Meditazioni sulle letture Messa in Coena Domini. 2^ serata

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1 Meditazioni sulle letture Messa in Coena Domini 2^ serata Ieri sera abbiamo sentito cosa è successo al momento della liberazione dall Egitto. Quell evento doveva essere celebrato ogni anno in memoria della liberazione. La sera del giovedì santo (inizio cella giornata di venerdì) si dice che Gesù abbia ripetuto il rito della cena pasquale ma, se leggiamo il vangelo secondo Giovanni al cap. 13 non troviamo alcun riferimento al rito ebraico ad eccezione del fatto che Giuda Iscariota abbia intinto il pane nella zuppiera con Gesù.. Il resto del rito (erbe amare, le vesti indossate in modo particolare, il bastone in mano, la salsa che ricordava la creta d Egitto, la condivisione dei calici) non viene citato. Gv 13, Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. 2 Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, 3 Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, 4 si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. 6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: "Signore, tu lavi i piedi a me?". 7 Rispose Gesù: "Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo". 8 Gli disse Pietro: "Tu non mi laverai i piedi in eterno!". Gli rispose Gesù: "Se non ti laverò, non avrai parte con me". 9 Gli disse Simon Pietro: "Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!". 10 Soggiunse Gesù: "Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti". 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: "Non tutti siete puri". 12 Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: "Capite quello che ho fatto per voi? 13 Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 15 Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. 16 In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. 17 Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica. 18 Ve lo dico fin d'ora, prima che accada, perché, quando sarà avvenuto, crediate che Io Sono. 20 In verità, in verità io vi dico: chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato". 21 Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: "In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà". 22 I discepoli si guardavano l'un l'altro, non sapendo bene di chi parlasse. 23 Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. 24 Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. 25 Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: "Signore, chi è?". 26 Rispose Gesù: "È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò". E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariota. 27 Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui. Gli disse dunque Gesù: "Quello che vuoi fare, fallo presto". 28 Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; 29 alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: "Compra quello che ci occorre per la festa", oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. 30 Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte. In Gv 13,1 si nota la frase prima della festa di Pasqua e questa frase è stata interpretata dagli esegeti, anche alla luce delle scoperte avvenute negli anni 40 a seguito del ritrovamento dei rotoli di

2 Qumran, sede di un antica comunità pseudomonastica, attribuendo a Giovanni l intenzione di anticipare la cena pasquale in modo che il sacrificio sulla croce di Gesù coincida con il sacrificio degli agnelli al tempio. Questo per permettere agli interlocutori di fede ebraica di identificare Gesù con l agnello immolato, attribuendo così al sangue di Gesù il potere salvifico del sangue dell agnello. Gesù diventa la via della salvezza, il perdono dei peccati come il capro espiatorio liberava il villaggio dal peccato. Ricordiamoci che alla sera del giovedì Gesù è ancora vivo e quindi nessuno poteva ipotizzare così a breve la sua morte e tanto meno la resurrezione, per cui la Pasqua cristiana deve essere stata concepita in un secondo momento, quando i vangeli hanno preso forma. L idea di fondo di Giovanni è quella di far coincidere le due cose per dimostrare che Gesù è lo strumento della salvezza. Secondo la tradizione evangelica Gesù muore alle tre del pomeriggio del venerdì e non all imbrunire del giovedì (inizio del venerdì). Per aiutarci a collegare i due diversi momenti Giovanni pone l istituzione dell eucaristia durante l ultima cena, a indicare che l ultima cena non è l anticipazione della Pasqua, ma è già la Pasqua. Il sacrificio dell agnello si realizza in quel momento e si prolunga fino alla resurrezione, o meglio, fino alla discesa dello Spirito Santo. Secondo i tempi degli uomini questi due eventi si distinguono, ma nel tempo di Dio sono un unico grande mistero. In effetti, il tempo di Pasqua si conclude con la Pentecoste. Perché Giovanni fa tutte queste cose? Per aiutarci a capire come si realizzano le parole che abbiamo ascoltato nella lettura che abbiamo appena fatto di un brano del cap. 12 del vangelo secondo Giovanni quando Gesù dice: Ora l anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest ora? Ma per questo sono giunto in quest ora! Padre glorifica il tuo nome. (Gv 12, 26-28). E come glorificherà il suo nome in Gesù il Padre? Giovanni ce lo dice sempre nello stesso brano che abbiamo ascoltato: E giunta l ora che sia glorificato il Figlio dell uomo. In verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. (Gv 12, 23-25). Segue Gv 12, 26: Se uno di voi mi vuol servire mi segua, e dove sarò io, là sarà anche il mio servo. Questo è l orizzonte dentro il quale dobbiamo leggere quel primo brano cap. 13 del vangelo secondo Giovanni che è la così detta lavanda dei piedi. Gesù sapeva che tutto il suo cammino verso la Pasqua era volto a giungere a quell ora, che non è un tempo solo cronologico, ma è un tempo di salvezza. L ora nel vangelo di Giovanni è il momento della redenzione e della salvezza, per cui questo vangelo è anche detto il vangelo dell ora. Tutta la creazione fino a quel momento ha continuato a gemere le doglie del parto, come dice san Paolo, in attesa di quell ora, in attesa che l agnello pasquale venisse sacrificato per rendere la vita a chi l aveva persa a causa del peccato. La Pasqua è l ora, ed è un ora difficile perché passa attraverso il sacrificio Pasqua come passaggio, non del mar rosso come nell Esodo, ma passaggio da questo mondo al Padre, ossia da noi stessi alla pienezza del rapporto con Dio (Gv 13,1), che non deve essere confuso con la morte ma con il raggiungimento della piena realizzazione della nostra vita, lo scopo ultimo della creazione. Sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. (Gv 13,1). E un modo molto concreto per dirci che non potremo mai comprendere tutto ciò che Dio ha fatto, fa, e farà per noi alla luce di un pensiero

3 filosofico o accostandoci al vangelo in modo dottrinale; lo comprenderemo solo entrando nella logica che spinge Dio ad amare i suoi fino alla fine. Ma di che tipo di amore stiamo parlando? Il verbo greco che viene utilizzato nel testo è il verbo agapao, da cui il sostantivo agape, che è una parola greca che noi a volte usiamo. Il verbo agapao, tra l altro un verbo poco usato al tempo di Gesù, indica l affabilità con cui ci si pone nei confronti di una persona che di suo non ha nessun motivo per farsi voler bene; quindi l amore di Dio non è un amore qualsiasi, ma è quell amore capace di voler bene anche a chi non ci offre alcun motivo per essere amato, potremmo dire anche a che è cattivo perché non fa nulla per meritare il nostro amore, la nostra agape. Dio ci ama anche se non lo meritiamo. L amore di Dio è un amore di affabilità che non ha paragoni in termini umani. In proposito san Paolo nella lettera ai romani dirà che, è difficile trovare delle persone che siano disponibili a fare qualche cosa per gli altri, al massimo si trova qualcuno disponibile ad amare una persona per bene, ma, continua san Paolo, mentre noi eravamo ancora peccatori Cristo è morto per noi. Avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò fino alla fine. L amore non può avere dei confini: non c è mai un amore sotto condizione, perché l amore è senza limiti: o si ama fino alle estreme conseguenze o l amore rischia di non essere un vero amore. Gesù sapeva che stava per tornare al Padre e l unico modo per poter compiere la sua missione era quello di amare i suoi fino alla fine. Nel racconto dell ultima cena Giovanni inserisce l episodio dell annunzio del tradimento di Giuda Iscariota (Gv 13, 21-30) ad indicare la premeditazione nel cuore di Giuda. Proviamo a capire meglio cosa succede nell ultima cena. Gesù sapeva che il Padre aveva posto tutto nelle sue mani, e questo significa che in lui, in quel momento, era presente la sorte del mondo per tutta l eternità. In Cristo si ricapitola, dice san Paolo, tutto l universo e tutta la creazione, quindi anche noi siamo nelle sue mani altrimenti non potremmo far parte della creazione. Gesù è nato da Dio, e nel linguaggio biblico essere nati da Dio significa essere Dio stesso, avere in sé la divinità. Cristo Gesù, pur essendo di natura divina e sapendo che era giunto al momento cruciale della sua missione, compie un gesto che per un ebreo del tempo sarebbe molto significativo: si alza da tavola, inconcepibile nella cultura del tempo, secondo la quale, durante il pasto, il padrone di casa non si alza perché tocca agli schiavi servire i commensali. Dopo essersi alzato da tavola si toglie le vesti e si cinge la vita con l asciugatoio, che era un piccolo pezzo di tela che non copriva praticamente nulla. Colui che sa di avere tutto nelle mani si alza, depone le vesti, assumendo l abbigliamento tipico dei servi che si muovevano per casa in vesti corte (praticamente nudo), e quindi assumendo egli stesso la condizione di servo. Questo ci viene ricordato dalla lettera ai Filippesi ( Fil 2, 6-7) quando San Paolo dice che Cristo Gesù, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo. I teologi interpretano questo spogliarsi di Gesù non tanto come un togliersi i vestiti, quanto come uno svuotarsi delle proprie prerogative divine ponendosi ultimo tra gli ultimi nella condizione di colui che tutto deve a che gli sta davanti e che nulla ha da fare chenosis. E chi sta davanti a Gesù in quel momento è il Padre a cui Gesù sta tornando. Gesù si spoglia davanti a Dio.

4 Una spogliazione così profonda evidenzia la verità ultima su Gesù: il vero Gesù non quello seduto sul trono mentre domina l universo ma è quello spogliato di tutto che non ha neppure la dignità di uno schiavo perché è nudo. Inoltre compie le mansioni abitualmente affidate agli schiavi: versa l acqua nel catino, lava i piedi dei commensali (i discepoli) e li asciuga togliendosi l unico indumento che indossa, perde persino la dignità dello schiavo e, nudo di fronte a tutti, lava i piedi ai discepoli. I discepoli rappresentano l Umanità, ed ecco quindi che Gesù diventa il servo di tutti. Questa è una logica che sta al di fuori di ogni logica, sia filosofica sia scientifica. Gesù stravolge completamente l idea che possiamo avere di lui in quanto signore dell universo, ma stravolge anche l idea cha abbiamo di noi perché ci dice che il compimento della sua missione non è compimento di potere ma è servizio, servizio totale. Cristo torna al Padre sotto la figura del servo dopo aver detto lui stesso io non sono venuto nel mondo per essere servito ma per servire, dopo essersi messo a nostra disposizione come colui che serve. Pietro non capisce; lui, ebreo tra gli ebrei, ritiene scandaloso farsi lavare i piedi da quello considera il suo maestro, perché questo sovverte i normali rapporti umani e lo mette in condizione di non capire cosa stia succedendo. Da ebreo comprende i gesti ma non riesce ad attribuire loro il giusto significato. A volte vorremmo che il Signore fosse grande e potente anche nei nostri confronti, ci lavi pure i piedi ma non ci chieda di fare altrettanto (venga in nostro aiuto quando ne abbiamo bisogno, per esempio nella malattia, ma non ci chieda di cambiare vita). Ma Gesù si muove in una dimensione diversa da quella a cui siamo abituati, le sue vie non sono le nostre vie. Signore tu lavi i piedi a me? chiede Pietro, e Gesù gli risponde: Quello che io faccio tu ora non lo capisci ma lo capirai dopo. (Gv 13, 6-7) Con questa frase ci chiede di fidarci di lui, quando non capiamo perché succedono cose dolorose, quando la malattia ci aggredisce, quando i nostri ideali risultano perdenti, quando le cose vanno male. Capiremo dopo, ma quando? Dopo la resurrezione certo, ma soprattutto quando avremo imparato a ragionare secondo la logica della lavanda dei piedi, secondo la logica di Gesù. Se non ti laverò non prenderai parte alla mia vita. (Gv 13,8). Se il cristiano non si lascia lavare i piedi da Gesù non potrà entrare in comunione con lui, non potrà mettersi alla sua sequela, perché solo lasciandoci servire da Gesù possiamo imparare a servire; la sua vita sarà sempre mancante di qualcosa. Pietro capisce e dice Gesù: Signore, non solo i piedi ma anche le mani e il capo. (Gv 13,9). Questa affermazione può essere attribuita all irruenza di Pietro, ma in realtà sottintende una profonda relazione di Pietro con Gesù. Quando Pietro comprende che quella è la sola via della salvezza abbandona ogni remora di carattere formale, tutti i problemi di legge e accetta, anche se forse in quel momento non capisce fino in fondo, che è ciò che capita al cristiano quando si trova di fronte a Gesù: il cristiano non è colui che capisce tutto ma è colui che accetta di essere amato da Gesù per poter essere salvato.

5 Se, come Pietro, ci trovassimo in mezzo al mare in tempesta e vedessimo Gesù che cammina sulle acque per venirci a salvare, non ci butteremmo anche noi in acqua per corrergli incontro, anche a rischio di sprofondare nell acqua? Il rischio che si corre è l intellettualismo, una fede fatta di idee e pensieri che ci arricchiscono culturalmente ma che non ci cambiano la vita. Senza l amore la fede sparisce. Diceva sant Agostino Credo per amare, ma amo per credere. Queste due cose sono inscindibili. E Gesù continua: chi ha fatto il bagno non ha bisogno di lavarsi se non i piedi; è già tutto mondo e voi siete mondi, ma non tutti. (Gv 13,10). Lo dice rivolto ai discepoli, che hanno vissuto accanto a lui negli anni della predicazione. Questo periodo di rodaggio, vissuto tra le difficoltà e senza cogliere sostanzialmente nulla della natura di Gesù li ha purificati anche senza che loro se ne rendessero conto. Chi crede di essere sempre allo stesso punto ma ha avuto la perseveranza di convivere con Gesù anche senza ottenere risultati apparenti, si purifica lungo il cammino. Gesù ha lavorato in lui nel silenzio. Al termine della lavanda dei piedi Gesù ritorna il maestro: si riveste, si siede a tavola e assume il suo ruolo, come nel discorso della montagna prima del quale Gesù si siede e incomincia ad insegnare. Dopo aver condotto i discepoli lungo un cammino esperienziale, inizia a fare catechesi, al contrario di come generalmente si procede nella chiesa, nella quale la catechesi precede l esperienza diretta, non tenendo conto che la parola di Dio si comprende solo alla luce dell esperienza. Gesù ritorna il maestro e dice ai discepoli: sapete quello che vi ho fatto? Voi mi chiamate maestro e Signore e dite bene perché lo sono. È questa una delle rare volte in cui Gesù si definisce maestro, quasi un rafforzamento delle cose che sta per aggiungere: se dunque io che sono il maestro ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarli gli uni agli altri. Questa è la logica conseguenza dell aver preso parte alla lavanda dei piedi: chi ha fatto l esperienza dell amore di Gesù non può più rimanere indifferente al servizio verso gli altri: dobbiamo metterci a servizio sull esempio del maestro, dobbiamo anche noi diventare attori di salvezza. Spesso si usa questo brano per invitare i cristiani ad andare verso i poveri, ma Gesù sta parlando agli apostoli, ossia alla chiesa, quindi l invito rivolto alla chiesa è quello, innanzi tutto, di porsi al servizio reciproco al suo interno, perché possa diventare segno nel mondo dell amore di Dio e quindi condurre l umanità a fare esperienza di amore venendo in contatto con essa. Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete gli uni e gli altri. Nell ultima cena il Signore ci chiede di lavarci i piedi reciprocamente, perchè la comunione viene costruita nel servizio. Ma il servizio può essere vissuto in termini umani e allora costruisce potere, oppure può essere vissuto nello stile di Gesù e allora costruisce comunione. La differenza è molto sottile e spesso difficile da percepire perché, pur con tutti i buoni propositi siamo pur sempre condizionati dai nostri limiti umani. La cartina di tornasole per comprendere la sincerità del servizio sta nell osservare quanta comunione crea il servizio, se ne crea. Se il servizio non crea comunione significa che non abbiamo assunto la condizione del servo, non ci siamo alzati da tavola, non ci siamo tolti i vestiti e non ci siamo cinti con l asciugamano, in breve non abbiamo fatto quello che ha fatto Gesù nell ultima cena, perché l essenziale non sta nel gesto ma nello spirito con cui si compie il gesto. Possiamo anche lavare i piedi ai fratelli senza creare alcuna forma di comunione. La lettera agli ebrei dice più volte che Cristo ci ha dato l esempio: perché come ho fatto io facciate anche voi. (Gv 13,15). Il giovedì santo ci offre l occasione di riflettere si questo aspetto. Quando il sacerdote recita nella consacrazione fate questo in memoria in me non dobbiamo solo pensare al

6 fatto di ripetere all infinito la messa, ma dobbiamo anche e soprattutto pensare al gesto della lavanda dei piedi: mettetevi al servizio degli altri come io mi sono messo al vostro servizio. Questa è la sostanza della messa. La conversione della Pasqua non ci deve portare a essere più santi, ma più servi perché solo diventando più servi possiamo diventare più santi. Gesù era servo, non santo, e l unica strada verso la santità passa attraverso il servizio. Vi ho dato infatti l esempio perché come ho fatto io facciate anche voi perché un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo questo cose siamo beati se le mettiamo in pratica. Mangiare il corpo del Signore ci dà la possibilità di diventare come lui, di fare come lui, di vivere questa logica, fino alla fine, perché questa è la logica del chicco di grano che dà frutto solo se muore a sé stesso. Il chicco che non muore non porta alcun frutto. L alternativa è la scelta di Giuda, che ha mangiato il boccone intinto con Gesù ma che si è lasciato possedere dal diavolo. Gv 13, Noi possiamo prendere il boccone di Cristo, mangiare l agnello pasquale che ci sostiene nel fare tutto quello che abbiamo visto o possiamo prendere il boccone del diavolo e allora finiamo come Giuda, che, dopo aver preso il boccone uscì e, dice il testo, era notte. La visione di Giovanni dell ultima cena è diversa da quella degli altri vangeli, perché non solo descrive il fatto, ma ne approfondisce il significato e ne amplia la portata nei nostri confronti. Sono parola su cui riflettere perché sono di una forza straordinaria. Il versetto Gv 13,1 potrebbe essere letto così: Grazie Signore perché, sapendo che era giunta la tua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo averci amato ci hai amati fino alla fine.

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