Andrea Conti. L esposizione

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1 Andrea Conti L esposizione Questo tutorial ha carattere meramente pratico, senza troppa teoria o cose che poi sul campo non hanno utilità immediata. Ciò nonostante, per forza di cose nella prima parte ci saranno più discorsi e meno esempi, ma se si avrà la pazienza di seguire si vedrà che non è affatto difficile. Questo HOWTO che consente di acquisire le basi per dominare con sufficiente dimestichezza l'esposizione, fonte delle più bieche parolacce che noi fotografi possiamo mai pronunciare dopo aver eseguito uno scatto. La differenza tra ora e dieci anni fa è che allora le parolacce si dicevano con un giorno di ritardo, ora si dicono subito. Rimane un fatto: se non si è in grado di esporre bene si rischia di diventare volgari, un valido motivo in più per impararla! L'esposizione è una parte (fondamentale) del processo fotografico che consente di dosare la quantità di luce totale che arriva sul sensore/pellicola attraverso l'obiettivo. Dico totale, perchè la luce può essere contemporaneamente quella dell'ambiente e quella del flash. Se ne arriva troppa non va bene. Se ne arriva poca non va bene lo stesso. Ne deve arrivare la quantità corretta. Abbiamo usato i termini "troppa", "poca", "corretta". Che vuol dire? "Corretta", "troppa", o "poca" rispetto a che? Domande più che legittime, a cui darò risposta nel seguito. Per capire meglio sin da subito, immaginate di avere sete, immaginate che la luce sia acqua, e che ci dobbiate riempire un bicchiere davanti a voi. Se ne versate poca non vi disseterete, se ne versate troppa la sprecherete e la farete debordare dal bicchiere stesso (e magari berrete troppo). La quantità "giusta" è un bicchiere d'acqua. Punto. Vedremo successivamente come trasportare questo concetto intuitivo in linguaggio fotografico. Ora andiamo per gradi e cerchiamo di capire perchè l'esposizione è tanto importante. L'importanza di esporre bene Uno scatto ben esposto è immediatamente fruibile. Infatti non occorre sprecare tempo davanti al computer per aggiustarlo, non occorre rovinare il file JPG nel tentativo di recuperare un'esposizione sbagliata. Avere lo scatto buon fin da subito consente, specialmente a chi inizia a fotografare, di riservare attenzione non alla postproduzione, ma alla selezione. E' molto più didattico ed utile avere 30 scatti tecnicamente buoni, tra cui poter scegliere con calma (ne andrebbero buttati 27), piuttosto che ammattirsi ad aggiustarli tutti e 30, stancandosi, e poi postarli su un sito senza accorgersi che forse andavano cestinati. Lo scatto buono fin da subito aumenta la capacità di autogiudizio. Uno scatto bene esposto consente di non sprecare pellicola e comunque (digitale o pellicola che sia) di non sprecare un'occasione di scatto. L'esposizione, insieme alla messa a fuoco è una delle cose che possono rovinare irrimediabilmente uno scatto irripetibile. Vedremo in seguito il significato dei termini "sovraesposizione" e "sottoesposizione", ma esporre bene consente di evitare bruciature nelle alte luci, oppure chiusure totali nelle ombre, permettendo di avere un fotogramma dettagliato e nitido. Il problema non è conservare questi dettagli perchè sono importanti in ogni caso. A volte si cerca appositamente la mancanza di dettaglio, ed è giustissimo farlo, è una scelta del fotografo/a più che legittima. E' importante capire però che i dettagli è importantissimo conservarli, perchè se si perdono è impossibile ricrearli dal nulla. Se chiudo totalmente un'ombra a causa di un'esposizione non corretta (nero pieno), non si recupera. Lo stesso (peggio) avviene con le alte luci. Si fa sempre in tempo ad alzare un'alta luce non bruciata, ma una volta che è bruciata, è impossibile abbassarla per recuperare dettaglio, al massimo la si può "ingrigire", ma il dettaglio perso è perso per sempre. Come diceva Beppe Grillo, è facile fare una zuppa

2 Andrea Conti, di pesce a partire da un acquario, ma è impossibile fare il viceversa. E' fisica. Credo che il concetto sia chiaro. L'esposimetro Tornando per un attimo all'esempio precedente, abbiamo convenuto insieme che è facile valutare la giusta quantità da versare quando ci chiedono un bicchiere d'acqua. Ciò è possibile sostanzialmente perche noi disponiamo di due cose: uno strumento di precisione la nostra esperienza Il nostro strumento di misura di precisione è il cervello (il mio purtroppo non è tanto preciso ma non mi lamento troppo... :-) ). Il cervello dice al braccio di sospendere l'azione di versare l'acqua. L'esperienza invece consente di adattare il processo di versare acqua in un bicchiere a tutti i tipi di bicchieri (e di liquido, non solo acqua). Sappiamo che se dobbiamo versare birra, dobbiamo riempire un bocale enorme esattamente fino all'orlo, e con la schiuma. Se versiamo acqua in un piccolo bicchiere da tavola dobbiamo riempirlo un pò sotto l'orlo. E così via per il cognac, la vodka, ed il vino rosso. Come direbbe Antonio Di Pietro: "Che c'azzecca tutto questo con la Fotografia"? C'azzecca e come. Vediamo. Anche l'esposizione è possibile per due cose: uno strumento di precisione la nostra esperienza Lo strumento di precisione si chiama "esposimetro", ed è presente nel 97% delle fotocamere utilizzate nelle foto di tutti i giorni. Se la macchina è regolata in automatismo, l'esposimetro è il "cervello" che misura e valuta la luce dicendo alla macchina prima e durante lo scatto quando le luce è sufficiente. L'esperienza è sempre l'esperienza. In base ad essa noi usiamo lo strumento di precisione per fare in modo da adattare la sua misurazione della luce alle più varie condizioni di luce ed in funzione dei risultati finali che vogliamo ottenere. Ad esempio se dobbiamo fotografare una sposa sappiamo per esperienza che dobbiamo ottenere il vestito esattamente bianco, nè grigetto nè bruciato. Se fotografiamo un gatto nero, nero deve essere. E così via. Spero il paragone tra l'acqua e la luce sia chiaro. Com'è fatto l'esposimetro? L'esposimetro si manifesta nel mirino in vari modi. Nelle macchine meccaniche possiamo trovare dei led luminosi o degli aghi che indicano la luce che entra. Nelle macchine più avanzate abbiamo nel mirino delle scale LCD che si muovono in tempo reale ad indicare la luce che entra. Bisogna fare riferimento al manuale della propria macchina. In ogni caso, qualunque esposimetro indica quando la luce "secondo lui" è corretta. Perchè secondo lui? Un motivo lo abbiamo gia visto e lo ripetiamo: lo strumento misura soltanto, e ci da un'indicazione sulla correttezza della luce misurata, non la verità assoluta; diciamo che ci sta dando il suo punto di vista. La nostra esperienza potrà suffragare questo suo punto di vista. Diciamo che l'esposimetro ci fornisce una misurazione "soggettiva" della luce, ovvero la luce "secondo lui". Il secondo motivo lo vedremo tra poco. Vediamo come misura la luce l'esposimetro, ovvero cerchiamo di capire il suo punto di vista. Misurazione della luce L'esposimetro misura la luce secondo un ben preciso riferimento, sarebbe l'orlo del bicchiere nel nostro esempio. Tale "orlo del bicchiere" si chiama "grigio medio" in gergo fotografico. Il grigio medio è una tonalità di grigio che non è nè troppo chiara nè troppo scura, media appunto. Ma allora noi possiamo misurare solo grigi? Ed i rossi, i verdi, i blu? No, l'esposimetro valuta tutti i colori secondo una tonalità "media". Tralasciamo i discorsi teorici ed andiamo sul campo. Toni medi perfettamente validi sono erba di prato cielo blu corteccia d'albero pelle abbronzata molte rocce asfalto consumato (non nuovo, qunado è nero) Nella prossima pagina, vediamo alcuni esempi. pagina 2 di 26

3 Il verde della vegetazione estiva è di tono medio. Per esporre questa foto correttamente basta misurare quel verde. Come si fa in pratica lo vedremo in seguito, ora mi interessa che impariate a riconoscere i toni medi a "prima vista". La corteccia di questo sughero e l'insetto stecco costituiscono un altro valido esempio ditono medio. Basta inquadrare e scattare. Esposizone corretta. Il cielo azzurro, specialmente verso nord, è di un perfetto azzurro medio. La pelle leggermente abbronzata è un perfetto tono medio. Basta misurarla e scattare.

4 Andrea Conti, Vediamo ora degli esempio di esposizioni "falsate", ovvero vediamo che succede se misuriamo toni NON medi. Supponiamo di essere davanti a questa scena: Il soggetto è un portone molto scuro. Se scattiamo otterremo questa foto: Vedete come è più chiara? L'esposimetro la vede come tono medio e fa del suo meglio per rendercela di quel tono. Altro esempio. In questa scena ci sono pareti con molti toni chiari. Anche qui, se scattiamo otteniamo questa foto: Vedete com'e più scura? L'esposimetro vede la scena come di tono medio e non fa altro che scurire quello che si trova davanti, riportandolo al tono medio. pagina 4 di 26

5 L esposizione Lo stesso succede se ci troviamo davanti a questa scena: La parete chiara illuminata direttamente dal sole è ben più chiara del tono medio, e la foto verrà così: Cioè più scura del tono medio. Abbiamo quindi scoperto cone questi esempi (e con quanto detto finora) che se noi misuriamo la luce su soggetti "medi", la misura è sempre corretta, perchè il loro tono è "medio". La foto sarà correttamente esposta, senza bisogno d'altro. Voi direte: "ma come, mi sono comprato una macchina da 1000 Eu e posso misurare correttamente solo cose di tono medio?" La risposta è si. Qualunque esposimetro vede il mondo come fosse di tono medio. In realtà le cose stanno leggermente meglio di come sembra pagina 5 di 26

6 Andrea Conti, e la tecnologia aiuta parecchio, vedremo che ci sono esposimetri sofisticati in grado si fare non una semplice misurazione ma anche operazioni leggermente più complesse (vedremo fra poco di che si tratta) che consentono di ovviare ad alcuni casi, ma solo alcuni. Riempite il mirino di qualunque esposimetro con una lavagna nera, per quanto sofisticato esso sia, la lavagna sarà di un bel grigio medio, non c'è niente da fare. Per fortuna la nostra esperienza ed il "ragionamento" (che nessuna macchina sofisticata potrà mai fare) ci consentirà di riportare la lavagna al nero corretto. Esercizio Vi propongo questo esercizio (io c'ho buttato tanti rulli di diapositiva, ma a qualcosa è servito spero). Andatevene in giro con la macchina, anche in casa, e misurate gli oggetti che vi capitano. L'importante è che riempiate bene con il mirino l'oggetto che avrete puntato, sia esso pelle, erba, legno, roccia, cielo, e così via (il perchè dobbiamo riempire il mirino con l'oggetto lo vedremo nelle prossime puntate, per ora fidatevi). Scattate in JPG, NON RAW. Guardate la foto a monitor SENZA (ri)toccarla (l'ideale sarebbe stamparla senza correzioni, io proiettavo la diapositiva). Se vi sembra più o meno come l'avete vista dal vero ci avrete preso (piccole differenze sono ammissibili). Se invece vedete la foto notevolmente più chiara o più scura rispetto a quanto ricordate, non vi allarmate. E' normale. Avete avuto a che fare per la prima volta in modo consapevole con un chiaro errore di esposizione. Ed avrete per la prima volta capito che l'esposimetro è solo uno strumento di misura. Sta a noi capire se fidarci di quello che dice oppure no. Vedremo come farci un'esperienza e come correggere la lettura dell'esposimetro, quando essa non è affidabile. L'importante è imparare a riconoscere e trovare il tono medio al volo in una inquadratura, è una delle abilità tecniche più preziose per un fotografo. pagina 6 di 26

7 L esposizione Modo d'esposizione Il "modo d'esposizione" consiste nel regolare il nostro strumento di misura della luce (l'esposimetro) per misurare la luce secondo una precisa modalità. Vediamo cosa significa con un esempio. Immaginiamo di essere davanti ad una scena mozzafiato di paesaggio di montagna, pareti rocciose, cielo, un laghetto con degli uccelli bianchi al centro. Magari ci siamo arrivati dopo una bella scarpinata e ci godiamo il meritato riposo davanti a tale scena. Ci accorgeremo che inizialmente la guardiamo globalmente nel suo complesso, assaporandola; poi ci attirerà magari una parte abbastanza centrale, magari il laghetto che si trova proprio davanti a noi; infine concentreremo l'attenzione su un piccolo dettaglio, ad es. l'uccelo bianco posato sull'acqua, o una piccola macchia verde sul costone roccioso. Il processo di esaminare una scena globalmente, poi un parte, poi un dettaglio di una parte è tipico del processo cognitivo visivo. Lo stesso accade con il processo cognitivo che è possibile fare con la luce. L'esposimetro permette di esaminare e valutare la luce su tutta la scena inquadrata, su una sua parte, o su un piccolo dettaglio. E noi possiamo scegliere una di queste tre possibilità. Riempire bene il mirino con l'oggetto durante l'esercizio era necessario perchè esso fosse indipendente dal modo d'esposizione impostato o dal tipo di macchina in vostro possesso. Con qualsiasi modo d'esposizione, se nel mirino c'è solo tono medio,la foto è correttamente esposta, basta scattare. Iniziate a sospettare il perchè sia importante avere toni medi nella scena, è comodo. Vi è mai capitato di farvi fare delle foto da qualche fotografo e lui vi abbia detto: "Non ti vestire con maglione nero, o camicetta rosa pallido, o cappotto bianco". Ora sapete il motivo. Quel fotografo era pigro e non voleva rischiare di sbagliare esposizione puntando l'esposimetro sul vostro abbigliamento. Le tre singole modalità d'esposizione si chiamano: Matrix Semispot (Media a prevalenza centrale) Spot Non tutte sono presenti su tutte le fotocamere. Come regola generale (ovviamente non posso conoscere tutti i modelli presenti sul mercato) tutte le moderne fotocamere digitali ed analogiche hanno il matrix ed il semispot (anche le compattine), quasi tutte lo spot. Le fotocamere analogiche meccaniche ed automatiche non hanno il matrix, ma hanno il sempispot, le migliori hanno anche lo spot. Per trovare come impostare le tre modalità di esposizione dovete trovare dei simbolini normalmente presenti sulle fotocamere per contrassegnarle. Fate riferimento al manuale della vostra fotocamera, ma dovreste trovare dei simbolini che ricordano vagamente questi: Matrix Semispot Spot Vediamo ora come funziona in teoria ciascun modo d'esposizione. Più tardi metteremo in pratica queste nozioni. pagina 7 di 26

8 Andrea Conti, Spot E' il modo più antico, presente fin dalle Leica a telemetro (le prime l'esposimetro neanche ce l'avevano). Lo spot è un modo che consente di misurare la luce su una parte piccolissima della scena. Normalmente l'area di misura è contrassegnata con un circoletto al centro del mirino, che può essere grande il 2-3% di tutto il campo inquadrato. Impostando lo spot si può concentrare tutta la capacità di lettura della luce solo su un certo particolare della scena inquadrata, escludendo tutti gli altri. Ad es. si può misurare la luce sulla piume bianche dell'uccello nel lago stando comodamente seduti sulla panchina a 100 metri dalla riva, senza bisogno di avvicinarsi troppo e di far scappare il volatile. Lo spot è molto comodo e pratico (ma non facile da usare, come vedremo dopo), perchè permette di non riempire affatto il mirino col soggetto dell'esposizione, non occorre avvicinarsi ad esso. Vediamo un esempio: Ho fatto ieri questa fotografia sul lungotevere. Volevo misurare solo la foglia a dx illuminata dal sole, ma non potevo avvicinarmi per riempire il mirino con essa, perchè era oltre il parapetto. Non sapendo ancora volare, ho messo lo spot, l'ho misurata ed ho scattato. Semispot Il semispot (detto anche "media a prevalenza centrale") è un modo d'esposizione che concentra la lettura della luce sul 20-25% del campo inquadrato dall'obiettivo. Nel mirino c'è un cerchio più grande, concentrico a quello dello spot, che delimita tale area. In realtà la misura con il modo semispot tiene in considerazione anche la luce che cade al di fuori di tale cerchio, ma con importanza minore, cioè la macchina fa una "media pesata" fra le ciò che è dentro al cerchio e ciò che è fuori. Diciamo che l'80% della sensibilità dell'esposimetro viene concentrato nell'area centrale (che appunto copre il 20% del campo inquadrato). Per capirlo meglio con un esempio pratico, è come quando noi guardiamo il laghetto di prima; L'80% della nostra attenzione è concentrato su una parte della scena, il 20% che rimane intorno non lo guardiamo direttamente, ma percepiamo la sua presenza con chiarezza con la visione periferica. Questo modo è utile quando non serve misurare chirurgicamente un piccolo particolare di una scena escludendo gli altri, ma quando dobbiamo misurare una parte significativa, tenendo presente anche il resto, ad es. il corpo di una modella contro uno sfondo, oppure la parete rocciosa contro il cielo. Vediamo un esempio. pagina 8 di 26

9 Anche questa l'ho scattata ieri in una chiesa di Roma sull'isola Tiberina. Non volevo che la foto risultasse troppo chiara, visto che l'intero era proprio scuro. Per mantenere l'atmosfera del luogo ho puntato il semispot in alto, sulla parte dorata, ed ho scattato. La parte dorata è venuta di un ottimo giallo medio. Matrix Il matrix è il metodo d'esposizione più moderno e sofisticato, e si usa in genere quando non abbiamo il tempo di pensare (nel reportage spessissimo non ce n'è) troppo alla tecnica. Si scatta affidandosi all'automatismo. La scena viene letta e valutata su tutto il campo inquadrato. Detto in modo semplificato ma corretto, la macchina misura la scena in vari punti, e poi decide quali sono importanti e quali no, calibrando l'esposizione per le zone che lei ritiene importanti. Voi direte: come fa la macchina a sapere quali sono le zone importanti? In realtà non lo sa affatto (se non lo sappiamo noi, figuriamoci se lo sa lei!), la macchina fa una sua stima, un suo "ragionamento". Diciamo che ha una specie di memoria interna che gli dice quali sono le zone importanti. Come diceva Antonio Lubrano: "La domanda nasce spontanea"; uno dice: "vabbè, allora che mi frega, visto che c'ho il matrix, che è automatico e capisce pure quali zone contano in una foto, metto in RAW, scatto sempre in matrix e finisco di leggere 'sta rottura di tutorial" :-) E' possibile avere un atteggiamento del genere, se non fosse che un matrix perfetto (per quanto sia in effetti ottimo) ancora non l'hanno inventato. Il matrix spesso apre le ombre in modo eccessivo perchè pensa che il soggetto siano le ombre, oppure chiude le alte luci troppo perchè pensa che il soggetto ne abbia troppe, quando noi invece le volavamo belle alte. In sostanza, il Matrix ha il difetto di pretendere di essere "pensante" (sappiamo bene che gli unici esseri pensanti siamo noi umani) mentre in realtà è spesso imprevedibile. Certo, ha delle tendenze ben definite, ad es. spesso basta sottoesporre sistematicamente per ottenere buoni risultati, ma non è una regola certa. Uno dice: "vabbè, ma io le ombre e le luci me le apro e chiudo come mi pare, scatto in RAW ed in Photoshop aggiusto tutto dopo lo scatto". Se fatto "consapevolmente" questo è un atteggiamento leggittimo ed anche valido, perchè ha i suoi pregi (ma anche i suoi difetti). Però se è fatto

10 Andrea Conti, inconsapevolmente si rischia di toppare irrimediabilmente lo stesso lo scatto, anche in RAW. Vi faccio vedere un mio errore: Qui ho esposto in Matrix scattando senza pensare, affidandomi alla macchina. Ma non avevo fatto i conti col tempo di scatto. Il posto era buio e scuro, la macchina ha fatto il suo dovere, riportando tutto al tono medio, ma per questo la foto è venuta mossa, da buttare. Ed era da buttare pure in RAW. Quindi di nuovo, l'esposizione bisogna considerarla, sempre. Se non avete capito perchè la foto è venuta mossa, non vi preoccupate. Il perchè ancora non ve l'ho detto per non anticipare alcune cose, ma vi sarà chiaro nel seguito, per ora fidatevi. Un esempio in cui il Matrix è affidabile: Quando ci sono fortissimi contrasti e ben bilanciati nella composizione, normalmente il Matrix ci prende ed è affidabile. Qui ho usato anche il flash per riempire le ombre del controluce. pagina 10 di 26

11 L esposizione Consiglio Lo spot ed il semispot permettono di avere la certezza del risultato (avendo la necessaria esperienza, ovviamente). Sono prevedibili, assolutamente. State imparando ad esporre, quindi vi consiglio di usare normalmente il semispot tutte le volte che potete; se non vi potete avvicinare troppo all'oggetto dell'esposizione usate lo spot. Altrimenti, se volete, usate pure il matrix, ma poi non mi venite a chiedere perchè la foto è venuta troppo chiara :-) La risposta purtroppo non ce l'ho, bisognerebbe chiederlo alla macchina, che ha fatto il "ragionamento" :-) Il matrix io lo uso molto in realtà, è una gran cosa, abbinato al flash TTL specialmente, ma lo uso sapendo quando mi dà misure affidabili e quando invece non è il caso di usarlo. Come si misura la luce Vediamo come si usa l'esposimetro in pratica. Questo argomento è fortemente dipendente dalla fotocamera, fate riferimento anche al manuale di istruzioni. In tutte le fotocamere c'è un'indicazione di quando l'esposizione secondo l'esposimetro è corretta e di quando non lo è. Mettete la macchina in manuale (così è più facile capire), individuate le rotelle o i controlli di tempi e diaframmi e guardate nel mirino. Normalmente c'è una scala con dei valori, simmetrici rispetto ad un valore centrale, e contrassegnati con i simboli "+" e "-". Nelle macchine meccaniche ci possono essere tre semplici led luminosi, uno sotto rosso, uno al centro verde, ed uno sopra rosso. In ogni caso c'è sempre un valore centrale, zero, questo c'è in tutte le macchine. Inquadrate nel mirino e muovete tempi e diaframmi; vedrete muoversi degli indicatori oppure accendersi dei led. Magari ci metterete un pò, ma quando tali indicatori sono fermi al valore centrale (o il led verde, nel caso della macchina manuale, si accende) l'esposimetro ci sta dicendo: "Ok, basta così, è questa l'esposizione corretta". Voi non dovrete far altro che scattare. Avrete misurato la luce. Ma ancora non l'avrete valutata voi, l'ha fatto per voi la macchina. E non è detto che questo sia corretto. pagina 11 di 26

12 Andrea Conti, Ed ecco alcuni esempi. Ho misurato le foglie in spot ed ho scattato. Poichè dalla misurazione è stato escluso lo sfondo in ombra, esso è venuto nero, come doveva essere. Ho scattato la prima foto in Matrix, per non perdere l'attimo. Ma non mi sono fidato (ed ho fatto bene, perchè è venuta troppo chiara, la macchina ha aperto troppo le ombre). Ho scattato subito dopo, stavolta misurando in spot l'azzurro cielo a dx, ecco il risultato, che è quello da me ricercato e corretto. pagina 12 di 26

13 L esposizione Stessa situazione: prima esposizione Matrix: Poi spot sulle parti illuminate: pagina 13 di 26

14 Andrea Conti, Infine un esempio di due esposizioni, entrambe insoddisfacenti. Prima foto in matrix: Le persone hanno i contorni troppo bruciati, la macchina ha aperto troppo le ombre. Vediamo lo scatto misurando in spot il prato illuminato in controluce: Questa è venuta troppo scura, me le persone sono correttamente esposte. Io preferisco questa all'altra, ma nessuna delle due è perfetta. Bisognava esporre in spot E compensare. A corollario di quanto detto, ed anche in base a quanto rilevato dai dubbi di alcuni utenti che non hanno a disposizione lo spot, aggiungo che chi non ha lo spot, se lo può fare "in casa", ovviamente solo con foto di paesaggio o comunque di soggetti statici. Infatti, basta impostare il metodo semispot (o matrix), mettere sulla fotocamera lo zoom più potente che avete, zoomate alla focale più lunga fino a riempire il mirino con il particolare che vi interessa misurare e prendete nota mentalmente dell'esposzione (tempo e diaframma). Smontate l'obiettivo, montate quello con cui dovete scattare (o lasciate quello lì, se è quello giusto), e scattate con la macchina in manuale impostando la stessa coppia tempo/diaframma che vi siete appuntati mentalmente prima. Il processo è lento e macchinoso, ma funziona egregiamente, ovviamente è impraticabile nella foto d'azione. pagina 14 di 26

15 Tempi e diaframmi Se avete letto attentamente l'ultimo paragrafo della volta scorsa, quello prima degli esempi, vi deve essere saltato all'occhio una cosa strana, ho detto "muovete tempi e diaframmi". Anche nel precedente paragrafo ho nominato il termine "coppia tempo/diaframma". L'attento lettore dirà subito: "Che accidenti sono quest coppie e tempi e diaframmi?" Eccolo accontentato. Andiamo sempre su esempi pratici, come al solito. La luce è come l'acqua, ricordate? Se dovete far arrivare un certa quantità d'acqua (ad esempio per riempire un bicchiere o per lavarvi), avete due possibilità : aprire di molto il rubinetto, ma per poco tempo oppure aprire di poco il riubinetto, ma per molto tempo. Nei due casi avrete sempre la stessa quantità d'acqua. Certo che se dovete sbirgarvi (è tardi e dovete uscire) adotterete la prima soluzione, se ve la prendete comoda allora fate pure con la seconda. Con la luce è la stessa cosa, solo che il "rubinetto" si chiama "diaframma" (il tempo è sempre il tempo, e si misura in secondi o frazioni di secondo, ad es. 1/125 di sec.); il diaframma non è altro che un buco attraverso cui passa la luce, e noi possiamo regolare la sua dimensione aprendolo o chiudendolo, esattamente come un rubinetto. Il simbolo del diaframma è "f/" seguito da un numero, maggiore è il numero e maggiore è la chiusura del diaframma. Ad es. il diaframma f/16 è più chiuso di f/8. Il significato di questi numeri è al di fuori dagli scopi del tutorial, vi basti sapere la differenza tra un diaframma aperto ed uno chiuso. Sull'obiettivo montato sulla vostra macchina avete una serie di numeri che possono partire da f/1.8 ed arrivare fino a f/22, questi sono proprio i valori di apertura del diaframma possibili con quell'obiettivo. Gli obiettivi che partono da valori di diaframma molto piccoli (ad es. 1.4) sono detti "luminosi", sono molto utili e consentono di scattare con pochissima luce, proprio perchè il diaframma si può aprire tantissimo in modo da far entrare parecchia luce. Un 50 f/1.4 o 1/8 è un obiettivo essenziale nel corredo di ogni fotoamatore, leggero, luminoso, compatto, economico e di grande qualità. Compratene uno per pochi soldi, anche usato, e portetelo sempre con voi, vi risolverà un mucchio di situazioni. Allo stesso modo dell'acqua, una determinata quantità di luce può entrare attraverso l'obiettivo fino al sensore/pellicola in due modi: aprire molto il diaframma per poco tempo oppure aprire poco il diaframma per molto tempo. La quantità di luce totale che entrerà sarà sempre la stessa, ma se dovete usare tempi veloci (per evitare il mosso ad es.) userete la prima strada, altrimenti la seconda (se volete foto mosse). Il diaframma regola anche altre cose (la profondità di campo ad es, o le aberrazioni dell'obiettivo), ma questo è fuori dagli scopi di questo tutorial.

16 Andrea Conti, Automatismi I tempi e diaframmi si regolano indipendentemente gli uni dagli altri se si imposta la macchina in manuale (simbolo comunemente presente sulla fotocamera: "M", fate riferimento alle vostre istruzioni). Altrimenti esistono gli automatismi. In tutti i casi, alla macchina deve arrivare sempre una precisa quantità di luce, determinata dalla misura dell'esposimetro. Automatismo a "Priorità di Tempi" (Simbolo "S") Noi scegliamo un tempo, e la macchina sceglie il diaframma. E' come se noi diciamo al lavandino: "guarda, io ci voglio mettere un minuto a lavarmi". (adesso penserete che io sono un pazzo che la mattina parla coi lavandini e si lava in un minuto... falso :-) ). Ed il lavandino apre il rubinetto quanto basta per avere la quantità d'acqua che mi serve in un minuto. Automatismo a "Priorità di Diaframmi" (Simbolo "A") Noi scegliamo un diaframma e la macchina decide il tempo. E' come se io dico al lavandino: "guarda, io voglio poca acqua per lavarmi" (lo sapevo, ora penserete pure che mi lavo con poca acqua... :-) :-) ). Ed il lavandino apre il rubinetto per un tempo sufficiente a lavarmi con poca acqua. Automatismo a "Program" (Simbolo "P") Questo lo vediamo più avanti, dopo aver introdotto il concetto di "stop". Uso degli automatismi L'automatismo più utile per la maggior parte delle foto è quello "A", io lo uso nel 95% delle foto che faccio in automatismo. Oppure in manuale direttamente. Il manuale è molto utile con il flash (lo abbiamo visto nel precedente tutorial), oppure quando vogliamo controllare direttamente la fotocamera, oppure semplicemente perchè abbiamo sotto le mani una splendida fotocamera meccanica in metallo, tipicamente ad esposizione manuale. L'automatismo "S" è utile quando volete imporre un certo tempo d'esposizione, ad es. per fermare un aereo in volo o un uccello in volo. La stessa cosa la potete fare con l'automatismo "A": - se volete tempi brevi --> aprite il diaframma - se volete tempi lunghi --> chiudete il diaframma Stop Abbiamo visto che l'apertura del diaframma si misura con un numero. Partendo da f/1.8, la sequenza di numeri possibili per il diaframma è questa (verificate la scala su un 50 f/1.8): f/1.8 è l'apertura massima dell'obiettivo. f/22 è l'apertura minima (ci sono ovviamente obiettivi che arrivano a valori estremi differenti, ma la sequenza è sempre questa ). Tra un numero e l'altro la quantità di luce che entra raddoppia o si dimezza, e questa quantità si chiama "stop". Tenendo fermo il tempo, ad es ad 1/125 di sec, se passo da f/16 ad f/11 si dice che apro il diaframma di uno "stop", e sto raddoppiando la quantità di luce che entra. Se passo da f/11 ad f/16 si dice che chiudo il diaframma di uno "stop", e sto dimezzando la quantità di luce che entra. Allo stesso modo per i tempi. tenendo fermo il diaframma, ad es. ad f/16, passando da 1/125 di sec. ad 1/60 di sec. sto allungando il tempo di uno "stop", viceversa se lo dimezzo da 1/125 ad 1/250. Coppie equivalenti, automatismo "P" Abbiamo visto che l'esposizione è determinata dalla quantità di luce che l'esposimetro misura e che noi facciamo passare attraverso il diaframma per un certo tempo. Ovvero, l'esposizione è determinata da una precisa coppia tempo/diaframma. Ad es., l'esposizione corretta per un soggetto in pieno sole (a 100 ISO) è 1/125 di sec. ad f/16, in forma abbreviata 1/125@f/16. Ma questo non pagina 16 di 26

17 L esposizione significa che dobbiamo per forza scattare con questa coppia. Per il discorso dell'acqua e del rubinetto fatto prima dovrebbe essere evidente che se io apro un pò il diaframma e diminuisco un pò il tempo ottengo sempre la stessa esposizione (la stessa quantità d'acqua, ricordate?). Cioè, se io ad es. parto da 1/125@f/16, apro di uno stop il diaframma e chiudo di uno stop il tempo (si guardi la scala degli stop vista nel paragrafo precedente), ottengo la coppia 1/250@f/11, e sempre la stessa esposizione. 1/125@f/16 ed 1/250@f/11 si dicono "coppie equivalenti", perchè danno la stessa quantità di luce, cioè la stessa esposizione. Anche 1/60@f/22 è equivalente ad esse. A che serve sapere queste cose? Serve ad avere consapevolezza di quello che stiamo facendo quando usiamo la macchina in manuale, ed a capire l'automatismo "P" (Program). Questo automatismo misura la luce e prende una coppia qualsiasi tra tutte le equivalenti, scattando con quella da lui prescelta. Molte macchine danno la possibilita di variare la coppia equivalente girando una rotella. Scattare in Program, Matrix ed autofocus significa affidarsi completamente alla macchina, la quale fa tutto lei. Esercizio Mettete la macchina in manuale. Misurate l'esposizione di una scena qualsiasi, segnatevi la coppia tempo/diaframma e scattate. Ora cercate alcune le coppie equivalenti e scattate di nuovo. Otterrete sempre la stessa foto esposta nello stesso modo. pagina 17 di 26

18 Andrea Conti, Compensazione Arriviamo finalmente alla "compensazione" dell'esposizione. La "compensazione" non è altro che il ragionamento che facciamo noi per agggiustare la misurazione fatta dall'esposimetro, la quale abbiamo visto essere valida e corretta solo per soggetti di tono medio. E se in una scena il tono medio non c'è? Questo capita spessissimo, ed ancor più spesso capita che il tono medio c'è, ma non si ha il tempo di misurarlo. Ad es. in questa scena: Il tono medio ci sarebbe pure, ma prima che metto lo spot, misuro, ricompongo e scatto le ragazze se ne sono accorte ed io ho perso lo scatto. Però conoscendo la macchina so che la colonna bianca al centro, in bieno sole, provocherà sicuramente una sottoesposizione (facendomi perdere i dettagli delle ombre e delle ragazze), in quanto l'esposimetro riporta tutto al valore medio, ricordate? Giudico tale sottoesposizione in uno stop o giù di lì, ed allora che faccio? "Compenso" l'esposizione della macchina aprendo di uno stop rispetto alla misurazione che la macchina mi darà. Che faccio in sostanza? Vedo la scena da lontano, previsualizzo l'inquadratura in base all'obiettivo che ho montato (in questo caso un 28), imposto la correzione dell'esposizione a +1 (la prossima volta vedremo nel dettaglio tutto quanto), mi avvicino alla distanza che ritengo giusta, alzo la macchina e scatto in una frazione di secondo. Ecco il risultato, direttamente in jpg dalla macchina, pronto per l'uso: pagina 18 di 26

19 L esposizione Proseguiamo adesso dando ampio spazio a casi pratici, che sono il modo migliore per imparare e mettere in pratica i (forse troppi) concetti teorici visti fino a questo momento. Prima iniziamo però dalla domanda che ci eravamo posti : "E se nella scena il tono medio non c'è?" In questo caso bisogna trovare un "sostituto" del tono medio. Il sostituto si trova o misurandolo da un'altra parte della scena (che sia illuminato però dalla stessa luce) o portandoselo da casa. Infatti due sono i casi possibili: - misurare il palmo della propria mano (facendoci cadere la stessa luce del soggetto) ed aprire di uno stop (per pelli chiare di più, per pelli scure di meno). - utilizzare il "cartoncino grigio". Questo cartoncino è di un perfetto grigio medio e si può trovare in varie forme e misure. Si mette il cartoncino sulla stessa luce del soggetto, si musura l'esposizione ed il gioco è fatto. Uno dice: "Vabbè, ma prima che faccio tutte 'ste cose, la foto me la sono persa." Vero, ma il bello è che se la luce non cambia, questa cosa si fa una volta sola. Specialmente nelle giornate con cielo coperto (ma anche di pieno sole) la luce è costante, perchè misurare ogni volta l'esposizione? Lo fanno anche i fotografi di sport. Se la luce è costante, misurano il prato verde o il cartoncino medio, impostano una coppia tempo/diaframma, e non ci pensano più. E se la luce cambia? Oppure se non voglio usare il metodo di sostituzione? Occorre compensare. Vediamo i casi pratici. pagina 19 di 26

20 Andrea Conti, Casi pratici Iniziamo dicendo che l'esposizione deve tener conto del soggetto, il soggetto deve essere valorizzato dall'esposizione. Valorizzato non significa "visibile" per forza, ma "reso interessante", concetto ovviamente soggettivo. Non esite l'esposizione "giusta" tout court, ma l'esposizone corretta per il soggetto ripreso e per il fotografo che riprende. Vediamo due esempi di compensazione di una stessa scena per far capire cosa stiamo dicendo. Ovviamente tengo a precisare di nuovo che tutte le foto di questo tutorial (e di tutti gli altri) sono solo esempi, non vogliono essere (e non sono) belle foto, servono solo a far capire i concetti in maniera pratica. Vediamo: Scena d'aeroporto. Il soggetto è la ragazza ovviamente. La prima esposizione è fatta misurando la luce dell'interno. Si punta l'esposimetro spot su una zona media (ad es. il giaccone appoggiato vicino a lei), si memorizza l'esposizione (il blocco dell'esposizione lo vediamo dopo) e si scatta. La ragazza è visibile ed anche l'esterno lo è, ovviamente più chiaro. Vediamo un'altra interpretazione della stessa scena. Ora l'esposizione è presa per fuori (ad es. si misura la coda rossa dell'aereo). Tutta la scena è più scura, forse più coinvolgente e misteriosa. La ragazza è meno visibile, ma le luci sul libro ed i capelli evidenziano maggiormente la sua concentrazione nella lettura. Insomma, il soggetto è meno visibile, ma è valorizzato. Voi quale avreste scattato? pagina 20 di 26

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