Esofago di Barrett: genetica, sorveglianza e trattamento

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1 Esofago di Barrett: genetica, sorveglianza e trattamento e conoscenze acquisite in campo genetico e la dimostrazione dell efficacia dei trattamenti endoscopici hanno influenzato le linee guida riguardanti lo screening, la sorveglianza ed il trattamento dei pazienti affetti da Esofago di Barrett (EB). Predire l evoluzione dell EB è difficile anche sulla base della diagnosi istologica, tuttavia la corretta diagnosi determinerà la scelta successiva: eseguire un periodico follow-up o indirizzare alcuni di questi pazienti ad un trattamento di endoterapia che non comprometta la vita in termini di morbilità e mortalità. a revisione della letteratura degli ultimi due anni ha analizzato: gli studi genetici sia su modelli animali che nell uomo ed i risultati delle tecniche endoscopiche nel trattamento dell Esofago di Barrett (EB), anche in presenza di displasia di alto grado (HGD) o di carcinoma intramucoso (IMC). Mediante la ricerca in pubmed abbiamo selezionato, escludendo le revisioni, 34 articoli focalizzati sugli studi genetici, 68 sulla sorveglianza e 69 sulle tecniche di endoterapia. Da un ulteriore selezione basata sull analisi degli abstracts, abbiamo considerato 32 articoli. Revisione Genetica Il principale fattore di rischio per l insorgenza dell adenocarcinoma esofageo (ACE) è la presenza di EB. a malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) è considerata il principale fattore patogenetico dell'eb. Fattori ambientali ed altri legati all ospite sono implicati nello sviluppo dell EB e nella sua evoluzione verso la - - Massimo Conio Antonella De Ceglie R - Struttura Complessa di Gastroenterologia AS 1 Imperiese - Ospedale Civile di Sanremo (IM) - Unità di Endoscopia Digestiva IRCCS Giovanni Paolo II di Bari displasia e l ACE. Uno degli eventi chiave nella patogenesi dell EB è l aumentata espressione del CDX2, un gene omeotico specifico per la differenziazione dell epitelio di tipo intestinale, attraverso l attivazione del recettore del fattore di crescita epiteliale (EGFR), una tirosina chinasi, come conseguenza dello stato infiammatorio indotto dall acido e dalla bile sul normale epitelio esofageo (1,2). a prevalenza dell EB nei soggetti affetti da MRGE è 6-12%, contro lo 0.2-2% della popolazione generale. Tuttavia nell ambito dei pazienti con sintomi da reflusso solo il 10% sviluppa l EB e lo % per anno di questi avrà una diagnosi di ACE, pertanto altri fattori oltre al reflusso sono necessari per lo sviluppo dell EB (3,4). È stato supposto che l EB sia il risultato dell interazione del reflusso cronico con altri fattori ambientali e comportamentali in soggetti con una predisposizione genetica a sviluppare la metaplasia. Per riscontro di famiglie con più consanguinei affetti da EB e/o ACE (Familial Barrett s Esophagus -FBE-), è stata ipotizzata una trasmissione ereditaria autosomica dominante con penetranza relativamente alta. 267

2 268 Massimo Conio et al > Esofago di Barrett: dalla genetica al trattamento In un recente studio retrospettivo, Ash e coll. hanno riportato una percentuale di circa il 6% di storia familiare positiva nei pazienti affetti da EB. Non riscontrando differenze tra l FBE e l EB sporadico circa la lunghezza dell epitelio metaplasico e l ampiezza dell ernia jatale, noti fattori di rischio per l evoluzione neoplastica dell EB, hanno supposto che la familiarità potesse predisporre al reflusso e all EB, piuttosto che alla progressione da EB ad ACE. I pazienti con FBE erano più giovani e con neoplasia meno avanzata rispetto agli EB sporadici, tuttavia questo riscontro potrebbe correlarsi ad una maggiore aggressività dello screening. Questo conferma quanto riportato in precedenti studi in cui non era stata riscontrata una differenza nell età della diagnosi dell ACE tra i pazienti con e senza storia familiare di EB ed ACE (5,6). In un analisi della storia oncologica familiare dei pazienti affetti da EB, noi non abbiamo riscontrato una differenza statisticamente significativa nell incidenza di tumori dell apparato digerente, in particolare esofago e stomaco, tra i familiari di primo grado dei pazienti con EB e quelli dei gruppi di controllo, tuttavia è stato notato un rischio lievemente maggiore di sviluppare una di queste neoplasia ad età inferiore ai 50 anni, facendo pertanto supporre l influenza di fattori genetici (7). È noto che molti geni coinvolti nella carcinogenesi sono polimorfici con conseguenti differenze del rischio di cancro, ma i meccanismi genetici coinvolti rimangono ancora sconosciuti. individuazione dei polimorfismi potrebbe identificare un gruppo relativamente piccolo di pazienti ad alto rischio di carcinoma. Studi recenti hanno esaminato il ruolo dei polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) in geni coinvolti nello sviluppo del EB e nella sua evoluzione neoplastica. Sono stati individuati polimorfismi presenti in genotipi associati ad un ridotto rischio di sviluppo dell ACE, ma purtroppo riscontrati solo nel 5% della popolazione affetta da MRGE, e polimorfismi associati ad un genotipo con rischio 5 volte maggiore di sviluppo di ACE, tuttavia solo il 10% dei cancri presenta questo genotipo (8). Inoltre sono stati individuati SNPs in geni deputati alla apoptosi cellulare correlati con un incremento del rischio di ACE solo quando interagiscono con fattori ambientali o comportamentali, quale per esempio il reflusso gastroesofageo, l indice di massa corporea ed il fumo (9,10). a presenza di polimorfismo nei geni riparatori di DNA nei soggetti affetti da EB spiegherebbe la incapacità alla riparazione dei danni subiti dal DNA (11). Verosimilmente l alterazione genetica responsabile dell adenocarcinoma esofageo non è legata all azione di un singolo gene dominante, bensì ad effetti genetici multipli che interagiscono con fattori esterni e la conoscenza di tali associazioni potrebbe essere utile nell ambito di programmi di screening e di sorveglianza (12). Sorveglianza o scopo della sorveglianza nei pazienti con EB è quello di diagnosticare la displasia o l ACE in fase iniziale e quindi curabile (13). Sarebbe auspicabile disporre di biomarcatori in grado di selezionare i pazienti a maggior rischio di evoluzione neoplastica. a sorveglianza endoscopica-bioptica dei pazienti con EB è discussa a causa del ridotto tasso di progressione ad ACE, in particolare nei soggetti senza displasia. elevato numero di pazienti con EB (1.6% della popolazione generale) rende problematica e costosa la sorveglianza endoscopica in rapporto alla efficacia. Il rapporto costo-beneficio è più favorevole quando la sorveglianza endoscopica ed istologia è rivolta ai pazienti con metaplasia intestinale, avendo questi un rischio 3 volte maggiore di sviluppare l ACE (4). Inoltre solo il 9% dei pazienti con EB muore per l insorgenza di adenocarcinoma, non grazie alla sorveglianza ma perché, trattandosi spesso di pazienti anziani con co-morbilità, la causa più frequente di morte sono le malattie cardiovascolari (14). Attualmente la stratificazione del rischio nei pazienti con EB è basata sulla presenza e sul grado della displasia. Può essere considerata un biomarcatore ma non è ideale a causa dell ampio grado di variabilità inter-intraosservatori durante la diagnosi istologica. È stata riportato un rischio di progressione della displasia di basso grado (GD) ad ACE di % per anno, mentre per la displasia di alto grado (HGD) si calcola un rischio tra il 16 e il 59% ed è raccomandata la conferma diagnostica da parte di due patologi indipendenti (15). Prasad e coll. hanno ipotizzato la creazione di uno score basato sull associazione di variabili cliniche, epidemiologiche e biomarcatori, allo scopo di predire il rischio di evoluzione dell EB. Purtroppo nessun parametro clinicoendoscopico (età, sesso, obesità, fumo, dieta, farmaci lunghezza dell EB, presenza di ernia jatale) sembrerebbe predirne l evoluzione neoplastica. a presenza di nodularità o di lesioni endoscopicamente visibili è stata correlata con un aumentato rischio di evoluzione dell EB (16). Il ruolo dei biomarcatori nell EB è stato finora studiato mediante studi trasversali o mediante studi caso-controllo retrospettivi, mentre mancano studi clinici prospettici e randomizzati controllati. È stato proposto l uso della valutazione immunostochimica dell EGFR come marcatore di progressione istologia, avendo evidenziato su campioni tessutali di ACE un incremento del EGFR 13 volte superiore a rispetto all EB (17). Risultati promettenti sono stati ottenuti studiando isolatamente o contemporaneamente le anomalie del DNA come, per esempio, l anaploidia/tetraploidia, la perdita di eterozigosi (OH) del cromosoma p17 (con inattivazione del gene oncosoppressore p53), cambiamenti

3 epigenetici come la metilazione del gene oncosoppressore p16, le cicline come proteine che regolano il ciclo cellulare, l HER2, c MYC, COX-2, EGFR. Recentemente l uso dell ibridazione fluorescente in situ (FISH) multicolor su prelievo citologico mediante brushing endoscopico ha dimostrato una ottima sensibilità (84-93%) e specificità (93%) nell identificazione della HGD e dell ACE, con una sensibilità superiore rispetto alla citologia, e di essere utile nella stratificazione dei pazienti; sono state utilizzate 4 sonde fluorescenti in grado di marcare 4 geni specificatamente coinvolti nell evoluzione displastica e neoplastica delle lesioni. e regioni cromosomiche identificate sono: 8q24 (C-MYC); 9p21 (p16); 17q12 (HER2) e 20q13(ZNF217) (18). o studio mediante FISH ed immunoistochimica di tessuto incluso in paraffina di 44 pazienti (18 EB, 5 EB con GD, 8 EB con HGD e 13 EB con ACE) ha evidenziato che l amplificazione dei geni HER-2 neu e topoisomerasi IIA (TOPOIIa), associata alla iper-espressione delle loro proteine e la aneusomia del cromosoma 17, sono presenti nella displasia e ACE, mentre sono assenti nella maggior parte degli EB, per tanto potrebbero essere utilizzati per la discriminazione tra EB ed EB con displasia ACE (19). Tuttavia, sebbene le anomalie genetiche ed epigenetiche siano state associate con la progressione neoplastica dell EB, nessun test molecolare è stato accettato nella pratica clinica routinaria in sostituzione della displasia probabilmente per la difficoltà ed i costi delle tecniche, la variabilità nella metodologia, la mancanza di standardizzazione (20). Trattamento eradicazione dell EB si associa ad una riduzione del rischio di sviluppare l adenocarcinoma esofageo. Il rischio di progressione da GD a HGD e cancro, sembrerebbe essere ridotto. a terapia endoscopica ha segnato la fine dell esofagectomia quale trattamento di scelta nei pazienti con HGD e cancro intramucoso. Uno studio condotto in 82 pazienti, dei quali 57 con infiltrazione neoplastica m3, 12 sm1, 13 sm2/3, ha riportato che il rischio di metastatizzazione linfonodale nei pazienti con m3 e sm è inferiore a quanto precedentemente riportato. Ulteriori studi sono necessari per identificare quei pazienti che pur avendo una invasione della sottomucosa potrebbero essere trattati radicalmente solo con l endoterapia (21). Il grado di differenziazione, l infiltrazione linfatica e vascolare si correlano con il grado di profondità dell invasione neoplastica (22). Alvarez-Herrero e coll. hanno riportato i risultati ottenuti con 243 resezioni mediante legatore elastico (multiband mucosectomy - MBM) in 171 pazienti. Il numero totale di resezioni eseguite era di Non si sono registrate perforazioni, ma solo un lieve sanguinamento nel 3% dei casi, trattato endoscopicamente. Tuttavia, nel 48% dei pazienti trattati con stepwise radical endoscopic resection (SRER) si è verificata la comparsa stenosi esofagee (23). È stato eseguito uno studio randomizzati che ha confrontato l EMR eseguita con il cappuccio (42 pazienti) e con MBM (42 pazienti). Il tempo di esecuzione della procedura ed i costi erano inferiori nel gruppo MBM, tuttavia i campioni resecati erano di diametro inferiore rispetto all altro gruppo. Si sono verificate 4 perforazioni: 3 nel gruppo del cappuccio e 1 nel gruppo MBM (24). Poiché la recidiva neoplastica dopo EMR focale è stata riscontrata nel 30% dei pazienti, rendendo cosi necessario una continua sorveglianza endoscopica, è stato proposto di resecare l EB nella sua totalità. a SRER consiste nell eseguire una resezione completa dell EB in sedute successive, con la speranza di ridurre l incidenza di stenosi post-emr. Pouw e coll. hanno riportato i risultati di uno studio retrospettivo, in cui 169 pazienti con EB con neoplasia superficiale sono stati trattati con SRER. a completa eradicazione della neoplasia e dell EB è stata ottenuta nel 97.6% (165/169) e nel 85.2% (144/169) dei casi. Si è osservata la progressione neoplastica in un paziente. a stenosi esofagea si è verificata nel 49.7% dei casi. Sono state riportate 7 perforazioni: 4 durante la EMR, mentre 3 si è sono verificate durante le sedute di dilatazione delle stenosi (25). Gli stessi autori hanno confrontato, con uno studio randomizzato, l efficacia e la sicurezza della SRER, con l EMR focale seguita dall ablazione mediante radiofrequenza (RFA) in pazienti con EB di lunghezza 5cm, complicato da HGD/IMC (26). eradicazione della neoplasia e dell EB sono stati ottenuti nel 100% (25/25) nel gruppo SRER e nel 95% (21/22) nell altro gruppo. Il tasso di stenosi nel gruppo SRER è stato dell 88% mentre nel secondo gruppo soltanto del 14%. Si è verificata una perforazione nel gruppo SRER. Il ruolo dell EMR quale migliore tecnica di stadiazione è stato nuovamente confermato. Moss e coll. con uno studio prospettico che ha coinvolto 75 pazienti con EB e neoplasia intraepiteliale, hanno riportato una modificazione del parametro T nel 48% dei pazienti (27). Un piccolo studio che ha incluso 7 pazienti con EB e neoplasia superficiale, ha dimostrato che l EMR e la dissezione endoscopica sottomucosa (ESD) possono essere 269

4 270 Massimo Conio et al > Esofago di Barrett: dalla genetica al trattamento agevolmente eseguite nei pazienti anche se sono stati sottoposti in precedenza alla chirurgia antireflusso (28). Numerosi autori hanno riportato che la SRER dovrebbe essere eseguita esclusivamente nei pazienti con estensioni di Barrett 4 cm, mentre per estensioni maggiori si dovrebbe ricorrere alla RFA. Sebbene alcuni studi abbiano riportato un ottimo tasso di eradicazione della neoplasia e dell EB mediante quest ultima tecnica, non vi sono dati sulla sorveglianza a lungo termine in questi pazienti. yday e coll. hanno riportato la loro esperienza condotta in 429 pazienti, svoltasi in ambito ospedaliero. Nei 27 pazienti con displasia, ad un anno di follow-up era stata osservata una completa regressione delle neoplasie intraepiteliali, mentre la regressione dell EB era stata ottenuta nel 77% dei casi (29). Shaheen e coll. hanno riportato i loro interessanti risultati a 3 anni dal termine della RFA. Sono stati valutati: l eradicazione dall EB, della neoplasia, la progressione, e la sicurezza della metodica. a displasia e l EB sono stati eradicati, rispettivamente, nel 85% e 75%. a progressione è stata osservata nel 4.2% (l evoluzione si è verificata in 4 pazienti con GD) (30). a persistenza di tessuto intestinale specializzato al di sotto dell epitelio neosquamoso (buried epithelium) era del 3.4%, mentre l incidenza di stenosi esofagee, del 7.6%. Da sottolineare che circa il 50% dei pazienti ha richiesto ulteriori trattamenti con RFA nei due anni successivi dal termine del trattamento iniziale. Inadomi ha ipotizzato che in realtà la RFA indurrebbe una semplice remissione e non una guarigione definitiva e per questo tutti i pazienti trattati devono essere inseriti in un programma di sorveglianza per identificare eventuali aree metaplastiche e displastiche persistenti/recidivanti (31). e biopsie eseguite sull epitelio neosquamoso post- RFA raggiungono una profondità sufficiente per permettere un adeguata valutazione della risposta al trattamento (32). a RFA, associata o meno ad EMR focale di lesioni visibili, è indicata nei pazienti con lunghe estensioni di EB ( 4cm). Wani e coll. hanno dimostrato che la lunghezza dell EB era correlata in modo significativo alla progressione neoplastica. Tuttavia, nei pazienti con EB non displastico, la progressione è modesta: i tassi di non progressione a 5 e 10 anni erano, rispettivamente, di 98.6% e 97.1%. (33). a crioablazione spray mediante CO 2 pressurizzata potrebbe rappresentare un ulteriore accessorio per l endoterapia. Tuttavia i dati disponibili sono modesti. Xue e coll. hanno impiegato questa tecnica in 22 pazienti, ma solo 20 hanno concluso il trattamento. Due pazienti sono stati persi al follow-up, che ha avuto una durata mediana di soli 10 mesi. a regressione completa dell EB è stata ottenuta nel 90.9% dei casi e in questi pazienti, la recidiva a 6 mesi era del 15.0% (34). Conclusioni Riportiamo di seguito alcune delle affermazioni pubblicate nel 2011 dall American Gastroenterological Association Institute Medical Position Panel sul management dell EB (35): nei pazienti con molteplici fattori di rischio associati all ACE (età 50 anni, sesso maschile, razza bianca, MRGE cronica, ernia jatale, elevato indice di massa corporea, distribuzione intraddominale di grasso) è consigliato lo screening per l EB (debole raccomandazione); non è raccomandato lo screening per l'eb nella popolazione generale affetta da MRGE (forte raccomandazione); la sorveglianza endoscopica è consigliata nei pazienti con EB (debole raccomandazione) con i seguenti intervalli: ogni 3-5 anni in assenza di displasia; ogni 6-12 mesi in presenza di GD; ogni 3 mesi in presenza di HGD se non è effettuata una terapia di eradicazione; attualmente non è consigliato l uso di biomarcatori biologici per confermare la diagnosi istologica di displasia o come metodo di stratificazione del rischio per i pazienti con EB (debole raccomandazione); è consigliata la terapia eradicante endoscopica con la ablazione con radiofrequenza, terapia fotodinamica o EMR piuttosto che la sorveglianza nei pazienti con diagnosi confermata di HGD nell EB (forte raccomandazione); è consigliata la EMR per i pazienti affetti da EB con displasia associata ad irregolarità mucosa al fine di determinare lo stadio T della neoplasia (forte raccomandazione). Corrispondenza Massimo Conio Struttura Complessa di Gastroenterologia Via G. Borea, Sanremo (IM) Tel Fax mxconio@tin.it

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