FATTORI DI RISCHIO INDIVIDUALE

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1 FATTORI DI RISCHIO INDIVIDUALE L Organizzazione Mondiale della Sanità - OMS in un documento pubblicato nel 2005 (1) sulla diffusione delle malattie croniche ha lanciato per il 2015 l obiettivo dell ulteriore riduzione della mortalità per tali patologie del 2% annuo a livello mondiale: si eviterebbero così circa 36 milioni di morti premature entro il 2015 nel mondo. Alla base delle principali patologie croniche quali le malattie cardiovascolari, i tumori, le malattie respiratorie croniche ed il diabete troviamo dei fattori di rischio legati a stili di vita diffusi nella popolazione e modificabili quali il consumo di tabacco, una dieta non salutare e la mancanza di attività fisica. Ogni anno nel mondo muoiono circa 4,9 milioni di persone per consumo di tabacco, 2,6 milioni di persone per obesità e soprappeso, 4,4 milioni di persone per alti livelli di colesterolo nel sangue e 7,1 milioni di persone per ipertensione (1). L indagine Istat dedica un ampia sezione all analisi della diffusione di questi fattori di rischio nella popolazione italiana. In particolare vengono indagati l abitudine al fumo (anche in termini di intensità dell uso di tabacco), la pratica di attività fisica durante il tempo libero e sul lavoro (professionale e domestico), e viene messo a disposizione un indice di massa corporea, che permette di valutare le condizioni di sottopeso, normopeso, sovrappeso ed obeso. E stato inoltre costruito un indice di rischio cardiovascolare, che stima il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari in base al numero di fattori di rischio riferiti a indicatori biomedici e agli stili di vita di una persona. Si tratta di informazioni importanti perché non disponibili attraverso le fonti informative correnti e che rappresentano un riferimento fondamentale nell orientare e valutare l impatto delle politiche, sanitarie e non sanitarie, volte alla prevenzione dello stato di salute di una popolazione. Abitudine al fumo In Italia, nel 2005, circa il 21 % della popolazione di 14 anni ed oltre fa uso di tabacco; il fenomeno è più diffuso fra gli uomini rispetto alle donne (27,6% vs 16,2%). Le differenze per sesso sono particolarmente evidenti fra i grandi fumatori (chi fuma tutti i giorni 20 o più sigarette): la percentuale di uomini esposti a questo rischio è circa il triplo di quella riferita alla popolazione femminile (11,3% vs 3,7%). I dati del Piemonte sono praticamente allineati a quelli nazionali, sia per quel che riguarda la percentuale di fumatori nei due sessi, sia per l intensità dell uso d tabacco. Dal confronto fra le aree geografiche sub regionali, anche se le differenze non raggiungono mai la significatività statistica è interessante notare che, in entrambi i sessi, prevalenze di fumatori più elevate rispetto alla media regionale si riferiscano in particolare alle zone più periferiche della regione, come le province di Cuneo, Verbanio-Cusio Ossola e Biella rispetto alla città e provincia di Torino. Analizzando il fenomeno per fasce di età, sempre a livello piemontese, è importante segnalare come il fenomeno sia già diffuso fra adolescenti e giovani in entrambi i sessi. Facendo riferimento all abitudine al fumo occasionale, o almeno al di sotto delle 20 sigarette al giorno, la percentuale più elevata di uomini esposti a questo rischio riguarda proprio gli adolescenti ed i giovani (23,1% nella fascia di età fra i 14 e 24 anni). Nelle donne della stessa fascia di età l abitudine al fumo occasionale o meno intenso, riguarda il 15,3%: valore di poco inferiore alla prevalenza riscontrata nella fascia di età immediatamente successiva (25-44 anni). Confrontando l abitudine al fumo per caratteristiche socio economiche (livello di istruzione e giudizio sulle risorse economiche), coerentemente con la letteratura nazionale ed internazionale che indaga il tema delle disuguaglianze sociali ed abitudine al fumo di tabacco (2), si rilevano differenze importanti in entrambi i sessi, anche se di segno opposto.

2 Fra le persone più istruite, nei due sessi, la percentuale di fumatori occasionali è praticamente identica (circa 15%). Confrontando questo dato con i livelli di istruzione più bassi, negli uomini la percentuale di fumatori occasionali sale al 20,7%, con differenze statisticamente significative, mentre fra le donne la stessa misura scende al 13,3%. Questo significa che il livello di istruzione più elevato sembra svolgere un ruolo di protezione soltanto fra gli uomini, mentre fra le donne la stessa caratteristica sembra svolgere un ruolo di maggior esposizione al rischio del fumo, anche se in forma limitata. La diffusione dell abitudine più intensa al fumo per livello di istruzione presenta le stesse caratteristiche: fra gli uomini il rischio di fumare più di 20 sigarette al giorno passa dal 6,8% fra i più istruiti al 19,8% fra i meno istruiti, mentre fra le donne le stesse percentuali non presentano alcuna variazione (3,5% vs 3,4%). Chi dichiara un reddito percepito scarso o insufficiente, in particolare fra gli uomini, ha maggiori probabilità di essere un forte fumatore. Nelle donne non sono rilevabili differenze statisticamente significative. L usufruire o meno di una rete di supporto parentale o di altre persone non sembra essere correlato all abitudine al fumo di tabacco, anche se, in particolare fra gli uomini sembra meno esposto al rischio del fumo, chi vive solo. Attività fisica nel tempo libero e sul lavoro E noto dalla letteratura scientifica che la pratica di adeguata e regolare attività fisica aerobica è in grado di agire come fattore protettivo nei confronti di molte patologie ad incidenza elevata nella popolazione, quali: malattie cardiovascolari, in particolare coronaropatia e ipertensione arteriosa, osteoartiti ed osteoporosi. Esiste evidenza dell efficacia dell esercizio fisico svolto per almeno 30 minuti al giorno per 5 giorni alla settimana, considerando sufficiente allo scopo preventivo, qualsiasi tipo di attività aerobica (3, 4). L indagine Istat rileva l abitudine a praticare attività fisica sia durante il tempo libero (a partire dai 3 anni di età), sia durante l attività lavorativa e domestica (nelle persone di 15 anni e più). Il questionario Istat permette di misurare il livello di attività fisica di una persona, secondo una scala di intensità di impegno e sforzo fisico, classificabile in rilevante, moderata e leggera. In questo caso, nelle tabelle allegate, è stato classificato quale soggetto che pratica attività fisica chiunque svolga una qualche attività che implichi uno sforzo fisico di qualsiasi grado di intensità. In Piemonte la percentuale standardizzata di popolazione di 3 anni ed oltre che dichiara di svolgere attività fisica durante il tempo libero è più elevata che a livello italiano, con differenze percentuali statisticamente significative in entrambi i sessi. Negli uomini piemontesi il 62,2% dichiara di svolgere una qualche attività fisica durante il tempo libero, contro il 55,6% del dato nazionale. Nelle donne queste percentuali calano leggermente, ma si mantengono le differenze a livello geografico: 53,8% a livello piemontese contro il 46,1% a livello nazionale. Considerando le aree geografiche sub regionali, il territorio che presenta la percentuale più elevata di persone che svolgono attività fisica, in entrambi i sessi, è quello della città di Torino con il 67,7% di uomini ed il 60,2% delle donne, anche se le differenze percentuali fra le diverse aree geografiche non raggiungono la significatività statistica. Le percentuale di persone che pratica attività fisica è più elevata fra gli uomini e diminuisce con il crescere dell età. Tale riduzione è accompagnata da un aumento delle differenze percentuali fra i diversi sessi: con il crescere dell età la riduzione di chi pratica attività fisica nel tempo libero è più accentuata fra le donne rispetto agli uomini. Si passa da percentuali di chi fa attività fisica nella fascia fra i 3 ed i 24 anni molto simili nei due sessi (74,2% negli uomini e 72,6% fra le donne) a dei valori per la fascia di età di 65 anni ed oltre del 54% fra gli uomini, rispetto al 40,1% nelle donne. Questo dato potrebbe essere messo in relazione con il fatto che fra le donne di questa fascia di età sia più numerosa la presenza di grandi anziane (80 anni ed oltre), maggiormente a rischio di inattività fisica.

3 Chi ha un livello di istruzione più elevato ha maggiori probabilità di praticare attività fisica durante il tempo libero; si tratta di differenze statisticamente significative in entrambi i sessi (Uomini: 70,9% fra i più istruiti vs il 48,7% dei meno istruiti; donne 63,6% vs 38,2%). Il fatto di considerare il proprio reddito adeguato o ottimo aumenta la probabilità di praticare attività fisica nel tempo libero: anche in questo caso le differenze percentuali sono statisticamente significative in entrambi i sessi (63,6% negli uomini con reddito adeguato o ottimo vs 57,6% con reddito basso; 55,4% nelle donne con reddito alto vs 49,2% con reddito basso). Politiche attive di promozione dell attività fisica, in particolare nella popolazione meno giovane, dovrebbero considerare gli aspetti di genere e le caratteristiche sociali dei target ai quali ci si rivolge. Di interesse è anche l impatto delle reti sociali sulla attività fisica durante il tempo libero: la maggior percentuale di popolazione che pratica attività fisica la si riscontra nei soggetti che hanno una rete sociale costituita da persone senza vincolo di parentela rispetto, in particolare, a chi usufruisce di una rete costituita di soli parenti. Queste variazioni sono presenti in entrambi i sessi e, fra i due gruppi citati, le differenze percentuali sono statisticamente significative. Questo fatto potrebbe essere spiegato dal fatto che l attività fisica, in particolare durante il tempo libero, oltre ad avere un impatto benefico sullo stato psico-fisico delle persone, può essere un importante occasione di costruzione e consolidamento di reti sociali extra parentali. La distribuzione del fenomeno è molto simile anche se si fa riferimento alla popolazione piemontese di 15 anni ed oltre, e si prende in considerazione l attività fisica svolta durante il tempo libero e/o quella svolta durante l attività professionale e quella del lavoro domestico. In generale i valori percentuali di chi pratica attività fisica crescono leggermente, ma la distribuzione del fenomeno per fasce di età, aree geografiche sub regionali e caratteristiche sociali non subisce variazioni significative. Anche in questo caso le persone più deprivate (basso livello di istruzione e reddito percepito insufficiente) sono quelle a maggior rischio di non praticare alcun tipo di attività fisica, anche se il gradiente di queste disuguaglianze si riduce, probabilmente perché le persone con bassi livelli di istruzione e reddito tendono a svolgere attività lavorative che implicano attività fisica. Peso corporeo Altro importante fattore di rischio per la salute è costituito dall eccesso di peso: l obesità aumenta il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari, osteoarticolari (lombosciatalgia, osteoporosi, artrosi), diabete, ipertensione, alcuni tumori, malattie del fegato e delle vie biliari. L eccesso di peso può essere il risultato della combinazione di diversi determinanti di tipo genetico, comportamentale ed ambientale, in particolare un assunzione di grassi e zuccheri superiore all effettivo fabbisogno, associata ad uno stile di vita sedentario (5). Per stimare la prevalenza nella popolazione italiana di problemi legati al peso corporeo, in particolare per individuare i soggetti in sovrappeso od obesi, l indagine Istat, attraverso l indicazione da parte degli intervistati del peso corporeo e della statura, permette il calcolo del B.M.I. (Body Mass Index) o I.M.C (Indice di Massa Corporea), e la classificazione dei soggetti in: sottopeso (IMC <18,5); normopeso (IMC 18,5 24); sovrappeso (IMC 25 29); obeso (IMC >=30). Nell indagine Istat, il calcolo del BMI è stato realizzato sulle persone intervistate di 18 anni ed oltre. Va sottolineato che i dati del peso e dell altezza, in base alle quali è stato calcolato l IMC, sono stati riferiti dai soggetti durante l intervista e questo può produrre una lieve sovrastima dell altezza e sottostima del peso corporeo (5). In Italia, pur essendo un fenomeno in crescita (più 9% negli ultimi cinque anni), il problema dell obesità non assume le caratteristiche di altri paesi quali gli Stati Uniti (circa 30% di obesi nella popolazione di 15 anni ed oltre) o altri paesi europei quali il Regno Unito e Grecia (oltre 20% di obesi fra la popolazione della stessa fascia di età)(5).

4 Dai dati Istat la percentuale di popolazione obesa in Italia è circa il 9% del totale della popolazione di 18 anni ed oltre. La prevalenza di obesi è leggermente maggiore fra gli uomini rispetto alle donne (10,5% vs 9,1%). Il Piemonte presenta una percentuale di obesi leggermente inferiore al dato italiano in entrambi i sessi: 9,2 fra le donne e 6,7 fra gli uomini. La città di Torino presenta delle prevalenze di popolazione obesa inferiore alla media regionale ed alle prevalenze degli altri territori sub regionali, in entrambi i sessi. Rispetto al dato regionale, nelle donne, questo vantaggio è statisticamente significativo e segnala quindi una situazione di protezione dal rischio di obesità delle donne torinesi rispetto alla popolazione femminile della regione. In entrambi i sessi la prevalenza di popolazione obesa, ed anche di quella in soprappeso, aumenta notevolmente con il crescere dell età; tale dato è coerente con il dato nazionale. Considerando le caratteristiche sociali si nota che, in entrambi i sessi, il basso livello di istruzione è correlato a percentuali più elevate di popolazione obesa ed in sovrappeso, con differenze statisticamente significative fra i meno ed i più istruiti (12,4% vs 8,6% negli uomini obesi e 11,3% vs 3,4% nelle donne). Anche le persone che dichiarano un reddito insufficiente, in entrambi i sessi, sono maggiormente esposti al rischio di obesità e soprappeso, ma con differenze molto meno marcate e che, negli uomini, non raggiungono la significatività statistica. L influenza della presenza di reti sociali sul rischio di obesità e sovrappeso è di più difficile interpretazione, dato che agisce in modo differenziato nei due sessi ed a seconda che si valuti l obesità o la condizione di sovrappeso; in ogni caso le differenze di prevalenza nei diversi gruppi non sono statisticamente significative. Indice di rischio cardiovascolare L indice di rischio cardiovascolare è stato calcolato prendendo a riferimento le indicazioni riportate nella Carta del rischio cardiovascolare, realizzato e messo a disposizione dall Istituto Superiore di Sanità nell ambito del Progetto cuore 1 (6). La carta del rischio cardiovascolare serve a stimare la probabilità di andare incontro a un primo evento cardiovascolare maggiore (infarto del miocardio o ictus) nei 10 anni successivi, conoscendo il valore di sei fattori di rischio: sesso, diabete, abitudine al fumo, età, pressione arteriosa sistolica e colesterolemia (7). In questo caso l indice di rischio cardiovascolare è stato calcolato considerando la presenza nei soggetti intervistati di quattro fattori di rischio presenti nella carta e rilevati dall indagine, correlati a stili di vita non corretti od a particolari situazioni patologiche: essere fumatore, avere livelli alti di colesterolemia, essere diabetico e soffrire di ipertensione arteriosa. Il rischio cardiovascolare cresce con il numero di fattori di rischio presenti contemporaneamente nel soggetto intervistato, indipendentemente dal tipo di fattore di rischio rilevato. In Italia, così come in Piemonte, poco più del 50% della popolazione di 14 anni ed oltre, non presenta alcun di questi fattori di rischio cardiovascolare: le donne presentano una situazione di protezione più elevata rispetto agli uomini: riferendosi al Piemonte, la percentuale di persone senza alcun fattore di rischio cardiovascolare è del 58,3% nelle donne e del 51,4% negli uomini. Se si considerano le aree geografiche sub regionali, in entrambi i sessi, non si registrano differenze statisticamente significative nella distribuzione nella popolazione dei fattori di rischio cardiovascolari. L indice di rischio cardiovascolare, in entrambi i sessi, aumenta in modo considerevole con il crescere dell età, ma, se si considera il primo livello dell indice di rischio cardiovascolare (presenza di 1 solo fattore di 1 Il Progetto Cuore - epidemiologia e prevenzione delle malattie ischemiche del cuore - è nato nel 1998, ed è coordinato dall Istituto Superiore di Sanità.

5 rischio) negli uomini le fasce di età più esposte sono quelle dei giovani adulti (25-44 anni) e degli adulti (45-64 anni), mentre nelle donne il gruppo più esposto è rappresentato dalla fascia anziana (65 anni ed oltre). L essere esposti a fattori di rischio cardiovascolare è correlato alle condizioni sociali dei soggetti: nella popolazione più istruita, in entrambi i sessi, si registrano percentuali più elevate di soggetti che non presentano alcun fattore di rischio, rispetto alla popolazione meno istruita. Stessa condizione di protezione, riguarda le persone che hanno dichiarato di usufruire di risorse economiche adeguate o ottime, rispetto a chi ha dichiarato risorse scarse o insufficienti. Si tratta di variazioni percentuali statisticamente significative che segnalano la presenza di categorie di persone particolarmente esposte al rischio di incorrere in evento cardiovascolare e sulle quali sarebbe opportuno mirare interventi di prevenzione e politiche di sostegno all accesso alle cure. Riferimenti bibliografici 1. Organizzazione mondiale della sanità, Prevenire le malattie croniche: un investimento vitale: rapporto globale dell OMS, Edizione italiana, Roma, 2005, in [consultato il 07/07/09] 2. Costa G., Spadea T., Cardano M., Disuguaglianze di salute in Italia, Epidemiologia e Prevenzione, Anno 28(3), Maggio-giugno National Center for Chronic Disease Prevention and Health Promotion. Physical Activity and Health: a report of the surgeon general, Available from: URL, in [consultato il 20/07/09] 4. Fentem PH. ABC of Sports Medicine: Benefits of exercise in health and disease. BMJ 1994 May 14;308: Istat, Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari. Anno 2005, marzo Progetto Cuore, Epidemiologia e prevenzione delle malattie cerebro e cardiovascolari, in: [consultato il 21/07/09]. 7. CCM /ISS, Carta del rischio cardiovascolare, in : [consultato il 21/07/09]

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