LA MODELLAZIONE DEL BILANCIO IDROLOGICO DI UN GHIACCIAIO: FONDAMENTI MODELLISTICI E TEST SU UN GHIACCIAIO TROPICALE

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1 XXX Convegno di Idraulica e Costruzioni Idrauliche - IDRA 2006 LA MODELLAZIONE DEL BILANCIO IDROLOGICO DI UN GHIACCIAIO: FONDAMENTI MODELLISTICI E TEST SU UN GHIACCIAIO TROPICALE Stefano Endrizzi 1, Riccardo Rigon 1 (1) Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli studi di Trento - Trento (IT) stefano.endrizzi@ing.unitn.it, riccardo.rigon@ing.unitn.it Parole chiave: Flussi suolo-atmosfera, Idrologia, Interazione suolo atmosfera, Neve, Glaciologia SOMMARIO Il modello idrologico distribuito fisicamente basato GEOtop è stato applicato per la prima volta ad un ghiacciaio per prevederne il bilancio idrologico. Il modello è in grado di stimare non solo la portata per una determinata sezione di chiusura, ma anche la distribuzione spazio-temporale della copertura nevosa, dell umidità del suolo, della temperatura della superficie, dei flussi termici, tenendo conto degli effetti topografici e della fisica della neve, e di altre variabili idrometeorologiche. In questo lavoro si discutono prevalentemente i fondamenti degli aspetti relativi all applicabilità del modello per un ghiacciaio, dei processi fisici che avvengono in presenza di neve e ghiaccio descritti nel modello e dei problemi che si presentano. E alla fine mostrata un applicazione preliminare ad un ghiacciaio tropicale (Zongo, Bolivia).

2 2 S.Endrizzi, R.Rigon 1 INTRODUZIONE GEOtop (Rigon et al., 2006) è un modello distribuito fisicamente basato del ciclo idrologico. La sua caratteristica principale è la risoluzione del sistema delle equazioni di bilancio di massa (equazione di Richards tridimensionale e varie schematizzazioni dei deflussi superficiali) e di energia (equazione del calore, solo in direzione verticale) in modo accoppiato per ogni singola cella della griglia regolare del modello digitale del terreno. Le equazioni sono risolte alle differenze finite discretizzando il suolo in layers di spessore variabile con la profondità. Il modello è stato concepito per essere un integrazione di un modello afflussi-deflussi di tipo tradizionale e di un Land Surface Model, in modo che possa non solo calcolare la portata di piena per una determinata sezione di chiusura del bacino, ma anche seguire l evoluzione nello spazio e nel tempo di un grande numero di variabili idrometeorologiche, delle quali sono rilevanti in questo studio l altezza della neve, la temperatura della superficie, i flussi di calore tra suolo e atmosfera. L evoluzione del manto nevoso e di un ghiacciaio è fortemente dipendente dagli scambi energetici con l atmosfera, che devono essere descritti con estremo dettaglio in quanto ogni errore si ripercuote immediatamente nei caratteri osservabili, come l altezza della neve e il volume del manto nevoso stesso. Un ghiacciaio di qualche chilometro quadrato di superficie, date le sue piccole dimensioni, è dunque un laboratorio naturale che permette di verificare l efficacia di un modello di scambi energetici con più facile controllabilità di quanto non avvenga in porzioni di territorio diversamente ricoperte. Prevedere l evoluzione del manto nevoso e delle superfici glacializzate è certamente utile a molti scopi applicative, in particolare per una corretta valutazione del volume della risorsa idrica disponibile al variare delle stagioni e nel corso degli anni, anche in presenza di cambiamenti climatici. 2 MODELLAZIONE DELLA NEVE Nel manto nevoso le equazioni di bilancio di massa e di energia si risolvono in modo accoppiato nello stesso modo in cui sono risolte nel suolo, sempre discretizzandole in un certo numero di layer. Tuttavia, visto che l acqua nella neve si muove principalmente per azione della gravità (Colbeck Anderson, 1982), l equazione del bilancio di massa liquida diventa molto più semplice: è monodimensionale e non ha più senso considerare la suzione. D altra parte l equazione del bilancio di energia si complica, in quanto è necessario prevedere il cambiamento di fase e definire le opportune variabili che descrivano lo stato energetico, oltre alla temperatura, il contenuto di ghiaccio e di acqua liquida nella neve. Una prima versione di GEOtop contenente l evoluzione del manto nevoso, come un unico layer, è presente in Zanotti et al. (2004). Successivamente la descrizione del manto nevoso è stata rivista ritenendo necessaria una rappresentazione multilayer della neve, come per il suolo. Il numero di layer che è stato implementato segue lo schema di Oleson et al. (2004). Per la neve le variabili di stato considerate sono, oltre alla temperatura (T), il contenuto adimensionale di ghiaccio (θ i ) e di acqua liquida (θ w ). A questi si aggiunge un ulteriore variabile che tiene conto dell età della neve, usata solo per calcolare l albedo (Tarboton e Luce, 1996). Le equazioni del bilancio di energia e di massa, per la fase liquida e per la fase solida, valide all interno del manto nevoso, sono le seguenti (tra parentesi le unità di misura usate nel modello):

3 3 La modellazione del bilancio idrologico di un ghiacciaio ( ) C "T "t + L "W f "T = " # "z k "T % ( + " Q wu w "z ' "z ) w = 1 #"W + "Q # w ) % ( Q * w "t "z ' w = k w +) r w % ( 1+) i +) r ' ) i = 1 #"W + "Q i % ( Q i = 0, * i "t "z ' (1-3) dove z è la coordinata verticale (m), con origine all interfaccia suolo-neve e positiva verso l alto, C la capacità termica volumetrica della neve (J K -1 m -3 ), t il tempo, L f il calore latente di fusione dell acqua (J kg -1 ), W (kg m -3 ) la massa di ghiaccio che scioglie (se positivo) oppure la massa d acqua che gela (se negativo), k la conducibilità termica della neve (W m -1 K -1 ), Q w la portata di acqua liquida (kg m -2 s -1 ), U w il contenuto di energia interna specifica dell acqua liquida (J kg -1 ), riferita all energia interna specifica del ghiaccio alla temperatura K, ρ w la densità dell acqua (1000 kg m -3 ), k w la conducibilità idraulica dell acqua nella neve (kg m -2 s -1 ) a saturazione, θ r il contenuto d acqua nella neve trattenuto per azione di forze capillari (normalmente tra 0.03 e 0.05 della porosità), ρi la densità del ghiaccio (917 kg m -3 ) e Q i la portata di ghiaccio (kg m -2 s -1 ), nulla in quanto si tratta di un mezzo solido. La continuità impone inoltre che " w + " i + " v =1 (4) dove θ v è il contenuto adimensionale di vapor d acqua. La capacità termica e la conducibilità termica sono calcolate come media pesata dei valori delle diverse fasi presenti (i pedici w, i e v si riferiscono rispettivamente alle fasi liquida, solida ed aeriforme): C = " w C w + " i C i + " v C v k = " w k w + " i k i + " v k v (5-6) Le equazioni (1), (2), (3) e (4) formano un sistema con 5 incognite (T, W, θ i, θ w e θ v ) che devono essere risolte contemporaneamente. Serve chiaramente un ulteriore equazione, per esempio un espressione che leghi il cambiamento di fase alla temperatura. Per ottenere questo risultato può essere usato il metodo della capacità termica apparente C a (Albert, 1983), applicato solitamente nei suoli ghiacciati, per cui il secondo secondo termine dell equazione (1) viene trasformato come segue: L f "W "t = L f "W "T "T "t (7) e poi inglobato nel primo termine che diventa "T C a "t = # % C + L f "W "T ( "T ' "t (8) Questa modellazione ha un elemento che può diventare critico da un punto di vista numerico. Infatti il cambiamento di fase di neve ad acqua e viceversa avviene quasi completamente alla temperatura di K. Questo produce valori molto elevati della derivata di W rispetto a T nell equazione (8) che deve invece essere regolarizzata. Nel modello invece si è quindi inserita la seguente relazione W " 0 se T = K ; W = 0 se T " K (9) In questo modo quando T = K il primo termine dell equazione (1) si annulla e T, rimanendo co-

4 4 S.Endrizzi, R.Rigon stante, non rientra più tra le incognite del problema. A sua volta se T K, W non è un incognita. Controlli sono necessari quando nell integrazione numerica T passa da valori inferiori a valori superiori a K e quando non sono più disponibili acqua da congelare o ghiaccio da sciogliere. All interfaccia suolo-neve (z = 0) e neve-atmosfera (z = D), dove D è l altezza del manto nevoso (m), vanno poste le condizioni al contorno: # % # % k "T "z k "T "z ( ' ( ' z= D z= 0 = )R n + H + L # "T = k soil % soil ( "z ' z= 0 (10-13) ( Q w ) z= D = P w ) E w ( Q i ) z= D = P i ) E i L equazione (10) esprime i flussi energetici tra atmosfera e neve: R n è la radiazione netta (W m 2 ), positiva se diretta verso la neve, H e L (W m 2 ) sono rispettivamente il flusso di calore sensibile e latenti, positivi se diretti verso l atmosfera. Tali flussi dipendono a loro volta anche dalla temperatura della superficie (T (D)), il che introduce un forte elemento di non linearità nel problema. L equazione (11) segue dalla continuità della temperatura nell interfaccia tra neve e suolo (k soil e T soil sono rispettivamente la conducibilità termica e la temperatura del suolo). Le equazioni (12) e (13) descrivono l alimentazione liquida e solida del manto nevoso: P w e P i (kg m 2 s 1 ) sono l intensità di precipitazione liquida e solida, E w ed E i (kg m 2 s 1 ) l intensità di evaporazione e sublimazione. Poiché di solito non vi sono misure dirette della precipitazione nevosa e risulta più spesso misurata la sola precipitazione totale, si discrimina la parte liquida da quella solida in base alla temperatura dell aria, come nella formula del U.S. Army Corps of Engineers (1956). L altezza della neve D viene modificata nel tempo tenendo conto della neve fresca accumulatasi, del metamorfismo distruttivo, gravitativo e di fusione: "D "t = P i # new F 1 F 2 F 3 (14) dove ρ new è la densità della neve fresca, per cui si utilizza una formula sperimentale dipendente dalla temperatura dell aria, F 1 è un termine che tiene conto del metamorfismo distruttivo, la compattazione che avviene per trasformazione dei cristalli di neve, F 2 tiene conto del metamorfismo gravitativo, la compattazione conseguente al peso della neve e F 3 è un indice del metamorfismo di fusione, pari a ( ) = % i( z) f z %t se F 3 = D # 0 % i z %t " i f ( z)dz ( ) < 0 ; f ( z) = 0 se ( ) % i z %t ' 0 (15) il che significa che l altezza della neve viene ridotta in modo proporzionale alla riduzione del contenuto di ghiaccio e che rimane invariata qualora ci sia un aumento del contenuto di ghiaccio per effetto di un rigelo. In questo modo è possibile simulare le croste di gelo-rigelo. Per le altre parametrizzazioni dell equazione (14) si è seguito Anderson (1976).

5 5 La modellazione del bilancio idrologico di un ghiacciaio 3 MODELLAZIONE DEL GHIACCIO Il ghiaccio è trattato come la neve, con la differenza che all interno di esso non si ammette un moto di filtrazione, ma si considera che la portata liquida uscente da ogni layer venga trasferita istantaneamente alla base del ghiacciaio dove diventa di fatto disponibile ad infiltrarsi nel suolo o a trasformarsi in deflusso superficiale. Anche se ciò costituisce una forte semplificazione, questo vuole rappresentare l effetto dei mulini e dei crepacci presenti nei ghiacciai, che permettono il trasferimento d acqua alla base in tempi molto più rapidi di quelli impiegati in un eventuale moto di filtrazione, comunque non possibile in quanto nel ghiacciaio i pori non sono interconnessi. Si trascura inoltre il runoff che avviene sulla superficie del ghiacciaio, che si assume verificarsi interamente alla base. Le equazioni precedenti valgono anche per il ghiacciaio, con le seguenti differenze: Nell equazione (2) Q w è sempre nullo, in quanto nel ghiacciaio non può verificarsi moto di filtrazione. La condizione al contorno (10) vale per il ghiacciaio qualora questo sia scoperto di neve. Qualora sia coperto di neve la continuità della temperatura impone un equazione del tipo della (11) alla base e alla superficie del ghiacciaio. Quando il ghiacciaio è scoperto valgono le condizioni al contorno (12) e (13), tuttavia il ghiacciaio non è mai alimentato da precipitazione liquida (pertanto P w è nullo) in quanto questa viene istantaneamente trasferita alla base del ghiacciaio, né da precipitazione solida (P i nullo), poiché questa contribuisce alla formazione di uno strato di neve. Quando invece il ghiacciaio è coperto da neve continuano a valere le (12) e (13), ma con valori nulli di E w e E i. Per risolvere le equazioni occorre valutare la profondità del ghiaccio. Inoltre rimane aperto il problema della trasformazione della neve in ghiaccio: deve essere definita una soglia di densità e di contenuto di ghiaccio, ma la determinazione di un valore preciso deve essere frutto di ricerche più approfondite della presente. 4 FLUSSI DI CALORE TRA GHIACCIO/NEVE/SUOLO E ATMOSFERA Gli scambi di calore con l atmosfera, presenti nella condizione al contorno (11), sono le forzanti del problema ed è necessaria pertanto una loro valutazione alquanto precisa. 4.1 Modellazione della radiazione La radiazione è normalmente l elemento fondamentale che determina lo scioglimento del manto nevoso. La radiazione netta R n (W m 2 ) è espressa dalla seguente formula (Rigon et al., 2006): R n = R SW,down ( 1" A) + # s R LW,down " R LW,up (16) dove R SW,down è la radiazione ad onde corte proveniente dall atmosfera, a sua volta suddivisa in radiazione diretta e diffusa, A è l albedo, R LW,down la radiazione ad onde lunghe proveniente dall atmosfera e R LW,up la radiazione ad onde lunghe emessa dal suolo (dalla neve neve o dal ghiaccio), considerato equivalente a un corpo grigio infinitamente profondo con temperatura uniforme e emissività ε s poco inferiore a 1 (0.99 per la neve). Pertanto: R LW,up = " s #T s 4 (17) dove σ è la costante di Stefan-Boltzmann e T s la temperatura della superficie (K). La radiazione ad onde corte può essere misurata in un punto, e poi estrapolata nell intero bacino usando

6 6 S.Endrizzi, R.Rigon questa formula: R SW,down = f " R LW,DIR,0 a" cos# a"v + R LW,DIR,0 (18) a 0 " cos# 0 a 0 " V 0 dove R LW,DIR,0 e R LW,DIFF,0 sono rispettivamente la radiazione diretta e diffusa misurate alla stazione meteorologica, a 0 e cosθ 0 l attenuazione atmosferica e il coseno dell angolo di incidenza dei raggi solari nel punto dove si trova la stazione (Iqbal, 1983), a e cosθ le stesse variabili in un generico punto del bacino, f un coefficiente che assume il valore di 0 o 1 a seconda che il punto sia in ombra o meno e V 0 l angolo di vista del cielo (sky view factor) alla stazione, cioè la frazione di cielo visibile nel punto (Blöschl et al., 1991), e V la stessa variabile in un punto generico. Gli algoritmi per calcolare V e f sono documentati in Bertoldi Rigon (2004). L angolo di incidenza tiene conto della topografia attraverso la pendenza e l esposizione, come da Iqbal (1983): cos" = cos# cos" z + sin# sin" z cos ( % ) (19) dove β è la pendenza, θ z l angolo zenitale (cioè l angolo tra il sole e lo zenit), che varia nel corso della giornata, ψ l azimut (la proiezione del raggio del sole su un piano orizzontale) e γ l aspetto (la proiezione su un piano orizzontale della normale alla superficie topografica). Gli angoli ψ e γ devono essere definiti rispetto alla medesima origine e devono avere lo stesso verso. Nel caso non siano disponibili misure di radiazione, si possono utilizzare formule di derivazione teorica per R LW,DIR,0 (Iqbal, 1983), che tuttavia presuppongono la presenza di cielo sereno, ma rimane problematico definire l attenuazione della copertura nuvolosa e la radiazione diffusa in assenza di specifiche misure. Esistono diverse formule di derivazione sperimentale (Iqbal, 1983), che utilizzano la copertura nuvolosa, dato di difficile reperibilità, soprattutto di notte. Grande problematicità pone anche la determinazione di R LW,down, per cui non esistono formule di derivazione teorica abbastanza precise. Normalmente essa si esprime come R LW,down = " ac #T a 4 f c (20) dove T a (K) è la temperatura dell aria misurata vicino alla superficie, ε ac un emissività atmosferica equivalente per cielo non coperto da nuvole e f c un coefficiente di attenuazione per la copertura nuvolosa. In letteratura sono reperibili diverse formule sperimentali che esprimono ε ac in funzione della temperatura e della pressione di vapore in aria (Brutsaert, 1975; Satterlund, 1979; Idso, 1981) e f c in funzione della copertura nuvolosa (Bolz, 1949), che tuttavia sono valide solo nelle condizioni sperimentali in cui sono state ricavate. Se non sono disponibili dati di copertura nuvolosa, questa può essere inferita dall escursione termica giornaliera (Bristow Campbell, 1984) oppure dal rapporto tra la radiazione diretta ad onde corte misurata e quella teorica in condizioni di cielo sereno, ma quest ultimo si può applicare solo di giorno. Pirazzini et al. (2000) hanno confrontato15 formule di ε ac e 6 formule di f c con misure effettuate nelle isole Svalbard e hanno ottenuto una notevole dispersione di risultati. L applicazione del modello ha mostrato inoltre come il bilancio di massa di un ghiacciaio manifesti una discreta sensibilità alle diverse formule. Un altro parametro chiave è l albedo (A) che viene calcolato per la neve secondo la teoria di Dickinson (1993), come funzione dell età della neve e dell altezza solare. L albedo del ghiacciaio scoperto può essere desunto da misure sperimentali e rientra normalmente tra 0.2 e 0.3 (Arnold et al., 1996).

7 7 La modellazione del bilancio idrologico di un ghiacciaio 4.2 Modellazione dei flussi turbolenti I flussi termici convettivi scambiati tra la superficie e l atmosfera H (flusso di calore sensibile, misurato in W m 2 ) ed E (flusso di vapor acqueo, misurato in kg m 2 s 1 ) sono principalmente trasportati per effetto della turbolenza, essendo normalmente trascurabile il trasporto molecolare, e sono espressi con una formula dipendente dal gradiente della grandezza trasportata: H = "c p UC h T s # T a E = "c p UC e q * T s ( ) (21) ( ) # q a ( ) (22) dove ρ è la densità dell aria (kg m 3 ), c p il calore specifico a pressione costante dell aria (J kg 1 K 1 ), U la velocità del vento (m s 1 ), q l umidità specifica a saturazione (kg kg -1 ), che dipende solo dalla temperatura, condizione che si suppone verificarsi subito sopra la superficie nevosa o di ghiaccio, e q a è l umidità specifica dell aria misurata alla quota in cui si misura la temperatura T a. Si suppone che avvenga sublimazione (cioè E i = E) quando T s è minore di K, evaporazione (E w = E) quando è maggiore o u- guale. Queste ultime vengono sono poi trasformate in flusso di calore latente L = L e E w + L s E i (23) dove L e e L i (J kg 1 ) sono rispettivamente il calore latente di evaporazione e di sublimazione dell acqua. C h e C e sono coefficienti di scambio turbolento che vengono calcolati usando la teoria della similarità di Monin-Obukhov (1954) (Garratt, 1992) basata sulle ipotesi che i flussi siano omogenei e quasi-stazionari, indipendenti dalla quota (come normalmente si suppone accada nello strato limite superficiale) e che gli effetti della scabrezza e dell altezza dello strato limite atmosferico siano completamente descritti dalla velocità d attrito u *. A rigore tale teoria è valida su una topografia piatta, o lentamente variabile, che è comunque piuttosto lontana da quella di un ghiacciaio. Tuttavia è normalmente applicata anche in questo contesto. I coefficienti C h e C e sono considerati uguali tra loro, assumendo, come si fa comunemente, che il trasferimento del calore sensibile tra superficie e atmosfera avvenga allo stesso modo del trasferimento di umidità. Secondo la presente teoria i profili di velocità, temperatura e umidità specifica sono i seguenti: + U = u* k ln " z % U # z 0U ' ( ) " z % " z U m # * ' + ) 0U %. - m ', # * /, T a " T s = #* k ln z ' h z ) " * h ' z h ) + * 0h '/. % z 0h ( % + ( h ) - % + ( 0 + q a " q * ( T s ) = Q* k ln # z # h z % ( " ) h # z h % ( + ) 0h. - z 0h ' * ' h % (, * '/ 0 (24) 1 (25) 0 (26) dove z U e z h sono rispettivamente le quote di misura della velocità del vento e della temperatura, z 0U e z 0h le scabrezze (roughness lengths) per la quantità di moto, il flusso di calore sensibile e il flusso di vapore, k la costante di Von Karman (0.41), Ψ h e Ψ m le funzioni di stabilità (sono usate le funzioni di Businger et al., 1971) θ, Q e Λ (lunghezza di Obukhov) sono i seguenti parametri scala:

8 8 S.Endrizzi, R.Rigon " * = H #c p u * Q * = E #u * = % u*2 T a kg" * (27) Il coefficiente di trasferimento C h si esprime nel modo seguente: C h = + " ln z % U # z 0U ' ( ) " z % " z - U m # * ' + ) 0U m, # * k 2 %. + " ' 0 ln z % " h z ' ( ) h % " - h ' + ) / # z 0h # * h, # z 0h * %. ' 0 / (28) Per la risoluzione numerica delle equazioni, partendo da un valore di Λ di primo tentativo, coerente con la stabilità (cioè maggiore di 0 se T s è minore di T a, minore di 0 in caso contrario) si risolvono le (26), (27) e (28) rispetto a u *, θ * e Q *. Si definisce a sua volta un nuovo valore di Λ e si itera fino a convergenza della lunghezza di Obukhov. La teoria di Monin-Obukhov applicata in questo modo presuppone che il limite della temperatura dell aria al tendere a 0 della distanza dalla superficie sia uguale alla temperatura del suolo T s, la skin temperature usata per i calcoli radiativi, e che questa sia lentamente variabile nel corso della giornata. Quest ultima ipotesi è piuttosto limitativa, in quanto T s manifesta una grande variabilità nel corso della giornata; tuttavia non sono stati effettuati test in numero sufficiente per verificare l accettabilità di tale ipotesi. L applicazione del metodo impone inoltre la spazializzazione della temperatura dell aria, dell umidità e della velocità del vento, noti solo per i punto dove sono localizzate le stazioni meteorologiche. 5 RISOLUZIONE NUMERICA L equazione (1) con le condizioni al contorno (11) e (12) è risolta alle differenze finite, discretizzando il dominio in layer di dimensioni crescenti con la profondità. Normalmente non si considerano più di 5 layer per la neve e 5 per il ghiaccio. Viene usato un metodo implicito che porta alla risoluzione di un sistema tridiagonale lineare, una volta linearizzati i termini di grado superiore al primo (Oleson et al., 2004). Per i dettagli si veda Endrizzi et al. (2006). Le equazioni (2), (3) e (14) sono risolte alle differenze finite con un metodo esplicito utilizzando la stessa discretizzazione usata per risolvere l equazione (1). 6 TEST DEL MODELLO CON APPLICAZIONE AL GHIACCIAIO DI ZONGO Si è fatta un applicazione preliminare di GEOtop cercando di riprodurre il bilancio idrologico del ghiacciaio di Zongo (Bolivia) nell anno idrologico 1 settembre agosto Questo ghiacciaio si estende per circa 2 km2 ad una quota compresa tra 4800 e 6000 m s.m.m. ed è localizzato a 16 gradi di latitudine sud, rientrando così tra i ghiacciai tropicali, per i quali non esistono stagioni di accumulo e di ablazione distinte come avviene per i ghiacciai alpini. Esiste invece una stagione secca e una umida che dipendono dall ENSO. Il ghiacciaio è ben monitorato dal 1991 all interno del progetto GREAT ICE del IRD (Institut de Recherche pour le Développement, Grenoble, Francia) ed è stato oggetto di altri studi idrologici (per esempio Francou et al., 1995). Oltre alla disponibilità dei dati meteorologici classici (temperatura, umidità relativa, velocità del vento) ogni 30 minuti, sono disponibili per il periodo considerato anche dati di radiazione ad onda corta e radiazione netta. Ciò ha permesso di inferire un dato di radiazione incidente ad onda lunga,

9 9 La modellazione del bilancio idrologico di un ghiacciaio senza ricorrere a formule sperimentali che potrebbero portare ad errori consistenti. Tutti i dati sono misurati in una stazione localizzata approssimativamente nel centro del ghiacciaio, per cui sono abbastanza rappresentativi. La temperatura è stata spazializzata stimando il gradiente termico dai dati di un altra stazione localizzata vicino alla fronte. Umidità e velocità del vento sono stati considerati uniformi nel ghiacciaio, anche se questo è un approssimazione abbastanza forte perché quasi mai il vento è uniforme. Per quanto riguarda il volume del ghiacciaio si sono fatte alcune ipotesi basate sulla conformazione topografica, ma la sua esatta riproduzione non è cruciale per l esperimento eseguito in quanto la variabile di interessa è la differenza di quota all inizio e alla fine dell anno idrologico, da cui si ricavano le perdite. La figura 1 riporta il bilancio annuale per fascie altimetriche effettuato con le misure (tratteggiato) e ricavato con il modello (continuo). Quest ultimo sottostima l accumulo nella parte elevata dove avviene anche accumulo da valanghe, come si nota dal massimo della curva sperimentale alla quota di circa 5600 m s.m.m.. Tuttavia nel complesso l accordo è abbastanza buono. La figura 2 mostra le componenti del bilancio idrologico secondo il modello: l alimentazione per precipitazioni (non è considerato l accumulo da valanghe), i volumi di ghiaccio e di neve sciolti e sublimati e il bilancio netto annuale per la neve e il ghiaccio. La sublimazione contribuisce a circa il 15% delle perdite della neve e a circa il 3% delle perdite del ghiaccio. Figura 1. Bilancio idrologico del ghiacciaio nell anno 1 settembre agosto 2001, ricavato dalle misure (tratteggiato) e dal modello (continuo). Il modello fornisce un accumulo netta di 213 mm, includendo sia la neve (accumulo di 678 mm) che il ghiaccio (perdita di 465 mm), quando dalle misure si è stimato un accumulo netto di 511 mm. La differenza è probabilmente in parte da attribuire ai volumi di accumulo per valanghe, in quanto riguardano la parte alta del ghiacciaio, in parte anche alle incertezze nei dati di temperatura (che sono stati estrapolati da dati misurati più in basso), di umidità e velocità del vento.

10 10 S.Endrizzi, R.Rigon Figura 2. Componenti del bilancio idrologico del ghiacciaio (compresa la copertura nevosa) secondo il modello. CONCLUSIONI Nonostante alcune incertezze nella descrizione di alcuni fenomeni fisici (radiazione ad onde lunghe, flussi turbolenti), il modello fornisce risultati abbastanza promettenti, in discreto accordo con i dati sperimentali. Ciò si giustifica probabilmente dal fatto che il peso maggiore nel bilancio di energia è esercitato dai termini radiativi, sia ad onde lunghe che ad onde corte, che nell applicazione sono stati inferiti direttamente da misure. Anche i flussi turbolenti hanno un ruolo nel bilancio, ma di peso minore. Ringraziamenti. Si ringraziano Joseph Tomasi, che ha svolto un periodo di studio all IRD in Bolivia e ha contribuito all applicazione del modello nella sua tesi di laurea, e l IRD per aver fornito i dati. BIBLIOGRAFIA M. Albert, Computer models for two-dimensional transient heat conduction, USA Cold Regions Research and Engineering Laboratory, (1983). E.A. Anderson, A point energy and mass balance model of a snow cover, Office of Hydrology National Weather Service, (1976). U.S. Army Corps of Engineers, Snow hydrology, Summary report of the snow investigations, U.S. Army Corps of Engineers, (1956). N. Arnold, I.C. Willis, M.J. Sharp, K.S. Richards, W.J. Lawson, A distributed surface energy balance model for a small valley glacier. I. Development and testing for Haut Glacier d Arolla, Valais, Switzerland, J. Glaciol. (1996), 42, pp G. Bertoldi, R. Rigon, GEOtop: A hydrological balance model. Technical description and program guide, Università di Trento E-Prints (2004). G. Blöschl, R. Kirnbauer, D. Gutknecht, Distribute snowmelt simulations in an Alpine catchment. 1. Model evaluation on the basis of snow cover patterns, Water Resour. Res. (1991), 27 (12), pp K.L. Bristow, G.S. Campbell, On the relationship between incoming solar radiation and the daily maximum and minimum temperature, Agricultural and Forset Meteorology (1984), 31, pp W. Brutsaert, On derivable formula for long-wave radiation from clear skies, Water Resour. Res. (1975), 11, pp H.M. Bolz, Die Abhaengigkeit der infraroten Gegenstrahlung von der Bewoelkung, Z. Meteorol (1949), 3, pp. 201-

11 11 La modellazione del bilancio idrologico di un ghiacciaio 203. J.A. Businger, J.C. Wyngaard, Y. Izumi, E.F. Bradley, Flux-profile relationship in the atmospheric surface layer, J. Atmos. Sci. (1971), 28, pp S.C. Colbeck, E.A. Anderson, The permeability of a melting snow cover, Water Resour. Res. (1982), 18 (4), pp R.E. Dickinson, A. Henderson-Sellers, P.J. Kennedy, Biosphere-Atmosphere transfer scheme (BATS), NCAR, (1993). S. Endrizzi, G. Bertoldi, R. Rigon, Technical description of GEOtop , in preparation (2006). B. Francou, P. Ribstein, R. Saracia, E. Tiriau, Monthly balance and water discharge of an inter-tropical glacier: Zongo Glacier, Cordillera Real, Bolivia, 16 S, Journal of Glaciology (1995), 41 (137), pp J.R. Garratt, The atmospheric boundary layer, Cambridge University Press, (1992). S.B. Idso, A set of equation for full spectrum and 8 to 14 µm and 10.5 to 12.5 µm thermal radiation from cloudless skies, Water Resour. Res. (1981), 17 (2), pp M. Iqbal, An introduction to solar radiation, Academic Press, (1983). A.S Monin, A.M. Obukhov, Basin turbulent mixing laws in the atmospheric boundary layer, Tr. Geofiz. Inst. Akad. Nauk. SSSR (1954), 24 (151), pp R. Pirazzini, M. Nardino, A. Orsini, F. Calzolari, T. Georgiadis, V. Levizzani, Parameterization of the downward longwave radiation from clear and cloudy skies at Ny Alesund (Svalbard), CNR-IBIMET, (2000). R. Rigon, G. Bertoldi, T. Over, GEOtop: A distributed hydrological model with coupled water and energy budgets, accettato per pubblicazione su Journal of Hydrometeorology, (2006). K.W. Oleson, Y. Dai, G. Bonan, M. Bosilovich, R. Dickinson, P. Dirmeyer, F. Hoffman, P. Houser, S. Levis, G. Niu, P. Thornton, M. Vertenstein, Z. Yang, X. Zeng, Technical description of the Community Land Model (CLM) NCAR, (2004). D.R. Satterlund, An improved equation for estimating longwave radiation from the atmosphere, Water Resour. Res. (1979), 15 (6), pp D.G. Tarboton, C.H. Luce, Utah energy balance snow accumulation and melt model (UEB). Computer model technical description and user s guide, Utah Water Research Laboratory and USDA Forest Service Intermountain Research Station, (1996). F. Zanotti, S. Endrizzi, G. Bertoldi, R. Rigon, The GEOtop snow module, Hydr. Proc. (2004), 18, pp

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