Leucociti o globuli bianchi:
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- Alice Costanza Grilli
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1 Leucociti o globuli bianchi: sono detti così perché quando il sangue viene posto in una provetta a sedimentare si collocano in uno strato biancastro posto superiormente agli eritrociti (buffy coat) sono cellule che si trovano anche nel connettivo e perciò utilizzano il sangue per migrare dal midollo osseo, sede di produzione, ai tessuti il loro numero globale varia da a per mm cubico di sangue (il numero è soggetto a variazioni anche nel normale) possono essere distinti a seconda della presenza o meno di evidenti granulazioni citoplasmatiche in: granulari (neutrofili, basofili, eosinofili) non granulari (linfociti, monociti)
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3 Neutrofili Eosinofili Basofili
4 Si dice formula leucocitaria il rapporto % tra i diversi tipi di leucociti (varia nei differenti processi patologici): neutrofili 60-70% 65% linfociti 20-30% 25% monociti 2-8% 6% eosinofili 2-4 % 3% basofili < 1 % < 1 %
5 Circolazione dei leucociti I leucociti vanno incontro a diverse fasi della loro maturazione negli organi emopoietici, utilizzano il torrente circolatorio come sistema di trasporto verso i distretti tissutali dove sono richiamati per le funzioni di difesa. I leucociti sono infatti elementi mobili, dotati di movimenti ameboidi e hanno la capacità di attraversare la parete vasale (diapèdesi).
6 Granulociti Neutrofili o polimorfonucleati: I granulociti neutrofili costituiscono la componente cellulare quantitativamente più rilevante dei globuli bianchi (50-70%)., intervengono nelle fasi iniziali della risposta infiammatoria (costituenti del pus) sono dotati di attività fagocitaria, (fagociti polimorfonucleati). Una volta esercitata la loro azione fagocitaria vanno generalmente incontro a disfacimento generando la formazione del pus. Hanno vita breve (12-14 ore) e vengono continuamente rimpiazzati.
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8 hanno un diametro di poco superiore a 10 µ e presentano un citoplasma scarsamente colorato con granuli non evidenziati dalle comuni colorazioni il nucleo ha la caratteristica forma plurilobata (2-5 lobi uniti tra loro da filamenti di cromatina) Il numero di lobature cresce progressivamente con l invecchiamento della cellula: negli elementi più giovani appare non segmentato, a forma di ferro di cavallo, quindi diventa sempre più segmentato. formula di Arneth riporta le percentuali di neutrofili in funzione del numero di lobature nucleari normalmente presentano due lobature il 25% dei neutrofili, tre lobature il 40%, quattro lobature il 25%, cinque lobature il 5%). Uno spostamento a sinistra della formula di Arneth, ossia un aumento della percentuale di neutrofili con poche lobature nucleari, è indice di un improvviso aumento della produzione di neutrofili, generalmente dovuto ad infezioni batteriche.
9 Cromatina sessuale La cromatina è ben colorabile e addensata essendo prevalentemente eterocromatica; i nucleoli sono poco visibili. Nel sesso femminile una piccola percentuale dei granulociti neutrofili possiede un appendice di cromatina collegata da un sottile filamento a uno dei lobi, denominata drumstick (bacchetta di tamburo). Questa caratteristica morfologica è da considerare come l equivalente della cromatina sessuale di Barr, dovuta alla eteropicnosi di uno dei due cromosomi X nella femmina (corpuscolo di Barr = cromosoma X)
10 granulazioni Nel citoplasma si osservano numerosissime granulazioni, suddivise sulla base delle caratteristiche morfologiche, istochimiche e biochimiche in due tipi principali, granuli azzurrofili e granuli specifici granuli azzurrofili o primari (colorabili con gli azzurri della colorazione di Romanowski): sono relativamente grandi (0,5 µm), densi ed omogenei; il loro numero è modesto (10-20% del numero totale di granuli). Contengono perossidasi (mieloperossidasi), fosfatasi acida ed altre idrolasi acide, proteasi come la catepsina G, elastasi sono pertanto assimilabili a lisosomi primari. Contengono inoltre proteine ad azione antimicrobica o battericida, alfa-difensine e il lisozima (che è anche presente nei granuli secondari)
11 granuli specifici o secondari: sono assai più numerosi (circa l 80%), sono più piccoli (0,2 µm di diametro) e sono meno elettrondensi rispetto ai precedenti. Contengono, fosfatasi alcalina, collagenasi, lattoferrina, lisozima e l attivatore del plasminogeno. I granuli specifici possono fondersi con gli endosomi tardivi, o possono secernere il loro contenuto nello spazio extracellulare.
12 Altri organuli Alcuni autori identificano anche un terzo tipo di granuli, i granuli terziari: hanno morfologia simile ai granuli secondari e contengono la gelatinasi, un enzima che viene secreto per idrolizzare il collagene denaturato presente nelle sedi di danno tissutale. Il citoplasma dei granulociti neutrofili, oltre ai granuli, contiene anche scarsi mitocondri e un piccolo complesso di Golgi; reticolo endoplasmatico e ribosomi sono raramente osservabili. È presente una notevole quantità di particelle di glicogeno necessarie per la produzione di ATP attraverso la glicolisi che si attua in condizioni di ipossia. Il citoscheletro è ben sviluppato. Si osservano numerosi microtubuli e fasci di microfilamenti prevalentemente distribuiti sulla faccia interna del plasmalemma. Questi componenti svolgono un ruolo fondamentale nel movimento ameboide e nella attività di fagocitosi.
13 Funzioni dei granulociti neutrofili i neutrofili sono attratti (chemiotassi) da varie sostanze tissutali (TNFβ, IL1, LPS) e batteriche (chemiotassine) nella sede dove devono esercitare la loro azione altre molecole (E-selectine, integrine e ICAM) favoriscono l adesione dei granulociti all endotelio successivamente si verifica il passaggio attraverso l endotelio (diapedesi) favorito da integrine e stimolato da chemoattrattanti (platelet- activating factor, PAF) una volta migrati nei tessuti ed esercitata la loro azione, soprattutto antibatterica, vanno incontro a distruzione costituendo il pus
14 Recettori di membrana Sulla membrana dei neutrofili sono presenti: recettori TLR recettori per le opsonine, quali quelli per la porzione Fc delle IgG, Recettori per il complemento Recettori per fattori chemiotattici e per altri modulatori esogeni della loro funzione, come IL-1, TNF e PAF. Si ritrovano inoltre componenti come L-selectine, integrine b 2, i complessi CD11/CD11, che svolgono un ruolo importante nei processi di adesione.
15 Ruolo difensivo dei granulociti neutrofili I granulociti neutrofili svolgono un ruolo difensivo rivolto soprattutto contro le infezioni batteriche. La loro funzione è strettamente integrata con quella dei macrofagi e dei linfociti È possibile distinguere i sistemi antimicrobici dei neutrofili in ossigeno-dipendenti ossigeno-indipendenti.
16 I sistemi ossigeno-dipendenti comprendono i superossidi, l H 2 O 2 e la mieloperossidasi L azione combinata tra superossidi e H 2 O 2 può portare alla formazione di O 2 e radicali ossidrilici (OH) tossici di per sé per le cellule viventi. Il processo di formazione di superossidi e H 2 O 2 avviene grazie all azione di enzimi contenuti nei granuli.
17 la mieloperossidasi contenuta nei granuli primari utilizza H 2 O 2 per ossidare composti alidici intracellulari (HClO) e dare luogo alla liberazione di sostanze che uccidono i germi inglobati. Inoltre in presenza di H 2 O 2 la mieloperossidasi catalizza la iodinazione delle proteine della parete batterica. In più, le singole molecole di O 2 possono reagire con la parete dei batteri determinandone l ossidazione
18 Formazione del pus Il processo di distruzione interessa quasi sempre anche il granulocito stesso che va incontro a disfacimento e costituzione del pus insieme ai batteri uccisi al suo interno. Il pus verrà poi assunto dai macrofagi i quali affineranno ulteriormente le difese contro gli agenti patogeni.
19 sistemi ossigeno-indipendenti entrano in gioco per determinare uccisione di agenti estranei in condizioni di anaerobiosi. Tali sistemi sono rappresentati da: a-difensine (anche note come HNP, human neutrophil peptides), piccoli peptidi cationici contenuti nei granuli azzurrofili dei neutrofili e in altre cellule del sistema immunitario: sono i principali componenti del sistema ossigenoindipendente. Hanno proprietà antimicrobiche e antivirali e possono inattivare esotossine batteriche
20 trappola extracellulare dei neutrofili Recentemente è stato descritto un ulteriore meccanismo mediante il quale i neutrofili, anche dopo la morte, continuano la loro azione antibatterica rilasciando la cromatina in forma di una neutrophil extracellular trap, NET, ossia la trappola extracellulare dei neutrofili. Essa è formata da una trama fibrosa di cromatina, e da serina-proteasi. La rete consente di mantenere una concentrazione locale molto alta di componenti antimicrobiche che alla fine uccidono i batteri indipendentemente dal meccanismo della fagocitosi. Inoltre la NET rappresenta una barriera che imbriglia i patogeni e ne ostacola l ulteriore diffusione Si è visto che la NET si può formare anche all interno dei vasi nei processi di sepsi e probabilmente si manifesta localmente in tutti i processi infiammatori nei quali vengono attivati i granulociti neutrofili ad opera di vari fattori tra i quali sono state di recente chiamate in causa anche le piastrine
21 Granulociti Eosinofili: presentano un nucleo bilobato e granuli acidofili rappresentano il 2-4% dei leucociti presenti nel sangue l loro numero aumenta nei processi allergici e nelle infestazioni parassitarie (es. elmintiasi) hanno un diametro di circa 12 µ il loro nucleo ha generalmente caratteristica forma bilobata, con i lobi collegati da un sottile segmento di cromatina. La cromatina è addensata, eterocromatica alla periferia dei lobi nucleari; non si osservano nucleoli. Il citoplasma è caratterizzato dalla presenza di granuli specifici ovoidali con asse maggiore di circa 0,5 µm, acidofili, che si colorano in giallo-arancio con l eosina al ME i granuli sono piuttosto grandi e contengono al centro un cristalloide denso circondato da una matrice meno densa
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23 granulazioni Al centro dei granuli si osserva un corpo a struttura paracristallina (cristalli proteici di Charcot-Leyden) contenente la proteina basica maggiore (MBP), ricca di zinco, lisina e arginina, che, assieme ad altre proteine cationiche, è responsabile della affinità dei granuli per i coloranti acidi i granuli contengono altre proteine basiche, enzimi idrolitici, perossidasi, fosfolipasi Gli eosinofili posseggono recettori per numerose sostanze: per le componenti del complemento, per l istamina, per la porzione Fc delle IgM, delle IgG e delle IgE.
24 cristalloide Proteina Basica Maggiore (BMP) Proteina cationica eosinofila (EPC) Perossidasi Eosinofila Neurotossina derivata all eosinofilo (EDN) Istaminasi Arilsulfatasi
25 possono presentare anche granuli più piccoli contenenti fosfatasi acida Gli eosinofili vengono richiamati nelle regioni di interazione antigene/anticorpo in conseguenza del rilascio di un fattore chemiotattico eosinofilo di anafilassi, contenuto nei granuli dei mastociti a seguito di ciò provvedono alla fagocitosi dei complessi antigene/anticorpo. Questa loro importante funzione contribuisce allo smaltimento dei complessi immuni dall organismo. sono in grado di degradare l istamina (istaminasi) riducono gli effetti delle reazioni allergiche
26 Altri prodotti I granuli acidofili, oltre alla proteina basica maggiore, contengono altre tre proteine cationiche: la perossidasi degli eosinofili (EPO), che ha funzioni citotossiche, neurotossina derivata dagli eosinofili (EDN), che ha una azione tossica sul sistema nervoso di alcuni parassiti; proteina cationica degli eosinofili (ECP) che, come la EDN, è una ribonucleasi con azione antivirale. Gli eosinofili possono inoltre secernere l enzima arilsolfatasi B, in grado di degradare i costituenti della matrice extracellulare.
27 Granulociti Basofili: contengono grandi granuli intensamente basofili nel loro citoplasma i granuli contengono istamina, eparina, leucotrieni e vari enzimi (perossidasi, fosfatasi acida, arilsolfatasi) anche il loro nucleo è bilobato e reniforme svolgono funzione analoga a quella dei mastociti
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29 I granulociti basofili presentano chemiotassi positiva verso diverse molecole: componenti del sistema del complemento, la callicreina, le linfochine chemioattraenti sono quindi richiamati nelle sedi di aggressione da parte di agenti patogeni e di infiammazione. sono in grado di liberare altre sostanze quali leucotrieni, metaboliti dell acido arachidonico, e proteasi neutre che hanno un ben noto ruolo nei processi infiammatori. contengono molti enzimi ossidativi quali le succinico-, lattico-, malicodeidrogenasi, la glucosio-6-fosfato-deidrogenasi, NADH e NADPH diaforasi. La morfologia, il tipo di granuli citoplasmatici e molte attività dei basofili risultano simili a quelle dei mastociti del tessuto connettivo. I due tipi cellulari hanno però origine e alcuni aspetti morfofunzionali distinti, per cui rappresentano popolazioni cellulari a sé stanti
30 LEUCOCITI NON GRANULARI Monociti Linfociti
31 LINFOCITI MORFOLOGIA Sono piccole cellule (Ø di 7-12 µm) con un grande nucleo sferico e scarso citoplasma. Sono le cellule responsabili della risposta immunitaria specifica acquisita Esistono diverse famiglie o sottopopolazioni di linfociti: linfociti B (25%) linfociti T (70%) linfociti natural killer(nk)(5%)
32 Aspetti funzionali dei linfociti linfociti: nel connettivo propriamente detto
33 Monociti: sono i precursori ematici e midollari dei macrofagi e cellule dendritiche sono cellule piuttosto grandi con diametro di circa 20 µ rappresentano il 3-8% dei leucociti il citoplasma è poco colorabile il nucleo eccentrico voluminoso presenta spesso una profonda insenatura su di un lato (reniforme) al ME si evidenziano mitocondri, Golgi e i vari organuli nel citoplasma contengono: granuli specifici contenenti enzimi (fosfatasi acida, arilsolfatasi) granuli contenenti catalasi che risultano essere lisosomi hanno vita media molto breve (2-3 giorni) rispondono agli stimoli infiammatori e chemiotattici attraversando la parete vascolare per migrare nella sede di infiammazione e qui diventano in macrofagi e cellule dendritiche
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35 PIASTRINE: sono piccole porzioni cellulari anucleate che derivano dalla frammentazione del citoplasma di cellule del midollo osseo dette megacariociti normalmente sono in numero di per mm cubico di sangue hanno una lunghezza di 1-3 µ hanno forma biconvessa contengono una porzione centrale (granulomero) più clorata e una zona periferica (ialomero) la membrana è rivestita esternamente da glicoproteine e proteoglicani essenziali per i meccanismi di aggregazione e adesione piastrinica Più in particolare si annoverano nella composizione del glicocalice alcuni fattori della coagulazione I, V, VIII, XI, XII, recettori per ADP, trombina, vwf, collagene, fibrinogeno, fibrina fibronectina, epinefrina PAF, trombospondina, tromboxano A2, prostaciclinaserotonina e glicosil transferasi. Questi componenti sono essenziali per consentire la funzione recettoriale, i meccanismi di aggregazione piastrinica e quelli di adesione su superfici endogene alterate. all interno della membrana c è un abbondante citoscheletro di microtubuli e microfilamenti necessari per mantenere la forma delle piastrine la membrana ha molte introflessioni canalicolari con la funzione di incamerare o rilasciare Ca++
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37 granuli i granuli sono di 3 tipi: α con membrana, contengono proteine piastriniche (fibrinogeno, fattori V e VI, antitripsina, fibronectina, vitronectina, trombospondina e fattori di crescita come PDGF, TGF, HGF, EGF) densi contengono serotonina, adrenalina, istamina, ioni Ca++ lisososmiali contengono enzimi (fosfatasi acida, arilsolfatasi catepsina) All interno delle piastrine sono presenti mitocondri, con rare creste, e numerosissimi granuli di glicogeno raggruppati in grandi ammassi.
38 Funzione riparatrice la loro funzione comporta la riparazione delle lesioni dei vasi e delle feriti tissutali la coagulazione avviene per mezzo della liberazione di varie sostanze prodotte dalle piastrine (fattori della coagulazione). il PDGF stimola la proliferazione dei fibroblasti e dei macrofagi nonché la produzione di matrice extracellulare per la guarigione delle ferite Il fattore di crescita delle piastrine (PDGF) insieme al TGFb induce la proliferazione dei fibroblasti, delle cellule muscolari lisce stimola i fibroblasti a produrre matrice extracellulare. Agisce come segnale chemiotattico per i fibroblasti ed i macrofagi poiché rappresenta un fattore coinvolto nella guarigione delle ferite vascolari.
39 Funzione delle piastrine impediscono le emorragie nel caso di rottura del rivestimento endoteliale da danno vascolare normalmente la coagulazione intravascolare è impedita perché: le cellule endoteliali producono prostaciclina e NO2 che inibiscono l aggregazione le cellule endoteliali hanno sulla loro membrana trombomodulina e molecole eparinosimili che inattivano i fattori della coagulazione la rottura endoteliale permette alle piastrine di venire a contatto col connettivo sotto-endoteliale e da ciò le piastrine risultano attivate in conseguenza della loro attivazione si verificano le seguenti evenienze
40 Riassunto della sequenza di eventi per la coagulazione del sangue: l endotelio danneggiato determina: rilascio di fattore di von Willebrand e tromboplastina tessutale cessazione della produzione di inibitori coagulazione rilascio di endotelina (vasocostrittore che determina riduzione flusso ematico nella zona lesa) rilascio del contenuto granuli delle piastrine (ADP e trombospondina) maggiore adesività e adesione piastrinica alla parete vascolare aggregazione piastrinica e formazione del tappo piastrinico vari fattori piastrinici e plasmatici fanno aumentare la protrombina circolante che viene trasformata in trombina la trombina avvia la trasformazione del fibrinogeno in fibrina e ciò porta alla formazione del coagulo sanguigno successivamente, dopo che la ferita vascolare è riparata, le cellule endoteliali rilasciano gli attivatori del plasminogeno con conseguente conversione del plasminogeno in plasmina enzima che provoca lisi del coagulo
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42 Altre funzioni delle piastrine Di recente si attribuiscono alle piastrine funzioni diverse da quella che attuano nei confronti delle ferite vascolari; ad esempio, ruolo significativo nell infiammazione e nella rigenerazione dei tessuti; infatti sono fonte di grandi quantità di fattori di crescita. Possono risultare attive anche in alcuni meccanismi di stimolo della proliferazione delle cellule del sistema immunitario probabilmente partecipano alla formazione della NET insieme ai granulociti neutrofili per la neutralizzazione dei microorganismi batterici
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45 Cenni sulla emopoiesi gli elementi figurati del sangue circolante hanno una vita media che varia da pochi giorni ad alcune settimane il loro numero deve essere mantenuto costante ed adeguato alle esigenze funzionali dell organismo ciò comporta un loro continuo rinnovamento. Il processo di formazione di nuovi elementi prende il nome di emopoiesi il processo è caratterizzato dalla comparsa in successione di popolazioni cellulari che presentano una progressiva restrizione delle potenzialità differenziative, la perdita della capacità di moltiplicarsi, l acquisizione delle proprietà morfologiche e funzionali caratteristiche di ciascuna linea emopoietica tali popolazioni, nel loro insieme, costituiscono il sistema emopoietico l emopoiesi è un processo coordinato che richiede una molteplicità di interazioni fra le diverse componenti presenti nelle sedi ove ha luogo (cellule, matrice extracellulare, fattori di crescita). L insieme di tali componenti costituiscono il microambiente la produzione degli elementi maturi del sangue circolante avviene attraverso distinte linee differenziative: eritropoietica, per i globuli rossi granulocitopoietica, per i granulociti monocitopoietica, per i monociti linfocitopoietica, per i linfociti trombocitopoietica, per le piastrine in tutte le linee sono presenti alcuni aspetti comuni:ad esempio la successione definita di stadi cellulari, il ruolo regolativo del microambiente ciascuna linea presenta però caratteristiche proprie: tipo di progenitori e precursori, natura dei fattori che ne regolano comparsa e progressione, durata del ciclo maturativo, modalità del rilascio in circolo
46 sedi dell emopoiesi: Cenni sulla emopoiesi nel periodo embrionale e fetale: sacco vitellino, fegato, milza nell adulto: midollo osseo progenitori e forme intermedie delle linee cellulari del sangue: tutte le cellule del sangue derivano dalla cellula staminale emopoietica eritrocita: pro-eritroblasto eritroblasto basofilo eritroblasto poli-cromatofilo eritroblasto ortocromatico granulocita: CFU GM (colony forming unit dei granulociti e monociti) mieloblasto promielocito mielocito metamìelocito monocita: CFU GM (colony forming unit dei granulociti e monociti) promonocita linfocita: grande linfocita medio linfocita piastrine: megacarioblasto megacariocita
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48 chemiotassi Il passaggio dal sangue ai tessuti (in un linfonodo, nella sede dell infiammazione) avviene di norma a livello delle venule postcapillari l processo di migrazione si realizza attraverso una successione di fasi che richiedono l intervento di molecole di adesione. Nella sede dell infiammazione vengono prodotte sostanze definite chemioattraenti; (p. es. i lipopolisaccaridi batterici, LPS) oppure possono essere presenti sostanze (IL-1,TNFa, platelet-activating factor, PAF) prodotte e rilasciate dalle cellule accorse per prime nella sede di aggressione come i granulociti neutrofili, i granulociti basofili, i mastociti del connettivo e i macrofagi.
49 I composti chemoattraenti stimolano le cellule endoteliali della parete vasale ad esporre sulla loro superficie luminale molecole di adesione come le E-selectine; queste si legano ai radicali glicanici dei glicolipidi e delle glicoproteine presenti sulla membrana dei leucociti (CD162). In un primo momento si verifica una adesione debole che induce un rallentamento del flusso dei leucociti e il loro rotolamento; successivamente si realizza una adesione più forte per mezzo delle integrine (integrine b 1, CD18). A questo punto le superfici delle cellule endoteliali e dei leucociti interagiscono in modo ancora più stretto per l intervento di proteine intercellulari di adesione (I-CAM e V-CAM), infine i leucociti intensificano meccanismi di trasduzione del segnale che favoriscono i loro movimenti ameboidei con conseguente migrazione attraverso la parete.
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51 Altri fattori della estravasazione La migrazione transendoteliale è favorita anche da altre condizioni: le sostanze liberate nelle fasi iniziali del processo infiammatorio (istamina, eparina ecc.) determinano un allentamento delle giunzioni esistenti tra le cellule endoteliali (aumento permeabilità vascolare) i leucociti che si trovano in procinto di migrare hanno la capacità di degradare la membrana basale delle cellule endoteliali grazie alla liberazione di proteasi.
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