Il lavoro si propone di analizzare e valutare se la ginnastica. medica, o fisioginnica, sia effettivamente d aiuto e miglioramento
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- Elena Viviani
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1 CAPITOLO 1 LA SCOLIOSI 1. INTRODUZIONE Il lavoro si propone di analizzare e valutare se la ginnastica medica, o fisioginnica, sia effettivamente d aiuto e miglioramento nel trattamento ortopedico con corsetto non amovibile nella patologia scoliotica. L analisi è stata fatta su di un campione di 51 pazienti affetti da scoliosi idiopatica, in cura presso il reparto di ortopedia dell I.R.C.C.S. Don Gnocchi di Milano, specializzato appunto nello studio e nella cura delle scoliosi, dove sono stati sottoposti a trattamento ortopedico con corsetto non amovibile in Articast. 5
2 2. LA SCOLIOSI La scoliosi è un infermità grave, spesso benigna, antiestetica per le deformità toraciche che provoca e che compromettono l aspetto e la qualità della vita; essa cagiona una morbilità notevole e può diventare una menomazione grave e persino mortale se sono compromesse le funzioni cardio-respiratorie. Biomeccanicamente la curva scoliotica è stata sempre considerata come entità geometrica a sviluppo ed evidenza frontale; Ippocrate per primo denominò scoliosi (sinuoso) la deviazione della colonna vertebrale sul piano frontale. Esistono però altri elementi che, sommandosi alla deviazione sul piano frontale consentono di tracciare un quadro più definito della situazione patologica. La scoliosi viene oramai definita come una deformazione spaziale del rachide, quindi non solo una deviazione sul piano frontale (inclinazione laterale), ma anche una deviazione sul piano sagittale (cifosi o lordosi) e sul piano orizzontale, ossia una rotazione e una torsione; la scoliosi è perciò una deformazione antero-posteriore in lordosi, generata da un movimento di torsione (Pedriolle). 6
3 3. EZIOLOGIA DELLA SCOLIOSI La scoliosi è nel 25-30% dei casi ad eziologia nota: Scoliosi congenite, dovute a difetti dei corpi vertebrali, affezioni neurologiche, affezioni muscolari, neurofibromatosi, mesenchimopatie. Scoliosi traumatiche, dovute ad interventi chirurgici o fratture. Scoliosi statiche o funzionali, dovute ad asimmetria del bacino e dismetria degli arti inferiori. Nel restante 70-75% dei casi, la scoliosi viene definita idiopatica, cioè ad eziologia ignota: questa tipologia colpisce i giovani nel periodo di accrescimento della colonna vertebrale ed interessa statisticamente dal 2 al 10% della popolazione giovanile, con un rapporto donne uomini di 4-6:1. Le teorie sull eziologia della scoliosi idiopatica sono molteplici e si riferiscono a fattori genetici, fattori neurologici e fattori di crescita. Fattori genetici: la scoliosi idiopatica, secondo recenti studi, rappresenta una manifestazione congenita tardiva, in seguito all attivazione di un particolare induttore genetico adolescenziale; è quindi fuori dubbio che nella scoliosi sia 7
4 presente il fattore genetico, sia per l eredità familiare, che varia dal 43% all 80%, sia per la prevalenza del sesso femminile nell 80% dei casi. Fattori neurologici: l origine centrale della scoliosi idiopatica è attualmente un fattore probabile: può essere infatti dovuto a disturbi bulbari, alterazioni del tronco encefalico e delle radici spinali, disfunzioni del sistema oculo-riflesso e dei riflessi propriocettivi. Il tono muscolare viene controllato dal sistema vestibolare tramite le vie vestibolo-spinali; una rotazione con inclinazione laterale della colonna, potrebbe quindi ragionevolmente essere causata da una modificazione del circuito vestibolare. Recenti lavori di Yamamoto e Mac Ewen hanno evidenziato come il meccanismo neurofisiologico giochi un ruolo importante nel determinare la scoliosi idiopatica. Fattori di crescita: sono purtroppo fattori determinanti, dato che nel 70% dei casi la scoliosi si manifesta nel periodo dello sviluppo. L eziologia è quindi multifattoriale, come da definizione di P. Stagnara: La scoliosi idiopatica appare come una malattia multifattoriale il cui supporto sarebbe una maturazione anormale 8
5 del sistema nervoso centrale geneticamente determinata, associata ad uno squilibrio dello scheletro in senso assiale per differenza di crescita dei diversi elementi vertebrali e sul quale agirebbero altri fattori chimici e neuromuscolari di cui è difficile dire se sono la causa o la conseguenza. 9
6 CAPITOLO 2 ANATOMIA DELLA COLONNA VERTEBRALE 1. LA COLONNA VERTEBRALE La colonna vertebrale, asse portante e unione dei cingoli corporei, è un organo molto complesso, non solo per come è costituito, ma anche per le strutture presenti all interno ed adiacenti al canale vertebrale, ovvero il midollo spinale e le radici nervose. La colonna inoltre deve essere di sostegno ma allo stesso tempo deve permettere movimento in tutti e tre i piani dello spazio; ogni deformità porta quindi una sofferenza non solo della colonna, ma anche delle strutture nervose e non ultima della gabbia toracica e quindi dell apparato respiratorio. 10
7 2. LE VERTEBRE L elemento funzionale di questo delicato sistema è la vertebra, che varia di dimensioni e forma a seconda del livello del rachide a cui è posta, ossia a seconda che sia una vertebra cervicale, dorsale o lombare. Il corpo vertebrale ha la struttura di un osso breve, quindi una corticale d osso denso che circonda del tessuto spongioso. Le corticali superiore ed inferiore sono chiamate piatti vertebrali, che sono più spessi al centro, dove è presente una parte cartilaginea. Dorsalmente al corpo vertebrale si trova l arco posteriore, a cui si fissano, da una parte e dall altra delle apofisi articolari; sull arco posteriore si delimitano perciò due parti: anteriormente si trovano i peduncoli, posteriormente le lamine. Inoltre, sulla linea mediana, si fissa l apofisi spinosa e lateralmente all arco posteriore troviamo le apofisi trasverse. Il compito principale delle vertebre, indipendentemente dal livello, è quello di dare stabilità insieme a mobilità al rachide; inoltre devono dare protezione ad uno degli organi più delicati dell organismo, il midollo spinale. 11
8 3. LE VERTEBRE CERVICALI Ogni vertebra presenta particolari peculiarità che permettono di distinguerla da qualunque altra. Le sette vertebre cervicali si estendono dal cranio fino al torace. Il corpo vertebrale è relativamente piccolo rispetto al forame vertebrale; a questo livello il midollo contiene ancora la maggior parte delle fibre neurali che portano gli stimoli ai muscoli e le informazioni dalla periferia al cervello; spostandosi caudalmente si nota una diminuzione delle dimensioni del canale midollare. Ad eccezione delle prime due vertebre cervicali, le caratteristiche comuni sono il processo spinoso relativamente corto e i fori intertrasversari ben evidenti, necessari a far passare le arterie che irrorano di sangue il cervello. Particolarità delle prime due vertebre, atlante ed epistrofeo, è quella di fungere da articolazione per i movimenti rotatori del capo. 12
9 4. LE VERTEBRE DORSALI Esistono dodici vertebre dorsali o toraciche. Una tipica vertebra toracica presenta un corpo a forma di cuore, più robusto di quello di una vertebra cervicale; il forame vertebrale è relativamente più piccolo e il processo spinoso si proietta in senso postero-caudale. Ognuna delle dodici vertebre toraciche si articola con una delle dodici coste, a livello delle superfici laterali del corpo vertebrale. 5. LE VERTEBRE LOMBARI Il corpo di una vertebra lombare tipica è più spesso di quello di una vertebra toracica, e le sue facce superiori e inferiori sono ovali; il corpo e i processi trasversi non presentano superfici articolari ed il forame vertebrale è un po più ampio di quello di una vertebra toracica. I processi trasversi sono sottili e si proiettano in senso dorso-laterale. 13
10 6. LE VERTEBRE SACRALI E IL COCCIGE Le vertebre sacrali sono più propriamente definite come il sacro, poiché queste cinque vertebre sono fuse a formare un unico osso. Esso fornisce protezione ai delicati organi riproduttivi, digestivi ed urinario, oltre ad essere il punto in cui la colonna vertebrale si articola con il bacino, in particolare con l articolazione sacro iliaca. 7. I DISCHI INTERVERTEBRALI E I LEGAMENTI Tra una vertebra e l altra si interpone un disco fibrocartilagineo, costituito da un anello fibroso all esterno e da un nucleo polposo all interno: il disco intervertebrale ha la duplice funzione di ammortizzare le sollecitazioni in senso cranio caudale e di consentire movimento tra le vertebre; il disco intervertebrale può essere paragonato ad uno snodo sferico, infatti permette movimenti di inclinazione dei piatti vertebrali, di rotazione di una vertebra sull altra e movimenti di scivolamento, per un totale di sei gradi di libertà. Inoltre numerosi legamenti proteggono e consolidano i singoli elementi della colonna vertebrale, quali il legamento vertebrale comune anteriore, il legamento giallo, i 14
11 legamenti interspinoso e sovraspinoso, il legamento intertrasversario. 8. LE CURVE VERTEBRALI La colonna vertebrale, nonostante il nome, non è dritta: se così fosse, non avrebbe quelle doti di elasticità e mobilità, oltre che di resistenza, che sono essenziali per muoversi nello spazio; sono presenti quattro curve, di cui la dorsale e sacrale (cifosi) sono dette primarie, perché compaiono già durante gli ultimi periodi dello sviluppo fetale; esse sono chiamate anche curve di adattamento, in quanto servono per lasciare più spazio ai visceri toracici e addomino-pelvici. Le curve cervicale e lombare (lordosi), chiamate curve secondarie, compaiono solo molti mesi dopo la nascita; esse sono anche chiamate curve di compenso, perché equilibrano la distribuzione del peso corporeo sugli arti inferiori. La maggior parte del peso corporeo è situato sulla parte anteriore della colonna vertebrale: le curve fanno sì che questo peso si allinei all asse corporeo. Kapandji afferma che da studi di bioingegneria è dimostrato che la resistenza della colonna 15
12 vertebrale umana, quindi con tre curve, è dieci volte maggiore rispetto ad un rachide ipoteticamente rettilineo. 16
13 CAPITOLO 3 LA MUSCOLATURA 1. I MUSCOLI POSTERIORI DEL TRONCO La muscolatura posteriore del tronco è disposta su tre piani, uno profondo, uno intermedio e uno superficiale. Il piano profondo è costituito dai muscoli spinosi, che sono inseriti direttamente sul rachide, in particolare abbiamo: Traverso spinale Interspinosi Epispinoso Lungo dorsale Sacro lombare Il piano medio è costituito da un solo muscolo, il piccolo dentato superiore ed inferiore. Il piano superficiale è formato dal muscolo gran dorsale. L azione di questi muscoli è essenzialmente quella di estendere il rachide lombare; inoltre sono i responsabili dell accentuazione della lordosi lombare. 17
14 2. I MUSCOLI LATERALI DEL TRONCO I muscoli laterali del tronco, sono essenzialmente due: il quadrato dei lombi e lo psoas. Il primo determina un inclinazione laterale del tronco dalla parte della sua contrazione; il secondo, con l inserzione fissa sul femore, ha una forte azione di inclinazione verso il lato che si contrae e di rotazione verso il lato opposto del rachide lombare. Lo psoas ha quindi anche un azione di iperlordotizzazione e rotazione della colonna vertebrale. 3. I MUSCOLI DELLA PARETE ADDOMINALE I muscoli della fascia addominale sono i due muscoli retti dell addome e i muscoli traversi, il piccolo e grande obliquo. L azione di questi muscoli si può brevemente riassumere descrivendo i movimenti che compie il tronco, ovvero movimenti di rotazione e flessione, oltre all appianamento della lordosi lombare. 18
15 CAPITOLO 4 IL TRATTAMENTO 1. PRINCIPI DI TRATTAMENTO Il corsetto è stato uno dei primi strumenti adottati per far sì che le deformità vertebrali fossero in qualche modo contenute e corrette ; fin dai tempi più remoti si sono confezionati corsetti in vari materiali per riallineare le curve scoliotiche degli adolescenti. Recentemente i corsetti hanno subito un evoluzione, grazie anche alle migliori tecniche di radiografia e di valutazione; a seconda poi della scuola di pensiero e dei dati raccolti, viene utilizzato preferenzialmente un tipo di corsetto e di materiale piuttosto che un altro. In certi gravi casi di scoliosi (superiori a 50 Cobb secondo la Scuola Francese) si ricorre all intervento chirurgico. La condotta terapeutica prende in considerazione l età del soggetto, l altezza del gibbo e i valori angolari della curva. Lo scopo è quello di interrompere l evoluzione della curva scoliotica, 19
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