Cover Story. Mediterraneo: il fronte sud dell economia. Interviste. Interventi. Paolo Cornetto Ketty Corona Stefano Silvestri Paolo Zegna

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1 Anno VII - 1/2013 Interviste Paolo Cornetto Ketty Corona Stefano Silvestri Paolo Zegna Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento Postale D.L. 353/2003(CONV.INl.27/02/2004 N 46) Art.1,comma 1 DCB Milano Roserio. In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di Roserio per la restituzione al mittente previo pagamento resi. Interventi Sergio de Nardis - Nomisma Cover Story Mediterraneo: il fronte sud dell economia

2 2 Mediterraneo: il fronte sud dell economia di Domenico Greco Le imprese italiane e i processi d internazionalizzazione nel Mediterraneo, regione dalle svariate risorse, caratterizzata da consumi in espansione e a noi vicina nello spazio e nella cultura Un ponte privilegiato per il Sistema Italia Intervista a Paolo Zegna Confindustria: l attività istituzionale e il supporto alle imprese per cogliere potenzialità di sviluppo che il nostro paese non può permettersi di trascurare Dialogare con la storia per aprire al futuro Intervista a Stefano Silvestri Solo un approccio di Sistema Paese consente di sfruttare appieno le opportunità offerte dalla maggiore apertura alla globalizzazione e da una storica vicinanza culturale Protagonisti sulle vie del mare Intervista a Paolo Cornetto La domanda interna in crescita spinge l evoluzione dal puro sourcing al bilanciamento degli scambi. Per continuare a giocare un ruolo da protagonista l Italia deve migliorare le infrastrutture a supporto del trasporto marittimo GLOB NEWS Anno VII - N. 1 luglio 2013 Reg. Tribunale di Milano n. 493 del 06/09/2007 Direttore responsabile: Antonia Negri-Clementi L innovazione che accorcia le distanze Intervista a Ketty Corona Forme possibili di cooperazione sul fronte della ricerca, per introdurre innovazione tecnologica nei processi produttivi dei paesi vicini Integrare le differenze di Sergio de Nardis Dirigere le esportazioni e gli investimenti produttivi nelle aree in rapido sviluppo, sfruttando gli spazi di differenza che caratterizzano la catena del valore, con il sostegno adeguato della politica e della diplomazia GLOBAL STRATEGY S.r.l. Via Durini, Milano Tel Fax info@globalstrategy.net Stampa: Print 2000 Srl Albairate (Milano) COPIA GRATUITA di questo numero sono state stampate 3800 copie

3 3 Editoriale Antonella Negri-Clementi Piero Cannas «Ci sono cattivi esploratori che pensano che non ci siano terre dove approdare solo perché non riescono a vedere altro che mare attorno a sé» (Sir Francis Bacon) Punti di Vista Non sappiamo con certezza quale siano state le cause scatenanti, non indolore è stata senz altro la confisca delle proprietà italiane in Libia operata da Gheddafi nel 1970, pochi mesi dopo il colpo di stato che lo portò al potere. E vero però che tranne rarissime eccezioni - vedi l ENI per ragion di petrolio - l Italia imprenditoriale ha negli ultimi 40 anni completamente voltato le spalle ai paesi della sponda sud del mediterraneo, focalizzando i suoi investimenti esteri e i suoi sforzi commerciali in termini di sistema verso tutt altre latitudini. Il quotidiano bombardamento di notizie sull avanzare e sull acuirsi della crisi economica, finanziaria e occupazionale ci impone la ricerca di spunti prospettici e proposte operative per reagire alla dinamica strutturale che ci colpisce, che ci obbliga di fatto a non ridurre l ambito del nostro pensiero ai confini nazionali, bensì ad aprirci verso nuovi mercati in forte crescita e sviluppo. L involuzione del nostro paese, unita agli attuali scenari macroeconomici, richiede di fatto un cambio di prospettiva, di punti di vista appunto. Certo è che gli avvenimenti degli ultimi anni, e di questi giorni con la crisi egiziana, destano non poche apprensioni nell imprenditore desideroso di investire nella sponda africana del mediterraneo. Ma ormai non esistono più paesi dove sfruttare opportunità mordi e fuggi : in qualunque paese si decida di investire, lo scenario di riferimento è sempre di medio periodo, e in quest ottica andrebbero letti, secondo noi, gli avvenimenti e gli assestamenti geopolitici di questi anni. E comunque necessario ponderare e valutare con estrema cura il rischio, ma qualcosa va fatto. Possiamo continuare a rinunziare a un area di circa 600 milioni di abitanti, 600 milioni di vicini di casa, ai quali manca molto e serve quasi tutto? Mentre tutti gli altri paesi si affacciano, più meno aggressivi, al mercato di sviluppo dei prossimi 30 anni, che fanno le imprese italiane? In quest occasione vogliamo quindi discutere in termini propositivi e su scala internazionale alcune opportunità di sviluppo localizzate nel bacino del Mediterraneo e concretamente attivabili dal nostro Sistema Paese. Questo numero di GLOBNews accoglie i contributi di Paolo Zegna - Presidente del Comitato Tecnico per l internazionalizzazione di Confindustria - di Stefano Silvestri - Presidente dell Istituto Affari Internazionali - e Sergio de Nardis - Chief Economist di Nomisma - che ci offrono riflessioni e stimoli dai loro osservatori privilegiati. E le interviste a Paolo Cornetto - Managing Director di Seago Line (Gruppo Maersk) - che beneficia di una visione globale sui trend di business dell intera area, e Ketty Corona - Presidente di Sardegna Ricerche - che ci illustra possibilità di valorizzazione del nostro patrimonio di competenze anche in chiave di sfruttamento delle potenzialità espresse dal Mezzogiorno. In qualità di esperti e operatori autorevoli, ci hanno aiutato a confortare e affinare il pensiero strategico e la nostra considerazione in merito alle rilevanti opportunità di cui le imprese italiane potrebbero beneficiare sulle altre sponde del Mediterraneo, lasciandoci tutti con una forte convinzione: è tempo di cambiare i punti di vista.

4 4 Mediterraneo: il fronte sud dell economia di Domenico Greco «Quando si pensa all umana compiutezza, all orgoglio e alla fortuna di essere uomini, il nostro sguardo si volge al Mediterraneo» (G. Duby) Domenico Greco Mediterraneo significa in mezzo alle terre : tra l Europa meridionale, l Africa settentrionale, il Medio Oriente e l Asia Minore. E come descrive Benita Ferrero- Waldner, già Commissario per le Relazioni Esterne e la Politica Europea di Vicinato, è luogo di nascita delle tre religioni monoteiste e crogiolo di civiltà, culture, onde di migrazioni e commercio, la storia del Mediterraneo è indistinguibile da quella dell Europa. Il bacino del Mediterraneo è il luogo dove il nord incontra il sud e l est incontra l ovest. In quanto regione di convergenza di tre continenti, è molto di più di un semplice confine dell Unione Europea. Prima di affrontare il significato del Mediterraneo come fronte sud per la nostra economia, è necessaria una premessa sulla visione dell Unione Europea circa i rapporti con i paesi non membri che si affacciano su questo mare. La politica europea di vicinato Nel novembre 1995 i rappresentanti dei paesi dell Unione Europea e quelli di dodici partner mediterranei (Algeria, Cipro, Egitto, Grecia, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia e Autorità palestinese) firmano la Dichiarazione di Barcellona, dove sottolineando l importanza strategica del Mediterraneo e volendo conferire alle loro future relazioni una nuova dimensione, basata su una collaborazione e solidarietà globali, consona alla natura privilegiata dei vincoli forgiati dalla vicinanza e dalla storia [ ], convengono di stabilire un partenariato economico e finanziario che, tenendo conto dei diversi gradi di sviluppo, sia volto a: instaurare gradualmente una zona di libero scambio; attuare un opportuna cooperazione economica e un azione concertata nei settori pertinenti; potenziare sostanzialmente l assistenza finanziaria dell Unione Europea ai suoi partner. Si danno un programma di lavoro riguardo a politica, sicurezza, settore sociale, culturale e umano, e naturalmente aspetti economico-finanziari. A questo proposito vengono stabiliti i punti sui quali si concentrerà prioritariamente la cooperazione in tema d industria, agricoltura, trasporti, energia, telecomunicazioni e tecnologia dell informazione, pianificazione regionale, turismo, ambiente, scienza e tecnologia, acqua, pesca. Per dare nuovo impulso al Processo di Barcellona, nel 2004, la Commissione europea introduce la Politica Europea di Vicinato (ENP - European Neighbourhood Policy) e nel 2008, dà avvio all Unione per il Mediterraneo. Con l occasione si stabilisce di realizzare alcuni importanti progetti infrastrutturali nei settori dell energia, della gestione delle acque e dell ambiente, dei trasporti e dello sviluppo urbano sostenibile, insieme con il lancio di iniziative volte allo sviluppo imprenditoriale della regione. Nel 2011 la Politica di vicinato subisce una revisione e giunge a identificare sedici paesi vicini (Algeria, Armenia, Azerbaijan, Belarus, Egitto, Georgia, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Repubblica Moldava, Territories Occupati Palestinesi, Siria, Tunisia e Ukraina) con i quali ribadisce l importanza della partnership: This partnership with our neighbours is mutually beneficial. The EU is the main trading partner for most of its neighbours. Sustainable economic development and job creation in partner countries benefits the EU as well. Likewise,

5 5 Le imprese italiane e i processi d internazionalizzazione nel Mediterraneo, regione dalle svariate risorse, caratterizzata da domanda in espansione e a noi vicina nello spazio e nella cultura managed movement of people is positive for the entire neighbourhood, facilitating the mobility of students, workers and tourists, while discouraging irregular migration and human trafficking. Active engagement between the EU and its neighbours in areas such as education, strengthening and modernising social protection systems and advancing women s rights will do much to support our shared objectives of inclusive growth and job creation. A quasi vent anni di distanza, a marzo di quest anno, il documento European Neighbourhood Policy: Working towards a Stronger Partnership fa il punto sulla situazione, a fronte della crisi economica che da ormai qualche anno colpisce i paesi europei, e delle primavere arabe che hanno scosso di recente i sistemi di governo e politici di molti paesi mediterranei. Il documento non entra nel dettaglio degli aspetti economicofinanziari della cooperazione, e conclude sostenendo che Partners should not lower their ambition and commitment to reform their societies and their political and economic systems. This remains essential to fulfil the aspirations and meet the needs of their populations. A renewed political commitment to actually implementing often difficult reforms is crucial. For its part, the EU needs to continue to live up to its commitments of stronger political association, greater economic integration and support for reforms. titolo Zukunft im Süden - Il futuro è a Sud - dove si sostiene con forza la tesi che l uscita dell Europa dalla crisi possa avvenire attraverso un rilancio in chiave mediterranea. Viene individuata come punto di partenza un unione energetica che accomuni l Europa nord-occidentale, l area mediterranea e l Africa subsahariana; una sorta di Comunità Europea del Carbone e I nuovi stimoli internazionali all integrazione Nel novembre 2012 il dibattito sul Mediterraneo ha ricevuto forte impulso da un saggio di Claus Leggewie dal

6 6 Un ruolo che ben corrisponde alla nostra connotazione storica di paese costituente dell Unione Europea dell Accaio (Ceca) del nostro tempo, in grado di generare processi di integrazione per l intera regione, proprio come la Ceca degli anni cinquanta svolse un ruolo fondamentale nella creazione di un nucleo integrato europeo. Naturalmente il nodo cruciale degli approvvigionamenti energetici non potrebbe essere motore d integrazione in assenza di altre azioni incisive collaterali, a partire dalle politiche dei flussi migratori e quelle del turismo in quanto risorsa economica di assoluto rilievo per l intero bacino. E il processo nella sua globalità, sempre secondo la tesi di Leggewie, richiederebbe comunque una evoluzione costituzionale dell intera Unione Europea verso uno Stato federale di nuova generazione, alleggerito grazie a un federalismo e a un principio di sussidiarietà funzionanti. E innegabile che il versante europeo non possa mai essere trascurato quando si pensa a una politica italiana del Mediterraneo, non solo su un piano filosofico, ma anche per i risvolti concreti: pensiamo ad esempio all importanza di stimolare i processi di omologazione in merito a fiscalità e tariffe doganali, norme di sicurezza e conformità, certificazioni di origine e di qualità, laddove i rapporti bilaterali tra paesi europei ed extraeuropei potrebbero dar luogo a disparità che necessariamente incidono sulla competitività. Una sfida da vincere per il nostro paese Nel corso dei lavori del Milano Med Forum, tenuto nel Marzo di quest anno dalla Camera di Commercio di Milano, i principali operatori economici coinvolti a diverso titolo nell area si sono trovati concordi sulle aspettative di continuita per il 2013 e gli anni a seguire dei tassi di crescita registrati dai paesi delle sponde meridionali e orientali del mediterraneo, che nel 2011 si sono attestati mediamente oltre il 4%, con punte del 7,6% per la Turchia. I paesi del Nord Africa e del Medio Oriente,

7 7 che rappresentano un mercato di più di 600 milioni di potenziali consumatori, rimangono perciò un target strategico per le attività di import-export dell Unione Europea (nel 2011 l interscambio tra le due macroregioni ha subito un aumento del 12%, attestandosi su un valore di oltre 320 miliardi di euro). In particolare, l Italia è uno dei partner commerciali primari per i paesi dell Area Mediterranea, con un interscambio di quasi 60 miliardi di Euro, e ha fatto registrare tra il 2010 ed il 2011 un incremento di quasi l 8%. Inoltre, il fenomeno delle primavere arabe, dando impulso e accelerazione al cambiamento del quadro socio-politico, ha portato in molti paesi a riforme nel segno di un minor controllo dello stato sull economia, creando così un driver di rilievo nella direzione del libero scambio di mercato e dell iniziativa imprenditoriale. L importanza dell area, dunque, è fuori discussione. Ci chiediamo allora qual è la consapevolezza delle aziende italiane in merito a questa opportunità, e quali sono le azioni che il Sistema Italia dovrebbe pianificare e mettere in atto per agevolare la penetrazione in questi mercati e l interscambio con essi. Paolo Zegna (Confindustria), nell intervista che segue questo articolo, afferma che i grandi gruppi industriali italiani sono già presenti in quasi tutti i paesi dell area euromediterranea, e ci dà riscontro dell interesse crescente da parte delle PMI, che incontrano però numerosi ostacoli: barriere tariffarie e non, procedure doganali e tassazione indiretta, norme tecniche, sanitarie e ambientali non ancora uniformi rappresentano, infatti, dei freni non indifferenti alla presenza delle imprese italiane nell area. E ancora sottolinea l importanza, valida per affrontare qualsiasi processo d internazionalizzazione, di piani strategici adeguati e di un check-up delle competenze organizzative e informative. Consapevolezza, interesse e preparazione delle singole aziende sono imprescindibili, In quanto regione di convenienza di tre continenti, è molto di più di un semplice confine dell Unione Europea

8 8 Anzitutto c è da risolvere un problema generale di coordinamento tra le istituzioni ma il Governo, le istituzioni e la politica industriale devono fare la propria parte se vogliamo amplificare il successo competitivo delle nostre imprese, sfruttare appieno il potenziale di crescita, trarne ogni vantaggio possibile sul fronte dell occupazione, ed essere protagonisti di quel processo tracciato a Barcellona per raggiungere maggior benessere, pace e sostenibilità in un area così più vasta rispetto ai confini dell Europa geopolitica di oggi. Un ruolo, quest ultimo, che ben corrisponde alla nostra connotazione storica di paese costituente dell Unione Europea. E anche all immagine sociale degli italiani, da sempre ritenuti più capaci di altri nell instaurare e mantenere buoni rapporti di convivenza in situazioni nuove e non facili. A questo proposito è fondamentale che la politica estera italiana non perda alcuna occasione di tradurre il nostro impegno trascorso, attuale e futuro nel bacino mediterraneo in ritorni sul sistema economico, come osserva Stefano Silvestri (Istituto Affari Internazionali). Le possibili leve di sistema da attivare Le azioni da intraprendere per dare alle imprese italiane un booster adeguato sono davvero molte, e le interviste e i contributi che pubblichiamo questo numero di GLOBNews sono ricchi di spunti. Qui ci limiteremo a sottolinearne alcune. Anzitutto c è da risolvere un problema generale di coordinamento tra le istituzioni: ministeri (almeno quattro quelli particolarmente coinvolti: Economia, Sviluppo, Affari Esteri, Infrastrutture e Trasporti), agenzie governative (in primo luogo SACE e SIMEST) e regionali, camere di commercio, associazioni imprenditoriali di categoria e territoriali, sistema del credito e delle assicurazioni, oltre alle istituzioni europee analoghe. Solo con una regia concreta ed efficiente sarà possibile indicare priorità in termini di focalizzazione di azioni di sviluppo coordinate su specifici paesi, settori merceologici, grandi progetti, eccetera. Più in particolare, qualche osservazione sui settori del credito, delle infrastrutture e della logistica. In merito al credito, le dinamiche di sviluppo dell area target hanno bisogno di essere sostenute da servizi bancari e finanziari caratterizzati da un coerente approccio all area in questione. I paesi del Mediterraneo mostrano ancora nel complesso un modesto grado di sviluppo finanziario sia da un punto di vista istituzionale e normativo sia in termini di volumi intermediati, con qualche eccezione come Israele e Libano. Il processo evolutivo degli intermediari finanziari locali procede in parallelo con una maggiore apertura dell area agli intermediari esteri (Europei e non), offrendo spazi d intervento alle aziende di credito italiane che vogliano accompagnare e supportare l internazionalizzazione delle imprese, sfruttando allo stesso tempo ulteriori opportunità di business disponibili nelle aree target. Ponendosi invece sull altra sponda, devono essere necessariamente tenuti in considerazione gli stock di finanza che potrebbero essere utilizzati a servizio dei processi di rafforzamento patrimoniale delle imprese e degli intermediari europei, anche in compliance con regolamentazioni (Shari a) che potrebbero rivelarsi coerenti con le necessità imposte dall attuale congiuntura. Un altro macrofilone di opportunità risiede nei progetti infrastrutturali, anche da considerare in connessione con il settore della logistica. Terreni operativi abituali per i grandi gruppi italiani, che riservano però ampio spazio anche alle nostre PMI: sia all estero, dove andrebbe meglio considerata la domanda che la realizzazione di grandi opere induce in termini di sviluppo e urbanizzazione delle aree interessate (da soddisfare anche con la costituzione di reti di filiera che rendano i progetti stessi più appetibili per i governi che devono autorizzarli), sia in patria, dove la crescente proiezione verso i mercati del Mediterraneo richiede miglioramenti strutturali e di efficienza (come ad esempio il potenziamento dei raccordi ferroviari a servizio dei principali porti e verso il Nord Europa) che, in questa chiave, potrebbero rappresentare una concreta leva anche per ridare stimolo alla nostra economia (maggiore efficienza all approvvigionamento materie prime, centri di trasformazione localizzati, eccetera). Con un ulteriore slancio

9 9 International Monetary Fund: Middle East and Central Asia prospettico e confidenza nella diplomazia internazionale con riferimento ai processi di pacificazione e stabilizzazione delle relazioni economiche, non può sicuramente essere trascurata la possibile maggior apertura di mercati e paesi (come Iran e Iraq) che in questo momento rientrano ancora a margine delle discussioni ma che per potenziale economico e ruolo nell area potrebbero sicuramente rappresentare un ulteriore up-side in termini di opzioni di sviluppo attivabili nel medio-periodo dalle nostre aziende in chiave di strategia mediterranea. Attivare la coscienza dell opportunità In conclusione ci sembra di poter affermare con certezza che i paesi dell area rappresentano per la nostra economia un opzione di sviluppo concretamente aggredibile, non solo nel medio-lungo periodo e in funzione di un adeguato supporto di diplomazia e istituzioni locali e europee, ma anche nel breve e da aziende tanto di grande quanto di media dimensione. E necessario che queste assumano innanzitutto reale coscienza delle dimensioni geografiche ed economiche delle opportunità disponibili, e si facciano ambasciatrici da subito di quel processo di integrazione che ci vede in prima linea dal punto di vista geografico. Anche il nostro Mezzogiorno può trovare in tale processo una chiave di rilancio e rappresentare un importante opportunità di servizio per le aziende continentali, italiane e non. Condizione necessaria è che tutti gli attori del Sistema Italia, manager e imprenditori in primis, si facciano condurre dallo slancio visionario e - citando un importante banchiere italiano - dalla propensione al rischio che appartiene storicamente al nostro DNA. Le imprese italiane si facciano da subito ambasciatrici di quel processo di integrazione che ci vede in prima linea dal punto di vista geografico

10 10 Un ponte privilegiato per il Sistema Italia Intervista a Paolo Zegna Paolo Zegna, Presidente Comitato tecnico per l internazionalizzazione di Confindustria «Non puoi attraversare il mare semplicemente stando fermo e fissando le onde» (R. Tagore) Affrontiamo la questione mediterranea dal punto di vista dell industria italiana con Paolo Zegna, l imprenditore biellese che dirige il Gruppo omonimo ed è Presidente del Comitato tecnico per l internazionalizzazione di Confindustria. Parliamo di un area che nella sua totalità produce una ricchezza superiore a quella dell India o del Brasile dice Paolo Zegna e che, anche in un periodo di congiuntura economica negativa come quella che stiamo attualmente affrontando, continua ad avere tassi di crescita positivi. Questa regione attira più investimenti diretti esteri dell intero Mercosur e gioca un ruolo fondamentale nella partita energetica in atto sullo scacchiere internazionale. Inoltre, nei porti mediterranei transita un terzo del commercio mondiale. Le potenzialità di sviluppo sono dunque evidenti e il nostro paese non può trascurarle. D. Quali sono le aree geografiche a maggiore attrattività, e quali sono i segmenti industriali che offrono le maggiori opportunità di penetrazione alle aziende italiane? R. Certamente è necessario tener presente che la regione non è omogenea e le opportunità differiscono da paese a paese in modo piuttosto marcato. In Algeria, per esempio, il vertice bilaterale del novembre 2012 ha dato impulso ad accordi intergovernativi che hanno permesso l affidamento diretto per la costruzione di centomila alloggi nelle principali città algerine ad aziende italiane in partnership con società pubbliche locali. Ma al settore costruzioni si affiancano anche interessanti occasioni di business nei comparti delle tecnologie verdi, dell acquacoltura e della trasformazione alimentare. In Israele sono l ICT e l homeland security a farla da padrone, mentre per i paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo citerei l oil & gas, le infrastrutture e i beni di lusso. L Egitto sta cercando di puntare, finalmente, su uno sviluppo sostenibile del settore privato, incentivando la creazione di PMI locali operanti nel manifatturiero, che avranno bisogno di know how e tecnologie in cui noi italiani possiamo esprimere eccellenze riconosciute. In Marocco vi sono interessanti prospettive per settori come l automotive, le rinnovabili e l agroindustria. Non a caso in settembre organizzeremo come Confindustria una missione a Casablanca dedicata proprio a questi comparti. Tra i settori che risultano di maggiore interesse per le nostre imprese rientra, senza dubbio, quello delle infrastrutture, trainato dalla crescita della popolazione, dall urbanizzazione e dall industrializzazione sperimentata in questi anni dai paesi della sponda sud del Mediterraneo. Altro settore chiave è, senza dubbio, quello dell energia: l Italia, grazie alla sua posizione geografica e ai suoi key player già attivi nell area, può proporsi come snodo fondamentale nella distribuzione verso l Europa. Inoltre, buone prospettive vengono anche dal settore delle rinnovabili a cui molti governi dell area guardano con crescente interesse. Per quanto riguarda il settore agro-alimentare, sono ancora poco esplorate le opportunità offerte alle nostre imprese dalla produzione di frutti e legumi tropicali, colture fuori stagione e agricoltura biologica. Nel settore dei beni

11 11 Confindustria: l attività istituzionale e il supporto alle imprese per cogliere potenzialità di sviluppo che il nostro paese non può permettersi di trascurare di consumo, importanti opportunità vengono dalla progressiva affermazione di una classe media con un potere di acquisto crescente. A ciò va aggiunto che una forte percentuale della popolazione dei paesi della sponda sud del Mediterraneo ha meno di 15 anni e una forte propensione all acquisto di prodotti occidentali. Ancora, un economia competitiva passa oggi attraverso lo sviluppo delle tecnologie di informazione e comunicazione. I paesi del Mediterraneo mancano ancora, eccezion fatta per Israele e Turchia, di infrastrutture adeguate in questo settore: il potenziale di sviluppo di questo comparto è dunque estremamente interessante per le nostre imprese. Concludo citando il settore del turismo, destinato a rappresentare sempre più una priorità per i paesi dell area, sia per quanto riguarda la realizzazione di nuove infrastrutture alberghiere e il miglioramento di quelle esistenti, che per l incremento delle rotte delle nostre navi da crociera. alla presenza delle PMI italiane nell area. Certamente una informazione migliore e una struttura articolata giova nell approcciare nuovi mercati. Così come il fare sistema attraverso strumenti semplici ed efficaci come quello delle Reti d Impresa. Inoltre, ancora troppo spesso le imprese che tentano la via dell internazionalizzazione non si dotano di un adeguato piano strategico che supporti tale D. Ci sono particolari requisiti di cui le aziende italiane dovrebbero dotarsi per soddisfare i nuovi segmenti di domanda? R. I grandi gruppi industriali italiani sono presenti in quasi tutti i paesi dell area. Le piccole e medie imprese, invece, hanno una presenza ancora molto limitata per le complessità organizzative finora riscontrate, legate a un ambiente non sempre pronto ad accoglierle. Barriere tariffarie e non, procedure doganali e tassazione indiretta, norme tecniche, sanitarie e ambientali non ancora uniformi rappresentano, infatti, dei freni non indifferenti

12 12 Ènecessario continuare a ribadire a livello istituzionale la centralità di quest area nelle priorità del Paese progetto. Adottare strategie di marketing internazionale oggi è una tappa obbligata per le PMI che vogliono affacciarsi sui mercati esteri. Questo perché aiuta, prima di tutto, a evitare costosi insuccessi e, in seguito, a ottenere un quadro delle possibilità per l azienda sul mercato estero prescelto. D. La prossimità geografica del nostro Mezzogiorno può essere fonte di vantaggio competitivo per l Italia rispetto agli altri paesi europei? E quali potrebbero essere le ricadute favorevoli dal suo sfruttamento anche per il resto del Paese? R. L Italia è geograficamente il tramite principale tra Europa e Mediterraneo, soprattutto per similitudini sociali e culturali. Il Mezzogiorno in particolare, potrebbe costituire il ponte privilegiato, potendo da un lato offrire un supporto logistico d alto livello, dall altro costituire una piattaforma dove sperimentare nuove forme di collaborazione tra i paesi del Mediterraneo. Da sempre le aziende italiane preferiscono i cosiddetti mercati vicini. Non a caso, per esempio, nella sola Tunisia sono oltre 600 le imprese italiane presenti in pianta stabile. E la Regione Sicilia, che dista solo 140 km dalla costa tunisina, vanta relazioni di business strutturate e continuative. Come Sistema Italia, tanto per fare un esempio, possiamo dare un contributo non indifferente alla stabilizzazione sociale dell area, attraverso quello che sappiamo fare meglio: ovvero fare impresa. La creazione di un tessuto imprenditoriale locale, con conseguente aumento dell occupazione in questi paesi, rappresenta infatti un elemento decisivo nel processo di crescita economica e sociale del Mediterraneo, con evidenti ricadute in termini di contenimento dei flussi migratori e garanzie di sicurezza, che ovviamente hanno a loro volta ricadute sull Italia intera, ma anche sull Europa. D. Primavere arabe e problemi di stabilità politica influiscono sulla sicurezza degli investimenti R. L economia dei paesi della sponda Sud del Mediterraneo è stata certamente influenzata dalla recente transizione politica che alcuni di loro hanno affrontato e stanno tutt ora gestendo. L impatto maggiore si è avuto, senza ombra di dubbio sugli IDE, sui settori delle costruzioni e sul turismo. Di conseguenza, le proiezioni di crescita sono scese a cifre inferiori rispetto a quelle degli anni precedenti. Per questo sono importanti le rassicurazioni che provengono dai Governi di questi paesi. Il Sistema Italia è pronto ad affiancarli nel difficile compito di stabilizzazione politica, sociale ed economica dell area ed è importante che questo nostro proposito trovi, sul fronte istituzionale, interlocutori locali pronti ad accogliere questa disponibilità e a indirizzarla correttamente, definendo sin da ora priorità e impegni per il medio periodo. Come Confindustria stiamo lavorando proprio in questa direzione: nei nostri contatti con le controparti locali cerchiamo infatti di identificare singoli progetti di interesse reciproco, circoscritti ad alcune filiere prioritarie per questi paesi, al fine di concentrare gli sforzi delle nostre imprese su attività concrete e di sicuro impatto. D. Qual è l effettiva consapevolezza nel nostro Sistema Paese in merito a tali opportunità? Quali sono gli interventi strategici più urgenti al fine di massimizzare lo sfruttamento di tale leva? R. Innanzitutto è necessario continuare a ribadire a livello istituzionale la centralità di quest area nelle priorità del Paese. Da anni Confindustria porta avanti un vasto programma di iniziative verso quest area, a partire dal Forum Economico del Mediterraneo, realizzato a Palermo nel A quella iniziativa presero parte oltre 600 imprenditori provenienti da 14 paesi del Mediterraneo, per i quali vennero organizzati più di incontri di business. Il successo di pubblico di questo evento è stato addirittura duplicato nella seconda edizione, a Roma nel Abbiamo poi realizzato importan-

13 13 ti missioni imprenditoriali in Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Israele e nei principali paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo, e numerose attività nell Area MENA sono già previste nel fitto calendario di iniziative del 2013/2014. Queste attività mantengono alta l attenzione verso i mercati dell area e permettono di lavorare sulla continuità delle relazioni con i nostri interlocutori locali: la vera chiave per fornire supporto efficace alle nostre imprese in questi paesi. D. Come interpreta la dichiarazione di Martin Schulz al recente summit di Marsiglia: I governi non fanno abbastanza per fare del Mediterraneo uno spazio di cooperazione? R. Intendeva chiaramente sensibilizzare i membri sulla necessità di aumentare le risorse attualmente messe a disposizione dagli Stati per il partenariato euromediterraneo. L integrazione dell area con l UE è un obiettivo imprescindibile, soprattutto per rilanciare la centralità del Mediterraneo nella definizione degli equilibri geostrategici mondiali sempre più spostati verso l Oceano Pacifico a causa dell allargamento del G8 al G20. Non è però un mistero che il Processo di Barcellona non abbia raggiunto i suoi principali obiettivi, fra cui la creazione entro il 2010 dell area di libero scambio. Il maggior limite che si è frapposto al raggiungimento di tali obiettivi è la dimensione quasi esclusivamente intergovernativa del Partenariato euromediterraneo, con insufficiente coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali e, di conseguenza, delle popolazioni interessate. Il risultato è stato quello di prendere decisioni percepite come imposte dall altro e lontane dalle reali esigenze della sponda sud. L Upm rappresenta un tentativo apprezzabile di superare alcuni limiti del Processo di Barcellona, ma la sua reale efficacia dipenderà dalla capacità di evitare che si riproponga il metodo top-down praticato in passato. D. Quanto e come la politica economica italiana ha tenuto conto degli indirizzi comunitari nel passato recente? E quale ruolo potrebbe giocare l Italia in questo scenario? R. L Italia, come Sistema Paese, è sempre stata non solo consapevole della centralità del Mediterraneo, ma anche particolarmente attiva nel ribadire la priorità della Regione. Mi piace ricordare che Confindustria è stata la prima delle Federazioni imprenditoriali europee a entrare in BusinessMed, la confederazione delle associazioni datoriali mediterranee, rimarcando molto prima di Francia e Spagna la nostra vocazione mediterranea. La struttura stessa del nostro sistema produttivo, caratterizzato da un elevato numero di piccole e medie imprese, rappresenta un modello straordinariamente efficace in quest area, perché snello, flessibile e non invasivo per il territorio locale. Attraverso le sue PMI l Italia è infatti in grado di contribuire alla creazione di sistemi imprenditoriali locali tramite scambi di know how e tecnologia. Si tratta di uno schema che consente di beneficiare di vantaggi condivisi: la consolidata tradizione delle nostre imprese all estero è infatti quella di contribuire all occupazione locale e favorire benessere per l intera comunità nel quale sono inserite. Dobbiamo puntare a ricreare il modello già adottato nell Europa dell est, dove l Italia è stata in grado di contribuire, attraverso i suoi imprenditori, all infrastruttura stessa di paesi come la Romania, la Bulgaria e la Serbia. Non si tratta di un percorso semplice, sia chiaro: accompagnare le imprese italiane nel loro processo di internazionalizzazione richiede uno sforzo continuo che noi, come istituzioni, dobbiamo tenere costantemente al centro delle nostre priorità. È infatti necessario convincere in primis le nostre PMI delle loro potenzialità nell area e lavorare perché capiscano di poter essere parte di un processo più ampio di sviluppo di un contesto di business che non può più restare relegato entro i confini nazionali. La struttura del nostro sistema produttivo rappresenta un modello efficace in quest area, perché snello, flessibile e non invasivo per il territorio locale

14 14 Dialogare con la storia per aprire al futuro Intervista a Stefano Silvestri Stefano Silvestri, Presidente Istituto Affari Internazionali «Perché il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Da millenni tutto vi confluisce, complicandone la storia: bestie da soma, vetture, merci, navi, idee, religioni, modi di vivere» (F. Braudel) Stefano Silvestri, un passato ricco di docenze e incarichi governativi, editorialista de Il Sole 24 Ore e collaboratore di numerosi quotidiani nazionali sui temi di politica estera e di difesa, è Presidente dell Istituto Affari Internazionali dal Questo è senz altro un argomento molto complicato e ingiustamente trascurato che invece con la crisi economica avremmo dovuto potenziare esordisce il professore, C è stato un abbozzo di politica europea ma non molto efficace: l iniziativa che aveva preso Sarkozy per la creazione dell Unione per il Mediterraneo è fallita ancor prima di cominciare, perché si dovevano elaborare dei piani ma non si capiva chi avrebbe dovuto finanziarli. Poi, con la Politica di Vicinato sono stati stanziati capitali, ma gestiti, secondo me, in modo troppo tradizionale : più nella linea dei vecchi rapporti bilaterali che dei nuovi rapporti multilaterali europei. Più di recente, fenomeni quali la crisi economica e le primavere arabe hanno ovviamente reso la situazione ancora più complicata e ritardato il processo. Ora si tratta di vedere se riusciamo a pensare Mediterraneo e Medio Oriente in maniera globale rispetto agli investimenti necessari, e c è bisogno di chiarezza da parte dell Unione Europea: si considera responsabile della sicurezza a lungo o almeno a medio termine in queste aree? D. Questa responsabilità potrebbe esprimersi attraverso la promozione dello sviluppo economico come forza di stabilizzazione? R. Certamente, ma dal punto di vista dell Italia c è un doppio problema. Da un lato, malgrado la crisi economica, noi non possiamo chiudere all immigrazione, ma dob- biamo cercare di gestirla perché è evidente che è una risorsa, e oltretutto continuiamo ad avere una domanda di immigrati e non solo per lavori poco qualificati, ad esempio nella sanità. Poi la difficoltà dovuta al fatto che in questi paesi ormai la domanda rilevante è quella di investimenti produttivi, e ciò in certi settori può provocare tensioni concorrenziali. D. E possibile individuare mercati dell area Medio Oriente-Nord Africa più attrattivi per l Italia? R. Paesi particolarmente importanti per noi sono quelli del Maghreb: Marocco, Tunisia e, solo in parte, Algeria perché lì il modello di governance economica è ancora molto vicino al socialismo reale. Il Marocco, dove abbiamo già investito molto, ci vede ormai in concorrenza con altri investitori: oggi il Brasile domina, facendo leva sui lavori svolti per il porto di Tangeri e sulla metà atlantica dell anima del paese. L esistenza di rapporti privilegiati di questo tipo (come avviene, ad esempio, anche per la presenza della Cina in Grecia o in Libia) deve farci riflettere sulla maggiore apertura alla globalizzazione di alcuni paesi del Mediterraneo, e non trascurare l opportunità. Perché noi manteniamo alcuni vantaggi marginali sui quali possiamo fare leva. In parte la vicinanza geografica, in parte la nostra veste europea con la differenza peculiare di non essere un ex potenza coloniale. Dobbiamo quindi cercare di avere degli approcci non isolati, cosa che avviene invece oggi: si mandano le singole imprese allo sbaraglio, in assenza totale di pianificazione. Ci sono azioni di qualche Camera di Commercio, ma non veri e propri piani d investimento stesi sulla base

15 15 Solo un approccio di Sistema Paese consente di sfruttare appieno le opportunità offerte dalla maggiore apertura alla globalizzazione e da una storica vicinanza culturale di consultazione con i paesi interessati. Non basta mandare aziende a vendere: sarebbe molto più importante promuovere la presenza di imprese che intendano impegnarsi sul territorio. Organizzare, ad esempio, reti d imprese dove accanto a chi si occupa d infrastrutture ci fossero anche aziende di distribuzione o d informatica. Oltre al Maghreb vedo sicuramente interessante l Egitto, mentre in Libia il processo di stabilizzazione appare ancora troppo problematico. Anche in Egitto rimangono tensioni tra i militari - i Fratelli Musulmani e quel 25% di popolazione che ha animato il cambiamento ma oggi non ha rappresentanza politica - ma sicuramente è un interlocutore con il quale abbiamo una lunga storia di buoni rapporti. è l elemento cruciale, poi gli approvvigionamenti di petrolio e gas con quello che ne consegue. Adesso, però, con l estrazione dagli scisti bituminosi, gli equilibri cambieranno completamente: la minaccia iraniana per gli USA non sussiste più. Sempre a proposito di precedenti storici, un altro paese per certi versi interessante è lo Yemen, dove abbiamo una storia di presenza anche militare, sulla quale però non abbiamo mai in- D. Quanto contano i precedenti storici? R. Il dialogo è fondamentale, ma in alcuni casi è davvero difficile. Prendiamo l esempio dell Iran. Sono stati proposti molti compromessi che l Iran avrebbe potuto tranquillamente accettare, ma non l ha fatto per problemi di politica interna: l esistenza di due blocchi - il partito di Ahmadinejad e i religiosi - fa sì che ognuno tema d indebolirsi politicamente agli occhi dell altro, così si crea immobilità. Negli ultimi dieci-quindici anni, l Italia, anche con l accordo degli USA, ha cercato un dialogo che è stato interrotto più volte, sempre da parte degli interlocutori iraniani. Rimane l interesse fortissimo - per l Italia, l Europa e gli Stati Uniti a un apertura che potrebbe avere ricadute positive rispetto a molte altre aree, permettendoci di non essere più così dipendenti dalla buona volontà dei Sauditi e degli Emirati che, di fondo, hanno priorità diverse dalle nostre. Il nucleare

16 16 vestito. Questo è sicuramente un problema italiano: le nostre missioni militari rimangono asettiche, non sono mai occasione per assicurarci qualche vantaggio economico o commerciale. E esemplare il caso dell Albania, dove un anno dopo la conclusione della nostra missione Alba il paese era pieno d investitori tedeschi. Perché il loro governo li ha indirizzati, le assicurazioni li hanno coperti, le ambasciate hanno operato opportunamente insomma: i tedeschi hanno fatto sistema! Noi in Italia abbiamo gli stessi strumenti, ma rimangono teorici se mancano indirizzo e coordinamento governativi. Allora, ad esempio, la SACE concederà coperture assicurative a propria discrezione, com è ovvio che sia se nessuno le indica delle priorità: deciderà in base a valutazioni puramente economiche o semplicemente secondo l ordine di arrivo. D. In fatto di settori produttivi, individua opportunità più interessanti di altre? R. L Italia è abbastanza concorrenziale in quasi tutti i settori. Quelli tradizionali sono stati le costruzioni, l energia e i trasporti. Secondo me potrebbero essere interessanti anche quelli più specializzati e più avanzati tecnologicamente, ma oggi la nostra competitività sembra un po ridotta, e ciò è dovuto anche a quell assenza di coordinamento del sistema di cui parlavo. Per questo stesso motivo siamo meno concorrenziali di quanto potremmo essere, anche in settori come l agroalimentare e la distribuzione. Il nodo fondamentale, ripeto, è l approccio di sistema. E dovrebbe essere accompagnato anche da una politica dell istruzione che rispondesse adeguatamente alla variabilità del quadro economico: da una parte per soddisfare la domanda di formazioni specifiche, dall altra con funzione di orientamento. Inoltre, le nostre scuole dovrebbero sia ritornare competitive per attrarre studenti stranieri, sia diffondersi all estero dove ne stiamo chiudendo molte invece di aprirne di nuove: la domanda di imparare l italiano sta crescendo, e mancano gli italiani che lo insegnino! D. Parliamo di logistica: quanto siamo attrezzati per poter sfruttare questo auspicato aumento di scambi con l area del Mediterraneo? R. Ci sono svariati problemi, alcuni anche di tipo legislativo. Un esempio è il progetto TAP (Trans Adriatic Pipeline, il gasdotto che collegherà l Azerbaijan alla Puglia): abbiamo rischiato di perdere l opportunità di essere un hub energetico perché nessuno riusciva a dare l autorizzazione finale per far partire il gasdotto! Finalmente la decisione è stata presa. Ora bisogna preoccuparsi di sfruttarla al meglio, però. Così come andrebbe messo a punto il sistema d interconnessione dei gasdotti per garantire la direzione dei pompaggi - da nord, sud o est - adeguata all entità della domanda e alla disponibilità dell offerta. Pensiamo poi ai porti, dove il vero problema è rappresentato dalla mancanza di collegamenti adeguati con il sistema dei trasporti su terra. Abbiamo gestito male la rivoluzione dei container e quindi non riusciamo a sfruttare appieno il potenziale dato da una così vasta estensione delle nostre coste. D. Lei ci sta dicendo che l opportunità mediterranea c è ancora, ma che molto si dovrebbe migliorare per poterla cogliere. Da dove partire? Ci sono istanze che andrebbero particolarmente caldeggiate dai nostri politici? R. Il punto di partenza è l individuazione delle priorità. Questo non riguarda solo l Italia ma anche l Unione Europea, quindi

17 17 si aggiungono problemi di coordinamento: ad esempio, sempre in materia di energia, non è sostenibile una differenza di prezzo tra paesi europei che raggiunge il 30-40% ed è dovuta alle diverse politiche fiscali. L idea della Banca Mediterranea andrebbe rilanciata chiedendo un forte coinvolgimento della Banca Europea degli Investimenti. Altro tema su cui insistere è l omologazione degli aspetti legislativi per tutto ciò che riguarda i transiti e le vie di comunicazione, particolarmente in Italia: oggi c è un frazionamento eccessivo tra poteri nazionali e regionali, sarebbe invece importante arrivare a una sorta di sportello unico per le autorizzazioni. Lo stesso vale in materia d internazionalizzazione: se n è tanto parlato, ma alla fine ogni regione affronta il tema a modo suo. Alle regioni, insomma, va dato un indirizzo più forte, più cogente e più chiaro in fatto di priorità. D. Prima lei ha accennato al vantaggio competitivo per l Italia dovuto alla prossimità geografica del nostro Mezzogiorno R. Le premesse economiche, come abbiamo discusso ampiamente, andrebbero migliorate, ma le premesse culturali ci sono: gli italiani del Sud sono percepiti come i meno diversi tra gli europei. E il nostro Mezzogiorno potrebbe avere un ruolo molto importante se sfruttasse al meglio anche le proprie competenze agricole di tipo mediterraneo: l agricoltura potrebbe diventare un vero settore trainante valorizzando una serie di produzioni tipiche del nostro Sud e comuni a gran parte dell area mediterranea e mediorientale. Si tratterebbe di sistematizzare e approfondire competenze naturali - che è un po quello che hanno fatto con successo gli Israeliani. E capire che non ha senso, ad esempio, cercare di bloccare i tentativi dei tunisini di esportare olio, quando si potrebbe investire lì, portare lì il nostro know how di produttori, arricchendoci entrambi. D. Ci sono paesi europei che possiamo considerare esempi eccellenti nello sviluppo dell economia intra-mediterranea? R. Le difficoltà le hanno avute un po tutti, e tutti hanno fatto errori. Forse gli spagnoli, i francesi e in parte i portoghesi hanno fatto più sforzi di noi in direzione di quest area, ma sono anche stati ostacolati più di noi dalla memoria storica. I tedeschi, come dicevo, sono stati decisamente abili: hanno fatto sistema e oggi sono il primo partner commerciale per la maggior parte dei paesi del Mediterraneo. D. Riprendendo il tema finanziario, come vede il possibile ruolo della finanza islamica? R. Il nostro sistema bancario e finanziario se ne sta occupando con interesse crescente, e inizia a diffondersi anche la comprensione dei suoi meccanismi. Non vedo problemi teorici, anzi semmai l opportunità di far valere la nostra esperienza consolidata di stretti rapporti con il sistema bancario turco. Spesso però i paesi arabi valutano ancora i grandi progetti con criteri politici più che economici, e favoriscono determinati investimenti guardando soprattutto alla nazionalità dell investitore e alle garanzie che può offrire in cambio. In linea di massima, comunque, si tratta di individuare progetti credibili, e mettere attorno a un tavolo co-investitori stranieri per avviare un project financing. Certamente così potremmo attrarre capitali dal Golfo, dal Qatar, dal Kuwait, dall Arabia Saudita, ma la chiave rimane il progetto. Alle regioni va dato un indirizzo più forte, più cogente e più chiaro in fatto di priorità

18 18 Protagonisti sulle vie del mare Intervista a Paolo Cornetto Paolo Cornetto, Managing Director Seago Line Italy Cluster «Il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole» (G. Verga) Parlare di Mediterraneo è parlare di trasporto marittimo come infrastruttura chiave. Abbiamo incontrato Paolo Cornetto, Managing Director di Seago Line Italy Cluster, parte del gruppo A.P. Moller/Maersk. Abbiamo cominciato la nostra attività esattamente due anni fa racconta Cornetto quando Maersk Line, leader mondiale del trasporto marittimo containerizzato, ha voluto assicurare il necessario focus sul mercato euromediterraneo. Una parte di organizzazione e più di settanta navi della flotta si sono staccati e resi autonomi nel mercato intraeuropeo, mentre Maersk Line ha continuato a offrire servizi su mercati cosiddetti deep-sea, extraeuropei. D. Quali punti sono i punti di forza che vi differenziano dalla concorrenza? R. Le sinergie con la sorella maggiore, Maersk Line, sicuramente ci creano un vantaggio competitivo in termini di know-how, soluzioni IT, asset ed economie di scala. Ma al di là di questo, ci stiamo giocando la nostra partita soprattutto sulla qualità del servizio che vogliamo fornire ai nostri clienti. Comunicazione, visibilità, proattività, attenzione alle esigenze del cliente e conoscenza e comprensione del trade, questi credo siano valori aggiunti importanti che vogliamo offrire alla clientela che ci utilizza. Io lavoro nel settore dei trasporti intramediterranei da circa 25 anni. D. In questi venticinque anni ha potuto seguire lo sviluppo degli scambi, dei trasporti e dell economia stessa nel bacino del Mediterraneo: una regione ricca di materie prime e connotata da domanda di consumi in espansione, che da tempo viene indicata addirittura come unica possibilità di sviluppo per l economia europea in crisi. Qual è la sua opinione in merito? R. Forse non sarà l unica opportunità per l Europa, ma certamente il Mediterraneo rappresenta quella più alla nostra portata data la vicinanza geografica e culturale. L Italia in particolare è sempre stata molto attiva nel Mediterraneo, sviluppando relazioni forti e ritagliandosi spazi privilegiati con quasi tutti i paesi che vi si affacciano. I nostri scambi con la Turchia, l Egitto, ma anche il Marocco, l Algeria, Israele e la Libia hanno avuto un trend di costante crescita, come in crescita sono innegabilmente i consumi in tutta l area. Da puro sourcing, questo mercato sta definitivamente evolvendo verso un maggiore bilanciamento degli scambi, destinati a crescere ulteriormente quando i molti cambiamenti avvenuti in Nord Africa saranno definitivamente assorbiti. D. Quanto l attrattività è più rilevante per il mercato dei trasporti? In particolare per quali segmenti? R. All interno del Mediterraneo si trasporta di tutto: macchinari, elettrodomestici, manufatti, materie prime, prodotti alimentari, eccetera. Mi incuriosisce anche capire cosa comporterà il fenomeno in atto del back-shoring, cioè produzioni ora remote che si spostano nuovamente a ridosso dei mercati di consumo: magari ci saranno ulteriori opportunità in futuro Per quanto riguarda l offerta di trasporti, oggi è ampia e variegata. Non

19 19 La domanda interna in crescita spinge l evoluzione dal puro sourcing al bilanciamento degli scambi. Per continuare a giocare un ruolo da protagonista, l Italia deve migliorare le infrastrutture a supporto del trasporto marittimo è un mercato semplice, bensì altamente competitivo, dove varie tipologie di navi porta-container e traghetti si confrontano quotidianamente, riuscendo solo parzialmente a ridurre le grandi quote di mercato che ancora si muovono, dove possibile, via strada. D. Quali sono i fattori critici di successo per soddisfare la domanda di trasporti da e verso questi paesi? R. Regolarità e frequenza dei servizi, flessibilità e puntualità nella gestione del processo di spedizione. Le distanze sono brevi e il just-in-time sempre più necessario alle aziende per tenere scorte (e costi) sotto controllo. Chi opera in questo mercato deve essere in grado di erogare un servizio di alta qualità, pronto a investire. D. Quali sono i servizi più importanti richiesti a un operatore di trasporti nell area euromediterranea, in particolare da parte dai clienti italiani? R. Un trasporto porto/porto competitivo in termini di costi bassi e rapidi tempi di transito ed esaustive informazioni

20 20 Maersk-Seago Line, presenza nel mondo durante la sua esecuzione. Ma anche la capacità, se richiesto, di estendere il trasporto dal porto al punto di carico/scarico e viceversa. D. Quanto è importante la presenza diretta nei mercati in questione? R. Beh, fondamentale. Abbiamo uno o più uffici in ogni paese d Europa, del Mediterraneo e del Mar Nero. Più di seicento colleghi selezionati nel dall interno del Gruppo così come dal mercato - con i quali ci coordiniamo quotidianamente, con l obiettivo di garantire competenza, continuità e controllo dei trasporti da origine a destinazione. D. Qual è la situazione dei porti vista da un operatore internazionale come Seago Line proiettato verso il Mediterraneo? R. Molti porti all interno del bacino Mediterraneo soffrono di grande congestionamento. Sarebbe auspicabile una maggiore efficienza portuale, soprattutto sulla sponda Sud, per amplificare il vantaggio della vicinanza geografica. Per quanto riguarda l Italia, i nostri Porti funzionano mediamente bene; bisognerebbe soltanto stabilirne un ordine di importanza per meglio concentrare le risorse disponibili al loro sviluppo. D. E il sistema delle infrastrutture e dei trasporti in generale? R. Purtroppo il trasporto ferroviario merci è in grave ritardo. Le nostre autostrade sono mediamente ipercongestionate, se non addirittura al collasso in talune località, quali Genova, primo porto d Italia... Al di là della logistica distributiva, l autotrasporto resta la principale modalità di collegamento tra zone di produzione-stoccaggio e porti. A mio avviso la ferrovia dovrebbe poter giocare un ruolo da protagonista in funzione dei nostri trasporti internazionali, sia per sostenere la competitività del nostro sistema produttivo e logistico abbassandone i costi, sia per contribuire a una maggiore sicurezza sulle strade e alla riduzione delle emissioni di CO2 nell ambiente. Se lo Stato non si può permettere di supportare questa funzione pubblica, che avvenga allora una reale privatizzazione e vediamo cosa succede... Mi preme anche fare un commento sulle Autostrade del Mare, che hanno richiamato tanta attenzione mediatica e politica. Lodevoli iniziative, certo, ma la combinazione container/treno può evitare che l automezzo arrivi sino al porto, e la quantità di metri cubi/tonnellate di carico che una nave porta-container è in grado di trasportare, a parità di inquinamento e di consumi, è enormemente maggiore rispetto a un traghetto. D. La prossimità geografica del nostro Mezzogiorno può essere fonte di vantaggio competitivo per le aziende italiane rispetto a quelle di altri paesi europei che guardano con lo stesso interesse al Bacino del Mediterraneo? R. Sicuramente, anche se non mi limiterei al Mezzogiorno: è tutta l Italia che ha tratto e deve continuare a trarre vantaggio da questa prossimità. Questo è un mercato di crescente interesse dove anche le attenzioni di altri paesi europei, e non solo, si stanno rivolgendo con grande determinazione. L Italia non deve e non può perdere terreno. Le nostre aziende, con grande fatica, tengono ancora il passo: è importante che la politica sia presente fornendo un forte sostegno. Le imprese italiane sono in grado di offrire grande qualità e competitività e, in aggiunta, c è una grandissima sintonia tra

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