La deduzione dei contributi versati dai professionisti alla cassa

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1 CIRCOLARE PERIODICA SULLE PROBLEMATICHE FISCALI E TRIBUTARIE SOMMARIO La deduzione dei contributi versati dai professionisti alla cassa - Il dubbio - La tesi dell Amministrazione finanziaria - La tesi della giurisprudenza - Le conclusioni La deduzione dei contributi versati dai professionisti alla cassa Pur approssimandosi ormai il termine per la presentazione telematica della dichiarazione UNICO 2009, esistono ancora delle incertezze circa le modalità di deduzione dei contributi versati dai professionisti alla propria Cassa di previdenza. L Amministrazione finanziaria e la giurisprudenza di legittimità hanno, infatti, sempre assunto posizioni contrastanti in merito. Minimi e partecipazione a società di persone nel corso dello stesso periodo d imposta - Esclusione dal regime dei minimi - I chiarimenti della Risoluzione n. 146/E/2009 Il dubbio I professionisti si trovano ad affrontare anche quest anno, in sede di compilazione di Unico 2009 Persone Fisiche, la questione della deducibilità dei contributi versati alla propria Cassa di previdenza. In particolare, ci si chiede se tali contributi debbano essere considerati: Vale il principio di cassa per gli assegni circolari dei professionisti - I chiarimenti della Risoluzione n. 138/E del Il principio di cassa - Gli assegni bancari e circolari - La rilevanza del momento di consegna del titolo di credito oneri deducibili dal reddito complessivo del professionista (Quadro RP), ai sensi dell art. 10, comma 1, lett. e), del TUIR, il quale afferma che: - costituiscono oneri deducibili i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza,. ; ovvero, costi inerenti l attività di lavoro autonomo e, come tali, deducibili dal reddito dal reddito di lavoro autonomo professionale (Quadro RE), ai sensi dell art. 54, comma 1, del TUIR, il quale afferma che: - il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi.

2 I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde. Al riguardo, l Amministrazione finanziaria ed i giudici di legittimità si sono espresse con pareri tra loro contrastanti. La tesi dell Amministrazione finanziaria L Amministrazione finanziaria sostiene la tesi secondo cui i suddetti contributi vanno dichiarati nel quadro «RP» della dichiarazione dei redditi e non, invece, nel quadro «RE», con la conseguenza che tali voci devono essere dedotte dal reddito complessivo e non, invece, dal reddito di lavoro autonomo professionale. L interpretazione del Fisco si fonda su tre considerazioni fondamentali: 1. l'art. 10 del Tuir, citando espressamente i contributi previdenziali obbligatori, prevale sull'articolo 54, in quanto norma speciale e specifica per il professionista; 2. i contributi previdenziali e assistenziali sono versati al fine di garantire una posizione pensionistica e un'assistenza personale al verificarsi di determinati eventi (ad esempio, malattia o l'infortunio del lavoratore) e, attenendo esclusivamente alla sfera personale del lavoratore, non hanno alcuna connessione funzionale, anche indiretta, rispetto alla produzione dei compensi che concorrono alla formazione del reddito professionale; 3. i contributi, anche se commisurati all'ammontare degli onorari percepiti dal professionista, non sono agli stessi correlati, giacché tale importo costituisce solo la base di commisurazione per determinare l'ammontare dei contributi dovuti alla Cassa. Con la Risoluzione n. 79/E del 2002, che riprende quanto affermato nella precedente Risoluzione n. 826 del , il Fisco ha ribadito la propria posizione ed affermato che i costi deducibili per un professionista sono solo quelli che hanno una connessione funzionale con i compensi che ne derivano. La tesi della giurisprudenza Di diverso avviso è la dottrina prevalente, secondo cui: l'obbligo di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali è posto dalla legge a carico del professionista in quanto tale, ed è, infatti, commisurato ai compensi; i contributi sono, dunque, costo strettamente inerente l'attività professionale e, come tali, deducibili nel quadro RE. La questione è stata, di recente, affrontata dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n del 27 gennaio 2009, nella quale i giudici di legittimità hanno contrastato su tutta la linea le tesi dell'amministrazione. Nello specifico, nel recepire un noto precedente della stessa Corte in materia (sentenza n. 2781/01), i giudici hanno precisato che: i contributi previdenziali e assistenziali in questione sono deducibili dal reddito professionale, per il semplice fatto che l'articolo 50 del Dpr 597/73 (oggi articolo 54 del Tuir) postula, al primo comma, il principio dell'inerenza, che deve essere osservato nella individuazione dei costi da portare in deduzione per la determinazione della base imponibile professionale.

3 Per la Cassazione, infatti, i costi della professione non sono solo quelli necessari alla produzione del reddito, ma anche quelli che da esso derivano. Viene, inoltre, evidenziata la distinzione tra i contributi obbligatori versati dai notai e quelli versati dagli altri professionisti alle rispettive Casse di previdenza, in quanto, mentre questi ultimi determinano i contributi in relazione al reddito ed ai compensi risultanti dalle fatture emesse, i notai liquidano, invece, i contributi in base agli atti iscritti a repertorio. Ciò a conferma della stretta relazione tra l'esercizio della professione e l'obbligo di versamento dei contributi alla Cassa. Le conclusioni Considerato il contrasto tra prassi amministrativa e giurisprudenza della Cassazione, si configura un'obiettiva incertezza sulla portata della norma. Certo è che, sebbene la Cassazione, attraverso le proprie pronunce, interpreti la legge nell'ambito di un giudizio di legittimità, mentre le risoluzioni ministeriali rappresentano un documento interno all'amministrazione finanziaria e sono, quindi, privi di forza normativa, è pur vero che il professionista che deduca i contributi in parola secondo l interpretazione della Cassazione potrebbe trovarsi a dover affrontare un contenzioso col Fisco in caso di accertamento fiscale.

4 Minimi e partecipazione a società di persone nel corso dello stesso periodo d imposta Il contribuente che nello stesso periodo di imposta esercita un'attività individuale d'impresa o di lavoro autonomo e contemporaneamente partecipa ad una società di persone o ad un'associazione non può usufruire del regime dei minimi, anche se nel corso dell'anno dismette la propria partecipazione. (Risoluzione n. 146/E del 9 giugno 2009) Esclusione dal regime dei minimi La Finanziaria 2008 (articolo 1, commi da 96 a 117, legge 244/2007) ha introdotto il regime dei contribuenti "minimi, prevedendo anche una serie di casi cui non può essere applicato. Nello specifico, è l art. 1, comma 99, della legge n. 244/2007 che disciplina le fattispecie di esclusione dal regime dei contribuenti minimi, prevedendo, tra l altro, alla lettera d), che: non sono considerati contribuenti minimi: [ ] d) gli esercenti attività d impresa o arti e professioni in forma individuale che contestualmente partecipano a società di persone o associazioni di cui all articolo 5 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all articolo 116 del medesimo testo unico. I chiarimenti della Risoluzione n. 146/E/2009 Partendo da tale espressione normativa, l Agenzia delle Entrate, nella risoluzione n. 146/E del 9 giugno 2009, ha fornito delucidazioni sull accessibilità o meno al regime dei minimi da parte di un contribuente che abbia avuto, nello stesso periodo d imposta per il quale intende aderire al regime dei minimi per la propria attività svolta in maniera individuale, una partecipazione in una società di persone, poi dismessa nell arco dello stesso periodo. Nello specifico, il caso sottoposto all interpretazione delle Entrate riguardava una persona fisica che, essendo rimasta unico socio di una società in accomandita semplice, intendeva procedere alla cessazione dell attività economica svolta dalla società stessa per intraprenderla, subito dopo, sotto forma di impresa individuale in regime dei minimi. L Amministrazione finanziaria puntualizza, innanzitutto, come si debba interpretare la parola contestualmente. E, cioè, necessario capire come debba essere inteso il concetto di contestualità tra partecipazione a società di persone o associazioni professionali ed esercizio in forma individuale di un attività d impresa, artistica o professionale. In particolare, è necessario stabilire se l avverbio contestualmente significhi: nello stesso momento ; ovvero, nel medesimo periodo d imposta.

5 A parere dell Agenzia delle Entrate, il legislatore ha inteso evitare che redditi conseguiti da un unico contribuente, in un unico periodo d imposta e della stessa categoria (d impresa o di lavoro autonomo) siano assoggettati a due diversi regimi di tassazione: il reddito derivante dall esercizio in forma individuale delle attività di impresa dei contribuenti che posseggono i requisiti per essere considerati minimi è, infatti, determinato secondo le regole proprie di tale regime (art. 1, comma 104, della legge n. 244 del 2007) ed assoggettato all imposta del 20%, sostitutiva delle imposte sui redditi; i redditi derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice, invece, sono considerati redditi d impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi, ai sensi dell art. 6, comma 3, del TUIR. Reddito dei contribuenti minimi derivanti dall esercizio di attività d impresa in forma individuale Redditi d impresa derivanti dalla partecipazione in società di persone Art. 1, comma 104, Legge n. 244/2007 Regole del TUIR per i redditi d impresa Ne deriva che, secondo la ratio sottesa alla fattispecie di esclusione in argomento, si deve propendere per la seconda soluzione e cioè considerare che l avverbio contestualmente debba intendersi come nel medesimo periodo d imposta. L Agenzia delle Entrate è giunta ad analoghe conclusioni con la circolare 28 gennaio 2008, n. 7/E (quesito n. 2.4), con cui è stato chiarito che: Il riferimento alla contestualità per la verifica della causa ostativa dovrebbe impedire di accedere al regime a coloro che detengono partecipazioni in costanza di applicazione del regime, mentre è possibile accedervi se la partecipazione viene dismessa entro il 31 dicembre dell anno precedente all ingresso nel regime stesso.

6 In definitiva, le Entrate ritengono che la fattispecie di esclusione dal regime dei contribuenti minimi, prevista dall art. 1, comma 99, lettera d), della legge n. 244/2007, operi: in tutti i casi in cui il contribuente, nello stesso periodo d imposta, eserciti in forma individuale un attività d impresa, artistica o professionale e partecipi a società di persone o associazioni di cui all articolo 5 del TUIR, anche se nel corso di tale periodo d imposta la partecipazione venga dismessa.

7 Vale il principio di cassa per gli assegni circolari dei professionisti Il compenso percepito da un professionista mediante assegno circolare concorre a formare il reddito nell anno in cui il titolo di credito viene ricevuto. E, infatti, la consegna materiale dell assegno al professionista beneficiario a qualificare il momento impositivo e non il momento di versamento su conto corrente, come chiarito dall Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 138/E del 29 maggio I chiarimenti della Risoluzione n. 138/E del L Agenzia delle Entrate, nella Risoluzione n. 138/E del 29 maggio 2009, è intervenuta sull individuazione del momento in cui un compenso ad un professionista si intende percepito ai fini fiscali, quando il pagamento viene effettuato mediante un titolo di credito come l assegno circolare. Nello specifico, l Agenzia delle Entrate ha chiarito quando un professionista che, a fronte di una fattura per una prestazione effettuata nel 2008, abbia ricevuto un assegno circolare nello stesso anno, versato, però, sul proprio c/c bancario nel 2009, deve considerare il compenso percepito come imponibile ai fini Irpef e cioè: nel 2008 (anno di consegna dell assegno circolare); nel 2009 (anno di deposito di quest ultimo sul c/c bancario). Il dubbio a cui ha fornito risposta l Agenzia era nato dalla circostanza che il professionista, nel caso specifico, viene effettivamente in possesso della somma solo a seguito del versamento dell'assegno sul conto corrente bancario nell'anno 2009, indipendentemente dalla data di valuta dell'assegno. Il principio di cassa L Agenzia delle Entrate ha ricordato che, per la formazione del reddito di lavoro autonomo dei professionisti, vale il principio di cassa, secondo cui concorrono alla determinazione del reddito di lavoro autonomo i compensi percepiti e le spese sostenute nel periodo di imposta. L'art. 54 del TUIR, rubricato "Determinazione del reddito di lavoro autonomo" stabilisce, in particolare, al comma 1, che: "...il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'arte o della professione". Le Entrate riconoscono che l'applicazione del principio di cassa dettato dalla norma del TUIR può determinare problematiche interpretative nelle ipotesi in cui il committente/debitore utilizza, per estinguere l'obbligazione, strumenti diversi dal contante, quali ad esempio assegni bancari e/o circolari o carte di credito.

8 Gli assegni bancari e circolari Per quanto riguarda gli assegni bancari e circolari, la cui regolamentazione è contenuta nel Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 176, tuttavia, l Amministrazione finanziaria ricorda che gli stessi rappresentano: titoli di credito che si sostanziano nell'ordine scritto, impartito alla propria banca, di pagare a terzi, o a sé stessi, una precisa somma di denaro. La differenza principale fra assegno bancario e assegno circolare risiede, unicamente, nel maggior grado di garanzia offerto dall'assegno circolare rispetto a quello bancario: mentre con l'assegno bancario il traente ordina alla propria banca (trattario) di pagare per proprio conto qualcuno (prenditore), con l'assegno circolare, invece, è la banca stessa che si impegna a pagare la somma indicata sull'assegno al soggetto beneficiario. La rilevanza del momento di consegna del titolo di credito Ciò premesso, l Agenzia delle Entrate ritiene che il momento in cui il titolo di credito (e, quindi, le somme in esso rappresentate) entra nella disponibilità del professionista si verifica all'atto della materiale consegna del titolo dall'emittente al ricevente. Non può, invece, essere attribuita alcuna rilevanza alla circostanza che il versamento sul conto corrente del prenditore intervenga in un momento successivo (e in un diverso periodo d'imposta). Pertanto, nel caso di specie, il compenso oggetto del quesito deve concorrere alla formazione della base imponibile del reddito di lavoro autonomo relativo al periodo di imposta 2008 e cioè nell anno in cui è stato ricevuto. Nota bene Il principio è comune anche alle imprese individuali che rientrano nel regime dei minimi (art. 1, comma 96, Legge n. 244/2007) o, più in generale, alle prestazioni di servizi.

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