Rapporto sulle elezioni primarie in Italia
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- Michela Meloni
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1 Rapporto sulle elezioni primarie in Italia Giugno 2015
2 Candidate and Leader Selection (C&LS) è uno standing group, operante nell ambito della Società Italiana di Scienza Politica, impegnato nella ricerca sulla vita interna dei partiti. In questa prospettiva, C&LS guarda alla democratizzazione all interno dei partiti in atto sia in Italia che in altri paesi tenendo conto di due aspetti. In primo luogo, C&LS si occupa della raccolta, dell analisi e della diffusione di informazioni e di dati aggregati e di sondaggio relativi alle elezioni primarie tenute in Italia a qualsiasi livello: nazionale, regionale, provinciale e comunale. Inoltre, C&LS è interessato allo studio dei meccanismi di selezione dei leader di partito in tutte le loro forme, sia quelle più chiuse e tradizionali, esercitate prevalentemente all interno degli organismi di partito, sia quelle più inclusive che assicurano un ruolo alla partecipazione dei cittadini. L adesione è aperta a tutti gli studiosi e ricercatori interessati. 2
3 Indice Presentazione... 1 Primarie nazionali tra partecipazione e competizione... 3 L elezione diretta del Segretario Un partito di elettori più che di iscritti La trasformazione del gruppo di dirigenti Le opinioni degli iscritti sulle primarie Dieci anni di primarie regionali La partecipazione alle primarie regionali I risultati delle primarie regionali Le primarie locali FAQ Glossario breve sulle primarie
4 Presentazione Conoscere per deliberare : era questo l imperativo che Luigi Einaudi poneva in apertura delle sue memorabili Prediche inutili. Qualsiasi tipo di intervento politico, se non vuole essere approssimativo e poco risolutivo, deve prevedere una fase preliminare di ricerca, di raccolta meticolosa dei dati e di analisi, senza la quale qualsiasi decisione rischia di essere dannosa o perennemente sottoposta a nuovi interventi in corso d opera, per correggere errori frutto di analisi mal fatte o mai fatte. Questo Rapporto sulle elezioni primarie che non intende certamente essere una predica, ma neppure vuole essere inteso come un esercizio di inutile politologia nasce in un momento particolare della politica italiana. All indomani delle elezioni regionali ed amministrative, è iniziata nel Partito Democratico una riflessione sulla sua struttura organizzativa, sul ruolo del suo leader e, soprattutto, sui poteri che debbono essere affidati agli iscritti o ai più numerosi simpatizzanti nelle decisioni interne al partito. Per ora, si è trattato prevalentemente di una discussione di principio, nella quale ogni parte in commedia provava a convincere l altra sulla base delle proprie opinioni e supposizioni. Tornare alla ditta oppure rilanciare il partito degli elettori? Rafforzare i poteri degli iscritti o intensificare le occasioni di partecipazione di tutti i potenziali simpatizzanti? Interrompere l innovazione delle primarie oppure renderla ancor più efficace ed attraente? Al centro di questo dibattito non c erano analisi né sullo stato di salute o di apatia della membership né sulle conseguenze che le elezioni primarie hanno avuto all interno o all esterno del partito. Tutta la discussione è stata finora guidata da giudizi di parte, opinioni senza fondamento alle quali spesso faceva da contraltare un informazione giornalistica molto distratta sui numeri e molto attratta da più o meno presunti insuccessi, scandali e fallimenti. Obiettivo di questo report è di fornire un quadro empirico, il più possibile condiviso, all interno del quale possa avere luogo un dibattito ragionato che, almeno inizialmente, metta da parte le questioni di principio e inizi il dibattito confrontandosi sui dati, su quel che ha funzionato e quel che davvero è andato storto. Come gruppo di ricerca, il lavoro di Candidate & Leader Selection è iniziato dieci anni fa, in concomitanza con le prime elezioni primarie nazionali, che videro un enorme successo di partecipazione e la vittoria, mai realmente messa in discussione, di Romano Prodi. Da allora, il nostro lavoro di raccolta e analisi dei dati, sia duri (i risultati elettorali) sia per così dire leggeri (i sondaggi attraverso exit poll oppure indagini campionarie online), è stato ricorrente e imponente. Praticamente ad ogni tornata di elezioni primarie, il gruppo 1
5 di ricerca era presente per capire le motivazioni che avevano spinto gli elettori a recarsi ai gazebo e indagare le conseguenze che quelle votazioni avrebbero avuto sui candidati, sui partiti che se ne erano fatti promotori e sulla qualità della democrazia italiana in generale. Ovviamente, ad ogni occasione non abbiamo fatto mancare la nostra visione dei fatti e dei dati, cercando sempre di basarci il più possibile sulle conoscenze teoriche ed empiriche a nostra disposizione. Per questo motivo, dopo un lavoro durato un decennio è venuto il momento di fermarsi e di fare un bilancio, non tanto su di noi (ci saranno altre occasioni e altre sedi per farlo), bensì sulle conoscenze che fino a qui abbiamo accumulato. Ovviamente, nella convinzione che questo sapere possa servire a meglio deliberare, e cioè all introduzione di riforme o interventi efficaci, migliorativi dello status quo. Anche nella previsione lo diciamo qui di sfuggita che il legislatore nazionale intenda incamminarsi sulla strada impervia della regolamentazione pubblica delle primarie. Finora, gli unici due casi in cui il potere pubblico ha cercato di legiferare in materia, avvenuti entrambi a livello regionale, non hanno dato i risultati sperati. Anzi, spesso hanno prodotto conseguenze inattese e controproducenti, finendo per svilire le potenzialità di uno strumento che, trovandosi ancora in uno stato di inevitabile sperimentazione, rigetta imbracature normative mal congegnate. Ecco perché è necessario conoscere prima di deliberare. Come il lettore potrà facilmente notare, questo documento è una piccola antologia di tutto quello che bisognerebbe sapere sulle primarie all italiana. All interno si trovano informazioni su ogni livello elettorale (comunale, provinciale, regionale e nazionale) che, presto o tardi, ha sperimentato qualche forma di elezione primaria. Non mancano dati sui comportamenti dei votanti, dei candidati, sul gruppo dei dirigenti e last but not least sugli iscritti, il cui parere è troppo spesso dato per scontato o semplicemente evocato per interposta persona senza prima averlo realmente ascoltato. Non si tratta, però, di un Rapporto solo sulle elezioni primarie perché esse hanno un impatto previsto o no anche sulla struttura del partito, sul rapporto tra il leader e i dirigenti, sulle caratteristiche della democrazia interna all organizzazione. Le primarie sono un pertugio all interno dei partiti contemporanei attraverso il quale è possibile intravedere le traiettorie delle loro trasformazioni future. Per questo crediamo sia importante conoscerle prima di modificarle o cancellarle. Prima conoscere, poi discutere, poi deliberare : lo diceva Luigi Einaudi e a noi non resta che sottoscrivere. 2
6 Primarie nazionali tra partecipazione e competizione Da più di un decennio i partiti politici, soprattutto quelli europei, stanno attraversando un profondo processo di cambiamento. Per alcuni studiosi, quel processo si chiama crisi, mentre per altri è più corretto parlare di trasformazione. Non intendiamo entrare, qui e adesso, all interno di questa disputa teorica, anche perché probabilmente ne usciremo (forse) con una opinione in più, ma con poche certezze in meno. Tenteremo, invece, un operazione meno altisonante che, tuttavia, permetta di gettare uno sguardo informato sul presente e sul futuro dei partiti. Lo faremo osservando da vicino lo sviluppo poderoso, soprattutto in termini quantitativi, delle elezioni primarie in Italia. La prima questione che quindi dobbiamo porci è: perché le primarie? Ovvero, più precisamente, perché è importante affrontare questo tema se il nostro interesse ultimo è quello dei partiti politici e del loro stato di salute? In questo caso, la risposta ci viene offerta, molto banalmente, dalla storia, se non dalle vicende più recenti, dei partiti in molti paesi d Europa e in altre democrazie avanzate. Un po dappertutto, infatti, è possibile individuare un processo solitamente etichettato come democratizzazione intra-partitica che coinvolge la maggior parte dei partiti europei e li costringe a ripensare il proprio modello organizzativo nel tentativo di instaurare un rapporto diverso, più dinamico, con i propri iscritti e/o simpatizzanti. Sono rarissimi i partiti che, nel corso degli ultimi venti anni, non abbiano dovuto fare i conti con una richiesta di maggiore (e migliore) democrazia interna, proveniente principalmente dal basso o dalla base. Con modalità, sensibilità e tempistiche differenti, la maggior parte dei partiti politici ha deciso, volente o nolente, di aprire quella che un grande studioso recentemente scomparso chiamava la cucina elettorale, ovvero i luoghi più segreti delle loro attività, a uomini e donne a cui, fino a poco tempo prima, non era concesso l ingresso. Si pensi, per citare soltanto un dato, che dal 1990 al 2000 i casi di iscritti o simpatizzanti chiamati a scegliere il leader del proprio partito superavano appena la trentina (per la precisione, 34 su quindici paesi europei 1 ). Nel decennio successivo, invece, quel dato è più che raddoppiato: ad oggi sono all incirca ottanta i casi nazionali di leader partitici scelti attraverso procedure inclusive degli iscritti o, in alcuni casi a noi più noti, degli elettori. Anche se è bene tenere distinte, non solo concettualmente, le elezioni primarie da altre tipologie di votazione ad esempio, l elezione diretta di un capo o segretario di partito 1 Nello specifico, i quindici paesi presi in considerazione sono: Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Nuova Zelanda, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna. 3
7 non si può non notare che esse fanno parte di una tendenza unica e cercano di rispondere a domande o esigenze simili. Studiare le primarie significa, dunque, confrontarsi con un fenomeno che sempre più spesso coinvolge la vita e il funzionamento dei partiti contemporanei. Il secondo quesito che inevitabilmente dobbiamo porci è: perché l Italia? E cioè: perché è importante osservare quel che sta succedendo nel nostro Paese per capire ciò che sta accadendo anche al fuori di esso, nei partiti delle altre nazioni? In questo caso, la risposta che potrebbe suonare eccessivamente enfatica è che l Italia, nell ambito della democratizzazione intra-partitica, è un paese all avanguardia, che non si limita a seguire il trend, ma ne detta il passo e il ritmo. Naturalmente, l Italia è trend-setter anche per il fenomeno di segno opposto, che vede il potere nei partiti politici racchiuso nelle mani di pochi, pochissimi, spesso unici leader. Il contesto italiano si presenta oggi come un piccolo laboratorio dove poter osservare, in vitro, processi che altrove sono ancora allo stato embrionale e aspettano di venire pienamente illuminati. Del resto, è innegabile l interesse di molti studiosi stranieri per il laboratorio partitico italiano, così come non possono essere sottovalutati i casi, peraltro crescenti, di vera e propria imitazione istituzionale nei confronti delle primarie italiane da partiti di diversa provenienza e ideologia (a partire dalla Francia e della Spagna). Va anche detto in apertura che parlare di primarie in Italia vuol dire discutere prevalentemente di una specifica parte politica, ovvero del centrosinistra. Ancor più precisamente, significa prendere sul serio la storia e lo Statuto del Partito Democratico (PD) che, fin dalla sua nascita nel 2007, ha individuato nelle primarie il metodo principale per la selezione delle candidature e nel voto diretto di iscritti e simpatizzanti lo strumento per eleggere il proprio leader-segretario. Da questo punto di vista, è innegabile che il Partito Democratico sia, a tutti gli effetti (e vedremo fra poco quali), il partito delle primarie, colui che se n è fatto non solo attivo promotore, ma anche assiduo organizzatore. Su questo punto, è utile passare direttamente la parola ai dati. Come emerge dalla Tabella 1, dal 2004 ad oggi sono state organizzate quasi un migliaio di elezioni primarie o, per estensione, di votazioni per l elezione dei segretari nazionali o regionali. Mille casi che sono distribuiti su tutti i livelli territoriali, da quello nazionale più elevato a quello territorialmente più vicino ai cittadini, ossia il municipio. Come argomenteremo più avanti nelle pagine di questo report, è proprio a livello comunale che il seme delle elezioni primarie ha trovato terreno più fertile e dove se così si vorrà sarà alquanto complicato da estirpare. Tuttavia, in ogni contesto, 4
8 grande o piccolo, i partiti politici hanno trovato nelle primarie uno strumento flessibile, in grado di adattarsi ai diversi assetti legislativi e istituzionali. Tabella 1 Elezioni primarie o votazioni dirette per la leadership in Italia, Carica N. Leadership nazionale 3 Leadership regionale 57 Presidente del Consiglio 2 Parlamentare 1 Presidente di Regione 17 Presidente di Provincia 29 Sindaco 861 Totale 970 Se ci muoviamo da una prospettiva spaziale ad una temporale, lo sviluppo delle elezioni primarie è caratterizzato come mostra la Figura 1 dalla presenza di alcune significative ondate che, in parte, sono chiaramente in linea con i naturali cicli elettorali, ma che mostrano una vera e propria impennata a partire dal Infatti, è con la nascita del Partito Democratico che le elezioni primarie diventano un elemento costante, ricorrente e non più marginale del panorama politico italiano. Al ritmo medio di 100 consultazioni organizzate all anno, il Partito Democratico è diventato non solo il partito delle primarie, ma anche l organizzazione politica che più di ogni altra in Europa incentiva e organizza la partecipazione degli iscritti/simpatizzanti nei processi di selezione dei candidati. Figura 1 Evoluzione delle elezioni primarie dal 2004 al
9 Come abbiamo visto, è il 2007 l anno di svolta delle primarie, quello in cui un fenomeno fino ad allora estemporaneo diventa un elemento costante. Con la nascita del Partito Democratico avviene ciò che possiamo definire il passaggio dal mito al rito delle primarie : un mito nato nel 2005, quando Romano Prodi conquistò, a colpi di voti, la leadership della larghissima coalizione di centrosinistra, all epoca chiamata L Unione. Nella sua forma, per l appunto, mitologica, l esperienza del 2005 contiene in sé alcune caratteristiche che proiettano sulle elezioni primarie determinati tratti distintivi destinati a restare, talvolta a sproposito, anche in futuro. Infatti, l immagine di primarie finte, poco combattute, rivolte a incoronare un candidato già noto piuttosto che a favorire la scelta autentica tra più candidature rimane scolpita nella memoria degli italiani. Una memoria si badi bene che resta difficile da scalfire anche quando le primarie cambiano pelle e diventano, per intenderci, una cosa seria, prevedendo una competizione serrata tra candidati di eguale forza e senza vincitori prestabiliti. Su questo punto, si osservino i dati inclusi nella Figura 2, la quale riporta il margine elettorale registrato nelle diverse elezioni primarie, dal 2005 ad oggi. Ad eccezione delle cosiddette primarie di Prodi e dell elezione diretta del Segretario nel 2007, il livello di competitività delle primarie italiane ha raggiunto livelli ragguardevoli, addirittura nettamente più elevati rispetti a quelli che si registrano di solito nella patria a stelle e strisce delle primarie. Da notare, inoltre, che è soprattutto a livello locale che la competizione si fa realmente accesa e dove è difficile stabilire in partenza chi sarà il vincitore. Figura 2 Competitività nelle primarie italiane (valori % margine elettorale tra vincitore e candidato arrivato secondo) 6
10 L immagine solo giornalistica delle primarie all italiana una specificazione sottolineata spesso con tono spregiativo caratterizzate da un livello di competitività risibile è, quindi, poco più che una caricatura della realtà. Quello che, invece, rimane un dato costante nella storia di queste consultazioni, è il successo in termini di mobilitazione e partecipazione. Nonostante una crescente insoddisfazione verso la politica e una sfiducia oramai patologica nei confronti dei partiti italiani (meno del 5% degli italiani dichiara, secondo un sondaggio condotto da Demos, di avere abbastanza o molta fiducia nei partiti), la partecipazione nelle elezioni primarie ha registrato sempre risultati al di sopra di ogni aspettativa. Anche se non è l unico criterio per valutare o misurare il successo di una innovazione politica, i tassi di partecipazione che questo tipo di consultazione ha costantemente raggiunto segnalano come esso sia riuscito a intercettare e stimolare l interesse di un numero cospicuo di cittadini. Da un punto di vista numerico, mediamente un elettore del centrosinistra su tre ha deciso di prendere parte alla selezione del candidato del proprio schieramento, che si trattasse di un elezione comunale o di cariche nazionali (vedi Figura 3). Pertanto, chi continua a sostenere che il meccanismo delle primarie non funziona, che ha stancato o andrebbe rivisto, dovrebbe innanzitutto confrontarsi con questi dati inequivocabili, i quali rivelano un aspetto semplice: quando agli iscritti o ai simpatizzanti viene concessa la facoltà di incidere efficacemente nei processi decisionali dei partiti, la risposta che si riceve in termini di partecipazione è sicuramente positiva. Figura 3 Tasso di partecipazione nelle primarie italiane (valori %) 7
11 È giusto, però, analizzare la partecipazione elettorale non soltanto in un ottica puramente quantitativa, limitandosi a contare le teste che hanno deciso di attivarsi in una determinata occasione. Ai nostri fini, può essere altrettanto utile andare ad osservare dall interno o da vicino chi partecipa alle primarie, anche perché è proprio su questo fronte che si sono registrate le critiche più numerose. La premessa, in questo caso, è che si sta discutendo di primarie aperte o, più precisamente, semi-aperte, alle quali possono prendere parte tutti i cittadini-elettori a patto che sottoscrivano un impegno a rispettare l esito delle votazioni e versino un piccolo obolo, solitamente di 2 euro. Dal punto di vista del selettorato (vedi Glossario in Appendice), l inclusività delle primarie italiane è particolarmente elevata: con una semplice dichiarazione di interesse a favore di un partito o di uno schieramento viene concessa la facoltà di incidere nella scelta delle candidature. È proprio in questa apertura per alcuni eccessiva che molti critici delle primarie hanno visto il rischio di infiltrazioni, inquinamenti e manipolazioni. Per questa ragione, è importante cercare di capire da chi sia composto il cosiddetto popolo delle primarie 2. Figura 4 Età dei partecipanti alle primarie 2012 e dell elettorato di centrosinistra e generale nel 2013 (valori %) 2 I dati presentati di seguito, dalla Figura 4 alla Figura 11, sono ricavati da un exit poll condotto in 20 regioni da Candidate & Leader Selection durante le primarie nazionali organizzate dai partiti di centrosinistra nel Al sondaggio hanno partecipato persone. I dati riferiti all intero elettorato di centrosinistra sono invece estratti dal sondaggio condotto da ITANES in vista delle elezioni politiche del febbraio 2013 su un campione di 1508 intervistati. 8
12 Da un punto di vista demografico, il selettorato italiano è formato in prevalenza da persone adulte e anziane. Infatti, all incirca un elettore su tre delle primarie ha un età superiore ai 45 anni. Si tratta di un dato in linea con quello riguardante l elettorato classico del centrosinistra, nel quale è predominante la componente più anziana della popolazione. Da un confronto tra l elettorato e il selettorato del centrosinistra (vedi Figura 4), emerge comunque una piccola differenza: chi partecipa alle primarie ha un età media leggermente inferiore rispetto all intero elettorato di riferimento. In generale, anche se non è possibile sostenere che le primarie siano sempre riuscite ad attrarre l attenzione delle fasce più giovani della popolazione, va comunque rimarcata la differenza tra l elettore delle primarie e l elettore di centrosinistra nelle elezioni generali. Figura 5 Livello di istruzione dei partecipanti alle primarie 2012 e dell elettorato di centrosinistra e generale nel 2013 (valori %) Per quel che riguarda il grado di istruzione, il dato che emerge dall analisi delle primarie è in sintonia con le più ampie ricerche sulla partecipazione politica in generale. Il 40% del selettorato possiede, infatti, un diploma di scuola superiore e il 17% una laurea. Inoltre, come mostra la Figura 5, non esistono differenze di rilievo tra il votante nelle primarie e quello nelle elezioni generali. Se, tra coloro che votano per un partito di centrosinistra, la percentuale di chi possiede la licenza di scuola elementare o media raggiunge appena il 42,4%, all interno del selettorato quella stessa percentuale raggiunge il 42,5%. Le primarie, proprio per le loro caratteristiche e il loro impatto immediato sul processo elettorale, sem- 9
13 brano dunque favorire la partecipazione di cittadini senza un livello di istruzione particolarmente elevato. Figura 6 Interesse per la politica per i partecipanti alle primarie 2012 e per l elettorato del centrosinistra e generale nel 2013 (valori %) Infine, è interessante notare come l elettore delle primarie mostri un interesse maggiore per la politica, anche rispetto a tutti gli elettori dello stesso centrosinistra. Sono quasi nove su dieci i partecipanti alle primarie che dichiarano di interessarsi abbastanza o molto di politica (vedi Figura 6). Nel complesso, quindi, il selettorato del centrosinistra presenta un profilo particolare, che è bene riassumere brevemente. Si tratta, anzi tutto, di una parte di popolazione relativamente anziana, anche se leggermente più giovane rispetto all elettorato di riferimento; in sostanziale equilibro per quel che concerne il genere, ma, soprattutto, con uno spiccato interesse per la politica e un livello di istruzione medio-alto. Al di là di alcune piccole discrepanze, possiamo certamente affermare che il popolo delle primarie è, da un punto di vista socio-demografico, quasi perfettamente rappresentativo del più vasto e meno attivo elettorato del centrosinistra. 10
14 Figura 7 Iscritti e non iscritti ai partiti nelle primarie nazionali 2012 (valori %) Cosa cambia, però, se spostiamo la nostra analisi dai dati demografici a quelli più strettamente politici? Per rispondere a questa domanda, un buon punto di partenza è fornito dalla Figura 7, nella quale i votanti alle primarie vengono suddivisi in due gruppi: tra chi è iscritto a un partito politico e chi non ha alcun tipo di affiliazione. Il primo dato che merita di essere evidenziato è la quota di votanti senza tessera. Più di tre elettori alle primarie su quattro non sono iscritti ai partiti che, nel novembre 2012, si sono fatti promotori della consultazione interna al centrosinistra. È un dato enorme nelle sue dimensioni e che rivela un aspetto spesso dimenticato nel dibattitto attorno alle primarie. Se, infatti, escludessimo i senza-tessera dalle votazioni per la scelta dei candidati, del successo in termini di partecipazione alle primarie rimarrebbe ben poco. Anzi, sulla base dei nostri dati, con primarie chiuse ai soli iscritti ci si dovrebbe aspettare una mobilitazione alquanto limitata, in grado di stimolare la partecipazione di un iscritto su due o, nei casi più felici, due iscritti su tre. Insomma, le primarie hanno bisogno degli iscritti per essere organizzate e allestite, ma hanno bisogno dei simpatizzanti e degli elettori per poter riuscire in termini di mobilitazione elettorale. 11
15 Figura 8 Partecipanti alle primarie 2012 suddivisi per partito votato alle elezioni politiche del 2008 (valori %) Il secondo dato che va sottolineato riguarda la percentuale di elettori estranei alla tradizione politica del centrosinistra. Abbiamo visto in precedenza che gli elettori senza tessera rappresentano la parte più rilevante del selettorato. Non essere iscritti, però, non equivale ad essere completamente estranei alla tradizione e all organizzazione di un partito politico, tanto più se quel partito è il PD, il quale proprio nel suo Statuto sostiene di essere un partito federale costituito da elettori ed iscritti. Questo aspetto, certamente sui generis nel panorama italiano, pone però il Partito Democratico all interno di quella corrente contemporanea di partiti caratterizzata, secondo gli studiosi, da una multi-speed membership, cioè da una appartenenza a più velocità che si regola e si attiva in base alle singole disponibilità o esigenze. Da questo punto di vista, un partito moderno è un organizzazione che riesce a far convivere al proprio interno diverse tipologie di attivisti, che possono andare dai classici militanti, tipici dei partiti di massa, ai primaristi, ossia coloro che si attivano soltanto saltuariamente per scegliere una determinata candidatura oppure per far sentire la propria opinione in merito ad una specifica tematica. Pensare, oggi, che un partito politico possa fare affidamento unicamente sulla forza e sulla presenza dei suoi iscritti più attivi, significa non aver colto in pieno la portata di tutta quella serie di trasformazioni politiche, sociali ed economiche che ha coinvolto i sistemi politici a partire pressappoco dall ultimo decennio del secolo scorso. All interno di questo nuovo contesto, le elezioni primarie rap- 12
16 presentano uno strumento, fra i tanti, per incentivare una nuova forma di partecipazione sicuramente leggera ma dalla quale ne possono scaturire altre più pesanti o impegnative alle attività dei partiti politici. Come mostra la Figura 8, questa scommessa in Italia sembra essere stata vinta. Nel momento in cui i partiti decidono di aprire i loro cancelli, non si assiste ad una invasione aliena, attraverso la quale bande di elettori ignoti provano ad impadronirsi surrettiziamente del partito. Tutt altro. Quando i partiti diventano inclusivi, come nel caso delle primarie per il Partito Democratico, più dell 80% dei votanti proviene storicamente, ideologicamente, politicamente del centrosinistra. La favola delle primarie italiane come teatro di scorribande e infiltrazioni di elettori estranei o stranieri non va solo ridimensionata, ma assolutamente rigettata. Esiste è vero una componente minoritaria del selettorato, quantificabile attorno al 5-6%, che proviene dall esterno, ovvero da partiti collocati nel centrodestra. Tuttavia, oltre a non rappresentare una forza in grado di ribaltare gli esiti del voto, quella componente esterna al centrosinistra può anche essere interpretata come una forma di voto personale, riservato a un candidato capace di intercettare consensi al di là della classica frattura tra destra e sinistra. Quanto fin qui argomentato, è ben visibile anche nella Figura 9. Domandando agli elettori la loro auto-collocazione sul continuum sinistra-destra, emerge ancora una volta la sostanziale sovrapponibilità, in questo caso ideologica, del popolo delle primarie con quello del centrosinistra. Due popoli che si descrivono come moderatamente di sinistra, collocandosi nel centro della prima parte del continuum, e che hanno soltanto pochissime propaggini nella parte di centrodestra. È significativa, da questo punto di vista, la collocazione di coloro che hanno votato Matteo Renzi nelle primarie del Pur essendo considerato un candidato in grado di attrarre il voto dell elettorato di centrodestra, soltanto un percentuale ridotta (inferiore al 10%) dei suoi elettori si collocava nella parte destra della dimensione sinistra-destra. 13
17 Figura 9 Auto-collocazione spaziale del selettorato (2012) e dell elettorato di centrosinistra nel 2013 (valori %) Oltre ad essere composto da un elettorato di centrosinistra, il selettorato si caratterizza anche per l elevata fedeltà mostrata nei confronti delle primarie. È il 73% la percentuale di chi ha partecipato a più di una votazione interna ai partiti di centrosinistra e che qui abbiamo definito veterani delle primarie (vedi Figura 10). Solo un elettore su quattro è definibile come una matricola, cioè del tutto nuovo rispetto alle logiche di questo metodo di selezione delle candidature. Questo è un aspetto piuttosto rilevante perché la logica delle primarie, come qualsiasi tipo di attività, si impara e si affina praticandola nel corso del tempo. È in un orizzonte temporale più lungo che gli elettori, così come i candidati, possono apprendere tutte le regole del gioco, comprese quelle informali, e adattarsi al sistema di incentivi insito nello strumento. Comportarsi lealmente nel gioco delle primarie richiede, innanzitutto, il rispetto sia degli elettori che dei candidati del risultato elettorale. In quest ottica, il selettorato del centrosinistra è, per una quota più che maggioritaria (59%), leale, cioè ben disposto ad accettare il responso delle urne e a sostenere qualsiasi candidato risulti vincitore (vedi Figura 11). C è poi da registrare una parte più scettica o indecisa, pari al 30% circa, che si riserva di decidere sul suo futuro comportamento elettorale in un momento successivo alle primarie. Si tratta di elettori che, in buona misura, torneranno a votare per il centrosinistra, ma che sono particolarmente sensibili alle modalità attraverso cui i partiti e i candidati sapranno gestire, possibilmente senza eccessivi strappi o lacerazioni, il periodo post-primarie, ricreando un unità di intenti dopo il confronto al proprio 14
18 interno. Infine, c è una quota minoritaria (10%) di selettori del tutto indisposta a sostenere un candidato diverso rispetto a quello votato alle primarie. Si tratta di quelli che qui abbiamo chiamato apocalittici : partecipanti disponibili a rispettare l esito delle urne soltanto se il vincitore è il loro, mentre in tutti gli altri casi il fair play non è contemplato. Figura 10 Matricole e veterani nelle primarie nazionali del 2012 (valori %) Figura 11 Leali, scettici e apocalittici tra i partecipanti alle primarie 2012 (valori %) 15
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