Una riflessione sul primo provvedimento giudiziale post Fornero CENTRO STUDI

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1 Una riflessione sul primo provvedimento giudiziale post Fornero CENTRO STUDI

2 Riflessioni sulla ordinanza del Tribunale di Bologna del 15 Ottobre 2012 Carissimi, Siamo impegnati come Centro Studi a supportare le Regioni che lo chiedono intorno alla Riforma del Mercato del lavoro (L.92/2012: cosiddetta Legge Fornero) ed a raccogliere riflessioni e spunti comuni. Molte preoccupazioni sono state espresse relativamente all atteggiamento che la Magistratura avrebbe assunto intorno all applicazione della Legge; ebbene il 15 Ottobre abbiamo un primo provvedimento giudiziale, emesso con il nuovo rito riservato ai licenziamenti dalla Riforma Fornero, che un nostro socio, e anche uno dei responsabili scientifici del nostro Centro Studi, l avvocato Stefano Gregorio (che ringraziamo per questo tempestivo contributo) commenta rendendo reali quelle incertezze sull interpretazione delle nuove norme che è stata evidenziata nel corso dei Convegni che abbiamo fatto. Certi di fare cosa gradita a tutti vi lasciamo a questa prima lettura. Maurizio Manicastri e David Trotti Coordinatori del Centro Studi Il provvedimento del Tribunale di Bologna rappresenta il primo caso noto in cui un Giudice ha applicato al licenziamento disciplinare per giusta causa la nuova formulazione del quarto comma dell art. 18 della legge n. 300 del 1970, come modificato, con effetto dal 18 luglio 2012, dalla legge n. 92 del 2012 (cosiddetta Riforma Fornero ). La nuova disciplina consente al Giudice del lavoro di disporre la reintegrazione soltanto quando sia possibile escludere la giusta causa (ed anche il giustificato motivo soggettivo) per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili. Pertanto, quando il fatto sussiste e non è diversamente punito dalla contrattazione collettiva o dai codici disciplinari, il Giudice non può disporre la reintegrazione soltanto perché ritiene il comportamento contestato di scarsa rilevanza disciplinare. Tanto è vero che il successivo quinto comma della nuova formulazione dell art. 18 della legge n. 300 del 1970 espressamente prevede che in tutti gli altri casi in cui non ricorre la giusta causa ed il giustificato motivo e, quindi, anche nel caso di comportamento provato e non punito con sanzioni conservative dal contratto collettivo, eppure ritenuto non così grave da escludere la fiducia nel dipendente - il Giudice non può disporre la reintegrazione nel posto di lavoro, avendo a disposizione soltanto la tutela economica consistente nell indennità risarcitoria. In questo nuovo contesto, il Tribunale di Bologna dispone la reintegrazione del dipendente sulla base di due autonome argomentazioni, la prima delle quali appare censurabile. Da un lato, il Tribunale di Bologna accerta l insussistenza del fatto contestato al dipendente muovendo dal presupposto che il legislatore del 2012 avrebbe fatto riferimento non soltanto alla insussistenza del fatto nella sua materialità, ma anche alla insussistenza dell elemento soggettivo.

3 L opzione può essere condivisa e risale alla precedente elaborazione della Suprema Corte di Cassazione. Nel caso deciso, però, il Tribunale di Bologna non esclude l elemento soggettivo del comportamento, ma lo accerta e si limita a ritenerlo scusabile. Tuttavia, un conto è la scusabilità del comportamento (che attiene alla rilevanza disciplinare del fatto e, quindi, alla sua gravità) e altro conto è l elemento soggettivo del medesimo comportamento, inteso come dolo o colpa. Quindi, ed è questo il punto censurabile, il Tribunale di Bologna applica la reintegrazione in un caso in cui il fatto è provato sia nel suo elemento oggettivo sia nel suo elemento soggettivo, ma che, in ragione della ritenuta scusabilità, assumerebbe a suo dire scarsa rilevanza disciplinare. E ovvio che, in questa ipotesi, il Tribunale avrebbe dovuto applicare la sanzione dell indennità risarcitoria prevista dal quinto comma, ricorrendo il fatto ma non la sua gravità addotta dal datore di lavoro. D altro lato, il Tribunale di Bologna riconduce il fatto contestato al dipendente alla lieve insubordinazione che il contratto collettivo applicato a quel rapporto di lavoro punisce con la sanzione conservativa e, quindi, sulla base di tale motivazione aggiuntiva, dispone la reintegrazione ai sensi del quarto comma dell art. 18. Tale argomentazione sembra corretta sul piano logico ed è da sola idonea a fondare l ordine di reintegrazione. Essa, tuttavia, induce a richiamare l attenzione sulle previsioni disciplinari contenute nei contratti collettivi. Le sezioni disciplinari previste dai contratti collettivi attualmente vigenti sono state formulate prima dell entrata in vigore della Riforma Fornero e, quindi, in un epoca in cui le previsioni della contrattazione collettiva non assumevano la funzione integrativa e sostanzialmente definitoria che ora è loro assegnata dalla nuova disciplina dell art. 18, quarto comma, della legge n. 300 del Sembra, quindi, opportuno che, nei prossimi rinnovi dei contratti collettivi, le sezioni disciplinari vengano rivisitate alla luce di quest ultima disposizione della legge, soprattutto nelle parti dedicate alle sanzioni conservative, in quanto la tradizionale genericità ed ampiezza della descrizione delle singole condotte punite con sanzioni diverse dal licenziamento (cfr., nel caso deciso dal Tribunale di Bologna, la previsione della lieve insubordinazione ) consente la possibilità di ricondurre ad esse un ampia gamma di comportamenti intollerabili, vanificando per essi il potere di recesso esercitato dal datore di lavoro. L esigenza segnalata, infatti, trova conferma sia pure a contrario - in un precedente della Suprema Corte, secondo il quale senza dubbio allorché il contratto collettivo preveda per determinati comportamenti del lavoratore sanzioni disciplinari conservative, il giudice del merito nel valutare la legittimità della sanzione applicata deve attenersi alla previsione contrattuale e non gli è consentito apprezzare la condotta del lavoratore come causa che legittimi l'adozione del

4 licenziamento da parte del datore di lavoro (v. fra le tante Cass. 29 settembre 2005 n , Cass. 1 aprile 2003 n. 4832). Ma si è precisato che per escludere che il giudice possa discostarsi dalla previsione del ccnl, è necessario che vi sia integrale coincidenza tra la fattispecie contrattualmente prevista e quella effettivamente realizzata, restando per contro una diversa e più grave valutazione possibile (e doverosa) quando la condotta del lavoratore sia caratterizzata da elementi aggiuntivi estranei (ed aggravanti) rispetto alla fattispecie contrattuale (Cass., 29 aprile 1998 n. 4395) (Cass., 20 marzo 2007, n. 6621). Quindi, il problema è dato dalla coincidenza tra le previsioni disciplinari dei contratti collettivi e la condotta del dipendente, essendo evidente che quanto più generiche sono le previsioni relative alle sanzioni conservative, tanto maggiore è, nella vigenza della nuova legge, la possibilità di ricondurre ad esse la specifica condotta del dipendente. Allo stesso modo, sarebbe utile ripercorrere la via dei codici disciplinari, per introdurli od integrarli con le nuove definizioni delle condotte, anche attraverso accordi aziendali. Ed ecco il testo dell ordinanza:

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