Il Bassomedioevo: X XIV secolo

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1 Il Bassomedioevo: X XIV secolo Francesca Grassi Per semplificare la trattazione di un argomento così vasto come la produzione ceramica nel Bassomedioevo, abbiamo scelto di effettuare una divisione in base al tipo di rivestimento. La sintesi che proporremo interesserà le principali produzioni ceramiche di tutta la penisola, ma un attenzione maggiore sarà rivolta al vasellame prodotto in Toscana. La produzione di ceramica in Italia nel Bassomedioevo può essere sintetizzata a grandi linee in due fasi, una prima fase (X XII secolo) nella quale dominano i corredi privi di rivestimento a eccezione di alcuni prodotti con invetriatura (Sparse Glazed) che costituiscono il momento finale della produzione di ceramica a vetrina pesante (vedi sintesi sull Altomedioevo) e una seconda fase (fine XII fine XIV) nella quale vengono introdotte in Italia due tecniche distinte (ingobbio e smaltatura) e si assiste dunque, in vari centri produttori (Savona, Pavia, Venezia, Pisa, Roma, Brindisi e Gela) all inizio delle produzioni rivestite secondo questi due procedimenti. Inoltre, in concomitanza con le produzioni italiane è molto importante sottolineare, sin dal X secolo, la presenza di vasellame importato da varie parti del Mediterraneo e utilizzato per uso quotidiano e per la decorazione architettonica di edifici religiosi e civili (bacini). Ceramiche prive di rivestimento La ceramica priva di rivestimento veniva utilizzata prevalentemente con scopi funzionali, tra cui la cottura e la preparazione dei cibi, il trasporto, la conservazione delle derrate alimentari e, in misura minore, per la mensa. Dunque si tratta di produzioni necessarie per espletare varie attività quotidiane, sia in ambito domestico che in altri settori operativi. Di conseguenza questi recipienti, come criterio di base, avevano un basso costo e una reperibilità molto alta. Inoltre, per l estrema duttilità di impiego, l impasto utilizzato nella modellazione delle ceramiche acrome era contraddistinto da un grado di variabilità ampio. Per esempio le ceramiche che dovevano essere impiegate per cuocere i cibi necessitavano di una forte resistenza al calore e agli sbalzi di temperatura e quindi venivano fabbricate utilizzando argille particolari che contenevano, o alle quali veniva aggiunto intenzionalmente, un degrassante (il più delle volte quarzo) in grado di conferire all impasto dopo la cottura un notevole potere refrattario. Per indicare questo vasellame si trova spesso, nelle pubblicazioni, la dicitura di ceramica grezza. Al contrario, le ceramiche acrome che si usavano non direttamente sul fuoco, vengono definite depurate, a indicare appunto una raffinatezza maggiore che caratterizza gli impasti. All interno di questo gruppo rientrano anche quei recipienti che, pur non essendo utilizzati direttamente sulla tavola, erano attinenti alla preparazione del cibo, come vasi per lavare i cibi o per lavarsi, bacini, catini e conche o vasi per contenere farina, sale, zucchero e altri ingredienti sempre necessari in cucina (anche frutta, verdura, carne e pesce). Le forme della ceramica grezza nel Bassomedioevo sono poche e sovente utilizzate per molteplici funzioni; in sintesi possono essere individuate nelle seguenti (fig. 136a-b): l olla, recipiente con corpo globulare od ovoide, sempre senza anse, sembra attestarsi in tutte le situazioni regionali analizzate, almeno sino al XV secolo. La forma e i modi produttivi (lavorazione manuale o tornita) sono molto diversificati. Una variante dell olla è la pentola, contraddistinta dalla presenza di anse (due o una) ai lati dell orlo, per facilitare la presa del vaso. In Toscana, dopo un primo periodo (X XII secolo) interessato da un fenomeno di capillarizzazione delle fornaci e di subregionalizzazione, con il formarsi dei vari mercati urbani dal XIII secolo, le olle assumono una diversificazione notevole da zona a zona e si producono forme standardizzate che denotano i diversi centri di fabbricazione. La forma dell olla si ritrova nei contesti padani, dal periodo tardoantico, con una evoluzione morfologica complessa, difficilmente riassumibile e caratterizzata da notevoli diversificazioni nelle varie fasce di questo territorio. Nel nord Italia, a partire dal X secolo, le olle rimarrebbero solo nella fascia adriatica, Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti, Introduzione allo studio della ceramica in archeologia. Siena 2007,

2 sostituite nel XV secolo dai prodotti invetriati. Questa forma seguirebbe la tendenza, almeno sino al X XI secolo, ad attestarsi in territori marginali, con produzioni molto povere, sia tecnologicamente che formalmente, che richiamerebbero da vicino quelle protostoriche. Nel Lazio e in Italia centrale le olle si presenterebbero sempre con due anse, caratteristica di questo ambito culturale che sembrerebbe derivare da prototipi bizantini. Anche nel Lazio l introduzione dell invetriatura caratterizza le produzioni del XIV secolo. Il tegame: si diffonde come forma dal X secolo, per la cottura di cibi asciutti. Si tratta di una forma aperta, spesso troncoconica, provvista di prese a bugna, a linguetta o di anse. È probabile che questa forma si sviluppi a partire da quella del testo, della quale rappresenta una variante con orlo alto. Il testo: si tratta di rudimentali manufatti ceramici tipici della Liguria di Levante e della Lunigiana, i quali hanno avuto una persistenza tradizionale a livello di produzione casalinga sino ai giorni nostri. Vano, dato il tipo di produzione domestico, il tentativo di rintracciare una successione cronologica in base alle diversificazioni formali. La nascita di questa forma in ambito appenninico, come abbiamo visto, non ne ha impedito la diffusione in altri contesti culturali dove, probabilmente per la mancanza di forni da pane di uso comunitario, veniva utilizzato per la cottura di farinacei. I testelli sono dei dischi piatti con spessore raramente inferiore al centimetro e bordo variamente modellato. La loro foggiatura sembra eseguita su un semplice piano mobile: mentre la superficie inferiore è ruvida spesso con sabbia superficiale (sabbiatura) e ottenuta per compressione sul piano, il bordo e la superficie superiore mostrano le tracce di una lisciatura circolare. Tale forma non si ritrova nella zona padana e nel Lazio, dove sembrerebbe sostituito dalla forma del catino coperchio o testo da pane. Si tratta di un vaso di forma troncoconica di grandi dimensioni, usato come fornetto portatile in alcuni contesti rurali. Anche in Italia meridionale e in Sicilia il testo non sembrerebbe rientrare nella tradizione culturale, data la sua assenza nei contesti bassomedievali. Il paiolo è attestato in Toscana in zone appenniniche, dalla fine del XIII a tutto il XIV secolo. È diffuso inoltre in Umbria, Marche, Romagna: genericamente potremmo dire che è tipico dell Italia centrale. A Roma è attestato un solo esemplare, contraddistinto dall ansa a canestro. In Sicilia invece manca completamente questa forma, logica conseguenza del fatto che non sarebbero stati trovati focolari con camino che permettessero la cottura per sospensione. il catino coperchio sembra molto diffuso in Italia e si ritrova in area ligure, in area padana, in area laziale, in Umbria, in Campania, e in Calabria. È poco presente al contrario in Toscana, dove lo ritroviamo solo nella zona lunigianese, evidentemente influenzata dall area ligure. Passando alla ceramica depurata, ecco una breve rassegna delle forme utilizzate per la mensa e la dispensa (fig. 137a-b): Brocca: si tratta di un grande contenitore chiuso utilizzato per liquidi come acqua, olio, vino. È monoansato, con un ansa a nastro impostata al di sotto dell orlo, bocca trilobata o circolare, corpo ovoide e fondo piano. Date le dimensioni di questi vasi è probabile che la brocca fosse utilizzata per la conservazione dei liquidi e la vendita degli stessi. Brocche di varia foggia furono prodotte nelle maggiori città italiane con particolarità che ne contraddistinguono i luoghi di produzione, come decori incisi, marchi e bolli. In particolare merita attenzione la presenza di bolli ottenuti con punzone osseo o ligneo e posti sulle anse di brocche prodotte a Pisa e Siena sin dal XIII secolo. La loro funzione non è ancora oggi ben conosciuta, ma si ipotizza che indicassero la capacità o il contenuto del vaso. Nella letteratura archeologica questo tipo di vaso era spesso indicato con il termine di anforetta : il nome è derivato da un errata convinzione che tali brocche potessero servire come contenitori da trasporto. La forma della brocca si caratterizza per la tendenza, nel corso dei secoli, all allungamento del collo (nelle forme di X XI secolo è estremamente schiacciato) e alla perdita della globularità della pancia. Solo in alcuni rari casi, come i prodotti senesi del XIV secolo, tale globularità si conserva. Si notano inoltre, nelle produzioni italiane, alcuni accentuati caratteri tecnologici (steccature, tofiniture a panno delle 252

3 superfici, decorazioni incise) sino al XII secolo, mentre il vasellame successivo sembrerebbe privo di questi dettagli. Boccale: si tratta di un recipiente chiuso del servizio da tavola. Ha in genere bocca trilobata e ansa verticale. Si usava per la mescita dei liquidi, ma poteva anche essere utilizzato come unità di misura in quanto generalmente la sua foggiatura rispettava determinate capacità (¼ di litro, ½ litro oppure 1 litro). Il boccale privo di rivestimento verrà sostituito, a partire dal XIII secolo, dalla variante con rivestimenti costituiti da vetrina o smalto che permetterà una maggiore tenuta dei liquidi. Come la brocca, anche la forma del boccale ha molta fortuna in tutta Italia e numerose sono le varianti morfologiche che si possono riscontrare nei vari centri produttori. Catini, conche e ciotole: si tratta di recipienti di forma aperta con corpo emisferico o troncoconico, fondo piano, orlo con numerose varianti, da indistinto a provvisto di tesa. La forma elementare di questi vasi ne permette molti usi, ma quelli di piccole dimensioni (ciotola) venivano generalmente usati come contenitori di salse e spezie accanto a microvasetti, quelli di grandi dimensioni (catino, conca) risultavano funzionali come vassoio collettivo da mensa o da cucina oppure come conca per il lavaggio di stoviglie e cibo. Non è attestato con certezza l utilizzo sulla tavola, come ciotole individuali. Infatti è molto probabile che tale funzione fosse assolta dai prodotti lignei e metallici in un primo momento e in seguito dai prodotti invetriati e smaltati che si produssero a partire dal XIII secolo, spesso con le stesse forme. Infine, sempre tenendo presente l utilizzo dei vasi, alcuni contenitori venivano usati esclusivamente per il trasporto delle derrate alimentari, ovvero le ceramiche acrome da trasporto (anforacei) (fig. 138). Lo studio dei contenitori da trasporto, veicolo privilegiato per la diffusione delle derrate alimentari, assume una particolare importanza al fine di delineare la struttura dei rapporti economici e commerciali di una determinata società. Se questo è vero anche per altre classi di materiali, la circolazione delle anfore costituisce il tessuto fondamentale per ricostruire il sistema di commercializzazione del surplus agricolo nell antichità, la capacità economica delle diverse aree e l evoluzione dei rapporti tra di esse. I ritrovamenti di anfore determinano l esistenza dei principali circuiti e delle rotte preferenziali di questi traffici, che avvenivano soprattutto via mare, coinvolgendo l intero ambito mediterraneo. Nel Medioevo la produzione di anfore è molto limitata e in particolare nei secoli centrali si trovano in Italia quasi esclusivamente prodotti provenienti dall Italia meridionale (Sicilia) e dal Mediterraneo, in particolare dall area dell Islam occidentale (giare islamiche con decorazioni impresse a stampo) e dalle aree bizantine. I contenitori prodotti in Italia e denominati anforette, come detto, non possono oggi, alla luce di recenti studi, essere considerati contenitori da trasporto. La ceramica invetriata (fig. 139a-b) La tecnica dell invetriatura discende dall età romana e viene ripresa con successo nell Altomedioevo (produzioni di vetrina pesante e sparsa; infra). I rivestimenti vetrosi potevano essere applicati sia a manufatti per cucinare, sia a manufatti per la mensa. Nell ambito delle produzioni di ceramica da mensa con invetriatura monocroma o policroma (a volte con l aggiunta di decori di vari colori), un dato certo è che i primi prodotti fabbricati con questo rivestimento si trovano in Sicilia e dal XII secolo anche in alcune zone dell Italia meridionale, come a Brindisi (Spiral Ware), forse in seguito all arrivo di vasai siciliani. In Toscana invece le produzioni di ceramica invetriata da mensa si fabbricano parallelamente al vasellame smaltato, con il quale hanno in comune la funzione e, molto spesso, le forme. Alcuni tipi di ceramica invetriata ben conosciuti sono quelli prodotti a Pisa nel corso del XIII secolo (tipo Santa Cecilia, utilizzato anche come decoro architettonico) e quelli con invetriatura verde. In particolare quest ultima classe si caratterizza per un rivestimento molto denso e opaco, simile a uno smalto, e viene prodotta in tutti i centri che fabbricano maiolica arcaica, in Toscana e in altre regioni dell Italia centrale. 253

4 L invetriatura applicata al vasellame da fuoco si trova dal XIII secolo. I vasi subiscono un processo di invetriatura nella superficie a contatto con il cibo, in modo da risultare più impermeabili e migliorare la qualità dei cibi cotti o conservati. L aggiunta della vetrina nelle ceramiche per la cottura non provoca cambiamenti nelle forme e in tutta la penisola continua una fabbricazione intensa di olle, pentole e tegami. La tendenza della ceramica invetriata da cucina, analizzando alcune regioni italiane, sembrerebbe quella di comparire in maniera diversificata, dal XII al XIV secolo. In Liguria per esempio si evidenza il fenomeno di comparsa differenziata dei prodotti invetriati, nell arco cronologico tra XII e XIV secolo, in distinti siti. Nel Lazio prima del XIV secolo non si trovano prodotti invetriati. Identica evoluzione del corredo da cucina si ritrova a Otranto, dove sarebbero rari i prodotti invetriati alla fine del XIII secolo, mentre diventerebbero comuni in contesti del XIV e del XV secolo. Infine in Sicilia occidentale e orientale dalla fine del XII ai primi tre quarti del XIII secolo sembrerebbe prevalere un tipo di pentola di fattura artigianale prodotta a Messina, che rappresenterebbe una novità rispetto alle forme locali di pentolame da cucina, in genere prodotto a mano. Premessa (fig. 140a-b) Prima di affrontare le ceramiche con rivestimenti costituiti da smalto o ingobbio, occorre fare una premessa per evidenziare le diverse zone di provenienza di queste tecniche che fiorirono nel Medioevo in tutta Italia, in aree ben distinte, ma spesso coeve. Infatti è ormai accertato che difficilmente una nuova tecnica possa essere appresa per imitazione; è necessario piuttosto che un artigiano la introduca in un nuovo territorio, trasmettendo con la pratica il suo sapere tecnico a vasai inesperti. Dunque, gli studi più recenti hanno puntato l attenzione non solo sulle tipologie delle classi ceramiche, quanto sulle aree e sulle modalità di arrivo di queste nuove tecniche di rivestimento, alcune delle quali furono assimilate ed ebbero enorme successo per tutto il Medioevo (ad esempio la tecnica della smaltatura). In sintesi, la tecnica dell ingobbio fu introdotta a Savona (graffite arcaiche tirreniche) e a Venezia (graffite tipo San Bartolo, Roulette Ware) tra la fine del XII secolo e l inizio del XIII secolo dalle aree del Mediterraneo bizantino, con il quale i due porti erano in stretto contatto. La tecnica della smaltatura invece, proveniente dalle aree dell Islam occidentale (Spagna, Marocco, Tunisia) fu utilizzata a partire dalla fine del XII secolo a Brindisi (protomaioliche) e nel corso del XIII secolo in Sicilia (protomaioliche tipo Gela Ware), a Savona (protomaioliche), nel centro Italia (ceramica laziale) e in Toscana, a Pisa (maiolica arcaica). La ceramica ingubbiata La tecnica dell ingobbio e della vetrina piombifera, come detto, proviene dall area bizantina del Mediterraneo e fu introdotta in Italia a partire dalla fine del XII secolo. I primi centri produttori furono Savona (graffita arcaica tirrenica) e Venezia (tipo San Bartolo e Spirale cerchio). Pur trovando nel Vicino Oriente il punto di arrivo comune per questa tecnica, date le diversità tra i prodotti savonesi e quelli veneziani, è possibile che le due città risentano di provenienze diversificate di uno stesso sapere. Le produzioni comprendono forme aperte, come scodelle, piatti, ciotole e bacini, mentre le forme chiuse, per esempio i boccali, saranno introdotti solo nel tardo XIII secolo. Le decorazioni sono molto articolate, costituite da disegni pittorici in più toni cromatici o frequentemente graffiti. Sulla tesa e sul cavetto delle forme aperte si riscontrano motivi geometrici, floreali, zoomorfi o araldici. La ceramica smaltata (fig. 141a-c) La tecnica dello smalto stannifero, proveniente dall area islamica occidentale, fu introdotta nello stesso momento cronologico di quella dell ingobbio e interessò molti centri italiani. Queste prime produzioni di ceramiche smaltate, caratterizzate da smalto bianco e decori in verde e bruno, prendono il nome di protomaioliche e furono prodotte a Savona, centro contraddistinto da entrambe le tecniche, Brindisi e Gela. Nel Lazio troviamo invece un tipo di maiolica denominata 254

5 ceramica laziale che costituisce, dalla prima metà del XIII secolo, la classe rivestita predominante. Infine, dal 1220, si trova nell Italia del centro nord, la maiolica arcaica che segna con la sua comparsa il passaggio definitivo dall uso sulla mensa di vasellame di legno, metallo o ceramica non rivestita a quello delle ceramiche coperte. Nella prima fase di produzione la maiolica arcaica ebbe una circolazione limitata alle mense delle classi abbienti urbane e rurali (monasteri e aree signorili); in seguito invase gradualmente tutti i mercati fino a raggiungere, verso la fine del Trecento, anche le classi rurali subalterne. La fortuna della maiolica arcaica è attestata, oltre che dai numerosi ritrovamenti in scavi, anche dall analisi di affreschi che illustrano con estremo realismo i corredi delle mense nel Medioevo. L introduzione della tecnica della copertura con smalto stannifero nella superficie principale e con vetrina piombifera in quella secondaria, tipica della maiolica arcaica, si è verificata in Italia nel corso del XIII secolo, imitando produzioni che erano diffuse nel Mediterraneo islamizzato a partire dall XI secolo. Infatti l utilizzo di due coperture diverse, nonché dei soli colori bruno e verde (ottenuti con ossido di manganese e ossido di rame) per tracciare i decori, sono attestati in alcune produzioni probabilmente provenienti dall isola di Maiorca. Il primo centro produttore di questa ceramica fu la città di Pisa, assieme a Pavia e Orvieto. La produzione pisana in particolare è molto conosciuta, grazie a una serie di studi approfonditi. Pisa infatti, forte del suo ruolo di porto internazionale, ebbe rapporti commerciali con molte aree del bacino mediterraneo ed entrò precocemente in contatto con la tradizione islamica e bizantina della produzione di ceramiche con rivestimenti. Ne sono una testimonianza i numerosissimi bacini ceramici (grandi recipienti di forma aperta provenienti dal mondo bizantino e islamico) utilizzati a Pisa e in altre città italiane come decorazione esterna di strutture architettoniche, per lo più chiese. Assieme all arrivo dei prodotti è ben studiato anche il flusso di manodopera che dall estero si recò nella città e stimolò, con il proprio lavoro, l inizio della produzione locale. I tipi di maiolica arcaica furono prodotti, con qualche decennio di ritardo rispetto a Pisa, anche in altre aree della regione toscana, come quelle fiorentina, aretina e senese. Dal punto di vista decorativo in un primo momento predominano motivi geometrici, arricchiti da qualche elemento di ispirazione vegetale. In seguito i decori diventano più complessi, avvalendosi anche di figure animali e antropomorfe. Nella lunga vita di questa classe ceramica, che giunge almeno sino alla conclusione del XV secolo, si notano fasi evolutive nelle forme dei vasi. In particolare già intorno alla metà del XIV secolo sia le forme chiuse che aperte si standardizzano in seguito ai mutamenti nell organizzazione delle botteghe: le fabbriche dei vasai infatti si moltiplicano e si concentrano, fino alla formazione di centri specializzati, come Montelupo Fiorentino e Faenza. Inoltre, a partire da questo periodo, la produzione di maiolica arcaica si semplifica e vengono fabbricati prevalentemente recipienti monocromi o con disegni che si caratterizzano per un estrema povertà di soggetti. Dalla seconda metà del XIV secolo, la sostituzione dei decori eseguiti in verde con il colore blu, ottenuto con ossido di cobalto, segnerà nelle ceramiche da mensa (maiolica arcaica blu e, a partire dalla fine del XIV secolo, zaffera a rilievo) il definitivo passaggio a un corredo di tipo e di gusto propriamente rinascimentale e quindi l abbandono delle produzioni che avevano caratterizzato il Medioevo. Riferimenti bibliografici I convegni che trattano le tematiche della produzione e del consumo di ceramica sono numerosi; ne ricordiamo i più importanti: Atti dei Convegni Internazionali della Ceramica di Albisola (SV) Siena 1986 La ceramica medievale nel mediterraneo occidentale. Siena-Faenza Rabat 1995 La céramique médiévale en Méditerranée occidentale. Rabat 255

6 Aix en Provence 1997 La céramique médiévale en Méditerranée. Aix en Provence Sami 1997 GELICHI S. (a cura di), I Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, Firenze 1997 Sami 2000 BROGIOLO G. (a cura di), II Congresso Nazionale di Archeologia Medievale Firenze 2000 Tra le riviste che si occupano delle stesse tematiche, fondamentali sono i numeri, con cadenza annuale, di Archeologia Medievale. Cultura materiale, insediamenti e territorio. Per quanto riguarda le ceramiche provenienti dal mondo islamico e i contatti tra queste tecniche ceramiche e le produzioni italiane: BERTI 1997a BERTI G., Pisa: ceramiche e commerci (II metà X-I metà XIV s.), in Sami 1997, BERTI ET AL. 1995a BERTI G., GELICHI S., Mille chemins ouverts en Italie, in Le vert & le brun. De Kairouan à Avignon. Céramiques du Xe au Xve siécle,, Avignon 1995, [catalogo della mostra, Musées de Marseille] BERTI ET AL. 1995b BERTI G., GELICHI S., Ceramiche, ceramisti e trasmissioni tecnologiche tra XII e XIII secolo nell Italia centro-settentrionale, in Miscellanea in memoria di G. Cremonesi (a cura del Di Di Scienze Archol. Univ. di Pisa). Pisa 1995, BERTI ET AL BERTI G., GELICHI S., MANNONI T., Trasformazioni tecnologiche nelle prime produzioni italiane con rivestimenti vetrificati (secc. XII-XIII), in Aix en Provence 1997, BERTI ET AL. 1981a BERTI G., TONGIORGI L., I bacini ceramici medievali delle chiese di Pisa. Roma 1981 BERTI ET AL. 1981b BERTI G., TONGIORGI L., I bacini ceramici del Duomo di S. Miniato. Genova 1981 GELICHI 1993 GELICHI S. (a cura di), La ceramica nel mondo bizantino tra XI e XV secolo e i suoi rapporti con l Italia. Firenze 1993 [atti del Seminario, Certosa di Pontignano 1991] Per i prodotti bassomedievali e le modalità di svolgimento del lavoro nelle botteghe, sono disponibili alcune sintesi relativa alle classi ceramiche principali: ARTHUR ET AL ARTHUR, PATTERSON H., Ceramics and early medieval central and Southern Italy: a potted history, in FRANCOVICH R., NOYÈ G., (a cura di), La storia dell Altomedioevo italiano alla luce dell archeologia. Firenze 1994, AAVV 1985 AAVV, Palazzo Corigliano: tra archeologia e storia. Napoli 1985 BERTI 1997b BERTI G., Pisa. Le maioliche arcaiche. Secc. XIII XV. Firenze 1997 BERTI 1997c BERTI G., Pisa. Museo Nazionale di San Matteo. Le ceramiche medievali e post-medievali. Firenze 1997 BERTI ET AL BERTI G., CAPPELLI L., FRANCOVICH R., La maiolica arcaica in Toscana, in Siena 1986, BERTI ET AL BERTI G., CAPPELLI L., Lucca. Ceramiche medievali e post-medievali (Museo nazionale di Villa Guinigi). I. Dalle ceramiche islamiche alle maioliche arcaiche, secc. XI XV. Firenze 1994 BERTI ET AL. 1995c BERTI G., CAPPELLI L., CORTELLAZZO M. et alii, Vasai e botteghe nell Italia centrosettentrionale nel basso-medioevo, in Rabat 1995, BERTI ET AL. 1995d BERTI G., GELICHI S., Le anforette pisane: note su un contenitore in ceramica tardomedievale, in Archeilogia medievale XXII, 1995, BLAKE 1981 BLAKE H., La ceramica medievale di Assisi, in BLAKE H., BIGANTI T., SATOLLI A., Ceramiche medievali dell Umbria. Firenz 1981e, BROGIOLO ET AL BROGIOLO G., GELICHI S., La ceramica grezza medievale nella Pianura Padana, in Siena 1988, FRANCOVICH 1982 FRANCOVICH R., La ceramica medievale a Siena e nella Toscana meridionale. Firenze 1982 FRANCOVICH ET AL FRANCOVICH R., VANNINI G., Le ceramiche medievali del Museo Civico di Fiesole. Firenze 1989 FRANCOVICH ET AL FRANCOVICH R., VALENTI M., La ceramica di uso comune in Toscana tra V-X secolo. Il passaggio tra età tardoantica ed Altomedioevo, in Aix en Provence 1997, FRANCOVICH ET AL FRANCOVICH R., LUNA A., La donazione Marco Bernardi. Maiolica arcaica e zaffera a rilievo dei secoli XIV e XV. Siena 2001 GELICHI 1986 GELICHI S., Studi sulla ceramica medievale riminese. 2. Il complesso dell ex Hotel Commercio, in Archeologia Meddievale XIII 1986, MANNONI 1975 MANNONI T., La ceramica medievale a Genova e nella Liguria. Genova Bordighera 1975 MOLINARI 1994 MOLINARI A., La produzione ed il commercio in Sicilia tra X e XIII secolo: il contributo delle fonti archeologiche, in Archeologia Medievale XXI 1994, MOLINARI 1997 MOLINARI A., Segesta II. Il castello e la moschea (scavi ). Palermo

7 PAROLI 1992 PAROLI L. (a cura di), La ceramica invetriata tardoantica ed altomedievale in Italia. Firenze 1992 PAROLI ET AL PAROLI L., SAGUÌ L. (a cura di), L esedra della Cripta Balbi nel Medioevo (XI-XV secolo). Firenze 1990 PATITUCCI UGGERI 1997 PATITUCCI UGGERI S., Le protomaioliche. Bilanci e aggiornamenti. Firenze 1997 PATTERSON 1993 PATTERSON H., Un aspetto dell economia di Roma e della Campagna Romana nell altomedioevo: l evidenza della ceramica, in PAROLI L., DELOGU P. (a cura di), La storia economica di Roma nell Alto Medioevo alla luce dei recenti scavi archeologici. Firenze 1993, PATTERSON ET AL PATTERSON H., WHITEHOUSE D., The Medieval Domestic Pottery, in WHITEHOUSE D., D ANDRIA F., (a cura di), Excavation at Otranto, vol.ii. Galatina 1992, VARALDO 1997 VARALDO C., La graffita arcaica tirrenica, in Aix en Provence 1997, * * * 257

8 Fig. 136 Le forme della ceramica da cucina. 1-6 paiolo, catino-coperchio e brocche (da BROGIOLO ET AL. 1988), 7-9 olle e tegame (da FRANCOVICH 1982). 258

9 a Fig. 137a Boccali e brocche di produzione pisana; 137b marchi e bolli pisani (da BERTI ET AL. 1995). b 259

10 Fig. 135 Anfore medievali dal castello di Segesta (TR) (da MOLINARI 1997) a Fig. 139a Invetriata fine dell Italia meridionale (a), Spiral Ware (da BERTI ET AL. 1995a); 139b invetriate pisane (b) (da BERTI 1997b). b 260

11 a Fig. 140a I primi centri produttori italiani di ceramica con ingobbio e vetrina (tecnica 1) o con smalto (tecnica 2) tra la fine del XII e la prima metà del XIII secolo (da BERTI ET AL. 1995a); 140b Ceramica graffita arcaica tirrenica (da BERTI 1997a). b 261

12 a b c Fig. 141a Protomaiolica tipo Gela (BERTI ET AL. 1995a); 141b bacini di maiolica arcaica pisana (da BERTI 1997b); 141c boccale di maiolica arcaica senese (c) (da FRANCOVICH ET AL. 2001). 262

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