Sistemi di equazioni differenziali. Filippo De Mari
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- Evelina Salerno
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1 Sistemi di equazioni differenziali Filippo De Mari
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3 Sistemi di equazioni differenziali 3 Equazioni differenziali Definizioni e terminologia Molti problemi scientifici consistono nel tentare di determinare una quantità conoscendone il suo tasso di variazione Ad esempio, potrebbe trattarsi della determinazione della traiettoria di una particella conoscendone la velocità e l accelerazione Si tenta cioè di trovare una funzione incognita a partire da informazioni espresse nella forma di una equazione contenente almeno una delle derivate della funzione incognita Queste equazioni sono dette equazioni differenziali Esse si suddividono in due classi: equazioni differenziali ordinarie e alle derivate parziali, a seconda che la funzione incognita dipenda da una o più variabili Noi ci occuperemo solamente di equazioni differenziali ordinarie Esempi () L esempio più semplice, e certamente tra i più importanti, di equazione differenziale ordinaria è: () f (x) = f(x) che è soddisfatta dalla funzione esponenziale f(x) = e x e da tutti i suoi multipli Ce x dove C è una costante qualunque (2) Una variante del caso precedente è data dall equazione y (x) = cy(x), dove c è una costante Ad esempio, uno dei più semplici modelli di dinamica delle popolazioni, proposto da Malthus nel 798, assume che il numero di individui N(t) al tempo t di una certa popolazione sia descritto dall equazione differenziale Ṅ(t) = εn(t), dove ε rappresenta il cosiddetto potenziale biologico Esso è definito come la differenza ν µ ove ν è il numero di nuovi nati per individuo nell unità di tempo e µ è il numero di morti per individuo nell unità di tempo Nel modello di Malthus, il potenziale biologico viene supposto costante nel tempo E immediato verificare che una soluzione, in realtà l unica soluzione, è N(t) = N e εt, ove N è il valore di N(t) al tempo zero Quindi la popolazione tenderà all estinzione se ε < mentre crescerà esponenzialmente se ε > Un modello più realistico fu proposto nel 854 da Verhulst, il quale ipotizzò che il tasso di crescita decresca lineamente come funzione di N, ossia che il modello sia piuttosto ( (2) Ṅ(t) = εn(t) N(t) ), k ove k è una costante, detta capacità dell ambiente Il termine εn(t) è, per cosí dire, mitigato da (ε/k)n 2 (t), che corrisponde alla competizione all interno della popolazione, una sorta di attrito sociale che è proporzionale al numero di incontri tra individui per unità di tempo L equazione descritta può essere risolta esplicitamente e la soluzione è kn e εt (3) N(t) = k N + N e εt Si vede che N(t) k per t + tranne nel caso N = In questo modello la popolazione tende a stabilizzarsi attorno ad un valore limite k, la capacità dell ambiente Si noti che se k è molto grande, il termine (ε/k)n 2 (t) può essere trascurato e l equazione
4 4 F De Mari si riduce a quella di Malthus Coerentemente, la soluzione può essere rappresentata nella forma ( ) N(t) = N e εt, N ( e εt )k cosicché se k è trascurabile anche la soluzione si riduce alla soluzione di Malthus L equazione (2) è anche nota come l equazione logistica Si chiama equazione differenziale ordinaria di ordine n una relazione della forma: (4) F (t, y(t), y (t), y (t),, y (n) (t)) = dove F : U R e U R n+2 Nella (4) compare la funzione incognita y(t) insieme alle sue derivate fino all ordine n incluso, tutte calcolate nello stesso punto Se dalla (4) è possibile esplicitare la derivata di ordine massimo: (5) y (n) (t) = f(t, y(t), y (t), y (t),, y (n ) (t)), con f : Ω R e Ω R n+, l equazione si dice scritta in forma normale Per motivi di semplicità e ragionevolezza, si è soliti pensare alla variabile indipendente t come al tempo, che quindi scorrerà in un intervallo temporale I In altri termini, l insieme di definizione di f in (5) sarà del tipo Ω = I D, dove I R è un intervallo aperto e D R n è anch esso aperto Se nella (4) F è un polinomio di primo grado in y(t), y (t), y (t),, y (n), l equazione si dice lineare, la cui forma generale sarà dunque: (6) a (t)y (n) + a (t)y (n ) (t)) + + a n (t)y (t) + a n (t)y(t) = b(t) Se a (t), la (4) può scriversi in forma normale Se F nella (4) (o similmente f nella (5)) non dipende esplicitamente da t, l equazione si dice autonoma Salvo esplicito avviso, ci occuperemo d ora in poi solo di equazioni in forma normale Definizione Si dice soluzione della (5) una funzione ϕ definita e differenziabile n volte nell intervallo I R tale che (t, ϕ(t),, ϕ (n) (t)) Ω e ϕ (n) (t) = f(t,, ϕ(t), ϕ (t), ϕ (t),, ϕ (n ) (t)), per ogni t I Più in generale si possono considerare sistemi di equazioni differenziali in più funzioni incognite, tutte di una sola variabile Noi tratteremo il caso importante dei sistemi di n equazioni del primo ordine in forma normale in n funzioni incognite Un tale sistema ha la forma: ẏ (t) = f (t, y, y 2, y n ) ẏ 2 (t) = f 2 (t, y, y 2, y n ) (7) ẏ n (t) = f n (t, y, y 2, y n ) dove le funzioni f j, j =,, n, sono tutte definite in una stessa regione Ω di R n+ e y,, y n sono le funzioni incognite Introducendo notazioni vettoriali, cioè
5 Sistemi di equazioni differenziali 5 Y (t) = (y (t),, y n (t)) e F = (f,, f n ), la (7) si riscrive come un unica equazione vettoriale: (8) Ẏ (t) = F (t, Y (t)), F : Ω R n Se ogni componente di F è un polinomio di primo grado, il sistema si dirà lineare, ed avrà pertanto la forma (9) Ẏ (t) = A(t)Y (t) + b(t) dove A : I M n (R) e b : I R n sono funzioni a valori, rispettivamente, matrici quadrate n n e vettori (colonna) in R n Definizione 2 Si dice soluzione della (8) una funzione Φ : I R n definita e differenziabile nell intervallo I R tale che (t, Φ(t)) Ω e Φ(t) = F (t, Φ(t)), per ogni t I Osserviamo subito che un equazione di tipo (5) può essere scritta come un sistema di tipo (7), ponendo, ad esempio: y = y, y 2 = y, y n = y (n ), ed ottenendo il sistema: ẏ (t) = y 2 ẏ 2 (t) = y 3 Il procedimento di riduzione non è unico Esempio ẏ n = y n ẏ n (t) = f(t, y, y 2, y n ) (3)Il modello di Hooke di una massa collegata ad una molla di costante di elasticità ω è ÿ = ω 2 y Ponendo y = y e y 2 = ẏ, l equazione di Hooke diviene equivalente al sistema { ẏ (t) = y 2 ẏ 2 (t) = ω 2 y In notazione vettoriale ] [ẏ = ẏ 2 y ω 2 y 2
6 6 F De Mari 2 Problemi di Cauchy In generale, come mostra l Esempio, un equazione differenziale ammette più di una soluzione L insieme di tutte le soluzioni di un equazione differenziale si chiama il suo integrale generale Per ottenere unicità della soluzione, è necessario imporre condizioni aggiuntive all equazione differenziale Se nell Esempio si richiede f() =, si vede che l unica funzione che soddisfa () su tutto R, oppure su un qualsiasi intervallo aperto contenente l origine, è f(x) = e x In effetti, se g(x) è un altra soluzione del problema allora la funzione h(x) = g(x)e x soddisfa: h (x) = g (x)e x g(x)e x = su un insieme connesso, cosicchè h(x) è costante, cioè h(x) = C D altra parte, h() = g() =, da cui C = ossia g(x)e x =, ossia ancora g(x) = e x L esempio illustrato è in un certo senso tipico Il caso appena discusso è una istanza particolare del cosiddetto problema di Cauchy o problema ai valori iniziali, che, per le equazioni di ordine n, prende la forma seguente: trovare y di classe C n (I) tale che: y (n) (t) = f(t, y(t), y (t), y (n ) (t)) y(t ) = ξ y (t ) = ξ y (n ) (t ) = ξ n, dove t I e ξ,, ξ n sono costanti assegnate 3 Equazioni autonome Se l equazione (8) è autonoma, ossia della forma Ẏ = F (Y ), essa può essere interpretata geometricamente mediante la nozione di campo vettoriale: ad ogni punto di un certo sottoinsieme D R n è assegnato il campo di direzioni F : D R n e le soluzioni del sistema sono quelle curve in D per le quali il vettore tangente nel punto Y D è dato da F (Y ) L indipendenza temporale è riflessa nel fatto che il campo di velocità è sempre lo stesso nel tempo La proposizione che segue illustra in un altro modo questo aspetto peculiare delle equazioni autonome Proposizione 3 L insieme delle soluzioni di una equazione autonoma è invariante per traslazioni temporali Dimostrazione Sia Φ : I D una soluzione di Ẏ = F (Y ) Allora per ogni τ R La funzione Φ τ : I τ D, ove I τ = {s + τ : s I}definita da Φ τ (t) = Φ(t τ), è ancora una soluzione di Ẏ = F (Y ) Infatti Φ τ (t) = Φ(t τ) = F (Φ(t τ)) = F (Φ τ (t)) Discutiamo ora l equazione scalare autonoma () y = g(y)
7 Sistemi di equazioni differenziali 7 dove g : J R è continua e J R è un intervallo Chiaramente, le soluzioni costanti di () sono precisamente gli zeri di g Supponiamo ora che ϕ : I J sia soluzione di () e supponiamo che sia g(ϕ(t )) per un qualche t I Per continuità, sarà anche g(y) in un intorno di y = ϕ(t ) Consideriamo il più grande intervallo aperto J = (η, η 2 ) J contenente y sul quale g non si annulla; nella nostra notazione, può ben essere η = e/o η 2 = + Sempre per continuità, questa volta di ϕ, sia I I il più grande intervallo contenente t tale che ϕ(i ) J, cosicché g(ϕ(t)) per ogni t I Quindi e integrando entrambi i membri () t ϕ (t) g(ϕ(t)) = per ogni t I ϕ (s) g(ϕ(s)) ds = t t per ogni t I Poniamo y = ϕ(t), η = ϕ(s) ed applichiamo il teorema di sostituzione per gli integrali: t ϕ (s) g(ϕ(s)) ds = y y dη g(η) y = ϕ(t), t I La funzione y dη γ(y) = y g(η) risulta definita su J ove è differenziabile e monotona, in quanto l integranda è sempre positiva o sempre negativa Essa è pertanto invertibile su γ(j ) e dalla (), che riscriviamo γ(ϕ(t)) = t t per ogni t I, otteniamo (2) ϕ(t) = γ (t t ) per ogni t I Viceversa, se definiamo ϕ mediante (2) sull intervallo I = γ(j ) + t, possiamo verificare che ϕ è soluzione e che ϕ(t ) = y Quindi, se g(y ) il problema di Cauchy { y = g(y) y(t ) = y ha un unica soluzione in un intorno di t data dalla (2) Supponiamo ora per semplicità che g(y ) > e quindi che in g(y) > per ogni y J = (η, η 2 ) L integrale η2 y dη g(η) o è finito o vale + Esso rappresenta il tempo che la soluzione ϕ(t) impiega per raggiungere il valore η 2 Si danno naturalmente due casi Caso A Se tale tempo è +, la soluzione ϕ(t) si mantiene sempre al di sotto del valore η 2, che può essere + Inoltre, in tal caso I [t, + ) e la (2) implica che ϕ(t) η 2 per t +
8 8 F De Mari Per esempio, i consideri l equazione logistica (2) con parametri ε =, k = 2 e valore iniziale al tempo zero, cioè, nelle notazioni di ora y (t) = y(t)( y(t) 2 ) In questo caso, poiché g(y) = y( y/2) e y = si ha J = (, 2) Chiaramente, 2 dy y( y/2) = + e la soluzione vista y(t) = 2e t /( + e t ) converge a η 2 = 2 per t + Caso B Se invece l integrale è finito, allora η2 y dη g(η) = t 2 t e ϕ(t) raggiunge il valore η 2 nel tempo finito t 2 t Si danno ora alcuni possibili sottocasi B Se η 2 = +, questo significa che t = t 2 è un asintoto verticale destro per ϕ e che il dominio della soluzione si arresta in t 2 Per esempio, Ss consideri il problema di Cauchy { y = y 2 y() = y > In questo caso, il più grande intervallo J contenente y in cui y 2 non si annulla è (, + ) e + dη η = 2 y y Vogliamo verificare che /y è un asintoto verticale destro per la soluzione In effetti, vicino a t = si ha y (t)/y 2 (t) = da cui, integrando fra e t, si ottiene /y(t) + /y = t, ovvero y(t) = (/y ) t B2a Se η 2 R ma η 2 J allora ϕ(t) η 2 per t t 2 e la soluzione non si prolunga oltre il tempo t 2 Per esempio, si consideri il problema di Cauchy y = y y() = /2 In questo caso, J = (, ) e il più grande intervallo J /( y) non si annulla è ancora (, ) Inoltre /2 η dη = 2 3 ( η)3/2 /2 = = t 2 contenente /2 in cui
9 Sistemi di equazioni differenziali 9 D altra parte, vicino a t = si ha y (t) y(t) = da cui, integrando fra e t si ottiene da cui ancora t = 2 3 ( s)3/2 y(t) /2, y(t) = ( t ) 2/3, che non è prolungabile oltre il valore t 2 = 2/(3 8) B2b Se infine η 2 R e η 2 J, allora necessariamente g(η 2 ) = e la soluzione può essere prolungata in [t 2, + ) ponendo ϕ(t) = η 2 Si noti che in questo caso il problema di Cauchy { y = g(y) y(t 2 ) = η 2 non ha una soluzione unica nemmeno localmente, perché in ogni intorno di t 2 vi sono due soluzioni: la costante y η 2 ed il prolungamento sopra descritto Per esempio, si consideri il problema di Cauchy { y = y α, < α < y() = In questo caso J = R mentre J = (, ) e dη η α = sign η α η α = α Partendo da y / y α, è facile verificare che y(t) = ( ( α)t)) / α, t < α è una soluzione se y(t) si mantiene negativo, e può essere prolungata a zero per t /( α) Si osservi quindi che le funzioni { ( ( α)t)) / α < t < /( α) ϕ(t), ψ(t) = t /( α) sono entrambe soluzioni tali con la proprietà y(/( α)) = Analoghe considerazioni valgono per l analisi del comportamento nell estremo η
10 F De Mari 4 Esistenza ed unicità In questo paragrafo ci occupiamo di uno dei risultati fondamentali dell intera teoria delle equazioni differenziali, riguardante l esistenza e l unicità della soluzione di un problema di Cauchy Per i nostri scopi, e per le osservazioni fatte nel paragrafo precedente, ci limitiamo a trattare il problema di Cauchy associato ad un equazione di tipo (8) Sia dunque F : Ω R n con Ω R n+ aperto, e si consideri il problema di Cauchy: {Ẏ (t) = F (t, Y (t)) (3) Y (t ) = Y, con Y = (ξ,, ξ n ) R n assegnato In generale, se non si richiede che la F goda di qualche proprietà di regolarità, non ci si può aspettare né esistenza, né unicità, come mostrano i seguenti esempi Esempi (4) Il problema di Cauchy: { ẏ(t) = f(t) y(t ) = ξ, non ha soluzione se f ha una discontinuità a salto in t = t In tal caso infatti f non ha una primitiva in un intorno di t (5) Il problema di Cauchy: ha almeno le soluzioni: ϕ (t) =, ϕ 2 (t) = come si verifica facilmente { ẏ = 3 2 y/2 y() =, { t 3/2 t t <, ϕ 3(t) = ϕ 2 (t), L ipotesi classica sulla F per poter ottenere simultaneamente esistenza ed unicità riguarda la limitatezza delle derivate parziali, nel senso (debole) chiarito dalla seguente definizione Definizione 4 Diremo che F = F (t, Y ) è lipschitziana in Ω rispetto ad Y uniformemente in t se esiste una costante L >, detta costante di Lipschitz, tale che (4) F (t, Y ) F (t, Z) L Y Z per ogni coppia di punti (t, Y ) e (t, Z) in Ω Diremo che F = F (t, Y ) è localmente lipschitziana in Ω rispetto ad Y, uniformemente in t, se ogni punto di Ω ha un intorno in cui vale (4); in tal caso la costante di Lipschitz può dipendere dall intorno Una semplice condizione necessaria per la condizione di Lipschitz è fornita dal risultato che segue, che ne rende evidente il legame con le derivate parziali di F
11 Sistemi di equazioni differenziali Proposizione 5 Se F è di classe C rispetto ad Y, allora essa è localmente lipschitziana in Ω rispetto ad Y, uniformemente in t Esempi (6) Sia f : R 2 R data da f(t, y) = y α /( + t 2 ) con α > Siccome f y = α + t 2 y α y, se α > allora f/ y è continua, cosicchè è localmente lipschitziana in R 2 rispetto ad y, uniformemente in t Se α =, allora f(t, y) = y /( + t 2 ) e si ha: f(t, y) f(t, z) = y ( + t 2 ) z = y z y z y z ( + t 2 ) ( + t 2 ) Perciò f è localmente lipschitziana in R 2 rispetto ad y, uniformemente in t (7) Sia F (x, y) = sin(xy) nel dominio R [ R, R] Allora sin(xy ) sin(xy 2 ) xy xy 2 x y y 2 R y y 2 (8) Sia F (t, Y ) = A(t)Y +b(t) con A e b funzioni continue e limitate su I (ricordiamo che I potrebbe essere illimitato) nel senso che ciascuna delle rispettive entrate è una funzione continua e limitata su I Allora F (t, Y ) F (t, Y 2 ) = A(t)(Y Y 2 ) M Y Y 2, dove M = sup{ a ij (t) : t I, i, j n} Possiamo ora enunciare il teorema principale di questa sezione: Teorema 6 (Esistenza ed unicità locale) Sia F : Ω R n con Ω aperto di R n+ e supponiamo (i) F continua in Ω; (ii) F localmente lipschitziana in Ω rispetto ad Y, uniformemente in t Allora, per ogni punto (t, Y ) Ω esiste un intorno I δ di t, I δ = [t δ, t + δ], nel quale è definita una soluzione Φ del problema di Cauchy (3) Tale soluzione è unica, nel senso che ogni altra soluzione coincide con Φ nel comune intervallo di definizione In particolare, se F è lipschitziana in K = {(t, Y ) : t t a, Y Y b} Ω e poniamo M = max (t,y ) K F (t, Y ) allora, posto δ = min(a, b ), la soluzione esiste M ed è unica almeno nell intervallo [t δ, t + δ] La dimostrazione dell esistenza della soluzione, nel teorema precedente, è tutt altro che banale Essa consiste nel mostrare preliminarmente che il problema (3) è equivalente alla seguente equazione integrale di Volterra: (5) Y (t) = Y + t F (s, Y (s)) ds := Ω(t, Y, F )(t),
12 2 F De Mari nel senso che se Φ C (I δ ) è soluzione di (3) allora essa soddisfa (5) e, viceversa, se Φ C (I δ ) soddisfa l equazione integrale di Volterra, allora essa è soluzione del problema di Cauchy In secondo luogo, si costruisce una successione approssimante (Φ k (t)) k di funzioni mediante la formula ricorsiva Φ (t) = Y, Φ k+ (t) = Ω(t, Y, Φ k )(t) Infine, si mostra che (Φ k (t)) k converge (uniformemente) alla soluzione del problema di Volterra Quest ultimo passo fa uso del celebrato teorema del punto fisso di Banach Caccioppoli L unicità della soluzione, e la sua dipendenza continua dai dati iniziali, si può invece dedurre dal risultato che segue Proposizione 7 Supponiamo che F verifichi le ipotesi del Teorema 6, e siano Y e Z soluzioni rispettivamente di {Ẏ (t) = F (t, Y (t)) {Ż(t) = F (t, Z(t)) Y (t ) = Y, su un intervallo I contenente t Allora per ogni t I Z(t ) = Z Y (t) Z(t) e L t t Y Z Rafforzando ulteriormente le ipotesi del Teorema 6, si ottiene un risultato di natura globale: Teorema 8 (Esistenza e unicità globale) Sia S = (t, t 2 ) R n Supponiamo che F sia definita su S e che in S valgano le ipotesi del Teorema 5 Se inoltre esistono due costanti k e k 2 tali che F (t, Y ) k + k 2 Y per ogni (t, Y ) S < allora, per ogni (t, Y ) S esiste una ed una sola soluzione Φ(t) al problema di Cauchy (3) definita in [t, t 2 ]
13 Sistemi di equazioni differenziali 3 5 Sistemi Lineari Sia A : I M n (R) una funzione continua dall intervallo I R a valori nello spazio delle matrici quadrate n n con entrate reali Possiamo pensare che A(t) : R n R n sia una famiglia di applicazioni lineari dipendente dal parametro t I Scelta una base in R n, la mappa A(t) sarà rappresentata, per ogni t I, da una matrice quadrata n n, ossia possiamo scrivere A(t) = (a ij (t)) n i,j= L affermazione che : I M n (R) è continua, significa che ciascuna delle funzioni a ij : I R lo è Definizione 9 Si dice sistema lineare un equazione differenziale della forma: (6) Ẏ = A(t)Y + b(t) dove A : I M n (R) e b : I R n sono funzioni continue La matrice A(t) prende il nome di matrice dei coefficienti, mentre b(t) si dice termine noto Se A e b sono costanti, il sistema si dice autonomo Esplicitamente, la (6) si scrive: ẏ = a (t)y + a 2 (t)y a n (t)y n (t) + b (t) = a 2 (t)y + a 22 (t)y a 2n (t)y n (t) + b (t) ẏ 2 ẏ n = a n (t)y + a n2 (t)y a nn (t)y n (t) + b (t) Come già sappiamo, a questa forma è riconducibile la singola equazione lineare di ordine n, cioè un equazione del tipo: (7) y (n) = α (t)y (n ) + + α n (t)y + β(t) Basta infatti porre: Y = y y y (n ), A(t) =, b(t) = α n (t) α n (t) α n 2 (t) α (t) β(t) Passiamo adesso ad esaminare alcune propietà semplici ma cruciali del sistema (6) A questo scopo è necessario considerare accanto ail sistema omogeneo associato: (8) Ẏ = A(t)Y Proposizione Siano A : I M n (R) e b : I R n funzioni continue (i) (Esistenza e unicità) Per ogni t I ed ogni Y R n esiste una ed una sola soluzione di (6) di classe C (I), soddisfacente la condizione Y (t ) = Y
14 4 F De Mari (ii) (Principio di sovrapposizione) Se Φ e Ψ risolvono il sistema lineare (6) con matrice dei coefficienti A e termini noti rispettivamente b (t) e b 2 (t) e se c, c 2 R, allora c Φ + c 2 Ψ risolve (6) con matrice dei coefficienti A e termine noto c b (t) + c 2 b 2 (t) (iii) L insieme delle soluzioni S del sistema omogeneo (8) è uno spazio vettoriale di dimensione n (iv) L insieme S delle soluzioni di (6) è uno spazio affine, cioè, per ogni fissata Ψ S si ha S = S + Ψ Dimostrazione (i) Questa è una ovvia conseguenza del teorema di esistenza e unicità in grande (ii) È un calcolo immediato: d dt (Φ + Ψ) = Φ + Ψ = A(t)Φ + b (t) + A(t)Ψ + b 2 (t) = A(t)(Φ + Ψ) + (b (t)) + b 2 (t)) (iii) Il fatto che S sia uno spazio vettoriale è una immediata conseguenza del punto precedente Il fatto non banale è che esso abbia dimensione n Fissiamo t I e sia U j : I R n la soluzione, certo esistente ed unica per via di (i), del problema di Cauchy: {Ẏ (t) = A(t)Y (t) t I Y (t ) = e j, dove e,, e n è la base canonica di R n Proviamo che U,, U n sono linearmente indipendenti Se α,, α n R sono tali che n α j U j (t) = S j= ciò significa che la funzione a membro sinistro è identicamente nulla in I Ma allora in particolare essa si annulla in t, ossia n n = α j U j (t ) = α j e j R n j= e l indipendenza lineare dei vettori della base implica α = = α n = Quindi dim S n Infine, sia Y S e sia Y = Y () = (ξ,, ξ n ) Evidentemente, Y è l unica soluzione del problema di Cauchy {Ẏ (t) = A(t)Y (t) t I j= al pari di Y (t ) = Y Z(t) = n ξ j U j (t) j= Quindi Y (t) = Z(t) ed Y sp{u,, U n } Ne segue che dim S n, da cui l asserto (iii) (iv) Sia Ψ S fissata Il fatto che per ogni Φ S si abbia Φ + Ψ S è una conseguenza di (ii) Quindi S + Ψ S Viceversa, sia Ψ S arbitraria Per (ii), la
15 Sistemi di equazioni differenziali 5 funzione Ψ Ψ è una soluzione del sistema omogeneo e quindi esiste Φ S tale che Ψ Ψ = Φ Perciò Ψ = Φ + Ψ e quindi S S + Ψ 6 L equazione omogenea Riprendiamo in considerazione (8) sotto l ipotesi che A(t) sia continua Sia S lo spazio delle sue soluzioni, e siano U (t), U 2 (t),, U n (t) n soluzioni Dal teorema di esistenza e unicità segue che una soluzione di (8) che si annulli in un punto di I è identicamente nulla in I Pertanto, anche ogni combinazione lineare di esse è identicamente nulla in I o non è mai nulla in I Questo permette di enunciare il seguente risultato: Teorema (di Liouville) Condizione necessaria e sufficiente affinchè i vettori soluzione U (t), U 2 (t),, U n (t) siano linearmente indipendenti è che, indicata con W (t) la matrice ottenuta accostando i vettori colonna U (t), U 2 (t),, U n (t), risulti (9) w(t) := det W (t), per ogni t I, o, equivalentemente, che (2) w(t ) per almeno un valore t I Dimostrazione Evidentemente, (9) implica (2) Viceversa, supponiamo (2) e assumiamo per assurdo che esista t I tale che w(t ) = Allora esisterebbero α,, α n R non tutti nulli tali che n Y (t) := α j U j (t) si annulli in t, ossia tali che Y (t) sia soluzione del problema di Cauchy {Ẏ (t) = A(t)Y (t) t I Y (t ) = j= Ma siccome anche Z(t) risolve lo stesso problema, necessariamente Y (t) e quindi Y (t ) = Esisterebbe perciò una combinazione lineare nulla e non banale dei vettori U (t ), U 2 (t ),, U n (t ), contro l ipotesi w(t ) Per maggiore chiarezza, se u j (t) (2) u U j (t) = 2j (t), j =,, n, u nj (t) allora u (t) u 2 (t) u n (t) (22) W (t) = [ U (t) U 2 (t) U n (t) ] u = 2 (t) u 22 (t) u 2n (t) u n (t) u n2 (t) u nn (t)
16 6 F De Mari La W (t) si chiama la matrice wronskiana associata alle n soluzioni vettoriali U (t), U 2 (t), U n (t), mentre si dice wronskiano il suo determinante Nel caso della singola equazione di ordine n, cioè (23) y (n) = α (t)y (n ) + + α n (t)y, ricordando come si scrive (7) in forma (3), la matrice wronskiana associata alle n soluzioni scalari ϕ (t), ϕ 2 (t),, ϕ n (t) assume la forma ϕ (t) ϕ 2 (t) ϕ n (t) ϕ t) ϕ 2(t) ϕ n(t) (24) W (t) = ϕ (n ) (t) ϕ (n ) 2 (t) ϕ (n ) n (t) Esempi (9) Le funzioni cos t e sin t, che sono soluzioni dell equazione omogenea ẏ + y =, sono linearmente indipendenti su tutta la retta Infatti: cos t sin t w(t) = det = sin t cos t () Siano ϕ (t) = t 2 e ϕ 2 (t) = t t e I = R Allora t 2 t t w(t) = det =, 2t 2 t ma ϕ (t) e ϕ 2 (t) sono linearmente indipendenti, come si verifica banalmente Da questo segue che non esiste una equazione lineare del secondo ordine di cui ϕ (t) e ϕ 2 (t) siano entrambe soluzioni Siano dunque U (t), U 2 (t),, U n (t) linearmente indipendenti, e sia W (t) la matrice wronskiana associata In questo caso l insieme {U (t), U 2 (t),, U n (t)} viene detto sistema fondamentale di soluzioni L integrale generale di (8) può dunque scriversi nella forma W (t)c, dove C è un vettore colonna di costanti Osserviamo anche che la matrice wronskiana W (t) soddisfa l equazione (25) Ẇ (t) = A(t)W (t), come si verifica scrivendo la (25) entrata per entrata Se le soluzioni U (t), U 2 (t),, U n (t) sono scelte in modo che per un fissato tempo t I risulti U j (t ) = e j, j =,, n, dove e j è il j esimo versore coordinato di R n, risulterà (26) W (t ) = I n,
17 Sistemi di equazioni differenziali 7 la matrice identità n n Una qualunque matrice wronskiana che soddisfi la () si indica con W (t, t ) e si chiama matrice di transizione Il nome deriva dal fatto che che la soluzione Φ(t, t, Y ) del sistema omogeneo che passa per Y al tempo t si scrive (27) Φ(t, t, Y ) = W (t, t )Y, cosicchè W (t, t ) agisce come un operatore che fa passare dalla soluzione al tempo t (il vettore Y ) alla soluzione al tempo t Le proprietà fondamentali di W (t, t ) sono: (i) W (t, t) = I n per ogni t I ; (ii) W (t, t )W (t, t 2 ) = W (t, t 2 ) per ogni t, t, t 2 I ; (iii) [W (t, t )] = W (t, t) per ogni t, t, I 7 Sistemi omogenei a coefficienti costanti Supponiamo ora che A(t) = A, cioè che la matrice dei coefficienti sia costante Innanzitutto, possiamo subito affermare che per ogni punto Y R n passa una ed una sola soluzione definita su tutto l asse reale La soluzione, inoltre, può essere descritta in modo completo Questo è il contenuto del Teorema 2, al quale premettiamo un osservazione sull esponenziale di una matrice Se A è una matrice quadrata n n, la serie: A n (28) = I n + A + A2 n! 2! + n= n= è convergente in R n2 e la sua somma si indica con e A Senza addentrarci nel significato generale che si debba attribuire al concetto di convergenza di una serie a valori in uno spazio vettoriale (in questo caso R n2 ), possiamo spiegare che cosa intendiamo Ogni ridotta N A n = I n + A + A2 n! 2! + + AN N! è una matrice n n che possiamo indicare con S N = (s N i,j) i,j=,,n L affermazione che la serie (2) è convergente in R n2 è equivalente ad affermare che ciascuna delle n 2 successioni numeriche (s N i,j) N è convergente in R per N Si faccia attenzione al fatto che, a meno che A non sia diagonale, le entrate di e A non sono affatto gli esponenziali delle entrate di A, come mostra il seguente esempio Esempi () Si consideri A = t t E facile verificare (ad esempio per induzione) che per ogni intero k si ha: [ ] A 2k+ ( ) = k t 2k+ ( ) ( ) k t 2k+, A 2k = k t 2k ( ) k t 2k
18 8 F De Mari Pertanto, e A = [ t2k k= ( )k (2k)! t2k+ k= ( )k (2k+)! k= ( )k t2k+ (2k+)! t2k k= ( )k (2k)! ] cos t sin t = sin t cos t (2) È naturale chiedersi se per le matrici valga la relazione ea+b = e A e B La risposta è che essa vale se le due matrici A e B commutano, ossia se AB = BA Altrimenti in generale essa è falsa, come il lettore è invitato a verificare prendendo ad esempio A = [ t t ], B = [ t (3) Nell esempio precedente, il lettore avrà calcolato che t e B = in quanto B 2 =, cosicché in effetti e B = I + B Questo è un caso particolare di una situazione un po più generale Si consideri la matrice nilpotente n n N = Essa differisce dall identità in quanto anziché la diagonale principale, la prima superdiagonale è costituita da uni, e tutte le altre entrate sono zero Non è difficile verificare che N 2 è zero sia sulla diagonale principale, sia sulla prima superdiagonale, mentre la seconda superdiagonale è costituita da uni Similmente si ragiona per le altre potenze e si giunge alla conclusione che N n = Quindi e tn = I + N + 2 t2 N ] (n )! tn N n (29) = t 2 t2 t 2 t2 (n )! tn 2 t2 t L importanza dell esponenziale nel contesto che stiamo esaminando è evidenziata dal seguente calcolo L unico passaggio non giustificato formalmente è la derivazione sotto il segno di serie effettuata nella seconda riga Esso è peraltro del tutto legittimo
19 Sistemi di equazioni differenziali 9 e dipende dalle ottime proprietà di convergenza della serie esponenziale Siano dunque A M n (R) e t R e calcoliamo: d dt ea(t t ) = d dt = = = = A = A + n= + n= + n= + [(t t )A] n n! d [(t t )A] n dt n! A n n! n= + n= + m= = Ae (t t )A d dt (t t ) n A n n! n(t t ) n A n (n )! (t t ) n A m (t t ) m Omettiamo la facile dimostrazione del fondamentale teorema che segue appena svolto ne fornisce una traccia esauriente Teorema 2 Sia A M n (R) Il vettore (3) Y (t) = e (t t )A Y, t R è l unica soluzione del problema di Cauchy {Ẏ = AY (3) Y (t ) = Y m! Il calcolo (t t Si noti che le colonne della matrice e )A formano un sistema fondamentale di soluzioni Anzi, tale matrice è proprio la matrice di transizione inizializzata all istante t Nonostante il Teorema 2 fornisca una descrizione completa delle soluzioni dal punto di vista teorico, resta il problema concreto del calcolo di e ta La disamina di questo problema viene fatta analizzando la struttura dello spettro di A e consiste nella riduzione a forma canonica di Jordan 8 Forme di Jordan Non tutte le matrici reali sono diagonalizzabili o semisemplici (cioè diagonalizzabili su C), ma mediante un opportuna scelta di base, una trasformazione lineare può essere espressa da una matrice che è il più simile possibile alla forma diagonale Più precisamente, il teorema di Jordan dice che ogni matrice reale è simile su C ad una matrice diagonale a blocchi, in cui ciascun blocco è quasi diagonale, nel senso che vedremo Ciò corrisponde a decomporre lo spazio ambiente, ossia C n, in autospazi generalizzati, ossia in sottospazi su ciascuno dei quali cui la struttura geometrica della
20 2 F De Mari trasformazione in esame risulta particolarmente chiara Il calcolo dell esponenziale di una matrice in forma canonica di Jordan è estremamente semplice, e si riduce di fatto al calcolo di due casi speciali: il caso di una matrice diagonale ed il caso di una matrice triangolare nilpotente Infine, una volta nota la base che trasforma la matrice data nella sua forma di Jordan, si può calcolare l esponenziale della matrice di partenza In estrema sintesi, il procedimento che andiamo a descrivere si compone delle seguenti tre parti: (i) data A trovare P tale che la matrice B = P AP sia in forma di Jordan; (ii) calcolare e tb ; (iii) osservare che e ta = P e tb P Illustriamo ora il procedimento nei dettagli Una matrice quadrata n n reale o complessa B si dice in forma canonica di Jordan se essa è diagonale a blocchi, ossia della forma B = C C 2 C m dove ciascuna matrice C j è una matrice quadrata q j q j del tipo λ j λ j (32) C j = = λ j I qj + N qj, λ j λ j e dove λ,, λ m C Evidentemente, q + q q m = n Se q j =, si intende C j = λ j, una matrice Chiaramente, λ j è l unico autovalore, di molteplicità q j, di C j Può benissimo darsi che λ i = λ j con i j, ossia che blocchi distinti abbiano autovalori uguali Teorema 3 (di Jordan) Ogni matrice reale o complessa è simile su C ad una matrice in forma di Jordan Il senso del Teorema di Jordan è il seguente: data A M n (R) esiste una matrice invertibile 2 P GL(n, C) tale che B = P AP è in forma di Jordan Più esattamente, il teorema afferma che (i) i numeri complessi λ,, λ m sono tutti autovalori di A, e il loro insieme è il cosiddetto spettro di A, denotato σ(a) In generale il numero l di elementi distinti di σ(a) soddisfa l m, ossia blocchi distinti possono avere uguali autovalori Per semplicità prendiamo il caso t = 2 Ricordiamo che GL(n, C) denota il sottoinsieme di M n (C) costituito dalle matrici invertibili
21 Sistemi di equazioni differenziali 2 (ii) Ad ogni blocco C j corrisponde, a meno di multipli, un unico autovettore di A, con autovalore λ j Quindi, il numero ν j di blocchi corrispondenti allo stesso autovalore λ j è la dimensione dell autospazio 3 associato a λ j, ossia la molteplicità geometrica di λ j Se µ j è la molteplicità algebrica di λ j, ossia la molteplicità come radice del polinomio caratteristico, si ha evidentemente l l ν j µ j, l ν j µ j = n j= (iii) I blocchi hanno tutti dimensione uno se e solo se A è diagonalizzabile In altri termini, se e solo se ν j = µ j per ogni j =,, k (iv) Se λ j C \ R, ossia se λ j non è reale, allora i blocchi relativi a λ j e a λ j sono in egual numero e hanno le stesse dimensioni 8 Il caso semisemplice Chiameremo semisemplice una matrice reale A M n (R) diagonalizzabile su C, per la quale cioè esiste P GL(n, C) tale che Λ = P AP è una matrice diagonale con entrate diagonali complesse, ossia j= P AP = Λ = diag(λ, λ n ), λ k C Evidentemente, stiamo trattando il caso in cui ogni blocco di Jordan è di dimensione uno Sappiamo dal Teorema 2 che ogni soluzione di Ẏ (t) = AY (t) sarà del tipo Y (t) = e ta C = e tp ΛP C = P e tλ P C al variare di C R n (vettore colonna) Questa enunciazione, non troppo diretta, permette di ottenere la forma esplicita di un sistema fondamentale di soluzioni Osserviamo innanzitutto che, fissato C R n, essa può essere scritta nella forma (33) Y (t) = P e tλ D con D = P C C n In secondo luogo, scriviamo P = [P P n ] Evidentemente la k-esima colonna P k è, per costruzione, un autovettore di A (in generale complesso) relativo all autovettore λ k La (33) si riscrive Y (t) = d e λ t P + + d n e λnt P n = d W (t) + + d n W n (t), dove D = t (d,, d n ) e dove abbiamo posto W k (t) = e λ kt P k Si osservi che i vettori P,, P n sono linearmente indipendenti (sono le colonne di una matrice invertibile) e quindi per ogni t lo sono anche W (t),, W n (t) Il teorema di Liouville ci conferma che W (t),, W n (t) è un sistema fondamentale di soluzioni, ancorché complesse Sfruttando ora la linearità del sistema differenziale ed il fatto che A è reale, possiamo costruire, a partire da W (t),, W n (t), altrettante soluzioni 3 L insieme degli autovettori relativi ad uno stesso autovalore λ è uno spazio vettoriale, detto autoospazio relativo a λ
22 22 F De Mari reali Se λ k R, allora P k sarà un autovettore reale e per conseguenza tale sarà W k (t) Supponiamo invece di avere un autovalore µ k e relativo autovettore P k non reali, ossia µ k = σ k + iω k, P k = U k + iv k con σ k, ω k R e U k, V k R n Si pone come prima W k (t) = e µ kt P k e Wk (t) = ( ) W k (t) + W k (t) = e σkt (cos(ω k t)u k sin(ω k t)v k ) 2 Wk 2 (t) = ( ) W k (t) W k (t) = e σkt (sin(ω k t)u k + cos(ω k t)v k ) 2i Per linearità, Wk (t) e W k 2 (t) sono ancora soluzioni di Ẏ (t) = AY (t), sono evidentemente reali e sono linearmente indipendenti, come si verifica molto facilmente Si noti che formalmente possiamo scrivere W k (t) Wk 2(t) = e σ kt [ cos(ωk t) sin(ω k t) sin(ω k t) cos(ω k t) ] [ Uk (t) V k (t) Dalla precedente discussione si estrapola il seguente risultato Teorema 4 Sia A M n (R) semisemplice e siano {P,, P l, P,, P l} autovettori indipendenti con autovalori µ,, µ l, µ,, µ l Per k =,, l poniamo µ k = σ k + iω k, P k = U k + iv k con σ k, ω k R e U k, V k R n Siano poi {P 2l+,, P n } autovettori indipendenti con autovalori reali {λ 2l+,, λ n } Allora le funzioni vettoriali reali W k (t) = e σ kt (cos(ω k t)u k sin(ω k t)v k ), W 2 k (t) = e σ kt (sin(ω k t)u k + cos(ω k t)v k ), W k (t) = e λ kt P k, sono un sistema fondamentale di soluzioni di Ẏ (t) = AY (t) ] k l k l 2l + k n Esempi (4) Si consideri il sistema lineare Ẏ (t) = AY (t), dove A = Ci proponiamo di eterminare l integrale generale di Ẏ (t) = AY (t) e di scrivere la forma di Jordan di A Il polinomio caratteristico di A è: Q A (λ) = det(λi A) = det λ λ 6 = λ 3 + λ 2 2λ 45 2 λ Evidentemente Q A (5) = e quindi si può dividere per λ 5, ottenendo: Q A (λ) = (λ 5)(λ 2 + 6λ + 9) = (λ 5)(λ + 3) 2
23 Sistemi di equazioni differenziali 23 Risolviamo le equazioni agli autovettori Per l autovalore λ = 5, posto V = t (x, y, z), si ha 2x + 2y 3z = 5x AV = 5V 2x + y 6z = 5y x 2y = 5z La terza equazione implica x = 2y 5z ; inserendo questa espressione nella prima si ottiene y = 2z Quindi possiamo esprimere x ed y in funzione di z ; se inseriamo tali espressioni nella seconda equazione, essa è una identità L unico 5-autovettore (a meno di multipli) è pertanto P 5 = 2 Per l autovalore λ = 3, posto V = t (x, y, z), si ha 2x + 2y 3z = 3x AV = 3V 2x + y 6z = 3y x 2y = 3z La terza equazione implica x = 2y + 3z ; inserendo questa espressione nella prima e nella seconda equazione, esse sono due identità Abbiamo pertanto due autovettori linearmente indipendenti scegliendo prima (y, z) = (, ) e poi (y, z) = (, ), ossia P () 3 = 2, P (2) 3 = 3 Quindi l integrale generale cercato è Y (t) = c e 5t 2 + c 2 e 3t 2 + c 3 e 3t 3 Dai conti svolti, abbiamo che A è diagonalizzabile su R, in quanto l autovalore 3 ha molteplicità algebrica 2 ed un autospazio corrispondente di dimensione 2 (ossia con molteplicità geometrica 2) Quindi la forma di Jordan di A è Λ = P AP = Questo fatto può essere verificato direttamente con P = [P 5, P () 3, P (2) 3 ], ossia 2 3 P = 2, P =
24 24 F De Mari 82 Il caso non semisemplice Trattiamo ora il caso in cui uno o più blocchi di Jordan hanno dimensioni maggiori di uno La discussione che segue conduce ad un metodo per il calcolo di P, che è di primaria importanza per poi poter scrivere un sistema fondamentale di soluzioni Ricordiamo che si ha P B = P C C 2 C m = AP Scriviamo al solito P = [P P n ] Consideriamo dapprima che cosa avviene per il primo blocco, che ha taglia q Abbiamo Proseguendo, si ha AP = AP e = P Be = P λ e = λ P AP 2 = AP e 2 = P Be 2 = P ( λ e 2 + e ) = λ P 2 + P e analogamente AP 3 = λ P 3 + P 2, fino a AP q = λ P q + P q In sintesi, il vettore P è un autovettore relativo a λ, mentre i vettori P 2,, P q risolvono il sistema (A λ )P 2 = P (A λ )P q = P q I vettori P 2,, P q si chiamano autovettori generalizzati relativi a λ Consideriamo ora il j -esimo blocco C j, di taglia q j La matrice C j contiene le colonne di B con indice compreso tra q + + q j + e q + + q j + q j Scriviamo allora per semplicità: P j = P q + +q j + P j 2 = P q + +q j +2 P j q j = P q + +q j +q j In modo analogo a quanto visto per il primo blocco, la colonna P j è un autovettore relativo a λ j mentre P j 2,, Pq j j sono autovettori generalizzati relativi a λ j In altri termini, P j,, P j q j (34) risolvono la cascata di equazioni (A λ j )P j = (A λ j )P j 2 = P j (A λ )Pq j j = P j q j, Il procedimento ora descritto consente di determinare gli autovettori (generalizzati e non) della matrice A, ovvero la sua forma di Jordan Infatti, risolta l equazione caratteristica per A e trovati gli autovalori λ,, λ m, si procede a risolvere i sistemi
25 Sistemi di equazioni differenziali 25 algebrici (34) per j =,, m Trovati quindi P,, P n si dispone della matrice P che trasforma A nella sua forma di Jordan B Passiamo infine alla determinazione delle soluzioni Sappiamo che Y (t) = P e tb C è una soluzione di Ẏ (t) = AY (t), per ogni C R n Il calcolo di e tb è molto semplificato, ed è sostanzialmente dato da (29) Infatti, da (32) sappiamo che C j = λ j I qj + N qj Il seguente risultato è a questo punto fondamentale: Lemma 5 Se X, Y M n (R) soddisfano XY = Y X, allora e X+Y = e X e Y Infatti, visto che le matrici X = λ j I qj e Y = N qj commutano, il calcolo di e tc j è presto fatto e applicando quanto abbiamo visto finora, abbiamo e tc e λt e tnq e e tb = tc 2 = e λ2t e tnq 2 dove, in virtù di (29) e λ jt e tnq j e tcm = e λ j t t 2 t2 t 2 t2 (q j )! tq j 2 t2 t e λmt e tnqm Un sistema fondamentale di soluzioni associato al j -esimo blocco è dunque formato dalle colonne di P e tb, ossia dai q j vettori soluzione W j (t) = e λjt P ( j ) W j 2 (t) = e λ jt tp j + P j 2 ( ) W j 3 (t) = e λ jt 2 (35) t2 P j + tp j 2 + P j 3 Wq j j (t) ( = e λ jt q j! tqj P j + + Pq j j ) Queste sono certamente soluzioni reali se λ j è reale, perché in tal caso sono reali tutti gli autovettori generalizzati Se no, si procede come nel caso semisemplice, ponendo λ j = σ j + iω j, P j k = U j k + iv j k, k q j con σ j, ω j R e U j k, V j k Rn Poiché per ogni autovettore generalizzato V = P j k per l autovalore λ j il vettore coniugato V è un autovettore per λ j, ad ogni soluzione
26 26 F De Mari complessa in (35) corrisponde la sua coniugata, che è anch essa una soluzione di Ẏ (t) = AY (t) Quindi sono soluzioni anche le combinazioni lineari W j k (t) = ) (W jk 2 (t) + W jk (t) W j2 k (t) = 2i (W jk (t) W jk (t) ), che sono rispettivamente la parte reale e la parte immaginaria di W j k (t), e sono reali Esempio Consideriamo il sistema Ẏ (t) = AY (t), dove A = Un rapido calcolo mostra che σ(a) = {3, 5} con molteplicità algebriche µ 3 = 2, µ 5 = La seconda colonna di A esibisce P = e 2 come autovettore di λ = 5 Per quanto riguarda l autovalore λ = 3, posto V = t (x, y, z), si ha 3x = 4x z AV = 3V 3y = x + 5y + z 3z = x + 2z che ammette le soluzioni t (x, x, x), ossia l unica soluzione t (,, ) a meno di multipli Questo significa che in corrispondenza di λ = 3 vi è un solo autovettore ed un autovettore generalizzato, ossia un blocco di Jordan 2 2 Poniamo pertanto P 2 = t (,, ) e risolviamo l equazione (A 3I)P 2 2 = P 2 nell incognita P 2 2 Un semplice calcolo mostra che P 2 2 = t (,, ), l autovettore generalizzato cercato Quindi abbiamo il sistema fondamentale di soluzioni W (t) = e 5t P = e 5t [ ] W 2 (t) = e 3t P 2 = e 3t [ W 2 2 (t) = e 3t( tp 2 + P 2 2 ] ) = e 3t( t [ ] [ ]) + Si osservi che P = [P, P 2, P2 2 ] =, P =, e che P AP = 5 3 = B, 3
27 Sistemi di equazioni differenziali 27 che è in forma di Jordan con un blocco di autovalore 5 ed un blocco 2 2 di autovalore 3 Infine e tb = e5t e 3t te 3t e 3t e quindi P e tb C = e5t e 3t te 3t c c 2 e 3t + c 3 e 3t ( + t) c 2 = c e 5t c 2 e 3t c 3 e 3t ( + t) e 3t c 2 e 3t + c 3 te 3t c 3 = c W (t) + c 2 W 2 (t) + c 3 W 2 2 (t) 9 Sistemi non omogenei Come sappiamo, per trovare l integrale generale di (), basterà aggiungere all integrale generale del sistema omogeneo associato una soluzione particolare del sistema non omogeneo Mostriamo ora come sia sempre possibile trovare una tale soluzione particolare, purchè sia noto un sistema fondamentale di soluzioni del sistema omogeneo associato Il metodo che illustriamo è dovuto a Lagrange e, per ragioni che saranno subito chiare, si dice anche metodo di variazione delle costanti, nonostante l apparente bisticcio linguistico Sia dunque {U (t), U 2 (t),, U n (t)} un sistema fondamentale di soluzioni del sistema omogeneo, e sia W (t) la matrice wronskiana associata L integrale generale del sistema omogeneo è, come sappiamo, W (t)c, doce C è un vettore colonna di costanti L idea consiste nel cercare una soluzione particolare dell equazione non omogenea del tipo: Ψ(t) = W (t)c(t), dove ora C(t) è un vettore colonna di funzioni da determinarsi Ricordando (25), possiamo calcolare Ψ Ψ(t) = Ẇ (t)c(t) + W (t)ċ(t) = A(t)W (t)c(t) + W (t)ċ(t), ed imponendo che Ψ risolva (), otteniamo: Siccome W (t) è non singolare, ricaviamo: W (t)ċ(t) = b(t) (36) Ċ(t) = W (t) b(t), da cui, integrando: C(t) = W (s) b(s) ds, t essendo t un valore fissato della variabile Ne segue pertanto che: (37) Y (t) = W (t) t W (s) b(s) ds,
28 28 F De Mari è una soluzione particolare di () Scriviamo infine la soluzione del problema di Cauchy associato a () con dati Y (t ) = Y A questo scopo conviene utilizzare la matrice di transizione W (t, t ) in luogo di una qualsiasi matrice wronskiana W (t): (38) Ψ(t, t o, Y ) = W (t, t )Y + W (t, t ) t W (t, s)b(s) ds, Se A è costante, sappiamo che W (t, t ) = e (t t )A, cosicchè la (7) si scrive: (39) Ψ(t, t o, Y ) = e (t t )A Y + t e (t s)a b(s) ds Nel caso della singola equazione di ordine n, la (36) assume la forma: Ċ(t) = W (t), β(t) equazione che può essere risolta con il metodo di Cramer Indicando con W n,i (t) il complemento algebrico dell elemento di posto (n, i) della matrice W (t), si ottiene per la soluzione particolare la formula: (4) ψ(t) = n i= ϕ i (t) t W n,i(s) b(s) ds w(s) dove naturalmente {ϕ j (t) j =,, n} è un sistema fondamentale di soluzioni (scalari) di (2) e w(s) è il wronskiano Esempi (5) Si consideri il sistema: { ẏ = 3y 4y 2 + 2t ẏ 2 = y + y 2 + t Ci proponiamo di trovare la matrice fondamentale del sistema omogeneo associato e di determinare poi l integrale generale del sistema dato Poniamo 3 4 2t A =, b(t) = t L equazione caratteristica per A è = det(a λi) = ( 3 λ)( λ) + 4 = = (λ + ) 2 Abbiamo pertanto il solo autovalore λ = con molteplicità due L equazione agli autovettori AP = P, ossia [ [ 3 4 x x = 2y = x y] y]
29 presenta l unica soluzione (a meno di multipli) 2 P = Sistemi di equazioni differenziali 29 Cerchiamo dunque un autovettore generalizzato P 2, risolvendo (A + I)P 2 = P, cioè [ 2 4 x 2 = 2y = x 2 y] Scegliamo dunque La matrice fondamentale è pertanto P 2 = [ ] W (t) = [e t P, (tp + P 2 )e t ] = 2e t ( 2t)e t e t te t Una soluzione particolare del sistema è data dalla formula (37) Nel caso in esame, det W (t) = e 2t e quindi te W t ( 2t)e (t) = t e t 2e t Pertanto te W t ( 2t)e (t)b(t) = t 2t (t 4t e t 2e t = 2 )e t t 4te t Dobbiamo perciò calcolare gli integrali (s 4s 2 )e s ds, Entrambi si calcolano per parti e si ottiene In conclusione Y (t) = W (t) 4se s ds (s 4s 2 )e s ds = e t ( 4t 2 + 9t 9) W (s)b(s) ds = 4se s ds = e t (4t 4) 2e t ( 2t)e t e t ( 4t 2 + 9t 9) e t te t e t = (4t 4) L integrale generale del sistema dato è quindi { y (t) = 2ec t + c 2 ( 2t)e t 6t + 4 y 2 (t) = c e t + c 2 te t + 5t 9 6t + 4 5t 9 (6) Si consideri il problema di Cauchy { ẏ (t) = y (t) y 2 (t) + e t ẏ 2 (t) = y (t) + y 2 (t) + { y () = y 2 () =
30 3 F De Mari Ci proponiamo di trovare un sistema fondamentale di soluzioni del sistema omogeneo associato, di determinare l integrale generale del sistema non omogeneo e di risolvere il problema di Cauchy La matrice dei coefficienti del sistema omogeneo associato è: A = Il polinomio caratteristico di A è λ 2 2λ+2 ed ha radici ±i, ciascuna con molteplicità uno Risolvendo l equazione agli autovettori troviamo l autovettore complesso [ [ def P = + i = U + iv ] ] (relativo all autovalore + i) ed il suo coniugato U iv (relativo all autovalore i) Una coppia di soluzioni linearmente indipendenti sarà dunque e Y (t) = e t (cos t U sin t V ) = t cos t e t sin t e Y 2 (t) = e t (sin t U + cos t V ) = t sin t e t cos t ed abbiamo quindi la corrispondente wronskiana [ cos t W (t) = [Y (t), Y 2 (t)] = e t sin t ] sin t cos t def = e t R t Cerchiamo una soluzione particolare Y (t) con il metodo della variazione delle costanti Posto pertanto e t b(t) = ed osservato che abbiamo dunque [ cos t W (t) = e t sin t ] sin t = e cos t t R t Y (t) = W (t) W (x) b(x) dx cos x sin x e = e t R t e x x dx sin x cos x cos x + e = e t R x sin x t sin x e x dx cos x Si dimostra facilmente con una integrazione per parti che e x sin x dx = 2 e x (sin x + cos x) + c, e x cos x dx = 2 e x (sin x cos x) + c
31 Quindi [ cos t Y (t) = e t sin t ] [ [ sin t sin x [ cos t cos x Evidentemente, l integrale generale cercato è Sistemi di equazioni differenziali 3 2 (sin x + cos x)e x] t 2 (sin x cos x)e x] t Y (t) = c Y (t) + c 2 Y 2 (t) + Y (t), al variare di c, c 2 R Infine, risolvendo in c e c 2 il sistema [ c Y () + c 2 Y 2 () + Y () = ] si ottiene c = e c 2 =, da cui [ Y (t) = Y 2 (t) + Y (t) = ] = 2 et (cos t sin t) 2 2 et (cos t + sin t) + e t 2 (7) Cerchiamo una soluzione particolare dell equazione: y + ω 2 y = b(t) Naturalmente, ϕ (t) = cos ωt, ϕ 2 (t) = sin ωt e quindi cos ωt sin ωt W (t) = ω sin ωt ω cos ωt Perciò: da cui infine: w(t) = ω, W 2, (t) = sin ωt, W 2,2 (t) = cos ωt, cos ωt ψ(t) = ω = ω t sin(ωs)b(s) ds + t sin[ω(t s)]b(s) ds sin ωt ω [ + ] 2 2 et (cos t + sin t) et (2 + sin t cos t) ] t cos(ωs)b(s) ds L equazione scalare Esaminiamo infine il caso in cui A è la matrice associata ad una singola equazione di ordine n, cioè l equazione y (n) = α y (n ) + + α n y, la cui matrice è, come sappiamo: A = α n α n α n 2 α Non è difficile verificare che l equazione agli autovalori associata ad A prende la seguente forma: (4) det(a λi) = λ n a λ n a n λ a n =
32 32 F De Mari Supponiamo per un attimo che ϕ(t) = e λt sia una soluzione dell equazione differenziale per un certo λ R; siccome ϕ (k) (t) = λ k e λt, otteniamo: = ϕ (n) α ϕ (n ) α n ϕ α n ϕ = e λt [λ n a λ n a n λ a n ] Dal fatto che e λt, ne deduciamo che necessariamente λ è un autovalore di A Se dunque A ammette n autovalori distinti λ, λ 2,, λ n, rileggendo la precedente stringa di identità al contrario per ciascuno di essi, abbiamo subito che le funzioni (42) e λ t, e λ 2t,, e λnt sono sicuramente soluzioni E facile poi verificare che λ λ 2 λ n w(t) = e ( j λj)t det λ 2 λ 2 2 λ 2 n λ n λ2 n λ n n L ultimo determinante indicato è noto come determinante di Vandermonde ed è non nullo se (e solo se) i λ j sono tutti distinti (verificare per esercizio) In questa ipotesi pertanto, le (4) costituiscono un sistema fondamentale di soluzioni Per il caso più generale ci limitiamo ad enunciare il risultato Dal teorema fondamentale dell algebra, sappiamo che l equazione caratteristica (3) ammette n radici complesse Siano r λ j con molteplicità m j, j =,, r, m j = n le radici distinte Ad ognuna delle radici λ j vengono associate soluzioni fondamentali, distinguendo a seconda che la radice sia reale o abbia parte immaginaria non nulla Se dunque λ è una radice reale di molteplicità m, ad essa si associano le m soluzioni: e λt, te λt,, t m e λt Se λ è una radice complessa con parte immaginaria non nulla e molteplicità m, allora anche λ è una radice con la stessa molteplicità, in quanto l equazione caratteristica ha coefficienti reali Posto quindi λ = α + iβ, alla coppia {λ, λ} si associano le 2m soluzioni reali: e αt cos(βt), te αt cos(βt),, t m e αt cos(βt) e αt sin(βt), te αt sin(βt),, t m e αt sin(βt) Esempio (8) Si consideri l equazione: L equazione caratteristica associata è j= y (4) 4y (3) + 8y (2) 8y () + 4y = = λ 4 4λ 3 + 8λ 2 8λ + 4 = (λ 2 2λ + 2) 2
33 Sistemi di equazioni differenziali 33 Abbiamo dunque due radici doppie, ( + i) e ( i), cui corrispondono le soluzioni: Esercizi e t cos t, te t cos t, e t sin t, te t sin t (9) Scrivere l integrale generale di y +a 2 y =, dove a R, a (moto armonico) (2) Scrivere l integrale generale di y + ky =, dove k R (2)Verificare che se a 2 < b l integrale generale di y + 2ay + by = si può scrivere: A e c sono arbitrarie? y(x) = Ae ax cos((b a 2 ) /2 x c) (22) Risolvere il problema di Cauchy: y + y = y() = y () = y () = (23) Trovare le equazioni differenziali del secondo ordine a coefficienti costanti i cui integrali generali siano (i) y(x) = c sin( 2x) + c 2 cos( 2x); (ii) y(x) = c e x + c 2 sin x; (iii) y(x) = c x + c 2 e x
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