q = m n di interi con n 0 ed n ed m primi tra di loro. Scelta questa rappresentazione dei razionali, l applicazione Q q = m (m, n) Z Z n è iniettiva. Quindi card(q) card(z Z) = card(n). Ne concludiamo che Q N. Resta da vedere se anche card(r) = ℵ 0 o no. Intanto è chiaro che se riusciamo a trovare un sottoinsieme non numerabile di R che non è numerabile, neanche R può esserlo. Dimostriamo allora il seguente: Teorema 3.9 L intervallo ]0, 1[ non è numerabile. Dimostrazione Ogni x ]0, 1[ ammette, come sappiamo, un unico allineamento decimale, con cifre non definitivamente uguali a 9, del tipo x = 0, a 1 a 2 a 3..., a i {0, 1, 2, 3,..., 9}. Se l insieme ]0, 1[ fosse numerabile, tutti i suoi elementi si potrebbero disporre in successione (x 1, x 2,...). Ciascuno di questi numeri ha un allinemento decimale Costruiamo adesso un numero dove i b j sono scelti nel modo seguente x k = 0, a k1 a k2 a kn..., k N +. b j = b = 0, b 1 b 2 b 3... { 7 se ajj 5 3 se a jj > 5. Il numero b costruito in questo modo non coincide con nessuno degli x k, ma certo è un elemento di ]0, 1[. Ma allora gli x k non possono esaurire tutto l intervallo ]0, 1[. Il teorema 3.9 è, come abbiamo osservato, sufficiente per farci concludere che R non ǹumerabile. Quanto alla cardinalità, ci dice soltanto che card(r) card(]0, 1[). In realtà, questi insiemi hanno la stessa cardinalità. Proposizione 3.10 R ]0, 1[. Dimostrazione Consideriamo la funzione f : R ]0, 1[ definita da Essa è, come si vede facilmente, biunivoca. f(x) = ex e x + 1. Lasciamo come esercizio al lettore di verificare le seguenti affermazioni: Per ogni a, b R, (a < b), si ha: ]a, b[ ]0, 1[ Due qualsiasi intervalli di R sono equipotenti.
6 6 Appendice 1 A questo punto sappiamo che esistono due numeri cardinali dell infinito. Ce ne sono altri? Quanti? La risposta è implicitamente contenuta nel seguente Teorema di Cantor. Teorema 3.11 Per ogni insieme A, risulta card(a) < card(p(a)), dove P(A) indica l insieme delle parti di A. Dimostrazione Se A =, risulta card(a) = 0 e card(p(a)) = 1 e quindi l affermazione è vera. Se A non è vuoto, l applicazione x {x} che associa ad x A il sottoinsieme costituito dal solo elemento x è iniettiva. Quindi card(a) card(p(a)). Facciamo vedere che il segno d uguaglianza non può valere. In questo caso infatti esisterebbe un applicazione f di A in P(A) biunivoca e quindi, in particolare, suriettiva. Sia B = {x A : x f(x)}. L insieme B non è vuoto, infatti se x = f 1 ( ), necessariamente x f(x). Per la suriettività di f, esiste y X tale che B = f(y). Si ha, evidentemente, o y B o y B. Ma se y B allora y f(y) = B: una contraddizione. Allora sarà y B; ma, in questo caso y f(y) = B: ancora una contraddizione. Esempio 1 Mostriamo che P(N) [0, 1]. Ad ogni sottoinsieme A N associamo il numero x A [0, 1] che ha allineamento decimale con x A = 0, c 1 c 2... c n... c n = { 1 se n A 0 se n A. L applicazione A x A coì definita è iniettiva. Utilizzando la rappresentazione binaria, ogni numero x [0, 1] ammette un allineamento costituito unicamente da 0 e 1. Quindi l applicazione è anche suriettiva. Ne segue che P(N) [0, 1] R. Esempio 2 Sia Q un quadrato di lato 1. Q è equipotente ad un suo lato. Naturalmente, pensiamo Q come il quadrato costruito sull intervallo [0, 1] dell asse x di un riferimento cartesiano e giacente nel primo quadrante. Un punto di Q ha coordinate x e y di allineamenti decimali, rispettivamente x = 0, a 1 a 2 a 3... y = 0, b 1 b 2 b 3... Consideriamo l applicazione f che ad (x, y) fa corrispondere il numero z = 0, a 1 b 1 a 2 b 2 a 3 b 3... appartenente a [0, 1]. Si lascia al lettore di verificare che f è biunivoca.
7 7 Appendice 2 La non esistenza dell insieme di tutti gli insiemi è descritta dal cosiddetto paradosso di Russell. L insieme I di tutti gli insiemi deve necessariamente contenere se stesso. Cioè I I. Dividiamo l insieme di tutti gli insiemi in due classi: quelli che contengono l insieme stesso come elemento (questa classe non è vuota, perchè contiene I) e quelli che non lo contengono (anche questa classe è non vuota!). Quest ultima classe, indichiamola con U, è dunque descritta da U = {X X X}. Chiaramente sarà o U U o U U. Se U U allora U U, il che è una contraddizione. Se invece U U allora U U e anche questa è una contraddizione. La contraddizione nasce dall aver supposto l esistenza di I.
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