LA RILEVAZIONE E LA CLASSIFICAZIONE DELLE PATOLOGIE RELAZIONALI
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- Evangelista Tucci
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1 LEZIONE: LE DISABILITÀ RELAZIONALI E IL LORO APPROCCIO PROF. ARMANDO CURATOLA
2 Indice 1 LA RILEVAZIONE E LA CLASSIFICAZIONE DELLE PATOLOGIE RELAZIONALI IL MODELLO MULTIASSIALE LE PROPOSTE DELL'ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ (OMS) I BISOGNI SPECIALI DEL BAMBINO CON DISABILITÀ RELAZIONALE IL BAMBINO E LA FAMIGLIA IL BAMBINO E LA SCUOLA IL BAMBINO E IL SOCIALE BIBLIOGRAFIA di 19
3 1 La rilevazione e la classificazione delle patologie relazionali Nella lezione precedente abbiamo sottolineato come, sin dalla sua nascita, il soggetto umano vive e modella la sua fisicità e il suo psichismo, non solo in rapporto alla condizione strutturale e funzionale del suo corpo, ma anche e soprattutto in funzione dell'ambiente in cui vive e delle relazioni che trovano espressione in esso (principalmente quelle interpersonali) e che lo coinvolgono. Di qui l'assunto che la deprivazione o l'assenza di valide (funzionali) modalità di relazione con l'ambiente (per cause strutturali e/o funzionali dell'organismo) pone il soggetto umano in una condizione di disagio psichico (che spesso si trasforma in una vera e propria patologia psichica e/o del comportamento), oltre che di impoverimento intellettivo. Cosicché il soggetto si trova a vivere una precaria e disadattante condizione d'essere, che lo pone in una situazione di forte dipendenza e di rifiuto a stabilire contatti e relazioni, con conseguenti alterazioni della personalità che lo inducono all'autoisolamento, a ritrosia per ogni tipo di contatto, a variegate forme di fobia e paura. Le conseguenze sono traumatiche perché generano nel soggetto alterazioni profonde della personalità che hanno come inevitabile effetto il suo allontanamento, la sua emarginazione e/o la sua esclusione dal contesto relazionale e sociale. Dalla presa d'atto di queste dinamiche non poteva non scaturire la necessità di una nuova metodologia di rilevazione e di valutazione del quadro clinico complessivo, così da pervenire alla codificazione di più efficaci strumenti diagnostici e valutativi, capaci di declinare la eterogeneità e la complessità manifestativa di detto quadro. Di qui, l'orientamento per una classificazione nosografica multiassiale delle patologie e delle loro conseguenze. 3 di 19
4 2 Il modello multiassiale Tra le tante proposte che sono state avanzate, soprattutto in riferimento alle disabilità relazionali, merita una particolare attenzione quella di J. De Ajuriaguerra e D. Marcelli (1991) i quali hanno pensato di collocare i disturbi e le patologie, per la loro classificazione, in tre raggruppamenti tipologici, indicati come "assi", ai quali andava ad aggiungersi un asse trasversale declinante il carattere evolutivo o diacronico dei processi psichici. Il primo asse, riguarda la sintomatologia ed è definito dalle condotte o dai comportamenti patologici. Fanno parte di quest'asse: 1. patologie delle condotte d'addormentamento e del sonno (angosce notturne, enuresi, epilessia notturna, sonnambulismo); 2. patologie delle condotte motorie (alterazioni della lateralità, instabilità motoria, tic, disprasie); 3. psicopatologie del linguaggio (ritardo della parola, mutismo, afasia, balbuzie, disartria, dislessia, disgrafia); 4. psicopatologie della sfera oro-alimentare (pica, obesità, bulimia, anoressia, coprofagia, manierismo, avversioni elettive); 5. alterazioni del controllo sfinterico (enuresi, encopresi, costipazione psicogena); 6. psicopatologie delle funzioni cognitive (ritardo/insufficienza mentale, alterazioni mnestiche); 7. psicopatologie del comportamento (menzogna, fuga, furto); 8. psicopatologie del gioco nelle sue variazioni simboliche e strutturali; 9. psicopatologie delle condotte aggressive, sia in quelle autoaggressive (condotte pericolose, automutilazioni, tentato suicidio), sia in quelle eteroaggressive (violenza caratteriale, sadismo); 10. psicopatologie delle differenze e dei comportamenti sessuali (deviazioni sessuali, feticismo, omosesualità, transessualismo, travestismo); Il secondo asse si richiama ai grandi raggruppamenti nosografici e si riferisce alla struttura mentale. Fanno parte: 1. patologie difettuali, riguardanti i deficit sensoriali: sordità, cecità, encefalopatie infantili, paralisi cerebrali infantili, trisomia 21; 4 di 19
5 2. epilessie (generalizzate primarie e secondarie, parziali o focali); 3. psicosi infantili (isolamento, autismo); 4. alterazioni ed organizzazioni ad espressione nevrotica (ansia, angoscia, nevrosi, comportamenti isterici, comportamenti fobici ed ossessivi) 5. depressione infantile; 6. disturbi psicosomatici, ossia: disturbi della sfera digestiva (coliche, vomito, mericismo, rettocolite); disturbi della sfera cutanea (eczema, alopecia); asma, spasmo affettivo, emicranie e cefalee; 7. disturbi ai confini della nosografia (borderline): prepsicosi, organizzazioni disarmoniche, patologia caratteriale, minimal brain damage. Il terzo asse si riferisce all'ambiente in cui il bambino vive. 1. il bambino e la famiglia: carenze affettive, relazioni patologiche con i genitori (bambini vittime di sevizie, picchiati, relazioni incestuose); famiglie incomplete o dissociate (discordia parentale-divorzio, abbandono-adozione); 2. il bambino e la scuola: difficoltà specifiche di apprendimento, ritardo e insuccesso scolastico, fobia della scuola; 3. il bambino immigrato: biculturalismo e bilinguismo, patologie del bambino immigrato; 4. il bambino e il mondo medico: malattie acute, interventi chirurgici, malattie gravi e croniche, malattie a evoluzione mortale; 5. il bambino e i servizi sociali. I tre assi, collocati in un modello diacronico in grado di evidenziarne il carattere evolutivo delle sue componenti, consente di definire una "scheda di valutazione" personale, da cui muovere per la progettazione, la gestione e il controllo dei servizi, da quello terapeutico a quello educativo e sociale. 5 di 19
6 3 Le proposte dell'organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) L'idea di J. De Ajuriaguerra e D. Marcelli non è, però, una novità assoluta nel panorama scientifico e clinico internazionale. Infatti, essa si colloca nel panorama generale di una revisione globale delle metodologie e delle strategie classificatorie relative alle variegate forme patologiche che investono la persona. Già nel 1980 l'oms, era pervenuta alla codificazione di una proposta, l'icdih, 1 con la quale si dava corpo a un nuovo modello "eziologico" delle classificazioni degli stati di salute (prendendo in considerazione malattie, traumi, disordini), con lo scopo dichiarato di volere integrare i modelli classificatori esistenti in un unico modello, sintetico e coerente, dove venivano assunte a riferimento sia le connotazioni clinico-patologiche (strutturali e/o funzionali) manifeste in un soggetto, sia gli effetti di esse nella costruzione e nella esplicitazione delle relazioni tra il soggetto stesso e il proprio ambiente. Con questo documento si voleva, altresì, porre ordine alla forte eterogeneità dei linguaggi fino ad allora utilizzati e a pervenire a una metodologia classificatoria condivisibile e facilmente interpretabile grazie all'unicità del modello di riferimento. Tra i tanti risultati utili della proposta, è di forte rilievo la distinzione epistemologica e concettuale operata tra i termini Minorazione, disabilità, handicap.2 Termini che fino ad allora avevano indotto a tutta una serie di equivoci e di fraintendimenti interpretativi riguardo lo stato e la condizione in cui poteva venirsi a trovare una persona. La conformazione dei significati attribuiti a ciascuno dei predetti termini scaturisce dal particolare modello utilizzato, quello "sequenziale". LA MINORAZIONE È UNA REALTÀ OGGETTIVA CHE INTERESSA STRUTTURE E/O FUNZIONI DELLA PERSONA, DA CUI POSSONO SCATURIRE FORME PIÙ O MENO GRAVI DI DISABILITÀ a) Nelle azioni motorie b) nella elaborazione cognitiva delle esperienze (rappresentazione dello spazio e del tempo, attività di ricerca, esplorazione, compiti, saperi, etc). c) Nella socializzazione (partecipazione, coinvolgimento, iperprotettività, pregiudizi) 1 Il documento è il risultato di un lungo processo di revisione, culturale e scientifica, dell'originario ICD del World Health Organization, The International Classification of Impairments, Disability and Handicap: a manual of classification relating to consequences of diseases, Ginevra, di 19
7 d) Nell esprimersi dell emotività/affettività (dipendenza, isolamento, aggressività) LA DISABILITÀ È EFFETTO DELLA MINORAZIONE 1. Investe la Persona (affettività, conoscenze, socializzazione) 2. Coinvolge tutti 3. Richiede pluralità d interventi 4. Necessita della capitalizzazione delle risorse 5. Implica la flessibilità di ordinamenti, programmi, metodi, servizi, etc. LA DISABILITÀ PUÒ DARE LUOGO A SITUAZIONI DI HANDICAP, LA CUI RIDUZIONE IMPLICA Un adeguato approccio di tipo educativo Interventi terapeutico-riabilitativi - Globali/integrati (Non settoriali o segmentari) - Qualitativi/quantitativi - Specialistici Il supporto della/alla famiglia L interazione con l extrascuola L'ICIDH-Code, tuttavia, verrà modificato e perfezionato nel tempo, grazie anche al susseguirsi delle esperienze applicative del modello e agli sviluppi delle ricerche scientifiche che dimostreranno definitivamente il ruolo e l'importanza dei fattori ambientali nella costruzione dello stato psicofisico individuale e nella sua eventuale alterazione. Nel successivo ICIDH-2, infatti, i dati eziologici vengono strettamente correlati con quelli ambientali e sociali, rendendo fattuale e concreta una matrice culturale e scientifica nuova, fortemente pragmatica, scaturente dalla combinazione e integrazione tra riflessione teorica ed esperienza sperimentale. In sostanza, nell'icidh-2 trova conferma e validità operativa il principio che vi è sempre "reciprocità funzionale" tra i fattori agevolanti e/o impedenti il normale svolgimento delle esperienze di relazione (inclusi quelli strutturale e/o funzionali propri del soggetto in esame) e le modalità, oltre che il livello, di compartecipazione del soggetto alle dinamiche ambientali. Fondamentale, per la validazione di detto principio, è stato il ruolo svolto dall'american Psychiatric Association che a partire dal 1952 propone una classificazione nosografica ateorica e assiale del disturbo mentale, elaborando il Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorder (DSM). Detto modello è stato voluto dagli psichiatri americani per porre un'alternativa all'icd, considerato inadeguato per una corretta valutazione dei disturbi mentali e della loro correlazione con i fattori ambientali. Nel DSM, infatti, il criterio classificatorio non riguardava la determinazione della malattia in quanto tale, bensì la rappresentazione descrittiva del "disturbo mentale", definito su base statistica e considerato conseguenza della combinazione di più fattori: sintomi, struttura dell'io e personalità. 7 di 19
8 La chiave conformativa del DSM è, in ogni caso, il modello multiassiale 3. Tale metodologia consente, infatti, la registrazione e la valutazione di una qualsiasi patologia utilizzando diversi assi ad ognuno dei quali viene riservato uno specifico campo di informazioni. Il che facilita il clinico nel pianificare il trattamento e nel prevederne l esito. Con l utilizzo del sistema multiassiale, la valutazione risulta più ampia, più precisa e sistematica, dal momento che l attenzione del clinico non viene più polarizzata verso uno specifico aspetto della patologia, bensì è rivolta all insieme delle sue manifestazioni e delle sue caratterizzazioni. Il risultato é che possono essere presi in considerazione e collocati in un quadro unitario di riferimento tutti gli individui che presentano una medesima diagnosi4. La classificazione multiassiale del DSM-IV-TR comprende cinque assi: Asse I Disturbi Clinici Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica Asse II Disturbi di Personalità Ritardo Mentale Asse III Condizioni Mediche Generali Asse IV Problemi Psicosociali ed Ambientali Asse V Valutazione Globale del Funzionamento Asse I: Disturbi Clinici - Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica Un individuo può presentare più disturbi relativi all Asse I, e questi devono essere riportati tutti. Se si verifica tale condizione si dovrebbe indicare anche la diagnosi principale o il motivo della visita, elencandoli per primi. Se un individuo presenta sia un disturbo di Asse I che di Asse II, la diagnosi principale o il motivo della visita presumibilmente saranno indicate sull Asse I, a meno che la diagnosi di Asse II non sia seguita dalla precisazione (Diagnosi Principale) o (Motivo della Visita). Sull'Asse I vengono registrate le seguenti patologie: e) Disturbi Solitamente Diagnosticati per la prima volta nell Infanzia, nella Fanciullezza o nell Adolescenza (escluso il Ritardo Mentale, che viene diagnosticato sull Asse II) f) Delirium, Demenza, e Disturbi Amnestici e Altri Disturbi Cognitivi g) Disturbi Mentali Dovuti ad una Condizione Medica Generale h) Disturbi Correlati a Sostanze 3 Il manuale registrerà vari aggiustamenti nel tempo: DSM-III (1980) - DSM-III-R (1984) - DSM-IV (1987, 1994, 1996, 1999) - DSM-IV-TR (2000). 4 Il sistema multiassiale favorisce anche l applicazione del modello biopsicosociale negli ambienti clinici, didattici e 8 di 19
9 i) Schizofrenia ed Altri Disturbi Psicotici j) Disturbi dell Umore k) Disturbi d Ansia l) Disturbi Somatoformi m) Disturbi Fittizi n) Disturbi Dissociativi o) Disturbi Sessuali e dell Identità di Genere p) Disturbi dell Alimentazione q) Disturbi del Sonno r) Disturbi del Controllo degli Impulsi Non Classificati Altrove s) Disturbi dell Adattamento t) Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica Asse II: Disturbi di Personalità - Ritardo Mentale Su quest'asse trovano posto, generalmente, i Disturbi di Personalità e il Ritardo Mentale. Lo stesso Asse può essere utilizzato anche per annotare importanti caratteristiche di personalità e i meccanismi di difesa maladattivi. Vengono valutate sull Asse II le seguenti patologie: 1. Disturbo Paranoide di Personalità 2. Disturbo Schizoide di Personalità 3. Disturbo Schizotipico di Personalità 4. Disturbo Antisociale di Personalità 5. Disturbo Borderline di Personalità 6. Disturbo Istrionico di Personalità 7. Disturbo Narcisistico di Personalità 8. Disturbo Evitante di Personalità 9. Disturbo Dipendente di Personalità 10. Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità 11. Disturbo di Personalità Non Altrimenti Specificato 12. Ritardo Mentale di ricerca. 9 di 19
10 Asse III: Condizioni Mediche Generali Su quest'asse vengono riportate le Condizioni Mediche Generali potenzialmente rilevanti per la comprensione o il trattamento del disturbo mentale. Le condizioni mediche generali possono essere correlate ai disturbi mentali in molti modi. In alcuni casi è chiaro che la condizione medica generale è in rapporto eziologico diretto con lo sviluppo o il peggioramento di sintomi mentali, e che il meccanismo che produce questo effetto è fisiologico. Quando un disturbo mentale risulta essere la conseguenza fisiologica diretta di una condizione medica generale, dovrebbe essere diagnosticato sull Asse I, come un Disturbo Mentale dovuto ad una Condizione Medica Generale, e la condizione medica generale dovrebbe essere registrata sia sull Asse I che sull Asse III. Vengono valutate sull Asse III le seguenti patologie: Alcune malattie infettive o parassitarie Neoplasie Malattie endocrine, nutrizionali e metaboliche Malattie del sistema nervoso Malattie dell occhio e annessi Malattie dell orecchio e del processo mastoideo Malattie del sistema circolatorio Malattie del sistema respiratorio Malattie del sistema digerente Malattie della pelle e del tessuto sottocutaneo Malattie del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo Malattie del sistema genito-urinario Gravidanza, parto e puerperio Alcune condizioni che si manifestano nel periodo perinatale Malformazioni congenite, deformazioni e anomalie cromosomiche Sintomi, segni e anomalie croniche e laboratoristiche non classificati altrove Lesioni, avvelenamenti ed altri difetti determinati da agenti esterni Cause esterne di mortalità Fattori influenzanti lo stato di salute e il contatto con i servizi sanitari Asse IV: Problemi Psicosociali ed Ambientali 10 di 19
11 Sull Asse IV sono riportati i problemi psicosociali ed ambientali che possono influenzare la diagnosi, il trattamento e la prognosi dei disturbi mentali (Asse I e Asse II). I problemi psicosociali possono anche svilupparsi come conseguenza della psicopatologia, o possono costituire problemi che meritano di essere considerati nel piano generale del trattamento. Vengono valutati sull Asse IV: 1. Problemi con il gruppo di supporto principale 2. Problemi legati all'ambiente sociale 3. Problemi di istruzione 4. Problemi lavorativi 5. Problemi abitativi 6. Problemi economici 7. Problemi di accesso ai servizi sanitari 8. Problemi legati all'interazione con il sistema legale/criminalità 9. Altri problemi psicosociali e ambientali Asse V: Valutazione Globale del Funzionamento Sull Asse V si riporta il giudizio del clinico sul livello di funzionamento globale e viene riportato tramite la Scala per la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF). Questo tipo di informazione è utile per pianificare il trattamento e misurarne l'impatto, oltre che per predirne l esito. É da sottolineare che la VGF deve essere utilizzata solo per quanto riguarda il funzionamento psicologico, sociale e lavorativo. In alcune situazioni può essere utile valutare la disabilità sociale e lavorativa per seguire i progressi nella riabilitazione indipendenti dalla gravità dei sintomi psicologici. Può essere in questo caso utilizzata una Scala di Valutazione del Funzionamento Sociale e Lavorativo (VFSL). In altre situazioni possono essere utilizzate altre due scale: la Valutazione Globale del Funzionamento Relazionale (VGFR) e la Scala del Funzionamento Difensivo. Pur nella sua condivisa fondatezza, anche il tentativo condotto con il DSM-IV-TR di coniugare il paradigma medico (l'attenzione per le patologie individuali) con quello sociale (l'attenzione per l'ambiente e per le relazioni che il soggetto stabilisce con esso) si dimostrerà di difficile attuazione. 11 di 19
12 Preso atto di detta difficoltà, l'oms adotta, nel 2001, l'icf (Internazional Classification of Functioning, Disability and Health)5, con il quale viene riconosciuto il deficit come "problema di funzionamento". Problema legato alle strutture anatomiche e alle funzioni organiche, ma le cui connotazioni sono espressione di un "processo patologico" che investe le predette strutture e il complesso delle relazioni del soggetto con l'ambiente. L'ICF si compone di due parti, con due componenti ciascuna: 1. Funzionamento e disabilità a) Funzioni e strutture corporee b) Attività e partecipazione 2. Fattori contestuali a) Fattori ambientali b) Fattori personali La conformazione strutturale dell'icf dimostra compiutamente che si è di fronte a un efficace aggiustamento di prospettiva, nella descrizione dello stato (clinico ed esistenziale) di una persona, rispetto all'icidh che poneva prioritaria attenzione ai segni e ai sintomi come elementi distintivi della malattia, da cui muovere per la rilevazione degli effetti sociali della disabilità (approccio sanitario). Con l'icf, dunque, viene definitivamente sancito che la valenza (clinica, terapeutica, educativa) del deficit strutturale o del disturbo funzionale non è mai da considerarsi autoreferenziale ma va sempre correlato a un preciso e definito stato complessivo di "salute" (risultato della combinazione dinamica tra più variabili: corpo, mente, ambiente, contesti, cultura) e di "benessere", per il quale gli aspetti funzionali individuali vanno colti e interpretati all'interno di un sistema di relazioni sociali (approccio sociale). La condizione d'essere di un soggetto (il suo stato di salute e di benessere) è, in sostanza, il risultato composito della interconnessione tra la sua condizione strutturale e funzionale psico-fisica, il cui deficit è innegabile, e le condizioni ambientali e relazionali in cui è collocato. Il disturbo mentale è, perciò, multifattoriale e configura una condizione sistemica per la quale agiscono, in modi, tempi e livelli differenti, la costituzione fisica, il patrimonio genetico, le vicende della vita, le 5 Organizzazione Mondiale della Sanità, ICF - Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, Edizione italiana a cura di M. Leonardi, Trento, Erickson, Inoltre, M. Leonardi, ICF: la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell'organizzazione Mondiale della Sanità. Proposte di lavoro e di discussione per l'italia, Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa, Marzo 2003, Volume 17, n di 19
13 esperienze maturate, il tipo di ambiente, la qualità delle relazioni intra ed extra familiari, la struttura cerebrale e i meccanismi psicodinamici del comportamento (modalità d'azione, di reazione, di opposizione, di difesa). Come è stato giustamente evidenziato, due persone che soffrono della stessa malattia "possono avere livelli di funzionamento differenti e, viceversa, due persone che presentano lo stesso livello di funzionamento non necessariamente hanno lo stesso problema di salute".6 Pur con il riconoscimento tutte le positività che ciascuno dei predetti documenti possiede, é da registrare che entrambi (DSM e ICF) consentono di esprimere il massimo della loro valenza se usati in modo combinato e integrato, con l'ottica della predisposizione e dell'attuazione di servizi di supporto (terapeutico ed educativo, fino a quello della inclusione sociale e lavorativa.) "su misura", rapportati, cioè, alla specificità del caso. 6 V. Milioti, Le moderne misure di salute e disabilità, Roma, Anicia, di 19
14 4 I bisogni speciali del bambino con disabilità relazionale La proposta di formalizzare un modello multiassiale, per il rilevamento, la classificazione e la valutazione dello stato di salute di un soggetto, trova ampia giustificazione nella presa d'atto che ogni intervento (assistenziale, promozionale, educativo, abilitativo, formativo) deve essere conformato alla specificità delle caratteristiche e dei bisogni, anche "speciali", che il soggetto manifesta. Caratteristiche e bisogni che risultano essere, soprattutto nei soggetti con disabilità relazionale, piuttosto variegati nella loro tipologia e nella loro consistenza. Una diversificazione che declina, come abbiamo già visto, gli effetti delle condizioni strutturali e/o funzionali della persona sui modi di relazione e, viceversa, l'incidenza delle esperienze relazionali sulla formazione psicofisica e sulla costruzione del sé, ossia sullo sviluppo e sulla maturazione della personalità. Qualunque sia la tipologia degli interventi, la raccomandazione fondamentale è quello del più totale rispetto dei bisogni individuali. Ossia, il soggetto cui è destinato l'intervento non dovrà mai essere posto nelle condizioni di doversi misurarsi con le sue disabilità, nello stabilire relazioni, perché é in gioco la costruzione positiva del sè (ossia del suo stato di salute e di benessere). Una precauzione, questa, che vale tanto nel contesto familiare, quanto in quello scolastico e sociale. 4.1 Il bambino e la famiglia La presenza di un bambino all'interno della famiglia non è mai "neutra" ma è condizionata dal modello identificativo con cui questa si correla: quello della società di appartenenza. Nella società contemporanea detto modello è di tipo economico, per cui prevale l'idea di prodotto. Un'idea che investe ogni aspetto dell'organizzazione sociale: la famiglia, la scuola, il sistema associativo, il mondo del lavoro. Il prodotto deve essere efficiente, efficace, produttivo. É evidente che, dominando detto principio culturale, la presenza di un figlio disabile crea squilibrio: il modello non regge più. Non bastano più le disponibilità affettive e la messa in atto di buone condizioni di garanzia per la sua tutela. Il prodotto (il figlio disabile) non può essere esibito (messo in vetrina) nel sociale, perchè rappresenta il "fallimento" della relazione. 14 di 19
15 La presa d'atto delle difficoltà del figlio a diventare "prodotto socialmente utile" alimenta nei genitori il senso di colpevolezza e/o di impotenza a gestirlo, da cui scaturisce la tendenza al suo allontanamento o al suo "rigetto". Le richieste di "aiuto" diventano sempre più pressanti e, con la presa d'atto dei fallimenti, aumentano progressivamente i rimandi di responsabilità e le pretese di "delega" per l'assunzione in carico. Gli atteggiamenti che la famiglia assume in presenza di un figlio disabile, non sono uniformi, anche per il diverso modo di approccio al problema, al livello culturale posseduto e al variegato esprimersi della disabilità. Le forme più comuni di detti atteggiamenti riguardano: 1. il "rifiuto" che, a differenza del passato, non si esprime più con la soppressione fisica del figlio, bensì con la sua "istituzionalizzazione" in strutture appositamente costituite (inclusa la scuola) che si assumono il compito, spesso velleitario e fallimentare, della sua formazione e della sua tutela. É questo, tuttavia, un atto di violenza che la famiglia fa a se stessa per garantirsi un posto nella "vetrina" sociale, soprattutto se in essa sono presenti altri figli "normali". 2. l'accettazione del figlio ma con il rifiuto della malattia. In questo caso, i genitori manifestano piena fiducia nella scienza medica che lascia intravedere o promette il "recupero" alla normalità del figlio disabile. É anche questo un modo di "scaricare" il figlio: non più affidandolo ad istituzioni specializzate bensì alla scienza medica. Quando, poi, l'esperienza rivela il fallimento delle aspettative, la famiglia riaccetta il figlio e attribuisce alla scienza ogni responsabilità. 3. l'accettazione del figlio, considerandolo "normale" e, quindi, rifiutando la malattia e i suoi effetti. In questo caso i genitori riversano sul figlio tutte le proprie ansie e preoccupazioni, pretendendo da lui risposte maturative efficaci per non giustificare la sua "diversità", che sarebbe motivo di esclusione sociale. 4. l'accettazione del figlio, pur nella consapevolezza dei bisogni e dei problemi che egli ha per effetto della malattia. Scattano, così, meccanismi di tutela e di iperprotezione che, di fatto, riducono il potenziale di formazione e di maturazione del figlio. Come appare di per sé evidente, in tutti i casi le dinamiche psichiche e le variabili socioambientali si incrociano e si interconnettono, con effetti diretti nell'esprimersi di disturbi relazionali, non sempre correttamente controllabili. 15 di 19
16 4.2 Il bambino e la scuola A partire dagli anni settanta, almeno nella realtà italiana, la società civile ha progressivamente mutato il criterio di rappresentazione delle ragioni dell'esistenza umana, mutando l'idea di prodotto in quello di progetto. Tutti gli uomini, normali o con disabilità, hanno il diritto civile ad acquisire, attraverso l'educazione e le varie forme di inclusione, una identità "su misura" che lo faccia partecipe di un progetto di vita complessivo condiviso e partecipato. È, questo, l'unico modo con cui la società può e deve riconoscere a ogni uomo la sua entità valoriale, una valorialità irrinunciabile e inalienabile. Ad alimentare la tendenza ad un radicale cambiamento di prospettiva ideologico-culturale, dei singoli e della collettività, verso le "differenze", soprattutto se queste sono espressione di disabilità connessa a minorazioni, contribuisce indubbiamente il rapido diffondersi e approfondirsi di un vasto dibattito critico sull'etica sociale e sul rispetto della garanzia di esercizio dei diritti individuali. Effetto, questo, legato alla decisa azione dei movimenti giovanili e alle rivendicazioni delle variegate aggregazioni sociali impegnate sul campo, le quali ricevono l'attenzione e l'impegno della ricerca scientifica più avanzata, oltre che il supporto normativo del sistema politico. 7 La migliore interprete di questo nuovo orizzonte culturale, indubbiamente, è stata la scuola. Essa, contravvenendo molto spesso ai suoi stessi doveri istituzionali, quando la propria azione non consentiva di pervenire a risultati tangibili, si è coraggiosamente fatta carico del problema, diventando veicolo trainante di una proposta di sensibilizzazione e di un progetto d'azione (a breve, medio e lungo termine) capace di dare dignità alla persona, anche a quella con bisogni molto speciali, alla famiglia e al sociale. Addirittura, la scuola, con l'adesione all'invito di partecipare attivamento a un progetto strategico di azione comune (il progetto di vita dell'alunno) capace di coinvolgere tutte le strutture e le istituzioni del territorio, si è fatta mediatrice funzionale dei rapporti tra la famiglia e il sociale. Lo sforzo della scuola, nel corso delle varie esperienze di servizio istituzionale, è stato vario: 1. si è impegnata ad accogliere e sostenere gli alunni con bisogni speciali collocandosi nell'ottica di una "comunità" di servizio solidale e responsabile; 7 La risposta istituzionale a dette istanze e al diffondersi delle nuove sensibilità si ha con l'approvazione della legge 148/71, che avvia i processi di "inserimento scolastico dei minorati e degli invalidi", e si perfezionerà nel tempo con l'emanazione della legge 517/77 (riforma della scuola di base) e la legge-quadro 142/92, fino a giungere alla più attuale 368/2000 con la quale viene ad essere formalizzata l'idea del "progetto di vita" come condizione essenziale per la garanzia attuativa di corrette forme di "inclusione sociale". 16 di 19
17 2. si è preoccupata di far sentire la sua presenza e la sua vicinanza alle famiglie degli alunni, adattandosi sul piano organizzativo e gestionale; 3. ha elaborato forme metodologiche adattive alla specificità delle situazioni, favorendo un'ampio dinamismo collaborativo tra le sue componenti e quelle della realtà territoriale; 4. ha promosso e sostenuto, nella sua azione, l'accettazione e l'uso di più utili indicatori referenziali per le azioni di valorizzazione della persona; 5. ha imparato a condividere compiti e responsabilità con le istituzioni e i servizi territoriali, assimilando linguaggi non usuali (quale quello clinico) e sperimentando tecniche d'intervento abilitative e/o riabilitative frutto della ricerca e della ingegnosità di settori scientifici complementari a quelli propri, tradizionalmente di tipo pedagogico; 6. si è sottoposta, non sempre ben volentieri, alle molte critiche di inefficienza che le famiglie le rivolgevano in occasione delle verifiche di risultato (educativo e didattico) che indicavano scarsi livelli di successo; 7. ha alimentato e veicolato il costituirsi di significativi e/o opportuni cambi di prospettiva culturale nella codificazione dei bisogni e delle attese di servizio riferite ai singoli, alle loro famiglie e alla stessa comunità sociale; 8. ha modificato, al suo interno, ruoli e competenze, aumentandone la formazione in termini di specializzazione, per asservirle ai vari bisogni emergenti; 9. ha ridisegnato il concetto di "qualità" dei servizi resi, puntando sulla implementazione e sulla valorizzazione dei rapporti con la comunità di riferimento, alle quali ha chiesto e ottenuto, molto spesso, valide forme di di collaborazione e di corresponsabilizzazione; 10. ha ottenuto le "riforme" necessarie a rendersi promotrice di crescita culturale e sociale, con il disporsi a "servizio sociale destinato alla persona" Il bambino e il sociale Come si è già detto, si sono ormai ampiamente consolidate nella nostra cultura, da più parti indicata come esito della "post-modernità", la percezione e la rappresentazione del sociale riguardo il rispetto e la tutela dei diritti individuali ad ottenere le più ampie garanzie di inclusione e, ove possibile, di integrazione sociale. Ciò soprattutto con riguardo ai soggetti con bisogni speciali. 8 A. Curatola, Disabilità e Scuola, Roma, Anicia, di 19
18 Eppure, a fronte di detta nuova sensibilità, diffusamente, ancora oggi, i soggetti con disabilità, soprattutto quelli con grave patologia, vengono considerati dal mondo del lavoro e della produzione come un "peso" improduttivo, ad alto costo aziendale. Superare e derimere questo atteggiamento implica non tanto il rimando a una questione di ordine etico, quanto a un impegno collettivo a farsi carico delle spese improduttive delle aziende. Soltanto quando un soggetto, anche con gravi patologie disabilitanti, è in grado di affrancarsi da rapporti di stretta dipendenza dagli altri nella gestione del sé e nella sodisfazione dei propri bisogni, si avrà il vero riconoscimento della diversità e attuato il principio morale della piena inclusione sociale. 18 di 19
19 Bibliografia Amenta G, Gestire il disagio a scuola, Brescia, La Scuola, 2004 Culuccia A., I comportamenti giovanili nelle relazioni e nel disagio, Milano, F. Angeli, 2006 Curatola A., Disabilità e scuola, Roma, Anicia, Curatola AM., I bisogni speciali nella società della complessità. Comportamenti a rischio e risposte formative, Roma, Anicia, 2008 Curatola AM, La condizione autistica, Roma, Anicia, 2004 De Ajuriaguerra J., Marcelli D., Psicopatologia del bambino, Milano, Masson, 1991 Donati P, Terenzi P., (a cura di), Invito alla sociologia relazionale. Teoria e applicazioni, Milano, Franco Angeli, 2006 (2 ed.) Epasto C., Le dinamiche relazionali distorte: il bullismo, Messina, Samperi, 2004 Formisano M.A., Disabilità e semeiotica relazionale, in www. psicopedagogika.it Ianes D., Bisogni educativi speciali e inclusione, Trento, Erickson, 2005 Leonardi M. (a cura di), ICF - Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, Trento, Erickson, Leonardi M., ICF:la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell'organizzazione Mondiale della Sanità. Proposte di lavoro e di discussione per l'italia, Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa, Marzo 2003, Volume 17, n. 1 Milioti V., Le moderne misure di salute e disabilità, Roma, Anicia, 2007 Organizzazione Mondiale della Sanità, ICF - Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, Edizione italiana a cura di M. Leonardi, Trento, Erickson, 2002 M. Leonardi, ICF: la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell'organizzazione Mondiale della Sanità. Proposte di lavoro e di discussione per l'italia, Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa, Marzo 2003, Volume 17, n. 1 Trisciuzzi L., La pedagogia clinica, Roma-Bari, Laterza, 2003 World Health Organization, The International Classification of Impairments, Disability and Handicap: a manual of classification relating to consequences of diseases, Ginevra, di 19
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