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1 UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI Dipartimento di Chimica Mauro Rustici Dipartimento di chimica, Via Vienna 2, SASSARI Elementi di Chimica Generale e Inorganica Anno Accademico 2008/2009

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3 Indice 1 PREFAZIONE Prefazione Materia ed Energia Materia ed Energia Elementi e composti Teoria atomica di Dalton Particelle fondamentali dell atomo Numero atomico, numero di massa. Isotopi Pesi atomici e unità di massa atomica Mole. Numero di Avogadro Teorie Atomiche Modello atomico di Bohr Dualismo onda particella Modello quantomeccanico dell atomo Atomi polielettronici struttura elettronica e tavola periodica degli elementi Legame Chimico Legame Chimico Legame Ionico Legame Covalente Legami covalenti polari Geometria molecolare Geometria molecolare Strutture di Lewis a legame singolo Eccezioni alla regola dell ottetto Teoria VESPR e forma molecolare Forma molecolare e polarità

4 4 INDICE 6 Legame covalente Teoria del legame covalente Teoria del legame di valenza legami singoli e doppi Teoria Orbitale molecolare MO legame metallico Stati di aggregazione della materia Stati di aggregazione della materia Forze intermolecolari Stato gassoso Stato liquido Stato solido Soluzioni Soluzioni Proprietà colligative Abbassamento della tensione di vapore Innalzamento ebullioscopico Abbassamento crioscopico Pressione osmotica Equilibrio chimico Equilibrio chimico Equilibri eterogenei implicanti fasi gassose Equilibri di solubilità Equilibri acido base Prodotto ionico dell acqua Acidi e basi deboli Acidi poliprotici Equilibri idrolitici Soluzioni tampone Processi elettrochimici e reazioni redox Processi elettrochimici e reazioni redox Serie dei potenziali normali

5 Capitolo 1 PREFAZIONE 1.1 Prefazione La chimica studia la costituzione dell intero universo e in particolare possiamo dire che studia la materia, le sue proprietà le trasformazioni ad essa associate. Cercheremo pertanto di introdurre alcuni concetti fondamentali per affrontare lo studio di tale disciplina. In particolare attraverso lo studio della chimica riusciremo a correlare le proprietà macroscopiche di una sostanza mediante le sue proprietà microscopiche. In altre parole si cercherà di comprendere le proprietà osservabili mediante le proprietà non osservabili. Possiamo così chiederci perchè un liquido bolle? Perchè i metalli fondono a differenti temperature? Perchè il metano brucia?

6 6 PREFAZIONE

7 Capitolo 2 Materia ed Energia 2.1 Materia ed Energia La materia costituisce la sostanza che ci circonda e che presenta una massa e un volume. In particolare la chimica è interessata alla composizione della materia e ai tipi e alle quantità di sostanze semplici che la costituiscono. Una sostanza è un tipo di materia con composizione definita e costante. Per conoscere la materia è necessario conoscere le sue proprietà che possiamo distinguere in proprietà fisiche e proprietà chimiche, le prime sono quelle proprietà che una sostanza ha di per sé come il colore, il punto di fusione, la densità la polarizzabilità e così via. Le proprietà che invece sono relative alla capacità che ha la materia di cambiare la propria composizione appartengono alla seconda categoria. La materia come è noto si trova in tre forme fisiche definite come stato gassoso, stato liquido e stato solido. Vedremo che questi tre stati della materia sono in relazione tra loro attraverso la temperatura e attraverso le forze di coesione che sussistono tra i vari elementi che la costituiscono. Cercheremo di capire le proprietà macroscopiche di una sostanza (osservabili) mediante le proprietà microscopiche che non sono direttamente osservabili. Le trasformazioni chimiche e fisiche sono accompagnate generalmente da variazione di energia cercheremo pertanto di capire in che modo l energia permette il verificarsi di questi processi fisici o chimici Elementi e composti La materia si presenta in stati di aggregazione diversi a seconda della temperatura e della pressione, è costituita da particelle elementari piccolissime, dette atomi che si differenziano per le loro proprietà. Gli atomi con le stesse proprietà costituiscono gli elementi. Attualmente si conoscono 118 elementi di cui solo 90 presenti in natura mentre tutti gli altri sono ottenuti artificialmente. I 90 elementi naurali si trovano in natura in percentuali diverse. Mentre gli elementi sono costituiti da atomi della stessa specie, i composti sono costituiti da due o più atomi di specie

8 8 Materia ed Energia diverse presenti in proporzioni definite e costanti. Un aggregato di pochi atomi costituisce una molecola. La concezione atomistica della materia (benchè si faccia risalire a Democrito) risale in realtà al 1800 in cui lo scenziato inglese John Dalton propose una teoria atomica basata sull esperienza. La prima delle leggi storiche della stechiometria si deve al chimico Lavoiser il quale alla fine del 1700 ebbe l intuizione di seguire il decorso delle reazioni chimiche utilizzando la bilancia come metodo quantitativo di controllo. Fino ad allora si pensava che i metalli scaldati all aria perdessero il cosiddetto flogisto trasformandosi in calce. Fu lavoiser che controllando il peso della massa prima della reazione e dopo si accorse che il peso aumentava dopo il riscaldamento. I numerosi esperimenti effettuati portarono alla legge empirica della conservazione della massa. In una trasformazione chimica la massa dei reagenti è uguale a quella dei prodotti, in altre parole nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma Teoria atomica di Dalton La legge di Lavoiser e le altre che seguirono condussero Dalton ad esprimere la sua teoria atomica: a La materia è costituita da particelle indivisibili dette atomi. b Gli atomi sono caratterizzati da una loro massa. Gli atomi di uno stesso elemento hanno la stessa massa e le stesse proprietà; elementi diversi hanno proprietà e masse diverse. c I composti sono formati dalla combinazione chimica di atomi di differenti elementi in un rapporto espresso da numeri piccoli e interi. d nel corso di una reazione chimica gli atomi non si creano né si distruggono e mantengono la loro individualità. La teoria atomistica formulata da Dalton oltre ad interpretare in modo soddisfacente molte osservazioni sperimentali ha costituito un approccio euristico per individuare nuove speculazioni tra cui la determinazione delle masse atomiche. Secondo Dalton ogni atomo aveva una massa (peso atomico): prendendo come unità di misura il peso dellidrogeno pari a 1 costruì nel 1803 la prima tabella dei pesi atomici. Il chimico Avogadro nel 1811 sulla base di osservazioni sperimentali ipotizzò che le particelle ultime che costituiscono gli elementi allo stato gassoso fossero costituiti da raggruppamenti atomici dette molecole. In particolare enunciò il seguente postulato

9 Materia ed energia 9 volumi uguali di gas diversi nelle stesse condizioni di temperatura e pressione contengono lo stesso numero di molecole In questo modo si poteva comprendere dai dati sperimentali perchè 1 mole di cloro mescolata con una mole di idrogeno potesse dare 2 moli di acido cloridrico e non solo 1 mole di acido cloridrico. infatti se la reazione fosse stata H + Cl = HCl i rapporti stechiometrici sarebbero stati 1:1:1 dato che sperimentalmente si ottenevano rapporti stechiometrici di 1:1:2 si doveva assumere che la reazione avesse luogo tra molecole H 2 + Cl 2 = 2HCl analogamente per la reazione di produzione dell ammoniaca a partire dai suoi elementi ci si sarebbe attesi 3H + N = NH 3 un rapporto stechiometrico del tipo 3:1:1. Viceversa sperimentalmente si ottenevano rapporti stechiometrici 3:1:2 Che potevano essere perfettamente spiegati attraverso l ipotesi di Avogadro, ipotizzando cioè l esistenza delle molecole quindi 3H 2 + N 2 = 2NH 3 Unimmediata applicazione pratica dellipotesi di Avogadro è data dalla determinazione delle masse molecolari ed atomiche relative delle varie sostanze allo stato gassoso. Supponiamo che w A e w B siano le masse di volumi uguali di gas contenenti un ugual numero di molecole. Il rapporto w A /w B costituisce il rapporto delle masse delle molecole dei due gas. Sia inoltre ρ r la densità relativa (cioè il rapporto tra la densità di una sostanza rispetto ad una sostanza di riferimento entrambe nelle stesse condizioni di temperatura e pressione), ρ A e ρ B le densità dei gas A e B e infine w A e w B i pesi dei due gas occupanti un uguale volume V nelle stesse condizioni di pressione e temperatura allora ρ A = w A V ρ B = w B V la densità relativa del gas A rispetto al gas B sarà (2.1)

10 10 Materia ed Energia ρ r = ρ A ρ B = w A w B (2.2) poiché w A e w B contengono lo stesso numero di molecole il loro rapporto deve essere uguale al rapporto tra i rispettivi pesi molecolari M A e M B intesi come sommatoria dei rispettivi pesi atomici degli atomi costituenti le molecole. Quindi: ρ r = ρ A ρ B = M A M B (2.3) In questo modo il chimico italiano calcola con buona approssimazione il peso atomico dellossigeno e lo valuta circa 15 volte quello dellidrogeno anzichè 8 volte, come allora si riteneva. Se infatti si esegue il rapporto tra le masse di un litro di ossigeno e un litro di idrogeno, nelle stesse condizioni di temperatura e di pressione, si hanno i seguenti risultati: massa di un litro di ossigeno massa di un litro di idrogeno = = 16 Considerando valido il principio di Avogadro, il valore 16 rappresenta quante volte la massa di una molecola di ossigeno supera quella di una molecola di idrogeno. Ripetendo la stessa esperienza per altri gas, si potranno determinare le masse molecolari relative di tutti gli elementi allo stato gassoso (per lazoto 14, per lelio 2 ecc). Ponendo, per convenzione, la massa molecolare dellidrogeno pari a 2 (perché la molecola di idrogeno è biatomica) e conoscendo il rapporto tra le masse di ossigeno ed idrogeno, si attribuirà alla molecola di ossigeno una massa pari a 32, a quella dellazoto 28, a quella dellelio 4 ecc). La sua ipotesi, però, non venne accettata dai due chimici più autorevoli del tempo: Berzelius, che non riusciva ad immaginare come due atomi simili potessero legarsi tra loro, e Dumas. Passerà quasi mezzo secolo prima che i chimici possano rivalutare le ipotesi di Avogadro. Fu grazie allopera di un altro chimico italiano, che lipotesi di Avogadro venne rilanciata; Stanislao Cannizzaro comprese che proprio quelle idee costituivano la base per spiegare buona parte dei risultati di laboratorio conseguiti negli ultimi anni. Se B è l idrogeno per il quale Cannizzaro assunse il peso atomico 1 e quindi peso molecolare 2 per la molecola biatomica la densità relativa sarà allora espressa come ρ r = M A 2 M A = 2ρ r (2.4)

11 Materia ed energia 11 I pesi molecolari ottenuti da misure di densità permisero a Cannizzaro di determinare, attraverso l analisi chimica, la quantità con cui un elemento era contenuto in una quantità di composto numericamente uguale al suo peso molecolare. Cannizzaro ritenne che il peso atomico di un elemento è dato dalla più piccola quantità in peso con cui l elemento si ritrova nei pesi molecolari dei suoi vari composti I pesi molecolari cosi determinati sono dei pesi realtivi e peratanto adimensionali Particelle fondamentali dell atomo Gli atomi contrariamente a quanto indicato dall etimologia della parola non sono particelle indivisibili. Sono approssimativamente sferici con un raggio dell ordine di m cioè di 1 Å con un volume quasi completamente vuoto e una massa concentrata nel nucleo atomico che varia intorno ai m. Il nucleo pur essendo circa volte più piccolo dell atomo contiene numerosissime particelle elementari legate tra loro da interazioni estremamente forti. Le principali particelle nucleari (responsabili della massa atomica) sono i protoni (cariche positivamente) e i neutroni (neutri) indicati generalmente con il nome di nucleoni. I neutroni hanno massa circa uguale a quella dei protoni. Lo spazio attorno al nucleo è è occupato da elettroni (carichi negativamente) particelle di massa trascurabile rispetto a quella dei nucleoni. Il valore assoluto della carica di un elettrone è pari a coulomb (C) assunto come valore della carica elementare. L atomo nel suo complesso è assunto elettricamente neutro. Quando ad un atomo sono sottratti elettroni abbiamo i cationi mentre se un atomo assume elettroni abbiamo gli anioni Numero atomico, numero di massa. Isotopi Il numero dei protoni (o degli elettroni) caratterizza l atomo e le sue proprietà. Esso viene chiamato numero atomico e rappresentato con la lettera Z. Il numero totale di nucleoni, vale a dire la somma di protoni e neutroni costituisce il numero di massa e rappresentato con il simbolo A. In altre parole A = Z + N N = A Z Dove N rappresenta il numero di neutroni. Il numero atomico e il numero di massa caratterizzano in maniera univoca non solo i nuclei degli elementi, ma qualsiasi particella atomica o subatomica, mediante la notazione A Z X X= simbolo della particella (2.5)

12 12 Materia ed Energia ad esempio 12 6 C; 1 1p; 1 0n; dove abbiamo indicato il carbonio, il protone e il neutrone. Gli elementi sono sostanze costituite da atomi chimicamente identici e quindi con lo stesso numero atomico Z Gli atomi di uno stesso elemento possono avere un diverso numero di neutroni, in altre parole un diverso numero di massa A e sono chiamati isotopi. Una ventina degli elementi stabili non presenta isotopi (come il sodio o il fluoro). La maggior parte degli elementi è costituita da più isotopi. Esistono inoltre numerosissimi isotopi instabili come quelli radioattivi e in un tempo più o meno breve si trasformano in altri nuclei. Le quantità in cui gli isotopi sono presenti nella miscela isotopica vengono espresse con abbondanza percentuale o come abbondanza relativa (frazione con la quale l isotopo si trova nella miscela) Pesi atomici e unità di massa atomica Non potendo pesare gli atomi direttamente si è convenuto assegnare ad un atomo un peso atomico arbitrario. Si definisce allora peso atomico = massa dell atomo considerato massa dell atomo di riferimento (2.6) Si è assunta come unità di massa atomica (u) un unità di massa pari alla dodicesima parte della massa dell isotopo 12 6 C del carbonio. Così il peso atomico del carbonio-12 viene per definizione essere pari a 12. In base a questo campione la massa dell idrogeno è u. Se ad esempio si ottiene che il rapporto tra le masse del 28 Si e quella del 12 C è pari a allora il peso del 28 Si risulterà essere pari a Misurando inoltre la percentuale isotopica del silicio si possono ottenere i pesi atomici dei singoli isotopi. Possiamo allora pesare il singolo contributo isotopico in base alla sua percentuale e attraverso una media pesata si determina il peso atomico medio che risulterà essere nel caso del silicio pari a u. Abbiamo evidenziato che i nuclei atomici sono più o meno stabili, questa stabilità viene rappresentata dall energia di stabilità nucleare e tanto maggiore è l energia di legame nucleare e tanto maggiore risulta la stabilità del nucleo. Ad esempio consideriamo gli isotopi 1 1H e il deuterio 1 2H che si forma per addizione di un neutrone all isotopo più abbondante dell idrogeno secondo lo schema di reazione 1 1H n 2 1 H (2.7) si misura l esistenza di una variazione di massa m (cioè la differenza tra la massa dei nucleoni legati rispetto a quella della somma dei nucleoni liberi ) pari a Kg. Tale quantità è nota come difetto di massa.

13 Materia ed energia 13 Figura 2.1. Applicando la relazione di Einstein E = mc 2 si calcola che a questa perdita di massa corrisponde un energia di J. Ricordando che 1 ev è l energia acquistata da un elettrone in quiete sottoposto ad una differenza di potenziale di 1 V è pari a J e che quindi un megaelettronvolt MeV corrisponde a J questo implica che l energia espressa in MeV nella formazione del deuterio da un protone e da un neutrone è: E = / = MeV L energia sviluppata è di un milione di volte superiore all energia che si sviluppa nella formazione della molecola di idrogeno. Se si divide l energia di legame per il numero di nucleoni in esso contenuti si ottiene l energia di legame per nucleone. che nel caso del deuterio è pari a MeV. L energia di legame per nucleone corrisponde alla perdita media di massa di ogni nucleone che entra a far parte di un nucleo e misura la forza con cui il nucleone è legato al nucleo e rappresenta una misura quantitativa della stabilità del nucleo stesso. Dalla Figura 1 si evince che l energia di legame per nucleone dapprima aumenta rapidamente con l aumentare del numero di massa per poi raggiungere un

14 14 Materia ed Energia massimo di circa 8.8 MeV in prossimità del ferro per poi diminuire. Questo implica che tutti gli elementi sono più instabili rispetto al ferro. I nuclei più leggeri tendono a formare elementi più pesanti attraverso un processo di fusione mentre quelli più pesanti del ferro tenderanno a formare elementi più leggeri attraverso un procedimento di fissione. Sia i processi di fusione che quelli di fissione avvengono con sviluppo di energia Mole. Numero di Avogadro Un concetto fondamentale relativo all utilizzo pratico della chimica e in particolare necessario per quantificare i processi chimici come ad esempio la resa di una reazione chimica è il concetto di mole. La mole è definita come la quantità di sostanza di un sistema che contiene tante entità elementari quanti sono gli atomi contenuti in Kg di carbonio-12. Questo numero è detto Numero di Avogadro. Esattamente una mole contiene un numero di entità pari a Sulla base del concetto di peso atomico e peso molecolare possiamo a sua volta dire che una mole corrisponde al numero di atomi o molecole contenuti nella quantità espressa in grammi pari al peso atomico o molecolare di una sostanza Sulla base di questa semplice definizione il calcolo stechiometrico risulta particolarmente semplice. Supponiamo ad esempio di voler calcolare quanti grammi di ossigeno sono necessari per ossidare completamente 10 grammi di polvere di ferro assumendo che la reazione di ossidazione sia la seguente 4Fe + 3O 2 2Fe 2 O 3 (2.8) La reazione chimica ci dice che 4 atomi di ferro reagiscono con 3 molecole di ossigeno per dare due molecole ossido ferrico. Nello stesso modo possiamo dire che 4 moli di ferro reagiranno con 3 moli di ossigeno per dare 2 moli di ossido ferrico. Possiamo pertanto sulla base della definizione di mole andare a calcolare quante moli sono contenute in 10 grammi Fe. In base alla definizione di mole e al fatto che il peso atomico del Fe è possiamo scrivere che n = grammi peso atomico = = Tenendo allora presente che 4 moli di ferro vengono ossidate da 3 moli di ossigeno il numero di moli di ossigeno necessarie per un ossidazione completa sarà pari a 3/4 delle moli di ferro. In altre parole n O2 = =

15 Materia ed energia 15 da cui i grammi di ossigeno necessario per la completa ossidazione saranno ottenibili moltiplicando il risultato ottenuto per il peso molecolare della ossigeno. g O2 = = 2.149

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17 Capitolo 3 Teorie Atomiche 3.1 Modello atomico di Bohr La teoria atomica moderna nasce sulla base di una serie di problemi relativi alla natura della luce. Dobbiamo per prima cosa ricordare che nei primi anni del 900 il fisico Max Plank fornisce un modello teorico per spiegare alcuni comportamenti anomali relativi alla radiazione elettromagnetica. A quel tempo la luce veniva interpretata come un onda elettromagnetica e attraverso questo modello venivano interpretati con successo fenomeni quali la riflessione e la rifrazione della luce. Senza entrare nel dettaglio possiamo ricordare che il mondo dei fisici in quegli anni non riusciva ad interpretare, attraverso la teoria ondulatoria della luce, lo spettro del corpo nero, l effetto fotoelettrico e gli spettri atomici. La radiazione emessa da un emettitore perfetto riscaldato ad una temperatura T detto corpo nero suscitava dei grossi problemi. Max Plank riuscì ad interpretare perfettamente i dati introducendo una teoria completamente nuova e in particolare ipotizzò che un corpo a temperatura elevata sia in grado di emettere o di assorbire solo quantità discrete di energia definita dalla relazione E = nhν (3.1) dove h è una costante di proporzionalità detta costante di Plank, ν è la frequenza della radiazione emessa, E è l energia associata ed n un numero intero. In altre parole la quantità di energia emessa o assorbita poteva essere solo un multiplo della quantità minima di energia detta hν. Questo implicava che l energia associata alla radiazione emessa non poteva assumere qualunque valore. In altre parole l energia risultava quantizzata e il numero n vaniva chiamato numero quantico. Si poteva pertanto affermare che se un atomo poteva emettere solo quantità discrete di energia l energia stessa dell atomo doveva risultare quantizzata. Ogni pacchetto di energia è detto quanto e la sua energia è espressa da hν. In altri termini un atomo passa da uno stato energetico all altro assorbendo o emettendo uno o più quanti di energia. L energia della radiazione emessa o assorbita dall atomo sarà esprimibile come

18 18 Teorie Atomiche Figura 3.1. E = nhν (3.2) Nello stesso periodo l effetto fotoelettrico costituiva un altro problema da risolvere. In particolare tale effetto era associato alla capacità da parte di un metallo, sottoposto ad una differenza di potenziale, di emettere elettroni quando questo fosse soggetto ad una radiazione elettromagnetica. Secondo la teoria ondulatoria qualunque radiazione luminosa purchè sufficientemente intensa avrebbe dovuto essere capace di emettere un flusso di elettroni. Infatti l onda luminosa avrebbe dovuto far oscillare l elettrone fino a farlo strappare dall atomo stesso. Tuttavia l esperienza mostrava che solo oltre una frequenza di soglia era possibile l emissione di elettroni. Oltre questa frequenza il flusso di corrente emesso dal metallo era regolabile con l intensità luminosa. Nel 1905 Einstein prende il premio Nobel per aver interpretato l effetto fotoelettrico sulla base di una teoria corpuscolare della luce. In particolare Einstein propose che la luce fosse costituita da quanti luminosi (fotoni) privi di massa e solo quei fotoni che possedevano un energia superiore alla forza con la quale l elettrone risultava legato al nucleo potevano essere espulsi dal metallo e generare la corrente fotoelettrica. Un altro problema da risolvere concerneva l interpretazione degli spettri atomici, in altre parole l interpretazione dell energia elettromagnetica emessa da atomi vaporizzati ed eccitati. L osservazione sperimentale mostrava che la luce emessa, una volta analizzata, nelle sue componenti non formava uno spettro continuo ma uno spettro discreto, in particolare uno spettro a righe; dove le frequenze che si generano sono caratteristiche dell elemento chimico che si studia. Le varie righe spettrali generate potevano essere messe in relazione attraverso l equazione di Rydberg ( 1 1 λ = R 1 ) n 2 1 n 2 2 (3.3)

19 Teorie atomiche 19 dove R è la costante di Rydberg ( m 1, n 1 e n 2 sono numeri interi piccoli. Quest equazione era di tipo sperimentale e nessuno era in grado di derivarla dalla teoria corrente. Dobbiamo attendere Niels Bohr con la sua formulazione di un nuovo modello atomico per poter interpretare gli spettri atomici. 1. L atomo di idrogeno possiede solo livelli energetici permessi detti stazionari dove l elettrone ruota attorno al nucleo atomico seguendo orbite circolari. Ad ogni livello stazionario è associato un numero detto quantico che può assumere solo valori interi. 2. L elettrone durante il suo moto sull orbita stazionaria non emette né irradia energia. 3. Il momento angolare dell elettrone mvr è quantizzato e può assumere solo un numero definito di valori. 4. L atomo assorbe o irradia energia quando un elettrone passa da un orbita all altra assorbendo o cedendo un fotone la cui energia è uguale alla differenza di energia tra i due stati E = E A E B = hν. Le orbite permesse all elettrone di massa m e di velocità v in ogni stato stazionario sono quelle in cui il raggio r è tale che il prodotto mvr è un multiplo di h/2π. possiamo così scrivere che mvr = n h 2π e ponendo = h/2π possiamo scrivere n = 1, 2, 3 (3.4) mvr = n n = 1, 2, 3 (3.5) il numero n è detto numero quantico principale. In meccanica classica l energia può essere espressa come la somma tra l energia cinetica e l energia potenziale. Pertanto possiamo scrivere che l energia di un elettrone che si muove in un orbita circolare è E = 1 2 mv2 kze2 r (3.6) dove k è la costante di Coulumb, Ze la carica dell elettrone. Ricordando inoltre la seconda legge di Newton F = ma possiamo sostituire in questa equazione l accelerazione centripeta a = v 2 /r e la forza di attrazione coulumbiana. Otteniamo allora

20 20 Teorie Atomiche kze2 r 2 = m v2 r (3.7) Il primo termine è relativo alla forza di attrazione coulombiana dove abbiamo un segno negativo a causa del prodotto tra una carica negativa (elettrone) e una carica positiva (protone). Il secondo termine invece è quello relativo alla massa per l accelerazione centripeta. da cui si ricava che 1 2 mv2 = 1 kze 2 2 r cioè che l energia cinetica è esattamente la metà dell energia potenziale. Se inoltre ricaviamo dalla 3.7 l espressione della velocità otteniamo che (3.8) kze 2 v = mr sostituendo questa espressione nella 3.5 otteniamo (3.9) mkze2 r = n (3.10) elevando tutto al quadrato e risolvendo in r otteniamo r = n2 2 Ze 2 m = a 0n 2 (3.11) dove a 0 è il cosiddetto raggio di Bohr e vale m. L energia del livello n-esimo è regolata dal raggio di Bohr e sostituendo l espressione 3.8 nella 3.7 possiamo scrivere E = Zke2 2r = (Zke2 ) 2 m n 2 = 13.6eV n 2 (3.12) dove abbiamo inoltre sostituito al posto del raggio r la sua espressione (3.11). Così la formula di Rydberg, conosciuta empiricamente prima di quella di Bohr è ora contenuta nella teoria di Bohr capace di descrivere le energie di transizione o i cosiddetti salti quantici tra un livello energetico ed un altro. La formula di Bohr conduce al valore numerico empirico della costante di Rydberg in termini di costanti fondamentali includenti la carica dell elettrone e la costante di Plank. Quando un fotone si muove da un livello energetico all altro viene emesso un fotone e usando la formala di Bohr per i livelli dell atomo di idrogeno si può

21 Teorie atomiche 21 calcolare la lunghezza d onda. L energia del fotone emessa dall atomo di idrogeno è esprimibile come la differenza di energie tra i due livelli energetici ( 1 E = E i E f = R E n 2 f 1 n 2 i ) (3.13) Si noti come le energie dei livelli energetici siano sempre più vicine tra loro con il crescere del numero quantico n. Nonostante il grande successo nello spiegare le righe spettrali dell atomo di idrogeno, il modello di Bohr non era in grado di prevedere lo spettro di nessun altro atomo, neppure quello dell elio, l elemento successivo più semplice Dualismo onda particella Il passo successivo capace di superare i problemi associati all atomo di Bohr si devono al fisico francese De Broglie il quale nella sua tesi di dottorato propone che la materia possa avere una natura ondulatoria. Sulla base del postulato di Bohr, per il quale l elettrone può occupare solo orbite discrete di energia, De Broglie pensò quali siano gli altri sistemi noti che posseggono solo un certo tipo di moti permessi. Se noi ad esempio pensiamo alle onde che si trasmettono su una corda (vedi chitarra) fissata a due estremità osserviamo che sono possibili solo un certo tipo di frequenze di vibrazione. La figura 3.2 mostra un esempio di onde stazionarie che si possono stabilire quando la corda risulta fissata alle due estremità. In questo caso non tutte le frequenze sono possibili ma solo alcune saranno permesse e ciò dipenderà dalla lunghezza della corda. Le lunghezze d onda permesse sono dei multipli interi della lunghezza della corda secondo la relazione: nλ = 2L n = 1, 2, 3 (3.14) la figura 3.2 mostra inoltre i nodi che sono definiti come quei punti in cui la funzione d onda cambia di segno. La frequenza più bassa è detta fondamentale o prima armonica e non possiede nodi. la frequenza successiva è la seconda armonica e possiede un nodo ed è doppia della frequenza fondamentale. Sulla base di quanto detto De Broglie ipotizzò che gli elettroni, benché aventi massa, si muovessero di moto ondulatorio e fossero limitati ad orbite di raggi fissi. Quest ipotesi spiegherebbe allora perché gli elettroni possono avere solo certe frequenze e certe energie. Nasce così l idea che una particella sufficientemente piccola possa avere una natura sia corpuscolare che ondulatoria. Ricordando che la quantizzazione dell energia veniva descritta dall equazione E = hν e tenendo presente che la frequenza è esprimibile come il rapporto tra la velocità della luce rispetto alla lunghezza d onda possiamo allora scrivere che

22 22 Teorie Atomiche Figura 3.2. E = hν E = hc λ (3.15) Applicando l equazione di Einstein E = mc 2 otteniamo che λ = h mc (3.16) allora per una particella generica che si muove con velocità v possiamo scrivere che λ = h mv (3.17) Analogamente alla 3.14 possiamo scrivere, nel caso il vincolo sia espresso da una circonferenza, che 2πr = nλ n = 1, 2, 3 (3.18) Quest equazione significa che la circonferenza dell orbita circolare dell elettrone deve essere un multiplo intero della lunghezza d onda di de Broglie in altre parole le onde dell elettrone dovranno essere continue. Se la circonferenza dell orbita circolare non fosse un multiplo intero della lunghezza d onde, le onde non potrebbero essere continue.

23 Teorie atomiche 23 Figura 3.3. La figura 3.3 mostra il caso in cui l onda non si sovrappone con se stessa a causa del fatto che non è un multiplo intero della lunghezza d onda. Questa onda non rappresenta pertanto una corretta onda di de Broglie. Le onde di de Broglie giocano così un ruolo essenziale per la comprensione della teoria quantistica di Bohr. In particolare il postulato di Bohr relativo al momento angolare diventa deducibile dalla ipotesi primaria di considerare una particella subatomica, quale l elettrone, come un onda. Sostituendo allora a λ il valore espresso dalla 3.17 otterremmo il vecchio postulato di Bohr dell equazione 3.4. L interpretazione ondulatoria dell elettrone costituisce la base della così detta meccanica ondulatoria di Schrödinger o meccanica quantistica. Se le particelle si muovessero di moto ondulatorio, gli elettroni dovrebbero presentare diffrazione e interferenza e gli esperimenti sugli elettroni mostrano proprio le figure classiche di interferenza associate a i fenomeni ondulatori. Possiamo allora affermare che materia ed energia presentano sia il comportamento ondulatorio che particellare. In alcuni esperimenti osserviamo una faccia della medaglia e in altri l altra faccia. Questa caratteristica duale della materia e dell energia è noto come dualismo onda-particella. Nel mondo macroscopico una particella è ben localizzata nello spazio dalle sue coordinate, viceversa un onda non è localizzata ma sparpagliata nello spazio. Se l elettrone è un onda come possiamo localizzarlo all interno dell atomo? Nel 1927 il fisico tedesco Werner Heisemberg formulò il principio di indeterminazione, secondo cui è impossibile conoscere simultaneamente la posizione esatta di una particella. Nel caso di una particella con quantità di moto p, il principio di indeterminazione è espresso matematicamente dalla relazione x p h 2π (3.19) dove x è l incertezza nella posizione e p l incertezza nella quantità di moto. Non abbiamo pertanto la possibilità di assegnare, alle particelle in movimento,

24 24 Teorie Atomiche Figura 3.4. una traiettoria ben definita ma come vedremo possiamo solo conoscere la sua probabilità Modello quantomeccanico dell atomo Sulla base di quanto visto in precedenza il fisico Schrödinger formulò una teoria ondulatoria per l atomo di idrogeno in cui l elettrone, supposto di natura ondulatoria, era sottoposto ad un campo di forze centrali di natura elettrostatica associate al nucleo atomico. Sulla base di questo schema dedusse le caratteristiche dell atomo di idrogeno risolvendo una complessa equazione differenziale le cui incognite erano l energia e la cosiddetta funzione d onda Ψ. In questo corso cercheremo di fornire solo i risultati ottenuti da Schrödinger a causa della complessità matematica del problema. La funzione non ha significato fisico e solo il quadrato di tale funzione Ψ 2 rappresenta la probabilità di trovare l elettrone in una regione dello spazio. La funzione Ψ prende anche il nome di orbitale atomico e nel suo stato fondamentale è rappresentato dalla figura 3.4. e prende il nome di orbitale 1s. Come possiamo vedere dalla figura si tratta di un orbitale a simmetria sferica. Nello stato fondamentale l elettrone è descritto dall orbitale detto 1 s. e la densità elettronica è massima in corrispondenza del nucleo. Un orbitale atomico è specificato da tre numeri quantici, uno è in relazione alla distribuzione di probabilità radiale dell orbitale, un altro alla sua forma e il terzo al suo orientamento nello spazio. 1. Il numero quantico principale (n) è un intero positivo (1,2, 3... ). Tale numero quantico specifica il livello energetico dell atomo di idrogeno e maggiore è il suo numero, maggiore è l energia posseduta dall elettrone. Quando n=1 l elettrone si trova nel suo stato fondamentale (orbitale 1s). Se n=2 l elettrone si troverà nel primo stato eccitato. 2. Il numero quantico angolare (l) è un numero intero compreso tra 0 e n-1.

25 Teorie atomiche 25 Figura 3.5. Esso è in relazione alla forma dell orbitale. Quando n=1 l può avere solo il valore 0, per n=2 l può avere i valori 0 e Il numero quantico magnetico (m) è un numero intero compreso tra l e + l passando per 0. esso impone l orientamento dell orbitale. Pertento per l=1 possiamo avere tre possibili orbitali. Abbiamo visto che l orbitale dell atomo di idrogeno nel caso più semplice ha una simmetria sferica e prende il nome di orbitale 1s. Nel momento in cui passiamo al livello eccitato n = 2 abbiamo che l può assumere i valori 0 e 1. Nel caso in cui n = 2 e l = 0 abbiamo ancora un orbitale a simmetria sferica più grande del precedente che prende il nome di orbitale 2s e che mostra una superfice nodale al suo interno, in altre parole una zona con densità di probabilità nulla. Il caso invece rappresentato da n = 2, l = 1 e m = 1, è rappresentato dalla figura 3.5 che mostra 3 orbitali noti come orbitali 2p x, 2p y e 2p z. Come si osserva dalla figura 3.5 l orbitali p sono caratterizzati da due lobi di alta probabilità situati in parti opposte rispetto al nucleo. Il nucleo giace sul piano nodale. A differenza dell orbitale s gli orbitali p hanno un orientamento specifico nello spazio. I tre orbitali hanno la stessa energia (sono degeneri) e sono identici in dimensione ma sono diversamente orientati. In particolare sono tra loro ortogonali e orientati nello spazio secondo gli assi ortogonali. Un orbitale con l = 2 è detto orbitale d per il quale sono possibili 5 valori di m (-2,-1,0,+1,+2) Per tale motivo ogni orbitale d può avere 5 diverse orientazioni. come mostrato in figura 3.6. Tre di questi giacciono nei piani mutualmente ortogonali xy, xz, yz con i lobi tra gli assi e sono denotati con i simboli d xy, d xz e d yz. Un quarto orbitale denotato d x 2 y 2 giace nel piano xy ma con i lobi orientati lungo gli assi. Il quinto orbitale è il d z 2 formato da due lobi orientati lungo l asse z e una regione a forma di ciambella circonda il centro. Gli orbitali con l = 3 sono gli orbitali f Atomi polielettronici La risoluzione dell equazione di Shrödinger per gli atomi polielettronici non è risolubile esattamente, tuttavia la risoluzione approssimata mostra che gli orbitali atomici sono simili a quelli monoelettronici dell atomo di idrogeno e pertanto

26 26 Teorie Atomiche Figura 3.6. continueremo a chiamarli con lo stesso nome. In questo caso l energia non dipende solo più dal numero quantico principale n ma anche dal numero quantico l a causa della repulsione elettronica. La disposizione degli elettroni nei singoli orbitali per quanto concerne lo stato fondamentale si basa su semplici principi ottenuti in modo rigoroso da considerazioni teoriche ed energetiche. Il meccanismo attraverso il quale si costruisce tale la configurazione elettronica dello stato fondamentale è detto aufbau (dal tedesco costruire) e si basa sulle seguenti regole principio di minima energia per il quale l elettrone occuperà sempre solo stato disponibile ad energia più bassa principio di esclusione di pauli per il quale in un atomo non possono esistere due elettroni con gli stessi numeri quantici. Tenendo presente che oltre ai numeri quantici introdotti precedentemente, dobbiamo anche tener conto del numero quantico di spin m s che può assumere i valori di +1/2 e - 1/2. Questo principo implica a sua volta che ogni orbitale può al massimo contenere due elettroni e questi devono essere tra loro antiparalleli regola di Hund: se due elettroni occupano orbitali degeneri si deve raggiungere al massima molteplicità di spin in altre parole gli spin devono essere paralleli. Per prima cosa prima di poter applicare le regole dell aufbau dobbiamo avere un idea della disposizione energetica degli orbitali. La figura 3.7 ci fornisce un idea della sequenza dei livelli energetici. Sulla base di quanto detto non è difficile iniziare a costruire le configurazioni elettroniche degli elementi dalla conoscenza del numero atomico. Per H (che ha Z=1), n=1, l=0, non c è molta scelta: dobbiamo usare l orbitale a più bassa energia, 1s; la configurazione elettronica potrà venire indicata con 1s oppure, sinteticamente, con 1s 1. Per He (Z=2), n = 1, l = 0, occorre applicare il principio di Pauli: poiché due numeri quantici sono eguali, occorre che almeno uno degli altri due sia diverso

27 Teorie atomiche 27 Figura 3.7. perchè il secondo elettrone possa stare col primo; poiché l = 0, anche m = 0; resta solo la possibilità di avere diverso m s : è necessario che se un elettrone ha ms = +1/2, l altro abbia m s = -1/2. Devono perciò essere antiparalleli: la configurazione verrà indicata con 1s 2. Continuiamo ora da Z=3 a Z=11, lo schema rappresentato in figura 3.8 mostra le configurazioni elettroniche associate ai primi elementi della tavola periodica a partire dall atomo di Li fino ad arrivare al gas nobile Ne. Nella prima colonna sono indicati i numeri atomici Z. Nella seconda, la configurazione elettronica secondo Lewis: sui quattro lati del simbolo sono evidenziati i doppietti e gli elettroni spaiati (del guscio esterno). Nella terza, una rappresentazione che dà il guscio (shell) già completato, come (He) o (Ne), seguito dal nome degli orbitali disponibili ed occupati; quando il guscio è completato (solo per s e p), cambia il simbolo del gas nobile corrispondente; sono evidenziati anche gli spin accoppiati nel caso di doppietti o, nel caso di elettroni spaiati, gli spin paralleli degli elettroni che occupano orbitali degeneri diversi, secondo la regola di Hund. In una analoga rappresentazione (He) è sostituito dal nome del guscio, K; (Ne) da KL (sono completi ambedue i gusci) etc. Nella quarta una rappresentazione completa della configurazione, che non evidenzia però se gli elettroni si trovano nello stesso orbitale o in orbitali degeneri diversi; ricordando però la regola di Hund, è ovvio, per esempio, che N ha tre elettroni 2p a spin paralleli e in tre orbitali degeneri diversi; l esponente dei vari tipi di orbitali degeneri indica il numero di elettroni che li occupa. Finora, nell aufbau, abbiamo esaminato solo gli orbitali fino al 3p. Infatti, nella tabella dell E degli orbitali, la sequenza è:1s, 2s, 3p, 3s, 3p. A questo punto, proseguendo il riempimento, poiché i 3d sono a energia leggermente superiore ai 4s, riempiremo prima i 4s e poi i 3d, anche se fanno parte del guscio inferiore. La figura 3.9 mostra le configurazioni elettroniche relative al riempimento degli orbitali d

28 28 Teorie Atomiche Figura 3.8. Si possono osservare delle piccole anomalie come nel caso del cromo per il quale invece della configurazione 3d 4 4s 2 si ha la configurazione 3d 5 4s 1. Questo avviene perchè la configurazione elettronica che comporta una serie completa di orbitali degeneri completamente piena o piena a metà (cioè con un elettrone in ogni orbitale) è energeticamente favorita, tanto da utilizzare uno degli elettroni 4s per completare il quintetto. La stessa cosa avviene con Cu, che si trova con tutti i 3d completi, utilizzando 1 elettrone 4s (configurazione 3d 10 4s 1 ). Avremo perciò due atomi con 5 elettroni 3d, Cr e Mn, e due atomi con 10 elettroni 3d, Cu e Zn. Cr e Cu, avendo un solo elettrone s, avranno perciò comportamento chimico diverso (diverse valenze) rispetto ad altri atomi con Z vicino al loro. 3.2 struttura elettronica e tavola periodica degli elementi Eseguendo le operazioni dell aufbau si possono notare alcune caratteristiche comuni ad alcuni atomi ed evidenziare una periodicità nelle configurazioni elettroniche degli atomi. Per esempio, alcuni atomi hanno il guscio corrispondente completo e, dal punto

29 Teorie atomiche 29 Figura 3.9. di vista chimico-fisico, sono tutti gas monoatomici a temperatura e pressione ambiente; sono molto stabili chimicamente (questa mancanza di reattività ha reso molto difficile la loro scoperta), hanno energia di ionizzazione alta e affinità elettronica quasi nulla. (Il termine chimicamente, per la stabilità, è stato usato poiché, in effetti, Rn lo è dal punto di vista della reattività chimica, ma non lo è dal punto di vista nucleare: infatti è radioattivo). Sono stati perciò chiamati gas nobili. Gli atomi che seguono direttamente i gas nobili costituiscono il gruppo dei metalli alcalini (litio Li con 2s 1, sodio Na con 3s 1, potassio K con 4s 1, rubidio Rb con 5s 1, cesio Cs con 6s 1, francio Fr con 7s 1 ) hanno ognuno 1 elettrone nell orbitale s del guscio superiore, ed hanno anch essi caratteristiche molto simili tra loro: analogo comportamento chimico, hanno energia di ionizzazione molto bassa e affinità elettroniche paragonabili tra loro. Gli elementi chimici, molto prima dell avvento della meccanica quantistica, furono raggruppati sotto forma di una tabella nota come tavola periodica degli elementi sulla base delle affinità chimiche riscontrate da il chimico russo Mendeleev. É interessante notare che la tavola periodica degli elementi organizzata alla fine dell 800 sulla base delle proprietà chimiche risulta a sua volta coincidente con

30 30 Teorie Atomiche Figura quella che possiamo organizzare sulla base della configurazione elettronica. Possiamo allora individuare le famiglie o gruppi di atomi con proprietà chimiche simili hanno la stessa configurazione elettronica esterna. I metalli alcalino terrosi (berillio Be, magnesio Mg, calcio Ca, bario Ba, stronzio Sr, radio Ra) ad esempio hanno configurazione esterna ns 2. Il gruppo degli alogeni (fluoro F, cloro Cl, bromo Br, iodio I, astato At), ha configurazione esterna ns 2 np 5. Gli elementi che invece si trovano lungo un periodo sono gli elementi che chimicamente si differenziano gradatamente mano a mano che si allontanano lungo il periodo. La figura 3.10 mostra ad esempio come varia l energia di prima ionizzazione per i rispettivi atomi. Si può notare come i gas nobile che posseggono l ottetto completo mostrano la più forte stabilità nel senso che è più difficile rimuovere un elettrone da un gas nobile rispetto ad un altro elemento. I metalli alcalini invece hanno l energia di ionizzazione più bassa. Avendo questi elementi una configurazione elettronica ns 1 si trovano in una condizione di bassa stabilità e se consideriamo l esistenza di un ottetto completo come caratteristica della stabilità si capisce perch+ sia più semplice rimuovere un elettrone ad un metallo alcalino. In questo modo infatti raggiungiamo la configurazione elettronica del gas nobile che lo precede. La figura 3.11 mostra invece le proprietà periodiche associate al raggio atomico degli atomi in funzione del numero atomico. Si osserva che generalmente il raggio diminuisce lungo il periodo fino al gas nobile e poi aumenta bruscamante fino al metallo alcalino successivo. Un altra interessante proprietà periodica osservabile tra gli elementi è l affinità elettronica definita come l energia sviluppata da una mole di un atomo quando acquisisce una mole di elttroni per diventare un anione. La figura 3.12 mostra le proprietà di periodicità di questa grandezza. Possiamo vedere che l affinità elettronica diminuisce nell ambito dei gruppi mentre cresce lungo il periodo per

31 Teorie atomiche 31 Figura Figura raggiungere il suo massimo con gli alogeni. Nella tavola periodica inoltre si distinguono gli elementi tra metalli e non metalli. Resta ancora in uso una tradizionale classificazione degli elementi in metalli e non-metalli. In breve, sono chiamati: metalli gli elementi con un numero di elettroni esterni basso, minore o, talvolta, eguale a quello degli orbitali esterni s e p, e con energia di ionizzazione bassa. Perciò gli elementi di transizione, i lantanoidi e gli attinoidi, avendo 1 o 2 elettroni s, sono considerati metalli. Il carattere metallico aumenta scendendo lungo ogni gruppo (infatti diminuisce l energia di ionizzazione); non-metalli: gli elementi con numero di elettroni esterni maggiore del numero di orbitali esterni s e p e con energia di ionizzazione alta. semimetalli: elementi che possono comportarsi da metalli o da non-metalli in situazioni particolari; sono quelli di confine tra i due tipi.

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33 Capitolo 4 Legame Chimico 4.1 Legame Chimico Il capitolo sul legame chimico è probabilmente l argomento centrale di tutto il corso di Chimica. Comprendere il legame e la sua natura è di fondamentale importanza per comprendere la differenza sostanziale fra composti ionici e covalenti. Da tale comprensione dipende anche la capacità di prevedere le proprietà chimico-fisiche dei composti e il loro comportamento chimico (reattività). È importante tener presente fin dall inizio che alla base della formazione del legame chimico vi è il tentativo di raggiungere una condizione di stabilità: un composto o una molecola sono sempre più stabili degli atomi isolati che li costituiscono. Il concetto di stabilità, in chimica come in fisica, è sempre associato ad un minor contenuto di energia potenziale. Sappiamo già che fra gli elementi vi è un gruppo (lo zero) i cui componenti, i gas nobili, sono caratterizzati da una configurazione elettronica eccezionalmente stabile: questa configurazione elettronica, in cui il guscio esterno contiene otto elettroni, può essere considerata la forma necessaria per raggiungere la stabilità. È proprio la ricerca del raggiungimento di tale configurazione elettronica che spinge gli atomi a formare il legame chimico. Quando due atomi sono a grandissima distanza tra loro le forze di interazione fra le nuvole elettroniche sono nulle e l energia potenziale del sistema E è pari a 0. Se i due atomi si avvicinano si possono avere due possibilità come evidenziato dalla figura 4.1. Se all avvicinarsi dei due atomi prevalgono le forze repulsive tra le nuvole elettroniche l energia del sistema aumenta. Le condizioni di energia minima si hanno quando gli atomi sono lontani tra loro, praticamente quando gli atomi sono isolati. Questo è il caso dei gas nobili che non manifestano nessuna tendenza a legarsi e rimangono nello stato monoatomico. Se all avvicinarsi dei due atomi si ha un interazione attrattiva fra le nuvole elettroniche e i nuclei, l energia E diminuisce finché la distanza non diventa così piccola che prevalgono le forze repulsive sulle attrattive con conseguente aumento dell energia potenziale. La distanza associata al minimo di energia è detta distanza di legame. In tal caso tra gli atomi si è formato un legame chimico. Nei vari tipi di legami sono coinvolti

34 34 Legame Chimico Figura 4.1. gli elettroni periferici, detti anche elettroni di valenza. Le interazioni attrattive responsabili del legame hanno origine diversa a seconda della natura degli atomi interessati al legame Legame Ionico Il legame ionico è un legame di natura elettrostatica ed è il tipico legame che si stabilisce tra elementi con basso potenziale di ionizzazione ed elementi con alta affinità elettronica. Ricordando l andamento di queste due proprietà periodiche, possiamo aspettarci che i più semplici composti ionici binari siano costituiti quasi esclusivamente dagli elementi dei primi tre gruppi e dei metalli di transizione (che posseggono basso potenziale di ionizzazione) e da elementi del 6 e 7 gruppo (caratterizzati da alta affinità elettronica). L elemento con bassa energia di ionizzazione trasferisce elettroni al guscio di valenza dell altro caricandosi positivamente e diventando un catione l elemento che invece acquista gli elettroni diventa un anione. Tra i due ioni aventi carica opposta si instaura un legame di natura elettrostatica. Ad esempio il comune sale da cucina con formula NaCl è costituito da cationi Na + e anioni Cl. Come vedremo meglio in seguito il sistema ione positivo e ione negativo non raggiunge la massima stabilità con la formazione di una singola coppia di ioni, ma nella formazione di un solido cristallino in cui ogni ione attrae il maggior numero possibile di ioni di segno opposto in modo da minimizzare la repulsione elettrostatica. Nel caso del cloruro di sodio la formula indica semplicemente che il rapporto tra gli ioni sodio e gli ioni cloruro è di 1:1 mentre ad esempio per il BaBr 2 il rapporto tra gli ioni bario e gli ioni bromuro è di 1:2.

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