2. Albero passante: L albero attraversa lo scafo attraverso un foro (mastra) e si poggia direttamente sulla chiglia nell apposita scassa.

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1 CORSO PER IL CONSEGUIMENTO DELLA PATENTE NAUTICA SENZA LIMITI DALLA COSTA DISPENSA DI TEORIA DELLA VELA

2 Le differenze di un unità a vela rispetto ad una a motore risiedono soprattutto nella diversa forma dello scafo (linee d acqua), che è progettato per navigare stabilmente con diversi angoli di sbandamento. L alberatura è la struttura necessaria a sostenere le vele e le manovre dormienti sono quei cavi che hanno la funzione di sostenere e tesare l alberatura. L albero può essere fissato allo scafo in due modi: 1. Albero poggiato in coperta: Il piede d albero appoggia su una apposita base in coperta (scassa) e il peso viene scaricato su un puntale interno che collega la scassa alla chiglia. 2. Albero passante: L albero attraversa lo scafo attraverso un foro (mastra) e si poggia direttamente sulla chiglia nell apposita scassa. In entrambi casi è necessario bloccare l albero nel seguente modo con opportune manovre dormienti. Gli stralli bloccano l albero longitudinalmente, le sartie lateralmente. Le crocette servono a suddividere l altezza dell albero in diversi settori; per ogni settore le sartie hanno una angolazione richiesta. Servono inoltre a non far flettere l albero sotto la tensione trasmessa dalla velatura. Stralli e Sartie si fissano in coperta con apposite staffe (lande) che servono a scaricare gli sforzi. Le lande sono regolabili con dei tornichetti (arridadoi). 2

3 Boma: asta orizzontale, fissata all'albero con un attacco a snodo (trozza) e sorretta all'altra estremità da un cavo fissato in testa all'albero (amantiglio): porta la base della vela principale (randa) Bompresso: asta orizzontale sporgente dalla prora, alla quale sono fissati gli stralli per l'inferitura dei fiocchi: permette di aumentare la superficie velica; è trattenuta da cavi o catene: due laterali (venti) e uno inferiore (briglia). Non è diffuso su molte imbarcazioni. Canaletta: scanalatura lungo l'albero e il boma (o fissata sull strallo di prua) per l'inferitura della vela. Formaggetta: testa dell'albero. Mastra: foro nel ponte di coperta per il passaggio dell'albero. Paterazzo: strallo di poppa, a volte sdoppiato nell'ultimo tratt~ per distribuire gli sforzi sullo specchio di poppa. Puntale: palo di sostegno interno dell'albero appoggiato coperta. Scassa: piastra sagomata dove appoggia, incastrandosi, piede dell'albero. Tangone: asta che serve a tenere in posizione alcune vele d prua; un'estremità (piede) s'innesta all'albero e l'altra (varea) ad un angolo della vela. Trozza: estremità snodata del boma per l'attacco all'albero. Varea: estremità opposta all'albero del boma o del tangone. 3

4 Velatura E l'insieme delle vele che un'imbarcazione può esporre al vento (mettere a riva). Nelle moderne imbarcazioni esistono due tipi di vele: 1. Vele prodiere (di strallo): sono i fiocchi che, secondo forme e dimensioni, si chiamano (in ordine decrescente) genoa, fiocco, tormentina. Sono alzate a proravia dell'albero. 2. Vele poppiere: sono le rande, che vengono alzate a poppavia dell'albero. Le vele sono costituite da strisce di stoffa (ferzi), cucite insieme e disposte secondo angolazioni diverse per i diversi tipi di vela. Sostanzialmente la nomenclatura è la stessa per le vele prodiere e poppiere: L'inferitura è provvista di un rinforzo (ralinga) per il fissaggio allo strallo o all'albero; nella randa anche la base è provvista di ralinga, per il fissaggio al boma. Vele particolari sono quelle prodiere che non vengono inferite allo strallo: Spinnaker: vela a forma di triangolo curvilineo simmetrico (spicchio di sfera), viene alzata in luogo del fiocco nelle andature portanti. La vela resta a proravia dello strallo, con l'angolo di mura tenuto in posizione da un tangone. Jennaker e M.PS.: simili allo spinnaker ma asimmetrici, sono però murate alla prora e non utilizzano tangoni. 4

5 Manovre correnti Sono cavi che hanno la funzione di spostare un oggetto: l'oggetto viene fissato a un'estremità del cavo (dormiente) e spostato per mezzo dell'altra estremità (corrente). A: Drizze: cavi che servono per alzare le vele (una per vela). Normalmente passano all'interno dell'albero; il dormiente esce dalla testa d'albero scorrendo su puleggia e scende fino in coperta, per poter essere agganciato alla penna della vela; il corrente esce al piede dell'albero e lì viene legato (dato volta); oppure è rinviato a mezzo di bozzelli lungo la coperta, fino al pozzetto. B: Scotte: cime per regolare la posizione delle vele. Per i fiocchi, due scotte date di volta all'angolo di scotta permettono di regolare la vela sui due lati dell'imbarcazione. Per la randa, la scotta è costituita da un paranco con il quale si regola la posizione del boma. C: Caricabasso: paranco verticale tra il piede dell'albero e la trozza del boma; serve a tenere il boma verso il basso ed a tendere l'inferitura della randa. D: Ritenuta del boma (wang): paranco diagonale tra il piede dell'albero e un punto verso il centro del boma; serve a impedire che il boma si sollevi quando si lasca la scotta di randa e a curvare boma e albero, per appiattire la superficie della randa. E: Amantiglio: particolare drizza che serve a sostenere il boma e il tangone. Attrezzatura di coperta É costituita da quegli oggetti fissati in coperta con la funzione di rinviare, fare scorrere e bloccare le manovre. F: Rotaie: posizionate ai lati della coperta e nel pozzetto, servono allo scorrimento dei bozzelli di rinvio delle scotte. G: Verricelli (winches): argani che facilitano la messa in tensione di una manovra corrente. H: Gallocce: aste orizzontali su perno centrale, alle quali si dà volta a cavi e cime. I: Carrello della randa (trasto). 5

6 L: Lande: piattine o tondini d'acciaio, che collegano stralli e sartie alle parti più robuste dello scafo. M: Golfari: anelli ai quali si possono fissare drizze, paranchi ritenute, stralli mobili, sartie volanti. N: Bozzelli: carrucole di rinvio per scotte e drizze o per altre manovre correnti. O: Strozzascotte: congegni a ganasce che permettono di bloccare una manovra corrente messa in tensione. P: Passacavi. bocche di scorrimento di una manovra corrente che deve essere tenuta in posizione. Q: Arridatoi: tornichetti che collegano sartie e stralli alle lande, permettendo di regolarne la tensione. ISSARE LE VELE Fiocco 1. Si fissa l angolo di mura al golfare di prua. 2. Si fissa la caduta poppiera dello strallo, agganciandolo agli appositi moschettoni (garrocci) cuciti sulla ralinga; oppure inferendo la ralinga nell apposita cabaletta montata sullo strallo. 3. Si aggancia (incoccia) la drizza che alzerà la vela all angolo di penna 4. Si fissano le due scotte che serviranno a regolare la posizione della vela all angolo di scotta. 5. Si alza la vela, cazzando l apposita drizza. Randa 1. La randa di regola si alza e si ammaina con la prora al vento. 2. Si fissa l'angolo di mura all'apposito gancio sulla trozza del boma. 3. S'inferisce la ralinga della base della randa nella canaletta del boma e si fissa l'angolo di scotta alla varea. 4. Si incoccia la drizza che alzerà la vela all'angolo di penna. Alzando la vela con la drizza, si inferisce la ralinga della caduta prodiera nella canaletta dell'albero. Spinnaker 1. Si prepara la vela verso prora, sul lato dal quale starà il tangone. Si incoccia la drizza che alzerà la vela all'angolo di penna. 2. Si incocciano le scotte; quella all'angolo di scotta passa davanti allo strallo; quella all'angolo di mura (braccio), entra nella varea del tangone già fissato all'albero. 3. Si alza la vela alando l'apposita drizza. 6

7 Come si regolano le vele Fiocco Le scotte passano all'esterno delle sartie, passano nei bozzelli sulle rotaie, che ne regolano l'angolazione, e sono rinviate sui verricelli in pozzetto. Cazzando o lascando la scotta dal lato dove si trova la vela (sottovento), se ne regola la posizione. Randa La scotta è costituita da un paranco fissato alla varea del boma e a un carrello scorrevole lungo una rotaia in pozzetto. Cazzando o lascando il paranco, oppure spostando il carrello lungo la rotaia, si regola la posizione del boma e quindi della randa. Spinnaker Tramite il braccio si regola la posizione del tangone e quindi della vela; tramite la scotta si regola la posizione dell'angolo di scotta e quindi la forma della vela. Ridurre la velatura Quando il vento è troppo forte, è necessario ridurre la superficie velica esposta alla forza del vento. A questo scopo esiste la possibilità di ridurre la superficie di ogni singola vela, con diverse operazioni. Randa (presa di terzaroli) Tiriamo una parallela alla base della randa: in questo modo otteniamo, oltre al triangolo originale, un secondo triangolo di superficie minore. Se inferiamo al boma la base di questo nuovo triangolo, otteniamo una vela di superficie ridotta: si dice che abbiamo terzarolato la randa. A questo scopo, sulla randa viene effettivamente predisposta una seconda linea di base (benda di terzarolo). Alle estremità della benda sono predisposti degli (brancarelle) che, a riduzione effettuata, diventano i nuovi angoli di mura e di scotta. Nella brancarella di scotta passa una cima 7

8 (borosa) fissata al boma, con la quale si abbassa e si fissa al boma il nuovo angolo di scotta. Lungo la benda sono fissati degli spezzoni di sagola (matafioni) che, a riduzione effettuata, servono a raccogliere e fissare la porzione di vela eliminata (mano di terzarolo). Si opera nel modo seguente: 1. Si mette in tensione l'amantiglio e si lascano la scotta di randa e la ritenuta del boma. 2. Si lasca la drizza della randa fino a incocciare la brancarella di mura all'apposito gancio sulla trozza del boma; quindi si cazza nuovamente la drizza. 3. Si cazza la borosa fino a portare la brancarella di scotta aderente al boma. 4. Si lasca l'amantiglio e si cazzano nuovamente la ritenuta del boma e la scotta di randa. 5. Si avvolge la vela eccedente dando volta ai matafioni sotto il boma. 6. L'operazione di riduzione si definisce prendere la mano di terzarolo. Secondo la dimensione della randa, possono essere predisposte più mani di terzaroli. Secondo la riduzione che s'effettua, si dice che si prende 1, 2, o più mani di terzaroli. Attualmente è possibile usare l'avvolgiranda, dispositivo che permette di avvolgere la randa all'interno dell'albero, lasciando esposta al vento la porzione desiderata. Fiocco Normalmente per ridurre la superficie della vela prodiera si sostituisce il fiocco a riva con uno più piccolo. Attualmente è molto in uso l'avvolgiflocco, dispositivo che permette di avvolgere la vela attorno allo strallo, lasciando esposta al vento la porzione desiderata. L'andatura È l'angolo formato dalla direzione di avanzamento dell'imbarcazione rispetto alla direzione di provenienza del vento. È il concetto fondamentale della navigazione a vela e, a bordo, consiste nello stabilire la direzione di provenienza del vento rispetto alla direzione della prora. Essa è fondamentale perché dall'andatura dipendono: la regolazione delle vele, la velocità di avanzamento, l'assetto dell'imbarcazione, una navigazione più o meno impegnativa. Quando il vento investe l'imbarcazione da un lato (lato sopravvento), si dice che l'imbarcazione ha mure da quel lato: le vele sono bordate dal lato opposto (sottovento). 8

9 Mure a dritta, vele a sinistra. Mure a sinistra, vele a dritta. In alcuni casi, con il vento in poppa, la posizione delle vele può non essere sufficientemente chiara, come quando si tengono le vele "a farfalla" (fiocco da un lato e randa dal lato opposto). Per questo motivo le mure sono stabilite sempre comunque dalla posizione del boma (lato opposto). Prendiamo come riferimento la direzione di provenienza del vento e dividiamo i 180 del semiorizzonte in diversi settori angolari di direzione di avanzamento dell'imbarcazione, ai quali corrispondono le diverse andature. Naturalmente le andature sono le stesse sia per mure a dritta sia per mure a sinistra. Bordeggio: da 0 a 45,quando il vento ha un angolo d'incidenza con le vele troppo piccolo per permettere l'avanzamento. Bolina stretta: il settore da 45 a 60. Bolina larga: il settore da 60 a 80. Traverso: il settore da 80 a 100. Lasco: il settore da 100 a 135. Gran lasco: il settore da 135 a 175. Poppa (fil di ruota): il settore intorno ai 180. Andature strette si dicono le andature dalla bolina al traverso (l'angolo prora-vento è stretto). Andature larghe o portanti si dicono le andature dal traverso alla poppa (l'angolo prora-vento è largo). 9

10 Bordeggiare Consideriamo di doverci dirigere nella direzione di provenienza del vento. Abbiamo un settore di bordeggio di ca. 90 centrato sulla prora, entro il quale non possiamo avanzare (angolo morto). Non resta che navigare di bolina, con mure alternativamente da un lato e dall'altro. Si dice che facciamo dei bordi di bolina, seguiamo cioè un percorso a zig-zag che risulterà lungo ca. una volta e mezza quello rettilineo. Il vento apparente Vento reale. È il vento che effettivamente spira. Quando siamo fermi, ne possiamo rilevare sul viso l'intensità e la direzione di provenienza. Vento di velocità. È il vento creato dal nostro movimento (es. quello che sentiamo sul viso quando corriamo); è tanto più intenso quanto più velocemente ci muoviamo e sempre proveniente dalla direzione verso la quale ci dirigiamo. Vento apparente. È la risultante (in intensità e direzione) del vento reale e di quello di velocità. Esiste ogni volta che ci muoviamo mentre soffia un vento reale ed è quello che in questo caso effettivamente percepiamo. Mettiamoci in barca e rappresentiamo il vento come un vettore, applicato nel punto dove ci troviamo. Per quanto andiamo a esporre consideriamo che il vento di velocità è sempre minore del vento reale. Analizziamo i vari casi: 10

11 Nella figura 4 possiamo capire il motivo per cui quando si è in poppa ci sembra sempre che il vento diminuisca. In navigazione ci si riferisce sempre al tempo apparente: è quello che sentiamo noi, sentono gli strumenti, sentono le vela. L azione del vento sulle vele Il vento che colpisce una vela esercita su di essa una pressione che è sempre perpendicolare alla superficie della vela, qualsiasi sia l'angolo di incidenza con il quale la colpisce. Possiamo rappresentare questa pressione (spinta velica Sv) con un vettore applicato al centro della superficie velica (centro velico Cv) e ad essa perpendicolare. Come per ogni vettore, possiamo scomporre Sv in due componenti (perpendicolari tra loro). Quelle che c'interessano sono: Componente di spinta laterale (Sì), di direzione trasversale all'imbarcazione: ha l'effetto di spostare lateralmente l'imbarcazione (scarroccio) e di farla sbandare. Componente di spinta propulsiva (Sp), in direzione del moto in avanti dell'imbarcazione: è la componente utile all'avanzamento. Componente di spinta laterale Esiste un mezzo per ridurre gli effetti negativi della componente laterale. Gli effetti di scarroccio e di sbandamento sono contrastati dalla resistenza offerta all'acqua dall'opera viva. Ampliando la superficie della carena, aumentiamo maggiormente questa resistenza, trasformando parte della spinta laterale in spinta propulsiva. Approfondendo ed appesantendo la carena, inoltre, contrastiamo maggiormente lo sbandamento e miglioriamo la coppia raddrizzante. A questo scopo si utilizza la deriva, un'appendice applicata sotto la chiglia con diverse soluzioni e forme: Componente di spinta propulsiva Vediamo come il vento agisce sulla vela e come si può migliorare la componente propulsiva. Quando il vento colpisce il bordo d'inferitura della vela, si scompone in due flussi: uno scorre sulla faccia anteriore della vela (sottovento) e l'altro sulla faccia posteriore (sopravvento). Data la concavità della vela, il flusso che scorre sottovento deve percorrere un percorso più lungo. Poiché i due flussi devono scorrere sulla vela in tempi uguali (devono riunirsi al bordo d'uscita), il flusso sottovento scorre più velocemente di quello sopravvento. 11

12 Un principio fisico (principio di Bernoulli) stabilisce che la pressione di un fluido in movimento è inversamente proporzionale alla sua velocità. Ciò comporta che la pressione del vento diminuisce sul lato sottovento. Sul lato prodiero della vela viene quindi a crearsi una depressione, che risucchia la vela (e quindi l'imbarcazione) in avanti. Questo fenomeno avviene correttamente per un angolo d'incidenza tra vento e vela tra i 15-30, secondo il tipo di vela. Entro questi valori di incidenza, il flusso sulla faccia sottovento è regolare e la componente propulsiva maggiore. Al di fuori di questi valori il flusso diventa turbolento e la componente propulsiva diminuisce, fino al punto dell'interruzione del fenomeno aerodinamico (stallo). Questo principio è valido per le andature strette, nelle quali è possibile regolare la vela per piccoli angoli d'incidenza. Poichè non si possono lascare le vele oltre il traverso dell'imbarcazione, per le andature portanti agisce una normale forza di spinta in questo caso la direzione del vento è tale da avere quasi solo componente propulsiva. Nonostante ciò, la propulsione è meno efficace che nelle altre dature sia per la diminuzione del vento apparente sia per il fenomeno di stallo. PERCHÈ UNA BARCA A VELA AVANZA Come abbiamo visto, il vento che viene deviato dalla vela agisce su di essa con una forza circa perpendicolare alla sua corda. Questa forza aerodinamica è applicata al centro velico(cv), che può essere considerato, in prima approssimazione, il punto medio della vela. Analogamente e contemporaneamente anche l'acqua, quando la barca è in movimento, viene deviata dalla deriva, e agisce su di essa con una forza applicata circa nel punto medio dell'opera viva, detto centro di deriva (CD). Questa forza idrodinamica è esattamente uguale e opposta a quella aerodinamica che il vento esercita sulla vela. N.B.: per semplicità grafica, nel disegno abbiamo considerato solo il piano del flusso d'acqua che investe la sezione della deriva passante per il CD, punto medio dell'opera viva. Resta implicito, però, come la forza idrodinamica sullo scafo sia determinata dalla deviazione del flusso d'acqua, da parte di tutta l'opera viva (compreso il contributo, quindi, della parte di scafo immersa e del timone). Lo stesso discorso vale anche per la vela e per l'opera morta (la parte di scafo emersa). 12

13 Il risultante della forza aerodinamica e della forza idrodinamica è quindi uguale a zero. È come per il tiro alla fune quando le due squadre in gioco si equivalgono: ci sono un gran tirare e un grande sforzo ma nessuno si sposta. Come può, dunque, una barca a vela soggetta a tali forze, uguali ed opposte, avanzare? Sarebbe più facile pensare che una barca si muova a causa di una forza risultante diversa da zero, e nella direzione del moto. Senza addentrarci troppo nei principi della fisica, immaginiamoci su una barca ferma ben ormeggiata al pontile, con le vele alzate e a segno. La vela è sollecitata da una forza aerodinamica determinata dall'azione del vento, mentre l'opera viva non viene colpita dal flusso dell'acqua perchè la barca è ferma e, per semplicità, non c'è corrente. Molliamo gli ormeggi: la barca comincia a muoversi e ad acquistare quindi una certa velocità (freccia rossa), nella stessa direzione della forza aerodinamica (blu). Un flusso d'acqua, avente direzione opposta, inizia a colpire l'opera viva, dando origine a una piccola forza idrodinamica. Questa forza, dovuta al flusso dell'acqua deviato dall'opera viva, va a sommarsi a quella del vento sulla vela. Il moto della barca avviene non più in direzione della forza aerodinamica ma in quella del risultante (viola), scaturito dalla somma vettoriale della forza del vento sulla vela e di quella dell'acqua sull'opera viva. La forza idrodinamica inoltre aumenta sempre più in relazione alla maggior velocità della barca e progressivamente la sua direzione si sposta verso poppa. Così facendo anche la direzione del risultante, e quindi del moto della barca, si sposta sempre più verso prora (la barca adesso scarroccia meno). La barca smette di accelerare, ma non di navigare, quando le due forze, aerodinamica e idrodinamica, diventano uguali ed opposte, ovvero quando ha raggiunto la sua velocità di regime. Stesso discorso può farsi con una barca ormeggiata in banchina col vento in poppa. Le vele si gonfiano dando origine ad una forza aerodinamica che viene contrastata dalle cime in tensione. Se molliamo gli ormeggi, la barca inizia a muoversi per effetto di tale forza. Per la velocità acquisita, nasce una forza idrodinamica sull'opera viva (resistenza all'avanzamento), opposta a quella aerodinamica, che aumenta al crescere della velocità fino a divenire uguale alla forza aerodinamica sulle vele. A quel punto, anche quella barca, ha raggiunto la sua velocità di regime. Quindi, se è vero che una barca a vela in navigazione è soggetta a due forze uguali ed opposte (il cui risultante è uguale a zero), è anche vero che queste si determinano quando la barca ha raggiunto una velocità costante, scaturita dalle stesse forze che in fase di accelerazione, però, non sono né uguali né (a parte il caso del vento in poppa) opposte. Secondo il primo principio della dinamica (il principio d'inerzia) poi, la barca prosegue nel suo moto a velocità costante fino quando non interviene qualche fattore esterno che ne altera l'equilibrio (mutamento del vento, della rotta, dell'assetto, della regolazione delle vele, ecc), che la fa accelerare o frenare. Ad esempio, se il vento aumenta, cresce la forza aerodinamica sulle vele e, di conseguenza poi, quella idrodinamica sullo scafo. La barca accelera, fino a trovare un nuovo equilibrio con una velocità di regime più elevata. Se invece il vento diminuisce, succede il contrario: decresce la forza aerodinamica facendo prevalere per un attimo quella idrodinamica, e la barca frena fino a raggiungere un altro equilibrio a velocità più bassa. 13

14 PERCHÈ UNA BARCA A VELA PUÒ RISALIRE IL VENTO Cerchiamo ora di analizzare più in dettaglio l'azione dell'aria sulla vela e quella dell'acqua sulla deriva che sono, come abbiamo già detto, qualitativamente uguali. Introduciamo il concetto della portanza, avvalendoci dell'esempio del mondo aeronautico dal quale questo termine, che vedremo poi utilizzato anche nel mondo nautico, deriva. Un aereo in volo è soggetto a quattro forze. Le prime due sono rispettivamente la spinta propulsiva dovuta al motore che lo spinge in avanti, e la resistenza all'avanzamento che ha la stessa direzione del flusso d'aria che investe l'aereo. 14

15 Le altre due forze sono rispettivamente il peso dell'aereo diretto verso il basso, e la portanza che è perpendicolare al flusso dell'aria. Quando l'aereo raggiunge una quota ed una velocità di regime, il risultante di queste quattro forze è uguale a zero, la spinta propulsiva è uguale ed opposta alla resistenza ed il peso è uguale ed opposto alla portanza. Anche sulla vela e sulla deriva di una barca, se scomponiamo la forza aerodinamica e quella idrodinamica, nelle direzioni perpendicolari e parallele ai flussi d'aria e d'acqua, troviamo le portanze e le resistenze. Si può dire che la barca a vela si comporta come uno strano aeroplano, con un'ala (vela) nell'aria e l'altra (deriva) nell'acqua. Anche se questo parallelismo fra una barca a vela e un aeroplano ha numerosi limiti, evidenzia che una qualsiasi lama (ala, vela e deriva) investita da un fluido, aria o acqua che sia, è soggetta ad una forza che può essere sempre scomposta in portanza e resistenza. Questi due nuovi concetti sono stati introdotti per approfondire il discorso, già accennato nella prima puntata, sul comportamento della vela nelle diverse andature: ostacolo al vento nelle andature portanti e deviatore del vento in quelle strette. Il moto del vento che colpisce la vela di una barca che naviga in un'andatura portante è un moto turbolento, perchè il flusso dell'aria, incontrando quasi perpendicolarmente la superficie della vela, si rompe in numerosi vortici. In queste andature si cerca di opporre il massimo ostacolo al vento, aumentando la superficie velica (possiamo alzare lo spinnaker), e il minimo ostacolo all'acqua, alzando in parte la deriva e tenendo la barca piatta. Scomponendo la forza aerodinamica dell'aria sulla vela di una barca con andatura portante, vediamo che la resistenza (nella direzione del flusso dell'aria) è maggiore rispetto alla portanza (perpendicolare al flusso dell'aria). Stessa cosa succede scomponendo la forza idrodinamica del flusso dell'acqua sulla deriva: grande resistenza, piccola portanza. Nelle andature strette invece, la forza aerodinamica si scompone in una portanza che predomina sulla resistenza. La vela a segno (lascata al limite del fileggiamento), devia il flusso del vento senza romperlo e quasi senza formare vortici (moto laminare). In queste andature si cerca di regolare al meglio le vele (vedremo come fare), per avere la massima portanza che in teoria si ha quando l'angolo di incidenza, tra il vento e la vela, è piuttosto piccolo (nell'ordine dei 15 ), per disturbare poco il flusso dell'aria deviato dalla vela e limitare così la formazione di vortici. Per quanto riguarda invece la forza idrodinamica del flusso dell'acqua sullo scafo nelle andature strette, per ridurre la notevole resistenza che l'opera viva oppone all'avanzamento, possiamo solamente cercare di tenere la barca il più possibile piatta sull'acqua. Non conviene alzare la deriva (tranne con vento forte, quando si vuole ridurre l'eccessivo sbandamento), in quanto aumenterebbe lo scarroccio e diminuirebbe la portanza idrodinamica. Ed è proprio la portanza sulla deriva che nasce per effetto dello scarroccio, a permettere alla barca a vela di avanzare di bolina e quindi di risalire il vento. Finora abbiamo sempre parlato di scarroccio, come di un effetto indesiderato (ci fa deviare dalla nostra rotta ideale), che riusciamo a contenere nei limiti, grazie alla deriva. Ora invece scopriamo che se la barca a vela non scarrocciasse, il flusso dell'acqua sulla deriva avrebbe un angolo di incidenza uguale a zero, e non si avrebbe la portanza che, come vedremo fra poco, nasce dalla deviazione di un flusso e permette l'equilibrio fra la forza idrodinamica e quella aerodinamica, senza il quale la barca non potrebbe navigare. Per capire come nascono resistenza e portanza, consideriamole l'una indipendente dall'altra. Infatti, come vedremo, pur essendo i due fenomeni quasi sempre coesistenti, l'origine fisica che sta alla base dei due concetti è sostanzialmente diversa. 15

16 EFFETTI COMBINATI DI RANDA E FIOCCO Molte affermazioni false sono state scritte e dette su questo argomento. Una delle teorie erronee più accreditate sul funzionamento dell'accoppiata randa-fiocco, ancora ben radicata nel bagaglio culturale di molti velisti, è quella che chiama in causa l'effetto Venturi, secondo il quale l'aria incanalata in un passaggio in cui la sezione d'uscita è minore di quella d'entrata, accelera. Gli aerodinamici hanno dimostrato, ormai da molto tempo, che questo principio sacrosanto non è applicabile nella fessura tra le due vele dove, come vedremo, passano poche linee di flusso che anzichè aumentare la portanza sulla randa, come si vorrebbe credere (per la diminuzione di pressione dovuta ad una presunta maggior velocità), la fanno diminuire. Vediamo di analizzare cosa succede al moto laminare di un flusso d'aria deviato questa volta da due vele. Si nota subito che molte linee di flusso, che con la sola randa passano fra albero e strallo, con le due vele alzate sono deviate sottovento al fiocco, migliorandone l'efficienza. Questo effetto deviante che la randa ha sul fiocco provoca anche un cambiamento favorevole della direzione del vento che investe la vela di prora. Si dice cioè che il vento sul fiocco ridonda, da buono, viene più da poppa rispetto al vento normale, e la barca quindi riesce a fare una bolina più stretta. L'angolo di incidenza delle linee di flusso che investono il fiocco è maggiore di quello formato dalle linee di flusso che investono la randa. Ed è per questo motivo che la randa a segno è sempre più cazzata del fiocco. Infatti, se proviamo a navigare di bolina, prima con la sola randa e poi con tutte e due le vele, ci accorgiamo che alzando anche il fiocco, riusciamo a risalire meglio il vento. Non perchè il fiocco, preso singolarmente, sia la vela più efficiente, come molti credono (una barca con il solo fiocco stringe il vento meno di una con la sola randa). È la presenza della randa, opportunamente regolata, che determina la maggiore efficienza della vela di prora. L'efficienza del fiocco, viene invece incrementata con la presenza della randa. Quindi la randa fa lavorare meglio il fiocco. Inoltre 16

17 l'effetto positivo della randa sul fiocco, è maggiore di quello negativo che questo ha sulla randa. Il limitato decremento di efficienza che la randa ha, accoppiata con il fiocco, è dovuto al fatto che fra le due vele passa poca aria e quindi il «risucchio» sottovento alla randa è minore. Da un altro punto di vista, però, questo effetto indesiderato, rende più ordinate le linee di flusso che passano sottovento alla randa, diminuendo le possibilità di stallo (rottura del regime laminare del flusso, formazione di vortici, e conseguente riduzione d'efficienza). Ovvero, il poco vento che passa tra le due vele frena vicino all'albero (le linee di flusso sono più distanziate), e questa riduzione di velocità abbassa le probabilità della formazione di turbolenze da parte delle linee di flusso che passano così più dolcemente tra randa e fiocco. Ma perchè la randa devia tutta quell'aria sottovento al fiocco, facendone così passare poca nella fessura fra le due vele? Abbiamo già accennato alla circolazione d'aria intorno alla vela che si somma al flusso iniziale del vento. Il fatto che sia teoricamente ragionevole che la velocità del flusso nella fessura tra randa e fiocco sia minore è confermato dall'immagine della galleria del vento ( nella fessura, e sopravvento alla randa, le linee di flusso sono poche e molto distanziate). Nella fessura le circolazioni sono antagoniste e di conseguenza è corretto aspettarsi una riduzione di velocità. Sottovento al fiocco, invece, la circolazione è concorde con la direzione del flusso, ed è quindi facile aspettarsi una maggior velocità (la circolazione si somma al flusso). Anche sopravvento alla randa è spiegabile la riduzione di velocità, perchè la circolazione è discorde con la direzione del flusso. Una prova pratica che si può fare, per verificare quanto abbiamo detto finora, è quella di misurare con un anemometro le diverse velocità del vento, prima sotto al fiocco (velocità maggiore), poi nella fessura tra le due vele (velocità minore), e infine sopravvento alla randa (dove la velocità diminuisce ulteriormente). Un altro fenomeno che riguarda l'interazione fra le due vele è conosciuto da molti velisti come sventamento della randa ad opera del fiocco. Questo è un modo di dire poco appropriato, perchè dà l'idea di un flusso d'aria che urta contro il fiocco e rimbalza sul lato sottovento della randa. La tendenza che ha la randa (quando è accoppiata al fiocco) di riempirsi al contrario nella zona vicino all'albero, è dovuta semplicemente alla minore velocità che ha l'aria, passandole sottovento. Il calo di velocità, come abbiamo già visto, si traduce in una maggiore pressione che può portare la randa a gonfiarsi al contrario in prossimità della caduta prodiera. Questo effetto indesiderato, che il fiocco esercita sulla randa, è spesso imputabile al fatto che, di bolina stretta, si tende a cazzare troppo la vela di prora. Molte volte tuttavia, grazie alla maggiore efficienza della vela di prora (quando è accoppiata alla randa), le barche risalgono meglio il vento con il fiocco molto cazzato e la randa leggermente sventata. La regolazione delle vele Riassumiamo due concetti basilari: 1) Possiamo navigare a diverse andature (diverse direzioni di provenienza del vento rispetto all'imbarcazione). 2) La spinta propulsiva dipende dall'angolo di incidenza del vento con le vele. Riunendo questi concetti, ne consegue che per ogni andatura esiste una corretta posizione delle vele, per la quale il vento ha il miglior angolo d'incidenza. Cambiando andatura, è necessario cambiare la posizione delle vele, per cercare di mantenere il miglior angolo d'incidenza del vento. Di bolina stretta è necessario bordare le vele verso il centro dello scafo. Allargando l'andatura, si lascano le vele seguendo la rotazione del vento, cercando così di mantenere lo stesso angolo d'incidenza. 17

18 Si bordano le vele cazzando le scotte Si lascano le vele lascando le scotte. Nelle andature portanti, le vele sono lascate al massimo e il vento le colpisce comunque con un angolo d incidenza di circa 90 La velocità è massima nell andatura al traverso; diminuisce sia verso la bolina stretta sia verso il fil di ruota. La componente di scarroccio è massima di bolina stretta; diminuisce allargando l andatura, fino ad annullarsi in fil di ruota. Orzare e poggiare Stiamo navigando al traverso. Agendo sul timone possiamo passare da un andatura più stretta (bolina), oppure più larga (lasco); possiamo perciò avvicinare la prora alla direzione di provenienza del vento oppure allontanarla. Orzare: portare la prora verso il vento, stringere il vento; si mette il timone dalla parte del vento. Poggiare: allontanare la prora dal vento, allargare al vento; si effettua la manovra mettendo il timone dalla parte opposta del vento. Quando si orza si bordano le vele, quando si poggia si lascano le vele. Può accadere che sia il vento a mutare di direzione mentre noi manteniamo inalterata la rotta. In questo caso si dice che: Il vento ridonda, quando la sua direzione di provenienza si sposta verso poppa; ci troviamo a un'andatura più larga e dobbiamo lascare le vele. Il vento rifiuta, quando la sua direzione di provenienza si sposta verso prora; ci troviamo a un'andatura più stretta e dobbiamo bordare vele. L equilibrio velico La superficie totale delle vele a riva si chiama piano velico e il vento agisce su tutta questa superficie. Centro velico Cv è il punto del piano velico al quale è applicata la forza totale di spinta del vento, risultante delle forze su tutte superfici. La sezione longitudinale della parte immersa dello scafo si chiama piano di deriva e la resistenza laterale dell'acqua agisce su tutta questa superficie. Centro di deriva Cd è il punto del piano di deriva al quale è applicata la forza totale di resistenza 18

19 dell'acqua, risultante delle forze su tutta la superficie. Avremo quindi che: In Cv agisce la spinta del vento. In Cd agisce la resistenza dell'acqua. Quando Cv e Cd giacciono sulla a verticale, non vi è alcuna coppia di forze e l'imbarcazione è in equilibrio. Quando Cv e Cd non giacciono sulla stessa verticale, si crea una coppia di forze che fa ruotare lo scafo attorno a Cd (che da fulcro). Cv a proravia di Cd: la prora ruota allontanandosi dal vento: l imbarcazione puggia. Cv a poppavia di Cd: la poppa ruota allontanandosi dal vento, quindi la prora va verso il vento, quindi la poppa ruota allontanandosi dal vento, verso il vento: l'imbarcazione orza. Consideriamo ora distinti il piano velico poppiero (randa) e il piano velico prodiero (fiocco). In linea generale: Il piano velico prodiero ha effetto orziero (Cv a prora via di Cd). Il piano velico poppiero ha effetto puggiero (Cv a poppa via di Cd). 19

20 Cd funge sempre da fulcro e i due centri velici da piatti della bilancia. Con la regolazione delle vele possiamo ottenere: Stessa spinta nei due Cv: imbarcazione equilibrata. Più spinta nel Cv prodiero (fiocco): imbarcazione puggiera (tende alla puggia). Più spinta nel Cv poppiero (randa): imbarcazione orziera (tende all'orza). Di norma è preferibile una leggera tendenza orziera che, in ogni caso, porta l'imbarcazione in posizione di sicurezza, con la prua al vento. Manovre a vela Viramento in prora (virata) 1. Si orza fino alla bolina stretta, quindi si orza decisi per superare d abbrivio il settore di bordeggio (angolo morto) 2. Nel momento in cui il vento passa dall altra parte, si portano le vele sul lato opposto. 3. Essendo cambiate le mure, adesso stiamo poggiando e continueremo a farlo finchè siamo usciti dall angolo morto 20

21 Viramento in poppa (strambata) 1. Si poggia fino all andatura in fil di ruota 2. Quando il vento è esattamente nella direzione di chiglia, si passano le vele sul lato opposto 3. Essendo cambiate le mure, si orza fino a trovarsi nell andatura desiderata 4. Attenzione al passaggio della randa: essendo lasca, quando prende il vento dal lato opposto, la randa si abbatte velocemente sulle altre mure e con essa il boma, che spazza la coperta. 5. Si borda velocemente la randa al centro quando il boma accenna a spostarsi e al suo passaggio si lasca subito la scotta. 21

22 Presa di gavitello 1. Ci si porta dal lato sottovento al gavitello 2. Ci si avvicina al gavitello di bolina stretta 3. Ne3ll ultima fase dell avvicinamento ci si mette prua al vento 4. Con il solo abbrivio si arriva sul gavitello e ci si ormeggia Recupero dell uomo a mare Si arriva sul naufrago sempre con la prua al vento; in base alle condizioni del mare si decide poi se scarrocciamo sopra o sottovento al naufrago. 1. Andature strette Si puggia portandoci sottovento al naufrago Si torna all orza e si vira di prua risalendo di bolina fino al naufrago 22

23 Alternativa (solo con tempo buono) <Manovra dell esame 1> Si poggia e si stramba Si orza e si risale di bolina Ci si ferma prua al vento 2. Andature larghe <Manovra dell esame 2> Si orza e si vira in prora Si risale di bolina fino al naufrago Ci si ferma prua al vento 23

24 Fuggire in poppa con cattivo tempo Si tiene a riva solo la tormentino e si fugge con il vento in poppa o leggermente al gran lasco cercando di mantenere lo scafo sempre perpendicolare alle onde. Se la velocità è eccessiva si rischia di infilare la prua nel cavo delle onde (ci si può ribaltare). Allora ci si può rallentare filando l ancora galleggiante di poppa. Cappa filante Si mette il fiocco accollo; si borda la randa al centro; si fissa il timone all orza. 24

25 L imbarcazione tende all orza per l effetto della randa e del timone, ma è impedita ad entrare nell angolo morto dall azione del vento sul fiocco. Si resta così con il mascone al mare, scarrocciando velocemente e riducendo i colpi delle onde. Cappa secca Si ammainano tutte le vele e si fissa il timone all orza. In questo caso il timone tende a far andare la barca all orza ma questa azione è compensata dalla forza abbattente del vento. 25

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