Il silenzio significativo come misura di semplificazione dell attività edilizia: dubbi e prospettive* Massimo Occhiena Fabio Saitta

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1 Il silenzio significativo come misura di semplificazione dell attività edilizia: dubbi e prospettive* Massimo Occhiena Fabio Saitta SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Il silenzio (significativo?) in materia di accertamento di conformità (art. 36 d.p.r. n. 380/2001). 3. Il silenzio assenso in materia di condono edilizio. 4. Il silenzio assenso in materia di agibilità degli edifici (art. 25 d.p.r. n. 380/2001). 5. Il silenzio rifiuto in materia di rilascio del permesso di costruire (artt. 20 e 21 d.p.r. n. 380/2001). 6. Conclusioni. 1. Premessa Stando ai dati di Confartigianato 1, in Italia per ottenere un permesso di costruire occorrono più di 250 giorni: quanto a titoli edilizi e relativi adempimenti, il nostro Paese è collocato al 143 posto della burocrazia mondiale, in una classifica che misura i dati di 181 nazioni. Per lo stesso genere di lavori, negli Stati Uniti s impiega poco più di un mese e anche guardando ai cugini europei i tempi sono nettamente più ristretti: per pratiche simili, occorrono circa 95 giorni in Gran Bretagna, 100 giorni in Germania, 137 in Francia, sostanzialmente la metà che nel nostro Paese. E dire che, all indomani dell entrata in vigore del testo unico dell edilizia, si pensava che l introduzione dello sportello unico, l eliminazione del parere obbligatorio della commissione edilizia comunale, la facoltà del responsabile del procedimento di chiedere modifiche progettuali purché di lieve entità, nonché la previsione di una conferenza di servizi obbligatoria nel caso in cui fosse necessario acquisire atti di assenso di altre amministrazioni lasciavano pensare che il procedimento per il rilascio del permesso di costruire sarebbe stato d ora in poi più snello e veloce 2. Se poniamo mente al fatto che l impresa in 24 ore, l impresa in un giorno, era stato uno slogan elettorale dell attuale Governo, dobbiamo, quindi, constatare, seppure a malincuore, che siamo ancora molto distanti dall obiettivo. Sicuramente opportuna, quindi, la scelta dell A.I.D.U. di dedicare un convegno alla semplificazione nella disciplina del * Relazione al XIII Convegno nazionale A.I.D.U. su: «La semplificazione nella disciplina del territorio» - Trento, 8-9 ottobre Di cui riferisce M. GROSSO, Burocrazia: oltre 250 giorni per una licenza edilizia, in Imprenditoria, 13 aprile Una siffatta ottimistica previsione, ad es., in N. LAIS, Il permesso di costruire e la denuncia di inizio attività nel nuovo testo unico dell edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), in 6.

2 territorio, per tornare a riflettere su questi temi a distanza di tredici anni dal primo Convegno nazionale dell Associazione 3. Non v è dubbio, insomma, che l esigenza di semplificare sia tuttora assai sentita, specie nel settore edilizio. Si tratta di vedere, però, come si debba semplificare e, per quanto specificamente attiene alla presente relazione, di tentare di stabilire se le ipotesi di silenzio c.d. significativo (id est, silenzio assenso e silenzio diniego) sinora previste dalla vigente legislazione (statale e/o regionale) in materia edilizia abbiano svolto in modo adeguato la loro funzione di misure di semplificazione, oppure se necessitino all uopo di alcune correzioni o, ancora, meritino di essere definitivamente accantonate a beneficio di strumenti più adeguati alle esigenze del settore. Va, infatti, considerato che il legislatore è intervenuto applicando anche nel settore dell edilizia i meccanismi generali di semplificazione, che tuttavia, in relazione alla specificità e delicatezza della materia, hanno subito declinazioni e modificazioni speciali spesso connotate da nuove complessità: si pensi, ad es., all analitica disciplina del procedimento per il rilascio del permesso di costruire 4, la quale, pur essendo stata in certa misura riordinata e razionalizzata con l eliminazione di vecchie e intollerabili complicazioni, non è tuttora scevra di dubbi e incertezze 5. Una siffatta analisi, del resto, è stata recentemente condotta a tutto tondo, ossia con riguardo, in generale, a tutti gli istituti della c.d. semplificazione amministrativa, per indagare sulle ragioni dell esigenza di ripensare ai relativi modelli e strumenti onde assicurarne la piena effettività 6. E non è certo casuale che il nostro Presidente, nel concludere la sua densa relazione introduttiva, abbia evidenziato come i predetti istituti di semplificazione, ove non utilizzati con coraggio e senza limitazioni o condizionamenti, possano essere addirittura causa di aggravamento della vicenda amministrativa, com è frequentemente accaduto, ad es., per il silenzio assenso, circoscritto ad alcune ipotesi con esclusione di altre 7. Il tema è al contempo delicato e ampio. Delicato, essendo di tutta evidenza che l irreversibilità delle trasformazioni del territorio, il cui controllo è in buona sostanza lo scopo dell urbanistica e dell edilizia, suggerisce particolare cautela nella deregolamentazione, nella liberalizzazione e nella semplificazione delle attività private nel settore 8. Ampio perché, anche a causa della produzione regionale conseguente alla 3 Ci si riferisce al Convegno su: «Semplificazione urbanistica ed attività edilizia», svoltosi a Milano il ottobre Sulla quale ci soffermeremo nel prosieguo della relazione: cfr. infra, 5. 5 D. DE PRETIS, Semplificazione, urbanistica ed edilizia, in Riv. giur. urb., 2007, S. PAPARO, Per una semplificazione di risultato, in La tela di Penelope (Primo rapporto Astrid sulla semplificazione legislativa e burocratica), a cura di A. Natalizi e G. Tiberi, Bologna, 2010, 235 ss. 7 P. STELLA RICHTER, Relazione generale, del dattiloscritto. 8 D. DE PRETIS, op. cit.,

3 riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione (legge cost. n. 3 del 2001), l utilizzazione del silenzio riguarda molteplici ambiti e istituti attinenti al governo del territorio: ragion per cui non ci si occuperà del silenzio significativo in materia di approvazione degli strumenti urbanistici né di quello in materia di rilascio dell autorizzazione paesaggistica, anche perché i relativi procedimenti sono oggetto di altre relazioni. Per completare la descrizione dell impostazione che si intende seguire in questo lavoro, preme soffermarsi su due precisazioni di metodo. La prima è che non si condurrà un analisi puntuale delle diverse problematiche inerenti le fattispecie di silenzio previste dalla normativa edilizia, indagandone le differenti soluzioni proposte in dottrina e giurisprudenza. Si intende, infatti, privilegiare un metodo di analisi volto a individuare gli elementi strutturali di tali fattispecie, al fine di valutarne la pertinenza all obiettivo di realizzare un effettiva semplificazione del settore. L intenzione è, cioè, di verificare se le ipotesi di applicazione del silenzio significativo trovino validazione tanto nei singoli ambiti in cui operano (in quanto coerenti con gli scopi dei processi decisionali volti all accertamento di conformità, alla sanabilità degli abusi, all autorizzare gli interventi edilizi, ecc.), quanto nel più ampio sistema della disciplina edilizia (in quanto congruente con l obiettivo di semplificare le procedure e di eliminare gli adempimenti inutili a carico dei cittadini e degli enti pubblici coinvolti). La seconda (che consegue a quella testé esposta) è che il silenzio significativo quale forma di semplificazione dei procedimenti nel settore dell edilizia verrà qui indagato privilegiando l approccio giuspositivista, ossia tentando di scandire gli aspetti, appunto, tecnico-giuridici propri di questo istituto giuridico siccome disciplinato dalla vigente normativa, prescindendo quindi dalle considerazioni, pur rilevanti e di maggior respiro, sulla sua opportunità/accettabilità nell ottica delle scelte politiche e tecniche del legislatore Il silenzio (significativo?) in materia di accertamento di conformità (art. 36 d.p.r. n. 380/2001) Ancorché, parlando di «semplificazione come non necessità di provvedimento espresso» 10, l istituto di maggior interesse sia senza dubbio il silenzio assenso, l ampio titolo assegnato alla nostra relazione ci impone di dedicare almeno qualche breve cenno anche al silenzio diniego. 9 Per una più ampia indagine su questi aspetti, sia consentito rinviare a M. OCCHIENA, L incidenza della semplificazione sul potere e sul procedimento amministrativi: riflessioni anche alla luce della nuova disciplina del commercio, in Dir. e soc., 1998, 475 ss. 10 E il titolo della sessione del Convegno nel cui ambito è collocata la presente relazione. 3

4 Quest ultima figura compare (rectius: sembra comparire, perché come subito vedremo la questione è controversa) nell art. 36 del testo unico dell edilizia, che disciplina l accertamento di conformità. Vigente l art. 13 della legge n. 47 del 1985, la giurisprudenza era divisa sulla natura del silenzio ivi contemplato, in quanto alcune pronunce ravvisavano un ipotesi di silenzio inadempimento, mentre altre attribuivano all inerzia valore di vero e proprio atto di diniego 11. La questione, però, dev essere forse rimeditata alla luce dell art. 36, comma 3, del testo unico. A differenza dell art. 13, comma 2, della legge n. 47 del a tenore del quale, decorsi i 60 giorni, l istanza s intendeva «respinta» -, la norma succitata prevede che, decorso il medesimo termine, «la richiesta si intende rifiutata». E infatti, secondo certa dottrina, la nuova formulazione confermerebbe che ci si trova in presenza di un ipotesi di silenzio inadempimento, in quanto tale assoggettabile al trattamento processuale di cui agli artt. 21 bis della legge Tar e 2 della legge n. 241 del 1990 (oggi, degli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo) 12. Del medesimo avviso anche alcune pronunce, pure recenti 13, anche se la giurisprudenza prevalente sembra orientata a ritenere che, come in passato, continui a trattarsi di un ipotesi di silenzio significativo 14. Va, peraltro, considerata un ulteriore differenza rispetto all art. 13, comma 2, della legge n. 47 del 1985, rappresentata dall espressa previsione, da parte dell art. 36 del testo unico, che il provvedimento sia corredato di «adeguata motivazione». Com è stato notato, il legislatore ha in tal modo aderito a quell orientamento giurisprudenziale secondo cui l inerzia dell amministrazione, pur qualificabile come rigetto implicito, non fa 11 Per le relative indicazioni giurisprudenziali si rinvia a A. FIALE ALE IALE, Diritto urbanistico, 13ª ed., Napoli, 2008, Per i relativi riferimenti, sia consentito rinviare a F. SAITTA, Art. 36, in Testo unico dell edilizia, a cura di M.A. Sandulli, 2ª ed., Milano, 2009, Oltre a quelle indicate in F. SAITTA, ibidem, si vedano T.A.R. Lazio-Roma, Sez. I, 16 marzo 2010, n. 292 e 19 novembre 2009, n. 1106, in Foro amm.: TAR, 2010, 952 e 2009, 3193, con nota di M.C. CAVALLARO, Brevi riflessioni sulla natura giuridica del silenzio significativo della pubblica amministrazione. 14 Per i relativi riferimenti, si rinvia nuovamente a F. SAITTA, ibidem. Adde Cons. Giust. Amm. Reg. sic., 26 maggio 2010, n. 746, in Foro amm.: CdS, 2010, 1118; Cons. St., Sez. IV, 26 marzo 2010, n e 13 gennaio 2010, n. 100, ibidem, 575 e in T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VI, 10 maggio 2010, n. 3488, in Foro amm.: TAR, 2010, 1785; Sez. VIII, 15 aprile 2010, n e 11 gennaio 2010, n. 28, ibidem, 1419 e in T.A.R. Calabria-Catanzaro, Sez. II, 9 febbraio 2010, n. 124, in Foro amm.: TAR, 2010, 673; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VI, 27 gennaio 2010, n. 327, 30 giugno 2009, n. 3602, 29 giugno 2009, nn e 3582, 12 giugno 2009, n. 3268, 11 giugno 2009, n e 20 maggio 2009, n. 2760, ibidem, 242 e in Sez. II, 7 gennaio 2010, n. 4, 8 giugno 2009, n. 3133, 8 maggio 2009, n. 2465, 31 marzo 2009, n. 408, 27 febbraio 2009, n. 1180, 30 gennaio 2009, n. 535, 29 gennaio 2009, n. 492 e 19 gennaio 2009, n. 191, ibidem. 4

5 venir meno il dovere dell amministrazione medesima di pronunciarsi espressamente e il correlato diritto del privato di ottenere una decisione congruamente motivata 15. Invero, che gli effetti derivanti dall equiparazione legislativa dell inerzia amministrativa a un atto di un determinato contenuto possano risultare inidonei al soddisfacimento dell interesse pubblico sotteso alla norma attributiva del potere, con conseguente permanenza, in capo all amministrazione, del potere-dovere di provvedere, si desume almeno da due elementi. Il primo attiene alla circostanza che l inerzia, ancorché produttiva di effetti provvedimentali, resta pur sempre un mero fatto diretto a soddisfare in via immediata l interesse connesso con le esigenze del traffico giuridico e della rapida definizione dei rapporti amministrativi e solo in via indiretta ed eventuale a realizzare un corretto contemperamento degli interessi coinvolti, che è la naturale vocazione della pubblica amministrazione. Il secondo emerge dall art. 2 della legge n. 241 del 1990 che, sancendo il principio generale del provvedimento espresso, induce a ritenere che gli effetti provvedimentali negativi prodotti da fattispecie omissive non siano in grado di elidere il potere amministrativo, che risulta esercitabile in maniera esplicita anche tardivamente 16. Per altro verso, fedelmente alla declinazione metodologica offerta in premessa, poco importa stabilire se quello in esame sia o meno silenzio significativo. Se la ratio legis sottesa all inserimento del silenzio nella procedura in esame è di assicurare la più ampia protezione possibile al richiedente a fronte dell inerzia amministrativa (mentre l interesse della comunità di riferimento è, ovviamente, che l ente comunale adotti l atto espresso debitamente, come si è visto, motivato), l istante godrebbe della più ampia tutela sia che si tratti di silenzio diniego, sia che si tratti di silenzio rifiuto/inadempimento. Anche ipotizzando un ipotesi di silenzio inadempimento (tesi come si è detto anche oggi minoritaria), sarebbe comunque esperibile la speciale azione avverso il silenzio adesso disciplinata dagli artt. 31 e 117 del codice del processo amministrativo 17, del tutto idonea a garantire al privato la pienezza di tutela. Non sembra difatti che possa essere generalizzata l affermazione, invero ricorrente in giurisprudenza, secondo cui, nel caso di ricorso contro il silenzio mantenuto dall amministrazione comunale sull istanza di permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del d.p.r. n. 380 del 2001, la pronuncia del giudice dovrebbe limitarsi alla declaratoria di 15 S. VINTI, L accertamento di conformità per opere realizzate in assenza di permesso o in violazione della normativa sulla d.i.a., in Riv. giur. edil., 2004, II, A. VACCA, Il silenzio della p.a. sull istanza di accertamento della conformità urbanistica ex art. 36 d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380: ontologia dei poteri residuanti in capo all amministrazione, in Riv. giur. edil., 2006, II, 579 ss.. 17 Rito speciale che risulta, di contro, inapplicabile se si ritiene che il silenzio abbia valore di rigetto implicito: ex multis, Cons. St., Sez. IV, n. 1763/2010, cit., e 12 marzo 2010, n. 1469, in Foro amm.: CdS, 2010,

6 illegittimità del silenzio (da cui discende l obbligo di esprimersi tempestivamente sulla richiesta), non potendo estendersi all accertamento della legittimità della pretesa a ottenere il permesso, sul presupposto che detto accertamento richiederebbe una valutazione rimessa, in primo luogo, alla competenza del Comune e che, in secondo luogo, postulerebbe pure apprezzamenti di ordine tecnico 18. Di regola, infatti, il permesso di costruire è sostanzialmente un atto dovuto, non potendo rifiutarsi l approvazione a un progetto redatto in totale conformità alle previsioni di piano 19. Un margine di discrezionalità tecnica può ravvisarsi soltanto con riguardo all accertamento in ordine «alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del Comune dell attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all impegno degli interessati di procedere alla attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell intervento oggetto del permesso» (art. 12 del testo unico); esistenza che spesso può non risultare evidente 20. Pertanto, posto che l esame della domanda di accertamento di conformità è, di norma, «operazione del tutto scevra di valutazioni discrezionali e riconducibile a mero accertamento comparativo» 21, alla luce della disciplina del giudizio avverso il silenzio appare giuridicamente errata l affermazione per cui il giudice dovrebbe arrestare la sua pronuncia al mero «ordine di provvedere», senza invece pronunciarsi sulla fondatezza della richiesta. Tale interpretazione poteva predicarsi finché era vigente l originaria formulazione dell art. 21 bis della legge n del 1971, siccome introdotto dall art. 2 della legge n. 205 del 2000, a tenore del quale il giudice poteva ordinare all amministrazione soltanto «di provvedere» e non di «provvedere in un certo modo» Per i relativi riferimenti giurisprudenziali si rinvia ancora a F. SAITTA, op. cit., 639. Adde Cons. St., Sez. IV, 15 gennaio 2009, n. 176, in Foro amm.: CdS, 2009, 130; T.A.R. Lazio-Latina, Sez. I, 6 maggio 2010, n. 718, in Foro amm.: TAR, 2010, 1721; T.A.R. Lazio-Roma, Sez. II, 7 maggio 2008, n e 3 gennaio 2008, n. 8, ivi, 2008, 1325 e Per tutti, P. STELLA RICHTER, Diritto urbanistico, Milano, 2010, 112; A. FIALE, Il permesso di costruire dopo la legge 22 maggio 2010, n. 73, Napoli, 2010, 74, secondo cui, nei comuni dotati di piano, il controllo sull attività edilizia sotteso al rilascio del titolo abilitativo non può implicare nuove valutazioni di carattere urbanistico, ma deve limitarsi ad un apprezzamento (prevalentemente tecnico) delle relazioni fra i singoli insediamenti da autorizzare e il contesto territoriale in cui devono inserirsi (concreta idoneità del suolo all edificazione). In giurisprudenza, oltre a Corte cost., 5 maggio 1983, n. 127, in cfr., tra le più recenti, T.A.R. Umbria, Sez. I, 2 aprile 2010, n. 235, in Foro amm.: TAR, 2010, 1267; T.A.R. Campania-Napoli, Sez. III, 2 marzo 2010, n. 1249, ibidem, P. STELLA RICHTER, op. cit., 113. In giurisprudenza, da ultimo, Cons. St., Sez. IV, 10 giugno 2010, n. 3699, in 21 T.A.R. Campania-Napoli, Sez. VI, 27 ottobre 2008, n , in Foro amm.: TAR, 2008, Secondo l interpretazione offerta da Cons. Stato, Ad. plen., 9 gennaio 2002, n. 1, in Foro it., 2002, III, 227, con nota di A. TRAVI, Giudizio sul silenzio e nuovo processo amministrativo. In dottrina, ex multis, F. FRACCHIA, Riti speciali a rilevanza endoprocedimentale, Torino, 2003; F. GIGLIONI, Il ricorso avverso il silenzio tra tutela oggettiva e soggettiva, in Dir. proc. amm., 2002, 936 ss.; R. LEONARDI, Il difficile 6

7 Tuttavia, già messa in seria discussione dalla novella introdotta dall art. 3, comma 6 bis, della legge n. 80 del 2005 (che, sostituendo interamente l art. 2 della legge n. 241 del 1990, a fronte dell inerzia amministrativa ha abilitato il giudice a «conoscere della fondatezza dell istanza») 23, dopo l entrata in vigore del codice del processo amministrativo quella stessa interpretazione appare francamente insostenibile. Infatti, l art. 31, comma 3, del codice riconosce definitivamente il potere giudiziale di conoscere della fondatezza «della pretesa [ ] quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall amministrazione». Alla luce della riportata evoluzione normativa, non pare dubitabile che, pur considerandolo alla stregua di inadempimento anziché di diniego, cionondimeno il silenzio formatosi a seguito di istanza di accertamento di conformità non preclude l effettività della tutela giurisdizionale al cittadino: trattandosi di attività vincolata, quest ultimo potrà essenzialmente esperire un azione di adempimento, potendo il giudice accertare la fondatezza di quanto richiesto al Comune. Inoltre, occorre ancora soffermare l attenzione sulla circostanza che l art. 31, comma 3, del codice assegna al giudice il potere di pronunciarsi sulla fondatezza della «pretesa» e non della «istanza», come invece statuiva l art. 2, comma 8, della legge n. 241 del 1990, modificato nel L apprezzamento del giudice, quindi, non è più astretto al contenuto dell istanza rivolta dal cittadino all ente pubblico, potendosi (recte, dovendosi) spingere all effettiva consistenza della situazione giuridica soggettiva del ricorrente. Non sembra allora più trovare spazio quella giurisprudenza che respingeva la domanda di accertamento della fondatezza dell istanza quando il ricorrente non forniva alcun elemento utile dal quale desumere la sussistenza di tutte le condizioni occorrenti per il rilascio del titolo edilizio 24. Ciò in quanto, come accennato, il codice affida al giudice il potere/dovere di accertare la spettanza al cittadino dell esito del procedimento avviato e mai concluso non alla luce della domanda presentata all amministrazione rimasta inerte, bensì della situazione giuridico-soggettiva vantata dallo stesso istante. rapporto tra esegesi letterale e buon senso: l Adunanza plenaria limita i poteri del giudice amministrativo in tema di ricorsi avverso il silenzio della pubblica amministrazione, in Giust. civ., 2002, 815 ss.; S. MIRATE, La natura del giudizio ex art. 21-bis della L. n. 1034/1971: l Adunanza plenaria limita il sindacato del giudice amministrativo all illegittimità del silenzio, in Giur. it., 2002, 1285 ss.; M.A. SANDULLI, La disciplina del silenzio della pubblica amministrazione: spunti di riflessione in materia di tutela giurisdizionale, in Inerzia della pubblica amministrazione e tutela giurisdizionale, a cura di V. Parisio, Milano, 2002, 135 ss.; S. FANTINI, Il rito speciale in materia di silenzio della pubblica amministrazione, in Giust. civ., 2001, II, 183 ss.; N. SAITTA, Ricorsi contro il silenzio della pubblica amministrazione: quale silenzio?, in Giust. amm., 2001, 1012 ss. 23 Si vedano le indicazioni e i chiarimenti sul giudizio avverso il silenzio offerti, anche in chiave evolutiva, da N. SAITTA, Il silenzio della pubblica amministrazione torna a farsi sentire, in Giust. amm., 2007, 147 ss. 24 T.A.R. Lazio-Latina, Sez. I, 13 novembre 2007, n. 1192, in Foro amm.: TAR, 2007,

8 In definitiva, tirando le fila del discorso, tenendo salda l osservazione per cui il silenzio è a tutela della posizione dell istante (essendo al contrario interesse della comunità che l atto sia adottato e puntualmente motivato), è dato notare che la previsione di un ipotesi di silenzio diniego è, nella specie, inutile per il cittadino: egli può ottenere adeguata tutela giurisdizionale anche attraverso l azione contro il silenzio (inadempimento). Anzi, si potrebbe persino affermare che a sostenere la natura di diniego del silenzio formatosi in materia di accertamento di conformità si finisce soltanto con l incentivare la malamministrazione negli enti pubblici, per ovviare all inerzia dei quali sarebbe semmai opportuno prevedere che ogni azione contro il silenzio rilevi dal punto di vista della responsabilità dirigenziale (oggetto di particolare attenzione nell ambito della riforma ex lege n. 150 del 2009), rendendo altresì obbligatorio l avvio del procedimento preliminare di responsabilità amministrativa con l irrogazione di una sanzione ad hoc (sulla falsariga delle altre ipotesi di responsabilità amministrativa «tipizzate» o a «carattere sanzionatorio» introdotte dal legislatore negli ultimi anni) Il silenzio assenso in materia di condono edilizio Venendo ora all analisi dell impiego del silenzio assenso nella disciplina nazionale vigente in materia edilizia, il procedimento che più si contraddistingue per l operare di tale istituto sembra essere quello ai fini del rilascio della concessione in sanatoria o condono edilizio. In considerazione del fatto che, com è noto, nel nostro Paese sono stati fino a oggi approvati tre condoni edilizi 26, pare indispensabile delineare brevemente il quadro normativo di riferimento. Senza tenere conto dei numerosi decreti-legge che si sono succeduti nel tempo e che hanno fortemente caratterizzato la materia, il primo condono è stato introdotto dalla legge n. 47 del 1985 (recante «Norme in materia di controllo dell attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie») e concerneva gli abusi ultimati entro il 1 ottobre 1983; il secondo è stato regolato dall art. 39 della legge n. 724 del 1994 (legge finanziaria 2005) e ha riguardato le opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993; il terzo e ultimo condono è stato introdotto dalla legge n. 326 del 2003 («Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e 25 Su cui v. F. FRACCHIA, Corte dei conti e tutela della finanza pubblica: problemi e prospettive, in Dir. proc. amm., 2008, 669 ss.. 26 In estate è stato abbandonato il progetto di «quarto condono edilizio» (v. Il Parlamento prova a smaltire l arretrato dei vecchi condoni, in Il Sole-24 Ore, 2 luglio 2010, 25). Si allude al disegno di legge AS 2020, presentato nella legislatura in corso (XVI), che era finalizzato a riaprire i termini di presentazione delle istanze fino al 31 dicembre 2010 per ovviare, nelle intenzioni dei proponenti, ai problemi cagionati ed alle restrizioni di applicabilità introdotte da alcune leggi regionali, ma che pare rimarrà (almeno per ora) lettera morta. 8

9 paesaggistica, per l incentivazione dell attività di repressione dell abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali»), applicabile agli abusi terminati entro il 31 marzo Dal punto di vista della tecnica normativa, pur avendo apportato anche importanti modifiche e innovazioni, le ultime due leggi sul condono hanno sostanzialmente determinato la riapertura del condono del 1985, rinviando alla disciplina posta dalla legge n. 47 del L istituto del silenzio ha da sempre caratterizzato il procedimento di rilascio della concessione in sanatoria. Più specificamente, l art. 35, comma 18 28, della legge n. 47 del 1985 prevedeva che, «decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest ultima si intende accolta ove l interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio e alla presentazione all ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all accatastamento». A questa ipotesi di silenzio assenso si accostava sebbene non direttamente, bensì «di riflesso» quella del silenzio rifiuto. In caso di opere eseguite su aree sottoposte a vincolo c.d. «relativo» (non rientrante cioè nell elenco ex art. 33 della legge n. 47 del 1985), comprese quelle ricadenti nei parchi nazionali e regionali, il condono era «subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso»: qualora il parere non fosse adottato entro 180 giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, l art. 32 della legge n. 47 del 1985 sanciva che si formava il silenzio rifiuto. Ora, come accennato, se è vero che, di per sé, il silenzio diniego in parola non concerneva l istanza di sanatoria, tuttavia anche quest ultima ne subiva gli effetti, essendone vietata l adozione. Il silenzio assenso ha caratterizzato anche il secondo condono, in virtù del richiamo operato dall art. 39 della legge n. 724 del 1994 al capo IV della legge n. 47 del 1985, appunto dedicato, tra l altro, alla sanatoria delle opere abusive mediante condono edilizio. A differenza della disciplina previgente, però, il comma 4 del citato art. 39 prevedeva che il silenzio accoglimento si formava decorso un anno per i comuni con popolazione inferiore a unità e decorsi due anni per quelli con più di abitanti. Del tutto peculiare, invece, la disciplina del silenzio assenso siccome statuita nel terzo condono edilizio. In primo luogo, l art. 32, comma 37, del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito con legge n. 326 del 2003, ha stabilito una disciplina differenziata rispetto a quella posta 27 «Attraverso questa tecnica normativa, consistente nel rinvio alle disposizioni dell istituto del condono edilizio come configurato in precedenza, si ha una esplicita saldatura fra il nuovo condono ed il testo risultante dai due precedenti condoni edilizi di tipo straordinario, cui si apportano solo alcune limitate innovazioni»: così Corte cost., 28 giugno 2004, n. 196, in Foro it., 2005, I, Originariamente, il comma era il 12, divenuto il 18 a seguito alle modifiche apportate dai decreti-legge n. 146/1985 (convertito con l. n. 298/1985), n. 656/1985 (convertito con l. n. 780/1985) e n. 2/1988 (convertito con l. n. 68/1988). 9

10 dalla legge n. 47 del Tale norma ha infatti disposto che al concorrere dei requisiti e degli elementi ivi previsti, lo spirare di 24 mesi dal 31 ottobre 2005 «senza l adozione di un provvedimento negativo del comune» equivale «a titolo abilitativo edilizio in sanatoria». In secondo luogo, nell ottica del nuovo quadro della distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra Stato e Regioni disegnato dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, la regolazione del silenzio nell ultimo condono ha assunto tratti specifici, giacché essa non è più solo - come in passato determinata dalla legge statale, dovendosi considerare anche le diverse declinazioni attuative disposte dalle Regioni e dalle Province autonome. Tanto è vero che riconoscendo al legislatore regionale «un ruolo rilevante - più ampio che nel periodo precedente - di articolazione e specificazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale in tema di condono sul versante amministrativo», la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il predetto comma 37 del succitato art. 32 «nella parte in cui non prevede che la legge regionale [ ] possa disciplinare diversamente gli effetti del silenzio, protratto oltre il termine ivi previsto, del Comune cui gli interessati abbiano presentato la documentazione richiesta» 29. Tale arresto evidenzia che per comporre un quadro normativo completo sulla vigenza del silenzio assenso nelle procedure di condono deve essere analizzata anche la legislazione regionale, che potrebbe regolare diversamente l istituto rispetto alla previsione statale. A questo proposito, hanno espressamente previsto il silenzio accoglimento: a) la Basilicata (36 mesi dal 10 dicembre 2004) 30 ; b) il Lazio (36 mesi «dalla data di scadenza del versamento della terza rata relativa agli oneri concessori») 31 ; c) la Liguria (un anno «dalla completa integrazione della documentazione essenziale e dall integrale versamento di tutte le somme dovute a titolo di oblazione, di oneri di costruzione e di indennità pecuniaria»; occorre però osservare che l applicazione di tale fattispecie di silenzio assenso è limitata alle sole domande giacenti, riferite cioè al primo e secondo condono, dovendosi ritenere applicabile la normativa statale per il terzo condono, nulla essendo diversamente disposto) 32 ; d) il Molise («ventiquattro mesi dal 30 giugno 2005 senza l adozione di provvedimenti negativi o di prescrizioni da parte del Comune») 33 ; e) la Provincia autonoma di Bolzano (24 mesi dal 30 giugno 2005 «senza l adozione di un provvedimento negativo del comune») Corte cost., 28 giugno 2004, n. 196, in 30 Art. 5 l.r. n. 18/ Art. 6 l.r. n. 12/ Art. 6 l.r. n. 5/ Art. 7 l.r. n. 25/

11 Il silenzio assenso opera, invece, secondo quanto disposto dalla legge statale in Lombardia 35, Piemonte 36, Provincia autonoma di Trento 37, Puglia 38, Sardegna 39, Sicilia 40, Toscana 41, Valle d Aosta 42 e Veneto 43, che hanno recepito integralmente o dichiarato applicabili le norme del c.d. «terzo condono» oppure nulla dispongono in punto di silenzio assenso. Situazione simile anche per l Abruzzo e per la Calabria: non risulta che esse abbiano approvato specifiche leggi in materia di condono, perciò a esse si estende la disciplina statale. Sul fronte opposto, hanno invece escluso l operatività del silenzio assenso: a) la Campania (laddove è previsto il potere sostitutivo della competente provincia 44 ); b) l Emilia Romagna (laddove è statuito che, «in caso di mancata definizione del procedimento entro il 31 dicembre 2006, l interessato può richiedere allo Sportello unico per l edilizia di pronunciarsi entro quindici giorni dalla ricezione dell istanza. Decorso inutilmente anche tale termine, l interessato può fare richiesta di intervento sostitutivo alla Giunta provinciale, la quale, nei successivi quindici giorni, nomina un commissario ad acta, che provvede nel termine di sessanta giorni» 45 ); c) il Friuli-Venezia Giulia (laddove, essendo previsto che la domanda di sanatoria «è definita dal Comune con provvedimento esplicito da rilasciarsi entro trentasei mesi dalla presentazione della stessa» 46, non sembra residuare spazio per il silenzio assenso); d) la Liguria (sebbene nei limiti indicati in precedenza); e) le Marche (laddove per decidere è fissato il termine di tre anni dalla presentazione della domanda di sanatoria, decorso il quale «senza che il Comune abbia adottato un provvedimento espresso, l interessato ha facoltà di richiedere alla Provincia la nomina di un commissario ad acta [ ] con oneri a carico del Comune» 47 ); 34 Art. 9 l.p. n. 6/ L.r. n. 31/ L.r. n. 33/ L.p. n. 3/ L.r. n. 28/ L.r. n. 4/ Art. 24 l.r. n. 15/ L.r. n. 53/ L.r. n. 1/2004 e deliberazione della Giunta regionale n. 602/ L.r. n. 21/ Art. 7 l.r. n. 10/ Art. 27 l.r. n. 23/ Art. 6 l.r. n. 26/ Art. 6 l.r. n. 23/

12 f) l Umbria (laddove si dispone che, decorsi 36 mesi dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande di sanatoria, al Comune si sostituisce, previa diffida, la Provincia, che ha un anno di tempo per decidere 48 ). Alla luce del quadro tratteggiato, è facile constatare come, sulla falsariga della legislazione statale, per la definizione delle pratiche di condono edilizio quasi tutte le Regioni abbiano fatto ricorso all istituto del silenzio assenso. Un così largo impiego quasi impone di approfondire non solo la ratio sottesa a tale utilizzo, ma anche la congruenza dell istituto in parola rispetto alla struttura stessa della sanatoria degli abusi edilizi, perché il silenzio accoglimento non pare soddisfare gli interessi pubblici e privati coinvolti dalla sanatoria di un illecito edilizio. Iniziando da quelli pubblici, è sufficiente rammentare l importanza che nelle procedure di sanatoria edilizia ricopre la valutazione inerente all effettiva conformità dell intervento abusivo alla disciplina sul condono: il che richiede necessariamente l esercizio di un attività istruttoria del Comune per garantire il controllo pubblico sugli abusi che si vorrebbero sanare. Non pare, poi, che il silenzio sia strumentalmente collegabile a una più rapida e per alcuni versi certa definizione delle pratiche di condono nell ottica di soddisfare la funzione delle leggi sulla sanatoria edilizia siccome autorevolmente indicata dalla Corte costituzionale, ossia di chiudere un passato di illegalità onde porre per l avvenire sicure norme per la repressione di fatti lesivi delle fondamentali esigenze sottese al governo del territorio 49. A parte il fatto che tale argomentazione non convince del tutto, dal momento che, numeri alla mano 50, il condono probabilmente è più causa che soluzione dell abusivismo, la cui persistenza dovrebbe in tesi giustificare l esigenza sottesa alla sanatoria di recuperare alla legalità l utilizzo illecito del territorio 51, si osserva che tale funzione di controllo del territorio poteva al limite giustificare l adozione del primo 48 Art. 26 l.r. n. 21/ Corte cost., 31 marzo 1988, n. 369, in Riv. giur. edil., 1988, I, 236, che testualmente giustifica il primo condono in quanto diretto a «chiudere un passato d illegalità di massa, alla quale aveva anche contribuito la non sempre perfetta efficienza delle competenti autorità amministrative», ponendo «sicure basi normative per la repressione futura di fatti che violano fondamentali esigenze sottese al governo del territorio, come la sicurezza dell esercizio dell iniziativa economica privata, il suo coordinamento a fini sociali [ ] la funzione sociale della proprietà [ ] la tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico [ ] che non potevano essere validamente difesi per il futuro se non attraverso la cancellazione del notevole, ingombrante carico pendente relativo alle passate illegalità». Così anche Corte cost., 18 luglio 1996, n. 256, in 50 Secondo i dati disponibili, si registra un sensibile aumento degli abusi in conseguenza dell approvazione di ogni nuova legge di condono: nel solo biennio , circa un terzo dei quali commessi tra il 1982 e il 1997 (cfr Sul punto, Corte cost., 23 luglio 1996, n. 302, in 22 luglio 1996, n. 270, ibidem. 12

13 condono, ma non certamente la reiterazione delle fattispecie legislative sananti 52 (ad es., suona alla stregua di excusatio non petita la specificazione ex art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, secondo cui il terzo condono servirebbe a «pervenire alla regolarizzazione del settore»). Passando ora a considerare se la ratio del silenzio assenso nella procedura di condono sia ascrivibile nell intenzione del legislatore di garantire gli interessi del soggetto richiedente, si rileva che se è vero che, in generale, la funzione peculiare di tale tipologia di silenzio significativo è di consentire al cittadino di ottenere la soddisfazione dell interesse legittimo pretensivo pur a fronte delle disfunzioni organizzative dell amministrazione, che non svolge i compiti a essa affidati dalla legge 53, è altrettanto vero che bisogna considerare le peculiarità del condono edilizio. Ammesso che la sanatoria per silentium sia davvero congeniale agli interessi dell istante (v. infra), sembra comunque quantomeno dubitabile che quest ultimo sia così meritevole di beneficiare di trattamenti di favore, trattandosi a ben vedere dell autore di un illecito edilizio, ossia di un soggetto che ha tenuto un comportamento antigiuridico che ha determinato l aggressione ad un interesse c.d. «critico» o «sensibile», il territorio, non a caso circondato dalla legge da particolari cautele quanto all applicazione della semplificazione amministrativa 54. Oltretutto, proprio le cennate esigenze di effettivo controllo delle conseguenze dell attività antropica sul territorio impediscono di sostenere che la ratio dell applicazione del silenzio accoglimento nella procedura di condono sia quella di garantire la speditezza dell azione amministrativa o di sollevare gli enti pubblici dagli aggravi organizzativi correlati alle pratiche edilizie o, ancora, di assicurare il rilancio di attività economicamente rilevanti, quali sono quelle connesse all edilizia. Infine, come anticipato, si dubita che la formazione silenziosa del condono risponda efficacemente agli interessi del soggetto richiedente, che sembra meglio garantito dal provvedimento espresso di sanatoria, che più si attaglia alle esigenze di certezza e di stabilità connesse al condono, anche in vista della circolazione futura del bene. Scartate le precedenti ipotesi, il ricorso al silenzio assenso nel procedimento di sanatoria edilizia pare piuttosto determinato dalla volontà del legislatore di realizzare lo 52 Corte cost., 28 luglio 1995, n. 416, in rileva come le reiterazioni della disciplina sul condono edilizio, anche con la tecnica dello spostamento dei termini di riferimento degli abusi sanabili, debbano essere oggetto di attenta valutazione sul piano della ragionevolezza, «in funzione della perdita della giustificazione dell eccezionalità e della natura dei valori in gioco», nonché dal punto di vista sia dell esigenza di repressione delle condotte, sia della tutela del territorio. 53 M. RENNA NNA IGORILLI, Silenzio della pubblica amministrazione, in Enc. giur. Treccani, in corso di pubblicazione, Si pensi, in proposito, agli artt. 16, 17 e 20 della l. n. 241/1990, che sottraggono all applicazione degli istituti di semplificazione ivi previsti i procedimenti amministrativi in cui sono coinvolti interessi attinenti alla tutela del territorio. 13

14 scopo connaturato al condono, ossia «fare cassa» 55, trattandosi di istituto la cui cadenzata riproposizione (ogni nove anni a partire dal 1985) manifesta come le «contingenti e straordinarie ragioni finanziarie e di recupero della base impositiva dei fabbricati» 56 abbiano sopraffatto qualsiasi altra finalità sociale 57. In quest ottica, il silenzio accoglimento si configura quale momento di incentivazione per i cittadini ad aderire al condono. L autore dell illecito edilizio ha la certezza che, presentata la domanda e in presenza dei presupposti costitutivi stabiliti dalla fattispecie dettata, a seconda dei casi, dal legislatore statale o regionale, otterrà la sanatoria i cui effetti devono apprezzarsi anche dal punto di vista penale e civile 58 a prescindere dall effettivo esercizio del relativo potere amministrativo da parte dei competenti organi del Comune interessato. I quali ultimi, anzi, stante la generale complessità tecnica e la delicatezza politico-sociale delle pratiche in questione, spesso rimettono artatamente alla formazione silenziosa decisioni espresse di accoglimento, ma anche di diniego che sarebbe oltremodo complesso adottare (anche per obiettive difficoltà organizzative, come si avrà occasione di rimarcare). Sulla scorta di tutto quanto sin qui evidenziato, in una prospettiva di sintesi pare allora di poter affermare che il silenzio accoglimento si attaglia perfettamente alla ratio legis sottesa al condono edilizio, ossia aumentare il gettito. Ciò in quanto si tratta dell unico o quantomeno del prevalente scopo perseguito dal legislatore, nella cui prospettiva sono accettabili i «danni collaterali» che il silenzio accoglimento comporta: che si concretino fattispecie di condono per abusi che, in quanto carenti dei requisiti e presupposti richiesti dalla disciplina, non sarebbero di per sé sanabili e che, invece, in virtù dell assenza di esercizio dell attività amministrativa, anziché formare oggetto di diniego espresso, ottengono comunque il condono in forza del mero decorso del tempo. Uno scenario reso possibile dalla circostanza che nella ricostruzione generale e nella disciplina vigente è prevalsa la configurazione attizia del silenzio assenso a discapito di quella fattuale. Il punto è rilevante e merita qualche approfondimento. 55 Si nota che, tuttavia, gli introiti per l erario non sono stati all altezza delle aspettative: dei miliardi di lire attesi dal primo condono ne sono stati effettivamente incassati 5.800, mentre dei presunti dal secondo ne sono stati introitati 4.900: A. GUIZZI, Dall abusivismo ai condoni, all abusivismo di ritorno. Necessità di modifiche della l. n. 47 del 1985 e della l. n. 724 del 1994, in Riv. giur. edil., 2003, I, Corte cost., n. 416/1995, cit. 57 Scrive al riguardo P. FALCONE, Il condono edilizio in Parlamento, in Giorn. dir. amm., 1995, 7, che, con il condono (e si trattava del secondo), «[a]ncora una volta lo Stato rinuncia all esercizio di una funzione pubblica, ovvero alla cura d interessi generali, in cambio di entrate patrimoniali per le proprie casse. Nella specie "vende" il territorio per una momentanea quanto illusoria copertura finanziaria; illusoria perché non si vuole considerare l effettivo costo delle urbanizzazioni nonché i danni permanenti all ambiente sotto i diversi profili urbanistici, culturali, paesaggistici e di difesa del suolo». 58 Dobbiamo la puntualizzazione ad Alessandro Calegari. 14

15 La teoria fattuale del silenzio accoglimento è stata elaborata da Sandulli, che riconduceva l istituto in analisi allo schema «norma-fatto-effetto» 59, costruendolo alla stregua di mero fatto al cui verificarsi la legge riconosce la produzione di un determinato effetto giuridico, con la conseguenza che esso sfugge completamente al regime della validità degli atti, per riconnettersi a quello alternativo-antinomico «esistenza/inesistenza», appunto tipico dei fatti 60. Seguendo questa teorica, è evidente che il silenzio assenso non sarebbe funzionale a garantire il condono anche per abusi privi delle caratteristiche previste dalla legge per ottenere la sanatoria: posto che è la norma a disciplinare direttamente il fatto, collegandovi direttamente e automaticamente la produzione dell effetto da essa voluto, l effetto giuridico consistente nel condono dell opera abusiva può scaturire soltanto quando quest ultima ha le caratteristiche richieste dalla legge, ossia quando la fattispecie concreta coincide con quella astratta fissata nella norma. Pertanto, a fronte dell istanza di condono relativa a intervento non sanabile, perché privo di tutti i requisiti richiesti dalla legge, non si produrrebbe nessun effetto giuridico, giacché il fatto è inesistente. Lo scostamento della fattispecie reale da quella astratta impedisce la produzione dell effetto giuridico, in quanto manca il necessario vincolo eziologico tra le due. Come si diceva, la trama ricostruttiva del silenzio accoglimento è, però, diversa, seguendo la dinamica «norma-potere-effetto»: per fictio iuris, il silenzio assenso non è considerato un fatto, bensì un atto positivo, da cui si differenzia solo per l aspetto formale 61. Ciò alla luce della normativa vigente e della prassi applicativa 62, nel senso che il silenzio è equiparato al provvedimento per le esigenze di tutela del controinteressato 59 Secondo «lo schema del rapporto» (contrapposto allo «schema del potere» di cui poco oltre nel testo) elaborato da E. CAPACCIOLI, Manuale di diritto amministrativo, Padova, 1980, A.M. SANDULLI, Il silenzio accoglimento nella legge Nicolazzi, in Riv. giur. edil., 1982, II, 61 ss.; ID., Il silenzio della Pubblica Amministrazione oggi: aspetti sostanziali e processuali, in Dir. e soc., 1982, 732 ss. 61 Così, recentemente, Cons. St., Sez. IV, 30 giugno 2010, n. 4174, in 62 Risultano, infatti, isolate quelle pronunce del giudice amministrativo che, sulla falsariga della giurisprudenza penale, hanno tentato di operare una differenziazione tra presupposti «essenziali» concernenti la formazione della fattispecie silenziosa e presupposti «di validità» che non impediscono la formazione del silenzio assenso: v. Cons. St., Sez. V, 17 dicembre 1990, n. 884, in Riv. giur. edil., 1991, I, 97. Per altri precedenti, anche del giudice penale, non a caso concernenti la formazione per silentium della concessione edilizia e del condono edilizio, v. Cass. pen., Sez. un., 20 novembre 1996, n. 714, in Riv. pen., 1997, 150; T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 30 marzo 1996 n. 393, in Trib. amm. reg., 1996, I, 1835; Cass. pen., Sez. III, 2 febbraio 1996, in Giust. pen., 1997, 1485; Cons. St., Sez. V, 7 dicembre 1995 n e 14 novembre 1995 n. 1566, in Riv. giur. edil., 1996, I, 129 e 121; Cass. pen., Sez. III, 4 maggio 1995, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1995, In dottrina, A. TRAVI, Sugli elementi costitutivi e sui requisiti di efficacia e di validità del c.d. silenzio-assenso, in Riv. giur. urb., 1987, 463 ss. 15

16 sostanziale 63, sia per la necessità teorica di eliminare qualsiasi ambiguità con la denuncia/dichiarazione/segnalazione certificata di inizio attività (che, appunto, comporta la legittimazione ex lege a esercitare una certa attività) 64, sia per l espresso accostamento al provvedimento operato dal legislatore, che sin dalla versione originaria dell art. 20 della legge n. 241 del 1990 ha sempre riconosciuto il potere dell amministrazione di annullare l atto di assenso illegittimamente formato 65. Anche il silenzio assenso, come il provvedimento, può dunque essere illegittimo. Tornando al condono edilizio, ne consegue che una volta che la domanda è presentata in osservanza della normativa d azione (non configurandosi, in caso contrario, alla stregua di atto di iniziativa procedimentale) 66, la sanatoria può formarsi per silentium anche illegittimamente, ossia per un intervento abusivo di per sé non congruo con le previsioni di legge. Non è un caso, ad es., che la giurisprudenza ammetta la formazione del silenzio accoglimento su istanze di sanatoria anche per fattispecie in cui l intervento abusivo è avvenuto successivamente al termine indicato dalla legge 67. Nessun dubbio, allora, che l istituto del silenzio assenso è del tutto congeniale alla ratio del condono edilizio. E lo è così «tanto e bene», se si concede l espressione gergale, che nel contesto della sanatoria finalizzata a «fare cassa» dà al legislatore maggiori certezze di effettività rispetto all attività vincolata, che pur sempre esige la verifica, da parte dell amministrazione, della sussistenza dei presupposti e requisiti richiesti dalla legge ai fini dell adozione del provvedimento (di accoglimento) finale. In altre parole, il silenzio assenso permette di attrarre nell orbita dello scopo della legge (assistere alla presentazione di innumerevoli istanze di condono edilizio e, quindi, al versamento di cospicue somme a titolo di oblazione e di contributi di costruzione) anche fattispecie abusive di per sé non rientranti tra quelle sanabili, ma di cui l autore dell illecito è comunque portato a chiedere il condono, confidando nell accoglimento mediante silenzio. 63 Sul punto, per tutti, V. PARISIO, I silenzi della pubblica amministrazione, Milano, 1996, 133; A. TRAVI, Silenzio-assenso ed esercizio della funzione amministrativa, Padova, 1985, 183 ss.; F.G. SCOCA, Il silenzio della pubblica amministrazione, Milano, 1971, 161 ss. 64 Come osservato da A. TRAVI, Silenzio-assenso e legittimazione ex lege nella disciplina delle attività private in base al d.p.r. 26 aprile 1992 n. 300, in Foro amm., 1993, 604 ss. 65 Dall originaria previsione ex art. 20, comma 1, secondo cui, «sussistendone le ragioni di pubblico interesse, l amministrazione competente può annullare l atto di assenso illegittimamente formato», si è passati a quella attualmente vigente ex comma 3 della norma citata, che statuisce che, «[n]ei casi in cui il silenzio dell amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies». 66 Tra le più recenti, T.A.R. Lazio-Roma, Sez. II, 15 aprile 2009, n. 3862, in Foro amm.: TAR, 2009, 1124; T.A.R. Toscana, Sez. III, 27 febbraio 2009, n. 350, ibidem, 409; T.A.R. Lazio-Roma, Sez. II, 5 dicembre 2007, n , ivi, 2007, A questo proposito, sia consentito rinviare a M. OCCHIENA, Osservazioni in tema di silenzio-assenso e condono edilizio, in Riv. giur. edil., 1995, II, 127 ss. 16

17 Un calcolo probabilistico, dunque, a tutto vantaggio del raggiungimento dello scopo della norma. Un calcolo, ancora, confortato dall esperienza, tenuto conto che in materia i provvedimenti espressi non superano il 30% e in alcuni comuni toccano a stento la soglia del 10% delle domande inoltrate 68. Le cifre in ultimo indicate manifestano che i comuni sono in evidente difficoltà nell evadere le pratiche di sanatoria edilizia, soprattutto a causa delle condizioni di strutturale carenza di organico in cui versano per la maggior parte. Emerge così un altro elemento di valutazione che permette di rimarcare quanto sia opportuno o, meglio, indispensabile che la procedura per il rilascio della sanatoria possa chiudersi con l accoglimento tacito, giacché esso evita l ulteriore effetto collaterale di assistere a un copioso aumento di azioni giurisdizionali avverso il silenzio serbato dai comuni in materia. Il discorso che si è condotto porta a concludere che il silenzio assenso non è solo coerente con la disciplina e lo scopo del condono edilizio, ma ne è intimamente legato, quasi costituendone parte integrante, elemento ontologico. Così opinando, possono profilarsi alcuni dubbi in merito alla correttezza di quanto sostenuto dalla Corte costituzionale, ossia che la previsione del silenzio assenso non rientrerebbe tra i profili di competenza statale della disciplina in materia di condono 69. Infatti, se si accede al (criticabile) iter logico-argomentativo seguito dalla Consulta per «salvare» la terza sanatoria edilizia, ossia che la relativa disciplina possa comunque ricondursi ai principi fondamentali in materia di governo del territorio che l art. 117, comma 3, della Costituzione riserva alla competenza legislativa dello Stato, è dato rilevare come, per quanto supra mostrato, il silenzio sia parte integrante di quei limiti, condizioni, modalità del rilascio della sanatoria edilizia che costituiscono l estrinsecazione stessa dei principi fondamentali della materia e che la Corte ha riconosciuto di spettanza dello Stato 70. L espunzione del silenzio accoglimento sembra, infatti, toccare l essenza stessa della scelta statale che la Consulta ha affermato essere stata operata fedelmente al dettato costituzionale di reintrodurre la disciplina sul condono edilizio, perché costituisce un 68 P. FALCONE, op. cit., Il riferimento è a Corte cost., n. 196/2004, cit., che come si è visto ha dichiarato «l illegittimità costituzionale del 37 comma dell art. 32 d.l. n. 269 del 2003, nel testo originario e in quello risultante dalla legge di conversione n. 326 del 2003, nella parte in cui non prevede che la legge regionale di cui al 26 comma possa disciplinare diversamente gli effetti del prolungato silenzio del comune». 70 Sul punto, giova riportare per esteso il seguente passo della citata sentenza costituzionale n. 196/2004: «L individuazione di profili di sicura competenza statale nella disciplina in esame, sia per la parte relativa agli aspetti penalistici sia per la parte relativa alla determinazione dei principî fondamentali sul governo del territorio, inducono questa Corte ad una dichiarazione d illegittimità costituzionale solo parziale, limitandola a quelle disposizioni del testo legislativo che, in contraddizione con gli stessi enunciati dell art. 32 (il 3 comma afferma che le condizioni, i limiti e le modalità del rilascio del predetto titolo abilitativo sono stabilite dal presente articolo e dalle normative regionali ), escludono il legislatore regionale da ambiti materiali che invece ad esso spettano, sulla base delle disposizioni costituzionali e statutarie». 17

18 elemento non già meramente attuativo, ma coessenziale all effettiva realizzazione della finalità della sanatoria edilizia. Il che porterebbe a sostenere che le leggi regionali che hanno eliminato il silenzio assenso dal procedimento amministrativo per il rilascio della sanatoria edilizia determinano una sensibile riduzione dell effettività della relativa disciplina statale, con evidente violazione del canone della leale cooperazione che la Corte costituzionale costantemente riconosce come parametro invocabile nel conflitto di attribuzioni, in quanto la sua violazione determini la lesione delle competenze riconosciute allo Stato e alle Regioni 71. Per questa via, l espunzione del silenzio assenso da parte delle Regioni parrebbe ridondare i loro poteri in una materia di legislazione concorrente, perché contrasterebbe, fors anche inibendola, l efficacia stessa della legge statale, utilizzando la «potestà legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura solo dannosa o inopportuna, anziché agire in giudizio dinnanzi a questa Corte, ai sensi dell art. 127 Cost.» 72. Lo stesso argomentare, insomma, che ha condotto la Consulta ad accogliere i ricorsi con cui il Governo ha sollevato conflitto di attribuzioni in relazione ad alcune leggi regionali che, con norme e atti diversi, escludevano o rendevano sostanzialmente inapplicabili nel loro territorio le disposizioni sul condono edilizio ex art. 32 della legge n. 326 del Il silenzio assenso in materia di agibilità degli edifici (art. 25 d.p.r. n. 380/2001) Altro procedimento del diritto edilizio in cui opera il silenzio assenso è quello volto all adozione del certificato di agibilità 74. A questo riguardo, relativamente agli interventi indicati dall art. 24, comma 2, del d.p.r. n. 380 del , il successivo art. 25 fissa in 30 giorni il termine a disposizione del «dirigente o [ ] responsabile» dello sportello unico per l edilizia al fine di decidere sulla domanda di agibilità (che deve essere presentata entro 15 giorni dall ultimazione dei lavori «di finitura dell intervento»), alla cui inutile decorrenza «l agibilità si intende attestata nel caso sia stato rilasciato il parere dell A.S.L.» circa la sussistenza delle prescritte condizioni igieniche e sanitarie. Il 71 Corte cost., 20 giugno 2002, n. 255, in 15 maggio 2001, n. 133, ibidem. 72 Così Corte cost., 28 giugno 2004, n. 199, in 73 Si allude alle sentenze «gemelle» 28 giugno 2004, nn. 198 e 199, in 74 Per un inquadramento generale dell istituto, si v., per tutti, A. MASSONE, Agibilità (certificato di), in Dig. disc. pubbl., Torino, 2008, I, 7 ss.; G. RIZZI, Testo unico edilizia: le novità in tema di dichiarazione di agibilità, in Immobili & proprietà, 2003, 511 ss. 75 Si tratta delle nuove costruzioni, delle ricostruzioni o sopraelevazioni totali o parziali, degli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico. 18

19 suddetto termine di 30 giorni per la formazione del silenzio assenso viene elevato a 60 nelle ipotesi in cui la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie sia autocertificata, il che, a mente dell art. 20, comma 1, del testo unico dell edilizia, può avvenire quando il progetto riguarda interventi di edilizia residenziale, ovvero per le altre tipologie di costruzioni quando la verifica di conformità igienico-sanitaria non comporta valutazioni tecnico-discrezionali. Si rammenta che, nel caso di opere soggette a d.i.a., l art. 23, comma 1, d.p.r. cit. richiede che il progettista abilitato debba asseverare, tra le altre cose, anche «il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienicosanitarie». La disciplina testé illustrata si è innestata nel solco di quella previgente siccome posta dal d.p.r. n. 425 del 1994, rispetto a cui ha apportato importanti modifiche e miglioramenti 76. In primo luogo, ha razionalizzato i termini rispetto al regolamento del 1994 (recante «la disciplina dei procedimenti di autorizzazione all abitabilità, di collaudo statico e di iscrizione al catasto»), che ne prevedeva una perplessa dissociazione tra la conclusione del procedimento e la formazione del silenzio: infatti, mentre l art. 4, comma 2, statuiva che l amministrazione dovesse pronunciarsi entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, il successivo capoverso fissava in 45 giorni dalla data di presentazione della medesima istanza l arco temporale decorso inutilmente il quale «l abitabilità» 77 doveva intendersi «attestata». In secondo luogo, ha espunto il potere attribuito dall art. 4, comma 3, del citato decreto al Comune di disporre nei successivi 180 giorni l ispezione diretta a verificare l esistenza «dei requisiti richiesti alla costruzione per essere dichiarata abitabile» e, quindi, per «eventualmente dichiarare la non abitabilità, nel caso in cui verifichi l assenza dei requisiti richiesti alla costruzione per essere dichiarata abitabile». Detto potere di dichiarare l inagibilità risulta oggi attribuito dall art. 26 del testo unico dell edilizia, che sembra così avere fatto adeguata chiarezza in considerazione dell espresso riconoscimento che l inutile spirare del termine comporta la formazione del silenzio assenso (che nella vecchia normativa non era qualificato come tale). Infatti, il potere di dichiarare tout court non agibile la costruzione anche dopo la formazione del silenzio 76 V. le osservazioni elaborate al riguardo da R. ROTIGLIANO, Art. 25, in Testo unico dell edilizia, a cura di M.A. Sandulli, cit., 446 ss.; F. GUALANDI, La disciplina del certificato di abitabilità: nuove problematiche alla luce del d.p.r. 22 aprile 1994, in Riv. giur. edil., 1995, II, 60 ss. 77 Nel vecchio regime vigeva, com è noto, la differenza tra certificato di abitabilità, che concerneva gli immobili destinati all abitazione, e certificato di agibilità, che invece riguardava quelli aventi diversa destinazione d uso. Il testo unico ha eliminato detta distinzione, prevedendo il solo certificato di agibilità: su questi aspetti, per tutti, L. IANNOTTA, Art. 24, in Testo unico dell edilizia, a cura di M.A. Sandulli, cit., 431 ss.; D. DE CAROLIS, L agibilità degli edifici tra condono edilizio e disciplina urbanistica, in Urb. e app., 2003, 90 ss. 19

20 accoglimento sarebbe entrato in palese contrasto con la regola generale posta dall art. 20 della legge n. 241 del 1990, che, prevedendo espressamente il potere dell amministrazione di esercitare i poteri in via di autotutela nei confronti del silenzio accoglimento, richiede che prima del riesercizio del potere mediante adozione del contrarius actus venga annullato il silenzio (rectius, siano annullati gli effetti giuridici prodotti dal silenzio) dell ente procedente. A questo riguardo, è stato osservato che il potere ex art. 26 del d.p.r. n. 380 del 2001, di dichiarare l inagibilità ex art. 222 del regio decreto n del 1934 possa esercitarsi quando l agibilità è intervenuta per silentium soltanto laddove siano nel frattempo venuti meno i requisiti richiesti per l agibilità stessa 78. Se si guarda alla procedura di adozione del certificato di agibilità nella prospettiva della semplificazione, non solo la riportata previsione concernente il silenzio assenso pare opportuna, ma sorge pure il dubbio che invece di (continuare ad) attribuire in materia poteri abilitativi/autorizzatori 79, il legislatore avrebbe probabilmente potuto introdurre forme di asseverazione da parte di tecnici abilitati, conservando in capo alle amministrazioni comunali poteri di controllo e sanzionatori da esercitare su utilizzazioni di immobili carenti delle prescritte condizioni di agibilità. Senza mettere in discussione l importanza della funzione dell attestato in disamina, ossia riscontrare che, a seguito dell intervento effettuato, l immobile soddisfi le «condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti» installati (art. 24, comma 1, del testo unico) 80, considerando la disciplina della specifica procedura amministrativa, non può che constatarsi come i Comuni siano chiamati a svolgere un attività di mera verifica documentale. Infatti, al fine del rilascio del certificato in parola, l art. 25, comma 3, del d.p.r. n. 380 del 2001 richiede alle amministrazioni di svolgere un attività istruttoria che, lungi dall essere volta all accertamento di fatti mediante ispezioni, sopralluoghi, ecc., si esaurisce nell esclusiva verifica della sussistenza dei documenti in cui si attestano le suddette caratteristiche dell immobile, peraltro già oggetto di accertamento o di asseverazione, ed i cui relativi atti (certificato di collaudo statico, certificato regionale per le opere eseguite in zone sismiche, completezza della documentazione che deve essere depositata a corredo della domanda di agibilità, dichiarazione di conformità delle opere alla normativa sull accessibilità e sul superamento 78 G. MARI, Art. 26, in Testo unico dell edilizia, a cura di M.A. Sandulli, cit., 454; P. MARZARO GAMBA, Ancora incertezze su natura e funzione del certificato di abitabilità dopo il d.p.r. 22 aprile 1994, n. 425 e dopo la semplificazione delle attività edilizie minori, in Riv. giur. urb., 1999, Sull incerta natura del certificato qui in esame, si v. A. FIALE ALE IALE, op. cit., 820 ss. 80 «In una parola, il certificato di agibilità serve ad attestare, al fine del loro uso, il raggiungimento degli standard minimi e generali di qualità degli edifici e la realizzazione a regola d arte degli impianti ad essi serventi, imposti anche dalle disposizioni di derivazione comunitaria»: così D. DE CAROLIS, op. cit., 90 ss. 20

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