INTRODUZIONE ALLA MECCANICA QUANTISTICA

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1 CAMPUS ESTIVO DI MATEMATICA, FISICA E ASTROFISICA luglio 2016 BARDONECCHIA INTRODUZIONE ALLA MECCANICA QUANTISTICA Donatella Crosta (SAIt )

2 Indice Introduzione Lo sviluppo storico I fatti sperimentali e le idee: Spettro del corpo nero e la relazione di Planck Effetto fotoelettrico e la spiegazione da parte di Einstein Diffusione Compton Spettro dell idrogeno e la quantizzazione di Bohr L aspetto ondulatorio della materia e la lunghezza d onda di de Broglie Il fallimento dei concetti familiari : esperimento delle due fenditura di Feynman una nuova rappresentazione degli oggetti fisici Il principio di Heisenberg : il postulato di misura Nucleo essenziale del formalismo matematico : Paradossi quantistici: il barile di polvere e il gatto di Schrődinger collasso della funzione d onda o riduzione dello stato La fisica quantistica è completa? Correlazione quantistica o entanglement : particelle che si intrecciano olismo La non separabilità: paradosso EPR e teorema di Bell Conclusioni 2

3 Introduzione Penso di poter tranquillamente dire che nessuno capisce la meccanica quantistica Richard Feynman Nelle scienze esatte è lecito presupporre che sarà sempre possibile comprendere la natura, non bisogna però fare alcuna assunzione a priori sul significato della parola comprendere Werner Heisenberg Capire significa ricondurre a schemi mentali noti ciò che cerchiamo di comprendere, però i nostri schemi mentali sono basati sull esperienza e noi abbiamo esperienza solo del mondo classico: la nostra intuizione non ci aiuta quindi a capire la meccanica quantistica ( Feynman, 1965 ). Tutte le scienze hanno una struttura comune ed ogni teoria si basa su un insieme di regole, assiomi o postulati, combinando i quali si creano nuove asserzioni, leggi o teoremi: l insieme di questi costituiscono la teoria. I matematici sono liberi di scegliere i postulati in modo del tutto arbitrario, secondo criteri di ragionevolezza; i fisici invece scelgono i postulati facendosi guidare dagli esperimenti : infatti lo scopo della fisica è quello di descrivere la natura attraverso osservazioni. Cercherò di seguire, per quanto possibile, quest ultimo approccio per non perdersi in un formalismo troppo astratto che può far perdere di vista l aspetto fisico, anche se comunque dovremo utilizzarlo in forma molto semplice. Pensiamo allora ad un atomo, il più semplice, l atomo di idrogeno: questo sistema ci ricorda quello formato da Sole e Terra. Immaginiamo che l analogia sia esatta e domandiamoci se questo tipo di analogia è appropriata. Allora l elettrone deve possedere una traiettoria ben definita, come quella di un pianeta, ma per l elettromagnetismo dovrebbe perdere energia emettendo luce fino a precipitare sul nucleo! Cosa che non accade: gli atomi sono struttura stabili. Che lezione trarre? Nel mondo dell infinitamente piccolo quasi niente obbedisce alle leggi della fisica classica (meccanica per gli oggetti materiali, elettromagnetismo per i 3

4 fenomeni elettromagnetici e termodinamica per i trasferimenti di calore e di moto) La fisica quantistica quindi costringe ad una rottura netta sia con l intuito sia con le rappresentazioni semplici e ragionevoli del mondo che ci circonda, utilizzando entità astratte che disturbano il nostro senso della realtà. Nonostante le difficoltà legate all interpretazione, essa è diventata una teoria che è alla base di quasi tutte le branche della fisica moderna, avendo applicazioni in vari settori: dalla fisica delle particelle, all astrofisica, all elettronica, alla fisica dei solidi. Lo sviluppo storico Verso la seconda metà del XIX secolo c era la convinzione che la meccanica "classica" (Newton e sviluppi successivi), l elettromagnetismo ( equazioni di Maxwell) e la termodinamica (Carnot, Joule ) riuscissero spiegare tutti i fenomeni naturali anche quelli ancora di difficile interpretazione. Tuttavia negli ultimi anni del secolo, e nei primi di quello successivo, vennero eseguiti alcuni esperimenti che in alcun modo potevano essere inquadrati nei modelli precedenti. Questi fenomeni riguardavano il mondo dell infinitamente piccolo ( struttura intima della materia e interazioni materia ed energia, stabilità degli atomi) Queste scoperte portarono ad una rivoluzione del pensiero scientifico paragonabile a quella del XVII secolo con Galilei e Newton. In un primo momento i fisici cercarono dei modelli "ad hoc" per le varie classi di fenomeni. Non si trattava di un ritorno all aristotelismo, ma di un tentativo di descrivere in un modo completamente nuovo ciò che si osservava sperimentalmente. Tutti questi modelli sviluppati "ad hoc", avevano però un punto fondamentale in comune: l energia doveva essere "quantizzata". In pratica i vari sistemi fisici possono scambiare energia soltanto in quantità ben definite: a pacchetti o "quanti". Il quanto elementare di energia è legato ad una costante universale la costante h, che oggi chiamiamo costante di Planck e che vale J s. Planck fu il primo ad introdurla per spiegare lo spettro di corpo nero. Solo in un secondo momento, a partire dagli anni 20 del XX secolo si cominciò a sviluppare una teoria organica che portò alla moderna meccanica quantistica. La nuova fisica dà una visione probabilistica della realtà microscopica in contrasto con la visione deterministica del mondo 4

5 macroscopico dato dalla fisica classica. Gli stessi concetti di realtà fisica e di misura delle grandezze fisiche hanno subito un mutamento radicale. Il 14 dicembre 1900 alla Physikalische Gesellschaft di Berlino, Max Planck affermò che ci si poteva liberare dei paradossi che infestavano la teoria classica dell emissione e assorbimento della luce da parte di corpi materiali: l energia raggiante poteva esistere solo sotto forma di pacchetti di energia discreti. Questa può essere considerata la nascita della fisica quantistica. Cinque anni dopo Albert Einstein applicò con successo l idea dei quanti di luce per spiegare l effetto fotoelettrico. Nel 1913 Niels Bohr estese l idea di Planck alla descrizione dell energia meccanica degli elettroni in un atomo e nel 1925 Louis de Broglie diede un interpretazione delle orbite quantizzate di Bohr; subito dopo Werner Heisenberg e Erwin Schrödinger formularono due diverse teorie, rispettivamente la meccanica matriciale e la meccanica ondulatoria che pur essendo diverse dal punto di vista matematico, esprimevano gli stessi concetti dal punto di vista fisico. IL CORPO NERO Nell Universo è presente radiazione e materia; quando la radiazione incontra la materia viene in parte assorbita, ma se non venisse anche riflessa come nel caso ad esempio della Terra, che riceve continuamente energia dal Sole, aumenterebbe la propria temperatura progressivamente, cosa che invece, ad eccezione di qualche piccola oscillazione, non accade. Quindi l assorbimento è accompagnata dall emissione La legge di Stefan-Boltzamann esprime la quantità di energia emessa in un tempo Δt da un corpo alla temperatura T ΔQ/ Δt = εσa T 4 1) dove A è l area della superficie raggiante, ε è il coefficiente di emissione (o assorbimento ) che può assumere valori compresi tra 0 e 1 a seconda delle caratteristiche fisiche della superficie: una superficie avente il massimo di emittanza pari a 1 è detto corpo nero. σ vale 5, W / m²k 4 ed è chiamata costante di Stefan-Boltzmann in onore di Stefan che scoprì sperimentalmente la legge 1) nel 1879 e Boltzmann che la ricavò teoricamente subito dopo. Un corpo nero è un sistema fisico formato da una cavità con un piccolissimo foro, tale che la radiazione che vi entra ha bassa probabilità di uscirne. La frazione di energia che esce dal foro prende il nome di radiazione del corpo nero e dipende esclusivamente dalla temperatura delle pareti. 5

6 L esperimento mostra che fino ad una certa temperatura la cavità appare nera, verso i 600 C comincia ad emettere luce di colore rosso scuro, al crescere della temperatura la luce diventa sempre più intensa fino a diventare di colore bianco. Se, per diverse temperature, si registra l intensità della radiazione alle varie lunghezze d onda si ottiene il grafico di fig.1. Si nota che il valore della lunghezza d onda λ max a cui corrisponde il massimo di intensità cresce in proporzione con la temperatura T secondo la legge di Wien λmax T = 2, ³ m K 2) fig.1 Il grafico di fig.1 mostra lo spostamento del massimo di emissione verso lunghezze d onda più corte all aumentare della temperatura secondo la legge di Wien: 6

7 Le spiegazioni Secondo la legge classica, modello proposto da Rayleigh e Jeans, gli atomi della superficie interna della cavità si comportano come piccole antenne capaci di assorbire e riemettere la radiazione. Le previsioni classiche sono in accordo con i dati sperimentali solo per valori grandi della lunghezza d onda, questo modello però porta a prevedere che la radiazione aumenti con il diminuire della lunghezza d onda e che quindi l energia emessa sia infinità! ( catastrofe ultravioletta ). Se questo fosse vero, aprendo semplicemente un forno da cucina saremmo investiti da una radiazione ultravioletta mortale di potenza infinita. La legge di Rayleigh- Jeans sull andamento dell intensità della radiazione emessa in funzione della lunghezza d onda è espressa come P ( λ, T ) = 2πckB T/ λ 4 3) Dove kb = 1,381 10ˉ²³ J/ K è la costante di Boltzmann Nel 1899 Planck fece l ipotesi che lo scambio di energia tra radiazione e materia non avvenisse in modo continuo ma discreto, cioè per multipli interi di una quantità minima fondamentale di energia, quanto, la cui energia è proporzionale alla frequenza della radiazione secondo la relazione E = hν 4) dove h è la costante di Planck, il cui valore è h= 6, J s poiché la costante di Planck ha le dimensioni fisiche di un energia per un tempo, ossia di un azione, fu chiamata quanto d azione*. Nonostante questo successo Planck in un primo tempo considerava l introduzione dei quanti un artificio di calcolo: infatti presentando i suoi risultati al congresso della Società tedesca di Fisica il 14 dicembre del 1900 definì la quantizzazione un atto di disperazione. Negli anni successivi la quantizzazione si sarebbe rivelata la caratteristica fondamentale dei fenomeni microscopici. *Il significato di azione L azione è definita come prodotto tra variazione di energia e intervallo di tempo ΔEΔt o come prodotto tra variazione di quantità di moto e variazione di posizione ΔpΔx. E una 7

8 grandezza della fisica classica per mezzo della quale si possono spiegare alcune proprietà dei corpi come ad esempio il caso del moto di una particella su un piano inclinato per cui si dimostra che esiste una particolare traiettoria (cicloide ) per la quale l azione è minima ( principio di minima azione formulato da P.L.M. de Maupertuis nel 1747). Un altro esempio si ha in ottica nel principio di Fermat nel caso di un raggio che subisce una rifrazione passando da un mezzo ad un altro Spettro della luce bianca emessa dal filamento di una lampada Lo studio delle proprietà del corpo nero permette di comprendere i meccanismi di emissione delle sorgenti astronomiche ed anche di sorgenti ad una determinata temperatura quali, ad esempio, il filamento di una lampada fig.2 Il grafico di fig.2 mostra l intensità di emissione di una lampada ad incandescenza ; il massimo è collocato nell infrarosso eppure la lampada 8

9 emette luce visibile; questo perché, come si vede dal grafico la funzione si estende fino a 0.3 micron che comprende l intervallo di lunghezze d onda del visibile. In base a quanto detto sopra si può vedere come a lunghezze d onda dell infrarosso l energia emessa sia maggiore di quella emessa a lunghezze d onda dell ultravioletto. EFFETTO FOTOELETTRICO La teoria ondulatoria della radiazione elettromagnetica entrò in crisi verso la fine del XIX secolo con gli esperimenti condotti da H. Hertz ( ) e da P.Lenard ( ) che pubblicò i risultati nel 1902 e ricevette il premio Nobel nel Questi esperimenti mostrarono un effetto nuovo nell interazione della luce con la materia : l effetto fotoelettrico, che consiste nel far incidere un fascio di luce di lunghezza d onda opportuna su una superficie metallica che in determinate condizioni può espellere elettroni. Nel 1900 Lenard dimostrò che quando la luce incide su una superficie metallica, l energia cinetica degli elettroni estratti, fotoelettroni, non dipende dall intensità della luce assorbita dalla lastra, che determina invece il numero degli elettroni emessi. La fig.3 mostra l apparato sperimentale per lo studio dell effetto fotoelettrico. Fig.3 9

10 La luce ultravioletta colpisce il catodo C posto in un tubo a vuoto; tra C ed A vi è una differenza di potenziale che può essere variata, gli elettroni emessi quindi possono essere sia accelerati sia rallentati. Tramite un potenziometro si può modificare sia il segno sia il modulo del potenziale dell anodo. L anodo A, in corrispondenza quindi di un valore Vo del potenziale, potenziale d arresto, può respingere tutti gli elettroni, arrestandoli. In questa situazione l amperometro A segna l eventuale passaggio di corrente. 1 esperimento Si regola il potenziale ad un valore V0,chiamato potenziale d arresto, in corrispondenza del quale l anodo può respingere tutti i fotoelettroni causandone l arresto. In questa situazione di equilibrio l energia totale del sistema è nulla : l energia potenziale negativa che arresta i fotoelettroni eguaglia la loro energia cinetica dove e è la carica dell elettrone E cinmax = e Vo 5) La fig.4 mostra l andamento della corrente in funzione della differenza di potenziale quando la lastra è colpita da luce di lunghezza d onda fissata. Fig.4 i I 3 I 2 I 1 ν>ν 0 V 0 V 10

11 Si nota che il valore limite della corrente è direttamente proporzionale all irraggiamento I (energia assorbita nell unità di tempo per unità di superficie perpendicolare alla direzione della luce) mentre il potenziale d arresto e quindi l Energia cin max degli elettroni è indipendente dall irraggiamento Le spiegazioni Secondo la fisica classica : se la luce è un onda elettromagnetica, l elettrone sotto l azione del campo elettrico oscillante si mette ad oscillare e se acquista energia sufficiente riesce a sfuggire dalla superficie del metallo. Aumentando l irraggiamento dovrebbe aumentare l energia cinetica massima dell elettrone espulso, ma ciò non accade. Secondo l ipotesi dei fotoni: Einstein nel 1905 riprese l ipotesi di Planck dimostrando che gli atomi del materiale acquistano l energia non con continuità ma a pacchetti di energia denominati fotoni, ciascuno dei quali possiede un energia pari a E = h v 6 ) quindi ciascun elettrone può essere emesso solo se il singolo fotone cede una quantità di energia sufficiente a strappare l elettrone dalla superficie del metallo: questo particolare valore dell energia è chiamato lavoro di estrazione Wo. Se si aumenta quindi l intensità della radiazione, aumenta solo il numero dei fotoni ma non la loro energia e quindi neppure quella degli elettroni. 2 esperimento Si fa variare la frequenza della luce incidente, si osserva che l effetto fotoelettrico non avviene se la frequenza non supera un valore minimo detto frequenza di soglia vo che è sempre lo stesso qualunque sia l intensità della luce 11

12 fig.5 La fig.5 mostra l andamento dell energia cinetica e quindi del potenziale d arresto al variare della frequenza della radiazione incidente. Le spiegazioni Secondo la fisica classica, se la luce è un onda gli elettroni possono sempre essere espulsi: è sufficiente fornire l energia necessaria e cioè luce di intensità elevata, ma ciò non accade, l effetto fotoelettrico non avviene se la frequenza è minore della frequenza di soglia. Secondo l ipotesi dei fotoni : l elettrone, per spezzare il legame che lo tiene legato all atomo deve acquistare una quantità minima di energia, detta energia o lavoro di estrazione Wo. Se il fotone non cede un energia E= h v almeno uguale a Wo l elettrone non riesce ad abbandonare la superficie. Un fotone di frequenza maggiore cederà all elettrone una quantità maggiore di energia, ma l elettrone, per poter sfuggire dal metallo, dovrà cederne una parte, Wo, a seconda del tipo di materiale Legge dell' effetto fotoelettrico da parte di Einstein h v = Wo + E cin max 7 ) questa legge non è altro che una legge di conservazione dell energia per l interazione di un fotone di frequenza v ed un elettrone appartenente ad una sostanza caratterizzata da un lavoro di estrazione Wo. l eventuale 12

13 eccedenza di energia, h v - Wo la si ritrova sotto forma di energia cinetica dell elettrone come si può osservare dalla fig.5 APPLICAZIONI DELL EFFETTO FOTOELETTRICO Dispositivo ad accoppiamento di carica ( CCD ) Vengono usati nelle fotocamere digitali al posto della pellicola, nelle videocamere digitali negli scanner ed in astronomia. Con luce visibile una matrice CCD è formata da uno strato semiconduttore di Silicio e da un certo numero di elettrodi, tale matrice è divisa in parti, pixel, ciascuno dei quali cattura un immagine. Una fotocamera può averne fino a dieci milioni. Consideriamo un pixel: un fotone colpisce il silicio producendo elettroni per effetto fotoelettrico, che rimane intrappolato all interno del pixel a causa del potenziale applicato, quindi il numero di elettroni intrappolati è proporzionale al numero di fotoni e quindi all intensità della luce in quel punto. L informazione sul colore avviene mediante filtri o prismi che separano i colori Cancelli automatici Un unità trasmittente invia un fascio di infrarossi ( IR ) attraverso il vano apertura, che viene raccolto da un unità ricevente fornita di fotodiodo ( dispositivo che, colpito da una radiazione elettromagnetica, restituisce una differenza di potenziale proporzionale alla radiazione incidente ). Se un ostacolo intercetta il fascio impedisce alla luce di raggiungere l unità ricevente e la corrente nel fotodiodo diminuisce. Questa variazione di corrente viene rilevata da un dispositivo elettronico che blocca la chiusura del cancello. Astronomia v. foto in scuola estiva /fotoelettrico/corponero_astronomia Fotomoltiplicatori elettronici I fotomoltiplicatori elettronici sono dispositivi che rivelano la presenza di un flusso luminoso con una sensibilità complessiva molto elevata, sfruttando contemporaneamente il fenomeno della fotoemissione e quello della emissione secondaria. Il principio di funzionamento di un fotomoltiplicatore è indicato in figura. La luce incidente su un catodo fotoemissivo (fotocatodo) che provvede all'emissione di elettroni in numero proporzionale al numero dei fotoni incidenti 13

14 (in media l ' emissione di un el et t r one puòcor r isponder e al l ' incidenza di f; ot gli oni) elettroni così emessi sono convogliati (per mezzo di un opportuno potenziale acceleratore) verso l'elettrodo. D i denominato dinodo. Gli elettroni che giungono sul dinodo Di cedono la loro energia cinetica provocando l'emissione secondaria di altri elettroni dal dinodo stesso (ad un elettrone incidente o primario possono corrispondere anche più di 10 elettroni secondari). Gli elettroni secondari emessi dal dinodo D i vengono convogliati e quindi moltiplicati (sempre per emissione secondaria) dal dinodo successivo e così via fino all'ultimo elettrodo raccoglitore che è l'anodo. È evidente quindi che da una piccola quantità di luce mediante il fotomoltiplicatore si può ottenere una apprezzabile intensità di corrente: si può giungere ad una sensibilità di alcuni ampere/lumen. Il fotocatodo è costituito da un supporto rivestito di uno strato di materiale fotosensibile come ad esempio l'antimoniuro di cesio, l'ossido di rame-berillio e l'ossido di argento-magnesio. L'amplificazione complessiva A del sistema di moltiplicazione elettronica, ossia il rapporto tra il numero di elettroni raccolti dall'anodo e quello degli elettroni emessi dal fotocatodo, dipende dal rendimento di raccolta e dal coefficiente di emissione secondaria di ogni dinodo. Il rendimento di raccolta g è il rapporto tra il numero di elettroni incidenti in un dinodo ed il numero di elettroni emessi dal dinodo precedente; LA DIFFUSIONE COMPTON La teoria venne definitivamente accettata nel 1924, quando Arthur Compton ( ) scoprì un fenomeno legato all esistenza dei fotoni. Secondo la teoria della relatività ad un onda elettromagnetica che trasporta energia, E, è associata una quantità di moto p= E/c : infatti nella teoria della relatività l energia di una particella è data da E² =p²c² + ( mc² ) ² 8 ) Nel caso di particella con massa a riposo nulla come il fotone si ottiene: e quindi E² =p²c² E = pc 9) p = E /c 10) quindi un fotone possiederà una quantità di moto p = hν/c = h/λ 11) dove λ è la lunghezza d onda della radiazione 14

15 L esperimento che Compton realizzò consiste nell inviare un fascio di raggi X di lunghezza d onda λ contro un bersaglio costituito di atomi di carbonio La fig.6 è una rappresentazione schematica dell effetto Compton Il fotone giunge da sinistra ed urta l elettrone in quiete; dopo l urto il fotone si muove lungo una direzione che forma un angolo φ con la direzione prima dell urto fig.6 Si osservò che i raggi diffusi avevano una lunghezza d onda λ maggiore della lunghezza d onda λ dei raggi incidenti. La differenza tra le lunghezze d onda non dipende dal materiale del bersaglio, ma dipende unicamente dall angolo φ secondo la legge determinata da Compton λ λ = λo (1 cos φ ) 12) dove λo = h / mc = ˉ¹² m. prende il nome di lunghezza d onda Compton 15

16 Se φ = 0 il fotone diffuso ha la stessa lunghezza d onda di quello incidente, ossia non c è interazione. Se φ = 90 allora λ λ = λo Se φ = 180, cioè per radiazione diffusa all indietro. la differenza è massima Le spiegazioni Secondo la teoria elettromagnetica classica : gli elettroni dovrebbero oscillare con la stessa frequenza della radiazione incidente ed emettere a loro volta radiazioni di frequenza uguale a quella della radiazione incidente Secondo l ipotesi dei fotoni : l urto avviene in modo simile ad un urto tra palle da biliardo; ammettendo che valgano le leggi di conservazione dell energia e della quantità di moto : hν = hν + Ecin 13) dove hν è l energia del fotone incidente hν l energia del fotone diffuso Ecin ll energia cinetica acquistata dall elettrone LO SPETTRO DELL ATOMO DI IDROGENO Spettri di emissione degli atomi Sul finire del XIX secolo furono effettuati esperimenti che consistevano nel far passare scariche elettriche nei gas ed analizzando la luce emessa. Analizzando allo spettroscopio si evidenzia uno spettro a righe di emissione del gas: cambiando il gas cambia il tipo di spettro Un fascio di luce che incide su un prisma viene scomposto nelle sue componenti monocromatiche dando luogo, su uno schermo posto dietro il prisma, ad uno spettro continuo di tutti i colori dal rosso fino al violetto. Oltre gli spettri di emissione si hanno spettri di assorbimento che si ottengono quando la luce bianca viene fatta passare attraverso un elemento. 16

17 Il confronto tra spettro di emissione e d assorbimento di una stesso elemento mostra che le righe di emissione hanno la stessa posizione di quelle di assorbimento, ciò significa che ogni elemento assorbe lo stesso tipo di radiazione che è in grado di emettere ( principio di inversione dello spettro ) La fotografia mostra lo spettro di emissione del mercurio Gli spettri di un elemento rappresentano un messaggio sulla struttura dell atomo di quell elemento. Il primo passo per decifrare questo messaggio fu fatto da Balmer ( ) che nel 1885 riuscì ad esprimere le frequenze ν delle righe dello spettro dell atomo di idrogeno con la seguente formula, detta serie di Balmer ν = R ( 1 / 4 1 / n² ) n = 3, 4, 5, 14) Dove R = 3, Hz è la costante di Rydberg 17

18 Negli anni successivi Lyman, Paschen e Brackett scoprirono altre serie di righe rispettivamente nell ultravioletto e nell infrarosso In conclusione l intero spettro dell atomo di idrogeno può essere espresso dalla formula ν = R ( 1 / m² - 1 / n² ) 15) dove per m = 1, 2,3,4 si hanno rispettivamente le serie di Lyman, Balmer, Paschen e Brackett ed n assume valori interi maggiori di m. LA QUANTIZZAZIONE DI BOHR In questi anni si svilupparono i modelli dell atomo plum pudding di Thomson ( ), lo scienziato che scoprì l elettrone, modello che fu abbandonato per il modello di Rutherford, che tuttavia non riusciva a spiegare due fatti: 1) secondo l elettrodinamica classica un elettrone, ruotando, irraggia energia quindi alla fine dovrebbe cadere sul nucleo; il tempo previsto per perdere tutta l energia è dell ordine del centomilionesimo di secondo! 2) la frequenza di rotazione dovrebbe diventare sempre più grande con il diminuire del raggio dell orbita e la radiazione emessa dovrebbe dar luogo ad uno spettro continuo in disaccordo con i fatti sperimentali Niels Bohr ( ) nel 1911, riprendendo l ipotesi dei quanti, enunciò i seguenti postulati: 1) l elettrone ruota su orbite stazionarie senza perdere energia 2) le orbite stazionarie sono caratterizzate da avere un momento angolare L multiplo intero della costante di Planck secondo la seguente formula (quantizzazione del momento angolare) L = n h / 2π n= 1, 2, ) 18

19 3) un elettrone può passare da un orbita stazionaria ad un altra di energia inferiore, emettendo un quanto di radiazione di frequenza ν, secondo la relazione Efin Ein = hν 17) I primi due postulati sono in pieno contrasto con la fisica classica: il primo ammette che una carica elettrica possa ruotare senza irraggiare, il secondo introduce la quantizzazione per le orbite, escludendo quindi infinite orbite, il terzo spiega il meccanismo dell irraggiamento L ASPETTO ONDULATORIO DELLA MATERIA La teoria di Bohr non soddisfaceva completamente i fisici nel periodo tra il 1913 ed il 1925 : infatti non spiegava alcuni fatti ( ad esempio l intensità delle righe spettrali ) ed era incongruente in quanto faceva uso di alcune leggi della fisica classica ma ne rinnegava altre. Tra il 1925 ed il 1927 per opera di alcuni fisici quali de Broglie, Heisenberg, Schrödinger, Born, Pauli, Dirac ed altri si sviluppò una nuova teoria, la meccanica quantistica, che riuscì a spiegare con successo tutti i fenomeni atomici conosciuti Lunghezza d onda di de Broglie L idea di de Broglie ( ) fu il punto di partenza per la costruzione della meccanica quantistica. De Broglie prese come modello le orbite elettroniche di Bohr per il suo modello di onde. Immaginò che ogni elettrone, muovendosi lungo un orbita, fosse accompagnato da un onda. La prima orbita quantica portava una sola onda, la seconda due e così via: quindi la lunghezza della prima onda sarà uguale alla lunghezza della prima orbita 2πr 1, quella della seconda uguale alla metà della lunghezza della seconda orbita 2πr 2 /2 e così via. Le relazioni introdotte da Einstein per i fotoni E = hν = ħ2π / T= ħω p = h / λ 18 ) si applicano anche ad una particella, come un elettrone 19

20 Quindi per de Broglie l aspetto corpuscolare dei fenomeni è una manifestazione di una legge generale che vale sia per la radiazione sia per la materia. Per l elettrone nell atomo la meccanica classica prevede un orbita chiusa, quindi perché sia stabile, l onda associata all elettrone dovrà richiudersi su se stessa, quindi, come detto sopra, la lunghezza dell orbita deve essere uguale ad un numero intero di lunghezze d onda (v.fig.7). Fig. 7 2π rn = n λ 19 ) dove rn è il raggio dell orbita le orbite risultano così quantizzate ; confrontando 18 ) e 19) si ottiene 2π rn = n h / p 20) m v rn = n h / 2π 21) che coincide con la quantizzazione del momento angolare 16) vista precedentemente. 20

21 Esperimento di Davisson e Germer Le ipotesi di de Broglie vennero confermate da un esperimento realizzato nel 1927 da Davisson e Germer. Essi inviarono contro un bersaglio di nichel un fascio di elettroni ( v. fig.8 ) con lunghezza d onda dello stesso ordine di grandezza del passo reticolare, misurarono la distribuzione degli elettroni e trovarono una distribuzione di elettroni con massimi e minimi disposti regolarmente fig.8 21

22 La fig.9 mostra il confronto tra le figure di diffrazione ottenute con elettroni, a sinistra, e con raggi X, a destra. Dato che la lunghezza d onda è confrontabile con quella dei raggi X di eguale energia si possono confrontare le figure create sullo stesso bersaglio fig.9 Questo risultato poteva essere spiegato solo come interferenza delle onde con lunghezza d onda di de Broglie associate agli elettroni. Heisenberg dirà:luce e materia sono fenomeni fisici unitari; la loro apparente doppia natura deriva soltanto dalla sostanziale insufficienza del nostro linguaggio. L equazione d onda di Schrödinger De Broglie non elaborò però subito una teoria matematica del fenomeno; nel 1926, circa un anno dopo la sua pubblicazione, un fisico austriaco Erwin Schrödinger scrisse un equazione generale per le onde di de Broglie dimostrandone la validità per ogni tipo di moto elettronico. Questa equazione è molto simile alle equazioni d onda relative alla propagazione delle onde sonore e delle onde elettromagnetiche: ne riparleremo più avanti. I risultati, relativi ai livelli energetici dell atomo di idrogeno,ottenuti sulla base 22

23 dell equazione di Schrödinger sono identici a quelli ottenuti in base alla teoria di Bohr, ma cambia notevolmente l aspetto fisico. Secondo Bohr si avevano orbite circolari ed ellittiche su cui ruotano gli elettroni puntiformi, secondo Schrödinger invece il moto degli elettroni era governato dalle onde di de Broglie a tre dimensioni che circondavano il nucleo atomico e le cui frequenze di vibrazione erano determinato da forze elettriche e magnetiche. Il fallimento dei concetti familiari La fisica quantistica, come abbiamo detto, si basa su un formalismo matematico potente ma non trasferibile in linguaggio comune; cerchiamo quindi di esporla in modo semplice non tralasciandone ovviamente il rigore. Ricordiamo che la fisica classica distingue essenzialmente due categorie di oggetti; i corpuscoli da una parte e le onde dall altra. I corpuscoli sono entità puntiformi, localizzate in una regione di spazio ristretta, le onde non sono localizzate con precisione. Le onde non trasportano materia, trasmettono energia ed informazione. Le onde sono in grado di sovrapporsi, mentre due corpuscoli sono incapaci di farlo. Sembrerebbe quindi che non ci sia una parentela tra onda e corpuscolo: per ogni fenomeno fisico ci si può chiedere. appartiene al campo delle onde o dei corpuscoli? Interrogativo che ha raggiunto l apice nel XIX sec: la luce è un onda o un corpuscolo? L esperimento delle due fenditure Questo esperimento, del quale Feynman diceva che riassumeva l essenza dell anomalia quantistica, dimostra in definitiva che questi due approcci, ondulatorio e corpuscolare, devono essere superati. Immaginiamo una macchina che lanci palline, con stessa velocità ma in direzioni casuali verso un muro in cui vi sono due fenditure parallele e ravvicinate. Collochiamo, oltre il muro, alcune scatole dove vengono raccolte le palline che oltrepassano il muro passando attraverso una delle due fenditure. v.fig.1 23

24 fig.1 Se, dopo aver lanciato un gran numero di palline, si contano quelle raccolte, si ottiene un campionamento che indica come varia la probabilità di arrivo al variare del punto di impatto. La probabilità P12 che una pallina arrivi in una certa scatola quando le due fenditure sono aperte è la somma della probabilità P1 che arrivi quando è aperta solo la fenditura 1 e della probabilità P2 che arrivi quando è aperta solo la fenditura 2 P12 = P1 + P2 Cioè la pallina deve passare o dalla fenditura 1 o dalla 2 per poter arrivare ad una certa scatola Ripetiamo lo stesso esperimento utilizzando delle onde Si ottiene un risultato molto diverso da quello ottenuto con le palline: compaiono le frange di interferenza : v. fig2 24

25 Fig.2 L esperimento delle due fenditure quindi ci permette di stabilire il tipo di oggetto con cui abbiamo a che fare: onde se da luogo a interferenza, corpuscoli in caso contrario. 25

26 Ripetiamo ora l esperimento utilizzando degli elettroni. v.fig.3 fig.3 Un cannone elettronico invia elettroni su una lastra su cui si aprono due fenditure; al di là della lastra è presente un rivelatore Se immaginiamo che gli elettroni siano corpuscoli ci aspettiamo di ritrovare lo stesso risultato ottenuto nel caso delle palline: ma sullo schermo si osservano frange di interferenza, segno di un comportamento ondulatorio. Riduciamo l intensità del cannone in modo che gli elettroni fuoriescano uno alla volta: si constata che ogni elettrone arriva in un punto ben preciso, ma all accumularsi degli impatti si osservano nuovamente le frange di interferenza. v.fig.4 26

27 Fig.4 Non sono corpuscoli (danno luogo a interferenza),ma neanche onde (vengono rivelati come macchioline che accumulandosi danno luogo a figure di interferenza) Ripetendo più volte l esperimento aprendo entrambe o una sola delle due fenditure si osserva che gli stati aperto o chiuso delle due fenditure condizionano la distribuzione spaziale degli elettroni sullo schermo; non possiamo dire attraverso quale fenditura passano gli elettroni 27

28 Ripetendo l esperimento cercando di individuare la fenditura attraverso cui passa l elettrone, otteniamo un comportamento identico a quello delle palline. v. fig.5 fig.5 Non è quindi possibile osservare l interferenza identificando contemporaneamente la fenditura attraverso cui passa l elettrone. Conclusioni dell esperimento I risultati dell esperimento sono validi per tutte le entità chiamate particelle 1) se si utilizza un dispositivo che rende i cammini indistinguibili si manifesta il carattere ondulatorio, se invece si utilizza un dispositivo che permette di distinguere i cammini si evidenzia il carattere corpuscolare 2) le particelle sono state in qualche modo disturbate dalla misura: ogni misura sembra interagire tra l oggetto microscopico su cui si effettua la misura e lo strumento, che è macroscopico. 28

29 Il punto cruciale sta nel riconoscimento del fatto che qualunque tentativo di analisi, inteso nel modo proprio della fisica classica dell individualità dei processi atomici, risulterebbe frustrato, in quanto condizionato dal quanto di azione, dall ineliminabile interazione tra gli oggetti atomici e gli strumenti di misura. ( Niels Bohr ) Questa concezione dell operazione di misura non esisteva nella fisica classica. Che senso ha allora parlare delle proprietà di un oggetto microscopico finché su di esso non è stata effettuata una misura? Questo interrogativo sulla realtà delle cose al di fuori della misura o dell osservazione, ce lo saremo già posti quando ci siamo domandati se la lampadina del frigorifero sia davvero spenta quando la porta è chiusa. Riprenderemo più avanti questo aspetto con il postulato di misura 3) un esperimento appare parziale e finalizzato. Uno strumento di misura rende evidente una particolare grandezza, ma non un altra. Approfondiremo più avanti questo aspetto analizzando il principio di complementarità la natura della strumentazione determina quindi la tipologia dei fenomeni osservati 4) il concetto di traiettoria fondamentale in fisica classica, crolla. Infatti osservando le frange di interferenza non siamo in grado di dire quale percorso hanno seguito le particelle. 5) l idea classica per cui le condizioni iniziali e le forze in gioco permettono di determinare il moto di una particella viene meno. infatti non sappiamo dire anticipatamente con certezza in quale punto la particella colpirà lo schermo. Nella meccanica ondulatoria di Schrödinger il ruolo dell onda è assunto dalla funzione d onda, ψ, e, nell esperimento della doppia fenditura si parla di sovrapposizione delle due funzioni d onda che si hanno quando è aperta ognuna delle due fenditure: ma si tratta di onde di probabilità e non di onde nel senso classico del termine. Secondo l'interpretazione di Max Born quest'onda indica la probabilità di trovare la particella in un determinato punto e dal punto di vista matematico questo valore è dato da ψ 2. Questa interpretazione probabilistica di ψ è lo strumento per creare il legame tra le formule della fisica quantistica e l'osservazione dell'esperimento: è per così dire il primo passo dell'interpretazione 29

30 Una nuova rappresentazione degli oggetti fisici Tutte le particelle a volte presentano aspetti ondulatori a volte corpuscolari : questa ambiguità, sviluppata da Bohr nel 1927 consiste nel dire che questi due aspetti sono complementari. Questo concetto sfociò nelle discussioni dell epoca a proposito dell interpretazione della fisica quantistica provocando la divisione del gruppo dei fondatori: Planck, Einstein, Schrödinger e de Broglie da una parte e Heisenberg, Pauli, Born e Dirac dall altra. E evidente che nel comportamento dell elettrone c è un aspetto riconducibile a quello ondulatorio. Se l esperimento viene realizzato con le onde l interferenza viene spiegata con l principio di sovrapposizione. Qual è allora l equivalente dell altezza di un onda nell acqua per l elettrone? E l ampiezza di probabilità dove ampiezza ricorda l aspetto ondulatori e probabilità anticipa l interpretazione del formalismo che verrà data in seguito. Un ampiezza di probabilità non è altro che un numero complesso il cui valore è funzione delle coordinate spaziali e temporali come l altezza di un onda nell acqua dipende dalla posizione e dal tempo. Sia a 1 l ampiezza di probabilità nel caso in cui sia aperta solo la fenditura 1 e P 1, la probabilità che l elettrone compaia in un punto M dello schermo, sia data dal modulo elevato al quadrato di a 1 e analogamente se si apre la fenditura 2 : P 1 = a 1 2 e P 2 = a 2 2 Se sono aperte entrambe le fenditure la probabilità P 12 compaia in un punto M dello schermo sarà: che un elettrone P 12 = a 1 + a 2 2 Il quadrato di una somma non è uguale alla somma dei quadrati, di conseguenza la probabilità P 12 non è uguale alla somma delle probabilità P 1 e P 2. In particolare la probabilità P 12 che un elettrone si manifesti in un punto in cui a 1 e a 2 sono opposte è nulla: sono le frange scure dove non compare alcun elettrone come l equivalente caso delle onde nell acqua. 30

31 Teniamo conto di questa descrizione in termini probabilistici del fatto che gli elettroni, se numerosi, producono una figura di interferenza, quando si esporrà la sostanza del formalismo quantistico. Il principio di Heisenberg Werner Heisenberg è stato uno dei uno dei padri della fisica quantistica; nel 1928 scoprì che ci sono casi in cui due grandezze fisiche non possono essere determinate nello stesso tempo e con precisione o meglio non possono essere predeterminate con precisione: non solo non si può sapere cosa accade in certi fenomeni, ma pare che la stessa natura non si decida a fare delle scelte. Quindi il principio di Heisenberg, chiamato di indeterminazione, contrariamente a quanto spesso si afferma implica una limitazione della precisione delle misura solo in un senso lontano dalla accezione comune del termine. Questo principio può essere dimostrato in modo rigoroso a partire da una caratteristica degli operatori che il formalismo quantistico associa a ogni tipo di misura: la loro non commutatività. Questo termine indica la dipendenza dei risultati sperimentali dall ordine cronologico in cui vengono utilizzati gli strumenti. Già il filosofo greco Zenone di Elea più di 2000 anni fa, si era posto il problema: una freccia in volo non si poteva trovare, in alcun momento, in un punto determinabile con precisione, perché se così fosse il moto non sarebbe possibile. Heisenberg propose un esempio analogo, quello di voler colpire un oggetto con un proiettile, ma questo presuppone di conoscere la traiettoria (insieme delle posizioni occupate successivamente dal proiettile ) di quest ultimo, cioè di vederlo e quindi dovrà essere illuminato. La luce però esercita una pressione di radiazione minuscola per gli oggetti macroscopici ma gigantesca per una particella. Da qui il dilemma : o si irraggia la particella perturbando così la sua traiettoria o non la si irraggia, e non si saprà nulla sulla sua traiettoria. C è anche un altra considerazione da fare: in base alle leggi dell ottica, per poter vedere la particella la luce dovrà avere una lunghezza d onda dello stesso ordine di grandezza della particella stessa e se questa è piccola anche la lunghezza d onda sarà piccola, quindi trasporterà una grande energia e l impulso trasferito sarà grande; se viceversa, per avere un trasferimento di energia piccolo invio un fascio di luce con piccola frequenza, quindi grande lunghezza d onda, non si riuscirà a vedere 31

32 l elettrone. Una riduzione dell indeterminazione sulla posizione della particella comporta quindi un aumento dell indeterminazione sulla sua velocità. In generale questa conclusione viene riassunta dicendo che non si possono conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella quantistica. Ma questa formulazione è discutibile perché presuppone che ogni particella sia un corpuscolo e lascia intendere che esistano una posizione esatta ed una velocità esatta. Il modo corretto di interpretare il principio di Heisenberg non consiste nel dire che è impossibile determinare contemporaneamente posizione e velocità ma nell affermare che esse non possiedono mai questi due attributi contemporaneamente, non è possibile preparare uno stato di un sistema che abbia contemporaneamente valori ben definiti per due osservabili. Come per l indeterminazione anche la complementarità introdotta da Bohr, accennata precedentemente, non è un principio ma può essere ricavato dagli assiomi. Il principio di complementarità può essere enunciato nel seguente modo: non è possibile conoscere contemporaneamente tutte le proprietà che un oggetto può avere. Tornando al principio di Heisenberg, questo non è quindi una limitazione della nostra possibilità di conoscenza ; nel quadro quantistico la posizione o l impulso possono essere misurati con una precisione grande a piacere, semplicemente le misure di queste grandezze effettuate su sistemi fisici preparati nello stesse condizioni non daranno gli stessi risultati. Sono statisticamente dispersi. Il principio di Heisenberg stabilisce che il prodotto tra la dispersione sulla misura della posizione e la dispersione sul valore dell impulso non può mai essere nullo, deve essere maggiore o uguale a un numero diviso per 4π ΔxΔp h/4π Δx indica la precisione della misura dell osservabile posizione Δp la precisione della misura dell osservabile quantità di moto e ħ = h / 2π ( h tagliata ) La costante di Planck la costante di Planck h e ha il valore di 6, J s, costante introdotta da Planck nel 1900 per la spiegazione del problema del corpo nero. La costante 32

33 di Planck è una costante universale ed è diventata l emblema del mondo quantistico. Rappresenta l azione, una grandezza fisica che ha le dimensioni di un energia per un tempo o di un impulso per una lunghezza e la cui esistenza significa che due sistemi possono interagire solo se si scambiano qualcosa che non può essere ridotto a niente. E da questa costante che il mondo quantistico trae la sua strana specificità: un universo in cui la costante fosse nulla sarebbe banalmente classico L effetto tunnel Un fenomeno reso possibile dal principio di H.eisenberg è l effetto tunnel. Andiamo sulle Alpi, lanciamo una pallina verso la cima di una montagna, via via che sale perde velocità, perde energia cinetica ed aumenta quella potenziale gravitazionale in modo che l energia totale resti costante: o. la pallina riesce ad oltrepassare la vetta o tornerà indietro: è stata riflessa da una barriera di potenziale. La meccanica classica impedisce ad una palina che non possegga una velocità sufficientemente elevata di oltrepassare la vetta. In fisica quantistica è diverso. La violazione di questa legge della fisica classica da luogo all effetto tunnel, identificato nel1928 da George Gamow relativamente ad un fenomeno del campo della radioattività : una particella può apparire dall altra parte di una barriera di energia anche se, per le leggi della meccanica classica, non dovrebbe essere in grado di oltrepassare. E come se questa barriera, la nostra montagna, fosse bucata da un tunnel attraverso il quale la particella, dopo vari tentativi, riesce a passare. La fisica quantistica non dice che tutte le particelle riescono a passare, dimostra che la probabilità che una particella ha di passare, e l esperienza lo dimostra, non è rigorosamente nulla. L effetto tunnel interviene per esempio nel campo dell elettronica: ci sono diversi dispositivi basati sulla possibilità che un elettrone attraversi per effetto tunnel zone proibite dalla meccanica classica, come ad esempio il microscopio ad effetto tunnel. 33

34 Nucleo essenziale del formalismo matematico La fisica quantistica si basa su un formalismo matematico estremamente rigoroso :vediamo di esporne il nucleo essenziale. Una proprietà che accomuna tutte le tipologie di onde è il principio di sovrapposizione, la fisica quantistica la riprende, la generalizza dandole una portata molto ampia. Un sistema fisico è definito da un certo numero di caratteristiche che sono identiche per tutti i sistemi dello stesso tipo e da altre grandezze che possono variare da uno all altro. In fisica classica l insieme di queste quantità forma lo stato del sistema, per esempio della particella, cui evoluzione temporale determinata dalla legge fondamentale della dinamica di Newton. Come rappresentare l equivalente di questo stato nella fisica quantistica? Formalizziamo maggiormente l esperimento delle due fenditure di cui avevamo dato una spiegazione abbozzata. Rappresentiamo lo stato di un sistema fisico per mezzo di alcune entità, indicate con a, b, c. che debbano soddisfare due proprietà 1) vale il principio di sovrapposizione, nel senso che se a e b sono due stai possibili anche lo stato (a + b ) è uno stato possibile del sistema. Generalizziamo cioè il principio di sovrapposizione delle onde a qualunque sistema fisico 2) queste quantità possono essere moltiplicate per un numero qualunque, come nel caso delle onde si può parlare di onda di ampiezza doppia o tripla rispetto ad un altra Le entità matematiche che soddisfano a queste due proprietà sono i vettori e l insieme dei vettori si chiama spazio vettoriale. Chiameremo quindi le entità a, b, c che rappresentano i diversi stati possibili vettori di stato ( funzione d onda in una vecchia terminologia ). Le osservabili fisiche, cioè ciò che si può misurare, sono descritte tramite operatori lineari. I vettori di stato sono il mezzo con cui il formalismo quantistico rappresenta gli stati fisici dei sistemi e sono funzioni dello spazio e del tempo; questa è l idea fondamentale della fisica quantistica: impone l addizione a tutti. Bisogna però chiarire il significato di vettore che non è quello classico ( oggetto nello spazio ordinario caratterizzato da modulo e direzione). Uno spazio vettoriale matematico è una costruzione astratta che può avere come non avere nulla a che fare con lo spazio ordinario: questi spazi vettoriali usati per definire gli spazi quantistici sono chiamati spazi di Hilbert; uno spazio di Hilbert può avere un numero di dimensioni finito o infinito. 34

35 Paradossi quantistici: il barile di polvere e il gatto di Schrődinger Come sopra detto Il formalismo della fisica quantistica opera in spazi vettoriali astratti ( spazi di Hilbert) che possono avere un numero infinito di dimensioni e quindi molto lontani dallo spazio fisico dove avvengono gli eventi che il formalismo pretende di descrivere. Si crea quindi una distanza tra la rappresentazione dei fenomeni ed i fenomeni stessi. A partire dal 1935 Einstein e Schrödinger per evidenziare l aspetto paradossale del principio di sovrapposizione idearono ciascuno un esperimento mentale: il barile di polvere ( Einstein) e il gatto di Schrödinger (Schrödinger ). Il barile di polvere. Ad un barile di polvere da sparo instabile chimicamente è accoppiato un atomo radioattivo la cui disintegrazione rilascia energia sufficiente ad innescare l esplosione. Dal momento che la disintegrazione può essere prevista solo n modo probabilistico il vettore di stato dell atomo è la sovrapposizione dello stato atomo disintegrato e dello stato atomo non disintegrato. Analogamente lo stato del barile sarà la sovrapposizione di barile esploso e barile non esploso. Ma nel mondo macroscopico sovrapposizioni di stato del genere non esistono Il gatto di Schrődinger. Immaginiamo una scatola all interno della quale si trovi un gatto ed immaginiamo uno strumento in grado di rivelare l emissione di una particella da parte di un atomo radioattivo che si disintegra, collegato ad un martello che, in caso di disintegrazione dell atomo,si abbatte su una fiala, posta nella scatola, contenete un gas mortale provocandone la rottura e la morte istantanea del gatto. Il vettore di stato del sistema ( scatola+gatto+martello+fiala) è complesso ed è dato dalla sovrapposizione dello stato Atomo disintegrato martello abbassato fiala rotta gatto morto e dello stato atomo non disintegrato martello alzato fiala intatta gatto vivo Finché non si compie un osservazione il gatto è né vivo né morto Schrődinger, dal suo punto di vista, introduce la soggettività, assenza o presenza di un osservatore Spieghiamo cosa succede quando ci sono sovrapposizioni di stati. Consideriamo una particella che può esistere in due stati diversi rappresentati rispettivamente dal vettore di stato a e b 35

36 Fig.6 L apparecchiatura è schematicamente rappresentata nella figura 6 La particella proviene da sinistra attraverso il canale I e viene diretta nel canale A se si trova nello stato a e nel canale B se ritrova nello stato b. Dobbiamo descrivere anche lo stato della particella dal punto di vista spaziale, cioè specificare in quale canale (I, A o B) si trova ricorrendo ai vettori di stato indicati con I, A, B. Lo stato completo della particella che specifica il suo stato interno e la sua localizzazione sarà dato dal prodotto dei vettori I,A,B con i vettori di stato interni a, b Con questa notazione una particella che si trova nello stato interno a ed è situata nel canale I sarà rappresentata dal prodotto ai. Avremo quindi ai aa bi bb per il principio di sovrapposizione: anche (a + b ) è un possibile stato interno della particella e si avrà (a + b ) I aa + bb Cioè il suo vettore di stato si ottiene sommando membro a membro le due relazioni precedenti Come si può interpretare il membro di destra? E a combinazione di due termini, canale A e canale B,, ma se la particella è indivisibile non può ripartirsi nei due canali; anche uno strumento posto all uscita dei canali rivelerebbe particella in A o in B, mai in entrambi 36

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