(1) Relazione dei senatori Acone e Lipari in Foro it., 1990, V, 406 ss. e spec. 420.

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1 QUESTIONI CONTROVERSIE IN MATERIA DI PROVVEDIMENTI ANTICIPATORI Relatore: dott. Franco DE STEFANO pretore della Pretura circondariale di Salerno SOMMARIO: I cosiddetti provvedimenti anticipatori. Il testo delle norme, con quelle di riferimento e il testo coordinato. Premessa. Capitolo primo: sull ordinanza ex art. 186 bis c.p.c Quali sono le somme non contestate per le quali può essere concessa? - 2. A partire da quando può essere concessa? - 3. Vi sono limiti alla discrezionalità nella concessione? - 4. Può essere concessa nei giudizi con più parti e, se sì, nei confronti di alcune solo di esse, anche quando vi è contumacia di alcune? - 5. È ammissibile in un giudizio soggetto al c.d. rito locatizio? - 6. È ammissibile in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (e, in caso affermativo, a partire da quando?)? Capitolo secondo: sull ordinanza ex art. 186 ter c.p.c È ammissibile in un giudizio soggetto al rito c.d. locatizio? - 2. È ammissibile in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (e, in caso affermativo, a partire da quando?)? - 3. Vi sono margini o limiti di discrezionalità nella concessione? - 4. A partire da quando può essere concessa? - 5. Quali sono i presupposti della provvisoria esecuzione dell ordinanza nei confronti del convenuto costituito? - 6. Quali sono le facoltà processuali consentite al convenuto contumace che si costituisca dopo la notifica dell ordinanza ingiuntiva? - 7. Qual è il valore dell ordinanza una volta che sia estinto il processo? I cosiddetti provvedimenti anticipatori (1) - Il testo delle norme (1) Relazione dei senatori Acone e Lipari in Foro it., 1990, V, 406 ss. e spec Premessa (2) I riformatori del codice di rito del 1990/1995 devono avere avuto chiara almeno un idea: che un processo lento o un processo lungo fossero di per se stessi intollerabili. Ma deve essere apparso inumano e quindi inutile lo sforzo di recuperare la funzionalità di un processo ordinario, che si potesse concludere in tempi ragionevoli con una sentenza e quindi con una tutela piena e completa delle ragioni di tutte le parti. E, di fronte alla diagnosi di irrecuperabilità del processo ordinario, è parso preferibile introdurre meccanismi che ne rendessero in qualunque modo più rapida la definizione, a prescindere dalla pienezza della cognizione nel singolo caso: e molti sono stati gli interventi parziali, che hanno innestato nel corpo del processo strumenti di sensibile sommarizzazione. È stato studiato un sistema di preclusioni, dapprima rigido e poi un tantino attenuato, ma soprattutto sono stati introdotti un procedimento cautelare uniforme a riprova di una tendenza a considerare la tutela cautelare come un surrogato generale di quella ordinaria e poi una serie di istituti alternativi alla sentenza, adottabili con la forma delle ordinanze e soprattutto idonei a costituire titolo esecutivo a prescindere dall emanazione della sentenza (3). L avvilente conclusione è che per ridare fiato al processo è bene consentire ai giudici di fare sentenze il meno possibile: e che una pronunzia, quale che sia e non importa con quali effettive garanzie per la tutela dei diritti, sul merito della questione è meglio di niente purché sia rapida e tendenzialmente definitiva. In questo quadro si inseriscono le ordinanze di cui agli articoli 186 bis, ter e quater del codice di procedura. Le prime due oggetto della presente trattazione hanno sicuramente tra loro in comune la natura di titolo esecutivo e di anticipazione della sentenza di condanna (4). A dispetto della loro comunque evidente interinalità (5), non si tratta di provvedimenti cautelari, in considerazione essenzialmente: a) della loro efficacia eteroprocessuale, quale si ricava dall ultrattività prevista per i casi di estinzione del processo in cui sono pronunziati;

2 b) della mancanza di una loro strumentalità rispetto ad una pronunzia di merito successiva (6), visto che una statuizione di merito a cognizione piena potrebbe anche non esserci mai, senza che per questo la loro efficacia venga meno; c) della carenza della necessità di ogni valutazione del periculum in mora (7), per essere i presupposti di concedibilità ancorati sostanzialmente ad una delibazione del buon diritto della parte istante. Non si tratta, d altro canto, di provvedimenti decisori, attesa la loro persistente revocabilità e modificabilità, che si traduce in una loro intrinseca inidoneità al giudicato; e, quanto all ordinanza ex art. 186 bis c.p.c., nemmeno può affermarsi la natura negoziale (8), visto che la non contestazione pare operare più che altro, come si vedrà, sul piano della pacificità dei fatti e quindi del superamento dell onere della prova in favore della parte istante. E si dubita della loro riconducibilità all istituto della condanna con riserva, sia pure con esclusivo riguardo alla natura provvisoria dell ordinanza (9): nonostante che, sotto questo specifico aspetto, più di uno spunto ricostruttivo potrebbe trarsi dalle contigue figure dell ordinanza provvisoria di rilascio nel procedimento di convalida di licenza o sfratto (10) e, soprattutto, dell ordinanza di concessione della provvisoria esecuzione nel corso dell opposizione a decreto ingiuntivo (11). In buona sostanza, per quanto all esito di cospicue elaborazioni dottrinali, i provvedimenti in esame possono inquadrarsi nei cc.dd. accertamenti a prevalente funzione esecutiva di chiovendiana memoria (12), ovvero nei cc.dd. provvedimenti sommari-semplificati-esecutivi (13), in quanto caratterizzati da una cognizione sommaria, mediante la quale si accertano cioè solo alcuni dei fatti e alcuni dei diritti in contesa. Anche se notevoli conseguenze sul piano ricostruttivo potrà avere l interpretazione della norma che prevede la conservazione dell efficacia in caso di estinzione, comunque, la funzione delle due ordinanze in esame è certamente quella di anticipare gli effetti di una pronunzia favorevole a chi chiede la condanna di controparte a specifiche prestazioni di dare (o di consegnare le cose specificamente indicate dall art. 186ter): con questa specificazione, quindi, essi possono essere senz altro ellitticamente definiti come procedimenti anticipatori (14). E, nonostante gravi dubbi sull utilità concreta delle misure come disegnate dalla legge di riforma (15), si tratta di istituti di grosso rilievo teorico, la verifica del cui rilievo pratico potrà operarsi solo sulla base dell esame delle prassi applicative (16). Capitolo primo: sull ordinanza ex art. 186bis 1. Quali sono le somme non contestate per le quali può essere concessa? La possibilità di pronunziare provvedimenti giudiziali sulla base della non contestazione (17) di una delle parti non costituisce una novità nel nostro processo. Anzi, oltre all ordinanza di pagamento di somme non contestate di cui all art. 423 co. 1 cod. proc. civ. (18), si richiama correntemente anche l esempio degli artt. 263 c.p.v. e 264, co. 1 e 2, in tema di rendiconti (19) e loro approvazione, nonché dell art. 666 cod. proc. civ.., in tema di pagamento di canoni di locazione non contestati (20). È vero che la non contestazione, d altro canto, viene indicata come presupposto per l emanazione di altri titoli giudiziali, quali l ordinanza di convalida di licenza o sfratto (ai sensi dell art. 663 cod. proc. civ.) o quella contigua di cui all art. 30 c.p.v. L. 392/78; né si può dimenticare che la non contestazione è persino il presupposto della definitività del decreto ingiuntivo, ai sensi dell art. 647 cod. proc. civ.; e, in generale, si tratta pur sempre di un comportamento rilevante ai fini processuali, non solo come indizio o argomento di prova, ma talvolta persino come ammissione implicita. Tuttavia, la rilevanza della non contestazione non è riconducibile ad un unitario concetto.

3 Quanto ai procedimenti di convalida di licenza o sfratto e a quelli per decreto ingiuntivo, essa opera, in virtù di un sistema rigido e ben delineato di preclusioni, nel senso della formazione di un titolo esecutivo giudiziale definitivo e con forza ed efficacia in tutto equiparate al giudicato (21); ed a diversi fini essa rileva, invece, nel procedimento di rendiconto. In definitiva, nelle ordinanze di pagamento di somme non contestate bisogna stabilire cosa abbia ad oggetto la non contestazione, al fine di stabilire il suo esatto ambito e, quindi, quello della cognizione del giudice e dell efficacia del risultato di tale cognizione: da un lato, invero, si sostiene che a non essere contestati debbano essere i fatti costitutivi del diritto azionato dal creditore; dall altro, che la non contestazione attenga ai diritti in sé considerati. Nel primo caso la non contestazione del convenuto costituito varrebbe come mera ammissione dei fatti costitutivi stessi ed esonererebbe l attore dall onere di provarli ed il giudice soltanto dalla verifica della sussistenza di prove a loro sostegno: ma non lo esimerebbe dalla verifica della legittima conseguibilità degli effetti voluti dal creditore sulla base della non contestazione dei fatti costitutivi (22). Nel secondo caso, al contrario, pur non sussistendo una vera e propria base negoziale del provvedimento, la non contestazione fino ad un eventuale revoca successiva, operata a seguito di una diversa valutazione in fatto e in diritto delle circostanze darebbe luogo ad un vero e proprio riconoscimento della fondatezza della domanda (23); ed una prima conseguenza dovrebbe essere una sorta di automatismo nell emanazione dell ordinanza, che dovrebbe limitarsi a dare atto dell avvenuto riconoscimento (24). Altri ancora, negando validità alla figura del riconoscimento della fondatezza dell avversa pretesa, ammette che la non contestazione abbia valore di confessione o di ammissione dei fatti posti a base della domanda (a seconda che provenga dalla parte di persona o dal suo procuratore), poiché essa, pur riguardando il diritto, non potrebbe avere riguardo che ai fatti che lo costituiscono (25): e quindi il giudice potrà respingere la domanda se si convince che ragioni di diritto escludano l idoneità dei fatti posti a base della domanda a dare vita al diritto azionato. Il secondo criterio interpretativo non convince. E ciò non certo per la critica secondo cui la sua adozione ridurrebbe ulteriormente l ambito di pratica esperibilità dell istituto: la funzione deflattiva di quest ultimo è piuttosto un postulato ed un obiettivo, ma la sua compatibilità col dato normativo e con il sistema giuridico complessivo va pur sempre valutata. Neppure pare cogliere nel segno la critica secondo la quale il riconoscimento del diritto dovrebbe essere incompatibile con la revoca e la modifica successive: visto che queste ultime pure potrebbero aver luogo, per quanto all esito di una nuova delibazione in iure ed in facto sulla base della contestazione stessa e delle successive repliche o attività o deduzioni istruttorie (26). Il motivo vero è che il secondo criterio interpretativo e, in definitiva, l identificazione dell oggetto della non contestazione nel diritto in sé anziché nei suoi fatti costitutivi, anche se fondato sulla letteralità dell espressione della disposizione (che riferisce la non contestazione alle somme e non ai fatti costitutivi) non può essere seguito, visto che il giudice ha sempre l obbligo, tranne le sole espresse eccezioni previste dalla legge (27), di condurre il giudizio di diritto alla stregua di una verifica di legittimità delle pretese sottoposte al suo vaglio (28). E non sarà allora il solo caso dell obbligazione naturale, ma potrà attribuirsi rilevanza ad un interpretazione complessiva delle difese del convenuto, anche tra loro comparate, al fine di valutare se sussista o meno la non contestazione del fatto costitutivo, la quale potrebbe essere inficiata, ad esempio, dall adduzione di un fatto storico sicuramente incompatibile, o, comunque, dall indicazione di circostanze che possano comportare un incompetenza o altro impedimento in rito. Significativamente, quindi, è stata denegata l ordinanza nel caso in cui il convenuto aveva addotto eccezioni tali da paralizzare l efficacia fondante della causa petendi (29).

4 Ciò posto, la contestazione non può certamente essere equivoca: peraltro, a seconda del regime processuale applicabile e, in particolare, della soggezione del singolo processo al c.d. nuovo rito, ovvero al c.d. vecchio rito, occorre valutare se il convenuto avesse o meno, dinanzi alla complessiva impostazione di controparte, un onere specifico di contestazione attiva, non assolto il quale il fatto possa ritenersi pacifico. Si è sostenuto che nelle cause soggette al c.d. vecchio rito non si potrebbe desumere una non contestazione da condotte generiche o anche dal solo silenzio del convenuto, mentre, al contrario, nelle cause soggette al c.d. nuovo rito il sistema disegnato dagli artt. 167, 183, 184 e 184 bis cod. proc. civ.. dovrebbe comportare l abbandono dell equazione tra silenzio e comportamento non significativo (30). Per quanto sicuramente attenuato con la c.d. controriforma del 1995, nel c.d. nuovo rito il sistema di preclusioni a carico del convenuto sussiste ancora. È ben vero che rimane ferma la possibilità, per il convenuto, di addurre meri fatti storici ovvero circostanze integranti eccezioni rilevabili di ufficio anche dopo il termine perentorio fissato ex art. 180 co. 2 ult. parte, ovvero ex art. 183 co. 5. Tuttavia, la carenza di idonea e specifica contestazione, soprattutto alla luce delle risposte rese in sede di interrogatorio ai sensi dell art. 183 co. 1 (e, vien fatto di specificare, anche alla luce, ex art. 116 cod. proc. civ., delle risposte non rese, finanche per mancata comparizione all udienza per l interrogatorio) deve potersi interpretare come carenza di contestazione specifica, idonea quindi a fondare il presupposto per l ordinanza. E ciò tanto più se si accetta l idea della previa instaurazione del contraddittorio sull istanza ex art. 186 bis, a qualunque rito sia soggetta la causa (31). Anzi, tale modus procedendi consentirebbe di giungere a conclusioni sostanzialmente analoghe anche per le cause soggette al rito c.d. vecchio. Infatti una volta esteso anche a tali cause il regime e lo strumento dell art. 186 bis cod. proc. civ., se si ammette che sulla relativa istanza debba provvedersi solo dopo aver sentito al riguardo l ingiungendo, si può bene ipotizzare un onere, in capo a colui contro cui essa è dispiegata, di puntualizzare in modo specifico la sua posizione in merito ai fatti costitutivi coinvolti dall istanza ex art. 186 bis (32). In definitiva, ampi spazi si aprono alla qualificazione del silenzio quale presupposto su cui fondare l ordinanza in parola. Peraltro, nonostante ciò possa sembrare un interpretazione particolarmente severa nei confronti del convenuto, sulla base degli stessi principi può pure decisamente negarsi che possa rilevare una apparente non contestazione operata anteriormente al giudizio (33): proprio perché egli ha sì l onere, ma al tempo stesso la piena facoltà di contestare sino ad un certo momento dello svolgimento del processo, a nulla rileverebbe di per se stessa considerata una sua condotta anteriore a quest ultimo, a meno che essa non sia confermata da un ammissione espressa o da un silenzio significativo in corso di causa e prima (ed ai fini) della pronunzia sull istanza di ordinanza ex art. 186bis cod. proc. civ. La possibilità di una contestazione successiva all emissione dell ordinanza, che pure non viene esclusa, dovrà naturalmente sottostare al diverso regime previsto per le cause soggette al vecchio e al nuovo rito. Nel vecchio rito, almeno fino alla precisazione delle conclusioni, il convenuto ha ancora ampi margini di manovra. Nel nuovo, il convenuto non può, se non con riguardo ai fatti storici o a quelli integranti impedimenti processuali o eccezioni rilevabili di ufficio, modificare l impostazione difensiva come cristallizzata all esito della definitiva contestatio litis ex art. 183 nss. (34) cod. proc. civ., salvi i soli casi rilevanti ex art. 184 bis cod. proc. civ. Brevemente, ci si chiede se le somme non contestate possano essere limitate agli interessi (35) (o, verrebbe da dire, in generale agli accessori): ed influisce in senso negativo la risposta data dalla giurisprudenza di legittimità ad analogo quesito in tema di art. 423 cod. proc. civ. (36). Eppure, richiamata la soluzione della disputa in ordine all ambito della non contestazione, non si coglie alcuna valida ragione per escludere dall oggetto dell ordinanza ex art. 186 bis cod. proc. civ. qualunque somma di denaro, a qualsiasi titolo spettante, ove non contestati ne siano i fatti costitutivi (37).

5 Per concludere, deve accennarsi alla disputa in ordine alla necessaria parzialità della contestazione: sostenendo alcuni (38) che, ove la non contestazione fosse totale, l ordinanza non sarebbe ammissibile per essere ormai la causa pronta per essere decisa con sentenza; e ribattendo altri che, invece, tale conclusione non è sorretta da alcun dato normativo e che, anzi, potrebbe sussistere un interesse del creditore a conseguire immediatamente, nelle agili e snelle forme dell ordinanza, un titolo esecutivo, anziché attendere i tempi di una sentenza (39). La soluzione dipende dal ruolo che ai provvedimenti in esame si vuole attribuire. Se, come si auspica, essi non debbono tendere a rimpiazzare, come una sorta di giustizia sommaria, la tutela ordinaria che viene apprestata dall ordinamento con la sentenza, effettivamente la discrezionalità dell emissione dell ordinanza andrebbe per così dire autolimitata dal giudice, il quale, anziché emanare subito un ordinanza e poi una sentenza, entrambe aventi il medesimo contenuto (40), dovrebbe garantire alla parte la maggiore tutela derivante dalla sentenza e provvedere ad emetterla in tempi brevi, equivalenti a quelli dell emissione dell ordinanza e con un contenuto equivalente anche quanto a diffusione. In altri termini, fermo restando che non può parlarsi di preclusione dell ordinanza, visto che la discrezionalità riconosciuta dalla norma non può essere conculcata in via di interpretazione, si tratterebbe allora di argomentare per l inopportunità dell emissione dell ordinanza, in vista dell interesse poziore della parte e dell ordinamento a definire il processo con una pronunzia a cognizione piena (41). 2. A partire da quando può essere concessa? (42) Se il fondamento dell ordinanza ex art. 186 bis è la non contestazione, per stabilire da qual momento essa possa essere concessa è necessario e sufficiente ricostruire, in base a quanto fin qui argomentato e a seconda della soggezione della singola causa al rito c.d. nuovo o al rito c.d. vecchio, fino a quando il convenuto abbia l onere, ma simmetricamente parlando anche la possibilità, riconosciutagli dal codice di rito, di operare quelle contestazioni. In primo luogo, visto che l ordinanza non può essere concessa che contro la parte costituita, essa sarebbe certamente inammissibile prima del termine concesso al convenuto per costituirsi (43): il quale è quello di venti o dieci, nei casi di urgenza giorni prima dell udienza di comparizione indicata in citazione (ovvero da quella come differita ai sensi dell ultimo comma dell art. 168bis cod. proc. civ., norma certamente rimasta in vigore, anche se oramai dall applicazione di ben difficile giustificabilità da parte del singolo giudice). Più radicalmente, peraltro, non può dimenticarsi che, persino nel nuovo codice di rito, sono sì imposte delle rigide preclusioni al convenuto, ma entro ben precisi termini: che, anzi, con la c.d. controriforma del 1995 sono stati finanche attenuati. In altri termini, se è vero che al convenuto incombe una serie di oneri processuali anche molto gravosi, è pur vero che sarebbe illegittimo privarlo dei tempi e dei modi che il codice di rito ha previsto per il loro assolvimento. Quindi, il termine di costituzione ex art. 167 cod. proc. civ. incide certamente sulla stessa ammissibilità dell ordinanza: posto che (ferma certamente la facoltà, per la parte istante, di avanzare l istanza sin dall atto di citazione o persino con atto ad esso successivo ma anteriore alla prima udienza di comparizione) sino alla scadenza dei termini per la costituzione del convenuto, non si può ancora stabilire se questi sia contumace o meno e, quindi, se l ordinanza, prevista dalla norma solo contro le parti costituite, sia ammissibile oppur no. Ma il convenuto ha la possibilità di contestare i fatti posti a base della domanda almeno sino al momento in cui liberamente interrogato, egli potrebbe, conformemente allo spirito della riforma del codice di rito, avere il contatto diretto con il suo giudice e finanche, sull impulso e l intervento di quest ultimo, conciliare la causa. Non si tratta solo di sottolineare come non avrebbe alcun senso un libero interrogatorio volto a tentare di conciliare le parti una volta che sia stata emessa un ordinanza, avente valore di titolo esecutivo, idonea a sbilanciare per quanto temporaneamente l equilibrio delle parti in danno di una delle parti stesse (44).

6 Si tratta, invece, di valutare come la contestazione possa essere del tutto legittimamente operata dal convenuto non solo fino al termine perentorio per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito non rilevabili di ufficio (di cui al nss. testo dell art. 180, co. 2, ult. parte, cod. proc. civ.), ma anche, con l adduzione di meri fatti storici o altri integranti mere difese, ma involgenti impedimenti processuali o eccezioni rilevabili di ufficio, fino al momento in cui egli sia liberamente interrogato ai sensi del primo comma dell art. 183, nss. t., cod. proc. civ. Anzi, a ben guardare, egli potrebbe ancora contestare le avverse pretese entro il termine perentorio, che eventualmente (con molta sagacia...) egli chiedesse ai sensi dell ultimo comma dell art. 183, nuovissimo testo. Ora, per quanto odiosa (e certamente deprecabile ex art. 88 cod. proc. civ., se non persino censurabile in sede di liquidazione delle spese, e non solo ex art. 96 cod. proc. civ.) o dilatoria possa apparire tale condotta, non si possono negare al convenuto le garanzie di difesa riconosciutegli dal codice: del resto, all uso distorto delle garanzie non si risponde amputandole, ma facendole funzionare il meglio possibile. Sotto il profilo del non esaurimento della facoltà di operare validamente la contestazione della pretesa attorea (ma sempre fatta salva la valutazione del caso concreto) (45), deve escludersi che l ordinanza ex art. 186 bis cod. proc. civ. sia concedibile prima del libero interrogatorio ex art. 183 co. 1 (46), ovvero, in caso di espressa richiesta di termine ex art. 183 ult. co. anche ai fini dell eventuale contestazione, fino alla scadenza dei termini obbligatoriamente concessi ai sensi di tale ultima disposizione (47). Non rientra nel tema da trattare l individuazione del termine finale per la concessione che si individua nella precisazione delle conclusioni (48), anche in caso di intervenuta rimessione della causa dalla fase di decisione in istruttoria (49), né la disamina della disputa sulla concedibilità dell ordinanza durante la sospensione o l interruzione del processo (disputa innescata soprattutto dalla carenza, per l ordinanza ex art. 186 bis, dell espressa dizione, adoperata invece per quella ex art. 186 ter, della concedibilità in ogni stato e grado del processo) (50). 3. Vi sono limiti alla discrezionalità nella concessione? La questione della sussistenza della discrezionalità del giudice nella concessione o meno dell ordinanza in esame prende generalmente le mosse dalla disamina del tenore lessicale della disposizione ed anche dalla sua comparazione con quello dell art. 423 co. 1 cod. proc. civ.: visto che, nell art. 186 bis, si specifica bene che il giudice può (51) disporre il pagamento, mentre il Pretore del lavoro, dal canto suo, dispone senz altro il pagamento delle somme non contestate. Ora, quand anche un effettiva differenza vi sia tra le espressioni può disporre e dispone nei testi degli articoli 186 bis e 423 co. 1, nel senso di una sorta di obbligatorietà della concessione nel rito del lavoro, questa bene potrebbe giustificarsi per la peculiarità del rapporto dedotto in giudizio e per la delicatezza e la rilevanza che, quasi per definizione, rivestono le obbligazioni pecuniarie per un lavoratore subordinato (sia dal lato passivo che da quello attivo). Naturalmente, in nessun caso potrebbe negarsi la possibilità di un controllo del giudice sulla sussistenza dei presupposti per la concedibilità di questa ordinanza, come di qualunque altro provvedimento; e ciò nemmeno nei casi in cui si volesse ritenere che, dinanzi alla non contestazione, il giudice sia esentato dal giudizio di diritto. Ma tale controllo o, se si vuole, tale sillogismo di sussunzione della fattispecie concreta entro il paradigma legale non attiene in senso stretto alla discrezionalità, visto che esso non è nient altro che la mera estrinsecazione dell attività di decidere, propria della giurisdizione. Né attiene alla discrezionalità la necessità di una previa istanza di parte (espressamente affermata sia dall art. 186 bis che dall art. 423 co. 1), visto che la qualità o la struttura dell impulso non incide necessariamente sulla natura del potere del giudice. Ora, si è più sopra visto (52) come il giudice, per poter concedere l ordinanza in questione, debba almeno: 1. verificare che vi sia la non contestazione, da parte del convenuto costituito, dei fatti costitutivi;

7 2. verificare che il convenuto costituito non abbia dispiegato eccezioni di merito; 3. valutare in iure sia l idoneità dei fatti dedotti dal creditore a produrre gli effetti da lui affermati, sia l assenza di fatti impeditivi, modificativi od estintivi risultanti dagli atti o rilevabili di ufficio; 4. delibare l infondatezza delle eccezioni di rito sollevate dal convenuto e l inesistenza di impedimento di rito rilevabili d ufficio. Ma, una volta che il giudice abbia rilevato la concedibilità della chiesta ordinanza per avere riscontrato la sussistenza, nel caso concreto, dei relativi presupposti, la sua discrezionalità può spingersi fino a negare il provvedimento (53)? La risposta, alla luce dei già svolti rilievi sulla necessità di un interpretazione restrittiva della disciplina dei provvedimenti anticipatori di condanna, deve essere positiva: ma, naturalmente, accompagnata pure da un monito, al singolo giudicante, ad un attenta considerazione della peculiarità del caso concreto. In definitiva, perché non valutare con attenzione se, nonostante il creditore abbia diritto a un tale titolo esecutivo giudiziale, non si possa in relazione comunque alle esigenze di ruolo e alle condotte delle parti puntare direttamente alla pronunzia di una sentenza, magari anche non definitiva? O, quanto meno, perché non provvedere con la più piena e garantista forma della sentenza giova ripeterlo, anche non definitiva nel nuovo rito pretorile, che vede l agilissimo strumento della sentenza con motivazione contestuale di cui all art. 315 cod. proc. civ.? Con ciò, naturalmente, non si vuol dire affatto che non debba esservi spazio per l ordinanza ex art. 186 bis cod. proc. civ.; ma, ad esempio, la discrezionalità in ordine all emissione certamente dovrebbe essere usata nel senso di negare il provvedimento se la non contestazione fosse totale (come già detto più sopra), oppure nel caso in cui i tempi per una pronunzia idonea a definire il giudizio di primo grado nella sua interezza siano comunque contenibili e non vi siano particolarissime ragioni di urgenza (dettate, per avventura, dalla natura del credito azionato o da altre circostanze relative alle condotte anteriori al processo). E ad analoghe conclusioni deve giungersi anche per la discrezionalità in tema di revoca e di modifica (54): l ambito di operatività delle quali, come già detto, dipende prima di tutto dall estensione della nozione di somme non contestate, ma non può escludere nemmeno una rimeditazione anche in questo caso, sempre su istanza di parte della sussistenza dei presupposti più su identificati; anzi, si giunge a ipotizzare persino la revoca nel caso di gravi motivi correlati alla concreta esecuzione del provvedimento (55), che finiscono per essere sostanzialmente analoghi a quelli rilevanti per l inibitoria delle sentenze appellate o gravate di ricorso per cassazione (56). In definitiva, la discrezionalità può estrinsecarsi per adeguare la risposta giurisdizionale al caso concreto secondo la finalità propria dell istituto, che può identificarsi nel perseguimento dell economia dei giudizi, allorché la pretesa, in base a criteri oggettivi, sia presumibilmente fondata, ovvero manchi una seria contestazione (57); dovendo preferirsi, in ogni altro caso, la maggiore garanzia offerta dalle forme ordinarie di definizione del processo. 4. Può essere concessa nei giudizi con più parti e, se sì, nei confronti di alcune solo di esse, anche quando vi è contumacia di alcune? L ordinanza ex art. 186 bis presuppone, come si è visto, la costituzione del convenuto; ma occorre valutare cosa succede nei giudizi con più parti, nel corso dei quali solo alcuni si siano costituiti: fattispecie, quest ultima, che, a dispetto della sua grandissima rilevanza statistica (basti pensare alle innumerevoli cause per risarcimento danni da sinistro stradale), non pare fatta oggetto di adeguata attenzione da parte degli interpreti (58). Genericamente si sostiene che la contumacia di una delle parti non dovrebbe impedire l emanazione dell ordinanza in danno della parte costituita (59); ma, esclusa una altrettanto generica rilevanza impeditiva della contumacia, deve valutarsi la struttura del giudizio e la rilevanza o la configurabilità della contestazione in casi del genere.

8 Omessa, per brevità, ogni previa ricostruzione delle problematiche in tema di processo litisconsortile e di comunicazione dell attività processuale alle parti (60), bene si osserva che, in ragione dell oggetto dell ordinanza in questione (e cioè solo una somma di denaro), il processo litisconsortile che potrebbe venire in considerazione utilmente si suddivide in quello caratterizzato da litisconsorzio unitario e in quello caratterizzato da litisconsorzio facoltativo (61). A sua volta, il primo comprende i casi: a) del processo in cui sia unica o indivisibile la fonte del rapporto obbligatorio solidale dedotto in giudizio; b) del processo in cui vi sia colegittimazione congiunta, come in tema di assicurazione R.c.A. Invece, il litisconsorzio facoltativo comprende le ipotesi: c) dell azione congiunta del creditore contro il debitore principale e contro il fideiussore; d) della chiamata in causa di un terzo da parte del debitore che ne voglia essere garantito, come ad esempio dell assicuratore, ovvero dell assicurato ex art. 18 L. 990/69, ovvero ancora del debitore principale (62). Ora, può convenirsi che il processo simultaneo ha per scopo la trattazione unificata in ordine ai punti comuni, al fine di produrre una sentenza omogenea a questo riguardo; e che, quindi, deve comunicarsi all intero procedimento cumulativo l effetto della contraddizione del fatto, qualora provenga da uno solo dei litisconsorti. In una simile evenienza, il thema probandum e quindi l oggetto dell accertamento da parte del giudice è il fatto unitariamente considerato ed unitariamente rilevante in tutte le cause riunite (63). Deve allora ritenersi (64) che: a) quando sia unica la fonte dell obbligazione solidale ovvero quando si tratti di obbligazione indivisibile, si comunicano ai litisconsorti, con effetto preclusivo dell ordinanza ex art. 186 bis, le eccezioni cc.dd. comuni (relative cioè al rapporto e incidenti sulla sua fonte, quali quelle di nullità, annullamento, pagamento, prescrizione, estinzione per impossibilità sopravvenuta) e quelle cc.dd. semplicemente personali (ad es. novazione, resmissione, compensazione, confusione) (65); b) nel caso di colegittimazione congiunta, le eccezioni comunicheranno integralmente i loro effetti a tutti i convenuti, non avendo il danneggiato azione diretta contro l assicuratore e non potendo questi fare valere le eccezioni derivanti dal contratto di assicurazione nei confronti del danneggiato (66); c) nel caso di giudizio intentato contro debitore principale e fideiussore, si comunicano le eccezioni dispiegate da quest ultimo, che spetterebbero pure al debitore principale, ma non quelle relative al rapporto fideiussorio; d) nel caso di chiamata in causa in garanzia, la maggiore autonomia delle cause simultanee, legate da un nesso di pregiudizialità-dipendenza, comporta l incomunicabilità delle eccezioni e la necessità di valutare in ciascuna la sussistenza dei presupposti della non contestazione (67). 5. È ammissibile in un giudizio soggetto al rito locatizio? Non constano precedenti giurisprudenziali in termini, mentre la dottrina non pare attratta dal problema: il quale forse non esiste, se è vero che l art. 447 bis del codice di rito stabilisce che alle cause soggette al c.d. rito locatizio si applicano numerosi articoli del codice relativi al rito del lavoro, tra cui l art. 423, ma limitatamente al primo e al terzo comma (68), cioè proprio all ordinanza per il pagamento di somme non contestate. La prima, immediata conclusione dovrebbe essere che, nelle controversie di cui all art. 8, secondo comma, numero 3), del codice, il richiamo espresso alla norma dell art. 423 co. 1 esclude l applicabilità dell art. 186 bis. Infatti, il richiamo alla prima norma è coevo all entrata in vigore della seconda norma: sicché, in applicazione di elementari principi in tema di conflitto apparente di norme, la prima, che è certamente norma speciale rispetto alla seconda, deve prevalere.

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