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1 Anno 12 Numero Luglio 2014 In questo numero troverete: Ciro, oltre il giorno di dolore, Pag. 2 Cesena-Latina playoff, Pag. 64 Gad Lerner, chi si informa..., Pag. 4 Virtus Roma-Siena gara 3, Pag. 70 Lettera a Ciro, Pag. 6 Latina-Cesena playoff, Pag. 77 Le pennette Usb e il daspo..., Pag anni di Basket a Cento, Pag. 87 Recensione E non vorrei..., Pag. 10 Virtus Roma-Siena gara 4, Pag. 90 Tor di Quinto. Colpi segreti..., Pag. 12 Novara-Varese playout, Pag. 94 Milan-Bari 1989/90, Pag. 16 Metz-Le Havre, Pag. 101 Standard Liegi-Genk, Pag. 27 Frosinone-Lecce playoff, Pag. 107 Cesena-Modena playoff, Pag anni della Ovest Ferrara, Pag. 113 Latina-Bari playoff, Pag. 41 Correggese-Matelica p.off, Pag. 117 Lille-Guincamp, Pag. 51 Castelfidardo-Rieti playoff, Pag. 120 Siena-Virtus Roma gara 1, Pag anni BB Minervino, Pag. 123 Sport People, Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Lecco, autorizzazione nº11/2003. Editore Ragazzi di Stadio, Via Adda 22, 23898, Imbersago (LC). Info: relazioni@sportpeople.net.

2 Pensieri & Parole: Ciro, oltre il giorno del dolore Sport People n 25/2014 Pag. 2 CIRO, OLTRE IL GIORNO DEL DOLORE Se non fosse per un contesto diverso, alcune immagini del funerale di Ciro Esposito sembravano, per certi versi, simili a quelle in occasione della cerimonia funebre di Gabriele Sandri. Solo quando qualcuno di noi ci lascia, purtroppo, riusciamo ancora a sentirci una comunità coesa. Con ideali sentiti e comuni. C è magari chi si lascia andare ad un esibizionismo fuori luogo, per esempio postando le proprie foto con gran fretta sui social per dire io c ero. C è chi, sul posto, invece di rendere omaggio anonimamente fa di tutto per farsi notare da capi ultras di tifoserie toste. Ma, nel complesso, una morte che ci riguarda da vicino dà vita ad un omaggio sentito e che, nel più dei casi, parte dal cuore. Chi ha partecipato al funerale di Ciro da ogni angolo dello Stivale, ma anche chi ha guardato le immagini dei video del funerale, sentito i cori, visto tutta quella muraglia umana e nello stesso tempo composta, di sicuro qualche brivido l ha avuto. Qualche lacrima sarà uscita, ne sono certo. E senza dubbio, in quella piazza di Scampia accompagnata dal sole, Ciro viveva ed era presente. Ma c è anche il day-after. Il momento in cui, passata l emozione capace di abbattere muri e pregiudizi tra di noi, si ricrea quella barriera fatta di proprie verità, di steccati ideologici e di diffidenza. Finisce il funerale e finisce la fratellanza in nome di uno stile di vita comune, di un sentire che va ben oltre radicate rivalità. In attesa del prossimo funerale, della prossima vita spezzata troppo in fretta da piangere. Ma Ciro, come gli altri sfortunati ragazzi che l hanno preceduto, può ancora continuare a vivere, e non solo nei cuori dei familiari, degli amici, e di chi gli ha voluto bene. Ciro vivrà per tutti gli ultras se la sua morte sarà l ultima; vivrà se si accetterà, finalmente, che delle regole esistono e non vanno mai trasgredite né derogate; vivrà nel momento

3 Pensieri & Parole: Ciro, oltre il giorno del dolore Sport People n 25/2014 Pag. 3 in cui l ultras, se mai accadrà, tornerà allo stadio mettendo al centro di tutto la propria squadra; vivrà se, pur affrontando il rivale, lo rispetterà; vivrà se, finalmente, saremo capaci di superare troppe divisioni interne per creare, chissà, è un sogno, un qualcosa di duraturo che legittimi ed organizzi gli ultras. Perché se l unità esiste nel giorno del dolore, allora essa deve esistere anche in un giorno qualunque. In un Palermo-Milan come in un Gallipoli-Casarano. Dopo la morte di Spagna gli ultras si erano uniti nel nome di un Basta lame, basta infame rivelatosi effimero, retorico, se non ipocrita. Oggi non ci possiamo più voltare dall altra parte, né coprirci con slogan di facciata e, anche se quanto accaduto a Ciro non è circoscrivibile esclusivamente all interno delle dinamiche ultras, vicende tragiche come questa sono tutte legate ad un modo sbagliato di vivere lo stadio. Dove non si sono perse solo le regole, ma i valori di base che dovrebbero esistere sempre. Così come le motivazioni. Perché se il quindicenne esaltato va allo stadio col mito di qualche pistolero o accoltellatore non sbaglia lui, ma chi ha solcato quella strada. Se il quindicenne, come lo siamo stati noi, tornerà, invece, ad avvicinarsi allo stadio pensando a cori che abbattono i muri e ad un mare di bandiere, qualcosa sarà cambiato. E allora, in questo articolo, non voglio assolutamente spendere parole al miele dette e ridette. Vorrei solo che ci fosse una riflessione che vada al di là del momento di dolore. Vorrei che scorressero i nomi di tutti coloro che hanno perso la vita per una partita di calcio, e ci si chieda perché sono morti. In nome di che? Di chi? Non c è stata una sola morte sensata. E nessuno venga a dirci che ci sono più morti per le risse in discoteca o per le stragi del Sabato sera, perché questo è il nostro mondo, che a me piace ancora guardare con gli occhi di un bambino. E negli occhi di un bambino non ci deve essere spazio alcuno per la morte. Mai. Stefano Severi.

4 Pensieri & Parole: Gad Lerner, chi conosce e si informa non ha paura Sport People n 25/2014 Pag. 4 GAD LERNER, CHI CONOSCE E SI INFORMA NON HA PAURA Succede, in Italia, che troppo spesso ci si trovi a cavalcare l onda di un evento tragico per fare facili sensazionalismi e buttare giù quattro righe intrise di perbenismo e luoghi comuni, atte ad accalappiarsi qualche follower o qualche lettore in più. Ed a farlo, quasi sempre, non sono giovani giornalisti alla ricerca di fama e di successo, ma bensì coloro che queste due componenti le hanno già raggiunte da tempo e potrebbero usarle per divulgare il proprio verbo in maniera saggia ed oculata, senza dimenticare da dove vengono e le regole assolute che questo mestiere teoricamente dovrebbe imporre. Nei giorni passati ho avuto modo di leggere le riflessioni del signor Gad Lerner sui funerali di Ciro Esposito celebrati a Scampia di fronte a migliaia di tifosi provenienti da tutta Italia e non solo. Il celebre giornalista e scrittore, in passato direttore del TG1 ed attualmente conduttore della trasmissione Fischia il Vento in onda su LaEffe, ha esordito asserendo: il raduno a Scampia per l estremo saluto a Ciro Esposito mi ha fatto paura. Come già quel terribile 3 maggio allo Stadio Olimpico, ci ho visto la rappresentazione plastica dell impotenza dello Stato davanti a fenomeni sociali che ormai sono sfuggiti al suo controllo. Dichiarazioni alquanto opinabili e che mi lasciano a dir poco basito. Signor Lerner, di quale impotenza dello Stato parla? La stessa che permette alle questure di comminare diffide gratuite perché un gruppo di tifosi non in possesso della tessera del tifoso (a proposito, lei che da sempre ha fatto della democrazia e della libertà d espressione due dei propri cavalli di battaglia, sa di cosa stiamo parlando?) si è avvicinato troppo allo stadio dove la propria squadra gioca in trasferta (cfr. tifosi Bresciani in trasferta verso La Spezia, quest anno, fermati a diversi chilometri dalla città ligure, identificati dalla polizia e fatti soggetto di un provvedimento restrittivo che a rigor di logica dovrebbe essere emesso solo verso chi mette a repentaglio l ordine pubblico, ma penso che lei sappia di cosa parliamo...). Oppure, visto che anche lei, in maniera sorprendentemente qualunquistica, si è voluto accodare al treno di chi si è riempito la bocca e gli editoriali con il nome di Genny a Carogna, le chiedo se sa che quest ultimo è stato oggetto di Daspo per aver violato il regolamento d uso dello Stadio Olimpico per esser entrato in campo su espressa richiesta della Questura di Roma? Passibile per lui è stato anche aver indossato una maglietta che chiedeva non impunità ma giustizia per Antonino Speziale, il ragazzo accusato di aver ucciso l ispettore Filippo Raciti durante gli scontri a margine della gara Catania-Palermo del 2007, un caso attorno al quale gravita più di qualche ombra e per il quale è stata da tempo richiesta la riapertura del fascicolo. Inoltre le voglio chiedere se ritiene, quest ultimo, un aspetto trascurabile in un paese che si dice evoluto e che in più di un occasione, attraverso i suoi principali rappresentanti istituzionali ha posto più di un quesito dubbioso sulla regolarità della magistratura e delle sue decisioni (cfr. invasione del tribunale di Milano da parte degli esponenti del Pdl, tra i quali l integerrimo attuale Ministro degli Interni Angelino Alfano, in seguito alla decisione di disporre una visita fiscale per verificare il legittimo impedimento di Silvio Berlusconi), oltre al classico esempio degli esponenti leghisti che nei loro deliri di onnipotenza, facendosi forti di questa tanto decantata, ma a quanto pare faziosa, libertà d espressione, si sono permessi il lusso di infangare, insultare e screditare impunemente chiunque gli capitasse a tiro. Nel suo assolo parla di una gioventù che, priva di tutto, fa riferimento alle tifoserie organizzate. E quindi la colpa di chi sarebbe? Degli ultras? Il nostro paese non offre nulla, o quasi, su questo le do piena ragione. Sa che noi giovani, spesso con lauree, master e dottorati, ci troviamo a lavorare dentro call

5 Pensieri & Parole: Gad Lerner, chi conosce e si informa non ha paura Sport People n 25/2014 Pag. 5 center a 4 euro l ora per sentirci i vaffa nelle orecchie da parte di persone a cui spesso si propongono vere e proprie truffe? E cosa c entrerebbero gli ultras in tutto ciò? Lei è mai stato in una curva, oppure è il classico che parla dopo essersi documentato attraverso Wikipedia, i video di YouTube e gli articoli di qualche suo collega che fino al 2 Maggio neanche sapeva che cosa fosse un fuorigioco? Sarebbe grave se fosse così, soprattutto da parte di un professionista accreditato come lei. Sa cosa le dico? Io che le curve degli stadi italiani non solo le ho frequentate, ma ci sono anche cresciuto. Che è vero, ha ragione, sono rimasti gli ultimi spazi di aggregazione per i nostri giovani. E fortuna che ci sono. Perché quando verranno svuotate anche queste, avremo la perfetta gioventù rintronata e pecorona che forse qualcuno sogna da tempo immemore. Nelle curve ci sono gli eccessi, come ci sono nella società di tutti i giorni. Poi, signor Lerner, lei parla dei tanti Genny che comandano uno spazio vuoto che è poi lo spazio crescente della disperazione sociale e della miseria culturale. Ma forse parla dello stesso spazio vuoto che nella sua gioventù lo ha spinto a fare attivamente politica al di fuori del Parlamento? Perché se è così parliamo di due mondi, per tanti versi, uguali e speculari: pensi che in quegli anni nasceva proprio il movimento ultras che lei ora tanto demonizza, ma che non va poi tanto lontano dalle organizzazioni politiche che lei frequentava attivamente, e sulle quali, destra o sinistra che siano, non mi permetto di emettere giudizi se non dopo averle analizzate e contestualizzate nel determinato periodo storico. Anche perché ai tempi che furono non è che lo Stato vedesse tali movimenti come un qualcosa di buono e salutare. Un efficace politica dell ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare, e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti, diceva l ex Ministro degli Interni Cossiga, che lei dovrebbe conoscere bene. Insomma signor Lerner, anche se la mia parola conta meno del due di coppe quando regna bastoni, le assicuro che lo stadio è una risorsa importante e fondamentale per la nostra gioventù. Un posto dove ancora si respira il concetto di aggregazione, nonostante una repressione bieca, eccessiva e spesso inutile oltre che sempre inconcludente, semplicemente perché mai volta a risolvere i problemi, ma solo a dare punizioni esemplari a cui poi i media fanno eco ammaestrando l opinione pubblica. Forse è questo che le fa paura. Forse è questo che l ha spaventata venerdì a Scampia. Tutti quei ragazzi, che non si conoscevano, ma che si stringevano la mano ed assistevano in assoluto rispetto alle esequie di uno di loro. Forse è il loro senso di fratellanza ad incuterle timore. Perché un uomo solo è facilmente manipolabile, anche e soprattutto sotto il punto di vista mediatico, mentre un gruppo di sconosciuti uniti da un qualcosa, anche da una semplice passione, è una bomba ad orologeria che rischia di saltare da un momento all altro. Soprattutto in un momento come questo, dove gli spazi vuoti, come li chiama lei, sono troppi e sparsi ovunque. Forse è la semplice non conoscenza di tutto questo che le mette paura. È umano, io da bambino avevo una paura incredibile dei cani, pensavo mordessero di default, non appena ti avvicinavi, poi invece ho capito che sono gli esseri più buoni esistenti sulla faccia della terra, ed ora ne ho due oltre ad averne salvato qualcuno dalla strada. Chissà, forse un giorno capirà, se vorrà, che i tifosi, gli ultras, il tifo organizzato oltre a non mordere, non sono un coacervo di impunità e delinquenza. Come del resto non lo sono le redazioni giornalistiche. Basterebbe vedere le sfumature ed informarsi. La differenza è tutta là. La paura finisce dove inizia la conoscenza. Simone Meloni.

6 Riceviamo & Pubblichiamo: Lettera a Ciro Sport People n 25/2014 Pag. 6 Ciao Cì, LETTERA A CIRO te scrivo sta lettera ner dialetto mio. Lo stesso che adesso, forse da lassù, starai a maledì p esse una dell urtime cose c hai sentito quanno che ancora stavi qui. Che poi er mio nun è proprio dialetto, quello se lo so portato via l avi, er mio è più quello che oggi chiameno slang. Romanaccio direbbero i veri curtori della parlata romana. Lo so che da voi è diverso, da voi er dialetto lo parlate davvero e guai a chi ve lo tocca. Te ne sei ito in un letto d ospedale, come mai nessuno dovrebbe. Te ne sei ito perché sta città, sta società e sta gente so cambiate, peggiorate e imbastardite in poco tempo. Io ricordo na Roma diversa, fatta de perzone ruvide e tignose, quello sì, ma de core e comprenzive. Pronte sempre a tendete la mano nella difficortà. Me ricordo una Roma fatta de passioni, de violenza perché no, ma sempre co criterio. Sempre co la testa utilizzata e messa davanti all istinto. Ah Cì, quanno che ero pischelletto me diceveno che portasse n curva n cortello nun stava bbene, figurete se quarche d uno avesse penzato a na pistola pe combatte quer nemico ideale, quello diviso dar campanile e dar pallone, ma che l artri 7 ggiorni della settimana c aveva li stessi probblemi tua, combatteva le tue stesse battaje e spesso era perzino n amico tuo. Perché la curva ha sempre unito. Pure quanno divideva. Pure quanno ce staveno de mezzo centinaja de chilometri, dialetti diverzi e modi totarmente differenti de intende la vita. Allo stadio ce semo sempre annati, i cori contro se li semo sempre fatti. Ma co rispetto, co sentimento, co quelle regole nostre che ereno sacre e intoccabili fino a ieri e che sembrano na cojonella i davanti a tutta quella gente che t è venuta a trovà da ogni parte dell Italia e d Europa oggi. Perché nun ce deve solo importà chi è er corpevole, chi è la vittima e chi è l imputato. Ce deve importà de avè perzo pe l ennesima vortà di fronte a chi ce vede come bestie. Come parassiti da eliminà ar più presto e da utilizzà

7 Riceviamo & Pubblichiamo: Lettera a Ciro Sport People n 25/2014 Pag. 7 pe riempi le paggine de giornale e li teleggiornali della prima serata. Io nun lo so che po esse successo quer pommeriggio a Tor di Quinto. Nun lo so chi c ha ragione e chi c ha torto. So che er male che se semo fatti come omini, come tifosi e come romani e napoletani, è tanto. Troppo pure pe du città abbituate a combatte co tanta merda e tanto malessere tutti li santi giorni. Guardo tu madre oggi e ripenso alla sora Esperia, e a Antonio. Pure lui se n è ito come mai se dovrebbe. Strappato dalla gente sua, dalla famija e dalla Roma cor sorriso sulle labbra, co quella maja giallorossa addosso e quella sciarpa piena de sogni. Er sogno de sbancà Milano. Er sogno de vive. Er sogno. Cì, adesso da lissù guardece e cerca de perdonacce se poi. Giallorossi o azzurri che semo. Perdona chi te pija n giro, perdona chi penza che pareggianno li conti se risorveranno le cose. Qua parleno tutti de codice nun scritto, ce se riempono le bocche, ma poi strigni strigni ormai ognuno segue er suo de codice. Quello dell egoismo e der protagonismo. Adesso vai, nzieme a quell altri che co le sciarpe, co li bandieroni, co le torce, li tamburi e li megafoni te stann aspettà pe fa n corteo e tifa alla faccia de tutte le nostre piccolezze d essere umani. Stasera me so accorto che er male maggiore per noi, semo noi stessi. E da sto male nun ze guarisce. E un canchero. Pieno de metastasi. Potemo fa tutte le terapie che volemo, ma ormai ce l avemo. E solo un miracolo ce lo po guarì. Ma te ce credi nei miracoli Cì? Io no. Perché ortre a nun crede in Dio, nun credo manco nell esseri umani. Te saluto adesso, s è fatto tardi. Vattene al letto, come te diceva mamma quanno la matina dopo dovevi anna a scola. Magari mo che t addormi, te rivedrai davanti er mare, er golfo, er Vesuvio e risentenno l odori della città tua e della gente tua. E forse t immaginerai pure che Roma nun po esse un letto d ospedale, un proiettile de pistola e la fine d un viaggio troppo breve. Ma la città dei Fori, dei Papi, der Colosseo e de tanta gente che nun è cattiva. E come in ogni parte der paese oggi te piagne co pietà, regalannote un po de Ponentino nostro. Quer vento dorce e fresco che d estate ce allieta le serate. Perché semo umani pure noi. Ciao Cì, ste parole tiettele pe te.

8 Pensieri & Parole: Il rincaro delle pennette USB e il daspo Sport People n 25/2014 Pag. 8 IL RINCARO DELLE PENNETTE USB, IL DASPO, ED ALTRE AMENITÀ: QUANDO SEI GIÀ COLPEVOLE PER LEGGE Il giornalismo nostrano compie un altra prodezza, segnalando, appena un giorno prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, l aumento, spropositato, dei prezzi di vendita di PC, smartphone, tablet ma, soprattutto, hard disk esterni, chiavette USB e tutti i dispositivi contenenti una memoria interna. Il motivo? Una nuova applicazione della legge del 2003 sull equo compenso per tutti quei diritti d autore che, volenti o nolenti, non possono essere monetizzati in quanto rientranti nel campo delle copie illecite e non coperte dalla tassazione SIAE. Ma cosa unisce quest ultimo provvedimento al nostro DASPO, il quale, almeno a detta di chi ci governa, dovrebbe diventare uno strumento di prevenzione (o di repressione, dipende dai punti di vista) ancora più duro? La risposta è semplice. L aumento dei cosiddetti dispositivi di riproduzione digitale è, almeno ufficialmente, una tutela nei confronti degli autori registrati alla SIAE, che non possono vedersi riconosciuti i loro compensi quando i loro contenuti vengono copiati e trasmessi tramite chiavette USB, schede di memoria, CD, DVD, ma anche computer, smartphone e via dicendo. In pratica io copio la musica che ho nel mio computer su una chiavetta, magari per agganciarla all autoradio e sentirmela anche quando sono in macchina? Bene, secondo il ragionamento della SIAE, solo per questo motivo dovrei pagare i diritti d autore. Per non parlare di quando passo musica o filmati ad altre persone. Pagando una tassa, pure piuttosto pesante, si riconosce il principio che tu sei colpevole di violazione delle norme del diritto d autore per il solo fatto di possedere uno o più dei suddetti mezzi di copia. All atto pratico, una chiavetta puoi comprarla anche solo per motivi di lavoro e copiare materiale di tua proprietà, ma la tassa la paghi comunque. E, nonostante lo Stato riconosca il consumatore in anticipo colpevole di copia abusiva, facendogli pagare l oneroso balzello, egli può comunque essere perseguito, come avviene da sempre, per aver violato il copyright nel caso che venga beccato con qualche dispositivo contenente copie non autorizzate e comunque non pagate. Questo, in sintesi, un problema che riguarda la nostra vita di tutti i giorni e sul quale si possono trovare spunti infiniti per parlare ore ed ore. Ma ciò che a noi preme di più, invece, è come lo Stato, con tale provvedimento, abbia applicato una specie di DASPO preventivo a tutti i fruitori dei prodotti supertassati. Già, il DASPO, quel provvedimento amministrativo ma non penale il quale, tuttavia, limita diversi principi di libertà personale sanciti dalla nostra Costituzione, che ti costringe a trovare un avvocato, che ti vieta, magari in futuro, di fare diversi concorsi pubblici e ti obbliga a dare spiegazioni che non dovresti dare alle persone che ti sono vicine, il tutto senza la quasi minima possibilità di difenderti dal provvedimento, se non per via amministrativa e quasi mai per questioni di merito sui fatti; tutto ciò mentre il soggetto a DASPO può essere innocente, può magari anche affrontare un processo per far valere le sue ragioni e tornare ad essere pulito, senza però riuscire mai a riparare i danni economici, la propria reputazione e, in diversi casi, la propria vita privata fatta a pezzi. Il DASPO, un provvedimento per nulla garantista e liberticida, è un provvedimento ben più grave di un aumento del prezzo della scheda di memoria SD, tuttavia risponde ad un concetto ben preciso e terrificante allo stesso tempo: per lo Stato puoi essere colpevole di un reato a priori, senza nemmeno la possibilità di dimostrare la tua innocenza. Se compri un tablet sei colpevole, a prescindere, di violazione del diritto d autore, se vai allo stadio sei colpevole, a prescindere, della metà dei reati previsti dal Codice Penale. E, proprio perché vai allo stadio, non solo ti si può applicare il DASPO sulla base di un semplice sospetto, ma sei preventivamente esposto al sistema della Questura on-line. Anche quando ad acquistare il biglietto è un nonno con al seguito la sua nipotina di 5 anni. Casi in cui

9 Pensieri & Parole: Il rincaro delle pennette USB e il daspo Sport People n 25/2014 Pag. 9 non vale più il principio di prevenzione, ma di presunzione di colpevolezza solo perché si compiono determinate, elementari, azioni. Ma i casi di condanna a priori di colpevolezza nei confronti dei cittadini sono anche altri. Per esempio, tutte le testate giornalistiche, dall autunno scorso, hanno obbligo di rettifica dei propri articoli senza replica, nel caso che chiunque sia interessato al pezzo pubblicato si senta leso per una qualunque ragione, onde non incorrere nel reato di diffamazione; essenzialmente, basta che chiunque contesti quanto hai scritto e ti invii formalmente la richiesta di rettifica e sei obbligato a pubblicare la stessa senza poter aggiungere la tua opinione, riconoscendoti, a priori, colpevole di lesa maestà, anche quando ciò che hai scritto è provato ed argomentato. A meno che non si voglia rischiare di incorrere in sanzioni pecuniarie ormai diventate pesanti. Ultimo esempio, che cito, è quello degli ormai collaudatissimi studi di settore: spiegando l argomento in termini molto semplificativi, chiunque abbia un attività propria e guadagni ben al di sotto di quanto indicato dai parametri medi dell Agenzia delle Entrate per ogni categoria professionale, è messo sotto inchiesta, a prescindere, per evasione fiscale, e sta al malcapitato l onere di provare, con qualunque mezzo, la propria innocenza. Tutto questo in un periodo di crisi economica, parametro del quale lo studio di settore non tiene minimamente conto, pubblicando guadagni medi, per attività, spropositati, neanche fossimo in Svizzera. Una volta, tutto sommato, l ultrà poteva ritenersi un cittadino perseguitato e di Serie B. Oggi, per un motivo o per l altro, il principio di colpevolezza a priori si è esteso, potenzialmente, a tutti i cittadini italiani. Non ne possiamo assolutamente gioire ma, almeno, non dite che non abbiamo provato ad avvertirvi. Stefano Severi.

10 Culture Club: E non vorrei lo sai lasciarti mai perché Sport People n 25/2014 Pag. 10 Recensione del libro: E NON VORREI LO SAI LASCIARTI MAI PERCHÉ Partiamo da una premessa importante, non fosse altro che per una questione di onestà intellettuale: io Francesco Berlingieri, aka Lobanowski 2, l autore del libro, lo conosco personalmente, non per questo quanto penso e sto per scrivere di questo libro è influenzato da ciò. Anche perché una rivista gratuita come la nostra non ha nulla da guadagnarci a far marchette. Non a caso Francesco non lo leggo perché lo conosco, ma lo conosco proprio perché, prima di questo, avevo già letto un altro suo libro, Juve o Milan? Meglio il Foggia, scritto a sei mani sotto il nome multipolo di Collettivo Lobanowski. Un libero patto tra pari citandoli testualmente che ha scelto l anonimato perché quello che conta sono le storie. E le storie, quando sono valide, vanno collettivizzate, appartengono a tutti. Una scelta che, filosoficamente, mi piace molto, sia perché è la stessa che ho condiviso nell avventura editoriale con Sport People, dove a contare sono le idee e non chi le enuncia, sia perché è per certi versi un approccio fortemente ultras. Almeno in teoria, visto che anche Ultras, o il nome del gruppo in genere, è un identità multipla e situazionista, un abbattimento delle barriere individualistiche per condividere in gruppo valori e azioni, rifuggire l isteria etichettatrice dei media, dell opinione pubblica e delle Forze dell Ordine, che altro non è che un tentativo di controllo sociale totale, come totalizzante è l appiattimento che ne consegue. Questo, dicevamo, in teoria, visto che poi nella pratica tanti disattendono attraverso la mistificazione del capo ultras, una delle più grandi menzogne del/sul mondo degli ultras che è un male tanto endogeno quanto esogeno. Che qualcuno a cui l indebita manipolazione di questa figura egocentrica, in un movimento collettivo, in questi anni ha fatto comodo per ricavarne consensi, soldi, potere ricattatorio, candidature politiche, posti di lavoro, controllo su affari criminali, ville in Costarica e qualche coltellata o gambizzazione come effetto collaterale. Ma sono cose che con il mondo ultras non c entrano granché, per quanto certa stampa prezzolata cerchi sempre di ricamare forzosamente legami blandi che forse, con quella ostinazione, avremmo fatto meglio noi a spazzare via definitivamente. Vabbe, parliamo delle tre palle e del nonno flipper Tornando al libro, E non vorrei lo sai lasciarti mai perché è dunque l opera prima di Francesco Berlingieri come autore unico fuori dai passi mossi e scritti in Collettivo Lobanowski. La prima preventivabile sensazione che se ne percepisce è nel guadagno di omogeneità stilistica e narrativa, rispetto alla precedente esperienza. Nonostante la scelta della suddivisione in racconti, spesso distanti tra di loro in termini di tempo quanto

11 Culture Club: E non vorrei lo sai lasciarti mai perché Sport People n 25/2014 Pag. 11 di argomenti, il peso specifico del filo conduttore è tale da non disorientare la lettura per dispersione o restituire la sensazione del deja-vu da ridondanza. Ovviamente il filo conduttore è l amore per la propria squadra di calcio che chi ama davvero, visceralmente, finisce inevitabilmente per vivere andando oltre, da ultras, magari anche non nel senso stretto di militanza attiva in un gruppo, come fanno papà Leonardo o zio Franco, che una parte di sé in nome dell amore calcistico l hanno sacrificata, che qualcosa all amata di rossonero vestita l hanno data, anche solo considerando la trasmissione e la perpetuazione genetica di questo amore trasmesso in maniera virale. Poi ci sono le storie ultras vere e proprie, le incursioni semi-turistiche nelle città prossime a quelle dove il Foggia scendeva in campo, i boati, la cappa di gelo silenzioso dopo un goal subito, le poche gioie, le amarezze, le trasferte, il viaggio come metafora di vita. Tra le righe e fuori dalle righe, come in qualche racconto che esula dallo stretto contesto calcistico, c è vita autentica che trasuda. E non vorrei lo sai è romanzo vero e ci racconta l ultimo calcio genuino che abbiamo vissuto, quello visto con l incanto mistico del bambino, rivisitato nel Subbuteo per lavare l onta della sconfitta che Paolo Valenti in TV o Ameri per radio avevano narrato, mentre in salotto pigramente finiva la domenica familiare ancora intrisa degli odori del ragù e del caffè. Il calcio dell URSS, della Mitropa Cup e dell Anglo-Italiano in cui piccole compagini di provincia varcavano le sacre porte di Wembley. Un calcio dove la passione del tifoso era strumento attivo per scrivere pagine di epica sportiva, non mero dato da studio di marketing atto a ideare e rivendere gadget di gusto pessimo. Chiara la citazione di Ogni volta che torno di Paul Anka, diverse altre le citazioni musicali, cinematografiche e letterarie in una sorta di collage socio-sportivo che diventa una bellissima operazione amarcord dalla quale si esce, voltata l ultima pagina, non con poca nostalgia per quel che eravamo, come tifosi e come comunità in sé. Singolare se si considera che alcuni avvenimenti narrati sono cronologicamente anche piuttosto vicini, ma emblematici di quanto barbaro sia stato lo stupro di gruppo attuato dalle Tv a pagamento e completato dagli sgherri delle Tessere e dei divieti, mentre chi doveva denunciare stava invece connivente a guardare. Il calcio non è un prodotto, l amore per il calcio non si attribuisce a brillanti prodotti commerciali svincolati da ogni senso di appartenenza, con efficienti quanto asettici stadi di proprietà che non potranno mai effondere la palpitante passione popolare delle folle sui gradoni scalcinati dei tempi che furono. Il calcio è emozione in grumi di terra e sangue il cui richiamo non giunge per réclame ma, trasmessa di padri in figli, di generazioni in generazioni: Perché non è niente. Per voi non sarà niente. Ma io li ho visti e me li ricordo, gli occhi di quel ragazzo di trent anni che mi teneva sulle spalle mentre una ressa inenarrabile premeva per entrare. A vedere Foggia-Catanzaro. In una normale domenica di metà agosto. Un bel libro, che mi sento di consigliare a cuore veramente leggero e che può piacere indifferentemente a chi mastica pane e pallone (e ultras), ma anche a chi ne è avulso ed è solo amante di buona lettura, perché è scritto veramente con rara bravura, molto più godibile di tanta spazzatura che ha usato il calcio come tema di fondo (e mi mordo la lingua!). Faccia attenzione chi cerca il classico libro ultras più di stampo fotografico, perché qua di foto non ce ne sono. Solo parole. Parole pesanti e pensanti. Per chiudere con le segnalazioni tecniche, non cercatelo in libreria perché è un libro autoprodotto (sotto l egida di Autoproduzione Pirata ) e non lo troverete se non in qualcuna della zona Foggia o dei canali più alternativi. Se siete interessati all acquisto contattate direttamente l autore via , all indirizzo francesco.berlingieri@ .it: il volume è in vendita alla modica cifra di 10 incluse le spese di spedizione. Ripeto, detto con onestà e al di fuori dell amicizia: li vale tutti e molto di più. Matteo Falcone.

12 Pensieri & Parole: Tor di Quinto, colpi segreti e strategie sistemiche Sport People n 25/2014 Pag. 12 Tor di Quinto. Colpi segreti e strategie sistemiche. «I cani da guardia sono come certi sfruttati a cui danno una divisa, un grado e il potere del sopruso: si trasformano in fedeli servitori di chi li tiene alla catena, e spesso diventano più feroci di quanti sono da sempre abituati a esercitare il potere» (In ogni caso nessun rimorso, Pino Cacucci) Verso la fine degli anni 80, precisamente il 13 dicembre del 1989, viene varata in Italia la legge n Con questo passaggio di non poco rilievo, il legislatore interviene nel settore del giuoco e delle scommesse clandestine e tutela della sicurezza nello svolgimento di competizioni agonistiche, partorendo un particolarissimo dispositivo denominato D.A.SPO. (Divieto di Accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni SPOrtive). Un espediente giuridico gravidato sulla scorta delle misure di prevenzione. Il D.A.SPO., ossia la cd. diffida, così come l obbligo di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, nel ( ) comando di polizia competente in relazione al luogo di residenza dell obbligato( ), nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali è disposto il divieto, rivestono natura di misure di prevenzione atipiche. Questo brevissimo excursus dipana la strada ad una serie di perplessità, se rapportato alla incombenza della limitazione in punto di libertà personale e di circolazione derivante dalle dette misure; tant è che queste ultime si configurano per il fatto di essere strumentali ad un vivisezionamento pregresso da parte di un assetto congiunto di poteri tra loro interdipendenti, cioè l asse legislativo-mediatico-giudiziario. Nel senso che la irrogazione delle limitazioni de quo, o meglio la cd. diffida, di cui la cd. firma costituisce soltanto un quid pluris, è subordinata ad una settarizzazione sociale, giacché l esistenza di una precisa categoria di persone che aderisce ad una data subcultura, gli ultras, rappresenta per l interprete il presupposto sintomatico ai fini dell applicazione dei provvedimenti inibitori. Una dinamica socio-giuridica che mette in luce gli

13 Pensieri & Parole: Tor di Quinto, colpi segreti e strategie sistemiche Sport People n 25/2014 Pag. 13 intenti anomali che la legge in esame sottende. approssimativi, striscioni lunghi e riunioni settimanali aperte a tutti gli interessati. In Italia, sulla base di quanto accaduto illo tempore in Inghilterra, vi è sempre stata un attenzione particolare nei riguardi del movimento ultras. Fondamentalmente assecondando l atavica logica ultralegalitaria ossessionata dall ordine pubblico, e volta a destituire di ogni fondamento le pratiche autorganizzative di matrice curvaiola che sfuggono al controllo dello Stato. Come Valerio Marchi ha avuto, tempo addietro, la sensibilità di intuire: in curva ciò che va prendendo forma in occasione della partita è in tutto e per tutto una Zona Temporaneamente Liberata continuamente in itinere, ovvero un palcoscenico di conflitti e di aggregazioni comunitarie proiettate al confronto. 1 «Folli, devianti e criminali di ogni tipo sono votati dalle logiche dell ordine a un rigoroso mutismo, e quando rimane una fragile traccia della loro esistenza, sarà solamente quella che l autorità o l istituzione avrà registrato per assicurarsi una presa su questi corpi ribelli». 2 Per gli ultras, la cui etimologia ha evidenti accezioni estremistiche, e per l attitudine allo scontro fisico, e per la fortissima connotazione valoriale che da sempre contraddistingue questo movimento, è una sfida sotto ogni aspetto cercare di occupare il posto della curva dove il proprio striscione possa avere una maggiore visibilità nei confronti delle tifoserie nemiche o comunque una zona che rispecchi la propria centralità nell equilibrio curvaiolo. Le linee di condotta adottate dai vari gruppi variano in ragione del modo di interpretare la propria ontologia. Il panorama è frastagliato, ebbene si va dai gruppi più elitari, che si contraddistinguono per un numero relativamente basso di persone e la rigidità della militanza, a quelli più clubbistici, che di solito hanno una propria sede sociale, dei modelli comportamentali 1 V.MARCHI, Prefazione a Fanatics, Castelvecchi, Roma 1996, cfr. 2 A.BROSSAT, Scarcerare la società, Elèuthera, Milano 2003, cit. p. 35 L idea di creare uno striscione viene attinta dagli anni 70. Ergo si decide di creare una pezza, come quella degli studenti e degli operai, su cui imprimere il nome del gruppo scelto all unisono da tutti i componenti; la sigla adottata sta a dimostrare l adesione a determinate controculture o fazioni politiche, piuttosto che la provenienza da determinati quartieri o rioni della città. Lo striscione assume una connotazione sempre più forte, al punto che gli ultras finiscono per identificarsi in esso. Per questo motivo l eventuale perdita dello striscione durante gli scontri determina lo scioglimento del gruppo. Strettamente connessa al rituale dello striscione è quella del materiale. La sciarpa o il berretto, la toppa o la maglietta, così come l adesivo o la spilla sono elementi che attestano la propria appartenenza al relativo gruppo, cioè vessilli da indossare con fierezza la cui attribuzione costituisce un rito atteso e conquistato. Le argomentazioni di cui sopra servono a chiarire la ratio legis posta a fondamento dei divieti sanciti dal legislatore nell ultimo decennio. Invero l impossibilità per i gruppi non legalmente riconosciuti di esporre i propri drappi, semplicemente palesa un attacco simbolico prima ancora che sostanziale. Con questo precipuo passaggio normativo, accelerato da turbative dell ordine pubblico, i vertici hanno inteso destabilizzare il movimentismo da stadio nel suo aspetto più rappresentativo, sviscerando la stessa aggressività che vi è nello strappo di un burqa dal viso di una musulmana. D altra parte, lo striscione è l apogeo comunicativo del movimento ultras; ed il fatto stesso che i contenuti potessero sfuggire ad un preventivo controllo istituzionale, ha indotto il legislatore ad incidere tale ambito con il filtro obbligatorio del vaglio da parte del Questore. Il senso dello striscione sta nell esternare un pensiero che non rispetti la linearità di veduta imposta dall informazione dominante.

14 Pensieri & Parole: Tor di Quinto, colpi segreti e strategie sistemiche Sport People n 25/2014 Pag. 14 È pacifico che l odierna società sia contraddistinta da un punto di vista totalizzante, cosicché ogni segmento sociale che rappresenti in qualche misura una potenziale carica oppositiva viene fatto rientrare nell alveo del crimine organizzato. Tale assunto spiega anche il tentativo mediatico di simbiotizzare il movimento curvaiolo di alcune città, con particolare riferimento al Meridione, con organizzazioni mafiose comunemente intese. 3 La spinta determinante per il Sistema-Stato è stato l animus diretto alla distruzione degli ultras al fine di neutralizzarne il ribellismo innato; una voluntas persequendi che si è raffinata col passare degli anni, fino al culmine della tensione, raggiunto con l assassinio di Tor di Quinto. Riprendendo pedissequamente le critiche del Marchi, si può serenamente affermare che a tale preciso scopo si è reso necessario un evento mediatico sensazionale; una dinamica riprovevole sul piano umano; un precedente storico utile a relegare l accaduto nella sfera delle rivalità tra tifoserie. 4 Dunque una serie di circostanze utili all ultima stretta repressiva di cui lo Stato necessitava, in questo preciso momento storico, per rendere le gradinate scevre da qualsivoglia scomoda presenza. La fase intermedia, o meglio il punto di passaggio da un inasprimento graduale volto all addomesticamento delle curve, ad un repentino e drastico svuotamento, la si rinviene nel Nulla più della morte di un servitore dello Stato può significare una destabilizzazione determinata da zone aggregative che sfuggono ad un controllo pieno del potere, al punto da indurlo ad un clamoroso errore giudiziario 6, coerente con quella 3 E. QUADRELLI, Il nodo di Gordio, in Stadio Italia, La Casa Usher, Firenze 2010, cfr. 4 V. MARCHI, La sindrome di Andy Capp, NdA, Rimini 2004, cfr. 5 Corriere della sera del , pp. 2 ss., Ucciso un poliziotto, calcio sotto choc. 6 S.NASTASI, Il caso Speziale, Bonfirraro, che il Marchi definisce Sindrome di Andy Capp. Orbene questo stato di paranoia collettiva necessita di alcune rilevanti condizioni, quali un generalizzato rancore dovuto alla incertezza sul proprio presente e futuro, che sfocia nella ricerca di capri espiatori. In secondo luogo, la presenza di un sistema di comunicazione in grado di riamplificare gli stati di ansia collettiva. Nel caso di specie, basti tenere conto dell accanimento della stampa nei confronti dei tifosi in balaustra allo Stadio Olimpico per l ultima finale di Coppa Italia, distogliendo l interesse dal fatto storico che ha determinato la morte di Ciro Esposito. «Le società contemporanee dispongono di almeno tre strategie per affrontare le condizioni e i comportamenti ritenuti indesiderabili, offensivi o minacciosi, la prima consiste nel socializzarli, cioè nell agire a livello delle strutture e dei meccanismi collettivi che li producono e li riproducono, assicurando loro un lavoro o un sussidio. La seconda strategia è la medicalizzazione: significa cercare un rimedio medico a un problema definito senza esitazioni come una patologia individuale suscettibile di trattamento medico. La terza strategia adottata dallo Stato è la penalizzazione, che serve da tecnica per rendere invisibili i problemi sociali che lo Stato non può o non vuole affrontare fino in fondo». 7 Agevolmente si comprende che agli ultras viene applicata la seconda strategia, procedendo al tradizionale metodo di demonizzazione di una ontologia sotto/contro culturale che per decenni ha rappresentato una minaccia sociale concreta rispetto alle pretese dei piani alti. Ripercorrendo a ritroso la storia, si può ben comprendere come questi temi siano ancorati al concetto di potere disciplinare. Già nel XVII secolo l apparato disciplinare procedeva alla ripartizione degli individui nello spazio. Basti pensare alla diffusione del modello del convento così come quello Enna 2013, cfr. 7 L.WACQUANT, Punire i poveri. Il nuovo governo dell insicurezza sociale, DeriveApprodi, Roma 2006, cit. p. 13

15 Sport People n 25/2014 Pag. 15 delle caserme, accanto ai quali si diffusero grandi spazi manifatturieri. I controllori dell epoca infidamente si impegnavano nel progettare un istituzione disciplinare perfetta volta ad assicurare una distribuzione capillare del potere. E tutt oggi l intento di fondo è quello di Sorvegliare e punire. 8 E la preoccupazione ha assunto una portata ancora maggiore, per lo Stato, nel momento in cui gli osservatori si sono resi conto che comportarsi da ultras allo stadio acquisisce una dimensione più ampia: le condotte assunte allo stadio, o durante la trasferta, divengono uno stile di vita, un attitudine comportamentale; tanto è vero che il fenomeno ultras si è espanso inarrestabilmente in senso positivo per oltre quattro decenni. I sentimenti interni ad un gruppo si ripercuotono, in un più ampio raggio, nei confronti delle altre tifoserie. Ed il pathos di cui ogni gruppo è portatore, si concretizza in azioni di vario taglio il cui tenore sfugge ad ogni tentativo di incanalamento. Pertanto torna ad essere di incredibile attualità la insidiosità del potere disciplinare, alla stregua di una manovra di distruzione di ogni carica oppositiva. La diagnosi dell ultras-folk devil, combinata alla volontà statuale di non farsi sfuggire la proliferazione di ragionamenti autonomi, ha spianato la strada ad un accanimento metodologicamente ondivago ma continuativo negli anni. La consorteria formata dai poteri dello Stato, a cui va imprescindibilmente aggiunto il potere mediatico, quale longa manus, è partita col contemplare lo stadio come palestra utile a consolidare le pratiche repressive già in uso presso le Forze dell Ordine. Invero queste misure preventive sui generis sono da contemplarsi come un innesto embrionale, da cui sviluppare nel tempo altri e più pregnanti strumenti di controllo da applicare all intera civiltà. «La filosofia che ispira le strategie d ordine pubblico negli stadi affonda le proprie radici nella natura stessa della nostra polizia. Se infatti esiste nella funzione di polizia, anche in uno Stato 8 M. FOUCAULT, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Einaudi, Torino 2012, cfr. democratico, una tensione oggettiva tra il potere e il diritto, tra l intervento rapido ed efficace, che travolge resistenze e ostacoli, e il dovere di rispettare pienamente i vincoli giuridici, soprattutto i diritti di tutti i cittadini, nell ambito del tifo calcistico questa tensione oggettiva non trova spesso mediazione. La polizia ha un notevole potere discrezionale, non solo al livello complessivo ma anche a quello del singolo poliziotto. Le forze di polizia possono essere considerate come policy makers, nel senso che esse fanno le politiche. Questa percezione soggettiva implica, evidentemente, un elevato tasso di discrezionalità». 9 Per strana ironia della sorte, rispetto alla quale anche il più fatalista nutrirebbe seri dubbi, l accanimento militare che per anni ha perseguitato i violenti da stadio ha sgomberato le adiacenze dell Olimpico in occasione di Fiorentina-Napoli. Già nel 2004, la stampa nazionale fece notare la scesa in campo degli 007 del Sisde; 10 e lo stesso CASMS (Comitato di Analisi per la Sicurezza delle Manifestazioni Sportive) vanta tra le proprie schiere diretti adepti dei servizi segreti. Il vuoto di controllo avutosi a Tor di Quinto, per i motivi sopraesposti, assume la piega della distrazione premeditata. Lasciare scoperta una porzione di territorio, diffusamente frequentata da alcune frange di romani, e facilmente raggiungibile dai napoletani ha il retrogusto della tensione voluta. Il dato scientifico consta nell aver creato le condizioni affinché si potesse verificare uno scontro, anche prolungato, tra due delle tifoserie più numerose e violente onde creare il pretesto per un successivo intervento normativo di portata ancora maggiore di quelli avutisi dal 2001 ad oggi. Senza pretese inquisitorie, né accanimento giustizialista, a determinare l ennesima morte da stadio, questa volta, potrebbe essere stata l esplosione di una serie di colpi segreti. Giuseppe Milazzo. 9 V.MARCHI, Il derby del bambino morto, DeriveApprodi, Roma 2005, cit. pp Il Messaggero del , p. 7, Derby sospeso, in campo il Sisde.

16 Tifocronache Amarcord: Serie A 1989/90, Milan-Bari 4-0 Sport People n 25/2014 Pag. 16 I BARESI E LA TRASFERTA CHE NON DOVEVA ESSERE FATTA Ed ecco riemergere un racconto dal passato, quando eravamo un po più tifosi e un po meno casual, meno eleganti forse, di sicuro molto più ultras. Quando ultras, significava ancora andare oltre. Come quella volta, quando c era da fare la trasferta di Bergamo per l ultima giornata del campionato 89/ 90, l anno del ritorno in serie A e di Joao Paulo. A ripensarci, sembra ieri. Durante tutta la settimana precedente, i quotidiani sportivi (e non solo) sottolineavano il fatto che la partita che si sarebbe disputata allo stadio Comunale di Bergamo sarebbe stata riservata ai soli abbonati dell A.C. Milan. E proprio a causa della limitata capienza dell impianto sportivo bergamasco, che a malapena era in grado di ospitare gli abbonati rossoneri, non vennero messi in vendita ulteriori biglietti di ingresso. Pertanto, a più riprese, si invitarono i tifosi baresi a non mettersi in viaggio per assistere all ultima partita del campionato di serie A 1989/1990. E allora noi cosa facemmo? Naturalmente, partimmo! A dire il vero, il Bari era ormai salvo da tempo, dopo aver disputato un campionato davvero avvincente per una neopromossa, in cui riuscì a centrare l obiettivo salvezza con largo anticipo, sfiorando addirittura la qualificazione alla Coppa Uefa, mancata solo per un soffio. Il merito di tutto ciò fu per un sistema di gioco capace di mettere in difficoltà anche gli squadroni più forti del torneo, grazie alle qualità offensive del fantasista Joao Paulo, divenuto nel frattempo un vero e proprio idolo della tifoseria biancorossa. Qualche giorno prima della trasferta, il mio amico Silvio mi dice che ci sono alcuni ragazzi del gruppo ALCOOL che sarebbero intenzionati a mettersi in viaggio alla volta di Bergamo, seppure in pochi, anche perché il rischio di rimanere fuori o, addirittura di non riuscire nemmeno ad arrivare nei pressi dello stadio fa desistere la maggioranza di loro, soprattutto dopo l esperienza vissuta in occasione della trasferta effettuata dagli stessi ALCOOL a Napoli il giorno prima di Pasqua, unico gruppo della curva nord di Bari ad essersi messo in viaggio malgrado la preannunciata indisponibilità di biglietti a prezzi ragionevoli. In quell occasione, al manipolo di temerari arrivato fin sotto il San Paolo, era stato rifiutato l ingresso allo stadio, lasciando i giovani baresi fuori dall impianto partenopeo in balìa dei tentativi di aggressione da parte di bande di locali che, a dire il vero, di ultras avevano ben poco, essendo più interessate ai loro effetti personali che non al materiale del gruppo. Malgrado tutto, verso la fine della partita erano comunque riusciti ad entrare in tribuna per assistere agli ultimi minuti dell incontro. Ad ogni modo, visto che noi tre amici già da un po bazzicavamo il settore degli ALCOOL in occasione delle partite interne dell A.S. Bari, decidiamo di organizzarci con quelli del loro gruppo intenzionati ad avventurarsi fino a Bergamo. Ben presto, però, il numero di chi è seriamente intenzionato a partire si assottiglia, colpa soprattutto dei giornali, che continuano a sottolineare il fatto che la partita sia riservata ai soli abbonati e che non ci saranno biglietti di ingresso in vendita ai botteghini. Con l avvicinarsi del sabato sera ci rendiamo conto di essere noi tre gli unici davvero decisi a partire ad ogni costo. Qualcuno dei ragazzi degli ALCOOL vorrebbe affidarci lo striscione grande, quello storico, che proprio da quell anno ha ricominciato a fare la sua apparizione durante le partite casalinghe disputate allo stadio Della Vittoria, così come anche in occasione di alcune trasferte al seguito del Bari. Facciamo però presente che non è il caso, non in occasione di questa trasferta, troppe incertezze e troppo rischioso. Piuttosto ci si potrebbe portare uno dei due vessilli più piccoli che hanno fatto la loro apparizione durante l anno. Ma come al solito, vai a capire chi ce l ha. Dopo ulteriori giri di telefonate, viene fuori che c è comunque qualcun altro del gruppo ALCOOL che ha intenzione di partire alla volta di Bergamo

17 Tifocronache Amarcord: Serie A 1989/90, Milan-Bari 4-0 Sport People n 25/2014 Pag. 17 e così ci si dà appuntamento in stazione a Bari, sabato notte, per poter prendere il solito treno diretto al Nord, quello delle 00:17. Finalmente arriva il sabato sera. Una volta in stazione facciamo la conta di quelli che hanno risposto presente e ci rendiamo subito conto che, stavolta, gli UCN non avrebbero guidato la trasferta. Del resto, anche loro leggono i quotidiani locali e nazionali. Quindi, sanno già per certo che nessun biglietto sarà messo in vendita e che nessun tifoso ospite è atteso al seguito del Bari. Come di consueto prima di una trasferta, nei giorni precedenti la partenza si va a fare un giro presso la sede degli UCN, per sapere come si stanno organizzando. Seguiamo la prassi anche stavolta e, una volta lì nella loro sede, ci dicono di avere ricevuto forti pressioni dalla Questura di Bari affinché questa trasferta non venga effettuata. Quindi chi deciderà di partire, lo farà a titolo personale e non come UCN. Non sono dello stesso avviso i ragazzi del gruppo MALATI che, come sempre, anche quel sabato sera si presentano in stazione con il loro ormai mitico striscione da trasferta. Loro ci saranno, ancora una volta. Al momento di fare i biglietti del treno, ecco andare in scena i soliti teatrini. Visto che c è da andare fino a Bergamo, c è chi prova a fare il biglietto fino a Foggia (!), chi fino a Termoli, mentre i più previdenti lo fanno addirittura fino a Pescara. Ma qualcuno, che si crede più furbo degli altri, reputa più che sufficiente pagare solo fino a Barletta. Dopo un po che vanno avanti queste scenette, ecco che i bigliettai della stazione di Bari, stanchi di essere presi in giro, decidono di dire basta e di non vendere più biglietti del treno a quelli che, secondo il loro insindacabile giudizio, sembrano diretti a Bergamo per seguire la trasferta dei biancorossi. Pertanto, il minimo sindacale per salire in treno lo stabiliscono loro: se si vuole partire, bisogna fare il biglietto almeno fino ad Ancona e poche storie! Al momento di salire sul treno è poi la Polfer che cerca di imporre un ulteriore scrematura,

18 Tifocronache Amarcord: Serie A 1989/90, Milan-Bari 4-0 Sport People n 25/2014 Pag. 18 ma senza particolare successo. Infatti, chi viene trovato senza biglietto di viaggio e viene fatto scendere da un vagone, risale un attimo dopo su quello a fianco. Alla fine, come sempre, quando tutti sono a bordo il treno parte, con somma gioia di tutti quei poveri viaggiatori pendolari diretti al Nord che di pallone, Bari ed altre questioni del genere ne hanno ormai fin sulla cima dei capelli. In tutto questo delirio, ci dimentichiamo anche dell appuntamento con chi doveva partire con noi e portare lo striscione ALCOOL. A bordo del treno non lo troviamo e quindi, al pari degli esponenti degli UCN, è evidente che non sarà dei nostri. Amen. Una volta a bordo del treno, ha inizio un nuovo teatrino, quello con i controllori delle Ferrovie dello Stato. Questi ultimi, poveri loro, sanno benissimo di avere una bella gatta da pelare. Di fatto, non potendo fare nulla nei confronti di tutti quelli che mostrano biglietti ferroviari con le destinazioni più disparate, anche se inequivocabilmente diretti a Bergamo, possono rifarsi giusto su quelli che hanno fatto il biglietto fino a Barletta o a Foggia. Con l aiuto della Polfer provano a farli scendere dal treno, ma anche in questo caso è una battaglia persa, con gente che viene fatta scendere da una porta e che poi risale a bordo da quella affianco. Ma alla fine è anche vero che da Foggia in poi non è più affar loro e perciò, tutto sommato, è inutile insistere più di tanto. Il viaggio d andata, da lì in avanti, scorre tranquillo, grazie anche ai racconti del padre di Vito, il più vecchio e il più distinto tra i nostri compagni di viaggio, ferroviere e grande tifoso del Bari che ci tiene svegli con racconti di vecchie ed epiche partite e storie di trasferte ai confini della realtà, effettuate in una lontana epoca pre-ultras. Vengono così alla luce episodi incredibili, degni di un vero tifoso del Bari, come quando con la scusa di portare la famiglia in vacanza a respirare un po di aria di montagna, finiva sempre per ritrovarsi casualmente nei pressi delle località in cui il Bari stava svolgendo il ritiro estivo. Oppure quella volta che, trovandosi in servizio a bordo di un treno che viaggiava lungo la linea ferroviaria Adriatica, il suo convoglio si trovò a passare per Riccione proprio mentre il Bari disputava un amichevole contro la squadra locale e, giusto all altezza dello stadio comunale della cittadina romagnola, un presunto guasto improvviso fece fermare il convoglio davanti allo stadio per il tempo necessario a finire di vedere la partita, con conseguenti ritardi per tutti i treni che viaggiavano sulla stessa linea. Più che un compagno di viaggio, un mito! E sì che, a proposito di compagni di viaggio, ancora non siamo riusciti a capire in quanti siamo ad essere partiti da Bari per questa trasferta. Praticamente impossibile provare a contarci, con tutto quel viavai di baresi sprovvisti di biglietto che continuano ad andare su e giù per i vagoni nel tentativo di dribblare i controllori. Poco male, perché lo scopriremo il mattino dopo, una volta giunti alla stazione Centrale di Milano, quando ci raggruppiamo per andare a prendere la metro che ci porterà fino alla stazione da cui partono i treni per Bergamo. In totale siamo circa una quarantina di cui, a quanto pare, soltanto in sei o sette in grado di parlare correttamente la lingua italiana e perciò in grado di farsi intendere dagli indigeni locali (leggi, milanesi e bergamaschi). Il che, come scopriremo più avanti, contribuirà a determinare alcuni degli eventi più divertenti di questa lunga e movimentata trasferta. Com è facile immaginare, i successivi tragitti in metropolitana e sul regionale Milano- Bergamo vengono effettuati utilizzando il classico metodo detto del Paga Matarrese. Questo sistema, molto in voga negli anni 80, consisteva nell attribuire il possesso dei biglietti ad un fantomatico capocomitiva (di solito il Parigino, anche quando non era presente in trasferta) della cui identità, però, il controllore di turno non veniva mai a capo. A quel punto, per rispondere alle rimostranze dei controllori che pretendevano di sapere chi avrebbe pagato il biglietto di viaggio per tutti, i più rispondevano con un classico Paga Matarrese! Il treno locale che ci porta a Bergamo è un trionfo di colori rossoneri, fatta eccezione per quella piccola macchia biancorossa

19 Tifocronache Amarcord: Serie A 1989/90, Milan-Bari 4-0 Sport People n 25/2014 Pag. 19 che occupa metà dell ultimo vagone del convoglio. Per la tifoseria milanista è un giorno di festa, e non potrebbe essere diversamente visto che anche questo campionato 1989/90, per loro, è stato ricco di soddisfazioni: dopo aver conteso lo scudetto al Napoli di Maradona, si ritrovano in procinto di affrontare, di lì a pochi giorni, la seconda finale consecutiva di Coppa dei Campioni che verrà disputata al Prater di Vienna, contro il Benfica. Quale migliore occasione quindi, per i circa abbonati del Milan, per salutare la propria squadra e augurarle un in bocca al lupo in vista del grande evento? Una volta giunti alla stazione di Bergamo ci muoviamo tutti assieme, a piedi, in direzione dello stadio Comunale seguendo il fiume di colori rossoneri e dilettandoci, nel tragitto, a lanciare cori per il Bari, mentre siamo intenti a strappare i manifesti elettorali della Lega Lombarda e dei suoi candidati che, in vista delle imminenti elezioni amministrative, fanno bella mostra di sé sui muri bergamaschi. Arrivati nelle vicinanze dello stadio di Bergamo, eccoci di fronte ad un altro ostacolo, non certo imprevisto ma non per questo da sottovalutare. Si tratta di un vero e proprio posto di blocco, formato da un reparto di celerini che in teoria avrebbero il compito di filtrare la gente in arrivo, lasciando passare soltanto coloro che sono in possesso di un abbonamento per accedere allo stadio e, nel contempo, bloccare l accesso a chiunque ne sia sprovvisto. C è da trattare con il nemico e, tacitamente, il gruppo affida a quelli di noi che hanno un po più di dimestichezza con la lingua italiana il compito di condurre le trattative, in virtù di un semplice quanto scontato principio: Vu che sciat a la scol, parlat ch chiss (traduzione: Voi che frequentate le scuole italiane, trattate con questi signori ). Lo stop imposto a tutta la comitiva è un fatto scontato quanto immediato, così come la raffica di domande in stile interrogatorio: Chi siete? Da dove venite? Come avete fatto ad arrivare fin qua? Non lo sapete che

20 Tifocronache Amarcord: Serie A 1989/90, Milan-Bari 4-0 Sport People n 25/2014 Pag. 20 per voi oggi la trasferta è vietata?. A nulla sembrano portare le nostre spiegazioni e assicurazioni circa il fatto di avere un adeguato numero di accrediti che ci sta aspettando presso i botteghini dello stadio. La trattativa è in fase di stallo quando, come una manna dal cielo, interviene la solidarietà tra ultras (o presunti tali) a sbloccare la situazione a nostro favore. Si avvicinano alcuni ragazzi che si qualificano ai celerini come appartenenti alle Brigate Rossonere e, dopo aver mostrato ai solerti quanto inamovibili tutori dell ordine una sfilza di biglietti omaggio e tessere di abbonamento, li invitano a lasciarci passare garantendo che, eventualmente, saranno loro a fornirci i biglietti per entrare allo stadio. Evidentemente, per i celerini questo gesto li persuade a lasciarci proseguire verso lo stadio, non senza averci prima risparmiato le solite raccomandazioni del caso. Ci incamminiamo verso la nostra meta, ormai in vista, assieme a questi salvatori della patria con i quali scambiamo qualche parola. Scopriamo così che fanno parte del famigerato Gruppo Brasato, un sottogruppo delle BRN che all epoca era stato messo fuorilegge a seguito del drammatico episodio in cui perse la vita il povero tifoso romanista Antonio De Falchi. Ci dicono anche che sono realmente disposti a fornirci i biglietti d ingresso, naturalmente dietro equo compenso. Alcuni di noi colgono l occasione al volo, mentre altri preferiscono tentare la carta dell entrata a spinta, approfittando della calca agli ingressi. In tutto questo, il gruppo made in Bari finisce per sparpagliarsi, tra chi va a caccia di qualche buon samaritano in possesso di un abbonamento in più da regalare, chi tenta la suddetta entrata forzosa (venendo puntualmente respinto) e chi invece ben presto capisce che forse è meglio provare a fare un po di colletta tra i passanti (forma di autofinanziamento all epoca molto in voga) per racimolare quanto basta per comprare il biglietto da quei milanisti che poco prima ci avevano aiutati a passare il posto di blocco. Nella confusione generale ci perdiamo e ci ritroviamo più volte, gironzolando intorno al perimetro dello stadio e finendo addirittura all interno del pub solitamente frequentato dagli atalantini, un locale che all epoca si trovava fisicamente incastonato nelle mura esterne dello stadio Comunale. Lì veniamo invitati a bere da alcuni milanisti che erano stati in trasferta a Bari nella gara di andata, alcuni mesi prima, e con i quali avevamo scambiato qualche parola al termine di quella partita. In particolare due di loro, vedendoci passare, ci riconoscono e ci vengono a salutare per poi portarci all interno del pub. Qui, con nostra grande sorpresa e soddisfazione, veniamo riforniti di birre (prevalentemente) e panini, trovandoci a chiacchierare con una quantità di ragazzi che scopriamo essere non solo milanisti, ma anche atalantini delle Brigate Neroazzurre, alcuni dei quali solo poche settimane prima erano stati anche loro in trasferta a Bari, al seguito della squadra orobica. Evidentemente, amicizie personali di lunga data rendono possibile questa strana quanto pacifica convivenza tra lombardi. Sempre durante quel concitato e frenetico pre-partita, fuori dal Comunale di Bergamo facciamo amicizia con alcune ragazze della curva sud rossonera e, in particolare, con due di loro che vivono a Torino e con le quali scattiamo anche una foto ricordo (nei mesi successivi, il sottoscritto intreccerà una relazione sentimentale proprio con una delle due fanciulle in questione: galeotta fu la trasferta... NdA). Infine, per non farci mancare niente, troviamo anche il tempo per scambiare complimenti a distanza con un gruppo di milanisti, accampati poco distante da noi e tra i quali riconosciamo i ragazzi del Gruppo Brasato conosciuti poco prima, in risposta ad uno di loro che, da lontano e nascosto dietro ai suoi soci, ci aveva apostrofati in malo modo in dialetto leccese!!! L episodio, fortunatamente, non ha strascichi ulteriori e così ognuno riprende a farsi i fatti suoi. Ma ormai la partita incombe e con l avvicinarsi dell ora fatidica ci raggruppiamo e facciamo la conta dei danni. (Foto 4) In molti, ma non tutti, siamo riusciti a rimediare un biglietto o un abbonamento utile per entrare all interno dello stadio di Bergamo ma il problema, a questo punto, verte sul

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