8. L ANALISI DI DUE CASI MALTESI: IL SANTUARIO DI TAS SILĠ E LA VILLA DI S. PAOLO MILQI

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1 8. L ANALISI DI DUE CASI MALTESI: IL SANTUARIO DI TAS SILĠ E LA VILLA DI S. PAOLO MILQI 8.1. Tas Silġ Il sito 1 La località in cui sorge il santuario si chiama in realtà Tà Barikka. La dedica della chiesa alla Madonna delle Nevi, attestata anche in un altro edificio vicino Gh argh ur (Ferres 1866, p. 622), potrebbe avere una relazione con una nevicata realmente accaduta che poté apparire miracolosa dal momento che nell arcipelago il fenomeno della neve è sconosciuto; il termine neve manca infatti nel vocabolario maltese (Silġ, significa ghiaccio e grandine). 2 Si veda in proposito Cagiano De Azevedo 1964b, p Si cfr. supra, p Amari , p. 53; la stessa indicazione si legge in Al-Dimis hqî (Idem, p. 254). Il maggior santuario extraurbano di Malta era situato nella parte sud-orientale dell isola (fig. 21) presso l attuale centro di Marsaxlokk, in una località oggi comunemente chiamata Tas Silġ per la presenza di una chiesa costruita intorno al 1654 e dedicata a S. Maria ad Nives (in maltese, appunto, Tas Silġ) 1 ; in una visita pastorale del 1665 l edificio di culto è descritto come costruito prope macerias, ovvero, presso le rovine archeologiche che evidentemente erano allora ben conosciute. Il complesso sorge su un rilievo alto poco più di 200 mt che domina a sud l ampia insenatura di Marsaxlokk (in maltese: porto dello scirocco) e permette di arrivare con lo sguardo, verso est, fino alla costa di St. Thomas e Marsaskala. Queste doti strategiche del sito, che ne determinarono, come vedremo, la continuità insediativa e la fortuna economica, risultano oggi difficilmente percepibili a causa dell attuale suddivisione della collina in campi terrazzati che ha alterato la morfologia originaria del luogo. Le fonti letterarie di età romana forniscono alcune indicazioni, seppure non precise, sulla posizione geografica del santuario. Cicerone (fonte n. 7) afferma che il fanum dedicato a Giunone si trovava su un promontorio (in promuntorio) ma il sito di Tas Silġ non si può certo definire così non lontano dalla città di Melita 2. Più tardi, nel II sec. d.c., l Hraj eræn viene annoverato da Tolomeo tra le principali località dell arcipelago (fonte n. 25); le coordinate fornite dal geografo non sono però corrette, in quanto il santuario verrebbe addirittura a trovarsi in una zona fuori dalla terraferma, in un punto non distante dall isolotto di Filfla 3. L ampio porto di Marsaxlokk, compreso tra i due promontori di Delimara e di Benghjsa e suddiviso dalla penisola di Marnisi in due insenature, ha la caratteristica di avere fondali bassi e di essere ben riparato dai venti, soprattutto dalla tramontana: per questi motivi è stato uno dei più importanti bacini portuali dell isola di Malta fino alla fondazione di Valletta e all allestimento del Grand Harbour ad opera dell Ordine dei Cavalieri. Il profilo attuale della costa non corrisponde a quello antico, sia per i vari interventi antropici susseguitisi nel corso della storia non ultima l urbanizzazione di Marsaxlokk, che oggi è un vivace villaggio di pescatori sia per i depositi colluviali scivolati dai rilievi vicini che hanno peraltro determinato anche un innalzamento delle quote originarie. In alcune fonti letterarie vi sono alcuni accenni ad un porto dell isola di Malta che potrebbero riferirsi a Marsaxlokk. Alla metà del IV sec. a.c., per esempio, lo Pseudo Scilace (fonte n. 1) segnala a Malta un limn, identificabile verosimilmente proprio con l insenatura in questione, che a quel tempo, era la più intensamente frequentata e forse addirittura la più importante dell isola. Sempre il porto di Marsaxlokk è poi, con ogni probabilità, quello ricordato dal geografo arabo Al-Idrîsî in età normanna come sicuro e aperto verso levante 4. 99

2 L arcipelago maltese in età romana e bizantina Particolare della carta geografica di Malta. La zona di Tas Silġ. 100

3 L analisi di due casi maltesi: il santuario di Tas Silġ e la villa di S.Paolo Milqi 5 Nell area di Benghjsa fu scoperto nel 1761 un sepolcro fenicio con iscrizione (Bres 1816, pp ). Resti molto rimaneggiati pertinenti a urne cinerarie furono genericamente segnalati nel distretto di Marnisi (MAR , p. X). Lungo la costa di Marsaxlokk, di fronte a Qraiten Point, sono state, infine, scavate alcune inumazioni in nuda terra che però, secondo recenti studi ancora inediti di N. Cutajar, sarebbero da riferire all epoca del grande assedio dei Turchi (MAR 1960; MAR 1961, p. 5; Cutajar 1997, p. 23; Buhagiar C.M. 2000, p. 45). 6 La ricerca topografica, i cui risultati saranno prossimamente pubblicati, è stata svolta sotto la direzione di E. Giannichedda. 7 Immediatamente a nordovest è presente una cisterna molto ampia, già individuata da Trump (Trump 1972, p. 82), il quale, vista la vicinanza, ne ipotizzò l appartenenza al tempio. 8 Per la bibliografia sulla villa si veda supra par. 4.3., sito n Cfr. supra, par. 4.3., sito n Abela 1647, p. 21 e Bres 1816, p Una grande cisterna coperta da lastre supportate da un pilastro centrale fu scoperta lungo la strada da Zejtun a Marsaxlokk (MAR , pp. IX-X); per il muro Ashby 1915, p Hunt La realtà insediativa ed economica del territorio in cui il centro religioso era inserito risulta ancora poco conosciuta; scarse sono anche le testimonianze funerarie che hanno invece in altre parti dell isola una diffusione più consistente 5. Si sa poco anche dell organizzazione del territorio immediatamente fuori dal temenos santuariale: solo recentemente, nel 1999, nell ambito dei lavori della Missione Italiana, è stata effettuata una ricognizione di superficie sistematica nell area che circonda l attuale recinzione degli scavi, allo scopo di acquisire informazioni sia per la programmazione delle nuove indagini, sia per le disposizioni di tutela 6. È stato verificato che il complesso si estende con le sue strutture sia a nord, sia ad est e che tutt intorno vi è una serie di siti posti a distanze ravvicinate che farebbero pensare a insediamenti rurali strettamente legati al santuario, se non addirittura di proprietà santuariale 7. È probabile che presso l attuale centro di Marsaxlokk sorgesse un agglomerato collegato sia al santuario, che al porto: finora, però, l unica struttura insediativa individuata nell area del centro abitato è un complesso residenziale privato si pensa a una villa marittima- munito di impianto di ipocausto 8. Un altra struttura del genere, dotata di ambiente termale, è stata riconosciuta sulla punta del promontorio di Delimara 9. Nei secoli passati, ad un raggio di pochi chilometri dal santuario, furono effettuati diversi ritrovamenti, di cui si è ormai persa l evidenza, tanto che appare in molti casi difficile risalire alla loro cronologia o funzione. Tra i più significativi ricordiamo, per esempio, una struttura di pietre di smisurata grandezza (forse un edificio preistorico? 10 ) nella penisola di Marnisi, nel luogo chiamato Il Gh ar, alcune cisterne e un lungo muro a blocchi, interpretato come torre o bastione, portato alla luce nel promontorio di Benghjsa 11. Dal punto di vista geologico, la regione è caratterizzata dall affioramento del calcare a globigerina, privo degli strati di argilla e del corallino superiore che nella sequenza maltese generalmente lo ricoprono (figg. 4-5). Nonostante la mancanza di sorgenti e la scarsità di terreno argilloso, l insediamento nel territorio intorno alla baia di Marsaxlokk sembra comunque essere stato favorito, sin dalla preistoria, dalla presenza di alcuni piccoli torrenti: va ricordato in proposito che nella zona si trova l importante sito neolitico di Gh ar Dalam e il villaggio fortificato dell età del bronzo di Borġ-in-Nadur. Per quanto riguarda le caratteristiche dell ambiente e della vegetazione che circondavano l area di Tas Silġ, le recenti indagini sui resti pollinici prelevati proprio da depositi archeologici relativi alla vita del santuario confermano la presenza di pini, olivi, tamerici e ginepri 12, di quelle specie arboree, cioè, tipicamente mediterranee, che originariamente dovevano coprire ampie parti dell arcipelago maltese. Le testimonianze storiche di età moderna e i dati della toponomastica segnalano l intero paesaggio compreso tra Marsaskala e Zejtun come popolato da una florida vegetazione e da pascoli eccellenti; oltre che per la presenza di querce (ancora attestata dal toponimo Il-Ballut), la contrada è ricordata soprattutto per la ricchezza dei suoi oliveti che facevano capo, secondo un antica tradizione di cui Abela è portavoce, al centro rurale di Zejtun, posto a pochissimi 101

4 L arcipelago maltese in età romana e bizantina 13 Abela 1647, pp Nell area di Il Ballut e presso Marsaskala esistevano nel passato stagni di acqua salmastra: si veda in proposito Schembri 2000, p. 107 e Blouet 1964, p Abela 1647, p. 22; la stessa notizia si legge in Ciantar 1772, p Sia Vassallo 1876, pp , che Caruana 1882, p. 10 descrivono le fosse con le superfici calcinate dal fuoco, ma non rivestite di bitume. Il Vassallo non era affatto convinto che la produzione di Zejtun fosse nell antichità così sviluppata da essere destinata all esportazione. I pozzetti figurano nella carta dei ritrovamenti subacquei dell arcipelago, redatta da Scicluna (Cagiano De Azevedo 1965), indicati come submerged oil wells. 15 Per la bibliografia sulla villa si veda supra par. 4.3., sito n Anche per questa villa, si veda supra, par. 4.3., sito n Cfr. supra, par. 4.3., sito n Caruana 1899a, p. 3. Tali resti, interpretati da Caruana come appartenenti ad una fornace greca, sarebbero stati visti nella località Zaghret-Medewiet, prossima a Birżebbuġa; le rovine fenicie non sono dunque quelle di Tas Silġ, bensì quelle che affioravano tra Borġ-in-Nadur e la villa di Tà Kaċċatura, dove lo studioso era convinto si trovasse il tempio di Ercole ricordato da Tolomeo (si veda a questo proposito anche Caruana 1882, p. 17). 19 Si vedano, per esempio, le notizie dei vecchi rinvenimenti subacquei avvenuti nell area di Delimara (MAR 1962, p. 7; MAR 1965, p. 5; MAR 1967, p. 7) e presso la baia di Marsaxlokk (MAR , p. 2; MAR 1965, p. 4). 20 Wettinger 1975, pp ; Idem 1976a, pp e p Qasar ta Deyr L-Imara significherebbe castello o sito fortificato del palazzo, oppure del monastero (deyr/dayr), appartenente al governatoreemiro (L-Imara). chilometri da Tas Silġ 13. Tale tradizione è efficacemente riflessa nello stesso toponimo di origine araba Zejtun, che richiama appunto l esistenza di oliveti. Lo storico Abela afferma anche che l olio della contrada era anticamente esportato fuori dall isola; segnala, infatti, lungo la costa di Marsaxlokk, l esistenza di alcune fosse circolari rivestite di bitume, che erano considerate al suo tempo vasche utilizzate per la conservazione dell olio che si produceva a Zejtun, destinato all imbarco 14. Questa antica tradizione che localizza nell area una fiorente produzione olearia riceve un significativo sostegno archeologico dalla presenza, proprio nel distretto rurale di Zejtun, di una villa di età romana munita di frantoi per la produzione di olio 15. Non si tratta comunque dell unico impianto di questo genere presente nella zona, infatti, spostandosi verso sud-ovest, presso l attuale Birżebbuġa, si trova la villa di Tà Kaċċatura, anch essa dotata al suo interno di strumenti per la spremitura delle olive 16. Un altro frantoio (ora conservato nel Museo di Rabat) è stato scoperto nelle campagne vicino a Marsaxlokk, indizio probabile di un altro insediamento produttivo 17. Si può ragionevolmente supporre che l economia del santuario e, più tardi, anche quella dell insediamento che si stanziò sull altura di Tas Silġ, fosse basata almeno in parte sull olivicultura e sulla produzione olearia. Oltre alle testimonianze che documentano uno sfruttamento del suolo per scopi agricoli, si ha notizia, in questa zona, di impianti artigianali per la fabbricazione di manufatti ceramici. Alla fine dell Ottocento il Caruana, in una brevissima nota, scrisse di aver individuato «presso le rovine fenicie di Marsaxlokk» un officina per la produzione di ceramica: «resti di mattoni e tegole frammentarie, molti tubi di gronda, tre ampie fornaci» e inoltre vasche per la triturazione, la setacciatura e la decantazione dell argilla 18. Anche la grande massa di vasellame votivo e d uso domestico rinvenuta negli scavi di Tas Silġ suggerisce l esistenza, in zone non lontane dal complesso, di officine che producevano ceramica destinata, in gran parte, a sopperire alle esigenze dei frequentatori del santuario. La maggiore potenzialità economica dell area di Tas Silġ-Marsaxlokk è da mettere comunque in relazione con l ampia e comoda insenatura portuale e con le attività che vi si svolgevano: gli stessi fondali della baia continuano a restituire reperti da collegare alla presenza di navi con carichi commerciali 19. La posizione d altura garantiva al santuario un ampio controllo dei movimenti marittimi, rendendolo al tempo stesso ben visibile per chi arrivava dal mare; la relativa distanza dalla costa poteva inoltre agevolare l organizzazione di una difesa in caso di attacchi esterni. Mentre i dati archeologici testimoniano un occupazione della collina, in modo più o meno continuo, fino all età normanna, nei quattro secoli successivi al XII sec. delle sorti del sito di Tas Silġ si perdono notizie. In alcuni documenti notarili databili tra gli anni 1486 e 1503 si legge dell esistenza di una località nominata Qasar ta Deyr L-Imara posta tra Marsaxlokk e la penisola di Delimara, identificabile quindi, probabilmente, proprio con il sito soprelevato di Tas Silġ 20 ; il luogo citato dai documenti è verosimilmente lo 102

5 L analisi di due casi maltesi: il santuario di Tas Silġ e la villa di S.Paolo Milqi 21 Abela 1647, p Secondo Borg 1964, p. 42 il Kasar è da identificare con il sito di Tas Silġ; diversa l opinione di Buhagiar 1997, pp. 3-4, secondo il quale si tratterebbe del complesso formato dal villaggio fortificato di Borġ-in-Nadur e dalle rovine di Tà Kaċċatura. 22 Quintino in Vella 1980, p. 20; Bonanno Quintino e più tardi altri autori (per esempio Abela 1647, p. 171 e Ciantar 1772, p. 493) localizzarono il santuario di Hera-Iuno presso Forte S. Angelo a Vittoriosa. 23 Abela 1647, p Sulle diverse interpretazioni proposte per le rovine di Tas Silġ si veda Borg 1964; Bonanno 1982 e, più recentemente, Buhagiar 1996, p Houel 1787, tav. CCLV, p Mayr 1909, pp Ashby 1915, pp ; il muro dipinto da Houel dovrebbe trovarsi sotto l attuale strada Marsaxlokk - Delimara. 26 Secondo Cicerone, il furto numida sarebbe avvenuto casualmente (quondam) e senza consapevolezza. Busuttil (1970) ritiene giustamente che l irruzione non fosse casuale, ma facesse invece parte di un operazione militare di portata più ampia: Cicerone avrebbe presentato una versione dei fatti deformata, col proposito di accentuare la colpevolezza di Verre. stesso ricordato più tardi da Abela con il toponimo arabo Kasar 21. Non è difficile immaginare che i Musulmani riconobbero nel sito di Tas Silġ, ubicato in posizione strategica a dominio della baia e occupato dai Bizantini, le caratteristiche di un castello/fortezza. Nel XVI sec. l area circostante il porto di Marsaxlokk doveva presentarsi disseminata di molti resti di strutture antiche: oltre a quelle di Tas Silġ, ancora ben riconoscibili, vi erano anche, a circa due Km, quelle di Borġ-in-Nadur (sito fortificato con mura megalitiche) e della villa romana di Tà Kaċċatura. Quintino parla di rovine estese per un circuito di tre miglia e più, poste nell angolo dell isola chiamato Euri Portus (ovvero il porto di sud-est, quindi a Marsaxlokk), identificandole con le vestigia del tempio di Ercole 22. I tre nuclei di strutture, quindi, dovevano apparire come un unico complesso indifferenziato. Che nella località di Tas Silġ vi fossero strutture antiche sepolte non fu mai dimenticato neanche negli anni successivi. Abela fu il primo studioso a intuire che le rovine non erano pertinenti ad un unico complesso, distinse, infatti, i resti di Borġ-in-Nadur da quelli di Tas Silġ, confermando solo per questi ultimi l identificazione con il santuario di Ercole 23. Secondo quanto riferisce lo stesso Abela, nel Seicento il sito detto Kasar era frequentato da tombaroli alla ricerca di tesori nascosti; sempre nella stessa epoca, o poco più tardi, esso fu occupato da alcune fattorie rurali costruite in parte con i blocchi delle murature antiche. Alla metà del secolo fu edificata la chiesa dedicata a S. Maria. Le attività praticate nell ambito delle opere agricole danneggiarono notevolmente nel corso del tempo gli antichi edifici e le stratificazioni. Ancora alla fine del Settecento, comunque, emergevano a Tas Silġ resti di una certa evidenza, tanto è vero che il pittore Houel dipinse nel sito un bel muro a blocchi squadrati, lungo 100 piedi e conservato per quattro filari 24. Ai primi del Novecento lo studioso tedesco Mayr, descrivendo le strutture affioranti sulla collina, segnalò ancora la presenza di elementi architettonici e scultorei, ma lo spoglio degli edifici era ormai talmente spinto che lo stesso Mayr e più tardi l archeologo inglese Ashby riuscirono a identificare del muro dipinto da Houel solo le fondazioni, appena rintracciabili lungo la strada Le notizie delle fonti Il santuario maltese di Era/Giunone è noto nella storia soprattutto per le notizie riportate da Cicerone nelle Verrine circa alcuni episodi di saccheggio che si verificarono nel complesso sacro nel corso della sua esistenza; i racconti dell oratore, sebbene gonfiati dall enfasi dell accusa, dovrebbero riferirsi a fatti realmente accaduti. Il primo racconto (ripetuto poi da Valerio Massimo) (fonti nn. 8 e 19) riguarda il furto, da parte di un ammiraglio del re Massinissa, di alcune colossali zanne d avorio che erano conservate nel santuario. L episodio va collocato nell arco temporale in cui il sovrano numida restò al potere (ovvero tra la fine del III sec. a.c. e gli inizi del II sec. a.c.) ed è verosimilmente da considerare una vera e propria rappresaglia contro il santuario nell ambito del conflitto numida-cartaginese iniziato dopo la fine delle seconda guerra punica 26. In realtà, alla fine, non si trattò di un vero e proprio saccheggio dal momento che 103

6 L arcipelago maltese in età romana e bizantina Massinissa, resosi conto del misfatto compiuto dal suo ammiraglio, volle restituire prontamente il maltolto. Diversamente dal sovrano numida si comportò più tardi Verre, il quale non mancò di esercitare, tramite i servi a lui sottoposti, la sua rapace cupidigia perfino in operazioni d oltremare: secondo Cicerone, egli osò colpire il venerando e rispettato santuario di Giunone di Malta, mai toccato prima neanche dai nemici, spogliandolo radicalmente dei suoi oggetti preziosi, delle statue e delle sue sostanze, al punto da non lasciarvi più niente (nihil reliquisse). Dalle parole di Cicerone sembra di intuire che i conflitti militari avvenuti nell ambito delle guerre puniche (che, almeno nella prima fase, sappiamo da Nevio e Orosio, comportarono devastazioni generalizzate in tutta l isola) non coinvolsero in alcun modo il santuario, probabilmente in virtù del fatto che gli stessi Romani ne riconoscevano la sacralità e l importanza. Identico atteggiamento di rispetto, secondo Cicerone, ebbero i pirati che addirittura erano soliti svernare nella baia sotto il tempio, senza arrecare a questo alcun danno: la notizia connota il fanum di Giunone come un luogo di potere, lasciando trapelare, come si è già accennato nel par , possibili connessioni tra il santuario stesso e le azioni di pirateria Gli scavi archeologici 27 MAR, , p. V; Borg 1964, p I rimaneggiamenti provocati dagli interventi agricoli sono segnalati anche dalla dispersione di frammenti dei medesimi reperti ceramici in zone assai distanti (Missione 1970, p. 43). Nel 1923, nella località prossima alla chiesa della Madonna delle Nevi, furono casualmente riportate alla luce le fondazioni di un ampio edificio associate a vari frammenti di ceramica romana 27. Nel 1934 il Museo di Malta effettuò alcuni sondaggi, ma le indagini sistematiche nel sito iniziarono solo quaranta anni dopo. Come già anticipato nella premessa al volume, nel 1963 la ricerca a Tas Silġ è stata affidata alla Missione Archeologica Italiana (diretta a quel tempo da M. Cagiano De Azevedo, affiancato da A. Ciasca), che vi ha condotto continuativamente otto campagne di scavo, fino al Il rinvenimento di migliaia di iscrizioni su ceramica, con dediche in punico ad Astarte e alcune in greco a Era, ha confermato l identificazione del complesso con il santuario ricordato da Cicerone e Tolomeo. Realizzati con campagne rapide e poche risorse finanziarie, gli interventi della Missione hanno interessato un area molto ampia (la superficie esplorata è di circa 9000 mq) con l obiettivo di portare alla luce le strutture del santuario e individuarne l estensione (fig. 22). In questa prospettiva, lo scavo è in gran parte consistito nella rimozione del terreno superficiale che ricopriva muri e pavimenti delle fasi più tarde del complesso, uno strato molto rimaneggiato dai lavori agricoli e dalle trincee di asportazione dei blocchi murari praticate fino a tempi recenti 28. Per leggere l intera sequenza stratigrafica fino alla roccia sterile sono stati realizzati alcuni limitati sondaggi presso il cortile nord, mentre, per verificare le caratteristiche dei depositi ellenistici e arcaici, si è provveduto a scavare i riempimenti di due altari (4 e 38) e parte dell imponente scarico votivo posto nell area sud (formatosi tra VI e III sec. a.c.). 104

7 22. - Le strutture dell area archeologica di Tas Silġ (rielab. da Missione 1970). 29 Poiché l interro che ricopriva le strutture della parte centrale del santuario aveva uno spessore di appena 30/50 cm, è molto difficile che in questo settore la stratificazione archeologica si fosse conservata intatta; nelle aree più periferiche, a nord e sud, invece, dove tale strato raggiunge uno spessore anche superiore al metro, è possibile che vi fossero livelli d uso, fosse, o strutture deperibili che non sono stati riconosciuti. Esistono comunque proprio in queste zone ampie parti ancora da indagare dove, nelle prossime campagne, sono previsti dei controlli stratigrafici finalizzati alla comprensione delle fasi più tarde. 30 Dal 1996 la prosecuzione dello scavo di una parte dell area sud è stata affidata al Department of Classics and Archaeology of the University of Malta, sotto la direzione di A. J. Frendo e di A. Bonanno; per i risultati preliminari delle indagini, si veda Frendo, Bonanno 1997; Bonanno, Frendo Oltre ai volumi Missione , vi sono i vari contributi di A. Ciasca citati in bibliografia e, per i risultati delle ultime campagne, Ciasca, Rossignani Lo scavo ha interessato anche una serie di livelli relativi alla frequentazione di età bizantina e medievale presenti in alcuni vani della zona settentrionale del santuario, permettendo una prima valutazione delle fasi più tarde di occupazione. I lavori di Tas Silġ sono stati eseguiti da manodopera edile reclutata sul posto senza seguire le regole del metodo stratigrafico, che del resto in quegli anni non era ancora adottato sistematicamente. Nonostante l attenta stesura dei giornali di scavo e il rigoroso recupero dei reperti, non si esclude che alcune realtà archeologiche non siano state correttamente identificate o che alcune informazioni siano andate perdute 29. Oggi appare superato anche il metodo adottato nella registrazione dei dati (i giornali di scavo) e nella documentazione grafica; con la ripresa delle indagini si sta pertanto riesaminando, alla luce delle metodologie più aggiornate, la cospicua documentazione prodotta nelle vecchie campagne di scavo. Dopo le pubblicazioni preliminari che hanno fatto celermente seguito alle otto campagne, l esiguità e poi la totale assenza di finanziamenti non hanno permesso la prosecuzione dei lavori sul campo e l elaborazione sistematica dei dati; negli anni successivi al 1970 lo studio del santuario è stato portato avanti soprattutto da A. Ciasca che si è concentrata in particolare sui reperti di età fenicio-punica e sulla definizione delle fasi architettoniche del complesso. Nel 1995 le indagini della Missione Archeologica Italiana a Tas Silġ sono riprese con un progetto che prevede controlli stratigrafici nei punti-chiave del sito, lo studio dei contesti e dei reperti dei vecchi scavi confortato dai dati stratigrafici più recenti, nonché il restauro delle strutture per la fruizione dell area archeologica 30. Attualmente, quindi, l analisi del complesso e delle sue fasi di frequentazione è in corso di elaborazione da parte degli studiosi della Missione e i dati che qui si riportano sono da ritenersi preliminari. In questa sede si accennerà solo brevemente alle principali trasformazioni del complesso di Tas Silġ, rimandando per descrizioni più puntuali, ai Rapporti di scavo pubblicati della Missione e ad alcuni contributi più recenti

8 L arcipelago maltese in età romana e bizantina Il tempio fenicio di Tas Silġ: proposte di ricostruzione (rielab. da Ciasca e 1999). L età fenicio-punica Il complesso è l esito di diverse attività costruttive susseguitesi sulla sommità e sui due pendii nord e sud (quest ultimo piuttosto ripido) della collina rocciosa, la quale ha finito con l assumere proprio per gli spianamenti edilizi praticati sul punto più alto della dorsale una morfologia pianeggiante. Le più antiche strutture sono pertinenti ad un complesso templare megalitico dell età del rame ( a.c., fase di Tarxien), articolato in più edifici e frequentato, a giudicare dai reperti ceramici, ancora nell età del bronzo finale (fase tarda di Borġ-in-Nadur e di Bah - ria), con trasformazioni che sono ancora largamente sconosciute. Molti elementi strutturali di tale complesso affiorano, livellati e reimpiegati in vario modo, in diversi punti del santuario e sulle pendici della collina. Le evidenze archeologiche confermano che lo stanziamento dei Fenici a Tas Silġ si verificò verso l ultimo quarto dell VIII sec. a.c. Presso una delle absidi megalitiche del tempio preistorico ancora ben conservata in alzato essi fondarono un santuario dedicato ad Astarte che comprendeva, davanti al sacello vero e proprio (fig. 23), un ampio spazio con strutture in legno impiantate direttamente sulla roccia. Il riutilizzo della struttura religiosa indigena da parte delle genti fenicie ha attratto l attenzione di numerosi studiosi interessati a ricostruire le relazioni che si instaurarono tra i nuovi coloni orientali e il gruppo indigeno di Malta: alcuni hanno sostenuto che i Fenici si insediarono nel sito quando ormai era disabitato, sfruttando le vecchie strutture che vi si trovavano senza però riconoscerne il significato, né tanto meno la sacralità; altri hanno invece visto nel fenomeno il 106

9 L analisi di due casi maltesi: il santuario di Tas Silġ e la villa di S.Paolo Milqi 32 L ipotesi di uno hiatus a Tas Silġ, tra l età del bronzo e l occupazione fenicia, è sostenuta, tra gli ultimi, da Brusasco 1993; Buhagiar 1996, p. 7; Vidal González A favore della continuità insediativa, si vedano invece le osservazioni di Ciasca 1982 e 1992, p Cfr. la proposta ricostruttiva avanzata da A. Ciasca (Ciasca ; Eadem 1999) sulla base dei frammenti architettonici. 34 Sugli altari di Tas Silġ si veda lo studio di Ciasca Non si esclude che sul lato sud le strutture fossero finalizzate a sostenere la pendenza del terreno. 36 Si collocano in questo periodo sia la costruzione o restauro di strutture monumentali, sia la realizzazione di nuovi arredi cultuali. L area sud, dove non si è riconosciuto alcun elemento strutturale di epoca arcaica, sembra adibita in questo periodo a zona di scarico dei resti sacrificali. 37 Nello spazio del cortile centrale, ancora occupato da strutture e installazioni sorte nelle epoche precedenti, compare una stoà isolata. L area sud continua ad essere utilizzata come zona di scarico almeno fino al III sec. a.c.; tale attività cessa allorché vengono edificati gli ambienti. Nell area nord, sembrano riconducibili a questo arco cronologico gli altari, le pavimentazioni del cortile e il grande canale ch. 38 Ciasca Schembri 2000 e Hunt La presenza di anfore Dressel 1 sotto i piani pavimentali riconduce senza dubbio a questo periodo. segno di una continuità insediativa, se non di una vera e propria convivenza, tra la popolazione locale e i nuovi arrivati 32. Le evidenze restituite dai recenti scavi su più fronti strutturale, stratigrafico, ceramologico rendono assai probabile quest ultima ipotesi, suggerendo per l età di transizione tra il bronzo finale e la prima età del ferro una realtà culturale ricca di interazioni e di contatti reciproci. La crescita del santuario fu progressiva ed ebbe nel tempo un espansione oltre che a ovest (davanti cioè alla facciata), anche nelle fasce periferiche laterali poste a nord e a sud. Nel corso dell età arcaica il tempio fu sottoposto ad interventi di regolarizzazione e rettifica, con la comparsa, a chiusura della facciata curvilinea, di due ante terminanti con pilastri 33 ; la zona davanti all edificio, intanto, continuò a configurarsi come uno spazio aperto (ad un certo punto anche pavimentato e recintato), in cui andarono progressivamente accumulandosi strutture di vario genere legate al culto e installazioni votive a sviluppo verticale (come cippi, betili, ecc.). Nella cintura settentrionale del santuario trovarono posto ambienti e installazioni legati alle pratiche di culto (come altari 34, cisterne, vasche), mentre in quella meridionale, vani con diverse funzioni di servizio e spazi adibiti allo scarico di resti sacrificali. Il luogo di culto, già a partire dall età ellenistica, venne circondato da mura dotate di elementi aggettanti nei quali si è proposto di identificare dei contrafforti di sostegno o più probabilmente delle torri 35. I dati stratigrafici e gli elementi di decorazione architettonica permettono di distinguere nel complesso almeno due principali fasi costruttive, la più antica delle quali è databile tra VI e V sec. a.c. 36, la successiva in un periodo collocabile tra IV e II sec. a.c. 37. Nel tardo periodo punico il santuario di Tas Silġ doveva aver acquisito un aspetto architettonico di tipo misto analogo a quello di altri complessi punici dell area nord-africana e del Mediterraneo occidentale, caratterizzato dall impiego contestuale di elementi decorativi di tradizione diversa, sia dell area fenicia, sia degli ordini classici 38. Le recenti ricerche di archeologia ambientale condotte da studiosi dell Università di Malta su campioni pollinici prelevati da depositi di età fenicio-punica hanno apportato dati di grande interesse per la configurazione naturalistica del santuario; le analisi hanno rivelato, oltre a erbe, alberi e arbusti tipici dell habitat maltese-mediterraneo, alberi di specie alloctone (quali per esempio noci e noccioli) e fiori che farebbero pensare, tra le varie ipotesi, alla presenza nell area del tempio di zone boschive e giardini, arricchiti dalla presenza di acqua corrente: da fontane, quindi, o piccoli ruscelli 39. L età romana Le strutture del santuario si presentano oggi al visitatore nelle forme della ristrutturazione architettonica che fu realizzata, secondo le recenti indagini, tra la fine del II sec. a.c. e il I sec. a.c. 40. Lo scavo stratigrafico in corso sta mettendo in luce proprio le attività e le dinamiche del cantiere di questo periodo: tutte le strutture che nelle precedenti fasi si erano progressivamente addensate 107

10 L arcipelago maltese in età romana e bizantina Chiesa di Tas Silġ: proposta di ricostruzione (rielab. da Missione 1967). 41 Ciasca, Rossignani 2000, p Doveva esistere nel santuario anche un monumento decorato da un fregio marmoreo con un rilievo egittizzante pubblicato da Ciasca 1968, p. 17, pl. 14, 3. In un recente studio A. Bonanno (Bonanno 1998) ne ha proposto una cronologia nella prima età imperiale e la pertinenza ad un altro frammento conservato in una collezione privata a Zejtun. davanti al tempio un portico isolato, un piccolo edificio quadrangolare, una probabile fontana monumentale ed ex-voto di vario genere (cippi, betili, altari, statue) subirono delle trasformazioni in vista della realizzazione di una piazza chiusa su quattro lati da portici dorici a doppia navata pavimentati in cocciopesto, che sul lato immediatamente antistante il tempio adottavano capitelli di ordine corinzio. L ingresso della piazza fu posto in asse con la facciata dell antico edificio. L intervento fu finalizzato a unificare le diverse strutture sorte fino a quel momento in un impianto rigidamente centralizzato e simmetrico. Nelle scelte architettoniche e progettuali la ristrutturazione appare in linea con altri interventi documentati in area mediterranea volti alla monumentalizzazione in forme ellenistiche di vecchi luoghi di culto: il santuario maltese riflette in questo senso le scelte di una committenza colta e di maestranze informate sui modelli e i sistemi decorativi in auge tra la fine del II sec. a.c. e il I sec. a.c. 41. È probabile che, contestualmente alla sistemazione della zona centrale, alcune trasformazioni furono apportate anche alle strutture delle fasce periferiche (nord e sud), ma queste risultano, in mancanza di analisi archeologiche dettagliate, di difficile comprensione. L assetto architettonico raggiunto in età tardorepubblicana non sembra nella sostanza esser stato alterato nei tempi successivi, sebbene alcune murature mostrino diversi segni di rifacimento e vi siano in alcuni vani sovrapposizioni di più piani pavimentali. Alcuni frammenti di capitelli in marmo databili nell arco dei primi due secoli dell età imperiale, rinvenuti nel corso delle vecchie campagne, testimoniano la realizzazione di nuovi interventi decorativi o restauri in singole parti del complesso 42. Dopo l abbandono del santuario: la frequentazione in età tardo-antica ed alto-medievale Dopo l abbandono del santuario, vennero apportate delle modifiche costruttive in quella che era la parte centrale del complesso (la cella absidata e l antistante cortile lastricato). Particolarmente significativa del cambiamento di funzione dell edificio è la realizzazione all interno della cella, di una vasca quadrangolare rivestita di lastre, recintata e circondata da una pavimentazione di tarsie marmoree, interpretata da Cagiano De Azevedo come fonte battesimale. Ipoteticamente tale struttura è stata collegata ad una chiesa (fig. 24) che si 108

11 L analisi di due casi maltesi: il santuario di Tas Silġ e la villa di S.Paolo Milqi 43 Cagiano De Azevedo 1966a, pp ; Idem 1968, pp ; Idem Per una revisione critica della ricostruzione proposta da Cagiano si veda il contributo di Buhagiar 1996, pp A favore di una cronologia più avanzata si è espresso Luttrell 1984, p. 127; Idem 1991, p Ciasca, Rossignani 2000, pp Le monete sarebbero penetrate in questa vasca attraverso un foro per lo scarico dell acqua presente nella vasca superiore. 46 Per un anticipazione dello studio numismatico si veda Perassi 2002: le monete sono di cronologia diversa (si datano dal IV sec. alla metà del VI sec.). L elemento più recente è un tremisse aureo di Costantino IV coniato tra gli anni dalla zecca di Siracusa. 47 Si legge infatti nei Rapporti di scavo che in più punti del complesso erano presenti strutture caratterizzate da murature assai rozze e pavimenti ridotti a detriti (Area 35: Ciasca 1966, pp ), senza un apparente collegamento tra loro; definite resti di capanne o casupole, sono state talvolta attribuite genericamente al periodo arabo (Cortile 8: Ciasca 1967, pp ; Eadem 1969, p. 30). 48 La distribuzione delle anfore e della sigillata africana conferma la frequentazione di alcune aree del complesso in età bizantina: tra queste vi sono i vani 3, 3A e 14, costruiti probabilmente nella fase punico-ellenistica, ma con tracce di riutilizzo (livelli d uso e pavimenti in terra battuta), e sistemazioni strutturali tarde di carattere rustico-artigianale (Ciasca 1965, pp ; 52; Eadem 1966, pp. 26 e 31; Eadem 1969, pp ), i vani 7-13, e 37 (area a est dell altare 4). Un altra zona ricca di ceramica di questo periodo è quella definita area 35, comprendente tutto lo spazio tra gli ambienti 34 e 37 e il fianco nord dell abside preistorica; le informazioni sulla stratificazione di quest asarebbe impostata sulle strutture del vecchio cortile centrale del santuario, continuandone in un certo senso l antica tradizione sacrale. L edificio di culto sarebbe stato caratterizzato da un articolazione tripartita, dalla presenza di una schola cantorum con i banchi presbiteriali nella navata centrale e di una mensa per altare al centro dell abside 43. Sulla base di confronti planimetrici e tipologici la vasca è stata attribuita da Cagiano al tardo IV sec.- inizi V sec., datazione che è sembrata troppo precoce ad altri studiosi, che hanno invece suggerito il tardo V sec. o addirittura il VI sec. 44. Nell ambito della campagna di scavi 1999 la vasca è stata oggetto di un accurata analisi stratigrafica nel corso della quale è venuta alla luce un altra vasca sottostante riempita da un accumulo di 275 monete 45 : lo studio di questo interessante contesto, attualmente in corso, permetterà nuove valutazioni sulla data di costruzione della struttura e sulle sue fasi e modalità di utilizzo 46. Anche altre parti del complesso, nelle zone nord e sud, mostrano tracce di frequentazione successive alla vita del santuario: alcune strutture vennero riutilizzate mentre altre furono costruite ex-novo, forse in materiale deperibile o comunque con murature di scarsa consistenza, tanto da risultare di difficile individuazione 47. Anche la notevole quantità di reperti ceramici d uso domestico e commerciale 48 segnala che nell area del vecchio santuario venne a impostarsi un abitato che fu, probabilmente, vista la contiguità, in stretta relazione con l edificio di culto cristiano. Cagiano De Azevedo ha ipotizzato la presenza di una comunità monastica sfuggita alle persecuzioni religiose, inquadrando il caso di Tas Silġ nel più generale fenomeno dell immigrazione dall Africa e dall Oriente delle comunità religiose, profughe, tra V e VI sec. per le persecuzioni dei Vandali e, più tardi, a partire dalla metà del VII sec. per le invasioni arabe 49. Il sito di Tas Silġ continuò, anche in età bizantina, ad avere l aspetto di un complesso murato, che anzi venne addirittura rinforzato, sul lato verso il mare, dalla costruzione di una torre la cui tecnica edilizia si incontra a Malta in altre murature di contesti databili tra VIII e IX sec. 50. Tale struttura di fortificazione potrebbe essere stata realizzata proprio durante il periodo di tensione che si diffuse nell area del Mediterraneo centrale e nello stesso arcipelago maltese per l incalzare delle rappresaglie arabe. Abbiamo già sottolineato che ancora in età medievale il sito di Tas Silġ doveva presentarsi come un luogo fortificato, tanto che comprensibilmente gli Arabi ne ebbero la percezione di un kasar. rea sono in parte perdute, anche se è probabile, come si legge negli stessi Rapporti di scavo (Ciasca 1967, pp. 26 e 27; Eadem 1972, p. 24), che fossero presenti delle strutture (murature assai rozze e pavimenti rovinati) ed uno scarico di materiali. Altre concentrazioni sono state individuate all interno dell abside 40 (in relazione con il presunto fonte battesimale), e nell area sud, proprio in corrispondenza della struttura di fortificazione realizzata probabilmente in età bizantina. 49 Si vedano in proposito le considerazioni di Cagiano De Azevedo 1966b, pp (secondo il quale una frequentazione monastica di profughi avrebbe interessato anche il sito della villa di S. Paolo Milqi); inoltre, sulla possibile presenza di emigrazioni orientali a Malta, si cfr. Luttrell 1984, pp Caprino 1973, pp. 52 e ss. La tecnica muraria di questa struttura è confrontabile, per esempio, con quella del muro di cinta di età bizantina individuato a Mdina, presso Palazzo Xara (Bruno, Cutajar 2002, pp ). 109

12 L arcipelago maltese in età romana e bizantina Per ricostruire la storia di Tas Silġ in età arabo-normanna, non si dispone di altra evidenza se non della ceramica; è per questo motivo, in mancanza cioè di altri riscontri archeologici, che le ipotesi ricostruttive di Cagiano de Azevedo relativamente all assetto del sito dopo l età bizantina sono state molto criticate: lo studioso ha proposto di riconoscere la presenza di una moschea araba nell area della cella preistorica, in posizione prossima al fonte battesimale e, più tardi, in età normanna, di una piccola cappella cristiana nell area nord Attività ed economia 51 Cagiano De Azevedo 1975, pp Lo si deduce da alcuni documenti epigrafici di II sec. a.c. relativi ai conti di gestione della cassa del santuario: Bruneau 1979, pp Bonanno 1992, p. 75; sulla coppa, definita dallo studioso simile a quelle rinvenute nel santuario di Tas Silġ, non è stata finora fornita alcuna informazione più puntuale. 54 Rougé 1966, p Per l ampio repertorio epigrafico restituito dalle ceramiche votive di Tas Silġ si rimanda ai Rapporti preliminari e ai recenti contributi di Amadasi Guzzo 1993; Amadasi Guzzo c.d.s., e alla sintesi della stessa in Ciasca, Rossignani 2000, pp In attesa che le indagini archeologiche, tuttora in corso, facciano emergere nuovi elementi di valutazione, si cercherà, sulla base dei dati finora acquisiti, di fare il punto sulle attività e l organizzazione economica del sito di Tas Silġ durante la frequentazione santuariale di età romana, fino all età bizantina, quando il sito, come abbiamo visto, fu rioccupato. Sull organizzazione del territorio esterno al temenos (e probabilmente di pertinenza del tempio) e sulla sua organizzazione economica mancano informazioni puntuali. Prendendo come ipotetico modello di riferimento per Tas Silġ il più noto santuario insulare di Delo, è interessante ricordare che questo, pur fondando la massima parte della sua economia sui traffici commerciali, riceveva delle entrate anche dalle attività agricole che si svolgevano nei giardini coltivati e nelle fattorie poste in aree limitrofe 52. Anche presso Tas Silġ esistevano come le recenti indagini topografiche hanno rivelato fondi e insediamenti rurali la cui economia era probabilmente connessa al grande santuario maltese; questi potrebbero aver basato la loro attività sulla fiorente coltivazione di ulivi, segnalata, come abbiamo visto, anche dall esistenza di impianti per la produzione olearia. Resta da capire a questo proposito il significato del rinvenimento, nella villa di Zejtun, posta a pochissimi chilometri da Tas Silġ, di una coppa con iscrizione dedicata ad Astarte 53, evidenza che parrebbe avvalorare l ipotesi di una relazione tra la villa e il luogo di culto. Non furono verosimilmente estranee al santuario maltese tutte quelle attività economiche collegabili con la frequentazione religiosa e cultuale, quali la vendita di oggetti e la fornitura di servizi legati all ospitalità e all approvvigionamento dei fedeli. Come la sua stessa posizione topografica suggerisce, il complesso dovette però avere un ruolo economico rilevante soprattutto per il controllo delle attività marittime e delle operazioni di scambio. Posto su un promontorio elevato sul mare e fortificato, esso presentava, inoltre, le caratteristiche ideali di base logistica per le azioni di pirateria 54 a danno delle navi avvistate a distanza: un rapporto pacifico si instaurò non a caso tra il fanum e i pirati, tanto da non fare escludere che una delle prerogative del santuario fosse proprio il controllo della pirateria o la compartecipazione a tale attività. La realtà archeologica che gli scavi restituiscono, tuttavia, non esprime con sufficiente evidenza l importanza e il potere del santuario: il complesso si mostra infatti povero di offerte che non siano ceramiche di produzione locale, presenti queste, con e senza iscrizioni, in quantità davvero notevoli 55. Mancano 110

13 L analisi di due casi maltesi: il santuario di Tas Silġ e la villa di S.Paolo Milqi 56 Una situazione simile a quella di Tas Silġ è stata registrata anche nel santuario di Poseidone a Isthmia, dove, in età romana, risulta predominante la ceramica utilitaria e domestica, mentre mancano oggetti di tipo votivo; secondo l interpretazione di Hayes (1993) il materiale votivo del santuario fu probabilmente rimosso dal sito, in concomitanza con il declino e poi abbandono del culto. 57 Schembri 2000; Corrado Le monete dei vecchi scavi, di cui si è data solo in minima parte notizia nei volumi della Missione, sono ora in corso di studio sistematico da parte di C. Perassi. Più promettente la realtà numismatica che va emergendo dai nuovi scavi stratigrafici: si veda supra, p Pur in assenza di calcoli, è comunque quanto mai evidente come le ceramiche di produzione locale (prevalentemente piattelli), con e senza iscrizioni, abbiano a Tas Silġ una percentuale di presenza altissima, sino almeno all inizio dell età imperiale. ex-voto, donativi, monumenti con iscrizioni ed altre evidenze in grado di segnalare le modalità in cui si esprimevano le forme del culto e di rivelare, quindi, le potenzialità economiche dei devoti. Le cause di questa apparente povertà non sono facili da individuare, ma è probabile che esse siano, almeno in parte, da ricercare nei saccheggi e nelle spoliazioni a cui il santuario fu sottoposto, a più riprese e in tempi diversi (anche recenti) 56. L esame dei resti faunistici, già avviato dall équipe dell Università di Malta sui depositi del grande scarico dell area sud del santuario 57, offre informazioni assai promettenti per ricostruire il panorama dei consumi e delle offerte e per risalire alle attività collegate all approvvigionamento del cibo. Interessanti sono per esempio i dati relativi agli eccezionali consumi di molluschi marini appartenenti a specie tipiche delle scogliere rocciose e di ambienti con acque salmastre stagnanti, luoghi che si trovavano in zone prossime al complesso. Allo stato attuale, per comprendere il ruolo economico del santuario ci si deve però basare prevalentemente sui reperti ceramici e, in particolare, per valutare l entità di eventuali relazioni di scambio, sulle ceramiche di importazione. Ad eccezione del consistente gruppo di monete rinvenuto nella vasca battesimale, a cui si è già accennato, poco significativa è per il resto la quantità di reperti numismatici finora rinvenuti nel sito, in gran parte riferibili a zecche puniche di età ellenistica e poco utilizzabili, quindi, per la ricostruzione del quadro della circolazione in età romana 58. Per quanto riguarda i reperti ceramici, si deve sottolineare che il panorama di Tas Silġ si mostra quantitativamente assai ricco, ma poco articolato quanto a composizione: il vasellame attestato nel santuario è in gran parte costituito da piattelli votivi e ceramiche comuni d uso domestico. Le importazioni, sia nelle fasi di vita del santuario, che più tardi, durante l occupazione di età bizantina e alto-medievale, consistono prevalentemente nelle anfore da trasporto, mentre risultano scarse altre classi ceramiche, la cui presenza non solo contribuirebbe ad una ricostruzione più completa degli scambi, ma fornirebbe, tra l altro, utili elementi di datazione. Le anfore detengono nella tarda età repubblicana e nella prima età imperiale quasi un vero monopolio, mentre nella media/tarda età imperiale e in età bizantina esse raggiungono una percentuale che sembra aggirarsi tra il 70% e l 80%, se non di più. Si deve però sottolineare che oltre allo studio sistematico delle anfore, realizzato nel contesto di questa ricerca, non è stata ancora affrontata alcuna altra indagine sui materiali, almeno dell epoca qui presa in considerazione: non disponiamo, dunque, al momento, di un quadro tipologicamente e cronologicamente ben definito dell intero panorama ceramico, né conosciamo con precisione i rapporti quantitativi intercorrenti tra le diverse classi 59. In età tardo-repubblicana sono presenti, ma con pochissimi esemplari, sia la ceramica a vernice nera Campana (produzioni A e C), che alcuni vasi a pareti sottili di produzione non maltese, non meglio identificata. A fronte di questa scarsità di importazioni risultano invece avere una maggiore diffusione le imitazioni locali, sia di forme tipiche della vernice nera, sia delle pareti sottili (prevalentemente le forme Lamboglia 5 e Marabini VII e XXV). 111

14 25. - Anfore di Tas Silġ suddivise secondo fasce cronologiche (valori percentuali) Anfore di Tas Silġ in età tardo-repubblicana, suddivise secondo le aree produttive (valori percentuali) Anfore di Tas Silġ nella prima età imperiale, suddivise secondo le aree produttive (valori percentuali). 112

15 L analisi di due casi maltesi: il santuario di Tas Silġ e la villa di S.Paolo Milqi 60 Tra gli esemplari in terra sigillata si segnalano un vaso globulare di produzione norditalica bollato da L. Sarius Surus (Stenico 1965) e alcuni frammenti di aretina con i bolli SABIO L.VMB e C. IVL (Missione 1970, p. 29). 61 Alcune lucerne africane sono pubblicate in Missione 1963, fig. 17, 4; fig. 24, 3-4; Missione 1964, fig. 49, 1-2 e 4; Missione 1966, tav. 25, Missione 1964, tav. 25, 2; Missione 1965, tav. 9, 1-2. Tra le lucerne di forma Atlante X è probabile che vi siano imitazioni siciliane. 63 Non escludiamo però che la strategia di scavo, che finora ha privilegiato soprattutto la stratificazione più recente del santuario, abbia condizionato il tipo di distribuzione qualitativa e quantitativa dei reperti: si deve ricordare in proposito che le fasi più antiche del complesso precisamente quelle che precedono la ristrutturazione di fine II sec. a.c.- fine I sec. a.c. sono state poco indagate in estensione. 64 La quantità di anfore restituite dai vecchi scavi di Tas Silġ ammonta, contando solo le parti morfologicamente riconoscibili ed escludendo le pareti, a circa 5748 frammenti, pari a 2722 esemplari minimi. Viste le condizioni di estrema frammentarietà del materiale e la mancanza di stratigrafie di riferimento, il criterio più attendibile e obiettivo per le valutazioni quantitative è sembrato quello basato sul solo conteggio degli orli (previa ricerca degli attacchi tra i frammenti). Pur sacrificando le forme che non sono documentate da orli, questo tipo di conteggio offre la possibilità di avvicinarsi al numero minimo dei recipienti rinvenuti. 65 Le anfore, dopo lo svuotamento dei liquidi contenuti, erano normalmente scartate come vuoti a perdere ; in qualità di strumenti utilizzati per il culto potevano però acquistare nel contesto santuariale un valore religioso: questo è confermato da quei casi in cui le anfore Anche nella prima età imperiale il panorama delle importazioni si presenta assai povero: si contano solo sporadici esemplari di sigillata italica (complessivamente, finora, una ventina di frammenti) 60 e qualche lucerna. Dalla media età imperiale fino all età bizantina le importazioni consistono quasi esclusivamente nel vasellame di produzione africana (da cucina e da mensa) e nelle lucerne, per lo più di forma Atlante X-Hayes IIA/IIB 61. Con un numero minimo di esemplari sono attestate anche le lucerne di origine siciliana nelle due diverse tipologie: la forma Bailey Siv, con decorazione a grani di rosario di VI-VII sec., e il tipo ovoidale a ciabatta, caratteristico dell VIII sec. 62. Le ceramiche invetriate rinvenute a Tas Silġ sembrano tutte databili non prima della seconda metà del X sec. e non offrono dunque un supporto utile per la ricostruzione cronologica ed economica delle fasi romane e bizantine. È evidente come in questa situazione le anfore vengano a rivestire un importanza particolare: sebbene esse non rappresentino uno strumento di datazione soddisfacente, nella quasi totale assenza, almeno in determinate fasce temporali, di altri elementi datanti, la loro presenza risulta fondamentale proprio per scandire la cronologia delle fasi di frequentazione del luogo di culto e per coglierne, eventualmente, l importanza e l intensità 63. Permettono inoltre di tracciare un primo quadro delle alterne fortune del santuario e della sua (maggiore o minore) apertura alle relazioni esterne. Per questo motivo, nei paragrafi che seguono, si farà costante riferimento a questa classe ceramica, visualizzando con grafici i risultati dello studio (figg e 29) 64. Le anfore nel santuario: considerazioni sul consumo di derrate e sui meccanismi dello scambio Per comprendere il significato delle migliaia di frammenti di anfore rinvenuti nel fanum di Tas Silġ, è opportuno soffermarsi brevemente sulle modalità con cui in genere avveniva in un santuario il consumo delle derrate e sul meccanismo su cui si fondava lo scambio dei beni, assai differente che negli altri insediamenti. In un luogo frequentato per motivi religiosi il consumo di derrate non era esclusivamente legato ai bisogni alimentari, ma anche alle esigenze del culto: olio e vino facevano, infatti, parte delle offerte sacrificali, delle libagioni e dei pasti rituali 65. A Tas Silġ frammenti di anfore sono presenti nei depositi sacrificali degli altari e nello scarico di oggetti votivi dell area sud: usate evidentemente nell ambito delle attività e dei banchetti rituali, esse risultano essere state poi interrate con tutti gli altri oggetti che erano serviti per il culto. In una zona dell area nord del santuario adibita ad attività di servizio e di sacrificio connesse all uso dell acqua vi si trova, infatti, una cisterna è stato rinvenuto un imponente accumulo quasi interamente, o in massima parte, costituito da strati di anfore tardo-repubblicane (per lo più Dressel 1 e Lamboglia 2). Un accumulo così consistente di recipienti in un area destinata al culto difficilmente risulta sono state rinvenute nelle stipi con tutti gli altri recipienti che erano serviti per il sacrificio. 113

16 L arcipelago maltese in età romana e bizantina 66 Pellegrini 1887, in particolare pp Il formidabile scarico di anfore, molte delle quali databili tra III e I sec. a.c., era noto almeno dal XVI sec. 67 Gli esemplari bollati pubblicati dal Pellegrini sono per lo più anfore di Rodi, greco-italiche, Dressel 1 e Lamboglia Per la notizia dello scarico si veda Tronchetti 1996, p. 501 e bibliografia citata. 69 Sul significato di questa festa (principalmente dedicata a Giove) e sull introduzione del culto di Venere in relazione al vino, si vedano Galinski 1969, p. 36 e Sabbatucci 1988, pp Oltre al testo di Polanyi 1957, si veda anche la rilettura dei modelli di Polanyi realizzata da Peacock,Williams 1991, pp in relazione al commercio di età romana. 71 Sul concetto si veda più in particolare Grottanelli interpretabile come un immondezzaio ; parrebbe piuttosto una sorta di scarico votivo e se così fosse, esso sarebbe il segnale di un notevole consumo di vino nell ambito delle attività religiose. Depositi stratificati di anfore furono rinvenuti anche presso l Aphrodision di Erice, lungo le pendici del monte su cui sorgeva il santuario: secondo la descrizione di Pellegrini della fine dell Ottocento 66, vi erano grandi quantità di contenitori appartenenti soprattutto a tipi vinari accumulati «a strati paralleli alternantisi con depositi di avanzi culinari» 67. Lo studioso ipotizzò che la notevole concentrazione di contenitori fosse da mettere in relazione con la pratica di rituali che prevedevano il consumo di vino. Appare evidente l analogia tra il santuario di Erice e quello di Tas Silġ, entrambi di origine fenicio-punica, con un attiva frequentazione ancora in età romana e con straordinarie evidenze di consumo di vino, soprattutto in età tardo-repubblicana. Ad un probabile culto di Venere, sempre in area di cultura punica e nello stesso periodo, riconduce anche un altro scarico di anfore, più circoscritto, ma comunque significativo, rinvenuto a Cagliari, presso il santuario di via Malta: nelle immediate vicinanze del luogo di culto (precisamente all interno della Cripta di Santa Restituta) è stato portato alla luce un grande accumulo databile tra il II sec. a.c. e il I sec. a.c. composto da anfore (circa 400 Dressel 1 e 200 contenitori di tradizione punica) e da ceramica a vernice nera (Campana A, B e di produzione locale) 68. Nei tre santuari (Malta, Erice, Cagliari), tutti di origine punica e connessi i primi due sicuramente, il terzo con ogni probabilità ad un più antico culto di Astarte (nonostante le diverse interpretazioni, ora con Venere, ora con Giunone), si individua un possibile legame tra il consumo di vino segnalato dalle anfore e la pratica dei riti sacrificali. Un interessante e forse non casuale parallelismo si ritrova a Roma con il culto di Venere Ericina, introdotto nel 181 a.c. in area extra-urbana, al quale era associata, nel dies natalis del tempio dedicato alla divinità, la festa dei Vinalia priora: in quel giorno la festa veniva celebrata proprio con il consumo del vino nuovo di cui si iniziava la vendita 69. La ricostruzione delle dinamiche che regolavano lo scambio dei beni nei santuari è un argomento molto complesso e non è nostra intenzione affrontarlo in questa sede. Ci limitiamo però a sottolineare, facendo riferimento alle forme di integrazione tra economia e società individuate dall antropologo americano Karl Polanyi 70, che gli scambi che si svolgevano nei santuari di epoca storica, come quello di Tas Silġ, potevano rientrare in almeno due dei tre tipi di transazioni riconosciuti dallo studioso: la reciprocità e il mercato. Secondo il primo modello, quello della reciprocità, lo scambio dei beni avveniva secondo il meccanismo del dono implicando un rapporto reciproco tra due soggetti: nel caso specifico, le merci, soprattutto quelle di importazione, potevano essere doni offerti dai fedeli in cambio di altre obbligazioni (ospitalità, protezione, benevolenza divina) 71. Secondo lo scambio di mercato, le transazioni erano finalizzate al profitto e implicavano la determinazione di prezzi e relazioni di mercanteggiamento: in questo caso il santuario poteva acquistare e vendere merci come un qualsiasi altro soggetto. 114

17 L analisi di due casi maltesi: il santuario di Tas Silġ e la villa di S.Paolo Milqi Proprio nell ambito delle relazioni di mercato, grazie alla sua posizione strategica a controllo di un importante insenatura, il santuario di Tas Silġ potrebbe aver svolto la funzione di centro di distribuzione delle merci, sia di quelle di produzione locale (che potevano, tramite il luogo di culto, essere immesse nel mercato), che di quelle di importazione, che a loro volta venivano smistate ad altri insediamenti maltesi e forse anche extra-maltesi. Le evidenze archeologiche restituite da uno dei più importanti santuari mediterranei, quello di Delo, esprimono molto bene il ruolo che un luogo di culto poteva rivestire come centro di smistamento dei prodotti commerciali ancora in età romana. Prendendo sempre come riferimento le anfore, la classe che più di altre reca informazioni sugli scambi, ricordiamo che a Delo, non lontano dall Agorà degli Italiani, sono stati portati alla luce dei magazzini pieni di recipienti vinari di produzione italica destinati, per l appunto, alla vendita e alla diffusione commerciale 72. Ci si domanda a questo punto se anche Tas Silġ, come il noto santuario insulare egeo, ebbe a che fare con il traffico degli schiavi, attività che vide massimamente impegnata la comunità dei Romaioi installati a Delo: si è pensato peraltro che proprio le notevoli quantità di anfore vinarie tardo-repubblicane ritrovate nel santuario egeo fossero le merci date in cambio degli schiavi 73. L età punico-ellenistica 72 Empereur Assai interessante il meccanismo di scambio ricostruito da A.Tchernia per spiegare la grande quantità di anfore italiche presenti a Delo: Tchernia 1986, pp Le notizie riportate da Cicerone nelle Verrine permettono di cogliere l importanza del santuario di Tas Silġ in epoca pre-romana, quando Malta gravitava nell orbita dell influenza punica; la notorietà dell antiquum fanum Iunonis a cui fa riferimento l oratore risale infatti ad epoche ben precedenti l epoca del saccheggio di Verre. Il santuario era rinomato in area mediterranea per le sue ricchezze e, soprattutto, per la grande quantità di ornamenti e statue di avorio. Il saccheggio dell ammiraglio numida, raccontato da Cicerone stesso e più tardi anche da Valerio Massimo, testimonia la presenza nel luogo di culto, tra fine III sec. a.c. e inizi II sec. a.c., di ricchezze ed ex-voto di valore. Le evidenze archeologiche suggeriscono che, nel periodo tra il IV sec. a.c. e il II sec. a.c., il luogo sacro doveva presentarsi come un complesso monumentale di una certa imponenza e con una decorazione ispirata ad una pluralità di modelli stilistici. Tuttavia, oltre che i resti strutturali e gli elementi di decorazione architettonica, il sito non ha restituito altri segni tangibili della ricchezza celebrata dalle fonti: come si è già anticipato, degli ex-voto e dei beni preziosi che il tempio racchiudeva non rimane alcuna traccia, se non piccoli frustoli risparmiati dalle continue spoliazioni. È assai probabile che alla base della prosperità del santuario punico vi fosse l attività commerciale, ma anche di questo aspetto, stranamente, a giudicare dalla ceramica di importazione e dai contenitori da trasporto finora riportati alla luce, rimane solo uno scarso riflesso archeologico. Le anfore di importazione databili prima del IV sec. a.c. sono pochissime, mentre quelle che si datano nel corso del IV sec. a.c. fino alla seconda metà del III sec. a.c. non raggiungono comunque quantità rilevanti. In questo arco cronologico è documentato l arrivo di un certo numero di anfore vinarie dall area greca, magno-greca e siceliota, mentre i contatti con 115

18 L arcipelago maltese in età romana e bizantina l area produttiva nord-africana risultano invece di scarsa importanza. Le attività di scambio sono testimoniate in questo stesso periodo anche dalla presenza, sempre in quantità modeste, di ceramica attica a vernice nera, di ceramica italiota a figure rosse e di produzioni sovradipinte originarie dell area pugliese. Il santuario è interessato da un abbondantissima produzione fittile locale che comprende soprattutto piattelli votivi e pentolame da fuoco entrambi con iscrizioni dedicatorie nonché anfore punico-maltesi. Per avere un quadro attendibile del peso che ebbero, in questo momento, i consumi di derrate importate rispetto a quelle di produzione locale, sarebbe necessario disporre dei dati relativi ai contenitori punico-maltesi. Sebbene questi ultimi non siano stati finora studiati e quantificati in modo sistematico, si ha comunque l impressione che nei contesti di età ellenistica essi siano quantitativamente superiori alle importazioni. Nel periodo tra la fine del III sec. a.c. e il II sec. a.c., quando l arcipelago, conquistato da Roma, entrò progressivamente nella sfera dell influenza romana, sono attestate nel santuario (con una percentuale pari al 3,6% delle presenze complessive) le anfore greco-italiche di tipo tardo e, in minima parte, le anfore di Rodi; i recipienti di produzione nord-africana sembrano rappresentare in questa fase poco più di un terzo delle presenze. Dagli elementi finora disponibili, per i due secoli compresi tra IV e II sec. a.c., il santuario, benché inserito nelle reti commerciali del Mediterraneo ellenistico, mostra un apertura di entità modesta. Ciò potrebbe essere ricollegato agli avvenimenti storici di quel periodo ed in particolare, dalla metà del III sec. a.c., alle guerre puniche che sicuramente dovettero determinare un clima di tensione nell area mediterranea tra la Sicilia e Cartagine e forse anche una contrazione dei traffici. In ogni caso, va tenuto presente che il conflitto romano-cartaginese, secondo Cicerone, non comportò alcun danno per il luogo di culto che rimase, anche negli anni più critici, completamente inviolato. L età tardo-repubblicana La ristrutturazione architettonica del santuario, avvenuta tra la fine del II sec. a.c. ed il I sec. a.c., segnala chiaramente l importanza e il benessere economico di cui godeva in questo momento il centro religioso. Il periodo appare caratterizzato anche da una notevole apertura ai contatti commerciali: le anfore databili in quest arco cronologico raggiungono in assoluto, nell ambito della storia delle importazioni che interessarono il sito di Tas Silġ, le percentuali più alte (pari al 44,8%), risultando di gran lunga superiori alle coeve produzioni locali. Si tratta soprattutto di contenitori vinari (tipi Dressel 1 e Lamboglia 2) provenienti dalle due più affermate aree produttive vinicole dell Italia tardo-repubblicana, la fascia costiera campano-laziale e quella adriatica (fig. 26). La notevole presenza di tali recipienti testimonia una frequentazione piuttosto intensa del santuario, oltre che un altissimo consumo di vino. Suggerisce in ogni caso di riconoscere, tra le attività più importanti, l importazione di merci di prima necessità (quali appunto le derrate alimentari), destinate forse, almeno in parte, ad essere ridistribuite in altri centri. 116

19 L analisi di due casi maltesi: il santuario di Tas Silġ e la villa di S.Paolo Milqi 74 Tronchetti 1996, p Le anfore di probabile produzione maltese (tipo Malta 1) rappresentano solo il 5,4% del totale dei recipienti del periodo e ciò parrebbe indicare che la circolazione e il consumo delle derrate locali furono nel santuario assai limitati. Su altri aspetti dell economia, non legati nello specifico al commercio e al consumo delle derrate alimentari, si può dire ancora poco relativamente a questo periodo. Anche in questa fase, come nelle precedenti, al centro religioso erano collegati degli ateliers per la fabbricazione di ceramica votiva: ancora piattelli, oltre a lucerne e forme chiuse in terracotta grigia metallica ispirate al repertorio delle pareti sottili. Nel complesso, le evidenze monumentali, commerciali e produttive restituite da Tas Silġ suggeriscono che il secolo compreso tra la fine del II sec. a.c. e il I sec. a.c. corrispose per il santuario ad un periodo di particolare fioritura. Non si può fare a meno di chiedersi quali poterono essere le circostanze che determinarono per il complesso religioso tali condizioni favorevoli. Sarebbe fondamentale, a questo proposito, individuare i committenti della ristrutturazione e risalire ai motivi che giustificarono un finanziamento che dovette sicuramente essere cospicuo. I documenti epigrafici, dai quali in genere si traggono informazioni su committenti ed evergeti delle opere architettoniche, nel caso di Tas Silġ mancano e dunque si è costretti a formulare solo delle ipotesi. Si è già sottolineato come i modelli colti a cui la ristrutturazione sembra ispirarsi suggeriscano una committenza di cultura elevata, in grado di scegliere e finanziare un progetto perfettamente consono con le più attuali realizzazioni architettoniche dell epoca; tuttavia non si ha nessuna idea sull origine di tali personaggi: furono ricchi cittadini maltesi (residenti nell arcipelago stesso o al di fuori), oppure stranieri? Le caratteristiche tipicamente emporiche del complesso e la quantità e qualità delle derrate di importazione che vi confluiscono in questo periodo rendono tutt altro che improbabile l intervento di individui con interessi legati al commercio: tra le varie ipotesi che al momento si possono avanzare, non è da scartare quella che ricollega il restauro all iniziativa di negotiatores (stranieri e/o maltesi), i quali potrebbero aver fatto opera di mecenatismo nei confronti di un edificio sacro di vetusta e ragguardevole fama, che posto in un area strategica per i traffici mercantili, svolgeva forse un ruolo di mediazione e protezione negli affari. Questa ipotesi risulta rafforzata dalla tendenza (ormai ben documentata) degli imprenditori ad installarsi, a partire dalla seconda metà del II sec. a.c., nei centri portuali di maggiore traffico della penisola italiana e del Mediterraneo: proprio la Sicilia e l area nord-africana, tanto per citare le due regioni più vicine all arcipelago maltese, furono, in questo periodo, intensamente popolate da personaggi, per lo più di origine italica, attratti sia dalle possibilità dello sfruttamento agricolo, sia dagli affari commerciali. Un fenomeno analogo a quanto si va delineando a Malta per Tas Silġ è stato ipotizzato anche per Sant Antioco, la piccola isola situata nella zona sud della Sardegna: la sistemazione monumentale del tempio punico di Sulcis, avvenuta nel corso II sec. a.c., è stata collegata all intervento dei negotiatores italici che frequentavano il Mediterraneo occidentale sfruttando le aree insulari come basi dei loro traffici

20 L arcipelago maltese in età romana e bizantina Il culto di Giunone regina del cielo Ceramiche con iscrizioni dal santuario di Tas Silġ (da Missione 1963). 75 Si veda Cagiano De Azevedo 1963, p Bonnet 1996, in particolare i capitoli 7 e Della Corte Secondo lo studioso, a privilegiare l assimilazione di Astarte con Giunone potrebbe aver influito anche la leggenda della discendenza troiana di Roma da Venere- Afrodite, che cominciava a diffondersi proprio quando Scipione si impadronì di Cartagine, entrando poi ufficialmente nell opinione pubblica con l Eneide di Virgilio: difficilmente la dea suprema del nemico cartaginese avrebbe potuto essere assimilata a Venere-Afrodite, capostipite dei Romani. 78 Sull assimilazione Astarte- Uni si veda, tra i contributi più recenti, Lipinski 1995, pp ; sui culti fenici a Pyrgi, si Le prime documentazioni epigrafiche relative al culto di Era a Tas Silġ sembrano risalire al periodo tardo-repubblicano 75 : il nome della divinità (espresso in dativo e in genitivo) compare sia dipinto, che inciso prima della cottura, su alcuni piatti di ceramica rinvenuti presso le zone sacrificali dell area nord (fig. 28). Non disponiamo, purtroppo, di evidenze archeologiche ed epigrafiche che consentano di definire i connotati (militari, emporici, della fecondità?) dell Astarte maltese di età feniciopunica, né tanto meno i caratteri del culto di Era-Giunone. Sfuggono anche le ragioni precise per cui fu quest ultima divinità a prendere il posto di Astarte e non Afrodite-Venere, come in altri luoghi di culto mediterranei, per esempio a Pafo, Citera, Erice ecc. 76. Per individuare le caratteristiche del culto di Tas Silġ può essere interessante soffermarsi brevemente su alcuni esempi di assimilazione tra Astarte ed Era-Giunone documentati in altri contesti santuariali. Vale la pena sottolineare, innanzitutto, che alla base delle diverse scelte per cui la divinità orientale fu assimilata ora a Giunone, ora a Venere non si intravedono dei criteri costanti; qualche studioso ha addirittura sostenuto che il carattere complesso del culto di Astarte e le forme originariamente aniconiche della divinità (giunta anticamente in Occidente da Pafo), offrirono ai Romani la possibilità di far prevalere ora l una ora l altra, sulla base di criteri di opportunità 77. In ambito italico l identificazione tra Uni (Giunone) e Astarte è testimoniata già dall età arcaica nelle iscrizioni delle lamine auree bilingui del santuario di Pyrgi 78. Un interessante caso di assimilazione è testimoniato nell Heraion di Crotone; Livio racconta che nel 215 a.c. Annibale, riconoscendo nell Era di Capo Lacinio la sua divinità, fece erigere nel santuario un ara con un iscrizione bilingue che celebrava le proprie azioni 79 : esistevano dunque tanto da essere chiaramente riconosciuti anche da parte di un individuo di religione punica aspetti del culto di Era che l avvicinavano ad Astarte. Le testimonianze più significative di assimilazione tra le due divinità provengono però da aree di cultura punica e risalgono agli anni successivi alla fine della terza guerra punica, che si concluse, come è noto, nel 146 a.c. con la caduta di Cartagine. Da quel momento Astarte, la suprema divinità protettrice di Cartagine e di altri centri nord-africani e spagnoli che gravitavano sotto l influenza punica, entrò a far parte del pantheon ufficiale di Roma, nella versione di Iuno Caelestis 80. vedano in generale anche Garbini 1992 e Bonnet 1996, pp LIV. XXVIII, Il culto di Astarte-Tanit come Iuno Caelestis, Virgo Caelestis, Iuno Poena è testimoniato in nord-africa e nella penisola iberica da moltissime iscrizioni: si veda Daremberg, Saglio 1919, vol. III, 1, s.v. Juno, in particolare p. 689; Lipinski 1995, pp ; Bullo Di tale assimilazione si trova preciso riscontro ancora presso S. Agostino (Quaest. in hept., 7, 16: Iuno sine dubitatione ab illis Astarte vocatur). Ricordiamo inoltre che Gracco, nel 123 a.c., fece il tentativo di dedurre a Cartagine una colonia formata da cittadini italici, dal nome significativo di Giunonia. 118

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