L infezione da HPV: confronto diagnostico tra indagini morfologiche e biologia molecolare

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2 PATHOLOGICA 2008;100: ARTICOLO ORIGINALE L infezione da HPV: confronto diagnostico tra indagini morfologiche e biologia molecolare HPV infection: comparison between morphological studies and molecular biology V. NIRCHIO, R. LIPSI 1, S. FUSILLI 2, E. CICCONE 3, L. MURINO 3, A. SANTANGELO 4, F. ROMANO 5, A.M. DI TARANTO 1, D PEDÀ 6, M. CASTRIOTA 7, R. ANTONETTI 8, A. BONDI 9 U.O. Semplice Dipartimentale di Citopatologia Diagnostica, Azienda Ospedaliera-Universitaria Ospedali Riuniti di Foggia (OO. RR.-Foggia); 1 II Laboratorio Analisi, Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 2 Direzione Sanitaria IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza San Giovanni Rotondo; 3 U.O. Semplice di Colposcopia I Ginecologia, Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 4 U.O.C. Centro Prevenzione Tumori, San Paolo di Civitate (FG); 5 Libero professionista; 6 Direzione Sanitaria Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 7 U.O. Complessa di Anatomia Patologica Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 8 U.O.C. II Laboratorio Analisi-Azienda Ospedaliera-Universitaria OO.RR.-Foggia; 9 Anatomia Patologica Ospedale Maggiore, AUSL Bologna Parole chiave Papilloma virus umano Carcinoma della cervice uterina Epidemiologia Screening Pap test PCR Key words Human Papilloma Virus Cervical cancer Epidemiology Screening Pap test PCR Riassunto Il papilloma virus umano ha un ruolo fondamentale nell oncogenesi del carcinoma della cervice uterina. Abbiamo indagato la prevalenza globale dell infezione da papilloma virus umano in una popolazione di 699 donne, afferite per controlli ginecologici agli OO.RR. di Foggia, nel periodo compreso tra settembre 2005 e marzo 2007, confrontata con un gruppo di 90 donne selezionato su base clinica per acclarata infezione virale da papilloma virus umano. La prevalenza osservata, del 27,4%, è la più alta fra quelle segnalate in letteratura. Il ceppo virale più diffuso è il 16 mentre il ceppo 18 è sottoespresso, rispetto ad altri emergenti (39, 52, 56, 58, 59). L alta prevalenza della carica virale, nel gruppo delle 90 donne con pap-test negativo o flogistico, pone dubbi ed interrogativi sia sull estensione del papilloma virus umano-dna test, quale test di screening primario, che sull incidenza del rapporto costo/benefici e di conseguenza sulle strategie da adottare, con l utilizzo dell attuale vaccino, per la prevenzione della popolazione. La mancanza, inoltre, di referti omogenei e standardizzati non consente di stabilire un confronto oggettivo tra metodi di indagine differenti (citologia, colposcopia e biologia molecolare), facendo emergere l opportunità di diffondere nella classe medica, in maniera capillare, le Linee Guida Internazionali delle Società di Anatomia Patologica e di Ginecologia. Summary Human Papilloma Virus plays an essential role in the development of cervical cancer. We investigated the global prevalence of Human Papilloma Virus infection in a population of 699 women recruited at the Ospedali Riuniti in Foggia for gynaecological controls from September 2005 to March 2007, and compared with a group of 90 women, selected on clinical aspects for Human Papilloma Virus features. The observed prevalence was 27.4%, which is higher that that reported in the literature. In the study group, the most frequent viral type was 16, while type 18 was considerably less frequent compared with other emergent viral types (39, 52, 56, 58, 59). The high prevalence of Human Papilloma Virus-DNA in women with negative cytology or inflammatory changes raises doubts about the utility of the Human Papilloma Virus-DNA method as a primary screening test because of the low cost/benefit ratio. The absence of uniform and standardised reports does not allow objective comparison between different methods of analysis (cytology, colposcopy and molecular biology), pointing out the need for a unique centre for collection and data analysis. Corrispondenza dott. Vincenzo Nirchio, Servizio di Citopatologia Diagnostica, Ospedale Maternità, Azienda Universitaria-Ospedaliera OO.RR. di Foggia, v.le Pinto, Foggia - vnirchio@ospedaliriunitifoggia.it

3 150 V. NIRCHIO ET AL. Introduzione I papilloma virus (HPV) sono patogeni ampiamente distribuiti nella specie umana e si trasmettono prevalentemente per via sessuale. La prevalenza di infezione da HPV nel mondo è di 630 milioni di casi, di cui 190 milioni presentano infezioni clinicamente evidenti. Gli HPV ad alto rischio sono strettamente associati a carcinomi della cervice uterina, che costituiscono la seconda causa di morte nelle donne, con circa vittime ogni anno nel mondo, di cui circa in Europa 1 2. In Europa la prevalenza del carcinoma della cervice è di circa casi. Studi epidemiologici negli USA hanno rilevato che il 75% della popolazione compresa fra i 5 ed i 50 anni è affetta da HPV, di cui il 60% manifesta infezioni di tipo transiente (rilevazione con anticorpi), il 10% di tipo persistente (rilevazione di DNA virale), il 4% anomalie citologiche e l 1% lesioni cliniche. L infezione da HPV è più diffusa in donne sessualmente attive, con un età compresa tra i 18 ed i 30 anni, sebbene il tumore colpisca donne di età superiore ai 35 anni. La risposta immunitaria evocata dal virus è di tipo cellulare, pertanto condizioni di immunodepressione aumentano il rischio di contrarre l infezione 3. Cofattori nell insorgenza di un carcinoma della cervice sono: la precoce attività sessuale, l età, la coinfezione con virus HIV, CMV, HHV-6, HHV-7, HSV-2, condizioni di immunosoppressione, l utilizzo di ormoni steroidei, il fumo di sigaretta, l alcool e le abitudini alimentari. Alla luce di tutto questo abbiamo voluto tentare un approccio epidemiologico statistico su una popolazione, sottopostasi a determinazione di HPV-DNA test con metodica PCR, confrontandola con un gruppo selezionato secondo criteri clinici, per indagare l evoluzione naturale dell infezione. Materiali e metodi Vengono confrontati i risultati di uno studio retrospettivo spontaneo sulla prevalenza dell HPV in 699 donne della provincia di Foggia, con uno studio di coorte di 90 donne, della stessa area, la cui storia clinica, all atto dell arruolamento, nel periodo compreso tra Agosto 2005 e maggio 2007, deponeva già per infezione conclamata da HPV. Le 90 pazienti arruolate nello studio sono state selezionate in base ad uno o più dei seguenti criteri: precedenti Pap test con modificazioni citopatiche di tipo virale; precedenti Pap test con modificazioni citopatiche confermate dalla biopsia, in assenza di indagini ICC con probe DNA-HPV alto/basso rischio; tampone cervicale positivo, con metodo HPV-DNA PCR, antecedente il Pap test con strato sottile; citologia anomala, con integrazione susseguente o consensuale di HPV-DNA test, metodica PCR. Tutte le 90 pazienti si sono risottoposte presso il Servizio di Citopatologia ad un prelievo di Pap test in fase liquida. La diagnosi citologica è stata effettuata con il sistema di classificazione Bethesda In 86/90 (95,6%) casi è stata effettuata la ricerca di HPV-DNA, con metodica PCR, presso il II Laboratorio degli Ospedali Riuniti di Foggia. In 4/90 donne, con citologia anomala di alto grado, l esame HPV-DNA è stato indeterminato, a causa dell esiguità del materiale. Le donne positive all HPV-DNA test sono state sottoposte a colposcopia. Alle pazienti è stato chiesto di rispondere ad un questionario, in maniera anonima, circa gli stili di vita e le patologie correlate con altre malattie sessualmente trasmesse; 49 questionari sono stati riconsegnati. È stata eseguita la ricerca della proteina p16, anticorpo monoclonale della Cintek (clone E6H4), sugli stessi vetrini, utilizzati per la diagnosi citologica, dopo che gli stessi sono stati smontati e decolorati. Infine su un numero ristretto di casi, 15/68, si è provveduti a richiamare le donne per eseguire un nuovo prelievo per la ricerca di HPV-RNA messaggero. ESTRAZIONE DEL DNA VIRALE Campioni di cellule cervicali, prelevati mediante tamponi endocervicali o provenienti da THIN PREP, vengono risopspesi in 200 μl di soluzione fisiologica e sottoposti a estrazione del DNA effettuata usando il QIAamp DNA mini kits (QIAGEN) e seguendo le indicazioni del fornitore: lisi enzimatica con proteinasi k; precipitazione alcolica del DNA; purificazione del DNA mediante adsorbimento su membrana in silica-gel; lavaggio del DNA mediante soluzioni alcoliche; eluizione del DNA in 100 μl di H 2 O. DETERMINAZIONE E TIPIZZAZIONE DEL HPV-DNA Il test viene eseguito utilizzando il kit HPV Low&Hight Risk Typing (Nuclear Laser Medicine) che consente la determinazione qualitativa e la genotipizzazione dei papilloma virus a basso rischio (6, 11) e ad alto rischio (16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 52, 56, 58, 59, 66). Il metodo si basa sulla simultanea amplificazione di due o quattro ceppi di HPV e di un controllo interno (gene β globina) (Fig. 1). Il profilo termico ottimizzato per la PCR è costituito dalle seguenti fasi: denaturazione iniziale per 5 a 95 C; 42 cicli di 40 a 95 C, 40 a 63 C e di 50 a 72 C; estensione finale per 1 a 72 C. METODICA DI RILEVAZIONE DELL MRNA La rilevazione dell mrna delle oncoproteine E6/E7 viene effettuata con tecnologia NASBA in real-time (PreTect HPV Proofer, Alfa Wasserman).

4 L INFEZIONE DA HPV 151 La metodica NASBA multiplex in real-time con sonde molecolari è una one-tube amplification delle sequenze di basi dell acido nucleico, realizzando tale processo o su singola elica genomica o sugli RNA equivalenti (genoma virale, RNA, mrna o rrna). Il rischio di contaminazione è ridotto al minimo. Tale metodica permette di rilevare l mrna di E6/E7 per i ceppi virali di HPV ad alto rischio quali HPV 16, 18, 31, 33 e 45. Dalla definizione dell mrna, espressione del genoma virale, è possibile pertanto monitorare l attività biologica del virus dell HPV. Essa ha il vantaggio di definire in modo altamente specifico l mrna dei geni codificanti le oncoproteine E6/E7degli HPV ad alto rischio di cancerogenesi. Fig. 2. Distribuzione di frequenza dei casi, afferenti al gruppo retrospettivo spontaneo, ripartita per classi di età. Risultati Lo studio retrospettivo spontaneo, eseguito su pazienti della provincia di Foggia sottoposte a controlli ginecologici di routine, nel periodo tra settembre 2005 e marzo 2007, che hanno accettato di effettuare il test HPV-DNA, con metodica dell amplificazione mediante PCR, è stato condotto su 606 donne, pari al 86,7% di un campione di 699. Di queste, il 91,3% proveniva da ambulatori ginecologici, mentre l 8,7% erano pazienti ricoverate in ambito ospedaliero. L età media è stata di 35,79 ± 9,82 (media e deviazione standard), con una mediana di 35 anni ed un range compreso tra anni. La distribuzione di frequenza dei casi per classi di età è riportata nella Figura 2. La prevalenza dell infezione virale, nelle pazienti sottoposte al test, è stata del 27,4%, di cui il 84,9% era ascrivibile ad almeno un ceppo HPV di alto rischio, ed il 28,3% ad un ceppo di HPV a basso rischio. Il 21,1% delle donne positive al test HPV-DNA presentava una infezione virale multipla. Fig. 1. Gel elettroforesi: 1 controllo positivo HPV 6 2 controllo positivo HPV 16 3 controllo positivo HPV 18 4 controllo positivo HPV 56 5 marcatore di peso molecolare (da100 bp a 1000 bp 6 campione positivo HPV 18 isolato da una paziente di 27 anni Fig. 3. Distribuzione percentuale dei ceppi a basso e ad alto rischio per classi di età, del campione afferente allo studio retrospettivo spontaneo. La distribuzione percentuale dei ceppi a basso ed alto rischio per classi di età è riportata nella Figura 3. La distribuzione di frequenza dei 12 ceppi virali isolati è evidenziata nella Figura 4. Nello stesso periodo è stata studiata la distribuzione percentuale dei ceppi virali nel gruppo di 90 donne, afferenti allo studio di coorte, la cui ripartizione è riportata nella Figura 5. Fig. 4. Distribuzione di frequenza dei 12 ceppi virali isolati.

5 152 V. NIRCHIO ET AL. Fig. 5. Distribuzione percentuale dei ceppi virali per classi di età del gruppo delle 90 donne, clinicamente selezionato. Tab. I. Distribuzione di frequenza dei 90 casi per classi di età, per diagnosi citologica e colposcopia ed esito degli esami istologici. Classi di età N (90) , , ,9 > ,3 Citologia Negativo 2 2,2 Inadeguato 1 1,1 ASCUS/AGC 26 28,8 BCC 28 31,1 LSIL 26 28,9 HSIL 7 7,8 Colposcopia NTZ 49 54,4 ANTZ 5 5,6 ANTZ-G0 7 7,8 ANTZ-G ,9 ANTZ-G1/G2 8 8,9 ANTZ-G2 4 4,4 Istologia Negativo 50 55,6 Condilomi 15 16,7 CIN ,4 CIN 2 2 2,2 CIN 3 8 8,9 CA 2 2,2 La distribuzione di frequenza dei 90 casi per classi di età, per diagnosi citologica e colposcopia è riportata nella Tabella I. Nella stessa Tabella è riportato l esito degli esami istologici contestuali al periodo in cui si è manifestata l infezione, comunque antecedenti al nostro studio. Nella coorte l età media delle pazienti è stata di 34 ± 9,62 anni con una mediana di 32,5 ed un range di anni. Il primo rapporto sessuale è stato praticato all età di 19,7 ± 3,87 anni, mediana 18 anni e range anni. La maggior parte delle donne esaminate ha avuto, nell ultimo biennio, da uno a tre partner in successione, mentre un numero ridottissimo ha avuto contemporaneamente due o più partner. Nel 34% dei casi le pazienti hanno avuto nella loro anamnesi una pregressa infezione virale con manifestazioni verrucose in ambito cutaneo-mucoso. L esposizione all uso di estro-progestinici è stata pari al 20% del campione. L esposizione ad altre infezioni delle vie genitali ha interessato il 50% circa dei casi. Il DNA-HPV test è risultato negativo nel 20,9% del campione selezionato, pari a 18/86 donne. La prevalenza dell infezione virale (in 86/90 donne, pari al 95,6% del campione) è stata del 79,1%. Il 26,5% risulta da ceppi HPV a basso rischio, mentre l 89,5% da ceppi HPV ad alto rischio in singola infezione o associati a quelli a basso rischio. I ceppi più espressi sono: il 6 (18,6%) tra quelli a basso rischio e il 16 (30,2%) tra quelli ad alto rischio. Nel 34,8% del campione è stata evidenziata un infezione virale legata a più ceppi di HPV. La frequenza dell infezione virale in relazione alle fasce di età è riportata nella Tabella II. La correlazione tra le categorie citologiche e la frequenza, in esse, dell infezione virale è riportata nella Tabella III. Esaminando in dettaglio le correlazioni esistenti tra le varie categorie (citologica e colposcopica) e la positività dell HPV-DNA test (confronto Tab. I e Tab. III), si osserva che il 31,1% del campione (pari a 28/90 casi) è stato inquadrato nella categoria BCC del sistema Bethesda 2001, tra queste sono risultate positive, all infezione virale, 22/28 donne, pari al 32,35% dei totali positivi, evidenziando come tra le due metodiche (citologia ed HPV test) vi sia un certo grado di discordanza. Viceversa, nello stesso gruppo la concordanza con l inquadramento colposcopico è stata del 57%, del 29% la discordanza, e nel restante 14% non è stato possibile nessun raffronto per mancanza di dati colposcopici standard. Il 65,5% del campione totale è stato inquadrato nelle categorie di citologia anomala (ASCUS, LSIL, HSIL), di questo, il 65% degli ASCUS, l 88,5% dei LSIL ed il 100% degli HSIL è risultato positivo al DNA-HPV test. Tra gli ASCUS la concordanza con l HPV test è del 65%, quella tra colposcopia ed HPV test risulta del 58,3%. Questo risultato porta al paradosso per cui negli ASCUS con HPV test negativo c è il 40% di colposcopia anomala, al contrario negli ASCUS con HPV test positivo il 41,7% ha una colposcopia negativa. %

6 L INFEZIONE DA HPV 153 Tab. II. Frequenza dell infezione virale in relazione alle fasce di età. Classi di età Frequenza % globale % basso rischio % alto rischio ,53 5,88 17, ,12 11,76 32, ,59 4,41 16, ,35 2,94 4,41 > ,41 1,47 2,94 Tab. III. Correlazione tra le categorie citologiche e frequenza dell infezione virale. Classificazione citologica Secondo Bethesda 2001 Numero casi % prevalenza virale globale % HPV basso rischio % HPV alto rischio Negativo 2 2,94 0 2,94 Inadeguato 1 1,47 0 1,47 ASCUS/AGC ,94 22,06 BCC 22 32,35 11,76 20,59 LSIL 23 33,82 10,29 23,53 HSIL 3 (1) 4,41 1,47 2,94 Tab. IV. Correlazione tra alcune diagnosi citologiche e relativa biopsia ed HPV-DNA test. Citologia anomala Biopsia negativa Biopsia positiva HPV negativo HPV 16 HPV 31 HPV 33 HPV 56 HPV 58 HPV 6 BCC: 1 negativa AGC: 1 Ca in situ + ASCUS:3 1 caso 2 casi: CIN 1-2 LSIL: 4 1 caso 3 casi: CIN 2-3 HSIL:4 4 casi CIN 3 - Microinv Nell ambito della categoria LSIL, a fronte di un alta positività al DNA-HPV test (88%), la colposcopia risulta essere anomala solo nel 28% dei casi, normale o poco significativa nel rimanente 72%. La correlazione cito-istologica, che comunque non rientra tra gli obiettivi di questo lavoro, è stata possibile solo in 14/90 casi, che comprendono lesioni intraepiteliali in cui le Linee Guida Internazionali prevedono biopsie mirate e/ o escissionali (i risultati sono riportati nella Tabella IV). Nello stesso gruppo delle 90 donne, si avevano a disposizioni esami istologici contestuali al periodo in cui si è manifestata l infezione (Tab. I), comunque antecedenti il nostro studio. La determinazione della proteina p16, eseguita su 90 casi, è stata valutata, con lo score di Wentzensen 5, da due lettori esperti di citologia vaginale in strato sottile, i cui risultati globali oggetto di una pubblicazione in corso di stampa, sono qui anticipati per quanto attiene al confronto con i risultati dell HPV-RNA messaggero. Discussione Un primo significativo dato, proveniente dal raffronto delle due casistiche, gruppo spontaneo e gruppo selezionato, è che nella fascia di età sotto i 25 anni, che rappresenta circa il 20% dei campioni, la percentuale globale dell infezione virale si attesta tra il 20-24% (Figg. 2 e 4). Nella fascia di età anni, che rappresenta oltre il 40% dei campioni, la percentuale globale dell infezione virale è tra il 40-44%, con espressione più elevata nel gruppo di donne selezionate. Nella fascia di età tra i 36-45, che rappresenta circa il 25% del campione, la percentuale globale dell infezione virale si attesta tra il 21-23%, con valori più bassi nel gruppo selezionato. In particolare nell 85% del campione la prevalenza del HPV oscilla in termini percentuali dal 20% al 40%, con la caratteristica che il picco più alto si ha nella fascia di

7 154 V. NIRCHIO ET AL. Tab. V. Correlazione tra HPV-DNA test, relativo HPV-RNAm e contestuale determinazione della proteina p16. Casi n HPV-DNA HPV-RNAm Score p negativo negativo positivo negativo negativo negativo negativo negativo Indeterm negativo negativo negativo positivo negativo negativo 0 età compresa tra anni, mentre si assiste ad un apparente clearance spontanea, nella fascia di età successiva, con valori percentuali che si attestano su valori propri della fascia di età antecedente (< 25 anni). Considerando che l età del primo rapporto sessuale, dichiarato dalle donne del gruppo selezionato, è stato mediamente attorno ai 18 anni, e la frequenza di rapporti con più partner contemporaneamente è bassissima, si evincerebbe, in accordo con altri dati della letteratura, che l infezione cervico-vaginale da HPV declina con l età, per l acquisizione di resistenza immunitaria e/o per il diminuire dei rapporti sessuali, e sarebbe indipendente dal numero di partner sessuali 6. Un ulteriore dato, importantissimo per il bacino di utenza esaminato, è che nella provincia di Foggia la prevalenza dell HPV è del 27,4% maggiore rispetto a quella riferita in altre recenti pubblicazioni, che hanno studiato la popolazione femminile di altre Province italiane, i cui valori si attestano tra l 8,7% ed il 19,7% 7-9. La prevalenza del ceppo virale 16, ad alto rischio, pari al 30,2% del campione positivo esaminato, è più alta di quella riscontrata in altri lavori, relativi a diverse Province italiane, in cui il valore riportato si attesta rispettivamente sul 14,18% e sull 8,7% 7 8, allineandosi il nostro dato attualmente solo a quanto trovato da Ronco et al. (32,6%) 7. La co-infezione contemporanea di più ceppi virali, pari al 21,1%, è molto lontana da quanto riportato da Verteramo et al. 8, ma di poco superiore ad altri risultati, riportati in letteratura, che si attestano sul 20% circa. I ceppi maggiormente espressi, nelle infezioni multiple, sono il 16 ed il 56. Il ceppo virale 18, ad alto rischio, è marcatamente sottoespresso, in entrambe le casistiche Al contrario, sono presenti ceppi virali, quali il 39, 52, 56, 58 e 59, ritenuti rari alle nostre latitudini 12, ma che comunque pongono problematiche diagnostiche, quando si vuole indagare l integrazione virale con indagini di biologia molecolare più sofisticate, quali HVP-RNAm. Tale difficoltà ad indagare con un più ampio pannello di sonde l eventuale integrazione virale nella cellula, riqualifica la determinazione della p16, che è sempre correlata con una citologia anomala di alto grado (HSIL, carcinoma in situ), rendendo più elevata la specificità e la sensibilità del Pap test (Tab. V) Infine, l analisi dei reperti morfologici, nel campione selezionato, sia citologici, che colposcopici, come pure il confronto tra loro e le indagini di biologia molecolare ci consentono, per il gruppo etichettato come BCC (secondo il sistema Bethesda 2001) di formulare la seguente ipotesi preliminare: infezione virale sub-clinica (positività per HPV, morfologia citologica e colposcopia negative) nel 31% dei casi; errore di campionamento della sede del prelievo cervico-vaginale. Nella prima ipotesi, la più probabile, l infezione virale è stata evidenziata con metodica con alta sensibilità, ma che non riesce a discriminare le portatrici con alta carica virale dalle malate, inoltre, non è in grado di predire la percentuale di donne, che positive al virus, lo elimineranno nei due anni successivi per mutate condizioni immunitarie 14. Pertanto, a nostro parere, per quanto appena detto e per l elevato numero di donne, 1:5 del nostro campione, con carica virale positiva, riteniamo inopportuno effettuare la ricerca indiscriminata del HPV, particolarmente nella fascia di età al di sotto dei 25 anni 14-16, indipendentemente dalla clinica e dal reperto morfologico. Inoltre, dai dati anamnestici ricavati dai questionari anonimi, si desume che un terzo delle donne intervistate

8 L INFEZIONE DA HPV 155 ha ammesso di aver avuto in passato verruche in sedi muco-cutanee, e dai dati della letteratura, si evince che l infezione virale del tratto genitale femminile esterno è frequente anche nelle bambine e, raramente, si associa ad abusi sessuali 17. La concordanza tra citologia e biologia molecolare aumenta nelle lesioni intraepiteliali di basso ed alto grado (LSIL, HSIL). In questo gruppo, al contrario, il monitoraggio citologico e colposcopico con la determinazione della carica virale, nonché la sua tipizzazione, consentono al clinico un corretto approccio terapeutico, conforme alle Linee Guida Internazionali. Conclusioni I risultati del presente lavoro confermano che l approccio più appropriato nell infezione da HPV deve iniziare con l indagine citologica seguita dalla colposcopia nelle lesioni ASCUS positive, con eventuale indagine di biologia molecolare, anche sintetizzando le fasi con un unico passaggio, nel caso di storia clinica-anamnestica sospetta. Oggi è possibile, con la citologia in strato sottile, utilizzare in modo duttile e molteplice lo stesso materiale, campionato da operatori esperti, per metodiche diverse. L analisi degli acidi nucleici virali quale approccio iniziale o test di screening, come suggerito nell ampio lavoro del gruppo di lavoro italiano sulle nuove tecnologie applicate allo screening cervicale 18 va valutato in termini di rapporto costi/benefici, anche in considerazione della futura introduzione dei vaccini per HPV accanto allo screening Inoltre ai fini epidemiologici statistici è opportuna una raccolta coordinata dei dati almeno su base regionale, mantenendo metodiche e risultati conformi a classificazioni ed a standard internazionali. Bibliografia 1 Munoz N, Bosch FX, de Sanjose S, Herrero R, Castellsaguè X, Shah KV et al. Epidemiologic classification of human papillomavirus types associated with cervical cancer. N Engl J Med 2003;348: Burd EM. Human papillomavirus and cervical cancer. 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9 PATHOLOGICA 2008;100: ARTICOLO ORIGINALE Carcinoma della mammella con diametro inferiore ad 1 cm. Caratterizzazione bio-morfologica: ER, PgR, Ki67, HER-2/NEU, MDV, MAGS, p53, EGF-R Breast cancer less than 1 cm: Bio-morphologic characterization with ER, PgR, Ki67, HER-2/NEU, MDV, MAGS, p53, EGF-R S. MARASÀ, G. SCIANCALEPORE *, L. MARASÀ U.O. Anatomia Patologica ARNAS Civico G. Di Cristina, M. Ascoli, Palermo; * Dipartimento di Anatomia Patologica Policlinico universitario P. Giaccone, Palermo Parole chiave Carcinoma mammario pt1a pt1b Caratterizzazione biomorfologica Key words Breast cancer pt1a pt1b Bio-morphologic characterization Riassunto Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore maligno più comune e la principale causa di morte nella popolazione femminile occidentale e la sua incidenza è in continuo aumento pur senza incremento dell indice di mortalità. Negli ultimi dieci anni, infatti, è aumentata l incidenza del cancro della mammella di misura inferiore a 1 cm (pt1a, PT1b della stadiazione TNM). Dopo un analisi dettagliata, il Nottingham / Tenovus Primary Breast Cancer Study ha dimostrato che le dimensioni del tumore costituiscono un fattore prognostico significativo ed indipendente per il carcinoma mammario. Abbiamo selezionato 360 casi non consecutivi di carcinoma duttale mammario, metà di questi con diametro inferiore a 1 cm (pt1a-pt1b); l altra metà con dimensioni tra 1 e 2 cm (pt1c). Il grading istologico è stato valutato secondo il metodo classico di Scarff Bloom Richardson, senza grado di Nottingham. Le determinazioni immunoistochimiche per valutare l espressione di ER, PgR, Ki-67, Her2/Neu,CD34, p53, EGFR sono state eseguite con metodo automatico. I risultati ottenuti hanno evidenziato differenze significative tra i casi pt1a-b e pt1c, contribuendo a dimostrare che le dimensioni del tumore rappresentano un importante fattore prognostico, in particolare nei casi senza metastasi nodali linfonodi (N0). Summary Breast carcinoma is the most common malignant tumour and the main cause of carcinoma death in women. There has been a sharp increase in the detection of breast carcinoma, although mortality is still unvaried. In the last ten years the incidence of breast cancer measuring less than 1 cm, corresponding to pt1a, pt1b in TNM stadiation, has greatly increased. The present study describes the biologic characterisation of small breast carcinomas. the Nottingham/Tenovus Primary Breast Cancer Study stated that tumour size is a significant, independent factor for breast cancer prognosis. Cases were selected among formalin-fixed, paraffin-embedded tissues from 360 ductal breast cancers. In one-half of cases, the tumour was less than 1 cm in diameter, pt1a- pt1b; in the other half the tumour size was greater than 1 cm, but less than 2 cm, pt1c. Histological grading was assessed with the Scarff-Bloom-Richardson method, without Nottingham grade. Immunohistochemical determinations for ER, PgR, Ki-67, Her-2/Neu,CD34, p53, EGFR were done with an automated method. From the above analyses, it was demonstrated that the tumour size is indeed an important prognostic factor, particularly in cases without lymph node metastasis (N0). In particular, we observed significant differences between pt1a-b and pt1c cases, confirming that tumour size is an important criterion for prognostic valuation in ductal breast cancer without lymph node metastasis. Introduzione Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore maligno più comune e la principale causa di morte nella popolazione femminile occidentale. L incidenza del cancro della mammella presenta un ampia variabilità geografica, l Italia con circa nuovi casi annui si pone di poco al di sotto dei valori europei 1. I dati dei registri tumori italiani evidenziano un ampia variabilità, con valori inferiori al 30% nelle Regioni del Sud rispetto alle Regioni del Nord 2. L incidenza del carcinoma della mammella aumenta con l età, inoltre la Corrispondenza dott.ssa Grazia Sciancalepore, via Filippo Marini 16, Palermo - graziasciancalepore@libero.it

10 CARCINOMA DELLA MAMMELLA CON DIAMETRO INFERIORE AD 1 CM 157 tendenza all incremento dell incidenza nelle ultime decadi è riconducibile sia a fenomeni generazionali sia alla tempestività della diagnosi, in relazione alle campagne di screening. La diagnostica strumentale ha assunto un ruolo fondamentale per una diagnosi precoce di carcinoma mammario, ed in particolare lo screening mammografico ha permesso di effettuare diagnosi di forme subcliniche non palpabili di carcinoma mammario, ossia di neoplasie con un diametro massimo inferiore ad 1 cm (pt1a-b) 3-5. In questi casi sono solitamente preferite le procedure chirurgiche conservative con radioterapia complementare, completate da somministrazione di terapia medica adiuvante con sostanze antiblastiche e/o ormonali utilizzate allo scopo di eradicare le micrometastasi eventualmente presenti già al momento della diagnosi e responsabili della ripresa di malattia. L analisi combinata dei dati derivanti da numerosi studi clinici ha confermato che la terapia adiuvante è in grado di migliorare in maniera rilevante la sopravvivenza libera da malattia, e la sopravvivenza complessiva delle pazienti affette da cancro della mammella operabile. I criteri utilizzati per la pianificazione della terapia adiuvante trovano riscontro nei fattori prognostici impiegati per valutare il rischio di ricaduta, tra questi le dimensioni del tumore, lo stato dei linfonodi ascellari, lo stato recettoriale, il grading istologico, la cinetica proliferativa delle cellule neoplastiche e l eventuale iperespressione di oncogeni come HER-2 e p53. Abbiamo eseguito a tal proposito la valutazione dei fattori prognostici su menzionati su 360 casi di carcinoma mammario pt1 ed è emerso, a conferma della letteratura recente, che i tumori pt1a-b mostrano una prognosi nettamente favorevole rispetto ai casi pt1c e che potrebbero essere uniformati in un unica categoria, con prognosi nettamente favorevole. Materiali e metodi Abbiamo selezionato 360 casi non consecutivi di carcinoma duttale mammario, tutti di dimensioni inferiori a 2 cm, raccolti tra il 1991 ed il L età delle pazienti era compresa tra 35 e 55 anni, con un età media di 45 e mediana di 42. In tutti i casi è stata praticata la linfadenectomia ascellare, e sono stati isolati almeno 16 linfonodi da ogni caso. Di questi 360 casi 180 erano rappresentati da tumori con un diametro massimo compreso tra 1 e 2 cm (pt1c) e 180 con un diametro massimo inferiore ad 1 cm, pt1a-b, ed in particolare 34 con diametro inferiore a 0,5 cm (pt1a) e 146 con diametro massimo compreso tra 0,5 e 1 cm (pt1b). Il loro grading istologico è stato valutato secondo il metodo classico di Scarff Bloom Richardson, senza grado di Nottingham. Le determinazioni immunoistochimiche per valutare l espressione di ER, PgR, Ki-67, Her2/Neu, CD34, p53, EGFR sono state eseguite con metodo automatico (immunocoloratore Ventana, mod. Bench-mark XT). I casi con percentuale di cellule proliferanti Ki-67 positive sono state considerate altamente proliferanti. La valutazione quantitativa e qualitativa della neovascolarizzazione è stata effettuata tramite l espressione del CD34. Risultati È stato dimostrato che la dimensione del tumore nel carcinoma mammario rappresenta uno dei principali fattori prognostici, specie nei casi in cui non ci siano linfonodi metastatici; comunque nonostante sia il principale fattore non è certo il solo, sarà dunque necessario valutare altri fattori che consentano un giudizio prognostico più preciso. Nel nostro studio abbiamo deciso di valutare, oltre la dimensione (Tab. Ia) ed il grading istologico (Tab. Ib), l espressione di recettori per estrogeni (Tab. IIa, Fig. 1) e per progesterone (Tab. IIb, Fig. 2), l attività proliferativa tramite la positività al Ki-67 (Tab. III, Fig. 3), l iperespressione di Cerb-B2 (Tab. IVa, Fig. 4) e l espressione del recettore per Epidermal Growth Factor (Tab. IVb, Fig. 5), l iperespressione dell onco- Tab. Ia. Distribuzione dei casi secondo TNM: dimensione tumore. pt1a pt1b pt1c pt1 tot ,5 40, Tab. Ib. Distribuzione dei casi secondo TNM: grading istologico. pt1a pt1b pt1c pt1 tot Casi G % casi G1 5,5 9,7 13,3 28,6 Casi G % casi G2 3,8 22,7 27,2 53,9 Casi G % casi G3 8,0 9,4 17,5 Tab. IIa. Distribuzione dei casi secondo l espressione dei recettori ormonali: estrogenici. pt1a pt1b pt1c pt1 tot Casi ER % casi ER+ 12,9 45,9 41,2 100 Casi ER % casi ER- 0,9 27,2 71,9 100 Tab. IIb. Distribuzione dei casi secondo l espressione dei recettori ormonali: progestinici. pt1a pt1b pt1c pt1 tot Casi PgR % casi PgR+ 12,1 45,6 42,3 100 Casi PgR % casi PgR- 4,7 31,2 64,1 100

11 158 S. MARASÀ ET AL. Tab. III. Distribuzione dei casi secondo l indice di proliferazione cellulare: Ki-67. pt1a pt1b pt1c pt1 tot Casi Ki % casi Ki-67+ 5,9 27,1 67,0 100 Casi Ki % casi Ki-67-10,6 44,7 44,7 100 Fig. 1. Positività nucleare al ER. Tab. IVa. Distribuzione dei casi secondo l espressione dei recettori per i fattori di crescita: c-erbb-2. pt1a pt1b pt1c pt1 tot Casi c-erbb % casi c-erbb-2+ 1,5 38,2 60,3 100 Casi c-erbb % casi c-erbb-2-11,3 41,1 47,6 100 Fig. 2. Positività nucleare al PgR. Tab. IVb. Distribuzione dei casi secondo l espressione dei recettori per i fattori di crescita: EGF-R. pt1a pt1b pt1c pt1 tot Casi EGF-R % casi EGF-R+ 1,7 25,9 72,4 100 Casi EGF-R % casi EGF-R 10,9 43,4 45,7 100 Tab. V. Distribuzione dei casi secondo l espressione dell oncoproteina p53. pt1a pt1b pt1c pt1 tot Casi p % casi p ,5 100 Fig. 3. Attività proliferativa rivelata tramite positività al Ki-67. Casi p % casi p ,1 100 proteina p-53 (Tab. V, Fig. 6) l indice di neovascolarizzazione (Tab. VI, Fig. 7). Abbiamo osservato, come si evince dalle Tabelle, una netta differenza di espressione di fattori prognostici sfavorevoli nei casi pt1c, quindi in neoplasie con diametro massimo superiore ad 1 cm, ri- Tab. VI. Distribuzione dei casi secondo l indice di attività angiogenica. pt1a pt1b pt1c Pt1 tot Casi MDV > 16; MAGS > % casi MDV > 16; MAGS > ,6 77,2 100 Casi MDV < 16; MAGS < % casi MDV < 16; MAGS < 30 16,9 57,7 25,4 100

12 CARCINOMA DELLA MAMMELLA CON DIAMETRO INFERIORE AD 1 CM 159 Fig. 4. Iperespressione di C-erb B2. Fig. 6. Iperespressione di p53. spetto ai casi pt1a e b, uniformabili dunque in un unica categoria, con prognosi favorevole. Discussione Il carcinoma della mammella rappresenta il tumore maligno più comune e la principale causa di morte nella popolazione femminile occidentale. Tuttavia negli anni si è assistito ad un incremento dell incidenza senza consensuale incremento della mortalità, ciò in relazione alle campagne di screening che hanno consentito di effettuare diagnosi di carcinoma mammario in fase precoce, quando la neoplasia presenta un diametro massimo inferiore ad 1 cm (pt1a-b), e fase in cui gode di un ottima prognosi. In questi casi sono solitamente preferite le procedure chirurgiche conservative con radioterapia complementare completate da somministrazione di terapia medica adiuvante in grado di migliorare in maniera rilevante la sopravvivenza libera da malattia e la sopravvivenza complessiva delle pazienti affette da cancro della mammella operabile. I criteri utilizzati per la pianificazione della terapia adiuvante trovano riscontro nei fattori prognostici impiegati per valutare il rischio di ricaduta, e tra questi i più indicativi sono le dimensioni del tumore, lo stato dei linfonodi ascellari, lo stato recettoriale, il grading istologico, la cinetica proliferativa delle cellule neoplastiche e l eventuale iperespressione di oncogeni come HER-2 e p53. HER-2 è un membro della famiglia dei recettori per il fattore di crescita epidermico, coinvolto nell incremento dei segnali di proliferazione e metastatizzazione delle cellule neoplastiche. Esso è iperespresso nel 30% dei casi di carcinoma mammario 6-9 ed in queste pazienti la sopravvivenza ed il tempo libero da malattia sono significativamente ridotti rispetto alle pazienti che non presentano tale iperespressione L iperespressione di HER2 potrebbe essere associata con la ridotta efficacia della terapia ausiliaria endocrina con tamoxifen De Laurentiis et al. recentemente hanno condotto una metaanalisi dalla quale hanno dedotto che il cancro mammario metastatico HER2-positivo era meno sensibile a reagire a qualunque tipo di terapia endocrina 15. Uno studio condotto su 3000 pazienti affette da neoplasia maligna primitiva della mammella ha evidenziato la mutazione del gene p53 o l iperespressione del relativo prodotto della proteina nel 14-52% dei casi con prognosi infausta 16. Recentemente è stata anche analizzata l espressione di HER2, di p53 e di Ki67 in carcinomi duttali infiltranti ed è stata riscontrata la coesistenza di accumulo di HER2 e della proteina p53, indicatore molecolare prognostico significativo nel cancro Fig. 5. Positività al EGF-R. Fig. 7. Attività neoangiogenetica rivelata tramite positività al Fattore VIII.

13 160 S. MARASÀ ET AL. mammario 17. Quasi un terzo di tumori della mammella ha mutazioni del gene p53 che si associano con alto grado istologico e rapida progressione 18. La proteina p53 è un fattore di trascrizione che regola il ciclo cellulare e ricopre la funzione di oncosoppressore, essa interviene in molti meccanismi anti-tumorali, tra cui l attivazione della riparazione del DNA danneggiato, il blocco del ciclo cellulare nel punto di regolazione G 1 /S o l avvio del processo di apoptosi nel caso il danno al DNA sia irreparabile. Può dunque indurre l arresto della crescita cellulare, l apoptosi e la senescenza delle cellule. Nelle cellule normali p53 è solitamente inattiva, legata alla proteina MDM2 che la inibisce e ne promuove la degradazione. L apoptosi rappresenta uno dei meccanismi sfruttati dai trattamenti antitumorali. Le cellule con perdita della funzione del gene p53 sono resistenti a tali farmaci 19. Sono stati pubblicati vari studi che hanno esaminato il valore prognostico determinato dalle alterazioni della p53 al livello del gene, o il grado di espressione di p53 attraverso l immunoistochimica (IHC), per poter prevedere la risposta alla chemioterapia. Molti di questi studi hanno evidenziato che le alterazioni della p53 possono avere un certo valore predittivo rispetto la resistenza alle antracicline 20-26, alla ciclofosfamide, al methotrexate ed al fluorouracile Mentre un solo studio ha segnalato il valore predittivo della p53 riguardo alla resistenza alla terapia endocrina 30. La terapia endocrina è il trattamento più importante e più utilizzato nelle donne con il cancro mammario con positività per i recettori ormonali. Proprio per questa ragione è stata posta particolare attenzione sui meccanismi che possono indurre resistenza al trattamento endocrino e che coinvolgono il recettore dell estrogeno (ER), proteine co-regolatrici e meccanismi cross-reattivi fra ER ed altre interazioni tra i vari fattori di crescita. Tuttavia i fattori ed i meccanismi responsabili della resistenza alla terapia endocrina ancora non sono stati del tutto chiariti. Si è ipotizzato che esistessero diverse specifiche proteine coinvolte in questi processi di resistenza. Il recettore dell estrogeno (ER) è stato per anni protagonista degli studi sul cancro mammario ormone-sensibile, grazie ai successi clinici dell antiestrogeno tamoxifen e, più recentemente, degli inibitori dell aromatasi 31. Il recettore del progesterone (PgR), prodotto da un singolo gene ER-regolato, soprattutto è stato considerato fino a poco tempo fa come indicatore della risposta dell estrogeno. L azione del PgR, quindi, in gran parte è stata trascurata come fattore indipendente nella proliferazione e/o nella sopravvivenza dell epitelio ghiandolare mammario normale o neoplastico. Recenti studi, tuttavia, hanno rammentato che il progesterone media la proliferazione alveolare durante lo sviluppo mammario della ghiandola nel topo 32, dove le isoforme del PgR inducono l espressione di potenti molecole mitogeniche, compreso Wnts 33. Negli esseri umani, inoltre, il picco di proliferazione mammaria delle cellule epiteliali e la presenza di figure mitotiche coincide con i livelli elevati del progesterone che si presentano durante la fase luteale del ciclo uterino Recentemente numerosi studi clinici hanno riconosciuto l esposizione al progesterone durante la terapia ormonale sostitutiva (HRT) come fattore di rischio importante per l insorgenza del cancro mammario 36. Le donne in menopausa che hanno ricevuto HRT contenente estrogeno e progesterone hanno presentato, di fatto, aumento dell incidenza del cancro rispetto a coloro che hanno ricevuto soltanto l HRT estrogenetico o il placebo, ed in quel caso i tumori rilevati erano più grandi e di più alto grado Il meccanismo di questi effetti è tuttora sconosciuto. Le progestine non sono considerate agenti cancerogeni. L esposizione a HRT estro-progestinico, tuttavia, può favorire l insorgenza dei tumori subclinici o silenti e/o contribuire ad aumentare la densità del parenchima mammario, ritardando così la diagnosi del tumore. Questi dati sottolineano la necessità di una maggiore comprensione della risposta cellulare al progesterone, tramite l attivazione del PgR. I geni che attivano il PgR includono i regolatori chiave del ciclo cellulare (cicline D ed E), alcuni componenti della famiglia dell EGFR ed alcuni mediatori critici dei processi di crescita (Wnts), che sono associati frequentemente con le neoplasie maligne della mammella. I risultati del nostro studio, a conferma dalla letteratura esistente in merito ai tumori mammari in fase precoce, hanno dimostrato come sebbene il più importante indice prognostico sia la dimensione del tumore, altri fattori devono essere valutati per meglio predire l andamento della malattia e soprattutto per far fronte alla gran variabilità di comportamento biologico propria di questo tipo di neoplasie, tenuto conto anche che l analisi di alcuni di questi fattori assume oggi un importante ruolo nella successiva scelta terapeutica, specie in caso di neoplasie in fase precoce. La valutazione dei fattori prognostici in precedenza descritti su 360 casi di carcinoma mammario pt1 ha ulteriormente confermato che i tumori pt1a-b mostrano una prognosi nettamente favorevole rispetto ai casi pt1c e che potrebbero essere uniformati in un unica categoria, con prognosi nettamente favorevole. Bibliografia 1 Sant M, Francisci S, Capocaccia R, Verdecchia A, Allemani C, Berrino F. Should we use incidence, survival or mortality to assess breast cancer trends in European women? Nature clinical practice. Oncology 2006;3: AIRT Working Group. I tumori in Italia. Rapporto Incidenza, mortalità e stime. Epidemiologia e prevenzione 2006;30(Suppl 2). 3 Parkin DM, et al. Estimating the world cancer burden: Globocan. Int J Cancer 2000;94: Boring CC, Squires TS, Tong T, Montgomery S. Cancer Statistics. CA Cancer J Clin 1994;44: Schittulli F. Il tumore della mammella. Ministero della Salute Salomon DS, Brandt R, Ciardiello F, Normanno N. 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14 CARCINOMA DELLA MAMMELLA CON DIAMETRO INFERIORE AD 1 CM Slamon DJ, Godolphin W, Jones LA, Holt JA, Wong SG, Keith DE, et al. Studies of the HER-2/neu proto-oncogene in human breast and ovarian cancer. Science (Wash DC) 1989;244: Zhang X, Silva E, Gershenson D, Hung MC. Amplification and rearrangement of c-erb B proto-oncogenes in cancer of human female genital tract. Oncogene1989;4: Berchuck A, Kamel A, Whitaker R, Kerns B, Olt G, Kinney R, et al. Overexpression of HER-2/neu is associated with poor survival in advanced epithelial ovarian cancer. Cancer Res 1990;50: Ross JS, Fletcher JA. The HER-2/neu oncogene in breast cancer: prognostic factor, predictive factor, and target for therapy. Stem Cells 1998;16: Elledge RM, Green S, Ciocca D, Pugh R, Allred DC, Clark GM, et al. HER-2 expression and response to tamoxifen in estrogen receptor-positive breast cancer: a Southwest Oncology Group Study. Clin Cancer Res 1998;4: Yamauchi H, Stearns V, Hayes DF. 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15 PATHOLOGICA 2008;100: ARTICOLO ORIGINALE BREVE Biopsia mammaria vacuum-assisted per la diagnosi di lesioni non palpabili: descrizione dei primi 226 casi Vacuum-assisted breast biopsy for diagnosis of non-palpable lesions: experience with 226 cases M. NEBULONI * **, R. AMADORI ***, C. ANTONACCI **, R.S. ROSSI **, A. SARTANI ****, A. DE SIMONE **** ; F. CORSI **** ; R. BIANCO *** ; M.A. NOSENZO ****, E. TRABUCCHI * ****, G. VAGO * ** * Dip. di Scienze Cliniche Luigi Sacco, Università di Milano; ** U.O. di Anatomia Patologica; *** U.O. di Radiologica; **** Dip. Chir-Onc-Gastroenterologico, Azienda Ospedaliera Luigi Sacco, Milano Parole chiave Mammella Biopsia mammaria vacuum-assisted Lesioni mammarie non palpabili Key words Breast Vacuum-assisted breast biopsy Non-palpable breast lesions Riassunto La biopsia con aspirazione forzata vacuum-assisted viene utilizzata sempre con maggior frequenza nella diagnosi delle lesioni mammarie non palpabili. Questo studio riporta i risultati dei primi 226 casi effettuati presso l Ospedale Sacco di Milano da novembre 2005 a luglio 2007, 198 (87,6%) sotto guida stereotassica e 28 (12,4%) sotto guida ecografica. In 225 casi (99,6%) il materiale prelevato ha consentito una valutazione istologica. La diagnosi è stata: tessuto mammario normale in 9 casi (4%), lesione benigna in 97 (43%), lesione a comportamento incerto in 25 (11%), lesione sospetta in 4 (2%) e lesione maligna in 90 (40%, di cui 53 carcinomi in situ e 37 carcinomi infiltranti). Trentotto casi con diagnosi di lesione maligna (42,2%) sono stati operati nel nostro centro; la concordanza diagnostica biopsia/pezzo operatorio è stata del dell 84,2% (32 casi). Dei 6 casi discordanti, solo 2 rappresentano una reale sottostima bioptica (carcinoma in situ bioptico vs. carcinoma infiltrante del pezzo operatorio). In conclusione, la VABB si è dimostrata essere ben tollerata (in un unico caso si è verificato un ematoma in sede di biopsia), di rapida e facile esecuzione e molto efficace per la diagnosi istologica di lesioni mammarie non palpabili. La procedura consente di evitare interventi chirurgici a scopo diagnostico e di programmare una strategia terapeutica mirata. Summary Vacuum-assisted breast biopsy (VABB) is now available for non-palpable lesions. The present study describes the results obtained from 226 consecutive VABBs performed at L. Sacco Hospital, Milan, from November 2005 to July 2007 (198 stereotactic and 28 ultrasonographic procedures). Adequate tissue samples for histopathological evaluation were obtained in 225 cases (99.6%). The diagnoses were as follows: 9 normal tissues (4%), 97 benign (43%), 25 probably benign (11%), 4 suspicious for malignancy (2%) and 90 malignant (40%, 53 in situ and 37 infiltrating carcinoma). Of the 90 malignant cases, 38 (42.2%) underwent subsequent surgical excision in our Unit; 84.2% (32/38) had concordant histopathological findings. In conclusion, VABB is an accurate and safe technique for diagnosis of non-palpable lesions, and in experienced hands avoids unnecessary surgical procedures. Introduzione Il carcinoma della mammella rappresenta la neoplasia più frequente nel sesso femminile. L ampia diffusione dello screening mammografico ha portato all identificazione di lesioni mammarie sospette o maligne in fase molto precoce ma ha altresì posto il problema dell individuazione di metodiche diagnostiche per tali lesioni che siano altamente sensibili e specifiche in modo da ridurre gli interventi chirurgici non necessari 1 2. Fino a qualche anno fa l iter diagnostico del carcinoma della mammella comprendeva l agoaspirato, sia sotto guida ecografica che stereotassica, e la core-biopsy. Sebbene l agoaspirato con conseguente esame citologico sia una metodica semplice da eseguire e poco costosa, non è esente da un elevato tasso di inadeguati, soprattutto quando le lesioni sono rappresentate radiologicamente da microcalcificazioni oppure distorsioni parenchi- Ringraziamenti Gli Autori ringraziano la Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi per aver contribuito al finanziamento dello studio. Corrispondenza Dott.ssa Manuela Nebuloni, U.O. Anatomia Patologica, Ospedale Luigi Sacco, Dip. di Scienze Cliniche Luigi Sacco, Università di Milano, via G.B. Grassi 74, Milano, Italy - Tel manuela.nebuloni@unimi.it

16 BIOPSIA MAMMARIA VACUUM-ASSISTED PER LA DIAGNOSI DI LESIONI NON PALPABILI 163 mali 3. La core-biopsy è stata utilizzata per molti anni come alternativa alla biopsia chirurgica ed in mani esperte può costituire un valido strumento diagnostico; nonostante ciò, la percentuale di falsi negativi e di sottostime di questa tecnica non è trascurabile (3-56%) 1 4. La biopsia con aspirazione forzata vacuum-assisted (Vacuum-assisted breast biopsy VABB), sotto guida stereotassica o ecografica, è disponibile da alcuni anni e viene utilizzata con sempre maggiore frequenza nella diagnosi delle lesioni mammarie non palpabili, soprattutto microcalcificazioni 1 5. Tale metodica consente di prelevare, in anestesia locale e con un unico ingresso dell ago, numerosi frustoli di tessuto riducendo i falsi negativi e i campioni inadeguati 1 5. Questo lavoro riporta i risultati dei primi 226 casi di VABB, effettuati nel nostro centro presso l Azienda Ospedaliera Luigi Sacco di Milano. Casistica Da novembre 2005 a luglio 2007, abbiamo effettuato 226 VABB su lesioni mammarie non palpabili, 198 (87,6%) sotto guida stereotassica e 28 (12,4%) sotto guida ecografica. La scelta della guida ecografica è stata riservata a quelle pazienti con lesioni nodulari ecovisibili e precedente esame citologico inadeguato o dubbio. Sono state escluse dall approccio VABB le lesioni francamente benigne alla mammografia e le lesioni percepibili ecograficamente, nelle quali sia stato possibile effettuare un agoaspirato ecoguidato diagnostico. L età media delle pazienti di questo studio era di 58,6 anni (range anni). In 178 casi (78,7%) si trattava di microcalcificazioni, mentre nei restanti 48 (21,3%) le lesioni erano opacità nodulari o distorsioni parenchimali. L estensione delle lesioni variava da 0,3 cm a 10 cm (media 1,61 cm) ed erano multifocali in 9 casi. Le lesioni erano localizzate alla mammella di destra in 96 pazienti (42,5%) e alla mammella sinistra in 130 pazienti (57,5%), con una distribuzione ai quadranti esterni in 165 pazienti (73%) e ai quadranti interni in 52 pazienti (23%); solo in 9 donne (4%) le lesioni erano localizzate in sede retroareolare. In 216 casi è stato utilizzato un ago bioptico da 11G mentre in 10 casi un ago da 8G. In 181 casi (80%) è stato posizionato un repere magneto-compatibile, che agevola la successiva valutazione mammografica o la centratura pre-operatoria. Alla fine della procedura tutte le pazienti hanno eseguito una mammografia di controllo, per valutare l esito delle biopsie, e, qualora posizionato, per verificare la corretta sede del repere; in un unico caso si è verificato un ematoma in sede di biopsia come complicanza minore. Tutti i frustoli prelevati sono stati disposti su un supporto e sono stati radiografati; i prelievi con microcalcificazioni sono stati identificati. Infine, i frustoli sono stati introdotti separatamente in altrettanti barattoli contenen- Tab. I. Dati clinico-patologici: 226 pazienti. Età media 58,6 anni (range anni) Aspetto radiologico Microcalcificazioni: 78,7% (178/226) Opacità nodulari: 21,3% (48/226) Sede Mammella destra: 42,5% (96/226) Mammella sinistra: 57,5% (130/226) Quadranti esterni: 73% (165/226) Quadranti interni: 23% (52/226) Sede retroareolare: 4% (9/226) Procedura VABB Guida mammografica: 87,6% (198/226) Guida ecografica: 12,4% (28/226) Ago bioptico 11G: 95,6% (216/226) 8G: 4,4% (10/226) Adeguatezza del campionamento Campioni adeguati: 99,5% (225/226) Campioni inadeguati: 0,5% (1/226) Valutazione istologica B1: 4% (9/225) B2: 43% (97/225) B3: 11% (25/225) B4: 2% (4/225) B5: 40% (90/225; 53 ca in situ e 37 ca infiltranti) Valutazione biopsia/pezzo operatorio Concordanza diagnostica: 84,2% Discordanza diagnostica: 15,8% (4 casi sottoposti a chemioterapia pre-operatoria e 2 casi di sottostima bioptica ca in situ bioptico vs. ca infiltrante operatorio)

17 164 M. NEBULONI ET AL. ti formalina tamponata al 10% ed inviati in Anatomia Patologica. I tessuti sono stati fissati a temperatura ambiente per 24 ore e poi inclusi in paraffina. La diagnosi istologica è stata effettuata su sezioni di 3 μm colorate con Ematossilina-Eosina. Per i frustoli con microcalcificazioni (identificati dopo radiografia) sono state effettuate multiple sezioni seriate di 3 μm ciascuna. Per la valutazione istologica è stato utilizzato il Sistema a categorie B (EGQAMS Luxembourg: European Commission; 1996; rev. 2005) 6 : B1 (tessuto normale), B2 (lesione benigna), B3 (lesione a comportamento incerto), B4 (lesione a comportamento maligno sospetto) e B5 (lesione maligna). Risultati In 225 casi (99,6%) il materiale prelevato ha consentito una diagnosi istologica della lesione; in un unico caso si è verificato un malfunzionamento dell aspiratore che ha portato a campioni tessutali inadeguati per una valutazione anatomopatologica. La media del numero dei frustoli prelevati per ogni paziente è stata di 8,2; in 55 casi (24,4%), a causa dell estensione della lesione, è stato necessario effettuare un numero aggiuntivo di campioni, per una media di 6,8. L asportazione completa delle microcalcificazioni o delle lesioni parenchimali, valutata dalla mammografia post-bioptica, è stata ottenuta in 69 casi (30,6%). Nove casi (4%) sono stati diagnosticati come B1, 97 casi (43%) come B2, 25 casi come B3 (11%), 4 casi come B4 (2%) e 90 casi come B5 (40%). Dei 97 casi diagnosticati come B2, 13 erano fibroadenomi mentre gli altri 84 mostravano lesioni classificabili come iperplasia duttale tipica ed alterazioni fibrocistiche. Dei 25 casi diagnosticati come B3, 11 erano radial scar, 10 erano lesioni papillari e 4 avevano come quadro dominante l iperplasia duttale atipica. I 4 casi identificati come B4 erano caratterizzati da minuscoli e marginali quadri fortemente suggestivi ma non conclusivi per neoplasia. Infine, i 90 casi di neoplasia (B5) si presentavano così suddivisi: 53 carcinomi in situ e 37 carcinomi infiltranti (di cui 29 carcinomi duttali NAS, 5 lobulari, 1 mucinoso, 1 papillare e 1 adenoidocistico). Dei 90 casi B5, 38 (42,2%) sono stati operati nel nostro centro, con una concordanza diagnostica biopsia/pezzo operatorio dell 84,2% (32 casi). Nei 6 casi restanti (15,8%) la diagnosi definitiva è stata discordante rispetto a quella bioptica: 4 pazienti sono state sottoposte a chemioterapia pre-operatoria con risposta patologica completa; in due pazienti la VABB ha sottostimato lo stadio della lesione (carcinoma in situ bioptico vs. carcinoma infiltrante del pezzo operatorio). L asportazione completa delle microcalcificazioni o distorsioni parenchimali tramite VABB, valutata all esame radiologico post-biopsia, è stata ottenuta in 8 delle 90 pazienti (8,9%) con lesione maligna, tutte successivamente operate nel nostro centro; l esito definitivo dell intervento chirurgico di queste 8 pazienti ha identificato residui focolai neoplastici nel tessuto mammario asportato. Infine, una delle pazienti con diagnosi di B4 è stata sottoposta ad intervento chirurgico nel nostro centro: la diagnosi definitiva è stata di carcinoma duttale infiltrante NAS. Discussione Questo lavoro descrive i risultati delle prime 226 biopsie mammarie vacuum-assisted VABB effettuate presso il nostro Centro. La tecnica, come riportato da molti altri Autori, ha consentito di prelevare campioni diagnostici in casi di lesioni non palpabili come microcalcificazioni e di distorsioni parenchimali 1 5. Inoltre, nei casi di lesioni nodulari ecovisibili con precedente esame citologico inadeguato, la VABB sotto guida ecografica ha consentito una diagnosi istologica e ha evitato alle pazienti una biopsia chirurgica o una nodulectomia a scopo diagnostico. La concordanza biopsia/intervento operatorio nei casi con lesione maligna è stata dell 84,2%. Dei casi non concordanti, il 67% erano pazienti sottoposte a chemioterapia pre-operatoria con risposta patologica completa; il 33% (5,2% dei casi operati) avevano avuta una diagnosi bioptica di carcinoma in situ ma con riscontro di minimi focolai di infiltrazione nel tessuto asportato durante l intervento. Questi ultimi casi rappresentano la reale sottostima diagnostica della procedura VABB rispetto a quella ottenuta dalla procedura chirurgica; tale eventualità è stata descritta da altri gruppi 1, con però percentuali riportate inferiori rispetto a quella da noi riscontrata. Infine, un dato interessante riguarda la valutazione radiografica delle lesioni mammarie residue post-biopsia. Nel nostro centro, tutte le pazienti sono state sottoposte a mammografia dopo VABB che, in circa il 9% delle pazienti con lesioni maligne, ha dato esito negativo ad indicare la completa asportazione bioptica delle lesioni visibili radiologicamente. Queste pazienti sono state tutte operate nel nostro centro e l esito definitivo dell intervento chirurgico ha invece identificato residua neoplasia nel tessuto mammario asportato. La biopsia vacuum-assisted, con un unico ingresso dell ago, consente il prelievo di un numero di frustoli superiore a quello ottenibile con la core-biopsy, e l aspirazione forzata che viene esercitata permette di eliminare il sangue e di mantenere intatta la struttura dei tessuti 1 5. Infine, tale procedura consente di lasciare in sede un repere metallico magneto-compatibile utile per la successiva valutazione mammografica o centratura chirurgica, ultimamente ancora più facilitata dalla possibilità di utilizzare reperi ecovisibili, in quanto associati a capsula di carbonio. Inoltre, i reperi metallici, precedentemente in nichel, sono attualmente in lega di titanio, così da essere ben tollerati anche dalle pazienti allergiche.

18 BIOPSIA MAMMARIA VACUUM-ASSISTED PER LA DIAGNOSI DI LESIONI NON PALPABILI 165 In conclusione, la biopsia mammaria vacuum-assisted si è dimostrata essere ben tollerata dalle pazienti, di rapida e facile esecuzione e molto efficace per la diagnosi istologi- ca di lesioni mammarie non palpabili. La procedura consente di evitare interventi chirurgici a scopo diagnostico e di programmare una strategia terapeutica mirata. Bibliografia 1 Cassano E, Urban LABD, Pizzamiglio M, Abbate F, Maisonneuve P, Renne G, et al. Ultrasound-guided vacuum-assisted core breast biopsy: experience with 406 cases. Breast Cancer Res Treat 2007;102: Kerlikowske K, Grady D, Rubin SM, Sandrock C, Ernster VL. Efficacy of screening mammography. A meta-analysis. JAMA 1995;273: Boerner S, Sneige N. Specimen adequacy and false-negative diagnosis rate in fine-needle aspirates of palpaple breast masses. Cancer 1998;84: Liberman L. Percutaneous imaging-guided core breast biopsy: state of the art at the millenium. AJR 2000;174: Parker SH, Klaus AJ, McWey PJ, Schilling KJ, Cupples TE, Duchesne N, et al. Sonographycally guided directional vacuum-assisted breast biopsy using a handheld device. AJR 2001;177: European Guidelines for Quality Assurance in Mammography Screening Luxembourg: European Commission; 1996; 4th ed. Office for Official Pubblications of the European Comunities 2005.

19 PATHOLOGICA 2008;100: CASE REPORT Cutaneous gamma-delta T-cell lymphoma arising in the setting of Behcet s disease Linfoma cutaneo a cellule T gamma-delta insorto nello scenario della malattia di Behcet I. CHELLY, F. LIMAÏEM, A. MEKNI, S. BELLIL, K. BELLIL, I.B. GHORBEL, S. HAOUET, M. ZITOUNA, N. KCHIR Department of Pathology, Hospital La Rabta, 1007 Bab Saadoun Tunis Key words Gamma-delta T-cell Cutaneous lymphoma Behcet s disease Immuohistochemistry Parole chiave Cellule T gamma-delta Linfoma cutaneo Malattia di Behcet Immunoistochimica Summary Cutaneous γ-δ T-cell lymphoma (CGD-TCL) is an uncommon lymphoma composed of a clonal proliferation of mature activated γ-δ T-cells expressing a cytotoxic phenotype. Malignant lymphoma is rarely associated with Behcet s disease, as only 12 cases have been reported in the literature, including a case of cutaneous T-cell lymphoma. In this report, the authors present a new case of CGD-TCL emerging in the course of Behcet s disease in a 40-year-old man. Diagnosis of CGD-TCL was established based on the combination of clinical, histological, immunophenotypical and molecular findings. Through a review of the current literature, the authors analyse the unique clinicopathological, molecular and immunohistochemical features of this rare cutaneous lymphoma. Riassunto Il linfoma cutaneo a cellule T γ-δ (CDG-TCL) è un raro linfoma derivato da una proliferazione clonale di cellule T citotossiche γ-δ. Il linfoma maligno raramente è associato alla malattia di Behcet, in letteratura sono stati riportati solo 12 casi, incluso un caso di linfoma a cellule T. In questo report, gli autori presentano un nuovo caso di CDG- TCL insorto nel decorso della malattia di Behcet in un uomo di 40 anni. È stata fatta diagnosi di CDG-TCL basandosi sulla combinazione di caratteristiche cliniche, istologiche, immunofenotipiche e molecolari. Attraverso una review della letteratura corrente, gli autori analizzano i soli aspetti clinicopatologici, molecolari e immunoistochimici di questo raro linfoma cutaneo. Introduction Cutaneous γ-δ T-cell lymphoma (CGD-TCL) is a rare form of cutaneous lymphoma recently proposed as a distinct clinicopathological entity. It is composed of a clonal proliferation of mature activated γ-δ T-cells expressing a cytotoxic phenotype. This group includes cases of subcutaneous panniculitis-like T-cell lymphoma (SPTCL) with a γ-δ phenotype 1. Malignant lymphoma is rarely associated with Behcet s disease, as only 12 cases have been reported in literature, including a case of cutaneous T-cell lymphoma. In this paper, the authors report a new case of CGD-TCL arising in Behcet s disease and highlight its clinicopathological and immunohistochemical profile with review of the current literature. Case report A 40-year-old man with a medical history significant for Behcet s disease presented with complaints of high fever (40 C) and painful swelling of the right upper limb for the past two months. Behcet s disease had been diagnosed two years ago based on occurrence of recurrent non-scarring oral and genital ulcers, arthralgias and uveitis. Current medications included corticosteroids and low doses of azathioprine. On initial physical examination, the patient was febrile and had several erythematous and ulcerated plaques, involving the right forearm. Two weeks later, the lesions became necrotic and more extensive. Ultrasonography of the right forearm showed infiltration of the subcutaneous fat and Doppler ultrasonography disclosed superficial thrombophlebitis. An incisional skin biopsy of the lesions was performed, revealing a diffuse lymphocytic infiltrate within the deep dermis and the subcutis (Fig. Correspondence Faten Limaïem, 4 impasse Tarek Ibn Zied Mutuelleville, Tunis Tel fatenlimaiem@yahoo.fr

20 CUTANEOUS GAMMA-DELTA T-CELL LYMPHOMA 167 1). The infiltrate consisted mainly of medium-sized atypical lymphocytes with irregular nuclei and coarsely clumped chromatin. In the subcutaneous fat, rimming of individual adipocytes by atypical lymphocytes was seen (Figs. 1 and 2). Large areas of necrosis were also noted. There was no epidermotropism. Immunohistochemical analysis was performed using the avidin-biotin complex technique with antibodies against TCR β-chain, CD2, CD3, CD4, CD8, CD30, CD56, TIA-1 and granzyme B. Tumour cells were strongly and diffusely positive for CD2, CD3 (Fig. 3) and CD56, and negative for CD4, CD8 and CD30. The tumour cells were positive for TIA-1 and granzyme B and showed clonal rearrangement of the TCR-γ and TCR-δ genes. Beta F1 antibody staining was negative. Laboratory examinations revealed elevated liver enzymes (aspartate aminotransferase [AST]/alanine aminotransferase [ALT] 83/54; lactate dehydrogenase: 265). Because of these findings and the clinical progression with persistent fever, together with elevation of liver enzymes, a diagnosis of CGD-TCL Fig. 1. Diffuse lymphocytic infiltrate within the deep dermis and the subcutis. The neoplastic infiltrate is dense and consists of medium-sized atypical lymphocytes (haematoxylin and eosin staining; original magnification, x 100). Fig. 3. Staining for CD3 confirms the T-cell lineage of lymphocytes (immunohistochemistry; original magnification, x 400). was established. There was no evidence of systemic involvement by peripheral blood analysis, bone marrow biopsy, thoracic and abdominal computed tomography scans. High-dose chemotherapy was then decided in accordance with the Haematology Department. During the 3-month follow-up period, the patient did not show evidence of concurrent extracutaneous disease such as salivary gland, liver or gastrointestinal involvement. Discussion Fig. 2. Medium-sized atypical tumour cells rimming around fat lobules (haematoxylin and eosin staining; original magnification, x 250). Cutaneous γ-δ T-cell lymphomas represent a spectrum of malignancies that have been included as a provisional entity in the newly revised World Health Organization (WHO) European Organization for Research and Treatment of Cancer (EORTC) consensus classification for cutaneous lymphomas 1. Some of the tumours included in this new category were previously classified as subcutaneous panniculitis T-cell lymphomas with a γ-δ T-cell receptor (TCR) phenotype 2. Approximately 50 cases of CGD-TCL have been reported in the literature 2. Most cases occur in young adults (median age: 42 years) with a female predominance 3. Impaired immune function associated with chronic antigen stimulation may predispose to the development of CGD-TCL 2. Patients with CGD-TCL may develop haemophagocytic syndrome, resulting in hepatosplenomegaly and infiltration of multiple organs by histiocytes engulfing red blood cells 4. Elevated liver enzymes (AST/ALT and LDH) and leucopoenia occur in 50% of patients and have been associated with unfavourable prognosis 3 5. In our patient, laboratory tests showed elevated liver enzymes and a normal blood count. Malignant lymphoma rarely arises in the setting of Behcet s disease, as only 12 cases have been reported in literature, including a case of cutaneous T-cell lymphoma (Tab. I) Through a review of these 12 cases, we observed no gender preference. The age of the patients ranged between 31 and 75 years. There were 2 cases of T-cell lymphoma including a cytotoxic T-cell lympho-

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