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2 ELAV Journal INDICAZIONI per gli AUTORI Direttore Responsabile Massimo Zangarelli Direttore Scientifico Enrico Guerra Direttore Editoriale Luca Russo Progetto Grafico ELAV snc Segreteria di Redazione ELAV snc Hanno collaborato a questo numero: Fabio Ardolino Dalila Colacchi Filippo Gambelli Enrico Guerra Gloria Micacchi Mosè Mondonico Gabriele Rossi Luca Russo Alessandro Stranieri La rivista ELAV Journal si pone l obbiettivo fondamentale di portare ai lettori informazioni di alto livello con risvolti applicativi per le Scienze Motorie. Gli scritti canditati per la pubblicazione dovranno pertanto avere questa caratteristica, requisito principale di valutazione. ELAV Journal è aperto ai contributi di tutti gli esperti che a vario titolo lavorano o fanno ricerca nel campo delle Scienze Motorie. Gli scritti di interesse della rivista sono: articoli a carattere tecnico-scientifico divulgativo articoli di revisione della letteratura scientifica casi di studio articoli di ricerca e studi originali In ogni caso il contenuto degli scritti deve rispettare le seguenti indicazioni: essere di largo interesse essere di alta qualità e fondato su solide basi ed evidenze scientifiche avere risvolti di applicabilità pratica essere coerente con la letteratura internazionale Lo scritto deve essere redatto secondo le indicazioni presenti su index.php?page=rivista e deve essere corredato da foto e breve curriculum del primo autore o di chi invia l articolo. Gli scritti e le relative immagini, dovranno essere inviati per posta elettronica all'indirizzo elavjournal@elav.biz. Gli scritti a noi pervenuti saranno sottoposti, per la loro eventuale pubblicazione, al giudizio del Comitato Scientifico interno ELAV e/o di esperti esterni appositamente incaricati a tal scopo. Pubblicazione Trimestrale Tecnico-Scientifica Anno IV - Numero Giugno-Settembre 2011 REGISTRAZIONE N. 31/2008 RILASCIATA IL 14/10/2008 DAL TRIBUNALE DI PERUGIA

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4 EDITORIALE LA PROFESSIONE DI PERSONAL TRAINER Come in tutti i settori, anche quello del fitness si sta evolvendo o quantomeno modificando. La contingenza economica globale, il modificarsi delle variabili sociologiche dovuto in prevalenza ai social networks, l ingresso delle grandi catene di fitness clubs, sono tutti elementi che assieme ad altri impongono una profonda revisione del settore, senza eccezioni. Proviamo a fare un analisi essenziale delle quattro aree critiche: Logistica - Investita da un aumento esponenziale dei costi di gestione corrente e straordinaria non inferiori al 35% negli ultimi 10 anni. Personale - Necessita sempre più qualificato ma è proporzionalmente sempre meno pagato e raramente contrattualizzato. Servizi Necessitano di un offerta trasversale o/e altamente specializzata, esposta all esigenza di una continua innovazione. Clienti - Ridotte disponibilità economiche della fascia media ed aumento delle esigenze e dell attenzione agli acquisti di tutte le fasce sociali. Le prime tre aree riguardano l offerta del settore mentre la quarta riguarda la domanda. In un tale contesto si stanno realmente salvando i centri di piccole/medie dimensioni orientati alla qualità e alla specializzazione del servizio (logistica a basso impatto economico, personale di alta qualità, servizi specializzati, pochi clienti), e i centri appartenenti alle medie e grandi catene orientate al marketing emozionale di massa e ai grandi numeri (logistica ad alto impatto economico, personale in franchising interno, servizi trasversali ed emozionali, tanti clienti). Sembra che le due realtà siano molto lontane tra di loro ma hanno invece un comun denominatore: il Personal Trainer. Il Personal Trainer è necessario per la specializzazione dei piccoli/medi centri e allo stesso tempo per l implementazione del modello aziendale in franchising interno delle medie/grandi catene. Parlare della figura del Personal Trainer è tutt altro che facile e scontato. L Italia ha ereditato questa figura professionale dal mercato del fitness USA quale naturale evoluzione dello storico istruttore della sala attrezzi dei fitness clubs ma anche e soprattutto per una questione di evoluzione ma anche di sopravvivenza professionale non più ottenibile nel modello classico. L eredità nord-americana può essere vincente ma ad oggi si scontra con un mercato nazionale profondamente diverso; la verità di questa affermazione l abbiamo tutti davanti agli occhi ovvero il Personal Trainer, al di fuori di qualche sporadico caso di successo, fatica a lavorare e non è giuridicamente regolamentato creando caos nel caos. Nelle poche grandi città italiane una minoranza dei Personal Trainers lavora molto ma la maggior parte è decisamente al di sotto del potenziale di offerta; nelle cittadine di provincia e nei piccoli centri tipici della geografia italiana, questa figura fatica a decollare o è addirittura inesistente. Eppure i titolari di clubs si lamentano sistematicamente delle stesse cose e tendono a mordersi la coda da soli. I clienti, sempre più culturalizzati e sempre meno propensi alla spesa, pretendono qualità sempre più elevate e soluzioni ai propri specifici problemi non ottenibili con un istruttore che segue decine di persone contemporaneamente da solo. Il cliente si lamenta ma non vuole pagare di più per un servizio personalizzato erogato spesso dallo stesso istruttore di sala che si cimenta nel doppio ruolo a tempo perso. La proprietà tende a forzare la qualità del servizio tramite lo stesso modello dell istruttore di sala fallendo inevitabilmente l obbiettivo e cannibalizzando la possibilità di implementare il servizio di personal training; inoltre, paga poco i collaboratori a causa dei costi di gestione sempre più elevati e perde i migliori collaboratori che sarebbero in grado di erogare il vero servizio di personal training di fatto autoalimentando la scarsa percezione di valore da parte del cliente. Il Personal Trainer professionista gioca su questa situazione e come free-lance offre il suo servizio a cifre completamente irraggiungibili per la fascia media della popolazione, riuscendo in pochi nell intento e alimentando l etichetta di servizio di nicchia riservato a pochi clienti facoltosi. I personal trainers e gli istruttori incastrati in mezzo a questo sistema cercano alternative come la rieducazione funzionale affrontata senza alcuna competenza o l osteopatia con il risultato di snaturalizzare se non cambiare la propria mission e professione. È veramente un cane che si morde la coda! Bisogna cambiare sistema Il Personal Trainer ha tante di quelle opportunità di lavoro professionalmente ed economicamente gratificanti che nemmeno se lo immagina. Il problema è che nessuno le offre ma bisogna crearsele, abbandonando completamente la tradizione italiana del posticino fisso e sicuro senza tante preoccupazioni del quale hanno goduto i nostri genitori e i nostri nonni fino ad una ventina di anni fa. Per crearsi le opportunità di lavoro bisogna avere però due ingredienti critici: propensione all avventura (provarci!) e grandi competenze (essere in grado di!). Le grandi competenze danno la possibilità di avere tante soluzioni vincenti per gli obbiettivi dei propri clienti, e fanno scoprire una professione che ha dei valori ben oltre il vecchio 3x10; proprio per questo il Personal Trainer è in realtà maggiormente riconoscibile in una figura di Fitness Specialist, qualifica che descrive specifiche e specialistiche competenze anziché personal trainer che invece descrive la modalità (one to one) in cui vengono erogate. Che occorra una rivisitazione della terminologia? Le medie/grandi catene offrono una possibilità concreta per mettersi in gioco fornendo, ad una cifra annuale abbordabile, una logistica straordinaria e una parco clienti di tutto rispetto. Tocca poi al Personal Trainer procacciarsi il lavoro attingendo, tramite le proprie capacità, da quel 25% circa di clienti che ricorre a questo servizio. In 4

5 EDITORIALE LA PROFESSIONE DI PERSONAL TRAINER realtà, a fronte di pesanti critiche mosse a questo sistema imprenditoriale, l opportunità è davvero importante ed interessante per i Personal Trainers che si trovano subito protetti da un modello impeccabile e devono mettere in gioco solamente le proprie capacità con un basso rischio d impresa. Al di fuori del mondo delle catene di clubs, le soluzioni sono probabilmente due: il centro di medie dimensioni gestito imprenditorialmente con il solo modello del Personal Trainer, o i piccoli centri gestiti direttamente dal Personal Trainer Fitness Specialist in versione azienda di famiglia. In tutti i casi manca comunque una riflessione che investe trasversalmente quanto scritto in precedenza, ovvero le tariffe richieste per il servizio; è necessario rendersi abbordabili alle fasce medie della popolazione perché numericamente rappresentative ed in grado di sostenere qualche spesa in più. Un prezzo più abbordabile garantisce comunque stipendi allettanti o può essere controbilanciato da un servizio erogato contemporaneamente a piccoli gruppi di 2-3 clienti al massimo. Se viene rimosso l ostacolo del prezzo si aprono possibilità importanti di mercato dove l ingrediente critico rimarrà solo quello delle competenze Fitness Specialist e della passione che deve accompagnarle. Il lavoro imporrà, in questa fase storica, competenze trasversali per disporre di una clientela numericamente gratificante; in seguito, magari tra qualche anno, si potrà pensare a Personal Trainers altamente specializzati in singoli settori ricalcando quello che sta già accadendo ai colleghi USA. Un Personal Trainer qualificato Fitness Specialist non lavora per mode o invenzioni della sera prima ma utilizza pragmaticamente un mix di competenze tecnico-scientifiche e di esperienza a vantaggio globale del cliente e delle sue stesse possibilità occupazionali. Oggi la moda dell allenamento funzionale ne è esempio emblematico perché grande modello di allenamento ma assolutamente insufficiente al raggiungimento di molti obbiettivi, a dimostrazione che le competenze e le esperienze devono essere trasversali e tali da poter cucire il vestito adatto al cliente e alle sue esigenze, un po come un sarto allenatore. Certo, lo Stato potrebbe dare una mano alla categoria in Svizzera, per esempio, chi frequenta un fitness club può detrarre la spesa dalle tasse a patto che il club sia iscritto all albo dei centri certificati dallo Stato e ne rispetti le regole di appartenenza a cominciare dalla formazione continua del personale. Il club deve mantenere standard elevati altrimenti esce dal mercato e inoltre deve erogare regolare ricevuta di pagamento al cliente perché altrimenti questo non potrà scaricare fiscalmente la spesa; in questo modo il club è costretto a regolarizzare giuridicamente il suo assetto societario anche verso i collaboratori e di conseguenza ad uniformare in alto le tariffe dei clienti e i compensi al personale facile no! In una sola mossa fatta dallo Stato nel concedere una misera detrazione fiscale peraltro investita sulla salute del cittadino e quindi indirettamente a vantaggio della spesa sanitaria nazionale, è uscito dal sommerso tutto il sistema gratificando gli operatori e creando il tanto agognato valore di percezione da parte del cliente che pagherà favorevolmente di più. Che sia così difficile da capire? Personal Trainers d Italia fatevi sentire! 5

6 NEW ELAV CERTIFICATION SLIMMING TRAINING in 4 giorni SPECIALIST il successo garantito Primo progetto di alta formazione in Italia sulla metodologia dell allenamento finalizzato al dimagrimento generale e localizzato Diventa la nuova figura specializzata con il nostro progetto inedito in anteprima per il 2012 IN 2 WEEK_END IL NUOVO PROFESSIONISTA 6

7 PROGRAMMA ALLENAMENTO PER IL DIMAGRIMENTO 2.0 TEORIA: fisiologia del dimagrimento, nuove conoscenze sulle cellule adipose, scienza dell allenamento per il dimagrimento, dalla fisiologia alle nuove metodologie di allenamento per il dimagrimento generale (tipologia aerobica, anaerobica, combinata ed intermittente, cardio-muscolare), come aumentare il costo energetico della seduta di allenamento, come aumentare il metabolismo post esercizio e quello basale, dalla fisiologia alla nuova ed inedita metodologia di allenamento per il dimagrimento localizzato (FreeFitness Localized Slimming), l allenamento anti-cellulite e l interferenza del ciclo mestruale nella donna, le vibrazioni meccaniche come mezzo fisico di allenamento per il dimagrimento e la cellulite, analisi bioelettrica come decision maker, programmazione personalizzata dell allenamento per il dimagrimento, protocolli di allenamento con vibrazioni meccaniche e modelli di allenamento avanzati, case studies. PRATICA: prove pratico applicate delle metodologie di allenamento con l ausilio di nuove strumentazioni dedicate, laboratorio didattico con risoluzione di casi di studio. CONTIENE CORSO FREEFITNESS LOCALIZED SLIMMING RISERVATO AI CLIENTI COMPOSIZIONE CORPOREA E METABOLISMO TEORIA: compartimentalità del corpo umano e tecniche di valutazione della composizione corporea, valori ottimali e di riferimento, standardizzazione internazionale delle procedure, antropometria, plicometria, morfotipia, la nuova adipometria, analisi bioimpedenziometrica globale e analitica, metabolismo basale e a riposo, interpretazione dei dati e dei loro cambiamenti nel tempo, morfologia del soggetto e corretta scelta della tecnica di misurazione, la composizione corporea per una corretta programmazione dell allenamento. PRATICA: prova pratica di tutte le tecniche di misura, laboratorio didattico con risoluzione di casi di studio. QUANDO 1 WEEK-END 2 WEEK-END Città di Castello - Perugia Novembre 2011 Città di Castello - Perugia Dicembre 2011 corso a numero chiuso per tutte le informazioni dettagliate. 7

8 FITNESS E SALUTE ATTIVITÀ MOTORIA PREVENTIVA E ADATTATA ATTIVITÀ MOTORIA PREVENTIVA E ADATTATA FINALIZZATA A SOGGETTI DI DIVERSA ETÀ E A SOGGETTI DISABILI Micacchi Gloria Ph.D. in Discipline Delle Attività Motorie e Sportive INTRODUZIONE Il D.L. 8 Maggio 1998, n 178 (e sue modifiche ed integrazioni), all art. 2, lettera b, sancisce che il corso di laurea in Scienze Motorie è finalizzato all acquisizione di adeguate conoscenze di metodi e contenuti culturali, scientifici, professionali nell area didatticoeducativa, finalizzata all insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado; nell area tecnico-sportiva, finalizzata alla formazione nelle diverse discipline; nell area manageriale, finalizzata all organizzazione e alla gestione delle strutture sportive e delle attività attinenti al settore; nell area della prevenzione e dell educazione motoria adattata, finalizzata a soggetti di diversa età e a soggetti disabili. Per quanto concerne quest ultima area d intervento occorre, però, cercare di far chiarezza. Mentre le altre risultano essere sufficientemente delineate con un campo d azione ben delimitato, l area della prevenzione e dell attività motoria adattata è ancora per molti poco definita. Partiamo da una raccomandazione che l Istituto Superiore della Sanità fece già nell ormai lontano 2004: Si raccomanda di consigliare ai pazienti di praticare regolarmente attività fisica come abitudine quotidiana, per prevenire patologie quali la cardiopatia ischemica (CHD), l ipertensione, l obesità e il diabete. La presente raccomandazione si basa sui benefici comprovati dell attività fisica eseguita regolarmente. Ora, il termine utilizzato è pazienti, ma è facile comprendere come all interno di questo siano incluse sia persone da reputarsi sane che persone affette da diversi disturbi. E sapere comune che svolgere attività fisica con regolarità riduca il rischio di morte prematura, coronopatia, ipertensione, obesità, diabete mellito, cancro al colon e probabilmente altre forme tumorali (seno, prostata, polmone, utero, ecc.). A supporto si possono trovare dei dati in letteratura che evidenziano come l inattività o un fitness cardiorespiratorio inadeguato siano fattori predittivi di mortalità e di patologie importanti, quanto l eccesso di peso, l obesità, il fumo, l ipercolesteromia e l ipertensione. Un buon allenamento oltre a regalare una sensazione di benessere ha effetti benefici per il sistema cardiovascolare (esercizi aerobici), per la forza (esercizi anaerobici), per il controllo del peso e per la salute in genere. Studi dell American Diabetes Association (ADA) riconoscono all esercizio fisico un ruolo importante nella riduzione del rischio diabetico e per soggetti con diabete di tipo 2 ritengono necessari solo due tipi di trattamenti: dieta ed esercizio. L attività motoria regolare e/o una pratica sportiva esaltano i benefici di una corretta alimentazione e nel caso di regimi alimentari scorretti ne riducono l effetto. Gli esercizi secondo la tipologia degli stessi (aerobici, anaerobici, misti) ci consentono inoltre di agire sui sistemi ormonali differenti. Gli esercizi anaerobici, ad esempio, come la corsa veloce, gli scatti, i pesi, dove l intensità è elevata, permettono lo sviluppo della massa magra corporea (responsabile del metabolismo basale) e quindi permettono, seppur indirettamente di utilizzare i grassi. Infatti, se l esercizio anaerobico è abbastanza intenso, viene stimolata la produzione dell ormone della crescita che, insieme al testosterone, tra le altre funzioni presiede alla riparazione delle microlesioni muscolari provocate dall allenamento anaerobico e incrementa lo spessore delle fibre muscolari (ipertrofia). L energia necessaria per questo lavoro, deriva dal metabolismo dei grassi accumulati nelle riserve. L ormone della crescita, secreto dall ipofisi, è, infatti, considerato il più potente brucia grassi. Viene anche prodotto durante il sonno notturno nella fase REM, per cui migliore è la qualità del sonno, più ormone della crescita è prodotto. Gli esercizi aerobici richiedono un maggior consumo di ossigeno e sono particolarmente adatti a bruciare i grassi. Per migliorare lo stato di salute l attività motoria deve essere regolare. Con allenamenti discontinui e irregolari difficilmente si possono apprezzare miglioramenti. Orientativamente le dosi ideali di esercizio prevedono una frequenza di 3 sedute di allenamento settimanali della durata di minuti circa, con intensità personalizzata ed esercizi sia aerobici che anaerobici. Bene, evidenziamolo ancora: fare attività motoria è alla base di un sano stile di vita. Uomini e donne di ogni età possono svolgerla con i dovuti accorgimenti o meglio adattamenti. Uomini e donne considerati sani, la svolgeranno per raggiungere uno stato di benessere superiore e migliorare la qualità della propria vita e per prevenire fattori di rischio e l acutizzazione dei piccoli malesseri comuni ai più. Si può dunque facilmente comprendere come un individuo fisicamente integro e mentalmente sano possa liberamente decidere e attivarsi in un senso o nell altro per ottenere un determinato livello di qualità positiva o negativa della propria vita. Può scegliere uno stile di vita sedentario, andando incontro ad un calo delle proprie capacità prestative, legato a ridotte funzionalità artro-osteo-muscolari, cardiorespiratorie e metaboliche o scegliere uno stile di vita più corretto e responsabile verso se stessi che preveda una regolare attività fisica accompagnata da una corretta alimentazione. Diversa è la situazione che veniamo a trovarci di fronte quando invece di osservare la vita di un soggetto normodotato, volgiamo il nostro sguardo alla vita d individui caratterizzati da condizioni fisiche svantaggiate, quali disabili, malati o anziani. Di sicuro la possibilità di scelta non è attuabile per entrambi allo stesso modo e anche se, non ci fosse diversità in questo, le possibilità di svolgere un attività motoria liberamente non sono certamente paragonabili. Eppure tutti i benefici sovraesposti valgono in assoluto anche per loro! 8

9 FITNESS E SALUTE ATTIVITÀ MOTORIA PREVENTIVA E ADATTATA In molti casi poi l attività motoria e lo sport permettono ad un soggetto disabile di esplorare altre potenzialità, di svilupparle e in definitiva di servirsene per vicariare funzione perdute o non adeguatamente sviluppate. E così l attività motoria e lo sport possono fuor di dubbio essere considerate dei potenti strumenti per un soggetto disabile. Essi, infatti, oltre a prevenire l intensificarsi di fattori di rischio già presenti combattono l instaurarsene di ulteriori e soprattutto aiutano l essere umano ad acquisire quelle capacità e in molti casi quella dignità necessarie a far di lui un membro attivo della società. EDUCAZIONE MOTORIA E PREVENZIONE Quando si parla di motorio (diverso è motricità) si parla di movimento, si parla dunque di come il corpo si muove in relazione allo spazio, al tempo, al suo stato di salute e alla finalità che lo spingono all azione. Il corpo resta lo strumento principale con cui ogni essere vivente prende forma e assume un significato rispetto a se stesso e a ciò che lo circonda. Il mezzo per sentire il corpo è il movimento ed è grazie ad esso che l uomo riesce anche a modificare la realtà strutturale nella quale si trova adattando l ambiente e anche il proprio corpo alle esigenze del momento. Essere padrone del proprio corpo, percepirlo completamente, conoscerlo in profondità e avere coscienza dei suoi limiti e punti di forza non è però così scontato come si potrebbe pensare o dovrebbe essere. Ognuno di noi dedica poco tempo a se stesso e spesso ci dimentichiamo di ascoltare i nostri veri bisogni per soddisfarne altri, certo utili, ma non necessariamente i più importanti. Sottoponiamo continuamente il nostro corpo e la nostra mente a situazioni di forte stress, assumiamo posture scorrette, respiriamo male. Durante una situazione stressante il ritmo respiratorio aumenta e di conseguenza si riduce drasticamente la quantità di aria e di ossigeno inalati. In molti un respiro bloccato porta ad assumere posture di chiusura alle quali sono solitamente legati anche stati emotivi non positivi. E tutto collegato. Mente e corpo sono inscindibili e l uno non può funzionare bene senza che anche l altro lo segua. Lavorare con il corpo, utilizzarlo nel modo appropriato, esserne padroni è la cosa più semplice e diretta che si possa fare per stare bene. L educazione motoria ha lo scopo di conoscere, comprendere, stimolare e potenziare le capacità del corpo per rispondere nel modo più adeguato possibile ai bisogni dell uomo, tenendo in considerazione le caratteristiche individuali, caratteriali, psicofisiche e ambientali di ognuno. L attività motoria preventiva, da parte sua, è utilizzata per prevenire situazioni che potrebbero portare all instaurarsi di eventi negativi per il benessere fisico e mette in atto strategie per mantenere nel giusto equilibrio le capacità motorie dell individuo in base alle sue caratteristiche normofunzionali, applica la scienza del movimento nel rispetto delle leggi auxologiche allo scopo di prevenire e compensare disarmonie morfo-funzionali e disarmonie motorie stato-cinetiche e cerca d impedire l aggravarsi di stati anatomo-fisiologici-psichici ormai consolidati che difficilmente tenderanno ad un miglioramento. ATTIVITÀ MOTORIA ADATTATA Con il termine adattata, s intende qualcosa di specifico, di appropriato, adeguato, qualcosa che riesca a mettere in grado tutti gli individui di poter svolgere una regolare attività fisica durante l intero arco della vita. L attività motoria adattata è dunque un attività motoria pensata, stabilita e plasmata sulle caratteristiche specifiche di ogni singolo individuo. Ha lo scopo di migliorare la qualità della vita portando il soggetto a interagire al meglio con ciò che è, e con ciò che lo circonda. In realtà quanto sopra è alla base dell educazione motoria in generale, ma questo termine è stato introdotto per differenziare quest ultima da un attività più specifica indirizzata a soggetti di tutte le età caratterizzati da condizioni fisiche svantaggiate, quali disabili, malati o anziani. Consideriamo che circa il 10% della popolazione mondiale è affetta da condizioni patologiche o disabilità. Cerchiamo ora di chiarire cosa s intenda con il termine disabilità. Negli anni, infatti, ha assunto un significato diverso e si è rivolto verso un bacino d utenza molto più ampio. L Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1980 per le classificazioni delle condizioni patologiche utilizzava termini quali: menomazione (deficit), incapacità (limitazione funzionale), handicap. Menomazione (deficit). Indica una qualsiasi perdita o anomalia di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica. Prevede l esistenza o il manifestarsi di un anomalia, difetto, perdita di arto, organo, tessuto o altra struttura del corpo, compreso il sistema delle funzioni mentali. Le perdite e le anomalie possono essere temporanee o permanenti. Incapacità. Indica una qualsiasi limitazione funzionale o inabilità (conseguente a una menomazione) nello svolgimento di un attività, nella misura considerata normale per l essere umano. Riguarda attività composte o integrate relative alla persona nel suo insieme impegnata in un azione, un compito o una determinata forma di comportamento. Può rappresentare un eccesso o una mancanza di un 9

10 FITNESS E SALUTE ATTIVITÀ MOTORIA PREVENTIVA E ADATTATA comportamento o un'attività prevista per consuetudine. Può essere: temporanea o permanente; reversibile o irreversibile; progressiva o regressiva; svolgere un ruolo fondamentale in questo livello dell esperienza. L incapacità può rappresentare l esito diretto di una menomazione o la risposta dell individuo, soprattutto a livello psicologico, a menomazioni fisiche, sensoriali o di altro genere. Essa costituisce la conseguenza oggettiva, cioè l oggettivazione della menomazione e, in quanto tale, riflette i disturbi a livello della persona. Handicap. Rappresenta una condizione di svantaggio per un dato individuo, derivante da una menomazione o disabilità che limita o impedisce l esecuzione di un compito considerato normale (in base all età, al sesso e a fattori sociali/culturali). Lo stesso handicap può manifestarsi in situazioni diverse e, pertanto, quale esito di diverse disabilità. Costituisce un fenomeno sociale, il quale rappresenta le conseguenze sociali e ambientali delle menomazioni e delle disabilità. È caratterizzato da un disaccordo fra il rendimento o la condizione dell individuo e le aspettative del gruppo particolare di cui fa parte. La condizione di svantaggio può essere percepita soggettivamente: dall individuo stesso; dalle persone che assumono una valenza significativa per l individuo; dalla comunità nel suo insieme. L handicap rappresenta la dimensione sociale di una menomazione o disabilità, e riflette le conseguenze a carico dell individuo in un determinato ambito. Nel maggio 2001 L Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha pubblicato la Classificazione internazionale del funzionamento della salute e disabilità (ICF), abbandonando la parola handicap e sostituendola con disabilità intendendo con quest ultima una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. Il nuovo modello tiene in considerazione ogni aspetto della vita dell individuo e permette la correlazione fra stato di salute e ambiente. Non si riferisce più a un disturbo strutturale o funzionale senza prima metterlo in rapporto con uno stato di salute ideale. Ad oggi le categorie principali di classificazione delle condizioni di salute sono: Condizioni patologiche sensomotorie. Si riferiscono alle funzioni del sistema nervoso e di quello muscoloscheletrico (es. lesioni del midollo spinale, ictus, amputazione di un arto) che limitano lo sviluppo, la coordinazione e/o l esecuzione completa di un movimento. Condizioni patologiche interne. Fanno riferimento alle funzioni delle ghiandole endocrine e degli organi dell apparato respiratorio, cardiovascolare, urinario e di altri organi interni, le quali limitano la capacità fisiologica. Condizioni patologiche psico-sociali. Si riferiscono alle funzioni dell interazione sociale ed emotiva (es. autismo, schizofrenia), le quali compromettono il contatto sociale dell individuo con il proprio ambiente. Ambiti della salute mentale. Fanno riferimento alle funzioni cognitive superiori, in particolare per quanto riguarda il ritardo mentale e i disturbi dell apprendimento, i quali possono influire sulla capacità dell individuo di vivere in modo autonomo. Questa nuova visione della disabilità permette di e- stendere l azione dell attività motoria adattata ad un numero maggiore di soggetti con i quali lavorare allo scopo di migliorare le abilità in relazione alla limitazione o perdita della capacità di compiere un attività a causa dell ambiente sfavorevole estrinsecata attraverso atti e comportamenti che per generale consenso costituiscono aspetti essenziali della vita quotidiana. ATTIVITÀ MOTORIA NELLA DISABILITÀ Il trattamento motorio nella disabilità ha molteplici funzioni che vanno dalle stesse valide per i soggetti normodotati riguardo all educazione e la prevenzione ad altre dallo scopo più funzionale e specifico per il caso che si tiene in esame. Quando si lavora con un soggetto disabile la prima cosa da fare è accettare la condizione effettiva e partire da questa alla scoperta delle potenzialità nascoste. Vivere in una situazione diversa non significa necessariamente non poter fare le stesse cose che fanno gli altri, vuol dire semplicemente trovare un modo diverso per metterle in pratica. Inoltre l istinto di sopravvivenza così come quello di adattamento, in determinate situazioni, se stimolato correttamente, è una fonte incredibile di risposte differenti allo stesso problema. Molto spesso quello che non si riesce a concepire nemmeno con il pensiero è già una realtà. Un ragazzo non vedente che va in bicicletta e si muove nello spazio senza ausili, ma emettendo suoni dalla bocca che gli rinviano segnali vibratori così come fanno i pipistrelli. Amputati ad entrambi gli arti inferiori che gareggiano in gare di atletica con i normodotati. Malati psichici che raggiungono un indipendenza tale da poter vivere da soli e crearsi una famiglia. Non sono fantasie, sono realtà, sono possibilità! L attività motoria e sportiva hanno conseguenze benefiche su tutti e per questi ultimi tali effetti vengono 10

11 FITNESS E SALUTE ATTIVITÀ MOTORIA PREVENTIVA E ADATTATA maggiormente evidenziati dall importanza che assumono in relazione al tipo di disabilità. Ad esempio per un paraplegico su sedia a rotelle uno scalino lungo la propria strada può rappresentare un ostacolo insormontabile; viceversa superare senza aiuti esterni lo stesso scalino può essere uno scherzo per un giocatore di basket in carrozzina, abituato ad usare il proprio mezzo di locomozione come un attrezzo sportivo. Sheng, Dijkers: La partecipazione ad attività sportive da parte di un paraplegico, riduce la depressione psichica, diminuisce i ricoveri ospedalieri e ne prolunga l attesa di vita. Un soggetto non vedente attraverso attività in acqua può migliorare la percezione del proprio corpo in toto ed imparare ad utilizzarlo al meglio in ogni situazione. Un amputato ad un braccio può attraverso l attività motoria riequilibrare il proprio corpo nella nuova situazione e divenire così coordinato da non necessitare dell arto mancante per le attività quotidiane. Aspetto importantissimo assumono poi risultati sul piano psicosociale. A partire dal rapporto due a due fino a giungere all inserimento in attività di gruppo. Attivare una comunicazione verso l esterno a tutto campo, prima corporea e poi verbale. Aumento di comportamenti socialmente accettabili e comprensibili grazie anche a un maggiorato o conquistato livello di autostima ed autonomia. L intervento motorio ha l obiettivo principale di far accettare i limiti effettivi, di superare il disagio riscoprendo se stessi e le proprie capacità e stimolare la vitalità rinchiusa per ri/aprirsi al Mondo. CONCLUSIONE Facendo nuovamente riferimento alla definizione di disabilità data dall OMS, (ICF), e quindi ad una condizione di salute in un ambiente sfavorevole non possiamo far altro che rinforzare gli effetti positivi che l attività motoria adattata può avere sulla vita di coloro che si trovano a vivere in una situazione di svantaggio. Dalla presa di coscienza di se stessi, alla percezione del proprio corpo fino all uso che si può fare di esso per ottenere le prestazioni migliori possibili nello svolgimento di ogni tipo di attività quotidiana. L intervento motorio si sviluppa su ogni aspetto della persona influenzando sia la psiche sia lo stato d animo. Il lavoro sulle funzioni corporee, sulle strutture corporee ed anche sui rapporti con l esterno mette il soggetto disabile nelle condizioni di sentirsi completo e appagato. Supererà la sensazione di essere a cui manca qualcosa con l accettazione di essere esattamente come si è con tutte le possibilità che tale stato gli offre. Un intervento motorio adattato dev essere chiaramente fatto da un professionista del settore che abbia le conoscenze adeguate per sviluppare un programma che tenga in considerazione lo stato effettivo del soggetto con il quale lavora dopo un attenta valutazione e individuazione delle caratteristiche specifiche che lo contraddistinguono nella sua interezza ed unicità. Per tale motivo dovrà aver conto di quelle che sono le condizioni di sviluppo del movimento umano e da un punto di vista epistemologico, come affermano Carraro, Lanza, Zocca e Bertollo (2002) svolgere l attività tenendo a mente che il movimento è mediatore: dello sviluppo delle funzioni fisiologiche (H. Seyle 1956); dello sviluppo e del mantenimento di efficaci processi cognitivi (in particolare attenzione, concentrazione, memoria, pianificazione), (Mcnaughter e Gabbare 1993, Heckler e Croce 1992); della comunicazione, in particolare di quella non verbale e della relazione sociale (Argyle 1988, Eibl-Eibelsfeldt 1993, Morris 1978); dello sviluppo del pensiero in età infantile e giovanile (J. Brunner 1981, G. Edelman 1995, M. Jeannerod 1990, J. Piaget 1970); di un adeguato livello di autostima (Harter 1978, Sonstroen 1988, Fox 1990, Marsh 1994, Bertollo, Pasqualotto 2000, Bertollo, Pellizzari 2001); della costruzione della capacità di prestazione motoria dei giovani adulti (Martin 1992, Schmidt & Wrisberg 2000); dello stato di salute e di prestazione motoria di adulti e anziani (A.C.S.M. 1998). BIBLIOGRAFIA 1. A. Bianco, E.Tasso, Insegnare a far vivere le attività fisiche adattate, Ed La Lontra Busalla American College of Sport Medicine, (1998),Position stand, Medicine & Science in Sport & Exercise, Human Kinestics, Champaign, Il. 3. Argyle M., (1998), Bodily communication, Routledge, London & New York. 4. Bertollo M. Pasqualotto G., (2000), Autostima ed autoefficacia nella percezione di competenza in alunni tra gli 8 e i 18 anni, Rivista di Chinesiologia, Cuneo, Vol. XVIII, 3/ Bertollo M., Pasqualotto G., Merlo R., Fondamenti Storico-Epistemologici delle Scienze del Movimento Umano e della Professione di Chinesiologo, Professione Chinesiologo, U.N.C. 6. Bertollo M., Pellizzari M., (2001), Rapporto tra autostima, autopercezione di competenza ed attività fisica in adolescenti e preadolescenti, Giornale Italiano di Psicologia dello Sport, Roma, Vol. II, 2/ Carraro A., Zocca E., Lanza M., Bertollo M., (2002), Epistemiological key points of physical education teachers training in Italy, Proceedings Book of l Ecole Joinville, Colloque pour le 150éme anniversaire, INSEP Institut National du Sport et de L Education Physique, Parigi 14,15, 16, Maggio Cavagnoli P., Una nuova classificazione del grado di disabilità. L OMS cancella l handicappato. 9. Decreto Legislativo 8 Maggio 1998, n.178 (G.U. n /06/98). 10. Edelman G., (1987), Neural Darwinism. The Theory of Neuronal Group Selection, Basic Books, New York. 11

12 FITNESS E SALUTE ATTIVITÀ MOTORIA PREVENTIVA E ADATTATA 11. Fox K.R., (1990), The physical self profile manual, DeKalb IL, Office for Health promotion, Northern Illinois University. 12. Harter S., (1992), The relationship between perceived competence, affect and motivational orientation within the classroom. Process and patterns of change. In Boggiano AK, Pittman TS [eds.], Achievement and motivation, Cambridge University Press, Cambridge. 13. Jeannerod M., (1990), Un modello gerarchico delle azioni rivolte a uno scopo, in Sistemi Intelligenti, Il Mulino, Bologna. 14. Marsh H.W., Walker R., (1994), PSDQ: Psychometric properties and a multitrait-multimethod analysis of relations to existing instruments, Journal of Exercise and Sport Psychology. 16: Morris D., (1978), L uomo e i suoi gesti, Arnoldo Mondadori, Milano. 16. Piaget J., (1970), La psicologia del bambino, Einaudi, Torino. 17. Pierluigi Raimondo, Handicap e attività motorie: profili normativi, Maggioli Editore, Repubblica di San Marino Prof. Herman Van Coppenolle - Co-ordination -, ADAPT Programma Europeo di Attività Fisica Adattata. 19. Schmidt R.A., Wrisberg C.A., (2000), Motor learning and performance, Human Kinetic, Champaign. 20. Seyle H., (1956), The stress of life, McGraw-Hill co., New York. 21. Sito web Disabilità, qualità della vita e integrazione sociale disponibile su ricerca/capitolo%201.htm 12

13 BIOMECCANICA BAREFOOT DEVOLUTION:IL FUTURO DELL ALLENAMENTO A PIEDI SCALZI BAREFOOT REVOLUTION: IL FUTURO DELL ALLENAMENTO A PIEDI SCALZI Gambelli Filippo 1, Guerra Enrico 2, Mondonico Mosè 3, Russo Luca Ph.D. 4 1 Osteopata, Docente ELAV 2 Responsabile Scientifico ELAV, Facoltà Scienze Motorie Perugia 3 Laureato in Scienze Motorie, Docente ELAV 4 Docente ELAV, Facoltà Scienze Motorie L Aquila INTRODUZIONE Negli ultimi anni si sta consolidando la tendenza del Barefoot ovvero svolgere esercizio fisico e attività giornaliere a piedi nudi (Collier 2011). Tra i capisaldi di questa tendenza si possono annoverare il ritorno ad un utilizzo arcaico del piede, che troppo spesso viene inibito da calzature poco ergonomiche o poco fisiologiche. Anche la scienza in parte conferma questi punti di vista sottolineando in alcuni casi come la calzatura possa non solo restringere il naturale movimento del piede e cambiarne degli aspetti di gestione coordinativa (Kurz 2004), ma addirittura possa imporre al piede uno specifico pattern di movimento (Morio 2009) e per tanto vengono consigliate soprattutto alle fasce più giovani d età delle scarpe estremamente morbide e flessibili (Wolf 2008). Quanto è riportato dalla letteratura non significa quindi che il piede viene ovattato dalle scarpe e che le sue funzioni propriocettive siano perse irrimediabilmente. Il piede riceve delle stimolazioni anche indossando le scarpe e questi stimoli dipendono in gran parte dalla natura della scarpa indossata, dalla sua stiffness e dalla sua elasticità e deformabilità dei materiali. La scarpa infatti, anche se di pochi centimetri, allunga il braccio di leva dell articolazione della caviglia, sottoponendo quest ultima ad un processo di adattamento alla calzatura utilizzata. Diversi studi sottolineano come vi sia una notevole differenza sia biomeccanica che fisiologica tra lo svolgimento di attività fisica con e senza scarpe. Le principali differenze che si sono riscontrate tra le due modalità di esercizio a favore del barefoot sono: un consumo di ossigeno minore, una minor ampiezza di passo e maggior frequenza e maggior rimbalzo a terra (mantenimento della stiffness muscolo tendinea), un appoggio non calcaneare ma con l avampiede o il mesopiede nella fase filogravitaria del passo che si avvicina maggiormente alle attuali tendenze in campo di allenamento della tecnica di running (Romanov 2002; Romanov 2007), una minor forza di reazione al suolo soprattutto in termini di riduzione dello forza di reazione al suolo dallo stato di passaggio dal tallone all avampiede, una minor pronazione del piede sotto carico (Divert 2005; Divert 2005; Bishop 2006; Divert 2008; Squadrone 2009; Jungers 2010; Lieberman 2010). Vi sono inoltre dati scientifici che sottolineano come l incidenza degli infortuni nelle attività sportive svolte in barefoot non sia maggiore di quella delle attività sportive svolte con le scarpe e che addirittura l attività di barefoot possa essere preventiva per gli infortuni (Vormittag 2009). Allo stesso tempo va comunque sottolineato e menzionato che seppur l attività di barefoot offra una maggior predisposizione alla prevenzione di calli, onicomicosi, e problemi alle dita del piede, l assenza di scarpe può portare a lacerazioni della pelle, infezioni e contagio da agenti patogeni (Vormittag 2009) o a lungo andare potrebbe provocare effetti tendinei indesiderati in quanto le strutture connettivali ed elastiche non sono adattate alle stimolazioni offerte dal barefoot. Motivo per il quale è fondamentale indossare un calzare che possa mantenere tutti i vantaggi del barefoot completo ma allo stesso tempo proteggere il piede da agenti patogeni e possibili infezioni che l ambiente esterno offre. Alla luce di queste informazioni si presenta un case study svolto per comparare gli effetti su alcuni parametri biomeccanici della corsa svolta con le scarpe, senza le scarpe e con un calzare progettato per il barefoot. L ipotesi indagata è che il calzare per barefoot si avvicini ai risultati dell esercizio svolto in condizioni assolute di barefoot e che allo stesso tempo si discosti dall utilizzo della scarpa classica. METODI Un soggetto maschio volontario (33 anni, 185 cm, 81 kg) è stato testato durante un esercizio di corsa su treadmill svolto a 4, 7, 10, 13 e 16 km*h -1 in tre condizioni diverse: con le proprie scarpe da running (SCARPA), con un calzare AKKUA Revolution (AKKUA, Roncadelle (BS), Italia) progettato per il barefoot (BAR) e con una calza di spugna (CALZA). Si è utilizzata la calza e non il piede completamente nudo per motivi igienici e a tutela della salute del soggetto volontario. Il soggetto, fisicamente attivo e in stato di buona salute, non era esperto nella tecnica di corsa senza scarpe. Durante la sessione di running il soggetto è stato monitorizzato con un accelerometro 13

14 BIOMECCANICA BAREFOOT DEVOLUTION:IL FUTURO DELL ALLENAMENTO A PIEDI SCALZI Sensorize Freesense (Sensorize, Roma, Italia) saldamente applicato alla vita del soggetto e settato a 20-0Hz e video ripreso con una fotocamera Casio Exilim FH-20 (Casio, Shibuva, Tokyo, Giappone) settata a 210fps. Per ogni condizione ad ogni velocità sono stati misurati: l accelerazione prodotta dal ciclo di passo, da cui il picco di entrata del piede in appoggio e l andamento medio di un appoggio plantare, l angolo di approccio del piede a terra, la frequenza e l ampiezza di passo. RISULTATI I risultati dei test mostrano degli andamenti similari dei valori misurati che crescono al crescere delle velocità in tutte le condizioni di esecuzione dell esercizio. L accelerazione di picco media registrata al momento dell appoggio a terra del piede mostra dei valori similari con una tendenza all aumento per la condizione BAR (Fig.1). Gli andamenti delle tre condizioni testate mostrano delle correlazioni significative tra l aumento della velocità e il valore di accelerazione registrato. È da sottolineare che questo dato è stato riportato graficamente in valore assoluto al fine di rendere più pratica la visualizzazione, in quanto i valori registrati dallo strumento in questa fase del movimento erano con segno negativo. L intero andamento dinamico dell accelerazione media registrata durante una fase di appoggio mostra delle differenze interessanti in termini di geometria delle curve grafiche tra le tre condizioni al progredire della velocità. Vengono riportati gli andamenti a 4, 10 e 16 km*h -1 (Fig.2). La velocità di 4 km*h -1 è troppo bassa per apprezzare delle differenze interessanti a questo livello di analisi. Ben altri spunti di riflessione offrono le velocità più alte 10 e 16 km*h -1. L andamento della condizione SCARPA mostra molte più creste soprattutto nelle prime fasi del grafico fino a 0,2 secondi. Questo andamento non viene invece ripetuto nella condizione BAR e tantomeno in quella CALZA che appaiono più lineari e verosimilmente meno dispendiose. L ampiezza e la frequenza del passo (Fig.3 e 4) mostrano degli andamenti sovrapponibili delle tre condizioni, anche se è da sottolineare come la frequenza di passo nelle condizioni BAR e CALZA sia sempre leggermente maggiore di quella registrata nella condizione SCARPA. Molto interessante invece risulta l angolo di approccio del piede al suolo (Fig.5). La condizione BAR mostra una correlazione significativa tra l aumentare della velocità di corsa e la diminuzione dell angolo di approccio del piede al suolo, cosa questa che non accade anche per le altre due condizioni. Singolare l andamento della SCARPA che non rileva nessuna sostanziale tendenza di variazione dell angolo di approccio al terreno, se non addirittura una relativa costanza. DISCUSSIONE E CONCLUSIONE La letteratura suggerisce che lo svolgimento dell esercizio fisico in condizioni di barefoot offra un miglior appoggio fisiologico del piede grazie ad un caricamento trasversale e longitudinale del connettivo e alla divaricazione trasversale dei metatarsi che dentro le scarpe classiche viene spesso limitato se non addirittura viziato dalla struttura stessa della scarpa. I dati del caso di studio presentati sono assolutamente in linea con quanto suggerito dalla letteratura circa la tendenza ad un aumento della frequenza del passo nella condizione BAR e CALZA rispetto alla SCARPA, cosa questa che potrebbe tendere ad ottimizzare la meccanica stessa della locomozione. La tendenza all aumento dell accelerazione di picco in fase di appoggio del piede che si registra nelle velocità più alte (in cui si comincia la vera fase di corsa) è dovuta probabilmente all assenza di materiale shockabsorber sotto la suola del calzare BAR, ma allo stesso tempo è compensata da un andamento più lineare e meno frastagliato dell accelerazione in fase di assorbimento dell impatto e successiva spinta e da un minor angolo di approccio del piede al suolo rispetto alla condizione SCARPA. Quest ultimo dato permette quindi un appoggio non più calcaneare, ma spostato più in avanti verso il mesopiede. Figura 1 - Andamenti accelerazione di picco in entrata del piede a diverse velocità 14

15 BIOMECCANICA BAREFOOT DEVOLUTION:IL FUTURO DELL ALLENAMENTO A PIEDI SCALZI Figura 2 - Andamenti dell'accelerazione in fase di appoggio a diverse velocità 15

16 BIOMECCANICA BAREFOOT DEVOLUTION:IL FUTURO DELL ALLENAMENTO A PIEDI SCALZI Figura 3 - Andamenti ampiezza del passo a diverse velocità Figura 4 - Andamenti della frequenza del passo a diverse velocità Figura 5 - Andamenti angolo di approccio al suolo del piede a diverse velocità 16

17 BIOMECCANICA BAREFOOT DEVOLUTION:IL FUTURO DELL ALLENAMENTO A PIEDI SCALZI Va ricordato a tal proposito che il soggetto testato non era avvezzo a correre senza scarpe per cui probabilmente i dati registrati potrebbero subire delle modificazioni più o meno profonde rispetto ai dati attuali in base a quanto influisca la tecnica di movimento senza scarpe sulla dinamica dell appoggio. Pertanto risulta utile, ai fini di una migliore conoscenza dell esercizio a piedi nudi, condurre degli altri studi sulle modalità di appoggio, su altre forme di movimento oltre la locomozione, sulle modificazioni indotte sulla componente elastica e contrattile, sul trasferimento dell energia (di impatto e di movimento) lungo il rachide, sulle variazioni di costo energetico degli esercizi svolti, sugli effetti sulle ossa e su quant altro può essere di sostanziale importanza per la miglior conoscenza dei benefici e dei limiti di questa forma di esercizio fisico. shod conditions in experienced barefoot runners. J Sports Med Phys Fitness, 2009; 49(1): Vormittag K, Calonje R, Briner WW. Foot and ankle injuries in the barefoot sports. Curr Sports Med Rep, 2009; 8(5): Wolf S, Simon J, Patikas D, Schuster W, Armbrust P, Döderlein L. Foot motion in children shoes: a comparison of barefoot walking with shod walking in conventional and flexible shoes. Gait Posture, 2008; 27(1): BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO: 1. Bishop M, Fiolkowski P, Conrad B, Brunt D, Horodyski M. Athletic footwear, leg stiffness, and running kinematics. J Athl Train, 2006; 41(4): Bosco C. La valutazione della forza con il test di Bosco. Società Stampa Sportiva, Roma; Collier R. The rise of barefoot running. CAMJ, 2011; 183(1):E Divert C, Mornieux G, Baur H, Mayer F, Belli A. Mechanical comparison of barefoot and shod running. Int J Sports Med, 2005; 26(7): Divert C, Baur H, Mornieux G, Mayer F, Belli A. Stiffness adaptations in shod running. J Appl Biomech, 2005; 21(4): Divert C, Mornieux G, Freychat P, Baly L, Mayer F, Belli A. Barefoot-shod running differeces: shoe or mass effect? Int J Sports Med, 2008; 29 (6): Hasegawa H, Yamauchi T, Kraemer WJ. Foot Strike Patterns of Runners at the 15-km Point During an Elite-Level Half Maraton. J Strength Cond Res, 2007; 21(3): Junger WL. Biomechanics: barefoot running strikes back. Nature, 2010; 463(7280): Kurz MJ, Stergiou N. Does footwear affect ankle coordination strategies? J Am Podiatr Med Assoc, 2004; 94(1): Lieberman DE, Venkadesan M, Werbel WA, Daoud AI, D Andrea S, Davis IS, Mang eni RO, Pitsiladis Y. Foot strike patterns and collision forces in habitually barefoot versus shod runners. Nature, 2010; 463(7280): Morio C, Lake, MJ, Gueguen N, Rao G, Baly L. The influence of footwear on foot motion during walking and running. J Biomech; 2009; 42 (13): Romanov N. Dr. Nicholas Romanov s Pose method of running. Pose Tech, Miami; Romanov N, Fletcher G. Runners do not push off the ground but fall forwards via a gravitational torque. Sports Biomech, 2007; 6(3): Squadrone R, Gallozzi C. Biomechanical and physiological comparison of barefoot and two 17

18 SPORT ANALISI COMPARATIVA ELETTROMIOGRAFICA DI DUE ATTREZZATURE PER IL BALANCE TRANING ANALISI COMPARATIVA ELETTROMIOGRAFICA DI DUE ATTREZZATURE PER IL BALANCE TRA- NING Russo Luca Ph.D. 1, Guerra Enrico 2 1 Docente ELAV, Facoltà Scienze Motorie L Aquila 2 Responsabile Scientifico ELAV, Facoltà Scienze Motorie Perugia INTRODUZIONE L allenamento funzionale in questi ultimi anni si sta diffondendo come una metodica molto praticata dai trainer nei workout di atleti e di utenti del fitness (Gionta Alfieri 2001, Boyle 2004, Brill 2004, Radcliffe 2007), per i primi a causa delle caratteristiche di globalità delle catene muscolari attivate e dell impegno coordinativo richiesto mentre per gli altri per le caratteristiche di divertimento, di sfida e di varietà dell allenamento proposto oltre che per la miglior preparazione ai movimenti che la vita quotidiana ci chiede di svolgere. Allo stato attuale l allenamento funzionale è ancora da organizzare in forma metodologica come è accaduto in passato per altre forme di allenamento, ma una categoria di esercitazioni che certamente entra a pieno titolo nell ambito dell allenamento funzionale è quella del balance training (BT) con evidenze scientifiche sia in ambito sportivo che rieducativo (Heitkamp 2001, Anderson 2005, Michell 2006, Kidgell 2007, McKeon 2008, DiStefano 2009, Silva 2010, Steffen 2010). Ogni palestra, ogni centro fitness, ogni società sportiva e ancora molti appassionati dell home fitness hanno almeno un attrezzo nato per il BT: un piano instabile, una tavoletta propriocettiva, un cuscino ad aria, una fitball o qualcosa del genere. Ma quali sono le differenze tra questi attrezzi e quali sono i principi del principi del BT? In senso lato il BT prevede delle esercitazioni in cui in carico da vincere non è una particolare resistenza esterna o una velocità di movimento nota, ma bensì la mancanza di stabilità posturale. Questa instabilità crea quindi il presupposto necessario e fondamentale per l attivazione delle strategie fisiologiche di ripristino e mantenimento dell equilibrio, attraverso il massiccio e prevalente intervento di sistemi di controllo posturali a risposta rapida: i propriocettori. Pertanto appare chiaro ed evidente che da un punto di vista cinematico le esercitazioni di BT siano tutte caratterizzate da rapidi cambiamenti della stabilità posturale dei soggetti che si allenano e da altrettanto rapide risposte del loro sistema neuromuscolare. Se sono queste le caratteristiche del BT va posta una riflessione di natura critica sui mezzi di allenamento. Uno stimolo disequilibrante può intervenire sul nostro sistema posturale da diverse zone corporee, ma andando a riassumere si può ridurre il tutto a soli 2 ingressi dello stimolo: dal basso (piedi) e dall alto (tronco). Riflettiamo sulla natura di due sport profondamente diversi: il surf e la pallacanestro. Nel primo caso è la tavola e la superficie mobile su cui essa poggia che provoca la mancanza di stabilità, mentre nel secondo caso che si svolge su una superficie stabile sono i contatti con gli avversari che sottraggono equilibrio avvenendo prevalentemente nella zona del tronco (dove c è la palla). Questa distinzione ci lascia la possibilità di riflettere sulla natura delle così dette tavolette propriocettive classiche che prevedono, siano esse ad aria o rigide, una instabilità proveniente dal basso. A questo punto la porta resta aperta a tutta quella gamma di esercitazioni e di attrezzature per il BT con disequilibri che provengono dall alto. Ma non è finita qui. La maggior parte dei mezzi classici di allenamento di BT hanno tutti una caratteristica comune: il disequilibrio che forniscono è figlio di una nostra risposta al disequilibrio precedente, ovvero ipotizzando di allenarsi su una tavoletta classica tipo cappello del prete (piano rigido circolare con mezza sfera sotto), può diventare prevedibile che se per cercare l equilibrio ci si sposta verso destra il successivo movimento di ri-equlibratura dovrà essere verso sinistra perché la tavoletta si sposterà verso destra. In questa maniera tende a venire meno la capacità di reazione ad uno stimolo disequilibrante di natura sconosciuta, ma si esalta invece la capacità di stazionamento pressoché isometrico del comparto anatomico che sta lavorando, riducendo di conseguenza la performance esplosiva (Cressey 2007). Sulla base di queste e altre considerazioni qualche azienda sta provando a mettere in commercio delle attrezzature per il BT di natura completamente diversa: il piano instabile non viene mosso in forma passiva alla mercé dei movimenti dell utente, ma in forma attiva attraverso un motore, ribaltando il concetto e ponendo quindi tutto il soggetto alla mercé dell attrezzo. Il principio base da un punto di vista concettuale risulta essere molto interessante, ma quanto questi nuovi attrezzi possono sostituire i vecchi? La letteratura propone molti esempi di comparazione di esercizi fisici, soprattutto tra esercizi svolti su basi stabili e instabili (Cotterman 2005, Norwood 2007, Sternlicht 2007, Santana 2007, Sirani de Oliveira 200-8, Cacchio 2008, Goodman 2008, Nuzzo 2008, Uribe 2010), ma pochi sono ancora gli studi che hanno cercato di indagare le differenze di singoli esercizi svolti su piani instabili (Wahl 2008, Eisen 2010) Lo scopo del presente studio è pertanto quello di comparare attraverso un analisi dell attività muscolare due diverse attrezzature per il BT: una classica ed una meccanica. MATERIALI E METODI Soggetti Hanno partecipato allo studio 12 soggetti maschi moderatamente attivi e fisicamente sani. Ogni partecipante è stato preventivamente istruito sulle modalità di test e misurazione necessarie per lo sviluppo dello studio e ognuno ha fornito il proprio consenso informato a partecipare alle sessioni di test. Strumentazione L attrezzatura studiata per l allenamento del BT in condizione classica (BTc) era una tavoletta propriocettiva (Fig.1) di forma circolare con mezza sfera rigi- 18

19 SPORT ANALISI COMPARATIVA ELETTROMIOGRAFICA DI DUE ATTREZZATURE PER IL BALANCE TRANING da (PK 200 WL, TecnoBody, Dalmine Italia). Questo attrezzo classico per l allenamento del BT prevede la possibilità di gestire movimenti disequilibranti di breve ampiezza ma rapida frequenza. Mentre per l allenamento del BT in condizione Figura 1 - Tavoletta propriocettiva per BTc meccanica (BTm) è stato studiato un prototipo di pedana mobile robotizzata (Fig.2) mossa da tre motori elettrici con possibilità di rotazione sia lungo un asse orizzontale al piano d appoggio (asse X) sia lungo un asse verticale (asse Y). Le rotazioni lungo il solo asse X producono movimenti di disequilibrio anteroposteriori, mentre le rotazioni lungo l asse Y producono movimenti di disequilibrio latero-laterali. Attraverso il software di gestione del macchinario è possibile unire queste tipologie di movimenti, concatenandoli e creando dei protocolli di allenamento personalizzati o maggiormente orientati verso disequilibri anteroposteriori piuttosto che latero-laterali o viceversa. La frequenza e l ampiezza delle rotazioni della pedana intorno ai propri assi è anche essa modulabile e personalizzabile potendo così scegliere una vastissima possibilità di compiti motori all interno della stessa esercitazione. Figura 2 - Macchinario robotizzato per BTm L analisi elettromiografica (EMG) di ogni esercitazione è stata portata avanti attraverso un elettromiografo di superficie a 7 canali con frequenza di campionamento a 2000Hz (Tesys 1000, Globus, Codognè Italia). Gli elettrodi sono stati applicati sulla cute, dopo un idonea pulizia, al centro del ventre muscolare dei muscoli scelti seguendo la direzione delle fibre, in accordo con le European Reccomendations for Surface Electromyography (Hermens 1999). I muscoli coinvolti in questa analisi sono stati nell ordine: 1) Gemello esterno del Gastrocnemio (GE), 2) Tibiale Anteriore (TA), 3) Vasto Laterale (VL), 4) Bicipite Femorale (BF), 5) Grande Gluteo (GG), 6) Obliquo Esterno dell addome (OE), 7) Erettori spinali lombari (SL); tutti gli elettrodi sono stati piazzati sul lato destro del corpo. Ai fini di normalizzare i dati elettromiografici derivanti da ogni canale in ogni esercitazione sono state fatte eseguire tre prove di ½ squat massimale isometrico (½SMIV) ai fini di avere un valore di EMG normalizzato non per la massima contrazione isometrica e d isolata di ogni singolo muscolo, ma per un esercizio fisico classico dell allenamento di muscolazione. Lo squat veniva eseguito al multipower bloccando il bilanciere ad un - altezza tale che poneva il soggetto con angolo al ginocchio di 90 e tenendo una distanza tra i piedi pari alla larghezza delle spalle, al soggetto veniva richiesto di spingere al massimo per 10 secondi. Come fondo scala per ogni singolo muscolo veniva presa la media di attività EMG derivante dal quarto al sesto secondo di spinta (lasso di tempo in cui si verificava la maggior attività stabilmente mantenuta da tutti i soggetti). PROTOCOLLO Ogni soggetto ha svolto una sola sessione di test in cui eseguiva nell ordine: ½SMIV, allenamento BTc e allenamento BTm. L allenamento BTc prevedeva tre serie di lavoro con appoggio bi podalico (TB) e tre serie di lavoro con appoggio mono podalico (TM), la durata delle esercitazioni era di 10 secondi e lo scopo era mantenere quanto più possibile la tavoletta propriocettiva in posizione orizzontale. La prima serie è stata considerata necessaria come famigliarizzazione all esercizio mentre la seconda veniva presa in considerazione per l analisi; la terza era solo una serie di back-up qualora il segnale EMG avesse avuto dei problemi nella seconda serie. La standardizzazione della posizione dei piedi veniva garantita da una griglia centimetrata disegnata sulla pedana circolare della tavoletta: ogni soggetto era posizionato con la proiezione del malleolo interno che cadeva a -3 centimetri dal centro della pedana. Il protocollo di allenamento BTc è riportato in tabella 1. L allenamento BTm prevedeva tre circuiti di tre esercizi propriocettivi svolti sul macchinario in diverse posizioni, reagendo a tre diversi stimoli disequilibranti. Sono stati creati tre protocolli di lavoro ad hoc: 1) protocollo 1 (P1) disequilibrio con ampiezza in senso antero-posteriore e frequenza in senso latero-laterale, durata 14 secondi; 2) protocollo 2 (P2) disequilibrio con ampiezza in senso latero-laterale e frequenza in senso antero-posteriore, durata 14 secondi; protocollo 3 (P3) disequilibrio caotico con stimoli variabili nel 19

20 SPORT ANALISI COMPARATIVA ELETTROMIOGRAFICA DI DUE ATTREZZATURE PER IL BALANCE TRANING ESERCIZIO POSIZIONE SERIE DURATA SERIE ANALISI EMG TB Bi podalico TM Mono podalico Tabella 1 - Protocollo BTc Angolo al ginocchio 90 Schiena eretta Braccia libere Angolo al ginocchio 90 Schiena eretta Braccia libere centrali centrali ESERCIZIO ASSE X ASSE Y POSIZIONE SERIE P1 Bipodalico Monopodalico Ampiezza ALTA Frequenza BASSA Ampiezza BASSA Frequenza ALTA Angolo al ginocchio 90 Schiena eretta Braccia libere DURATA SERIE 3 14 ANALISI EMG 12 centrali P2 Bipodalico Monopodalico Ampiezza BASSA Frequenza ALTA Ampiezza ALTA Frequenza BASSA Angolo al ginocchio 90 Schiena eretta Braccia libere centrali P3 Bipodalico Monopodalico Ampiezza ALTA Frequenza MEDIA Ampiezza MEDIA Frequenza MEDIA Angolo al ginocchio 90 Schiena eretta Braccia libere centrali Tabella 2 - Protocollo BTm BASSA MEDIA ALTA MOLTO ALTA ALTISSIMA <100% % % % % >500% Tabella 3 - Fasce di intensità segnale EMG % ½SMIV tempo in ampiezza e frequenza sia antero-posteriore che latero-laterale, durata 18 secondi, creato ai fini di mimare i movimenti della tavoletta propriocettiva. Ogni protocollo veniva svolto in bi podalico e in mono podalico. Anche per il BTm il primo circuito era di famigliarizzazione, il secondo serviva per l analisi ed il terzo era di back-up. La posizione di lavoro è stata standardizzata con dei riferimenti sulla pedana di appoggio dei piedi. Il protocollo di allenamento BTm è riportato in tabella 2. ANALISI DEI DATI I dati dell EMG dopo essere stati filtrati sono stati elaborati calcolando 6 fasce di intensità di segnale come riportato in tabella 3. Le fasce di intensità indicano quanto il segnale dell esercizio valesse in termini percentuali rispetto al ½SMIV. Sono stati poi calcolati il quantitativo di picchi di segnale filtrato (1 dato ogni 0,05 secondi) che si collocano in ogni determinata fascia di intensità ai fini di valutare il peso di ogni singolo muscolo in ogni esercizio. Data la diversa natura e durata delle singole esercitazioni testate, i picchi di segnale sono stati normalizzati per il tempo di acquisizione e sono quindi espressi in numero di picchi al secondo (n. P*s -1 ) I dati sono stati trattati con un T-Test per campioni indipendenti ai fini di misurare differenze significative tra il numero di picchi di EMG per ogni muscolo in ogni fascia d intensità. Il valore di p<0,05 è stato accettato come livello di significatività. 20

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