RASSEGNA STAMPA di venerdì 10 aprile 2015 SOMMARIO
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- Ottavio Chiari
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1 RASSEGNA STAMPA di venerdì 10 aprile 2015 SOMMARIO Il Patriarca Marco verso la beatificazione? : s intitola così l editoriale - a firma di Giorgio Malavasi - pubblicato sul nuovo numero del settimanale diocesano Gente Veneta, in uscita in queste ore e già ripreso oggi anche da altri media. L articolo riprende e rilancia le parole che il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia aveva detto giovedì 2 aprile, a proposito del card. Cè, al termine della Messa del Crisma celebrata nella cattedrale marciana: Vogliamo tenere desta la sua bella figura con dei piccoli segni che, se il Signore vorrà, diventeranno anche grandi segni. Il 12 maggio - scrive Malavasi - sarà un anno dalla morte del Cardinale Cè e da più parti si avverte il bisogno di fare memoria del Patriarca Cè... «Io stravedo per questo Patriarca», ci diceva un giorno una persona che non aveva nessuna particolare ragione per stravedere per cose e uomini di Chiesa. E questa espressione dice bene la simpatia e il giudizio positivo e perfino entusiastico di cui ha goduto nella considerazione di tutti, per tutta la sua vita. Un risultato straordinario, che ha molto a che fare con quell'ordinarietà della santità che è la cifra del card. Cè. Ordinariamente, cioè, è riuscito a incarnare il Vangelo mostrando che vivere da cristiano è bello e dà senso pieno alla vita. Il Patriarca Marco ha fatto molto senza ricorrere al clamore: ha tracciato un segno chiaro, infondendo un clima e uno stile, nella nostra Chiesa, e ha realizzato molte opere. Ha sempre però fatto un passo indietro prima dell'accendersi dei riflettori e dello scroscio dell'applauso. Ha lasciato un'orma leggera, ma essenziale, in ogni atto e circostanza che si è trovato a vivere, ottenendo un consenso unanime alla sua persona e allo stile di vita cristiano che proponeva. Questa è stata l'ordinarietà della sua santità. Al punto che oggi, prosegue Malavasi, nella prossimità dell'anniversario si accende il desiderio di invitare tutti i veneziani - lo ha fatto il Patriarca Francesco - a portare testimonianze da raccogliere in un archivio dedicato al card. Cè. Questo può essere il momento opportuno per iniziare, nella Chiesa di Venezia, una preghiera comune in ordine al discernimento degli elementi per l eventuale inizio della causa di beatificazione del Cardinale Marco. Nella sua umiltà e nella sua umanità profonda ma schiva, il Patriarca Marco probabilmente si tirerebbe indietro rispetto ad una simile prospettiva. Ma se fosse un intero popolo di Chiesa a ritenere che ne valga la pena, per il bene di tutti e pensando alle nuove generazioni.... Accanto alla prossima costituzione in Seminario di un fondo archivistico tutto dedicato al card. Cè, al termine della stessa Messa del Crisma mons. Moraglia aveva inoltre già annunciato - sempre in occasione del primo anniversario della morte del Patriarca emerito, le cui spoglie sono custodite nella cripta della cattedrale veneziana - altre iniziative in programma: martedì 12 maggio, alle ore 18.30, sarà celebrata una S. Messa solenne di suffragio nella basilica cattedrale di S. Marco (invitati anche i Vescovi del Triveneto) mentre giovedì 7 maggio, alle ore 18.00, nel Duomo di S. Lorenzo a Mestre sarà presentato un libro speciale - curato dal settimanale diocesano Gente Veneta - con testimonianze e interviste, testi e fotografie in ricordo del Patriarca Marco. 1 IL PATRIARCA AVVENIRE Pag 23 Venezia. Moraglia: raccogliere testimonianze sulla figura e l opera del cardinale Marco Cè IL GAZZETTINO DI VENEZIA Pag III Marco Cè, primi passi verso la beatificazione di Daniela Ghio Prende corpo l ipotesi di avviare l iter. Moraglia: Raccogliamo materiale per un archivio Pag III Domani mattina pellegrinaggio mariano di d.gh.
2 LA NUOVA Pag 19 Marco Cè sarà beato? Un archivio dati per dare il via all iter Il Patriarca Moraglia parla di possibili grandi segni. Il settimanale Gente Veneta rilancia e crede nel processo 3 VITA DELLA CHIESA AVVENIRE Pag 8 Armeni, verità e giustizia per risanare ogni ferita Il Papa ricorda le vittime dei massacri di cent anni fa CORRIERE DELLA SERA Pag 31 I martiri cristiani ci riportano alla serietà della fede di Alberto Melloni Un papa dall'africa nera di Sandro Magister Sarebbe il primo nella storia. E potrebbe essere il prossimo. Un nome: Robert Sarah. Autore di un libro rivelazione 6 SERVIZI SOCIALI / SANITÀ CORRIERE DELLA SERA Pag 28 Un rene a uno sconosciuto dalla donatrice samaritana di Edoardo Stucchi Pavia, il primo caso in Italia. Ha reso possibili altri 5 trapianti 7 - CITTÀ, AMMINISTRAZIONE E POLITICA AVVENIRE Pag 11 Logos e carne. Incroci a Venezia di Roberto I. Zanini Presentato ieri il padiglione vaticano alla prossima Biennale. Scelti tre giovani artisti chiamati a dare corpo all idea evocata nel Prologo del Vangelo di Giovanni LA NUOVA Pagg Città a traffico limitato, un altra rivoluzione di Enrico Tantucci e Vera Mantengoli Varata da Zappalorto per la circolazione acquea. La rabbia delle categorie: perché non aspettare? 10 GENTE VENETA Tutti gli articoli segnalati di seguito sono pubblicati sul n. 14 di Gente Veneta in uscita sabato 11 aprile 2015: Pag 1 Il Patriarca Marco verso la beatificazione? di Giorgio Malavasi Pagg 1, 9 «Io, vergine fino al matrimonio» di Paolo Fusco Verso la Festa dei Giovani: il 10 maggio il tema sarà Scatena il cuore. Una testimonianza controcorrente, un uomo racconta la sua scelta: «Lo rifarei perché...» Pag 5 «A Ol Moran è tutto tranquillo. Ma cresce la paura» di Serena Spinazzi Lucchesi Il veneziano don Giacomo Basso rassicura: «Qui siamo distanti dal luogo dell attentato. Non ci sono particolari problemi. Purtroppo però c è tensione tra la gente. E per la prima volta in Kenya si guarda alla differenza tra religioni: questo è grave» Pag 8 Don Serafino, «entusiasta di essere cristiano e prete» di Paolo Fusco Don Tenderini si è spento il Lunedì dell Angelo in ospedale all età di 87 anni
3 Pag 11 Pellegrinaggio dei ragazzi: in 2500 ad Assisi Dal 17 al 19 aprile si svolgerà il viaggio dei veneziani nella cittadina umbra. Li accompagnerà lo slogan Laudato sii, per parlare di gioia della vita Pag 12 Norme rigide: «E difficile regalare il cibo» di Lorenzo Mayer Il caso del Lido: quattro punti vendita e le eccedenze vanno tutte a finire nel cestino. Nel 2014 nove supermercati Coop Adriatica (su 18 del Veneziano) hanno donato 9 tonnellate di generi alimentari, per 38mila euro: «Ma evitare del tutto la pattumiera è quasi impossibile» Pag 21 Demis, come reinventarsi creando la figura del sarto-attore di Federica Zanata Perdere il lavoro ma non perdersi d animo, creando un lavoro che mette a frutto più passioni. Faceva lo stilista, con una sua azienda. Dopo un insuccesso ha creato un lavoro nuovo ed inoltre oggi segnaliamo CORRIERE DELLA SERA Pag 1 Quei caduti sul fronte della legge di Giangiacomo Schiavi Pag 5 Io, prigioniero in quelle stanze dove cerchiamo di dare giustizia di Giuseppe Buffone La lettera di un magistrato Pag 22 Cattolico e omosessuale. L ambasciatore francese che non ha il sì del Vaticano di Stefano Montefiori I media di Parigi: la Santa Sede rifiuta di dare il suo gradimento LA REPUBBLICA Pag 1 La rabbia con la pistola di Gad Lerner Pag 1 La promessa di Mattarella di Stefano Folli Pag 29 Il Vaticano non accetta l ambasciatore gay. L Eliseo va allo scontro: Il candidato è lui di Anais Ginori e Marco Ansaldo Il gelo della Santa Sede: Questione chiusa AVVENIRE Pag 1 Il baratto imperfetto di Alessandro Zaccuri Riservatezza, sicurezza e vulnerabilità Pag 3 Perché possiamo convergere su diritti umani universali di Giusto Sciacchitano Valori dell Europa e tradizione di ispirazione islamica Pag 4 Un simbolo fermatosi ieri per la prima volta di Nello Scavo Pag 8 La memoria di un piccolo popolo che non si è arreso al silenzio dei grandi della storia di Antonia Arslan Pag 11 Leopardi, ateo non censurato di Roberto Mussapi La polemica IL GAZZETTINO Pag 1 Follia omicida e parole in libertà di Stefano Cappellini Pag 1 Il vizietto della ritorsione ideologica di Paolo Graldi
4 LA NUOVA Pag 1 Se le toghe sono il nemico di Gian Carlo Caselli Pag 1 Il caso Diaz e la nomina scabrosa di Andrea Sarubbi Torna al sommario 1 IL PATRIARCA AVVENIRE Pag 23 Venezia. Moraglia: raccogliere testimonianze sulla figura e l opera del cardinale Marco Cè Raccogliere testimonianze per «tenere desta» la figura del cardinale Marco Cè, patriarca emerito di Venezia, morto poco meno di un anno fa. A lanciare questa iniziativa è stato l attuale patriarca Francesco Moraglia, che ha espresso questo desiderio già al termine della Messa Crismale del 2 aprile scorso e ora viene riproposto in un editoriale dal settimanale diocesano «Gente Veneta». Accanto alla prossima costituzione in Seminario di un fondo archivistico tutto dedicato al cardinale Cè, Moraglia ha inoltre annunciato - sempre in occasione del primo anniversario della morte del Patriarca emerito, le cui spoglie sono custodite nella cripta della cattedrale veneziana - altre iniziative in programma: il 12 maggio, alle 18.30, sarà celebrata una Messa di suffragio nella Basilica di San Marco, mentre giovedì 7 maggio, alle 18 nel Duomo di S. Lorenzo a Mestre sarà presentato un libro speciale - curato da «Gente Veneta» - con testimonianze e interviste in ricordo del patriarca defunto. IL GAZZETTINO DI VENEZIA Pag III Marco Cè, primi passi verso la beatificazione di Daniela Ghio Prende corpo l ipotesi di avviare l iter. Moraglia: Raccogliamo materiale per un archivio Non è ancora trascorso un anno dalla scomparsa del patriarca emerito Marco Cè e già la Chiesa di Venezia sta pensando di avviare il processo di santificazione per un patriarca che è ancora nel cuore di tutti. In realtà per iniziare le pratiche per la beatificazione (salvo rarissime eccezioni, come è avvenuto per Papa Giovanni Paolo II) è necessario che trascorrano cinque anni dalla morte del cardinale, ma il patriarca Francesco Moraglia fin da ora ha lanciato un appello per raccogliere testimonianze e costituire un fondo archivistico dedicato al patriarca emerito. «Vogliamo tenere desta la sua bella figura con dei piccoli segni che, se il Signore vorrà, diventeranno anche grandi segni», aveva detto ai presbiteri della diocesi e ai fedeli al termine della Messa del Crisma, lo scorso 2 aprile, celebrata nella basilica di San Marco. E il settimanale diocesano "Gente Veneta" nell'ultimo numero riprende l'appello di Moraglia, con un articolo di Giorgio Malavasi sulla possibile prossima beatificazione. Una ipotesi che può divenire facilmente realtà: in tutta la sua vita Marco Cè ha goduto della simpatia della gente, di un giudizio positivo e perfino entusiastico. Un risultato straordinario, che ha molto a che fare con l'ordinarietà della santità: ordinariamente è riuscito a incarnare il Vangelo mostrando che vivere da cristiano è bello e dà senso pieno alla vita, tracciando un segno chiaro e realizzando molte opere senza mai ricorrere al clamore. È stato esempio di umiltà e umanità. Il prossimo 12 maggio ricorre il primo anniversario della morte del patriarca emerito e Moraglia invita tutti veneziani a portare testimonianze da raccogliere nel nuovo fondo archivistico dedicato al cardinale Cè che verrà creato in Seminario. E ad iniziare, nella Chiesa di Venezia, una preghiera comune in ordine al discernimento degli elementi per l'eventuale inizio della causa di beatificazione. Intanto giovedì 7 maggio, alle 18, nel Duomo di San Lorenzo a Mestre sarà presentato un libro speciale - curato dal settimanale diocesano Gente Veneta - con testimonianze e interviste, testi e fotografie in ricordo del patriarca Marco. Nel giorno dell'anniversario, martedì 12 maggio, alle ore nella basilica cattedrale di San Marco, sarà celebrata una messa solenne di suffragio, a cui sono invitati anche i vescovi del Triveneto.
5 Pag III Domani mattina pellegrinaggio mariano di d.gh. Torna in centro storico l'ormai tradizionale pellegrinaggio mensile del sabato mattina guidato dal patriarca Francesco Moraglia. L'appuntamento è fissato domani alle 7.30 nella chiesa di Santa Maria dei Miracoli, nella parrocchia di San Canciano, lì, recitando i misteri del Rosario, si raggiungerà la basilica dei Ss. Giovanni e Paolo, dove alle 8.15 circa mons. Moraglia presiederà la celebrazione eucaristica (durante la quale ci sarà, per chi lo vorrà, la possibilità di confessarsi). Al termine ci sarà la colazione insieme. LA NUOVA Pag 19 Marco Cè sarà beato? Un archivio dati per dare il via all iter Il Patriarca Moraglia parla di possibili grandi segni. Il settimanale Gente Veneta rilancia e crede nel processo Venezia. Il Patriarca Marco verso la beatificazione? è il titolo dell editoriale, firmato da Giorgio Malavasi, pubblicato sul nuovo numero del settimanale diocesano Gente Veneta, in uscita in queste ore. L articolo riprende e rilancia le parole che il Patriarca Francesco Moraglia aveva detto lo scorso 2 aprile, a proposito del cardinale Marco Cè, al termine della messa del Crisma celebrata a San Marco. «Vogliamo tenere desta la sua bella figura con dei piccoli segni che, se il Signore vorrà, diventeranno anche grandi segni» aveva detto, annunciando anche l intenzione di aprire un fondo, una sorta di archivio, nel quale raccogliere materiale su Cè. Il primo passo di un possibile iter molto più complesso. «Il 12 maggio - scrive Malavasi - sarà un anno dalla morte del Cardinale Cè e da più parti si avverte il bisogno di fare memoria del Patriarca Cè. Io stravedo per questo Patriarca ci diceva un giorno una persona che non aveva nessuna particolare ragione per stravedere per cose e uomini di Chiesa. E questa espressione dice bene la simpatia e il giudizio positivo e perfino entusiastico di cui ha goduto nella considerazione di tutti, per tutta la sua vita. Un risultato straordinario, che ha molto a che fare con quell'ordinarietà della santità che è la cifra del cardinale Cè. Ordinariamente, cioè, è riuscito a incarnare il Vangelo mostrando che vivere da cristiano è bello e dà senso pieno alla vita. Il Patriarca Marco ha fatto molto senza ricorrere al clamore: ha tracciato un segno chiaro, infondendo un clima e uno stile, nella nostra Chiesa, e ha realizzato molte opere. Ha sempre però fatto un passo indietro prima dell'accendersi dei riflettori e dello scroscio dell'applauso. Ha lasciato un'orma leggera, ma essenziale, in ogni atto e circostanza che si è trovato a vivere, ottenendo un consenso unanime alla sua persona e allo stile di vita cristiano che proponeva. Questa è stata l'ordinarietà della sua santità». Al punto che ora, prosegue Malavasi, «nella prossimità dell'anniversario si accende il desiderio di invitare tutti i veneziani - lo ha fatto il Patriarca Francesco - a portare testimonianze da raccogliere in un archivio dedicato al cardinale Cè. Questo può essere il momento opportuno per iniziare, nella Chiesa di Venezia, una preghiera comune in ordine al discernimento degli elementi per l eventuale inizio della causa di beatificazione del Cardinale Marco. Nella sua umiltà e nella sua umanità profonda ma schiva, il Patriarca Marco probabilmente si tirerebbe indietro rispetto ad una simile prospettiva. Ma se fosse un intero popolo di Chiesa a ritenere che ne valga la pena, per il bene di tutti e pensando alle nuove generazioni». Accanto alla prossima costituzione in Seminario di un fondo archivistico tutto dedicato al cardinale Cè, al termine della stessa messa del Crisma monsignor Moraglia aveva inoltre già annunciato - sempre in occasione del primo anniversario della morte del Patriarca emerito, le cui spoglie sono custodite nella cripta della cattedrale veneziana - altre iniziative in programma a cominciare da martedì 12 maggio, alle 18.30, con la Messa solenne di suffragio nella basilica cattedrale di S. Marco (invitati anche i Vescovi del Triveneto). Torna al sommario 3 VITA DELLA CHIESA AVVENIRE Pag 8 Armeni, verità e giustizia per risanare ogni ferita
6 Il Papa ricorda le vittime dei massacri di cent anni fa Pubblichiamo il discorso pronunciato dal Papa ieri mattina durante l udienza ai membri del Sinodo patriarcale della Chiesa armenocattolica. Francesco è intervenuto dopo il saluto del patriarca di Cilicia degli Armeni Nersos Bedros XIX Tarmouni. Beatitudine, eccellenze! Vi saluto fraternamente e vi ringrazio per questo incontro, che si colloca nell imminenza della celebrazione di domenica prossima nella Basilica Vaticana. Eleveremo la preghiera del suffragio cristiano per i figli e le figlie del vostro amato popolo, che furono vittime cento anni orsono. Invocheremo la Divina Misericordia perché ci aiuti tutti, nell amore per la verità e la giustizia, a risanare ogni ferita e ad affrettare gesti concreti di riconciliazione e di pace tra le Nazioni che ancora non riescono a giungere ad un ragionevole consenso sulla lettura di tali tristi vicende. In voi e attraverso di voi saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i fedeli laici della Chiesa armeno-cattolica: so che in tanti vi hanno accompagnato in questi giorni qui a Roma, e che molti di più saranno uniti spiritualmente a noi, dai Paesi della diaspora, come gli Stati Uniti, l America Latina, l Europa, la Russia, l Ucraina, fino alla Madrepatria. Penso con tristezza in particolare a quelle zone, come quella di Aleppo - il vescovo mi ha detto 'la città martire' - che cento anni fa furono approdo sicuro per i pochi sopravvissuti. Tali regioni, in questo ultimo periodo, hanno visto messa in pericolo la permanenza dei cristiani, non solo armeni. Il vostro popolo, che la tradizione riconosce come il primo a convertirsi al cristianesimo nel 301, ha una storia bimillenaria e custodisce un ammirevole patrimonio di spiritualità e di cultura, unito ad una capacità di risollevarsi dopo le tante persecuzioni e prove a cui è stato sottoposto. Vi invito a coltivare sempre un sentimento di riconoscenza al Signore, per essere stati capaci di mantenere la fedeltà a Lui anche nelle epoche più difficili. È importante, inoltre, chiedere a Dio il dono della sapienza del cuore: la commemorazione delle vittime di cento anni fa ci pone infatti dinanzi alle tenebre del mysterium iniquitatis. Non si capisce se non con questo atteggiamento. Come dice il Vangelo, dall intimo del cuore dell uomo possono scatenarsi le forze più oscure, capaci di giungere a programmare sistematicamente l annientamento del fratello, a considerarlo un nemico, un avversario, o addirittura individuo privo della stessa dignità umana. Ma per i credenti la domanda sul male compiuto dall uomo introduce anche al mistero della partecipazione alla Passione redentrice: non pochi figli e figlie della nazione armena furono capaci di pronunciare il nome di Cristo sino all effusione del sangue o alla morte per inedia nell esodo interminabile cui furono costretti. Le pagine sofferte della storia del vostro popolo continuano, in certo senso, la passione di Gesù, ma in ciascuna di esse è posto il germoglio della sua Resurrezione. Non venga meno in voi pastori l impegno di educare i fedeli laici a saper leggere la realtà con occhi nuovi, per giungere a dire ogni giorno: il mio popolo non è soltanto quello dei sofferenti per Cristo, ma soprattutto dei risorti in Lui. Per questo è importante fare memoria del passato, ma per attingere da esso linfa nuova per alimentare il presente con l annuncio gioioso del Vangelo e con la testimonianza della carità. Vi incoraggio a sostenere il cammino di formazione permanente dei sacerdoti e delle persone consacrate. Essi sono i vostri primi collaboratori: la comunione tra loro e voi sarà rafforzata dall esemplare fraternità che essi potranno scorgere in seno al Sinodo e col patriarca. Il nostro pensiero riconoscente va in questo momento a quanti si adoperarono per recare qualche sollievo al dramma dei vostri antenati. Penso specialmente a papa Benedetto XV che intervenne presso il sultano Mehmet V per far cessare i massacri degli armeni. Questo Pontefice fu grande amico dell Oriente cristiano: egli istituì la Congregazione per le Chiese Orientali e il Pontificio Istituto Orientale, e nel 1920 iscrisse sant Efrem il siro tra i dottori della Chiesa universale. Sono lieto che questo nostro incontro avvenga alla vigilia dell analogo gesto che domenica avrò la gioia di compiere con la grande figura di san Gregorio di Narek. Alla sua intercessione, affido specialmente il dialogo ecumenico tra la Chiesa armenocattolica e la Chiesa armeno-apostolica, memori del fatto che cento anni fa come oggi, il martirio e la persecuzione hanno già realizzato l ecumenismo del sangue. Su di voi e sui vostri fedeli invoco ora la benedizione del Signore, mentre vi chiedo di non dimenticare di pregare per me! Grazie!
7 La Messa che domenica viene celebrata in San Pietro «ci deve aiutare tutti, nell amore per la verità e la giustizia, a risanare ogni ferita e ad affrettare gesti concreti di riconciliazione e di pace tra le Nazioni che ancora non riescono a giungere ad un ragionevole consenso sulla lettura di tali tristi vicende». È in questa frase la chiave di lettura della scelta di Papa Francesco di non usare il termine «genocidio» per descrivere la strage degli armeni perpetrate un secolo fa dalle autorità ottomane. Parlando al Sinodo patriarcale della Chiesa armenocattolico, guidato da Nersos Bedros XIX Tarmouni, il Pontefice ha parlato di «tenebre del mysterium iniquitatis», di «dramma», di «massacri», di «martirio», di «persecuzione». E nel messaggio scritto alla vaticanista del Messaggero Franca Giansoldati per ringraziarla del suo libro (che pure ha il termine «genocidio» nel titolo) ha preferito parlare dell «immane tragedia che colpì il popolo armeno». Evidentemente Papa Francesco, almeno in questi suoi interventi, pur riconoscendo l immane tragedia di un secolo fa non vuole ostacolare il raggiungimento di quel «ragionevole consenso sulla lettura di tali tristi vicende» che non è ancora maturato tra le Nazioni, con la Turchia che ancora considera un reato l uso della parola «genocidio» su quelli che Ankara definisce ufficialmente «i fatti del 1915», e si oppone con tutte le sue energie diplomatiche a che il termine sia riconosciuto dagli altri Paesi. Alla messa di domenica, che vedrà anche la proclamazione a dottore della Chiesa del monaco e teologo armeno san Gregorio di Narek ( ), è prevista inoltre la presenza dei due catholicos della Chiesa apostolica armena, Karekin II di Etchmiadzin e Aram I di Cilicia, nonché del presidente della Repubblica armena, Serge Sarkissian, che, in un udienza che gli ha concesso il Papa nei mesi scorsi, aveva invitato Papa Francesco a visitare l Armenia. CORRIERE DELLA SERA Pag 31 I martiri cristiani ci riportano alla serietà della fede di Alberto Melloni Nel 1966, preoccupato per una deriva semplicista e mondanizzata della Chiesa, Hans Urs von Balthasar scrisse Cordula, ovvero il caso serio. Un pamphlet tagliente e lucido ispirato alla leggenda della martire Cordula, appunto. Gli Unni in una loro razzia catturano undicimila vergini e le uccidono una dopo l'altra. Cordula è l'unica superstite perché si trova nascosta in uno scafo e lì resta fino al mattino dopo: quando decide di uscire ed andare incontro anche lei al martirio. Ignorata dal culto delle undicimila martiri Cordula appare in sogno ad una monaca perché la sua festa liturgica sia celebrata ogni anno, il giorno dopo la memoria delle vergini massacrate. Balthasar, nominato cardinale da Giovanni Paolo II, reagiva con la forza di questo racconto e di Lumen Gentium 42 alle tesi sul Cristianesimo anonimo di Karl Rahner e al Cristianesimo tutto analogico di dotti scipiti. Egli rivendicava la peculiarità del «caso serio» («Ernstfall») cristiano che non è la fattispecie credente di un idealismo «disarmato» o una qualsiasi vittima «innocente», ma il testimone inerme reso tale dalla grazie da Gesù, l'inerme per antonomasia. Come può non pensare a Cordula, in questi giorni in cui santi e coccodrilli piangono attorno ai cristiani morti, parte di una innumerevole scia di cadaveri di musulmani soprattutto e di cristiani, ebrei, atei, zoroastriani, fedeli d'ogni famiglia confessionale e sfumatura, che si contano a milioni nella terra che va dall' aridità afghana, alla regione benedetta di Abramo e traversa fiumi e deserti per arrivare al verde tinto di sangue e petrolio della Nigeria? Come non ricordare Cordula, ora che, dopo aver dimenticato di piangere i ragazzini che saltavano sulle mine nella guerra fra Iran e Iraq, i caldei sepolti vivi durante l'avanzata di Desert Storm, le masse di uccisi dai mercenari reduci in Algeria e la devastazione pluridecennale della Somalia, piangiamo i ragazzi macellati in un college o gli abitanti dei villaggi fatti a pezzi dalla ferocia sacrilega? Come non pensare alla barca di Cordula davanti a quei musulmani che hanno salvato la vita ai clienti di Hyper Cacher a Parigi, ai fedeli pachistani usando il loro corpo o ai ragazzi kenyoti mettendoli in salvo davanti agli Unni di turno? Cordula, spiegava Balthasar, non è l'eccezione lontana di un modo mitico: ma l'espressione del Cristianesimo come «caso serio». Quel Cristianesimo che, per la fede che porta nella unità della famiglia umana e nella dignità dell' uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, può ammonire tutti. Infatti o ogni sciupio di vita umana, qualsiasi Nome essa invochi quando vive, qualsiasi Dio preghi quando viene strappata, suscita lo stesso identico orrore; oppure facendo distinzioni oggettive e tardive si finisce per alimentare la spirale di un male capace anche oggi di
8 ergersi in tutta la sua maiuscola «personalità» sopra l'orizzonte di una società secolare. Il tempo che viviamo suscita dunque un orrore sacrosanto da trasformare in magistero. Potrebbero insegnare - il tempo e l'orrore - quanto sia stato irresponsabile accendere un fuoco lasciando che altri ne sentissero le fiamme sulla loro pelle. Ma saremmo ancor più irresponsabili se dopo aver giudicato coi parametri della realpolitik le uccisioni nelle moschee e nei bazaar, se dopo aver digiunato controvoglia quando il Papa si schierò contro gli «insorti» siriani e la brillante idea di rovesciare Assad, se dopo aver taciuto dei cristiani che si uccisero a Odessa, se dopo aver ignorato la cancrena di Somalia e i Libia, dimenticassimo che questo è un «Ernstfall, un «caso serio» per i credenti e per i non credenti. La stessa espressione di Hans Urs von Balthasar, infatti la usava lo storico dell'autunno del Medioevo, Johan Huizinga per indicare l'inizio dello stato di guerra: quello che impiglia l'umanità nei «lacci demoniaci del gioco» che presenta come «extrema ratio» quella che si palesa sempre come «extrema rabies». Sta dunque a chi ha responsabilità politica cogliere questo «Ernstfall» e spiegare apertis verbis che quel «silenzio» contro cui inveisce con il Papa ogni uomo di buona volontà cesserà solo quando ci si renderà conto quanto serva la pace con la Russia, una politica estera attiva e di mediazione nei quadranti di crisi, un ripensamento della Nato, un accordo con gli sciiti, una minaccia seria a quegli emirati e regni che con il loro denaro spingono in bocca al demone dello stragismo migliaia di giovani sunniti. Sta a chi ha responsabilità di fede sapere che il cinico gioco di usare i morti cristiani per tener vivo un fronte che si sposta senza spegnersi da un terzo di secolo sarà il «caso serio» di una nuova «extrema rabies» che non difenderà i cristiani da nulla ma li consegnerà come sempre agli Unni di turno: e porrà a tutti il dilemma di Cordula. Un papa dall'africa nera di Sandro Magister Sarebbe il primo nella storia. E potrebbe essere il prossimo. Un nome: Robert Sarah. Autore di un libro rivelazione L'ha detto lui, con candore: "Ho la sensazione che Dio mi ha messo qui per una cosa breve". Quattro o cinque anni, o anche meno. È naturale che questa confidenza di papa Francesco abbia rinfocolato le congetture su chi gli succederà. E subito è balzato in testa alle classifiche di scommettitori e di intenditori il cardinale che è stato battezzato "il papa Francesco dell'asia", Luis Antonio Gokim Tagle, filippino con madre cinese, 56 anni, uno che viaggia sui bus, che accoglie i barboni in cattedrale, che non condanna ma abbraccia, e ha anche fatto studi di teologia negli Stati Uniti con rinomati maestri "liberal". Era suo il volto gioioso che compariva a fianco di Francesco nel trionfale viaggio nelle Filippine dello scorso gennaio. Ma pochi hanno notato che Francesco aveva condotto con sé da Roma un altro cardinale, che in quelle isole si era già recato dopo il maremoto del 2013 a portare "la carità del papa", nella sua qualità di presidente di "Cor unum". Il suo nome è Robert Sarah, è africano della Guinea, ha 70 anni. Era ai più uno sconosciuto, prima che un suo libro-intervista uscito in Francia un mese fa rivelasse il suo stupefacente profilo. Francesco l'ha sorprendentemente promosso, lo scorso novembre, a prefetto della congregazione vaticana per il culto divino, una nomina forte per la nuova curia in via di riforma. Per la Chiesa è il momento dell'africa, continente di convertiti, erano 2 milioni i cattolici nel 1900 e sono 185 milioni oggi, e terra di martiri, sgozzati come agnelli sulle rive del Mediterraneo o trucidati il Giovedì Santo in un campus universitario del Kenya. Anche di questo è fatta la biografia di Sarah. Nasce in un remoto villaggio della savana, in una famiglia fresca di conversione. A 12 anni è circonciso e iniziato alla vita adulta nella foresta. Studia per farsi prete e lo diventa, mentre la sua Guinea è sotto il regime sanguinario del marxista Sekou Touré, con il vescovo di Conakry, la capitale, imprigionato e torturato. Studia teologia a Roma, alla Gregoriana e soprattutto al Biblico, con rettore Carlo Maria Martini e con maestri come Lyonnet, Vanhoye, de la Potterie. Va per un anno alla prestigiosa École Biblique di Gerusalemme. E poi torna umile parroco nella sua Guinea, a piedi nella savana per raggiungere l'ultimo fedele, tra una popolazione a maggioranza musulmana. Finché nel 1978 Paolo VI lo fa vescovo, il più giovane del mondo, a 33 anni. E gli affida Conakry, con Sekou Touré sempre più inferocito contro questo nuovo pastore indomito difensore della fede. Dopo la morte improvvisa del tiranno, nel 1984, scopriranno che Sarah era il
9 primo sulla lista dei nemici da eliminare. A Roma lo chiama Giovanni Paolo II nel 2001 e lo fa segretario della congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, a prendersi cura delle oltre mille diocesi dei paesi di missione. E quando il suo prefetto si ammala diventa, dal 2008, l'effettivo numero uno di Propaganda Fide, a contatto personale con Benedetto XVI che nel 2010 lo fa cardinale e presidente di "Cor unum". Per papa Joseph Ratzinger Sarah ha una sconfinata ammirazione. Condivide con lui l'idea che per la Chiesa d'oggi la priorità assoluta è portare Dio nel cuore delle civiltà, sia quelle d'antica cristianità offuscata o rinnegata, sia quelle ancora pagane. È lo stesso obiettivo che egli attribuisce al Concilio Vaticano II. Questo e non altro, perché l'eclisse di Dio è il decadimento dell'uomo. "Dieu ou rien", Dio o niente, è il titolo del suo libro, più di quattrocento pagine folgoranti per profondità e per nettezza. Anche la carità ai reietti del mondo deve rivelare Dio. Senza sconti. Non è accettabile, dice Sarah, che "mentre dei cristiani muoiono per la loro fedeltà a Gesù, in Occidente degli uomini di Chiesa discettino per ridurre al minimo le esigenze del Vangelo". Il cardinale Walter Kasper, il primo dei grandi elettori di Jorge Mario Bergoglio, già pensa al dopo e si inquieta. Si è chiesto nella sua ultima intervista: "Rimarrà il pontificato di Francesco solo un breve interludio nella storia della Chiesa?". PAGINE SCELTE DA "DIEU OU RIEN" di Robert Sarah MISERICORDIA SENZA CONVERSIONE - Ormai non si sbaglia quando si constata che esiste una forma di rifiuto dei dogmi della Chiesa, o una distanza crescente tra gli uomini, i fedeli e i dogmi. Sulla questione del matrimonio, esiste un fossato tra un certo mondo e la Chiesa. La domanda è alla fine molto semplice: è il mondo che deve cambiare attitudine o la Chiesa la sua fedeltà a Dio? Perché se i fedeli amano ancora la Chiesa e il papa, ma non applicano la sua dottrina, non cambiando niente nelle loro vite, nemmeno dopo essersi recati ad ascoltare il successore di Pietro a Roma, che futuro dobbiamo aspettarci? Molti fedeli gioiscono a sentir parlare della misericordia divina, e sperano che la radicalità del Vangelo potrà mitigarsi anche a favore di coloro che hanno fatto la scelta di vivere in rottura con l'amore crocifisso di Gesù. Pensano che a causa dell'infinita bontà del Signore tutto è possibile, anche decidendo di non cambiare niente della loro vita. Per molti, è normale che Dio versi su di loro la sua misericordia mentre dimorano nel peccato. Non capiscono che la luce e le tenebre non possono coesistere, nonostante i molteplici appelli di san Paolo: "Che diremo dunque? Rimaniamo nel peccato perché abbondi la grazia? No di certo!" [ ] Questa confusione esige risposte rapide. La Chiesa non può più andare avanti come se la realtà non esistesse: non può più accontentarsi di entusiasmi effimeri, che durano lo spazio di grandi raduni o di assemblee liturgiche per quanto belle e ricche siano. Non potremo più a lungo risparmiare una riflessione pratica sul soggettivismo in quanto radice della maggior parte degli errori attuali. A che serve sapere che l'account tweetter del papa è seguito da centinaia di migliaia di persone se gli uomini non cambiano concretamente le loro vite? A che serve allineare le cifre mirabolanti delle folle che fanno ressa davanti ai papi se non siamo sicuri che le conversioni siano reali e profonde? [ ] Di fronte all'ondata di soggettivismo che sembra travolgere il mondo, gli uomini di Chiesa devono guardarsi dal negare la realtà, beandosi di apparenze e di gloria ingannevoli. [ ] Per mettere in moto un cambiamento radicale della vita concreta, l'insegnamento di Gesù e della Chiesa deve raggiungere il cuore dell'uomo. Due millenni fa, gli apostoli hanno seguito Cristo. Hanno lasciato tutto e la loro esistenza non è stata più la stessa. Ancor oggi il cammino degli apostoli è un modello. La Chiesa deve ritrovare una visione. Se il suo insegnamento non è compreso, non deve temere di rimettere cento volte alla prova le sue capacità. Non si tratta di rammollire le esigenze del Vangelo o di cambiare la dottrina di Gesù e degli apostoli per adattarsi alle mode evanescenti, ma di rimetterci radicalmente in causa sulla maniera in cui noi stessi viviamo il Vangelo di Gesù e presentiamo il dogma. NESSUNO, NEMMENO IL PAPA - Francesco ha intitolato un capitolo della sua esortazione: "La realtà è più importante dell'idea". [ ] Io penso che il papa desideri ardentemente dare alla Chiesa il gusto del reale, nel senso che dei cristiani e anche dei chierici possono talvolta avere la tentazione di nascondersi dietro a delle idee per dimenticare le situazioni reali delle persone. All'opposto, alcuni temono che questa
10 concezione del papa metta in pericolo l'integrità del magistero. Il dibattito recente sul problema dei divorziati e dei risposati è stato spesso condotto da questo tipo di tensione. Da parte mia, non credo che il pensiero del papa sia di mettere in pericolo l'integrità del magistero. In effetti, nessuno, nemmeno il papa, può demolire o cambiare l'insegnamento di Cristo. Nessuno, nemmeno il papa, può opporre la pastorale alla dottrina. Sarebbe ribellarsi contro Gesù Cristo e il suo insegnamento. UNA NUOVA FORMA DI ERESIA - Stando alla mia esperienza, in particolare dopo ventitré anni come arcivescovo di Conakry e nove anni come segretario della congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, la questione dei credenti divorziati o risposati civilmente non è una sfida urgente per le Chiese dell'africa e dell'asia. Al contrario, si tratta di un'ossessione di certe Chiese occidentali che vogliono imporre delle soluzioni dette "teologicamente responsabili e pastoralmente appropriate", le quali contraddicono radicalmente l'insegnamento di Gesù e del magistero della Chiesa. [ ] Di fronte alla crisi morale, in modo particolare a quella del matrimonio e della famiglia, la Chiesa può contribuire alla ricerca di soluzioni giuste e costruttive, ma non ha altre possibilità che di parteciparvi facendo riferimento in modo vigoroso a ciò che la fede in Gesù Cristo apporta di proprio e di unico all'impresa umana. In questo senso, non è possibile immaginare una qualsiasi distorsione tra il magistero e la pastorale. L'idea che consisterebbe nel riporre il magistero in un bello scrigno separandolo dalla pratica pastorale, la quale potrebbe evolvere a seconda delle circostanze, delle mode e delle passioni, è una forma di eresia, una pericolosa patologia schizofrenica. Affermo dunque solennemente che la Chiesa d'africa si opporrà fermamente a ogni ribellione contro l'insegnamento di Gesù e del magistero. [ ] Come potrebbe un sinodo ritornare sull'insegnamento costante, concorde e approfondito del beato Paolo VI, di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI? Io pongo la mia fiducia nella fedeltà di Francesco. IL VERO SCANDALO, NEL SECOLO DEI MARTIRI - I martiri sono il segno che Dio è vivo e sempre presente in mezzo a noi. [ ] Nella morte crudele di tanti cristiani fucilati, crocifissi, decapitati, torturati e bruciati vivi si compie "il rovesciamento di Dio contro se stesso" per il sollievo e la salvezza del mondo. [ ] [Ma] mentre dei cristiani muoiono per la loro fede e la loro fedeltà a Gesù, in Occidente degli uomini di Chiesa cercano di ridurre al minimo le esigenze del Vangelo. Arriviamo persino a utilizzare la misericordia di Dio, soffocando la giustizia e la verità, per "accogliere secondo i termini della 'Relatio post disceptationem' del sinodo sulla famiglia dell'ottobre 2014 le doti e le qualità che le persone omosessuali hanno da offrire alla comunità cristiana". Questo documento proseguiva inoltre affermando che "la questione omosessuale ci interpella in una seria riflessione su come elaborare cammini realistici di crescita affettiva e di maturità umana ed evangelica integrando la dimensione sessuale". In realtà il vero scandalo non è l'esistenza dei peccatori, poiché la misericordia e il perdono esistono sempre per loro, bensì la confusione tra il bene e il male, operata dai pastori cattolici. Se degli uomini consacrati a Dio non sono più capaci di comprendere la radicalità del Vangelo, cercando di anestetizzarlo, andremo fuori strada. Perché ecco la vera mancanza di misericordia. Mentre centinaia di migliaia di cristiani vivono ogni giorno con la paura in corpo, alcuni vogliono evitare che soffrano i divorziati risposati, che si sentirebbero discriminati essendo esclusi dalla comunione sacramentale. Malgrado uno stato di adulterio permanente, malgrado uno stato di vita che testimonia un rifiuto di adesione alla Parola che eleva coloro che sono sposati sacramentalmente a essere il segno rivelatore del mistero pasquale di Cristo, certi teologi vogliono dare l'accesso alla comunione eucaristica ai divorziati risposati. La soppressione di questo divieto della comunione sacramentale ai divorziati risposati, che si sono autorizzati essi stessi a passare oltre alla Parola di Cristo "L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto" significherebbe chiaramente la negazione dell'indissolubilità del matrimonio sacramentale. [ ] Esiste oggi un'opposizione e una ribellione contro Dio, una battaglia organizzata contro Cristo e la sua Chiesa. Come comprendere che dei pastori cattolici sottomettano al voto la dottrina, la legge di Dio e l'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità, sul divorzio e il secondo matrimonio, come se la Parola di Dio e il magistero debbano ormai essere vidimati, approvati dal voto della maggioranza? Gli uomini che edificano e strutturano delle strategie per uccidere Dio, demolire la dottrina e
11 l'insegnamento secolari della Chiesa saranno essi stessi inghiottiti, precipitati dalla loro vittoria nella Geenna eterna. Torna al sommario 6 SERVIZI SOCIALI / SANITÀ CORRIERE DELLA SERA Pag 28 Un rene a uno sconosciuto dalla donatrice samaritana di Edoardo Stucchi Pavia, il primo caso in Italia. Ha reso possibili altri 5 trapianti È cominciata martedì mattina alle 8.30 ed è finita oggi, 72 ore dopo, la sfida italiana che ha permesso a sei persone di staccarsi dalla dialisi e ritornare a vivere con un rene nuovo. Tutto grazie a una donatrice di Pavia che ha offerto uno dei suoi reni in un gesto umanitario che non ha precedenti nella storia italiana. Il rene della donna, infatti, è servito per innescare una catena di prelievi e trapianti fra 5 coppie composte da marito e moglie o fratelli e sorelle, idonei al trapianto da vivente, ma incompatibili tra loro a livello immunologico o per gruppo sanguigno e un malato in lista d'attesa. In pratica il rene donato e prelevato alla donatrice, che in gergo tecnico si dice «samaritana», perché non è a conoscenza del beneficiario del suo dono né ha relazioni di parentela con il ricevente, è stato trapiantato nel corpo di una donna a Siena e a cascata l'altro componente della coppia di Siena ha donato il rene per il malato di una seconda coppia. Così per altre quattro coppie fino all'ultimo prelievo che è stato destinato a un paziente della lista d'attesa per i trapianti di rene da cadavere, il quale ha invece ricevuto un organo da donatore vivente. L'evento, coordinato dal Centro nazionale trapianti, diretto dal dottor Alessandro Nanni Costa, ha coinvolto 4 ospedali, con 11 squadre per 150 persone fra chirurghi, anestesisti, rianimatori, infermieri ed operatori della polizia di Stato che hanno trasportato gli organi da Pavia a Siena, quindi a Milano e successivamente di nuovo a Pisa e di nuovo a Milano per l'ultimo trapianto. L'evento, il primo in Italia (dove è previsto dal 2010: è ammessa anche negli Usa, in Olanda e in pochi altri Paesi), che si è concluso oggi, è un nuovo tassello che si aggiunge alla possibilità trapiantologica italiana. Finora la maggior parte dei trapianti di rene avviene con il prelievo di un organo da cadavere e soltanto nel 10% dei casi tramite una donazione da una persona vivente che decide di donare uno dei suoi due reni. «Quello che è successo - ha spiegato il dottor Giacomo Colussi, nefrologo, il cui centro di Niguarda è intervenuto nella catena dei trapianti incrociati - ha dello straordinario per il tipo di donazione e per la quantità di successivi incroci. Apre inoltre speranze nel meccanismo di scambio fra coppie incompatibili, permettendo l'utilizzo effettivo di ogni possibile donatore». Per «trapianto incrociato di rene da donatore vivente (cross-over)» si intende l'evento in cui il donatore e il ricevente di una stessa coppia non sono compatibili. In tal caso, e in presenza di almeno un'altra coppia in situazione analoga, i donatori e i riceventi delle due diverse coppie, se biologicamente compatibili, si «incrociano». Complessivamente in Italia sono stati eseguiti 17 trapianti cross over nei due centri ospedalieri di Pisa e Siena. L'evento di oggi, però, è stato possibile soltanto grazie alla donazione samaritana. Complessivamente nel 2014 sono stati eseguiti trapianti di rene da cadavere e 252 tra viventi, con un incremento di 26 interventi rispetto al 2013 e 62 rispetto al I destinatari dei trapianti di rene sono persone con funzioni compromesse al punto da richiedere la dialisi o il trapianto. Ma dei dializzati soltanto poche migliaia (circa ) sono candidate al trapianto e non tutti riceveranno un rene nel corso della loro vita. Torna al sommario 7 - CITTÀ, AMMINISTRAZIONE E POLITICA AVVENIRE Pag 11 Logos e carne. Incroci a Venezia di Roberto I. Zanini Presentato ieri il padiglione vaticano alla prossima Biennale. Scelti tre giovani artisti chiamati a dare corpo all idea evocata nel Prologo del Vangelo di Giovanni
12 C è un piano interpretativo artisticoculturale e ce n è uno pastorale. I due si intersecano da decenni in quello che il cardinale Gianfranco Ravasi ha definito il «doppio divorzio» fra arte e sacro, fra arte contemporanea (simbolica) e fruizione popolare. Fondere i due piani e sanarne le spaccature è l idea che anima il progetto che ha condotto la Santa Sede a partecipare con un suo padiglione alla Biennale d Arte di Venezia (al via dal 9 maggio) per la seconda edizione consecutiva. Come il padiglione di due anni fa anche quello di quest anno è legato al tema teologico del 'principio'. Nel 2013 era 'il principio' della Genesi, nel 2015 sarà 'il principio' del Prologo di Giovanni con uno stretto collegamento che lega il versetto 1, «In principio era il Verbo», al versetto 14, «il Verbo si fece carne». È così che il padiglione della Santa Sede alla cinquantaseiesima Biennale si intitola: 'In principio... La Parola si fece carne'. Un tema ricchissimo di risvolti e di 'opportunità' artistiche, che gli organizzatori hanno voluto centrare, e in qualche modo circoscrivere, proponendo in parallelo la lettura della parabola del Buon Samaritano (Lc 10, 25-37). Argomento che presenta le urgenze del mondo contemporaneo e ben esprime l accento sulla Misericordia fin qui posto da papa Bergoglio sul suo pontificato. «Il Dio fatto carne ha spiegato Ravasi ieri a Roma presentando l iniziativa in Sala stampa vaticana, insieme alla curatrice Micol Forti e al presidente della Biennale Paolo Baratta soccorre l uomo ferito, segnato dalla morte e dalla fragilità». Dal punto di vista della proposta artistica «la dimensione verticaletrascendente del Logos e quella orizzontale- immanente della carne costituiscono gli assi della ricerca. Al loro 'incrociarsi' occorre fare riferimento per capire le singole opere e il senso stesso del Padiglione». Anche la scelta degli artisti da portare alla Biennale risponde alla logica di fondere insieme più piani interpretativi. A spiegarlo è stata Micol Forti. Così come nel 2013 erano stati selezionati autori «maturi e affermati», per questa edizione «abbiamo portato tre 'esordienti'»: Mario Macilau (Mozambico), Elpida Hadzi Vasileva (Macedonia), Monika Bravo (Colombia). Rappresentano «tre mondi culturalmente distanti fra loro: Africa, Europa, Sudamerica. Ma anche tre significative fasce d età: e 50 anni con differenti linguaggi espressivi». Inoltre «abbiamo voluto dare spazio al sentire femminile, per questo ci sono due donne». Le loro opere, appositamente realizzate per il padiglione, sono state allestite dall architetto Roberto Pulitani con una modalità che offre al visitatore la possibilità di 'leggerle insieme', alla luce del grande tema espositivo. Riguardo al rapporto fra arte moderna e religiosità, sia Ravasi che Baratta hanno sottolineato come sia insito all esperienza artistica il desiderio di «squarciare l immediato» per «andare oltre, verso il trascendente, l infinito», «dilatare la capacità di vedere e abbracciare quanto più mondo possibile». E l iniziativa della Santa Sede intende, appunto, ridare vigore alle tematiche spirituali nell arte, rispondere alla crisi dell arte sacra con «l impegno futuro di favorire una nuova arte liturgica» capace di parlare alla modernità. Questioni che il cardinale Ravasi ha definito «temi urgenti dell agenda pastorale». Monika Bravo - Viene dalla Colombia, s interroga su natura e parola Nata a Bogotà in Colombia nel 1964, Monika Bravo vive e lavora fra New York (dove risiede dal 1994) e la sua città natale. La curiosità intellettuale per la diversità delle culture e delle espressioni artistiche è uno dei fili conduttori della sua ricerca. Le sue opere, spesso eseguite col supporto di schermi, proiezioni, sistemi digitali sono tese a rintracciare gli elementi comuni dai quali derivano le diversità, nella convinzione che attraverso l arte il dialogo sia sempre possibile. Sempre presenti le tradizioni colombiane con le loro radici religiose e l intensa presenza del colore. Ha partecipato a importanti esposizioni al MoCa di Los Angeles, al MoMa, al Brooklin Museum, al New Museum, alla Tate Britain, allo Sternesen Museum di Oslo. Ha realizzato videoinstallazioni permanenti per l Università di Austin e per l aeroporto internazionale di Los Angeles. L opera per il padiglione vaticano alla Biennale si intitola 'Arche-Types. The sound of de world is beyond sense. Si tratta di sei schermi posti su pareti colorate in cui natura, realtà e parola si fondono in un continuo narrativo. Elpida Hazdi-Vasileva - Il materiale di scarto diventa estetica nell artista macedone Elpida Hadzi-Vasileva è nata a Kavadarci in Macedonia nel Vive e lavora a Brighton in Gran Bretagna, dove si è trasferita dall età di 15 anni. Nel 1988 ha
13 conseguito il Master of arts in scultura al Royal College of Art di Londra. Dal principio del nuovo millennio ha esposto in numerosi Paesi europei fra i quali l Italia. Le sue installazioni sono opere di respiro teatrale e architettonico che combinano la scultura alla fotografia e alle immagini digitali. L idea che le anima è quella di coinvolgere tutti i sensi del visitatore, che viene invitato a toccarle, scoprirle, abitarle. Per realizzarle vengono utilizzati metalli di varia natura, oggetti preziosi, prodotti alimentari, scarti organici e di lavorazione recuperati, ricomposti e montati per fornire la sensazione e il concetto di generazione di nuova materia. Per il padiglione ha progettato una grande installazione architettonica (richiama la 'tenda del Signore' nella quale era contenuta l Arca dell Alleanza) che conduce il visitatore in un esperienza ad alto valore simbolico con al centro un pannello con la 'Adorazione dell Agnello mistico' di Jan van Eyck. Mario Macilau - Ed ecco in bianco e nero i ragazzi di strada di Maputo Vive a Maputo, in Mozambico, dove è nato nel Mario Macilau ha iniziato la sua attività di fotografo a quindici anni cogliendo l immagine di una donna intenta a vendere in un mercato di strada. Da allora ha sempre raccontato le condizioni di uomini, donne e adolescenti provati dall oppressione, dall ingiustizia, dalla povertà. Nei suoi scatti, che fermano la cruda realtà, non c è solo l Africa, ma anche situazioni estreme di tanti angoli del Sudamerica. Pur raccontando fatti concreti le sue immagini (con raro uso del colore) non cedono mai alle logiche della cronaca giornalistica o documentaristica, ma sono sempre capaci di fornire forti sensazioni poetiche, che elevano il contenuto a concetto astratto e universale. Viene considerato un astro nascente della fotografia e i suoi lavori sono stati esposti in Brasile, Cina, Usa e Gran Bretagna. Per il padiglione ha realizzato 12 fotografie (133 per 200) fortemente evocative che colgono la quotidianità di ragazzi di strada. LA NUOVA Pagg Città a traffico limitato, un altra rivoluzione di Enrico Tantucci e Vera Mantengoli Varata da Zappalorto per la circolazione acquea. La rabbia delle categorie: perché non aspettare? Il Canal Grande e i rii lagunari come un unica zona a traffico limitato. È questa la filosofia del nuovo regolamento sul traffico acqueo che il commissario straordinario del Comune Vittorio Zappalorto ha finalmente approvato, aggiornando il piano di riordino del 1997, con l obiettivo di rendere meno intasato soprattutto il Canal Grande, fissando limitazioni di orario e di percorso per tutti i mezzi acquei. Via libera ai kayak, ma solo dal pomeriggio. Per le barche a remi nessuna limitazione e una rete di Rii Blu riservate esclusivamente a loro che comprende i rii Zecchini, Trasti, Lustraferri, Grimani-moro, Maddalena, Do Torri, San Cassian, Madonetta, Ca Corner, Sant Anzolo, Santissimo, Malatin, San Maurizio e Torreselle. In Canal Grande e nei principali rii di collegamento non potranno circolare dalle 8 alle 15 nei giorni feriali e dalle 8 alle 13 il sabato, kayak, canoe, jole, dragon boat, pattini, pedalò e tavole a remi. Via libera invece nel pomeriggio per kayak e dintorni, purché abbiano a bordo un fanale bianco per luce ininterrotta da accendere dal tramonto all alba. Niente gondole prima delle 9 e 30 e divieto di sorpasso. Le gondole e i sandoli in servizio pubblico non di linea non potranno circolare dalle 3 alle 9.30 nei giorni feriali e alle 9 per i festivi. Nel Canal Grande tra il rio del Fondaco dei Tedeschi e quello di San Luca, dalle 9 alle 18, c è per le gondole il divieto di attraversare tra il rio di San Luca e quello di San Giovanni Grisostomo (tranne che per il servizio di traghetto del Carbon e dalle 12, per le gondole degli stazi della Cerva e di Riva del Vin). Divieto di sorpasso e obbligo di tenere la destra e procedere in fila indiana Da Santa Sofia e San Silvestro e obbligo di tenere la sinistra provenendo in senso contrario. Le gondole in servizio pubblico di traghetto hanno la precedenza su tutte le unità a motore, compresi i vaporetti dell Actv. La gondola deve evitare di iniziare a attraversare il Canal Grande, in caso di presenza ravvicinata, a sinistra o a dritta, del mezzo di linea o quando quest ultimo si sia già staccato dall approdo più vicino. Niente barche a motore in giro senza licenza comunale. Vietata sempre la circolazione delle barche a motore che non abbiano l autorizzazione o la licenza comunale. Vietata anche la circolazione dei Gran Turismo in tutti i canali comunali con l eccezione del tratto di
14 Canal Grande tra il Ponte della Ferrovia e quello della Costituzione. Tutte le barche a motore potranno circolare solo se munite di contrassegno di identificazione. Stabilita anche una lunga serie di sensi unici per la circolazione delle barche a motore, come Rio Santi Apostoli, Rio San Giovanni Grisostomo, Rio del Malibran, Rio della Camonica, Rio dei Greci, Rio Marin, Rio di San Trovaso, tra gli altri. Nel Rio Novo-Rio di Ca Foscari dalle 8 alle 12 senso unico lungo la direttrice Piazzale Roma-Canal Grande. Circolazione del trasporto merci. Non potranno circolare le barche di trasporto merci con stazza superiori a 15 tonnellate nei rii e nei canali a traffico limitato come il Canal Grande. Quelle di stazza inferiore circoleranno dalle 4 alle 22 (dalle 8 alle 20 nei festivi). Limiti di tonnellaggio e di larghezza fissati per tutti i rii cittadini. In Canal Grande, dalle 12 alle 15 senso unico per il trasporto merci in direzione Piazzale Roma-Punta della Dogana e divieto di transito per le barche larghe più di 2 metri e 80 centimetri. Vietata dalle 15 alle 4 la circolazione nei rii interni del sestiere di San Marco. Circolazione dei taxi. Potranno circolare dalle 0 alle 24 tutti i giorni, ma nel Canal Grande dalle 8 alle 12 non potranno circolare vuoti o furi servizio, Divieto di transito in Canal Grande (tra rio del Fondaco dei Tedeschi e rio di San Salvador) divieto di transito dalle 8 alle 12 per le barche in servizio di noleggio. Barche da diporto. Potranno circolare solo le barche da diporto dei residenti del Comune di Venezia, non più larghe cdi 2 metri e 40. Nel canal Grande è invece vietata anche per loro la circolazione dalle 8 alle 12 nei giorni feriali e così per le unità adibite a trasporto persone in conto proprio. Niente sorpassi Actv sotto il ponte di Rialto. Anche ai vaporetti Actv di larghezza superiore ai 3 metri e mezzo è vietato incrociarsi o sorpassarsi nel tratto di Canal Grande sottostante il ponte di Rialto. Monitoraggio del traffico acqueo. Per consentire il monitoraggio del traffico acqueo e delle rive di carico e scarico merci, le imbarcazioni dovranno essere dotate di un sistema di Gps visibile dal sistema Argos adottato dal Comune. Vietati i bracci retrattili. È vietato l appoggio su rive, fondamenta, pontili e suoli pubblici, di bracci retrattili, funzionali all uso delle gru in dotazione alle imbarcazioni. Perché non aspettare il futuro sindaco per definire meglio il traffico acqueo? Davanti alle nuove disposizioni sulla circolazione, le categorie trovano che sia meglio dialogare con chi governerà la città, chiedendo di ascoltare le voci di chi Venezia la conosce prima di tutto dai canali. «Nessuno ha mai chiesto niente a noi trasportatori ha detto Massimiliano Brusato, presidente trasportatori conto terzi della Confartigianato nemmeno dopo il video che mostra le condizioni in cui ci ritroviamo a lavorare («Trasporti alla deriva» di Maria Stella Donà, ndr). Limitare lo scarico merci alle 12 (comma c; art. 11, ndr) è pura fantascienza. Qualcuno ci deve spiegare prima di tutto come facciamo a scaricare tutto in un ora e mezza dato che molti negozi aprono alle Secondo, come facciamo per quei tipi di trasporto che avvengono dopo le 12, come corrieri espressi, consegne di mobili o traslochi? Bisogna sedersi a un tavolo, ascoltare le problematiche di tutti e poi scrivere le disposizioni che vengono cambiate di continuo». Per i gondolieri invece il punto critico è quello sull obbligo di rispettare un senso di marcia, come descritto nell articolo 3 del regolamento: «Tenere una mano ha detto Andrea Balbi, vice presidente Associazione dei Gondolieri potrebbe essere un problema. Noi che lo facciamo di lavoro ogni giorno, pensiamo che il gondoliere dovrebbe scegliere il lato opportuno e non esser obbligato a tenere un verso. Per quanto riguarda la zona rialtina, dal Ponte dei Tedeschi, fino a Palazzo Grimani, ci si può riuscire, ma per tutto il resto è difficile. L acqua dei canali cambia a seconda delle condizioni atmosferiche, della corrente e del traffico ed è per questo che il gondoliere deve essere libero di scegliere il lato più percorribile». Per quanto riguarda invece lo Stazio della Cerva di Riva del Ferro se ne parlerà dopo la conclusione dei lavori del pontile della linea 2: «Credo sia meglio confrontarsi con le nuove forze politiche ha detto Balbi e trovare una soluzione con il prossimo sindaco». Per i tassisti non ci sono stati cambiamenti, ma si conferma la differenza tra chi ha la sola licenza taxi e chi la bivalente (vecchie licenze più nolo): «Non hanno modificato le disposizioni tra le due diverse tipologie di licenze ha detto Andrea Marconi della Cooperativa Lepanto penalizzando la cinquantina di tassisti che hanno solo la licenza taxi e che, quando sono in extra turno, devono rispettare dei limiti a differenza degli altri che diventano a noleggio. Se queste sono le disposizioni, tutti noi tassisti, con le licenze taxi del 2000 e del 2012, ci troveremo per vedere il da farsi».
15 Torna al sommario ed inoltre oggi segnaliamo CORRIERE DELLA SERA Pag 1 Quei caduti sul fronte della legge di Giangiacomo Schiavi Un cortocircuito di follia. Una leggerezza nei controlli. E tre morti sulla scia del dovere, del semplice esercizio della responsabilità. Di colpo Milano si scopre fragile e vulnerabile nel luogo simbolo della giustizia e della sicurezza. In via Freguglia, davanti all ingresso del Tribunale, dietro transenne, poliziotti e carabinieri, con un elicottero che volteggia e le ambulanze che si incrociano, la gente in strada si chiede come mai, com è possibile sparare, uccidere e ferire in un aula di giustizia, quale mente diabolica c è dietro una messinscena del genere e che cosa può succedere, ovunque ormai, se i presidi di sicurezza vacillano e la ferocia di una vendetta non conosce limiti. Quali risposte darà adesso lo Stato ai familiari del giudice, dell avvocato, dell ex socio, caduti sul fronte della legge, emblema del rischio che comporta assumersi il dovere dell onestà? Quale risarcimento ci può essere al dolore immenso di una vita perduta dopo un attentato che ha colpito il luogo della legalità e della giustizia? C è incredulità e sconcerto anche tra i magistrati, quasi una rabbia muta e un senso di sofferenza, perché è stato colpito chi applicava la legge. Gherardo Colombo, l ex magistrato di Mani Pulite, è frastornato e impressionato dalla facilità con cui una pistola ha potuto entrare nell aula, ma parla anche di clima ostile alla magistratura, di «sottovalutazione di un ruolo» che contribuisce alla sua delegittimazione. Si avverte il disagio per quel che si poteva fare e non si è fatto, attraverso controlli più rigorosi, con un presidio in aula, un agente di guardia nei processi più insidiosi, quelli che un tempo si affidavano ai carabinieri ma oggi, con i tagli e le esternalizzazioni, con le risorse al contagocce, si riducono sempre di più. «C è una tensione che si alza e un controllo che si abbassa», mormora un vecchio avvocato, e sembra il preludio delle misure in arrivo: nei prossimi giorni scatteranno controlli straordinarie per Milano, sicuramente arriverà qualche agente in più, c è l Expo da presidiare, e non sarà un impresa facile. Milano è scossa, ferita da una grande tragedia. Il Comitato per l Ordine e la sicurezza dura per l intero pomeriggio: bisogna rassicurare la città e i futuri visitatori. In Comune la solidarietà alle vittime si esprime con un minuto di silenzio, arriva il messaggio del Capo dello Stato Mattarella, con la difesa del ruolo dei magistrati e la richiesta di fare piena luce su quel che è successo, mentre il premier Renzi parla apertamente di una falla nei sistemi di sicurezza. Il Tribunale sembra in stato d assedio. Una vecchia cancellata arrugginita circonda l ingresso dove Claudio Giardiello, l imputato di bancarotta protagonista della mattinata di follia, è passato mostrando un falso tesserino. Ci sono cartelli dappertutto, «Modalità di accesso al Palazzo di Giustizia», «Ingresso testimoni»... Marciapiedi sconnessi, mozziconi dappertutto, l orologio di strada con i minuti sbagliati. Non è una bella immagine di efficienza. Via Freguglia sembra quella dei vecchi tempi. Televisioni, microfoni accesi, interviste a tutto spiano. Un set, come nel 92. Allora si stazionava sulle gradinate di Porta Vittoria, dove adesso c è un aiuola spelacchiata e un targa che ricorda un altro eroe civile, Marco Biagi. Tre camionette della polizia. Agenti con le armi in pugno. Un avvocato commenta: «Ma adesso tutto questo a che cosa serve?». Certi presidi di sicurezza potrebbero evitare le tensioni che alcuni processi sviluppano nelle aule, fa notare un collega di Fernando Ciampi, il giudice ucciso. Le cause per fallimento si portano dietro un carico di angoscia e disperazione. E la crisi non fa che aumentare il peso psicologico sui responsabili di un crac o di una bancarotta. Viene in mente l assassinio di Ausonio Coli, perito del Tribunale di Grosseto, colpito dall odio dell uomo che aveva contribuito a far condannare.«aveva scelto di dedicare il suo lavoro al pubblico interesse, trovando una ragione di entusiasmo e di fierezza» ha scritto di lui Umberto Ambrosoli. Chi esercita il senso del dovere, come le vittime di Milano, ci lascia un esempio che non può essere dimenticato. Ci dice che gli ostacoli si affrontano, non si aggirano. Ma oggi si può solo dire che è assurdo morire così, da servitori dello Stato, da avvocati, da semplici cittadini, in un luogo dove il rispetto della vita deve essere una garanzia per tutti.
16 Pag 5 Io, prigioniero in quelle stanze dove cerchiamo di dare giustizia di Giuseppe Buffone La lettera di un magistrato Sono da poco passate le 11. Siamo al sesto piano del Palazzo di Giustizia, in udienza. I suoni di sottofondo, all improvviso, cambiano. I telefoni squillano, si sente il calpestio di passi veloci. Risuona un boato. Siamo raggiunti da un avviso via telefono: barricarsi in stanza, pericolo di un uomo armato. Arriva anche un ordine di servizio urgente del presidente del Tribunale: sospendere le udienze, porsi in condizioni di sicurezza. Apriamo le porte delle stanze: cittadini, parti e avvocati vengono raccolti nelle aule dei giudici. Siamo tutti insieme. Abbiamo ancora la toga addosso: sembra quasi che infonda sicurezza in questo momento. Qualcuno così ci può riconoscere, sapere che siamo magistrati. Ma noi la teniamo addosso. Lascio l aula per raggiungere la mia stanza dove c è la mia collaboratrice. Ci barrichiamo. È partita una caccia all uomo che potrebbe essere proprio tra il sesto e il settimo piano. Mi guardo attorno e mi siedo: come mai non siamo al sicuro nel Palazzo che dovrebbe essere il simbolo della sicurezza? Nella stanza a fianco c è una famiglia. L intero piano ospita le cause familiari e dei minori. Ci sono tanti genitori: vedo la loro paura negli occhi. Vorrei dir loro qualcosa. Sono quasi le 12. Arriva la notizia agghiacciante. Ci sono dei morti, forse tre. Cerchiamo di comunicare all esterno ma le linee sono in tilt. Irrompe una voce: un giudice è stato ammazzato. Nel Palazzo di Giustizia, un magistrato è stato ucciso. Nel Tribunale di Milano, delle persone sono state assassinate. Il tempo sembra infinito finché non arriva una prima squadra di forze dell ordine: evacuiamo cittadini e avvocati. Restiamo noi giudici. Insieme. Sono quasi le 13, ci avviamo anche noi all esterno del Tribunale. Il killer è stato preso. Silenzio. È quello che si vede sui volti di tutti i colleghi, delle forze dell ordine, tra le persone incredule radunate oltre i cordoni di sicurezza e gli avvocati. Silenzio: non quello della rabbia o della paura. Il silenzio della sofferenza. Un altro giudice è stato ammazzato, perché un altra persona l ha deciso. Quella persona verso la quale il magistrato applicava la Legge, in nome di tutti noi. Uccidere un magistrato è un attentato alla giustizia, un attentato allo Stato di Diritto. Chi, domani, con una pistola in tasca, cercherà di nuovo di entrare in un Tribunale per attentare alla nostra giustizia? Chi assumerà come suo impegno quello di uccidere un giudice? Uccidere un giudice. Un uomo dello Stato. Non penso a chi sia responsabile per quello che è accaduto, penso a chi sarà responsabile per non avere fatto già oggi quello che è necessario affinché questa mattanza non accada più. Perché i magistrati sono al servizio di tutte le persone che hanno sete di giustizia. E, allora, uccidere un magistrato è fare un torto a tutti, uccidere una parte di tutti noi. Non si può avere paura in Tribunale, non si può temere per la propria vita, non si può morire di giustizia. Vi prego: non accettiamolo. Mai. Pag 22 Cattolico e omosessuale. L ambasciatore francese che non ha il sì del Vaticano di Stefano Montefiori I media di Parigi: la Santa Sede rifiuta di dare il suo gradimento Parigi. Il 5 gennaio scorso il Consiglio dei ministri ha indicato per il posto di ambasciatore di Francia presso la Santa Sede il nome di Laurent Stéfanini, 55 anni, cattolico praticante. Uomo di eccezionale cultura, nominato capo del protocollo dell Eliseo da Nicolas Sarkozy e mantenuto in quella posizione da François Hollande; forte dell esperienza come numero due dell ambasciata francese in Vaticano dal 2001 al 2005 e poi come consigliere per gli affari religiosi del Quai d Orsay, Stéfanini è il candidato perfetto. Ma il Vaticano non ha ancora dato il suo assenso alla nomina. In occasione del concistoro di febbraio l arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, ha consegnato a papa Francesco una lettera nella quale sottolinea le qualità di Stéfanini, ma il primo marzo l ambasciatore uscente Bruno Joubert ha lasciato villa Bonaparte per rientrare a Parigi, alla Corte dei Conti, senza essere sostituito. L ambasciata è ancora priva di ambasciatore, e prima il Canard enchaîné poi gli altri media francesi sostengono che il solo ostacolo è l omosessualità di Stéfanini. Non nascosta né esibita, eppure sufficiente per frenare una nomina che di solito procede senza intoppi. La Segreteria di Stato non si è pronunciata apertamente, non è stato opposto alcun rifiuto esplicito. Ma il silenzio, in questi casi, è altrettanto eloquente, visto l oggettiva anomalia di una sede
17 diplomatica priva di titolare da oltre un mese. La sala stampa vaticana ieri sera ha continuato su questa linea, rispondendo con «no comment». La Francia ha individuato e proposto il suo uomo, che gode di stima unanime a destra e a sinistra. Ma il Vaticano non concede l indispensabile gradimento. Non è la prima volta che la Francia si trova in difficoltà con l ambasciatore presso la Santa Sede. Nel il posto rimase vacante per un oltre un anno, dopo i rifiuti di Benedetto XVI prima nei confronti dello scrittore Denis Tillinac, divorziato e risposato, e poi di Jean-Loup Kuhn-Delforge (oggi ambasciatore francese in Grecia), apertamente omosessuale e unito al suo compagno dall unione civile Pacs. Stéfanini è celibe e non militante. Ma contro di lui sembrano avere comunque giocato gli ambienti tradizionalisti francesi, che dopo l approvazione del matrimonio degli omosessuali hanno portato in piazza migliaia di persone a protestare. Nella loro ottica la nomina di un ambasciatore gay in Vaticano è una provocazione del presidente Hollande. Mentre già circolavano i nomi di eventuali rimpiazzi (l ex ambasciatrice in Irlanda, o gli attuali rappresentati in Arabia Saudita e Svizzera), l Eliseo ieri sera ha fatto sapere che il candidato della Francia resta Stéfanini. Molti ricordano la frase di Francesco del luglio «Se una persona è gay e cerca il Signore, e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?» -, e si aspettano che alla fine l ostacolo venga superato. LA REPUBBLICA Pag 1 La rabbia con la pistola di Gad Lerner Aspettavamo il terrorista islamico e invece è arrivato il Conte Tacchia a seminare la morte nel centro di Milano, umiliando i servizi di sicurezza di una metropoli che sta preparandosi niente meno che all Esposizione Universale. Scartata la matrice jihadista - intorno alla quale, per colmo di beffa, stavano discettando il ministro Alfano e il prefetto riuniti proprio lì vicino al Tribunale nell altisonante Comitato per la sicurezza e l ordine pubblico - si era pensato in alternativa a un episodio di sociopatologia da disagio metropolitano: sono migliaia nell hinterland milanese gli uomini di mezza età che dopo aver perso il lavoro entrano nel tunnel della malattia mentale e devono ricorrere a cure psichiatriche. C era il precedente del disoccupato Luigi Prieti che per vendetta due anni fa aveva sparato a un carabiniere davanti a Palazzo Chigi. Un altro squinternato pochi giorni fa ha esploso colpi di pistola davanti al Tribunale di Reggio Calabria. Invece niente di tutto questo. Il pluriomicida Claudio Giardiello sembra spuntato piuttosto dalla sceneggiatura del film Il capitale umano di Paolo Virzì. Somiglia maledettamente all immobiliarista spiantato Dino Ossola, che nel film è interpretato da Fabrizio Bentivoglio, un arrampicatore disposto alla truffa pur di ascendere fra i nuovi ricchi della Brianza. Proprio come Giardiello, brianzolo d importazione, arrestato in un centro commerciale di Vimercate dopo aver sfogato la sua furia omicida sull ex socio, sul giudice fallimentare e sull avvocato che visto il tipo- aveva rinunciato all incarico. Non possiamo neppure tirare in ballo la grande crisi immobiliare, visto che la storiaccia dei soldi spartiti in nero fra i soci della Magenta risale al Evasione fiscale maldestra, con protagonisti degni dei soprannomi che si erano attribuiti da soli: Conte Tacchia, Tinto Brass, il Marchesino, il Predatore. Non fosse una tragedia, ci sarebbe da ridere e da farci un altro film di genere brianzolo, nonostante le polemiche suscitate da Il capitale umano in quella provincia che si sentì diffamata. La rovina economica dopo il miraggio dei milioni facili sottratti ai bilanci, ha mandato fuori i testa uno dei tanti avventurieri nostalgici della Milano da bere. Gente che al cospetto di un giro d affari troppo grossi, così grossi da richiamare a Milano i capitali stranieri tagliando fuori ciò che resta della borghesia ambrosiana, si aggira sperduta ai margini, ricacciata nella mediocrità. L allarme sociale, la nuova violenza metropolitana, checché ne dicano i profittatori alla Salvini, non ha il volto degli emarginati di sempre, i soliti famigerati rom. Ci fu, è vero, l orribile caso dell africano Kabobo che in preda a una crisi massacrò a picconate tre passanti nel maggio 2013 in zona Bovisa. Seguito da un italiano fuori di testa, il grafico Davide Frigatti, che fra Cinisello e Sesto San Giovanni, accoltellò a morte un malcapitato e ne ferì gravemente altri due nel giugno Casi estremi di malattia mentale che trasforma dei poveracci in assassini, lontano dai giri dell immobiliare e dei bilanci truccati. In comune con il giustiziere killer di Palazzo di Giustizia hanno solo la follia violenta che dilaga in una società sempre più abituata a considerare le regole come
18 intralcio per i fessi. Perché l arricchimento è un terno al lotto, fare fatica è la sorte degli sfigati. Una malattia sociale, oltre che una malattia mentale. Milano si ritrova ferita e umiliata proprio nel luogo simbolo dell amministrazione della giustizia, là dove, in condizioni ostiche, si cerca di combatterne la criminalità organizzata sempre più forte e la corruzione mai estirpata. E proprio qui si misura la gravità dello scandalo che ci fa sentire in balia del primo violento che passa. E scandaloso, si è giustamente denunciato, che Claudio Giardiello sia potuto entrare in Tribunale armato di pistola, eludendo con facilità il controllo dei metal detector. Ma è addirittura incredibile che dopo aver sparato numerosi colpi di pistola, quando avrebbe dovuto scattare un collaudato servizio di sicurezza, mentre centinaia di persone sciamavano in preda al panico, l assassino abbia potuto andarsene via indisturbato a bordo della sua moto. Bravi i carabinieri che lo hanno intercettato a chilometri di distanza. Ma chi avrebbe dovuto bloccare subito le uscite, e fare filtro per evitare che tra i fuggiaschi potessero confondersi il killer o chissà quali altri attentatori, si è rivelato vergognosamente inadeguato. Ieri Milano non ha assistito solo alla morte assurda di quattro innocenti, tra cui un giudice che stava amministrando la giustizia in nome dello Stato. La città dell Expo ha anche evidenziato davanti al mondo di trovarsi in balia in uno dei suoi punti nevralgici - di chiunque progetti nei prossimi mesi di seminarvi il terrore. I responsabili di questa disastrosa inefficienza degli apparati di sicurezza devono essere puniti con severità. E speriamo che ci sia il tempo di correre ai ripari dopo una tale esibizione di sprovvedutezza. Sullo sfondo, dietro alla pistola fumante di Claudio Giardiello, aleggia una rabbia ferina, diffusa e inquietante. Le forze dell ordine ne sono consapevoli, almeno ai loro livelli più bassi. Martedì scorso sono andato al Comando della Polizia Stradale in via Jacopino da Tradate, nella difficile periferia nord-ovest, per pagare una multa. All ingresso mi sono ritrovato davanti un agente col mitra e il giubbotto antiproiettile che mi ha minuziosamente perquisito, davanti e di dietro. Gli ho chiesto se fosse prevenzione antiterrorismo e lui mi ha risposto: Veramente qui arriva gente furibonda, che vive le contravvenzioni come un sopruso. Dobbiamo controllare che non entrino armati e non abbiano strane idee di vendetta. Perché invece a Palazzo di Giustizia, in pieno centro, un killer può passare indisturbato? Pag 1 La promessa di Mattarella di Stefano Folli Il cordoglio di Sergio Mattarella per la tragedia di Milano è stato immediato e le sue parole erano dense di commozione, prive della ritualità formale che talvolta domina in circostanze analoghe. Ma il capo dello Stato è andato oltre. Ha preso la parola di fronte al plenum del Csm, convocato in seduta straordinaria, e ha lanciato un messaggio politico-istituzionale. Il primo, si potrebbe dire, del suo settennato, a parte il discorso di investitura. È un messaggio che colloca l'omicidio dello sfortunato giudice Ciampi sullo sfondo degli attacchi subiti dalla magistratura in questi anni. «Basta gettare discredito sui magistrati» dice il presidente della Repubblica con una veemenza e uno sdegno che fa giustizia una volta per tutte dello stereotipo dell'uomo algido e distaccato, mero notaio al vertice delle istituzioni. Mattarella ha dimostrato di essere un'altra persona e chi lo conosce non se ne meraviglia affatto. Si conferma che il tema della giustizia per lui è cruciale, visto che lo ha scelto per cominciare a definire l'immagine pubblica di se stesso come capo dello Stato (e quindi presidente del Csm). Non sarebbe stato necessario, a stretto rigore di logica, convocare il "plenum" straordinario per l'eccidio provocato dallo squilibrio di un uomo che intendeva vendicare un presunto torto. Se Mattarella lo ha fatto, è stato per rendere omaggio alla magistratura e ribadire quanto aveva già detto qualche settimana fa, quando volle rassicurare le toghe a proposito della legge sulla responsabilità civile: al Quirinale egli intende garantire e difendere con tutta la determinazione necessaria l'autonomia dell'ordine giudiziario. E quindi chi lo ha «screditato» in questi anni avrà nel presidente della Repubblica un avversario intransigente. Si tratta di un impegno molto preciso. Annunciato sullo sfondo di un fatto di sangue - benché non prodotto da una violenza politica, terroristica o mafiosa -, esso acquista una valenza solenne e dà una prima impronta pubblica al mandato di Mattarella. Certo, il capo dello Stato non ha citato i responsabili del «discredito», ma ognuno è in grado di stilare una propria personale lista con nomi e cognomi. Di sicuro Berlusconi e i suoi non hanno motivo di rallegrarsi. E non solo loro: tutti coloro, anche a
19 sinistra, che hanno considerato eccessivo il potere acquisito dalla magistratura negli anni della politica debole, ora dovranno riflettere. Mattarella ha fatto sapere che il ritorno della politica, cioè il rafforzamento dell' esecutivo e del processo decisionale, non deve e non può avvenire a scapito dei magistrati e della loro funzione. Sembra di capire, in altri termini, che il presidente non condivide la tesi di un sistema giudiziario che nella lunga stagione della «transizione»è andato al di là dei suoi confini. Se c'è stato conflitto con il mondo politico è solo perché qualcuno in questo ambito ha cercato di prevaricare sulla magistratura, tentando di piegarla e, appunto, di screditarla. Inutile dire che il registro e i toni di Mattarella sono diversi da quelli di Giorgio Napolitano. C'è una differenza di fondo anche perché quest'ultimo non aveva lesinato critiche ai magistrati, in qualche caso molto dure. E più volte li aveva invitati a condividere, senza ostacolarle, le riforme che li coinvolgono, evitando di apparire all'esterno come una corporazione. Nulla autorizza a pensare che nella sostanza Mattarella voglia discostarsi dal solco del predecessore. Ma è indicativo che egli abbia voluto in primo luogo restituire fiducia al sistema giudiziario troppo a lungo coinvolto nelle polemiche. L'Italia di domani dovrà nascere dell'equilibrio dei poteri e non dal loro scontro permanente. La drammatica sparatoria al tribunale di Milano è servita per sottolinearlo. Pag 29 Il Vaticano non accetta l ambasciatore gay. L Eliseo va allo scontro: Il candidato è lui di Anais Ginori e Marco Ansaldo Il gelo della Santa Sede: Questione chiusa Parigi. «Non cambieremo candidato». L'Eliseo fa sapere che non ci saranno ripensamenti sulla scelta di nominare Laurent Stefanini come ambasciatore alla Santa Sede. «È uno dei nostri migliori diplomatici e ha tutte le qualità necessarie per ricoprire quel ruolo», spiega una fonte vicina a François Hollande al giornale cattolico La Croix. Nominato da quattro mesi, Stefanini non si è ancora mai insediato perché il Vaticano non ha dato il gradimento che richiede normalmente la procedura. L'ex capo del protocollo del ministero degli Esteri ha già lavorato all'ambasciata francese presso la Santa Sede, ma è anche un omosessuale dichiarato, dettaglio che ha messo in crisi la procedura di insediamento. Si profila insomma un nuovo, pesante scontro con il Vaticano e il mondo cattolico per il governo francese, dopo le dure proteste contro la legge che ha autorizzato i matrimoni gay. Stefanini, 54 anni, cattolico fervente, celibe senza figli, è stato nominato il 5 gennaio scorso da Hollande in consiglio dei ministri per succedere a Bruno Joubert nella sede diplomatica di Villa Bonaparte. Doveva insediarsi il primo marzo ma è rimasto bloccato a Parigi anche se la nomina di Stefanini ha ricevuto ufficialmente l'approvazione della Conferenza episcopale, e in particolare dall'arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois. Il diplomatico aveva già frequentato la Santa Sede tra il 2001 e il 2005 riscontrando, dicono persone a lui vicine, l'apprezzamento della gerarchia vaticana. Stefanini avrebbe anche il sostegno esplicito del cardinale francese Jean-Louis Tauran. La rivolta è venuta da esponenti del movimento della "Manif pour tous", che ha organizzato i cortei contro l'approvazione delle nozze gay. Alcuni dirigenti della "Manif pour tous" si sarebbero mobilitati in forze contro la scelta di Hollande, considerata come «una provocazione». Il leader socialista era già stato accolto con un'inedita freddezza da parte di Papa Francesco durante la sua prima visita in Vaticano, l'anno scorso. Ora la scelta di mandare Stefanini come ambasciatore presso la Santa Sede rischia di riaprire le polemiche tra Parigi e Vaticano. «La sessualità è una questione strettamente privata, ci asteniamo da ogni commento», puntualizzano a Parigi, spiegando che in questo genere di dossier «non c'è mai un niet», quanto piuttosto «un'assenza di risposta» sulla proposta di candidatura. «In ogni caso - dicono dal Quai d'orsay - la procedura è ancora in corso». Un caso analogo si era già verificato nel 2008, sempre per l'incarico di ambasciatore francese in Vaticano. Allora la sede rimase vacante per quasi un anno e tra i candidati non graditi figuravano un luterano, un divorziato e anche allora un omosessuale dichiarato. Dopo l' iniziale ritardo del gradimento da parte della Santa Sede, il governo francese avrebbe cominciato a pensare a nomi alternativi a Stefanini. Hollande però ha fermato qualsiasi ipotesi di cambio: il candidato è uno solo. Dall' entourage del Presidente, ricordano che il Pontefice aveva detto nel 2013 a proposito delle persone omosessuali: «Chi sono io per giudicare?». Ora quel giudizio è sospeso.
20 Città del Vaticano. «No comment». Un diniego secco. Così reagisce il Vaticano sull'accredito che ha negato, ormai 3 mesi fa, e senza alcuna intenzione di cambiare idea, all'ambasciatore francese designato, Laurent Stefanini. Un "no" che la dice in realtà lunga sui rapporti non facili tra Parigi e la Città del Vaticano. La Sala Stampa vaticana non diffonderà alcun comunicato, e non ci sarà alcuna dichiarazione ufficiale da parte del "governo" della Santa Sede. Perché quel «no comment» dal sapore così tranciante, fanno capire tra le righe fonti pontificie, significa innanzitutto che la Santa Sede non intende prendere posizione su una vicenda che ritiene di avere già esaurito per vie interne: cioè il respingimento dell' accredito al diplomatico Stefanini. E non certo per una questione di sua incapacità professionale: Stefanini è ben conosciuto, ha svolto un ruolo di consigliere a Villa Bonaparte, e ha accompagnato il Papa in aereo lo scorso anno nella visita a Strasburgo. Quanto piuttosto per opportunità, viste le tendenze dichiaratamente omosessuali dell'ambasciatore, in un ambiente in cui il tema dell' apertura della Chiesa ai gay è uno degli argomenti di battaglia tra riformisti e conservatori al Sinodo dei vescovi. Stefanini, infatti, diverrebbe il primo ambasciatore gay in Vaticano. E sarebbe evidente l'imbarazzo della Santa Sede, nonostante le parole di Francesco sugli omosessuali («chi sono io per giudicare»). Della vicenda in Vaticano si è occupata la Segreteria di Stato, nella sua seconda sezione, dedicata agli Affari internazionali. Ma è pur vero che Francesco ha avuto, in questi due anni di pontificato, due momenti di forte imbarazzo diplomatico di fronte a personalità internazionali. Da ultimo, lo scorso novembre, quando il Pontefice che predica la povertà si è visto costretto a non rifiutare l'invito ad Ankara dentro il fastoso palazzo presidenziale del Capo dello Stato turco, Recep Tayyip Erdogan. Ma la sua prima "maschera", «un volto di pietra» come ricorda a Repubblica ancora con sorpresa un altissimo prelato che assistette al colloquio, il Papa argentino la indossò proprio con Hollande, quando nel gennaio 2014 il capo dell'eliseo, già sulla bocca di tutti per la relazione extraconiugale con l'attrice Julie Gayet, arrivò in Vaticano reduce da posizioni fieramente laiche su temi scottanti in pieno dibattito a Parigi: aborto, eutanasia, matrimonio gay, suicidio assistito. Tutti giudicati come molto delicati dalla Chiesa. In Curia c'è così chi considera questa nomina «una provocazione» di Hollande. Il quale, difatti, sembra ora impuntarsi sul nome di Stefanini. È chiaro che il Vaticano non recederà dai propri propositi. Siamo, insomma, al muro contro muro. Ma, come spiegano ancora nella Santa Sede, «l'ambasciatore Stefanini non verrà a Roma, non sarà accreditato in Vaticano». AVVENIRE Pag 1 Il baratto imperfetto di Alessandro Zaccuri Riservatezza, sicurezza e vulnerabilità Meno privacy, più sicurezza. È un baratto che in molti, negli anni passati, hanno faticato ad accettare. Dall 11 settembre 2001 in poi, tanto per identificare un termine abbastanza attendibile, varchi elettronici e perquisizione sono diventati un abitudine e non c è più obiettivo pubblico (od 'obiettivo sensibile', come si usa dire con una parafrasi non troppo rassicurante) che non abbia eretto intorno a sé una qualche forma di difesa. Apra la borsa, per cortesia. Metta il cellulare nella vaschetta. Alzi le braccia, solo per un momento. Qualcuno, almeno all inizio, ha provato a eccepire, ma alla fine la logica del do ut des ha prevalso: qualcosa in cambio di qualcos altro, quid pro quo come ripeteva il 'cannibale' Hannibal Lecter dalla sua gabbia nel Silenzio degli innocenti. Criminale pericolosissimo, tenuto sotto massima sorveglianza. Per lui evadere era impossibile. Peccato che, a metà film, l evasione riuscisse alla perfezione. Che cosa c entra il cinema, si dirà. Quello che è successo ieri al Tribunale di Milano è cronaca, e della cronaca ha la durezza, l irrevocabile drammaticità. Gli spari, le vittime, la fuga attraverso la città impaurita. Tutto vero, senza ombra di finzione. Come vera, purtroppo, è l incuria che ha permesso all assassino, l imprenditore in bancarotta Claudio Giardiello, di introdurre a Palazzo di Giustizia la Beretta 7.65 e i due caricatori di cui si è servito per la strage. Un finto tesserino gli ha consentito di passare da un ingresso riservato, evitando così il controllo dei metal detector. Trucchetto banale, sul quale verrebbe quasi da ironizzare. Se fosse solo un film, appunto. Se non ci fossero i morti: l avvocato Lorenzo Alberto Claris, il coimputato Giorgio Erba, il giudice Fernando Ciampi. Succede a Milano, a meno
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