San Giuseppe nell Iconografia Cristiana

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1 San Giuseppe nell Iconografia Cristiana Miniatura francese tratta da un Salterio del XIII sec.

2 San Giuseppe nell Iconografia Cristiana Le analisi al radiocarbonio forniscono date appartenenti al IX secolo, che difatti è la datazione più probabile. Siamo nell'età carolingia, difatti l'artista è vicino alle miniature bizantine dei tempi di Carlo Magno. Gli affreschi ritrovati in Santa Maria foris portas, non sono stati un curioso ritrovamento altomedievale, ma il ritrovamento di un capolavoro dell'arte europea. (Primo Casalini) Affresco Fuga in Egitto Castelseprio - VA

3 La bellezza è cifra del Mistero e richiama al trascendente così scrisse nel 1999, il Santo Padre GIOVANNI PAOLO II nella sua lettera agli artisti, cioè A quanti con appassionata dedizione cercano nuove «epifanie» della bellezza per farne dono al mondo nella creazione artistica. «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gn 1,31) L icona non è solo una pittura: essa è il riflesso del mondo divino e della sua armonia e ci manifesta, attraverso il colore, l immagine, il simbolo, ciò che le Scritture ci trasmettono con la parola. La Chiesa di ogni tempo ha sempre conosciuto questa verità, manifestandola con straordinaria efficacia attraverso quella magnifica espressione di fede e di arte che sono, appunto, le icone. In questa mostra presentiamo alcune delle principali tipologie di icone in cui è presente San Giuseppe, padre putativo di Gesù, secondo la tradizione orientale e occidentale. Sono accompagnate da una breve esposizione del loro significato teologico-spirituale, nella certezza che esse ci aiuteranno a trasformarci nell intimo nella misura in cui sapremo aprire il nostro sguardo al Mistero, o meglio ci lasceremo dal Mistero guardare ed abbracciare, in un silenzio che si fa inevitabilmente ascolto e contemplazione.

4 Icona significa Immagine, dal greco eikon e dal tardo latino icònam. Possiamo parlare di Icona e in generale di arte cristiana a partire dall evento che sta a fondamento della nostra storia e dell esistenza dell uomo: l Incarnazione. L Amore di Dio Padre si è incarnato in Cristo attraverso il Sì di Maria e l accoglimento dell Annuncio da parte di Giuseppe: da qui è partita la narrazione senza fine dell amore divino per l uomo. Il riconoscimento teologico delle Sante Immagini avvenne con: il Concilio di Efeso (431) in cui, riconosciuta in Cristo la duplice natura umana e divina si è quindi proclamata Maria, Madre di Dio (Theotokos) il Concilio di Nicea (787), II concilio ecumenico, in cui si è ripristinato il culto delle sante immagini dopo la furia distruttrice degli iconoclasti (contro le immagini) e quindi la vittoria degli iconoduli. In realtà ci volle quasi un secolo ancora perché venisse recepita appieno la conclusione del Concilio di Nicea. La quale così diceva: «Definiamo con ogni accuratezza e diligenza che, a somiglianza della preziosa e vivificante Croce, le venerande e sante immagini, sia dipinte che in mosaico, di qualsiasi altra materia adatta, debbono essere esposte nelle sante chiese di Dio, nelle sacre suppellettili e nelle vesti, sulle pareti e sulle tavole, nelle case e nelle vie; siano esse l'immagine del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, o quella della immacolata Signora nostra, la santa madre di Dio, degli angeli degni di onore, di tutti i santi e pii uomini. Infatti, quanto più continuamente essi vengono visti nelle immagini, tanto più quelli che le vedono sono portati al ricordo e al desiderio di quelli che esse rappresentano e a tributare ad essi rispetto e venerazione. L'onore reso all'immagine passa a colui che essa rappresenta; e chi adora l'immagine, adora la sostanza di chi in essa è riprodotto.»

5 Parliamo di Icona come: PRESENZA E l inizio della contemplazione faccia a faccia del Padre SGUARDO DI DIO E una finestra aperta sul Mistero. Non siamo noi a guardare l Icona, ma è l Icona a guardare noi e ad aprirci alla realtà e al mondo di Dio. E questo lo possiamo già vedere dall utilizzo della prospettiva inversa nelle architetture (il punto di fuga dell immagine non è in fondo alla rappresentazione come di consueto nelle prospettive normali, ma è chi si pone davanti ad essa). AMBITO LITURGICO Assunta come tale, l Icona è spazio di Incontro con il Dio vivente, l Eterno Creatore, con la Sua Parola, con Cristo e i fratelli nella Fede. Importante è il rituale della benedizione dell Icona, richiesto per istituirla nella sua funzione liturgica e nel suo mistero teofanico (di manifestazione), per renderla Icona miracolosa, dove miracolosa significa piena di presenza, canale della grazia santificatrice. Quindi: SACRAMENTALE segno sacro per mezzo del quale per intercessione della Chiesa, gli uomini vengono disposti a ricevere l effetto principale dei Sacramenti e le varie circostanze della vita vengono santificate.

6 Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. (Matteo,1) Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esròm, Esròm generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmòn, Salmòn generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide. Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asàf, Asàf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabèle, Zorobabèle generò Abiùd, Abiùd generò Elìacim, Elìacim generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo. La somma di tutte le generazioni, da Abramo a Davide, è così di quattordici; da Davide fino alla deportazione in Babilonia è ancora di quattordici; dalla deportazione in Babilonia a Cristo è, infine, di quattordici. Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati". Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa Dio con noi. Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù.

7 Icona della Natività dall'inno sulla Natività di Romano il Melode (sec. Vl) La Vergine dà oggi alla luce l'eterno e la terra offre una grotta all'inaccessibile. Gli angeli cantano gloria con i pastori, i Magi camminano con la stella, poiché per noi è nato un tenero Bambino, il Dio che è prima dei secoli. Questa Icona presenta il mistero della Natività del Signore secondo la raffigurazione propria delle Chiese dell'oriente cristiano. Il santo Andrej Rublёv, che la dipinse a Mosca intorno al 1420, ha suddiviso le diverse scene che si riferiscono alla Natività in tre fasce orizzontali che si ordinano intorno al centro dell'immagine, costituito dalla figura della Vergine Madre e dal Bambino. Incominciando dal basso: a sinistra S. Giuseppe, seduto, medita sul mistero di questa nascita che non rientra nelle leggi della generazione naturale; a destra, le levatrici lavano il bambino appena noto, come si fa con ogni bambino che viene al mondo. Ma, in questo caso, non è il Bambino ad aver bisogno di essere purificato, è piuttosto lui che santifica e vivifica l'acqua in cui viene immerso. Ecco perché la piccola vasca ha la forma di un fonte battesimale e l'acqua che cola dalla brocca brilla come l'oro. Nella fascia mediana è raffigurato il mistero stesso della Natività: gli angeli adorano il Verbo incarnato e i pastori, ricevendo l'annuncio dall'alto, si recano alla grotta. Distesa nel riposo, come ogni donna che ha dato alla luce il figlio - una posizione che serve a sottolineare il realismo dell'incarnazione - Maria appare al tempo stesso come la Santissima Sovrana, la Madre di Dio, che il tappeto rosso intessuto d'oro incornicia in una mandorla di gloria. Il fatto che non guardi il bambino significa che anche lei è compenetrata dal Mistero nella fede, assorta nella contemplazione di quanto di straordinario è avvenuto in Lei: Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore (Lc 2,19). La figura del Bambino è tutta in riferimento al mistero pasquale: il suo corpo, che ha le proporzioni di quello di un adulto, è già stretto nelle bende della morte e giace in una mangiatoia più simile ad un sepolcro di pietra. Alle sue spalle si spalanca il buio della grotta, simbolo delle tenebre del mondo in cui egli accetta di entrare e di sprofondarsi per far sgorgare di nuovo la Luce. L'icona della Natività invita a contemplare questo mistero di amore alla sua stessa fonte, che è la Santissima Trinità. Ecco perché, nella fascia superiore, appare un raggio semplice, simbolo dell'azione di Dio, che si divide in tre proprio sulla verticale della grotta, ad indicare che la redenzione del genere umano è opera comune delle tre Persone Divine. I Magi salgono verso il Raggio: il loro viaggio verso Betlemme (in ebraico, la casa del pane) è infatti segno del cammino degli uomini di tutti i tempi verso Dio; mentre gli angeli adorano nell'eternità il mistero dell'annientamento del Figlio, per amore. Icona scritta per mano di Maria Teresa Battilana Associazione di Iconografia Cristiana San Giuseppe

8 Presentazione di Gesù Bambino al Tempio Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la legge di Mosé, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore: "ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore"; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Luca 2,22-24 Quest Icona presenta il mistero della Presentazione di Gesù Bambino al Tempio. La "Presentazione di Gesù al Tempio" è una delle dodici Grandi feste bizantine. Le notizie storiche più antiche risalgono, come vediamo dal Diario di Viaggio di Egeria, al IV secolo. A Gerusalemme presso la chiesa della Resurrezione (Anastasis), 40 giorni dopo l'epifania, veniva celebrata la memoria della festa semplicemente con un sermone che verteva sulla presentazione al Tempio di Gesù. Nella tradizione Orientale, questa rilevante festa prese il nome di "festa dell'incontro" (Hypapànte). Soltanto tra la fine del V e gli inizi del VI secolo le Chiese orientali dell'impero bizantino fecero propria questa festività. Nella Chiesa occidentale venne introdotta come festa intorno alla fine del settimo secolo, durante il pontificato di papa Sergio I. con il titolo di "Purificatio Sanctae Marie", cioè purificazione di Maria. Solo dopo la riforma liturgica (Concilio Vaticano II), divenne una festa del Signore e prese il nome di "Presentazione di Gesù al Tempio. La legge ebraica, contemplata nel Levitico, prevedeva che se non fossero stati compiuti i giorni della purificazione previsti per le puerpere, queste non potevano toccare alcunchè di sacro, né tantomeno potevano partecipare a funzioni sacre. "Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole. L'ottavo giorno si circonciderà il bambino. Poi essa resterà ancora trentatre giorni a purificarsi dal suo sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione." (Levitico 12,1-4). Compiuti che furono i giorni della purificazione, Giuseppe condusse la sua sposa e il Bambino al tempio del Signore, così come prescriveva la legge. Molto frequentemente il modulo iconografico prevedeva la rappresentazione di Giuseppe nella posizione più esterna alla scena, volendo così mettere in evidenza il suo ruolo di protettore della Sacra Famiglia, colui che è pur sempre presente e con affetto e discrezione provvede ai bisogni della sua famiglia. Ma la famiglia di Gesù non è ricca, il povero falegname non ha i mezzi per acquistare un agnello, egli può permettersi di offrire soltanto due colombi. "Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l'olocausto e l'altro per il sacrificio espiatorio. Il sacerdote farà il rito espiatorio per lei ed essa sarà monda". (Levitico 12,8). I valori teologici che caratterizzano questa festa sono molto forti, pertanto lo schema iconografico si è fin dall'inizio mantenuto abbastanza stabile. Da un lato la Beata Vergine che porge il bambino a Simeone, dall'altro il Santo vegliardo che lo riceve. Fanno contorno le figure di San Giuseppe e della profetessa Anna. Sullo sfondo degli elementi architettonici esterni. Il centro della scena è comunque sempre dominato dalla Vergine, Ella simboleggia il Tempio vivente. Icona scritta per mano di Jenny Musazzi Associazione di Iconografia Cristiana San Giuseppe

9 San Giuseppe con Gesu Bambino Ascolta, Israele: il SIGNORE è il nostro Dio, unico è il SIGNORE. Tu amerai il SIGNORE, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l anima, con tutte le forze (Deuteronomio Cap. 6, Versetto 4-5) Nell Icona qui rappresentata, tratta da un antica miniatura, San Giuseppe insegna a Gesù Bambino i fondamenti della fede ebraica. Il cartiglio, tratto dal Deuteronomio recita: Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l anima, con tutte le forze ed è conosciuta come lo Shemà Israel, una preghiera della liturgia ebraica, in genere considerata la preghiera più sentita, forse assieme al Kaddish. La sua lettura avviene due volte al giorno, nella preghiera mattutina ed in quella serale. Il testo, formato dalle tre parti è anch'esso di origine biblica e contiene precetti importanti per la vita ebraica: la dedizione alla fede, l'obbligo di istruzione dei figli, la sua continuità, la proibizione dell'idolatria e l'obbligo di osservanza delle legge. San Giuseppe istruisce Gesù indicando il cielo, da dove Dio benedice suo Figlio. Gesù si volge verso il Padre e osserva: è consapevole della missione affidatagli. Icona scritta per mano di Terenzio Colombo Associazione di Iconografia Cristiana San Giuseppe

10 Icona della Sacra Famiglia di Nazaret Durante la vita nascosta a Nazaret Gesù rimane nel silenzio di una vita ordinaria. Ci permette così di essere in comunione con Lui nella santità della vita quotidiana intessuta di preghiera, di semplicità, di lavoro, di amore familiare. La sua sottomissione a Maria e Giuseppe, Suo padre putativo, è un immagine della Sua obbedienza filiale al Padre. Maria e Giuseppe, con la loro fede, accolgono il Mistero di Gesù, pur non comprendendolo sempre (da il Catechismo della Chiesa Cattolica Compendio n.104) La tipologia compositiva evidenzia che Dio ha posto sotto la protezione di San Giuseppe la più santa tra le famiglie, perché ne sia capo e rispettoso custode (nella destra impugna il bastone e con l altra mano indica e protegge il Cristo e la Vergine). Al centro di questa Icona è Gesù, punto focale e motivo della vicinanza tra la Madre di Dio e il Patriarca S. Giuseppe. Il Figlio ha il volto serio e sicuro, trasmette sicurezza e fiducia in Lui; la posa delle mani ci parla: la mano destra è docente, mentre la sinistra che regge il rotolo della Legge ci dice quanto scritto in Luca (4,18-20) Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Le vesti di Cristo sono impreziosite dall assist dorato (crisografia) segno della luce trasfigurante dello Spirito, espressione della Gloria di Dio. La Madre di Dio è rappresentata nella tipologia di Colei che indica la Via, la Guida che ci conduce al Salvatore. Icona scritta per mano di Maria Teresa Battilana Associazione di Iconografia Cristiana San Giuseppe

11 Sacra Famiglia con la Madre di Dio In Trono "Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore" (Isaia 11, 1-2) "In quel giorno, il germoglio del Signore crescerà in onore e gloria e il frutto della terra sarà a magnificenza e ornamento per gli scampati di Israele. (Isaia 4, 2) L'Icona rappresenta l'immagine della Sacra Famiglia con la Madre di Dio in Trono che reggendo in grembo Gesù, lo indica quale Via da seguire.(odighitria) Il manto della Vergine di colore rosso porpora sta ad indicarne la dignità regale e le tre stelle, antico simbolo siriaco, sulle spalle e sul capo di Maria, ne indicano la verginità prima, durante e dopo il parto: è la manifestazione della Onnipotenza di Dio. Ai piedi i calzari sono di colore rosso come quelli portati da imperatori e dignitari di corte e nel significato che questo colore assume, nella rappresentazione iconografica, sono simbolo di martirio, nel duplice significato di sacrificio come principio di vita: è il colore che nel cristianesimo ha ricevuto la sua consacrazione con il sangue di Cristo. Gesù è volto verso San Giuseppe e con la mano destra è benedicente mentre con la sinistra regge il rotolo della Legge. Egli veste il grande mantello (Himation). San Giuseppe, avvolto in un manto giallo (colore che indica l'autorità come servizio), con la mano destra ci indica il Figlio di Dio e con la sinistra regge il bastone fiorito, esplicito riferimento alla profezia di Isaia 4, 2. Il Trono, simile ad un tempio è metafora della Vergine che è il vero tempio dello Spirito Santo e dimora di Dio (la Chiesa). Il drappo rosso rappresenta il velo del tempio, il lembo del manto del Signore nella visione di Isaia (Is. 40, 22) il segno dell'alleanza di Dio con gli uomini. Icona scritta per mano di Laura Bianchi Associazione di Iconografia Cristiana San Giuseppe

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