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1 Cielo d Alcamo Rosa fresca aulentissima Opera: Rosa fresca aulentissima Punti chiave: Affinità con le pastorelle provenzali Registro basso, popolare Ritmo vivace, serrato Questo componimento ci è stato tramandato in maniera anonima, ma viene attribuito a Cielo d Alcamo da alcune postille dei codici del filologo cinquecentesco Angelo Colucci. Il componimento appartiene al genere del contrasto, già sperimentato in ambito trobadorico: nelle strofe si alternano infatti la voce di un giullare e quella di una donna, secondo alcuni studiosi una contadina, secondo altri una più generica figura femminile. Il giullare propone il proprio amore alla donna in maniera Metro: contrasto sempre più pressante; dal canto suo, l amata continua a respingerlo con convinzione via via minore fino a cedere, lasciando supporre che fin dall inizio fosse intenzionata ad accettare il poeta. È importante ricordare che l amore in gioco è quello prettamente fisico, cosa che configura il dialogo come qualcosa di molto diverso dalla richiesta di essere presi a servizio mossa da molti trovatori e dagli stessi poeti siciliani: anzi, il linguaggio del componimento definisce una parodia piuttosto accesa in questo senso. «Rosa fresca aulentissima ch apari inver la state, le donne ti disiano, pulzell e maritate: tràgemi d este fòcora, se t èste a bolontate; per te non aio abento notte e dia, 5 penzando pur di voi, madonna mia.» «Se di meve trabàgliti, follia lo ti fa fare. Lo mar potresti arompere, avanti asemenare, l abere d esto secolo tuto quanto asembrare: avere me non pòteri a esto monno; 10 avanti li cavelli m aritonno.» «Se li cavelli artóniti, avanti foss io morto, donna, ch aisì mi pèrdera lo solaccio e l diporto. Schema metrico: strofe di cinque versi, di cui tre alessandrini e una coppia di endecasillabi, con rima AAABB. Sono inclusive le rime ai vv. 11, 12 e 13 (morto: diporto: orto), 24 e 25 (Deo: eo), 71, 72 e 73 (bale: scale: ale), 91, 92 e 93 (ài: assai: prai) e 126, 127 e 128 (Matteo: giudeo: eo); sono numerosissime le rime siciliane ai vv. 21, 22 e 23 (fare: agostari: Bari), 36, 37 e 38 (aucisa: ripresa: distesa), 89 e 90 (dire: abere), 111, 112 e 113 (parenti: jente: mente), 121, 122 e 123 (fina: marina: rena), 129 e 130 ( ntutto: disdotto), 151, 152 e 153 (seno: patrino: meno) e 159 e 160 (ora: ventura). La rima ai vv. 81 e 83 (strutto: frutto) è ricca, mentre fare: fare ai vv. 131 e 133 è una rima identica; è infine equivoca la rima amo: amo ai vv. 134 e Rosa... maritate: fresca rosa profumatissima, che compari verso l estate, (tutte) le donne ti desiderano, fanciulle e sposate. La rosa citata nell incipit è metafora dell amore, della bellezza e della donna: per questo il fiore è desiderato da tutte, ma in particolare dal poeta, come meglio si evince dal v. 13. La metafora della rosa è piuttosto diffusa nella letteratura medievale non solo italiana, come testimonia il Roman de la Rose (XIII sec.). Il v. 2 è una traduzione pressoché letterale del Cantico dei Cantici I 2: adulescentulae dilexerunt te, dove l oggetto del desiderio è la sposa. Disiano significa desiderano. La prima strofa è recitata dal giullare. 3. tràgemi... bolontate: toglimi da questi fuochi, se questa è la tua volontà. La frase, citata anche da Dante nel De vulgari eloquentia I, XII 6, è colma di meridionalismi: per esempio, l uso di b- per v- in bolontate ( volontà ); este inteso nel primo caso come queste e nel secondo caso come è ; focora, termine neutro plurale che indica i fuochi. I suddetti fuochi sono chiaramente quelli dell arsura d amore, qui intesa prettamente come desiderio fisico. L immagine dell amore come fuoco che consuma trova già attestazione nella letteratura latina, ma è particolarmente diffusa nella poesia dei trovatori per te... madonna mia: a causa tua non ho riposo di notte né di giorno, mentre continuo a pensare a voi, mia signora. Abento significa requie, pace, riposo, mentre aio è la forma siciliana per ho. Notte e dia è un sintagma piuttosto diffuso con i significati di sempre oppure, come in questo caso, di mai. Il giullare si rivolge alla donna passando dal tu al voi e usando il linguaggio tipico delle poesie di lode già dei trovatori e della scuola siciliana. In questo contesto le formule della lingua cortese hanno una funzione parodistica. 6. Se di meve... fare: se soffri per me, è la follia che te lo fa fare. Meve è pronome meridionale, coniato su teve, dal latino tibi. Il secondo emistichio mantiene l ordine antico dei pronomi Lo mar... m aritonno: potresti arare il mare, prima di averlo seminato, accumulare tutte le ricchezze di questa terra: ma non puoi avere me in questo mondo; piuttosto mi taglierei (m aritonno) i capelli. È da notare il duplice adynaton, figura retorica che consiste nel presentare situazioni impossibili: il giullare potrebbe riuscire a compiere entrambe queste azioni che la donna propone, ma lei, piuttosto di cedere, si ritirerebbe in convento. L allusione al taglio dei capelli, infatti, è quasi sempre, nella letteratura medievale, immagine della monacazione. Monno e aritonno sono forme meridionali con assimilazione del nesso -nd- in -nn Se li cavelli... diporto: se ti tagli i capelli, preferirei essere ucciso, donna, per- 1

2 L AUTORE Di questo autore vissuto nel XIII secolo sappiamo molto poco. Cielo sarebbe la forma toscana del siciliano Celo, da Miceli, cioè Michele, e la città di Alcamo si trova, effettivamente, in Sicilia. Secondo alcuni studiosi, Cielo sarebbe stato un giullare attivo presso la scuola siciliana e il suo celebre contrasto Rosa fresca aulentissima unica attestazione della sua attività poetica andrebbe datato tra il 1231 e il ché con essi perderei la mia gioia e il mio piacere (lo solaccio e l diporto). Il verbo morire con il significato di essere ucciso è un gallicismo, come la dittologia sinonimica solaccio e diporto, che si trova spesso nella lirica provenzale. Pèrdera è condizionale siciliano : Quando... amore: quando passo di qui e ti vedo, fresca rosa del giardino, mi doni sempre un gentile conforto: decidiamo di congiungere il nostro amore. Il termine rosa è, qui, immagine della donna; véioti e aiunga sono forme meridionali Che l nostro... corenti: che il nostro amore si congiunga non voglio che mi piaccia: se mio padre con gli altri miei parenti ti trova qui, stai attento che non ti raggiungano, questi che corrono veloci. Si tratta dell allusione a una vendetta da parte dei parenti della donna. M atalenti è un gallicismo e significa mi piaccia, mi faccia piacere. In pàremo ( mio padre ), pare è un gallicismo, mentre l uso del pronome possessivo enclitico (-mo) è tipicamente siciliano Como... partuta: come ti è piaciuta la venuta, ti consiglio di fare attenzione alla partenza Se i tuoi... Bari: se anche i tuoi parenti mi trovano, che mi possono fare? Impongo loro una multa di duemila augustali: tuo padre non mi toccherebbe per tutte le ricchezze di Bari. La difensa venne istituita da Federico II con le Costituzioni di Melfi del 1231: si trattava della possibilità da parte della persona che veniva aggredita, di invocare la difesa imperiale e una multa, il cui ammontare era stabilito dalla vittima; gli augustali erano invece monete d oro coniate nello stesso anno. Da questa citazione possiamo dedurre che il contrasto sia stato composto dopo il 1231, ma prima del 1250, anno della morte di Federico II. Di fatto, il giullare minaccia, in caso di aggressione, di imporre al padre della giovane una multa altissima, a causa della quale avrebbe dovuto rinunciare alla vendetta. Il modo di dire quanto avere ha n Bari è dovuto al fatto che Bari era a quel tempo una delle città più ricche Viva... dico eo?: viva l imperatore, grazie a Dio! Capisci, bella, quello che ti sto dicendo? 26. né sera né maitino: mai. La donna lamenta l insistenza del giullare. Maitino è un gallicismo. 27. Donna... massamotino: sono padrona di monete d oro e oro massamotino (cioè, sono una donna ricca ). I pèrperi sono monete d oro bizantine; l oro massamotino era ritenuto particolarmente pregiato e deve il suo nome ai califfi Amoadi, che regnavano nell Africa settentrionale se tanto... mano: se tu mi donassi tante ricchezze quante ne ha il Saladino, e Quando ci passo e véioti, rosa fresca de l orto, bono conforto donimi tutore, 15 poniamo che s aiunga il nostro amore.» «Che l nostro amore aiùngasi, non boglio m atalenti: se ci ti trova pàremo cogli altri miei parenti, guarda non t arigòlgano questi forti corenti. Como ti seppe bona la venuta, 20 consiglio che ti guardi a la partuta.» «Se i tuoi parenti trovami, e che mi pozon fare? Una difensa mètoci di du mili agostari: non mi tocara pàdreto per quanto avere à n Bari. Viva lo mperadore, grazi a Deo! 25 Intendi, bella, quel che ti dico eo?» «Tu me no lasci vivere né sera né maitino. Donna mi so de pèrperi, d auro massamotino; se tanto aver donàssemi, quanto à lo Saladino, e per aiunta quant à lo Soldano, 30 tocare me non poteri a la mano.» «Molte sono le femine ch ànno dura la testa, e l omo con parabole l adimina e amonesta; tanto intorno procazzala fin che ll à in sua podesta. Femina d omo non si può tenere: 35 guàrdati, bella, pur de ripentere.» «Ch eo ne pur ripentésseme? Davanti foss io aucisa ca nulla bona femina per me fosse ripresa! Aersera passàstici, corenno a la distesa. Aquìstati riposa, canzoneri: 40 le tue parole a me non piacion gueri.» in aggiunta quelle che ha il sultano, non potresti nemmeno toccarmi sulla mano. Saladino è il famoso sovrano di Siria ed Egitto, citato anche da Dante nella Commedia Molte... podesta: sono molte le donne che hanno la testa dura, e l uomo le domina (adimina) e ammonisce (amonesta) con le parole: la incalza (procazzala) tanto da tutte le parti finché l ha in suo potere (potesta). Amonesta e procàzzala sono gallicismi, mentre potesta è un latinismo. Il termine femine ha forse qui e al verso successivo il valore di donne di basso rango, o anche di facili costumi. Si trova infatti, per esempio, nella lirica provenzale, l opposizione della femna alla domna, cioè la signora. Si noti il passaggio dal plurale al singolare Femina... ripentere: una donna non può fare a meno dell uomo: attenta, bella di non pentirtene. Ripentere è gallicismo Ch eo... ripresa: che io debba pentirmene? Preferirei essere uccisa piuttosto che qualche buona donna fosse rimproverata per colpa mia (cioè, piuttosto di gettare, attraverso il mio cattivo esempio, discredito su tutte le altre donne oneste) Aersera... gueri: tempo fa passasti di qui, correndo a più non posso. Prendi riposo, cantastorie: le tue parole non mi piacciono per niente. Aersera è un gallicismo. 2

3 «Quante sono le schiàntora che m à mise a lo core, e solo purpenzànnome la dia quanno vo fore! Femina d esto secolo tanto no amai ancore quant amo teve, rosa invidïata: 45 ben credo che mi fosti distinata.» «Se distinata fósseti, caderia de l altezze, ché male messe fòrano in teve mie bellezze. Se tuto adivenìssemi, tagliàrami le trezze, e consore m arenno a una magione 50 avanti che m artochi n la persone.» «Se tu consore arènneti, donna col viso cleri, a lo mostero vènoci e rènnomi confleri: per tanta prova vencerti fàralo volontieri. Conteco stao la sera e lo maitino: 55 besogn è ch io ti tenga al meo dimino.» «Boimè tapina misera!, com ao reo distinato! Gieso Cristo l altissimo del tuto m è airato: concepìstimi a abàttare in omo blestiemato. Cerca la terra ch èste grane assai, 60 chiù bella donna di me troverai.» «Cercat aio Calabria, Toscana e Lombardia, Puglia, Costantinopoli, Genoa, Pisa e Soria, Lamagna e Babilonia, e tuta Barberia: donna non ci trovai tanto cortese, 65 per che sovrana di meve te prese.» «Poi tanto trabagliàstiti, facioti meo pregheri, che tu vadi adomànimi a mia mare e a mon peri. Se dare mi ti degnano, menami a lo mosteri, e sposami davanti da la iente; 70 e poi farò le tuo comannamente.» «Di ciò che dici, vìtama, neiente non ti bale, ca de le tuo parabole fatto n ò ponti e scale: penne penzasti mettere, sonti cadute l ale; e dato t aio la bolta sotana. 75 Dunque, se poti, tèniti, villana.» «En paura non metermi di nullo manganiello: istòmi n esta groria d esto forte castiello; prezo le tuo parabole meno che d un zitello Quante sono... fore!: quante sono le pene (schiàntora) che mi hai inflitto al cuore, anche soltanto riflettendo tra me, di giorno, quando esco! Schiantora è un neutro plurale; purpenzànnome è un gallicismo. 43. secolo: è un latinismo e significa mondo. 44. teve: te Se distinata... bellezze: se fossi destinata a te, cadrei in basso, perché nelle tue mani le mie bellezze sarebbero mal riposte. Caderia e fora sono forme di condizionale siciliano e teve è forma meridionale derivante dal latino tibi Se tuto... persone: se mi capitasse tutto questo, mi taglierei le trecce e mi farei monaca in un monastero, piuttosto che tu possa toccare la mia persona. Tagliàrami è condizionale siciliano. La donna ribadisce la minaccia già attuata al v Se tu consore... volontieri: se tu ti fai suora, donna dal viso luminoso, vengo anch io al monastero e mi faccio frate: per vincerti attraverso una prova tanto grande, lo farei volentieri. Cleri, mostero e confleri sono francesismi Conteco... dimino: starò con te mattino e sera: è necessario che io ti abbia in mio possesso. L espressione la sera e lo maitino significa sempre, senza sosta. 56. Boimè... distinato!: Ahimé, povera infelice!, che crudele destino (distinato) ho! Gieso Cristo... blestiemato: l Altissimo Gesù Cristo è del tutto arrabbiato con me: mi hai concepito affinché mi imbattessi in un uomo empio. Si noti l apostrofe a Cristo, dopo averne parlato in terza persona. Il giullare è definito empio (blestiemato) a causa del suo proposito sacrilego di farsi frate per ottenere le grazie della donna Cerca... troverai: percorri, cercando, la terra, che è tanto grande: troverai una donna più bella di me. Il verbo cercare ha qui il significato di percorrere/vagare mentre si cerca. Chiù ( più ) è forma tipicamente meridionale Cercat aio... prese: ho percorso Calabria, Toscana e Lombardia, Puglia, Costantinopoli, Genova, Pisa e Siria, Germania e Babilonia e tutta l Africa del nord: non vi ho trovato una donna nobile come voi, per questo vi ho presa come mia signora Poi tanto... comannamente: poiché hai tanto sofferto, ti faccio una richiesta: che tu vada a domandarmi a mia madre e a mio padre. Se si degnano di darmi a te, portami al monastero e sposami pubblicamente, poi farò quello che desideri. Davanti da la iente significa davanti a tutti e menami significa portami. La proposta di matrimonio da parte della giovane è un primo segnale di cedimento nei confronti del cantastorie Di ciò che tu dici... scale: quello che dici, vita mia, non ti giova a niente, perché delle tue parole non ne parlo nemmeno più. Il giullare rifiuta di rispondere alla richiesta di matrimonio della ragazza. L espressione fatto n ò ponti e scale sarebbe, secondo Gianfranco Contini, un modo di dire siciliano penne... villana: pensavi di mettere le penne e ti sono cadute le ali; io ti ho dato il colpo di grazia (la bolta sotana). Dunque, se puoi, difenditi, villana. Con queste parole il giullare accusa la giovane di essere poco sincera e di aver fatto un offerta di matrimonio interessata, che lui ha rifiutato. Il tema delle false penne che cadono potrebbe derivare dalla leggenda di Icaro oppure dalla favola di Fedro, Graculus superbus et pavo En paura... zitello: non mi metti paura di nessun manganiello: me ne sto al sicuro tra le mura di questo forte castello; stimo le tue parole meno di quelle di un bambino. La metafora dell assalto è provocata dalla bolta sottana della strofa prece- 3

4 dente. Il manganiello è una sorta di catapulta, utilizzata spesso negli assedi. Probabilmente è da ravvisare, in questa strofa, una certa ambiguità di linguaggio. Prezo viene dal provenzale prezar e vuol dire stimare. Lo zitello è il ragazzino Se tu... chiaci: se non ti levi e non te ne vai di qua, mi piacerebbe che tu vi fossi ucciso. Morto con il significato di ucciso è un gallicismo, mentre chiaci è la forma siciliana per piace, qui con il valore di condizionale Se morto... matino: se anche dovessi essere ucciso o completamente sfregiato, non mi muoverei di qui (di quaci non mi mòsera) senza ottenere il frutto che sta nel tuo giardino: lo desidero mattino e sera. Mòsera è condizionale siciliano. Il frutto contenuto nel giardino della donna è una chiara allusione alle grazie della ragazza stessa; la metafora della donna come giardino è piuttosto ricorrente nella letteratura medievale Di quel frutto... feri: non hanno avuto quel frutto né conti né cavalieri; lo desiderarono molto marchesi e giudici regionali, ma non riuscirono ad averlo: per questo se ne andarono fortemente adirati. La ragazza si vanta di aver rifiutato le profferte amorose di pretendenti ben più degni di un giullare. Nell elenco figurano anche iustizieri, cioè i giudici a cui Federico II affidava una certa porzione di territorio affinché facessero rispettare le leggi; si trattava quindi di una carica di una certa importanza. Pòttero sta per poterono ; feri ha qui il significato di adirati. 90. Men èste... abere: quello che possiedi vale meno di mille once. L oncia era una moneta in uso in vari Stati italiani durante il Medioevo Molti... m assai: sono molti i chiodi di garofano, ma non così tanti che tu possa formare una salma: bella, non disprezzarmi, se prima non mi provi. La salma è un unità di misura diffusa soprattutto in Sicilia ed equivalente all incirca a tre ettolitri; i chiodi di garofano sono una spezia che viene dall Oriente, e dunque nel Medioevo era merce abbastanza rara e preziosa. Alcuni studiosi stabiliscono un rapporto metaforico tra i garofani e i corteggiatori ricchi della donna; seguendo quest ultima ipotesi, il giullare direbbe alla donna che in realtà i suoi estimatori non sarebbero tanti come si era lasciato intendere nella strofa precedente: ma si tratta di un interpretazione piuttosto improbabile. Un altra interpretazione ancora vede i garofani come le qualità della donna: essa non ne sarebbe così piena quanto crede. Assai è un gallicismo e significa provi Se vento... dole: se il vento cambia ed è in proda e ti raggiungo sulla spiaggia, ti ricorderò queste parole, che quest animella, dentro di me, soffre assai. Il giullare torna sul tema del dolore e della sofferenza, benché l uso del termine animella sembri abbassare il tono del discorso. La metafora sottintesa è, in questo caso, quella della navigazione, piuttosto diffusa in ambito amoroso per indicare il compiersi del desiderio. Se tu no levi e va tine di quaci, 80 se tu ci fosse morto, ben mi chiaci.» «Dunque voresti, vìtama, ca per te fosse strutto? Se morto essere déboci od intagliato tuto, di quaci non mi mòsera se non ai de lo frutto lo quale stäo ne lo tuo iardino: 85 disïolo la sera e lo matino.» «Di quel frutto non àbero conti né cabalieri, molto lo disïarono marchesi e iustizieri, avere no nde pòttero: gìro nde molto feri. Intendi bene ciò che bole dire? 90 Men èste di mill onze lo tuo abere.» «Molti so li garofani, ma non che salma nd ài; bella, non dispregiàremi s avanti non m assai. Se vento è in proda e gìrasi e giungioti a le prai, a rimembrare t äo ste parole, 95 ca dentr a sta animella assai mi dole.» «Macara se doléseti che cadesse angosciato, la gente ci coresoro da traverso e da llato; tut a meve dicessono: Acori esto malnato!, non ti degnara porgere la mano 100 per quanto avere à l Papa e lo Soldano.» «Deo lo volesse, vìtama, te fosse morto in casa! L arma n anderia cònsola, ca dì e notte pantasa. La iente ti chiamaràno: Oi periura malvasa, ch à morto l omo in càsata, traìta! 105 Sanz onni colpo lèvimi la vita.» «Se tu no levi e va tine co la maladizione, li frati miei ti trovano dentro chissa magione Macara... Soldano: Volesse il cielo che tu soffrissi al punto da cadere morto tra i tormenti: la gente accorrerebbe da tutte le parti e tutti mi direbbero: Soccorri questo poveretto! Non mi degnerei di porgerti la mano per tutti gli averi del papa e del sultano. Il tema della sofferenza è ripreso dalla donna, che arriva a dichiarare che non soccorrerebbe il giullare per tutto l oro del mondo, quando questo cadesse svenuto per amore suo. Angosciato significa privo di sensi ; degnara è condizionale siciliano. La locuzione da traverso e da llato significa da ogni direzione ; da llato presenta il raddoppiamento fonosintattico Deo... pantasa: lo volesse Dio, vita mia, che fossi ucciso in casa tua! L anima se ne andrebbe consolata, perché giorno e notte delira a causa tua. Morto è di nuovo impiegato come gallicismo, con il significato di ucciso ; arma è l anima, mentre cònsola è participio forte e vuol dire consolata. Pantasa significa delira La iente... la vita: la gente ti direbbe: Ohi, malvagia spergiura, che hai ucciso l uomo in casa tua, traditrice!. Mi togli la vita senza nemmeno colpirmi. Il giullare riprende l immagine della folla che giungerebbe in suo soccorso, rivolgendola a proprio favore. La gente biasimerebbe la donna per aver lasciato morire il cantastorie. Chiamàrano è condizionale siciliano; traìta significa traditrice. La forma càsata presenta il pronome possessivo enclitico in fine di parola, come nell uso meridionale. L espressione sanz onni colpo significa senza colpire : la donna infatti ucciderebbe l uomo senza alzare una sola mano su di lui, ma continuando a resistergli e a fargli proposte assurde Se tu... aitare: se non ti alzi e non te ne vai con la mia maledizione, i miei 4

5 fratelli ti troveranno in questa casa. [...] certo lo sopporterei, che tu qui perda la vita, perché sei venuto a importunarmi con le parole; nessun parente né amico di potrà aiutare. La donna minaccia il giullare dell arrivo e della ritorsione dei suoi fratelli, se lo trovassero in casa a importunarla con questi discorsi. Il tono tuttavia suona un po debole, quasi un avvertimento più che una minaccia. La prima parte del vv. 108 è andata perduta. La persone indica il corpo vivo e, quindi, la vita. Sormonare significa letteralmente parlare, fare discorsi A meve... iente: non mi sono d aiuto amici né parenti: sono straniero, mia cara, in mezzo a questa buona gente Or fa... mente: ora è un anno, vita mia, che mi sei entrata nella mente (è passato un anno da quando mi sono innamorato di te) Di canno... feruto: da quando hai vestito il maiuto, bella, da quel giorno sono ferito (dall amore). Il maiuto è un panno grezzo, usato per gli abiti delle fanciulle di bassa estrazione sociale o dalle donne di servizio. La frase si presta a molteplici interpretazioni, soprattutto per quanto riguarda il maiuto: in ogni caso, il giullare dichiara di essersi innamorato della donna dal primo momento in cui l ha vista Ai!... sciamito?: ah ti sei innamorato tanto, tu, Giuda traditore, come se (il maiuto) fosse porpora, scarlatto o sciamito? Porpora, scarlatto e sciamito sono tessuti preziosi S a le Vangele... perfonno: se anche mi giurassi sul Vangelo che sarai mio marito, non potresti avermi in questo mondo: piuttosto mi butto nel profondo del mare. La donna asserisce che preferirebbe gettarsi in mare piuttosto che cedere al giullare. Il tema del giuramento sui Vangeli tornerà nelle strofe finali del componimento Se tu... pecare: se ti getti in mare, donna cortese e nobile, ti seguirò per tutta la marina e, quando sarai affogata, ti troverò sulla spiaggia solo per raggiungere questo scopo: voglio congiungermi a peccare con te. Misera, anegàseti e trobàrati sono condizionali siciliani; cortese e fina è una dittologia sinonimica tipica della lirica trobadorica. A questo punto il giullare tocca con mano la necrofilia: arriva infatti a dire alla donna che, anche se si lasciasse affogare in mare, lui ne seguirebbe il corpo per potervisi congiungere Segnomi... anch eo!: mi segno nel nome del Padre, del Figlio e di san Matteo: so che non sei eretico o figlio di giudeo, ma non ho mai sentito dire parole come queste. La donna, sentendo le parole blasfeme del giullare, fa il segno della croce. La citazione di san Matteo non è chiara: probabilmente si tratta dell autore del primo Vangelo, forse patrono della località in cui è ambientata la vicenda. Retico significa eretico ; la congiunzione e del v.128 ha valore avversativo Morta... disdotto: se la donna è morta, si perdono il piacere e il diletto. Saboro e disdotto è un altra coppia sinonimica tipica della lirica provenzale. [...] be llo mi sofero pèrdici la persone, ch a meve sè venuto a sormonare; 110 parente né amico non t àve aitare.» «A meve non aìtano amici né parenti: istrani mi so, càrama, enfra esta bona iente. Or fa un anno, vìtama, ch entrata mi sè n mente. Di canno ti vististi lo maiuto, 115 bella, da quello iorno so feruto.» «Ai!, tanto namoràstiti, tu Iuda lo traìto, como se fosse porpore, iscarlato o sciamito? S a le Vangele iùrimi che mi sia a marito, avere me non pòter a esto monno: 120 avanti in mare gìtomi al perfonno.» «Se tu nel mare gìtiti, donna cortese e fina, dereto mi ti mìsera, per tuta la marina, e da poi c anegàseti, trobàrati a la rena, solo per questa cosa adimpretare: 125 conteco m aio agiungere a pecare.» «Segnomi in Patre e n Filio ed i santo Mateo: so ca non sè tu retico o figlio di giudeo, e cotale parabole non udi dire anch eo! Morta sì è la femina a lo ntutto, 130 pèrdeci lo saboro e lo disdotto.» «Bene lo saccio, càrama: altro non pozo fare. Se quisso nonn-arcòmplimi, làssone lo cantare. Fallo, mia donna, plàzati, ché bene lo puoi fare. Ancora tu no m ami, molto t amo, 135 sì m ài preso como lo pesce a l amo.» «Sazo che m ami, àmoti di core paladino. Levati suso e vàtene, tornaci a lo matino. Se ciò che dico facemi, di bon cor t amo e fino. Quisso t adimprometto sanza faglia: 140 te la mia fede, che m ài in tua baglia.» «Per zo che dici, càrama, neiente non mi movo. Inanti prenni e scànnami: to esto cortello novo Se quisso... cantare: se non fai questo per me, smetto di cantare. Arcòmplimi significa letteralmente compi per me, a mio favore plàzati: ti piaccia Ancora tu... a l amo: tu non mi ami ancora, io ti amo molto, così mi hai preso come un pesce all amo. In pratica, secondo il giullare, la donna l avrebbe fatto innamorare di sé illudendolo, con tutto questo gioco di profferte e di rifiuti, così come illusoria è l esca usata dal pescatore «Sazo che m ami... paladino»: lo so che mi ami e io ti amo di amore sincero. Paladino qui significa sincero, nobile, come i paladini di Carlo Magno Levati suso... in tua baglia: alzati e vattene, torna domani mattina. Se fai per me ciò che ti dico, ti amerò con cuore nobile e buono. Ti prometto questo, senza inganno: credi alla mia buona fede, perché mi hai in tua balìa. Sanza faglia è un modo di dire della lirica cortese e significa senza fallo, senza inganno. Faglia è gallicismo Per zo che dici... cortello novo: proprio per quello che mi dici, cara mia, non 5

6 mi muovo affatto. Piuttosto prendi e scannami: tieni questo nuovo coltello. Il giullare rifiuta di andarsene proprio perché la donna ha dichiarato di amarlo. L urgenza del desiderio è tale da chiederle di scannarlo piuttosto che rimandare Esto fatto... un uovo: quest azione si può compiere più facilmente di quando si scalfisca un uovo. Cioè: impiegheresti meno tempo a cedere ai miei desideri che a rompere un guscio d uovo Arcompli... mi s infella: adempi il mio desiderio, amica bella, perché l anima si rattrista con il mio cuore. Talento e infella sono gallicismi; «amica bella» è invece un sintagma tipico della lingua amorosa, piuttosto diffuso nella lirica provenzale Ben sazo... arsura: so bene che la tua anima soffre come chi prova arsura (amorosa). Omo è forma impersonale Esto fatto... la testa: quest azione non può compiersi in nessun altro modo: se non hai i Vangeli, affinché possa dirti giura!, non puoi avermi in tuo potere; piuttosto prendi e tagliami la testa. Podesta è un latinismo. La donna è, in realtà, pronta a cedere: il giuramento sui Vangeli, da lei proposto, è reso blasfemo dall atto che verrebbe a legittimare Le Vuangelïe, càrama... patrino: i Vangeli, cara mia? Io li porto in seno: li ho presi al monastero, non c era il confessore. Il giullare dichiara, in pratica, di aver rubato i Vangeli; Ferroni avanza l ipotesi che il cantastorie in realtà finga semplicemente di averli con sé. Il patrino qui citato è il padre confessore Sovr esto libro... sutilitate: ti giuro su questo libro di non venirti mai meno. Compi il mio desiderio, per carità, perché la mia anima si va consumando. Non ti vegno meno significa non ti lascerò mai. Il giuramento è ovviamente fasullo e finalizzato al raggiungimento del solo piacere fisico. Stare in sutilitate significa consumarsi ; caritate e sutilitate sono due latinismi. Esto fatto far pòtesi inanti scalfi un uovo. Arcompli mi talento, mica bella, 145 ché l arma co lo core mi s infella.» «Ben sazo, l arma dòleti, com omo ch ave arsura. Esto fatto non pòtesi, per null altra misura: se non à le Vangelie, che mo ti dico: iura, avere me non puoi in tua podesta: 150 inanti prenni e tagliami la testa.» «Le Vuangelïe, càrama? Ch ïo le porto in seno; a lo mostero présile, non ci era lo patrino. Sovr esto libro iùroti mai non ti vegno meno. Arcompli mi talento in caritate, 155 che l arma me ne sta in sutilitate.» «Meo sire, poi iuràstimi, eo tuta quanta incenno; sono a la tua presenzia, da voi non mi difenno. S eo minespreso àioti, merzé, a voi m arenno. A lo letto ne gimo a la bon ora, 160 ché chissa cosa n è data in ventura.» a cura di M. Spampinato Beretta, in I poeti della scuola siciliana, vol II, Poeti alla corte di Federico II, dir. C. Di Girolamo, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2008, vol. II Meo sire... difenno: mio signore, poiché me l hai giurato, mi accendo tutta quanta. Sono davanti a voi, da voi non mi difendo più. Se ti ho disprezzato, pietà, mi arrendo a voi. La prontezza della donna dopo il giuramento è la conferma che in effetti la sua riluttanza era solo parte di una schermaglia amorosa. Le parole della fanciulla, l immagine dell incendio, la resa e la richiesta di pietà sono stilemi trobadorici, solitamente legati alla figura maschile. Minespreso ( disprezzato ) e merzé ( pietà, perdono ) sono gallicismi A lo letto... ventura: andiamocene a letto di buon ora, perché questo ci è stato dato in sorte. Il distico finale suggella la caduta di ogni resistenza da parte della donna e il compimento del desiderio. ANALISI DEL TESTO IN PRIMO PIANO I temi e le scelte stilistiche Affinità con la pastorella provenzale Il celebre contrasto di Cielo d Alcamo si configura come la schermaglia amorosa tra due personaggi che gli studiosi non hanno identificato con sicurezza: se la voce maschile sembra essere quella di un giullare (al v. 39 viene chiamato canzoneri), non è certo se quella femminile appartenga a una contadina o a un personaggio di rango superiore. Quello che è sicuro è invece il desiderio dell amore della donna provato dal cantastorie, che, in maniera sempre più pressante e blasfema, cerca di convincerla ad amarlo. La situazione presentata non è nuova, e sono evidenti alcune affinità con il genere della pastorella provenzale e francese: sul piano stilistico-compositivo, per la presenza del dialogo diretto; sul piano tematico, per la sfrontatezza delle richieste del giovane. Tuttavia, la pastorella d Oltralpe mette in scena normalmente un cavaliere, o un trovatore, e una contadina, e dunque il divario sociale tra i personaggi è notevole, ed è a vantaggio dell uomo. Qui, al contrario, l uomo è quasi sicuramente un giullare, mentre per quanto riguarda la donna non se ne conosce il rango. Tutto sommato questo contrasto sembra essere più vicino alla tenzone Domna, tant vos ai preiada, scritta dal trovatore Raimbaut de Vaqueiras, dove un giullare cerca di sedurre una popolana genovese. Anche il personaggio maschile di Rosa fresca aulentissima condivide questo scopo, mentre la donna reagisce con vigore, ora ritraendosi, ora rispondendo apertamente al giullare, senza mai celare completamente la possibilità di accettare il pretendente. La fanciulla inizialmente oppone infatti un rifiuto deciso (si veda, per esempio, la seconda strofa), per poi proporre al cantastorie di sposarla, se proprio la vuole avere (vv ), e quindi concludere chiedendo all uomo di giurarle sui Vangeli amore eterno e cedendo infine alle sue richieste. 6

7 Gli aspetti linguistici Lo scambio di battute avviene a ritmi serrati, in un alternanza regolare delle voci da una strofa all altra. La forma dialogica è sottolineata dall impiego diffuso di coblas capfinidas e di riprese più o meno estese tra un intervento e l altro. La lingua del giullare non differisce in alcun modo da quella della donna, come invece avviene nel contrasto bilingue di Raimbaut de Vaqueiras, cui già si è accennato. Entrambi infatti parlano un volgare siciliano diverso dal linguaggio poetico di Giacomo da Lentini e dagli altri poeti della corte di Federico II: si tratta di un linguaggio di registro più umile, popolare, che alterna, tuttavia, l uso di gallicismi, espressioni marcatamente cortesi e auliche, addirittura citazioni illustri a un lessico basso, dialettismi, modi di dire e doppi sensi; il linguaggio cortese è inoltre impiegato in senso parodistico e ironico. Tutto questo concorre a rendere più divertente e beffarda questa contesa, in cui l amore richiesto alla donna non è più quello, quasi mistico, tra un trovatore e una dama, ma si limita al mero atto sessuale. Per tornare al testo SPAZIO Comprensione e analisi COMPETENZE 1. Riassumi il contenuto del testo facendo attenzione ai mutamenti nell atteggiamento della fanciulla nei confronti del giullare: in quante fasi è divisibile il componimento? 2. La donna minaccia più volte di farsi monaca. Con quali parole esprime questa intenzione? Come reagisce il giullare? 3. Gli studiosi hanno discusso a lungo riguardo all identità della ragazza, per capire se si tratti di una nobile o di una popolana: raccogli i dati che vengono forniti su di lei nel componimento e tracciane una descrizione. 4. Cerca nel testo tutte le parole con cui il pretendente si rivolge alla fanciulla: a quale registro stilistico appartengono? 5. Nella seconda strofa vengono elencate alcune azioni che il giullare dovrebbe fare per provare a conquistare la ragazza: quale figura retorica viene usata? In che cosa consiste? Quale effetto ne risulta? Approfondimenti 6. Nella quinta strofa sono presenti chiari riferimenti al tempo in cui la poesia è stata scritta: delinea la figura dell imperatore di cui si parla e dei letterati che facevano parte della sua corte. (15-20 righe) 7

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