Governi e decisioni difficili: la gestione dei conflitti interpartitici nelle coalizioni italiane

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1 Governi e decisioni difficili: la gestione dei conflitti interpartitici nelle coalizioni italiane Michelangelo Vercesi Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali Università degli Studi di Pavia michelangelo.vercesi@unipv.it Paper preparato per il XXVI Convegno annuale SISP Panel Organizzazione e performance del governo italiano Roma, Università Roma Tre, settembre 2012

2 Introduzione * I governi dei sistemi parlamentari sono perlopiù governi di coalizione (Woldendorp, Keman e Budge 2000). Ciò significa che, per operare, necessitano di una certa cooperazione tra partiti politici che forniscono loro il supporto in parlamento e che competono per i voti nell arena elettorale (Panebianco 1982). Studiare come questi partiti si comportamento e come interagiscono tra loro assume dunque un elevata importanza quale via per comprendere in modo significativo alcuni aspetti salienti del funzionamento di molte poliarchie. Un programma di ricerca avviato ormai più di un decennio fa (Müller e Strøm 2000b; Strøm, Müller e Bergman 2008) ha evidenziato come sia possibile concepire la politica di coalizione intesa in senso lato come un ciclo composto da più fasi connesse tra loro in successione: la nascita della coalizione, la sua governance e la sua conclusione, da cui deriva una nuova coalizione. L assunto alla base di questa impostazione teorica che qui faccio mia è che le azioni partitiche dipendono sempre dagli accadimenti passati e che, in qualche modo, si basano su una valutazione più o meno accurata degli scenari futuri. Come vedremo, ciò implica l attribuzione ad esse di un carattere strategico. È inutile dire che ogni singola fase è almeno tanto importante quanto le altre per la determinazione delle relazioni tra i partner coalizionali. Questo fatto non si è rispecchiato, nella scienza politica comparata, in una focalizzazione uniforme sui singoli momenti. I lavori dedicati alla politica coalizionale si sono concentrati prima di tutto su quello della formazione della coalizione, e in modo particolare sulla definizione della composizione partitica. Il secondo settore di studi più sviluppato è quello riguardante i temi della caduta dei gabinetti e della loro stabilità. Sempre inerente alla fase formativa delle coalizioni, è invece l analisi dei processi di allocazione delle spoglie ministeriali tra i membri coalizionali. Minore attenzione è stata rivolta alla problematica della governance coalizionale, cioè dei processi decisionali e di gestione dei rapporti intra-coalizionali che portano alla produzione degli outputs governativi 1. Tale deficienza conoscitiva si deve molto probabilmente alle difficoltà che presenta qualsiasi tentativo di entrare in quella scatola nera che è la vita della coalizione. Nel contenitore concettuale della governance 2 rientrano, tra altre, tutte quelle relazioni interpartitiche che mirano a sedare i conflitti che spesso occorrono tra le forze politiche al governo; come sottolineato da Andeweg e Timmermans (2008: 269), «la governance coalizionale implica la gestione del conflitto». I conflitti interpartitici vanno a minare quella cooperazione necessaria, perlomeno per mantenere vivo il rapporto coalizionale, che sta alla base di qualsiasi coalizione di governo. Müller e Strøm (2000c: 586) mostrano che, relativamente a 331 governi presi in considerazione, i conflitti interpartitici su questioni di policy sono la seconda causa più frequente di caduta degli esecutivi dopo le regolari elezioni politiche * Ho lavorato in parte alla ricerca di cui questo lavoro fa parte durante periodi di ricerca al Center for the Study of Democracy (Zentrum für Demokratieforschung) della Leuphana Universität di Lüneburg (Germania), con il supporto di una fellowship del German Academic Exchange Service in collaborazione con l Università Leuphana) e al Department of Government (Institut für Staatswissenschaft) dell Universität Wien (Austria). Diversi sviluppi e aspetti sono stati presentati alla 3 rd Graduate Conference della Società italiana di scienza politica (Università degli Studi di Torino, giugno 2011); al Seminar für Dissertanten/innen dell Institut für Staatswissenschaft (Università di Vienna, 17 Ottobre 2011); e alla 4 th ECPR Graduate Conference (Jacobs University e Università di Brema, 4-6 luglio 2012). Ringrazio i partecipanti agli incontri per i loro utili commenti e in particolare i professori Ferdinand Müller- Rommel dello ZDEMO e Wolfgang C. Müller del Department of Government per il loro supporto e per i loro preziosi suggerimenti. Ringrazio inoltre il professor Francesco Battegazzorre per i commenti relativi alla parte definitoria e all impianto teorico. 1 Un ampia rassegna critica dei lavori teorici ed empirici dedicati alla politica coalizionale nei suoi vari aspetti è Vercesi (2012c). 2 Mi riferisco a Browne (1982: 5) e definisco la governance come «un problema negoziale per qualche insieme di attori che mirano a massimizzare i loro benefici in una situazione strutturata di processo decisionale collettivo». 1

3 (24.2 percento contro 27.8 percento). Se oltre ai conflitti in materia di policy si aggiungono quelli definiti da loro personali (7.3 percento), ecco che il conflitto tra membri coalizionali diviene addirittura la prima causa di terminazione delle coalizioni. Posta la frequenza di conflitti intra-coalizionali e il carattere fortemente esiziale di alcuni di essi, i membri di una coalizione si trovano spesso davanti alla necessità di gestirli. «[G]eneralmente il conflitto più serio nei sistemi parlamentari non giace principalmente tra un arena istituzionale, il governo, e un altra, il parlamento. Il conflitto più serio giace generalmente invece tra partiti e frazioni partitiche che sono rappresentati sia nel governo sia nel parlamento» (Huber 1996: 270). A dispetto della rilevanza del tema, solo pochi lavori (Nousiainen 1993; Andeweg e Timmermans 2008) se ne sono occupati 3 ; e spesso, quando lo hanno fatto, hanno considerato la riflessione sulla problematica come un corollario dello studio dell impatto degli accordi di coalizione sui processi di governance (Timmermans 2003, 2006; Timmermans e Moury 2006; Moury e Timmermans 2008). Con questo paper miro a fornire un contributo in merito. A tale scopo, avanzo dapprima alcune precisazioni definitorie che sono premessa all analisi. Successivamente, illustro brevemente il framework teorico che ha informato quest ultima, per poi passare all esposizione delle ipotesi di ricerca e alla trattazione di alcune questioni metodologiche. Chiudono la presentazione di alcuni dati riguardanti la conflittualità e la gestione del conflitto interpartitico nelle coalizioni italiane del dopo-1994 e la discussione dei risultati. 1. Conflitto coalizionale e gestione del conflitto coalizionale: alcune precisazioni concettuali Un elemento necessario ai fini di una buona ricerca è sicuramente una rigorosa definizione del suo oggetto (Gerring 1999; Sartori 2011). Detto questo, definisco il conflitto coalizionale estesamente come una relazione sociale di natura politica 4 nella quale due o più partiti politici rompono (o minacciano di rompere) reciprocamente una certa cooperazione per raggiungere scopi partitici particolari, nell ambito di una coalizione di governo 5. Come ogni conflitto, può essere visto come un insieme di (almeno due) azioni conflittuali (Clementi 1996: 382-3; cfr. North, Koch e Zinnes 1960: 357), cioè di azioni unilaterali con le quali un dato attore infligge (o minaccia di infliggere) dei mali a un altro. Il conflitto scoppia solo nel momento in cui, in risposta ad una azione conflittuale, l attore che è stato bersaglio dà luogo ad un azione conflittuale di ritorsione (Stoppino 2001: 196-7). La caratteristica peculiare dei conflitti coalizionali rispetto ad altri conflitti sociali è che essi prendono forma in un contesto, quello delle coalizioni governative, in cui la cooperazione (Stoppino 2001: 198) è, molto più che altrove, una parte essenziale e centrale del rapporto tra le parti e nel quale l esplosione del conflitto diventa un fenomeno alquanto rilevante perché va a minare le basi su cui poggia il legame coalizionale. In termini generali, una coalizione è un tipo di unificazione di due o più attori (individuali o collettivi) che hanno scopi in parte divergenti e che scelgono di convergere su alcuni obiettivi comuni non perseguibili singolarmente o comunque che lo sarebbero solo in maniera eccessivamente costosa e di cooperare per il loro raggiungimento 3 Alcuni (Pappalardo 1976; Blondel 1989, 1999) si sono occupati della prevenzione dei conflitti, trascurandone la gestione. 4 Sulla nozione di conflitto politico si vedano Clementi (1997: 383) e Nevola (1994: 36-40). 5 La definizione trae spunto, modificandola, dalla definizione di conflitto avanzata in Clementi (1997: 382) Non è il caso di occuparsi qui della nozione di partito politico. Una sua definizione ai fini della ricerca empirica sarà fornita più avanti. 2

4 (Coser 1967: 163-6). In questa sede non è mio interesse guardare a tutte le coalizioni possibili, bensì solo a quelle che reggono le sorti dei governi multipartitici nei sistemi parlamentari. D ora in avanti, quando parlo di coalizione, mi riferisco quindi alle sole coalizioni composte da partiti politici in parlamento che, forti della fiducia parlamentare, governano in tali sistemi, avendo almeno un proprio esponente, appoggiato formalmente dall organo decisionale del partito stesso, inserito nel gruppo ristretto dei ministri del gabinetto (cfr. Barbieri e Vercesi 2013). Escludo perciò dal novero dei membri coalizionali i partiti che occupano, ad esempio, tutt al più posti di ministro junior e i partiti che, pur fornendo il proprio sostegno all esecutivo, non entrano a farne parte con dei propri delegati 6. Si noti che i partiti possono adottare degli accordi di coalizione per facilitare i rapporti che intercorrono tra loro e per stabilire alcuni degli obiettivi della coalizione, ma non prevedono, tramite essi, regole per determinare chi vince e chi perde nel gioco coalizionale in generale e nel conflitto in particolare. Quest ultimo è un confronto in cui le parti sono libere, entro i generali limiti posti alla lotta per il potere in sede poliarchica, di agire come meglio credono in vista dei propri scopi. Per quanto riguarda invece il concetto di gestione del conflitto coalizionale, intendo con tale espressione l insieme di tutte le azioni con le quali due o più partiti in conflitto e, nel caso, altri membri della coalizione mirano a temperare gli effetti collettivamente giudicati dannosi dello scontro in questione, al fine di evitare la rottura totale del legame coalizionale quale sua conseguenza e di trovare una soluzione che sia accettata da tutti i partner coalizionali, pur continuando a ricercare l esito singolarmente preferito in termini di rapporto costi/benefici attualmente e potenzialmente apportati dalla prosecuzione del conflitto stesso. Nella gestione si trovano elementi cooperativi e negoziali (sulla negoziazione Stoppino 2001: 194-5). Con la gestione i partiti segnalano a vicenda la propria disponibilità a cooperare e a raggiungere un certo accordo. 2. Coalizioni e gestione del conflitto: un framework teorico 2.1. Razionalità partitica e natura strategica della politica di coalizione I partiti politici sono insiemi di individui che si organizzano per raggiungere un dato scopo. Essi non sono attori unitari (Maor 1998; Mitchell 1999; Giannetti e Benoit 2009; Meyer 2012), ma piuttosto organizzazioni (Simon 1952) attraversate da spinte competitive. Nondimeno, è metodologicamente accettabile parlare dei partiti come di attori collettivi (Boudon 1980; 1996), talvolta strutturati in frazioni, in cui agisce in maniera più o meno coordinata una pluralità di attori individuali. E se di attori anche se collettivi si tratta, una qualche forma di razionalità può essere loro attribuita (cfr. Arrow 2003). Assumo che i partiti siano mossi da una qualche razionalità limitata (bounded rationality) strumentale (Simon 1957: parte IV; March e Simon 1979: cap. 6). Per dirla 6 Boston e Bullock (2012: 7) distinguono tra coalizione di gabinetto e coalizione esecutiva, che comprende anche i partiti con dei delegati presenti nell esecutivo, ma fuori dal gabinetto. Si può parlare invece di coalizione parlamentare per indicare la coalizione composta dai membri di quella esecutiva e dai partiti che sostengono stabilmente il governo dall esterno. L esclusione del primo tipo di partiti dalla mia definizione di coalizione permette di evitare di conteggiare, tra i membri coalizionali, anche formazioni fortemente secondarie e poco rilevanti o addirittura assenti in parlamento (cfr. Luebbert 1986: 253), mentre quella del secondo è giustificata dalla volontà di creare, con questo lavoro, un framework teorico utilizzabile in sede comparativa. Se l individuazione dei partiti che danno solamente un appoggio esterno al governo è operazione semplice per quei paesi, come l Italia, in cui è richiesto un voto di fiducia esplicito prima che l esecutivo possa divenire operativo, essa si caricherebbe di ambiguità qualora si guardasse ai casi di parlamentarismo negativo, cioè a quei paesi in cui non è richiesto alcun voto di tal genere e la fiducia si assume accordata fintantoché non viene espressamente sottratta (cfr. Bergman et al. 2006: 149). 3

5 con Weber (2003a), l agire partitico è razionale rispetto allo scopo (zweckrational), ossia «orientato esclusivamente in base a mezzi concepiti (soggettivamente) come adeguati per scopi definiti in maniera (soggettivamente) precisa». Assumo che la politica di coalizione sia politica strategica (cfr. Arielli e Scotto 2003; Schelling 2006). La politica coalizionale non si sviluppa in un vuoto politico-istituzionale. A limitare la libertà di manovra dei suoi protagonisti ci sono sia vincoli esogeni alla coalizione sia vincoli endogeni (Müller e Strøm 2000a: 4). I partner coalizionali, rappresentati dai rispettivi leader 7, interagiscono in un contesto di questo tipo cercando costantemente di ottenere uno dall altro una certa conformità di comportamento che è essenziale per il raggiungimento del fine comune della coalizione, ma anche dei propri obiettivi particolari. La situazione che si viene così a creare è una situazione di mutua dipendenza e di scambio (il gioco non è a somma zero) (cfr. Cesa 2007). Lo scambio di conformità può avere un carattere più o meno diseguale, e ciò dipende dalla forza strategica degli attori coalizionali data dalle risorse il loro possesso (Stoppino 2001: 167). Le più rilevanti risorse politiche che i partiti possono spendere nel gioco coalizionale sono, da un lato, il numero di seggi parlamentari controllati e, dall altro, la posizione occupata, rispetto alle altre forze partitiche presenti in parlamento, sulle dimensioni di policy lungo cui si struttura la competizione interpartitica (Müller e Strøm 2000a: 7). Il beneficio ultimo che spinge i partiti ad investire e a utilizzare queste risorse nel gioco di coalizione è la possibilità di guadagnare in termini di pay-offs coalizionali (cariche di governo e politiche pubbliche) rimanendo al governo. Tale prospettiva si scontra però con due principali problemi strategici: i) riuscire a mantenere in vita l accordo con gli altri partner e, contemporaneamente, ii) soddisfare i propri elettori attuali e potenziali. (Lupia e Strøm 2008). Il complesso equilibrio tra le diverse esigenze è reso costantemente precario dalla più o meno parziale divergenza degli interessi partitici e dalla incompletezza dell informazione sulle possibili scelte altrui; i partiti «nei gabinetti coalizionali affrontano l incertezza, il rischio e il dubbio» (Browne e Franklin 1986: 479). Il contrasto costante tra forze che spingono in direzioni diverse che scaturisce da tale situazione porta spesso al conflitto interpartitico, il quale, come abbiamo visto, mette in pericolo quando più quando meno l esistenza stessa della coalizione. Se ai partiti appare più conveniente continuare a far parte della coalizione di governo, essi cercheranno allora di «prevenire o ridurre i conflitti all interno della coalizione, [ o si sforzeranno di fare] in modo di massimizzare la capacità della coalizione di risolvere positivamente i rimanenti conflitti» (Pappalardo 1976: 44-5) La gestione dei conflitti coalizionali: attori e arene I partecipanti Un primo aspetto rilevante caratterizzante la gestione è il tipo di coinvolgimento degli attori in gioco. Nel nostro schema teorico le parti sono, così come nel conflitto, i partiti politici. Qualora si voglia analizzare il processo in profondità non ci si può però fermare a questa constatazione, ma occorre andare oltre isolando le azioni dei 7 Assumo che siano i leader gli attori chiave per la presa delle decisioni partitiche e quindi della politica coalizionale come la intendo qui. 4

6 singoli individui che negli effetti vi si impegnano e le interazioni che tra di essi si concretizzano. A tal fine, una volta individuati i partecipanti, bisogna comprendere se questi lo sono da protagonisti o da comprimari, se il loro intervenire è impositivo o punta alla mediazione, capire il loro ruolo nel partito di riferimento, nella coalizione e nel gabinetto. Appare scontato che, trattandosi di gestione di conflitti in coalizioni di governo, un attenzione privilegiata vada rivolta al primo ministro, figura centrale del gabinetto e in molti casi esponente di spicco del proprio partito (Vercesi 2012a, 2012c). Date certe condizioni potestative (Barbieri 2001), un primo ministro agirà più da attivista o più da arbitro (Blondel 1989: 207-9, 1999: 205-9). A seconda delle circostanze il primo ministro può partecipare alla gestione soprattutto in quanto attore governativo ovvero prima di tutto come attore partitico (Rose 1962: 267-8). Anche i ministri senior partecipano talvolta non come attori partitici, ma piuttosto in quanto capi di dicasteri competenti su una particolare questione. Lo stesso lo si può dire dei ministri junior. In Italia, uno di essi, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ricopre tradizionalmente, per via della sua posizione, un ruolo alquanto rilevante per le dinamiche decisionali, di coordinamento e di governo dei conflitti intra-governativi (Cassese 1980: 187; Cotta 1997: 147: Barbieri 2003a: 146). Ma in ogni gestione del conflitto coalizionale la categoria fondamentale è quella dei leader partitici. La letteratura ne ha sottolineato l importanza (Andeweg e Timmermans 2008; Barbieri e Vercesi 2013), la cui spiegazione appare alquanto facile: se le unità confliggenti sono i partiti e il confronto si sviluppa lungo linee prettamente partitiche, allora le prime ad esserne coinvolte saranno le persone che li guidano e da cui più dipendono le loro decisioni. Un partito coeso e disciplinato (Hazan 2003) piuttosto che uno diviso da forti contrapposizioni interne, ne aumenta le possibilità di incidere sul processo, per via di un più diffuso riconoscimento di leadership da parte delle altre componenti del partito (Luebbert 1986: 46). Accanto a coloro i quali occupano la singola posizione da cui si esercita effettivamente la leadership 8, che può essere, a seconda del partito, quella di segretario, di presidente, ecc., esiste una leadership partitica in senso lato più o meno monolitica composta da alti esponenti partitici, che può affiancarli nella gestione 9. Sia i primi che i membri di quest ultima possono ricoprire o non ricoprire posizioni differenti (primo ministro, vice primo ministro o semplice ministro) nel governo. Una carica extra-governativa che, quale che sia il proprio ruolo nel partito, in molte occasioni dà il diritto alla partecipazione nel processo gestionale è quella di capogruppo (o leader) parlamentare 10. I capigruppo sono figure importanti, essendo l anello di congiunzione tra le componenti partitiche extra-parlamentari e il partito in parlamento (Longley e Hazan 2000), la cui disciplina nelle votazioni è essenziale per l approvazione di svariate misure di policy. 8 Ho in mente la definizione di leader partitici data da Müller (2000: 317), per il quale essi sono «quelli che interiorizzano l interesse collettivo del partito e monitorano gli altri detentori partitici di cariche». 9 Se il partito è frazionalizzato (Boucek 2009) alcuni membri del gruppo di vertice possono essere anche rappresentanti delle diverse frazioni. 10 Anche i semplici parlamentari sono alcune volte coinvolti (vedi Müller e Strøm 2000c: 583). 5

7 Le arene In sintonia con Andeweg e Timmermans (2008), ripartisco le arene in arene 11 interne, miste ed esterne. Il gruppo degli attori interni è composto sia dai ministri senior sia da quelli junior 12. Considero invece i civil servants come attori esterni (cfr. Goetz 2003). In ogni caso, tutte le arene considerate sono interne rispetto alla coalizione e dunque sono escluse quelle arene, come quelle parlamentari (Martin e Vanberg 2004, 2011; Kim e Loewenberg 2005), in cui possono essere presenti anche attori facenti parte di partiti che non fanno parte della coalizione stessa. Un arena alla quale spesso viene fatto ricorso è quella (del contatto) bilaterale (Vercesi 2012a). Se stabili nel tempo, le riunioni di un gruppo ristretto di attori influenti interni al governo segnalano l esistenza di un vero e proprio inner cabinet (Vercesi 2012a). In tale arena, comprendente tipicamente (almeno) primo ministro e vice primo/i ministro/i, le discussioni riguardano qualsiasi tema che necessiti di essere affrontato, a seconda delle esigenze del momento. Un ulteriore tipo di arena interna 13 è quello del comitato di gabinetto (Mackie e Hogwood 1985). I comitati di gabinetto sono talvolta formali e talvolta ad hoc, la loro importanza in quanto sede per la presa delle decisioni e la loro diffusione è variabile a seconda dei paesi e delle circostanze e il numero di partecipanti è solitamente maggiore se confrontato a quello dei membri di un inner cabinet. Rispetto a quest ultimo risultano essere meno generalisti e più settoriali nelle competenze. Volgendo lo sguardo alla membership, notiamo che l arena interna più inclusiva è il Consiglio dei ministri (o full cabinet) 14 (Blondel e Müller-Rommel 1997, 2001). Svariate arene gestionali non sono interne, e ad alcune di esse, i comitati di coalizione, i partiti hanno fatto ricorso in molte occasioni. Questi comitati sono solitamente stabili e vedono, tra i membri, leader e altri importanti esponenti partitici, tra cui alcuni esterni al governo. La loro competenza è generale. Simili sono i comitati che riuniscono membri della compagine governativa con i leader parlamentari 15. Il comitato di soli leader parlamentari è invece una delle due maggiori arene completamente esterne 16. Diversamente, la seconda, il vertice partitico, riunisce esponenti partitici di primo piano che non fanno parte del governo La conclusione del conflitto coalizionale Una tassonomia dei possibili esiti dei conflitti coalizionali successivi a un tentativo di gestione può essere avanzata. 11 Individuo le arene soprattutto sulla base dei saggi contenuti in Laver e Shepsle (1994); Blondel e Müller-Rommel (1997); Müller e Strøm (2000b). Seguo per gran parte Andeweg e Timmermans (2008: 271-3) per la loro trattazione. A quelle da loro prese in considerazione aggiungo due ulteriori arene: quella bilaterale e il Consiglio dei ministri. 12 Congiuntamente ai loro consiglieri personali. 13 Ovviamente è interna fintantoché non vi entrino attori che considero al di fuori del governo, come i funzionari pubblici (cfr. Thiébault 1993: 86-7). 14 Ancora una volta, interna se non ci sono attori non facenti parte del governo con la possibilità di entrare sostanzialmente nelle discussioni. Solo per fare un esempio, i leader parlamentari dei tre partner coalizionali furono invitati a partecipare ad alcune riunioni consigliari in Norvegia durante il governo Willoch II (Eriksen 1997: 216-7). 15 A cui si aggiungono talvolta normali parlamentari, come è avvenuto nelle consultazioni della torretta in Olanda (Timmermans e Andeweg 2000: 383). 16 Come nel caso precedente, anche qui possono entrare in ipotesi altri parlamentari senza che vengano meno i tratti dell arena in questione. 17 Per una disamina più dettagliata si veda Vercesi (2012b). 6

8 Il primo è quello della non-decisione. I partiti non riescono ad accordarsi su una qualsiasi modifica dello status quo iniziale, ma trovano allo stesso tempo che la prosecuzione del confronto è divenuta per loro troppo costosa o che con molta probabilità porterà alla fine dell esperienza coalizionale, eventualità che vogliono evitare 18. La seconda possibile conclusione di un conflitto coalizionale è la sua risoluzione, di cui possiamo individuare tre tipi: i) la vittoria; ii); lo scambio; iii) il compromesso. Tutti sono più facili da raggiungere quanto più le preferenze dei partiti sono tangenziali (Luebbert 1986). La vittoria comporta, per una parte, il raggiungimento dello scopo così come era stato definito fin dal principio, senza che vi sia un accordo relativo ad un guadagno compensativo per la controparte. Il perdente riconosce di non poter ottenere altro nel breve termine 19 senza uscire dalla coalizione e stima la sconfitta come un esito in ogni caso migliore rispetto a quest ultima eventualità. Un apparente vittoria su una specifica issue nasconde a volte però uno scambio (cfr. Arielli e Scotto 2003: 77-8) più o meno differito nel tempo tra le parti in cui la merce di scambio è spesso una carica (o più cariche) o una policy (o più policies). Si tratta di un vero e proprio do ut des comportante, piuttosto che un risultato a somma zero, un mutuo beneficio. Il compromesso è il tipo di conclusione a più alto tasso di complessità. È l unico per il cui raggiungimento occorre, da parte degli attori, un cambiamento in corso dei propri obiettivi. Il campo degli esiti ritenuti accettabili deve essere ampliato fino al punto in cui si rende possibile il loro incontro (Arielli e Scotto 2003: 78). Questo significa fare concessioni reciproche che portino dei vantaggi per ciascuno, più di quanto non faccia la prosecuzione del conflitto o qualsiasi altro esito possibile (cfr. Simmel 1989; Quirk 1989: 910-2). La terza e ultima forma di terminazione del conflitto coalizionale è la caduta del gabinetto. Essa si concretizza quando almeno uno dei partiti in conflitto percepisce che l uscita dal gabinetto e le sue conseguenze sono meno costose del processo conflittuale (Warwick 2012), ma anche di qualsiasi accordo ritenuto verosimile che potrebbe porvi fine, e dunque agisce in tal senso 20. Il conflitto è cioè così severo da portare alla conclusione dell esperienza governativa. 18 Mi pare si possa annoverare tra le non-decisioni anche la scelta di demandare la decisione in arene extra-governative ed extracoalizionali (cfr. Andeweg e Timmermans 2008: 294-5). Pappalardo (1978: 61) ha parlato al proposito di cooperazione passiva, ossia, «in parole povere, [ della] sospensione o [ del] rinvio delle decisioni controverse». Nulla impedisce un eventuale ripresentarsi in futuro della questione su cui verteva la controversia e un nuovo relativo conflitto. 19 Potrebbe invece pensare di avere le possibilità di rifarsi della sconfitta nel medio-lungo periodo. Per dirla con Sartori, «posta la disposizione a transigere data dalla diseguale intensità delle preferenze, esiste anche l interesse a concordare dato dalla prospettiva di una contabilità globale che risulti, nel tempo, a somma positiva». (Sartori 1995: 403; cfr. Sjölin 1993: ). 20 La relazione conflittuale, ad esempio su una certa policy, potrebbe continuare a sussistere, ma non si parlerebbe più di conflitto coalizionale. Diversa è la situazione in cui la caduta è causata da un primo ministro che non è leader partitico e che, a fronte di un conflitto coalizionale, decide autonomamente di dimettersi (si rammenti che, secondo i criteri che stabiliscono la fine di un governo e che enuncio più avanti nella nota 28, il primo ministro è l unico attore ministeriale in grado, con le sue dimissioni, di far cadere il governo). In questo caso, l azione non è intrapresa dai partiti (dai loro leader), vale a dire dalle unità del confronto e della sua gestione. Per questo, essa va esclusa dal nostro schema teorico. 7

9 3. Ipotesi di ricerca, selezione dei casi e metodo 3.1. Research questions e ipotesi di ricerca Le principali domande a cui voglio rispondere sono: 1) quali fattori influiscono in misura maggiore sul processo di gestione dei conflitti coalizionali?; 2) in che modo lo fanno?; 3) quali sono i tratti tipici della gestione dei conflitti coalizionali nell Italia della Seconda Repubblica (cfr. Bull 2012)? Dei due aspetti del processo che ho isolato, attori e arene, la letteratura si è rivolta quasi esclusivamente sul secondo, mentre il primo resta ancora terra da esplorare. Nousiainen (1993) si è limitato a registrare la variabilità cross-nazionale nell utilizzo delle arene, ma, sostanzialmente, poco o punto è traibile dal suo lavoro, se non che «il settore di policy non sembra essere un importante variabile determinante» (Andeweg e Timmermans 2008: 275). Maggiormente ricco di spunti è invece il più volte ricordato saggio di Andeweg e Timmermans (2008). Dai dati che riportano, emerge con chiarezza che il coinvolgimento di attori esterni al governo nella gestione aumenta tanto più il conflitto pone una minaccia alla tenuta della gabinetto, ma anche che l impatto maggiore lo ha la posizione rispetto al governo dei vertici delle forze partitiche. Questi sono gli attori chiave del processo di formazione delle coalizioni e della politica coalizionale in generale, e, più «partecipano anche nel gabinetto, più le arene interne (o tutt al più miste) saranno usate per gestire persino le questioni politiche più divisive» (Andeweg e Timmermans 2008: 298). A questi risultati, che costituiscono la base di partenza della mia indagine, mi pare sia possibile collegare fruttuosamente la problematica dell autonomia del gabinetto. Un gabinetto in cui non entrano i leader partitici è istituzione di governo meno autonoma dai partiti di riferimento rispetto ad uno che vede la loro presenza al suo interno. E una minore autonomia implica che la contrattazione partitica decisiva avvenga fuori dal governo (Vercesi 2012c). I membri di quest ultimo si riducono a meri delegati, spesso più esecutori delle direttive del partito che non attori che perseguono l interesse governativo. Il primo ministro, scelto dai leader della coalizione, si avvicina al modello dell arbitro primo tra pari. L ingresso stabile dei leader partitici capovolge la situazione: accresce l autonomia del gabinetto, rafforzandolo quale istituzione decidente 21 (cfr. Huntington 2012). Per quanto riguarda il nostro fuoco d attenzione, comporta, a parità di altre condizioni, appunto H 1: una maggiore internalizzazione della gestione dei conflitti coalizionali. Ma non solo. Esso si accompagna ad un calo della capacità di incidenza nel processo gestionale, posta l occupazione di una certa carica partitica, di coloro i quali, seppur intervenienti, sono fuori dal governo. In altre parole, gli stimoli (partitici) esterni perdono di rilevanza. Allo stesso tempo H 2: il solo far parte della compagine governativa si dimostra, più di quanto non accada quando i governi sono incapaci di agire autonomamente dai partiti, fonte di potere. Inevitabilmente, questo mutamento tocca in modo particolare il primo ministro in quanto capo del gabinetto, il quale si vedrà coinvolto in maniera più sostanziale nella gestione dei conflitti. Oltre alla composizione del gabinetto, però, possiamo immaginare, sulla base di quanto detto in letteratura (Vercesi 2010; 21 Mi interessa qui parlare di debolezza e forza del gabinetto limitandomi a connettere i due concetti a quello di autonomia rispetto ai partiti. È però cosa nota che la capacità decisionale di un governo dipende anche dalla presenza di molti altri fattori di natura politicoistituzionale (vedi Pritoni 2011). 8

10 Vercesi 2012c per una rassegna) circa i processi decisionali del gabinetto (Blondel e Müller-Rommel 1993) e i fattori che incidono sul potere del premier, che anche le risorse politico-partiche che sono a lui/lei in capo occupano un ruolo di assoluto rilievo. È ipotizzabile che il peso del primo ministro sarà tanto più elevato nella gestione così come nel processo decisionale quanto più la sua posizione partitica lo rende un attore chiave nella coalizione: H 3: il solo essere leader della coalizione gli permetterà di guadagnare influenza così come H 4: l essere leader (forte) del proprio partito, soprattutto se questo è il partner coalizionale principale La selezione dei casi di studio Per l eventuale corroborazione dei risultati della letteratura e per testare le ipotesi appena avanzate ho scelto di concentrarmi su casi estrapolati dalla realtà italiana. Quest ultima è molto interessante dal punto di vista della mia ricerca e offre diversi spunti di riflessione. Con il venir meno del vecchio sistema partitico (Sartori 1982) e della Prima Repubblica (Vassallo 1994; Calandra 1996; Cotta e Verzichelli 1996; Verzichelli e Cotta 2000) agli inizi degli anni Novanta (Pasquino 2002: cap. 2), si è avviata, per la politica italiana, una nuova fase. A differenza di prima, diverse coalizioni hanno assunto carattere pre-elettorale 22 favorendo, da parte delle forze politiche, la stipulazione di accordi coalizionali da presentare all elettorato in campagna elettorale (Moury e Timmermans 2008; Moury 2011) e il gabinetto, di cui più frequentemente hanno fatto parte i vertici dei partiti, ha acquisito maggiore centralità quale luogo per la rielaborazione delle domande delle forze sociali (Verzichelli 2009). Senza ombra di dubbio, la figura primo ministeriale ha risentito dei cambiamenti. Il suo rafforzamento per via amministrativa (Criscitiello 2004) è andato di pari passo con quello più propriamente politico (Calise 2007). La natura pre-elettorale delle alleanze partitiche ha prodotto presidenti del Consiglio leader riconosciuti delle coalizioni. Essi si sono presentati in campagna elettorale come candidati naturali alla premiership e hanno goduto quindi, quando eletti, di una investitura di derivazione elettorale (Musella 2012). La mia analisi riguarderà la gestione dei conflitti in due gabinetti: il Prodi I ( ) e il Berlusconi II ( ). Nel ventaglio di esecutivi utilizzato per la scelta non ho fatto entrare per ovvie ragioni il governo Dini di metà anni Novanta e l attuale governo Monti, entrambi tecnici. Ma non ho neppure preso in considerazione il periodo della premiership berlusconiana Questo per via delle particolarità coalizionali e dell ambiente negoziale di riferimento nel contesto dell Italia post-1994 (D Alimonte e Chiaramonte 2010). Con i due gabinetti si hanno due esempi di coalizioni pre-elettorali con un leader indicato anticipatamente (Prodi I e Berlusconi II) e una coalizione pre-elettorale con un leader che è anche capo partitico, nello specifico del partito di maggioranza della coalizione (Berlusconi II). Come vedremo, anche il livello di presenza dei leader partitici nella compagine ministeriale muta significativamente da un gabinetto all altro, raggiungendo quasi il grado massimo nel governo Berlusconi e quasi quello minimo nel Prodi. 22 Nel precisare cosa è una coalizione pre-elettorale seguo Golder (2006: 12), secondo cui «è una collezione di partiti che non competono indipendentemente in un elezione, perché si accordano pubblicamente per coordinare le loro campagne, presentano candidati o liste congiuntamente, o entrano nel governo insieme a seguito delle elezioni». 9

11 In accordo con la tesi secondo cui un gabinetto durevole è indicatore del fatto che la «gestione del conflitto ha funzionato sufficientemente bene da assicurar[n]e la sopravvivenza» (Miller e Müller 2010: 343), ho scelto i due gabinetti più longevi del periodo (tabella 3.1). Tab I gabinetti italiani dal 1994 al 2008 e la loro durata. Numero del gabinetto Gabinetto Entrata in carica (data del giuramento) Dimissioni formali Giorni di durata 1 Berlusconi 10 maggio dicembre Dini 17 gennaio gennaio Prodi 18 maggio ottobre D Alema 21 ottobre dicembre D Alema II 22 dicembre aprile Amato II* 25 aprile maggio Berlusconi II 11 giugno aprile Berlusconi III 23 aprile maggio Prodi II 17 maggio gennaio * Amato aveva già guidato un governo tra il 1992 e il Essi sono anche gabinetti temporalmente vicini. Dal momento che la letteratura ha rilevato una certa continuità nell uso delle arene da un governo coalizionale a quello successivo (Andeweg e Timmermans 2008: 287-8), questo porta ad escludere che eventuali effetti sostanziali sulla gestione vadano attribuiti a mutamenti di abitudini di medio-lungo periodo. Anche l adozione di un (esauriente) accordo coalizionale potrebbe influire sulla gestione, in direzione di una maggiore internalizzazione del processo (Andeweg e Timmermans 2008). Da questo punto di vista, i due governi non differiscono, avendo entrambi stipulato un patto coalizionale antecedente alle elezioni. Un altra variabile che la focalizzazione sui due gabinetti permette di mantenere fissa è quella della distanza tra i partiti circa le posizioni di policy. Si potrebbe supporre plausibilmente, anche sulla base delle premesse di alcune teorie coalizionali (Leiserson 1966; Axelrod 1970 de Swaan 1973), che più questa aumenta e più la gestione (dei conflitti di policy) diventa complessa con ripercussioni sensibili sugli aspetti a cui siamo interessati perché più difficile è raggiungere un accordo. Le nostre due coalizioni mostrano diametri ideologici somiglianti quanto ad ampiezza 23. A questo punto occorre aprire una parentesi e chiarire come definisco, in termini operativi, un partito. Intendo per partito qualsiasi gruppo organizzato con una leadership più o meno formalizzata, che pone i propri candidati ai seggi parlamentari in un unica lista. Se, successivamente alle elezioni, due o più partiti costituiscono un gruppo parlamentare (Fraktion) in almeno uno dei due rami del parlamento distinto dagli altri e avente una denominazione specifica, allora essi saranno conteggiati come un singolo partito fintantoché esiste tale cartello 24. Al contrario, un partito può anche dare vita a scissioni da cui nascono due o più forze di tipo analogo. 23 Nonché connessione tra i partiti. Il diametro della coalizione del primo gabinetto Prodi è di 4 punti; quello del governo Berlusconi II di 4.5. La scala a cui faccio riferimento va da 1 (estrema sinistra) a 20 (estrema destra). La nozione di diametro ideologico utilizzata denota la distanza tra i partiti della stessa coalizione più lontani lungo un asse sinistra-destra definito in senso lato, a cui sono ricondotte le posizioni partitiche su diverse dimensioni salienti di policy. Riprendo la concettualizzazione dell asse e i dati da Benoit e Laver (2006) Le rilevazioni sono state condotte tra il 2002 e il 2004, soprattutto nel Ai partner coalizionali che erano nel frattempo scomparsi ho associato il valore attribuito alle formazioni in cui erano confluiti: Margherita per Rinnovamento italiano (Prodi I); Unione dei democratici cristiani e di centro per Cristiani democratici uniti e Centro cristiano democratico (Berlusconi II). Per il quadro completo della composizione partitica delle due coalizioni si veda più avanti. Sulle distanze tra i partiti italiani dopo il 1994 in termini di posizione di policy, vedi anche Conti (2008). 24 I partiti che non riescono ad ottenere i voti o il numero di parlamentari sufficienti per formare un gruppo autonomo, possono costituire un sotto-gruppo, mantenendo la loro identità partitica, all interno del gruppo misto, che raccoglie anche i parlamentari indipendenti. Considero tali forze politiche come partiti indipendenti. 10

12 Il grado di pericolosità dei conflitti la cui gestione ho analizzato sarà mantenuto costante. Abbiamo infatti visto che quest ultimo fattore, che esula dalle variabili di nostro interesse, può avere un impatto importante sulla gestione. Una prima scrematura porterà a concentrarsi solo sui conflitti interpartitici più pericolosi. In secondo luogo, prenderò in considerazione, tra questi, solo i conflitti coalizionali di policy, che, secondo i dati in letteratura (Müller e Strøm 2000c: 586), sono i conflitti interpartitici che più spesso portano alla caduta del gabinetto. Varierà invece tra i casi il campo di policy, il quale come già detto non costituisce un elemento rilevante nel dar forma al processo gestionale Il metodo I conflitti sono stati individuati tramite la lettura della stampa quotidiana italiana. Il quotidiano di riferimento per una preliminare collezione quantitativa delle informazioni è stato La Stampa, di cui sono stati consultati tutti i numeri dell edizione nazionale. Ciò che ha spinto a preferirlo rispetto ad altri quotidiani aventi analoghe caratteristiche è il fatto che solo esso possiede un archivio dei numeri consultabile on line che copre per intero i periodi di mio interesse 25. Il che ha reso possibile il reperimento dei dati senza affidarsi a più o meno approssimative ricerche per mezzo di parole chiave inserite nei motori di ricerca che gli archivi storici dei maggiori quotidiani mettono a disposizione (cfr. Miller e Müller 2010). Piuttosto, si sono potute compiere osservazioni dirette delle pagine stampate più velocemente di quanto non potesse essere fatto consultandole sul cartaceo, mantenendo comunque un equivalente livello di accuratezza e di affidabilità. Gli archi temporali su cui mi sono concentrato vanno dal giorno di entrata in carica del governo al giorno delle sue dimissioni (tabella 3.1). Ho rivolto l attenzione a tutte le azioni conflittuali inerenti ad eventi conflittuali in cui si riscontra uno scambio diretto o indiretto, da parte di attori governativi e/o appartenenti ad uno dei partiti al governo, di messaggi contenenti minacce di rottura della cooperazione ovvero di comunicazioni e/o altre azioni rivelatrici di una sua effettiva rottura reciproca (escludendo però quelli specificamente legati a questioni di politica locale) 26. Ho assunto che i conflitti più pericolosi siano anche, al di là della materia trattata, i più rilevanti per la tenuta del gabinetto e che i conflitti ad alta rilevanza, gli unici che ho rilevato, sono quelli che La Stampa ha riportato in prima pagina 27. L idea è che, quando riportati in prima pagina, i conflitti raggiungono un grado simile di pericolosità. I conflitti che sono stati menzionati esclusivamente nelle pagine interne non sono stati rilevati. Dall osservazione degli articoli ho escluso gli editoriali e le opinioni. Si presti attenzione al fatto che ciò che ho 25 La medesima possibilità, ma risalendo solo fino al 1 maggio 1998, è data dall archivio della sezione rassegna stampa della Camera dei Deputati consultabile all indirizzo internet 26 Si può facilmente immaginare le difficoltà che si incontrano quando si tenti di distinguere empiricamente, sulla base delle informazioni contenute sulla stampa quotidiana, tra le situazioni in cui c è un vero e proprio conflitto e quelle in cui si ha solo un azione conflittuale da parte di un unità contro un altra. Per questo, forse a costo di una piccola ma non rilevante perdita di precisione analitica e di trascurabile rumore nei dati, ho registrato anche tutte le situazioni in cui un attore ha chiaramente dato vita ad un azione conflittuale e il bersaglio (o i bersagli) non ha (o hanno) tenuto comportamenti esprimenti esplicite intenzioni di non confrontarsi sulla materia, assumendo che fossero inserite nel contesto di un evento conflittuale. 27 Non tutte le azioni conflittuali finiscono per essere riportate dai giornali, ma è altresì probabile che, qualora un conflitto sia rilevante, vi sia almeno un minimo di copertura mediatica dello stesso. Ovviamente può accadere che eventi eccezionali o molto importanti, ad esempio riguardanti la politica estera, possano oscurare temporaneamente le notizie di politica interna. Nondimeno, mi pare che questo modo di procedere possa essere una via proficua per ottenere un affresco dei maggiori conflitti intra-partitici e intracoalizionali. 11

13 rilevato non sono i singoli conflitti, ma i riferimenti quotidiani ad essi. Talvolta, quindi, più rilevazioni di avvenimenti legati al medesimo conflitto sono state compiute. Ho classificato i conflitti in due categorie: quella dei conflitti intra-partitici (tra frazioni, singoli esponenti, tra questi e il partito, ecc.) e quella dei conflitti intra-coalizionali (in cui sono coinvolti membri di due o più partiti della coalizione). Questi, a loro volta, sono stati ripartiti in i) conflitti interministeriali/personali, ossia, operazionalmente, conflitti tra due o più ministri tecnici ovvero provenienti da almeno due partner coalizionali che agiscono indipendentemente dal partito o tra un ministro tecnico e un partito o più partiti 28, e ii) conflitti interpartitici (i conflitti coalizionali secondo l accezione datane), nei quali le unità del conflitto non sono i ministri, bensì i partiti della coalizione 29. Una distinzione tra conflitti interpartitici per le cariche 30 e conflitti interpartitici di policy (Vercesi 2012b) è stata compiuta. Per rendere completa la mappatura dei conflitti, ho introdotto anche la categoria residuale conflitti sui rapporti coalizionali, i quali non sono conflitti circa alcuni obiettivi partitici (Sjöblom 1968; Strøm 1990; Müller e Strøm 1999), ma piuttosto meta-conflitti sui possibili modi di prevenirli e risolverli (figura 3.1). Una volta delineato il quadro completo, sono passato a selezionare un conflitto interpartitico di policy per gabinetto, prestando attenzione al fatto che ci fosse stata, secondo quanto desumibile dalle prime pagine, una gestione e che questa fosse stata sufficientemente lunga da potermi fornire dati significativi. Ho inoltre prestato attenzione al fatto che, dalle informazioni in mio possesso, il primo ministro risultasse attore partecipante 31. Il processo gestionale dei due conflitti è stato poi analizzato in profondità tramite un analisi qualitativa (Mahoney 2007) a partire dalla lettura di tutti gli articoli ad esso dedicati dall edizione nazionale del Corriere della Sera, il più diffuso quotidiano italiano, anch esso privo di legami partitici specifici. Il tutto sulla base del framework esposto nel capitolo precedente. Il fuoco è perciò caduto principalmente sulle azioni degli attori ivi citati e sulle arene utilizzate, distinte tra interne, miste ed esterne. Ne sono emerse ricostruzioni storiche tra loro comparabili, che presento di seguito. 28 Ne fanno parte anche quei conflitti in cui un ministro è in contrasto con la linea generale del governo (diversi esempi tratti dalla realtà tedesca sono riportati in Fischer e Kaiser (2009: 35). Empiricamente, la linea di demarcazione tra i due tipi di conflitto non è sempre tracciabile con precisione, ma, dal punto di vista teorico, possiamo distinguere i conflitti personali da quelli ministeriali per via del fatto che in essi i ministri si confrontano per ragioni che perlopiù non rimandano a questioni di interesse dicasteriale. Sebbene alcuni tratti di un conflitto interpartitico fossero presenti, la cosiddetta lite delle comari, avutasi in Italia durante il gabinetto Spadolini (parlo di un solo governo Spadolini e non di due, come dovrei fare in base al conteggio convenzionale, perché considero come nuovi gabinetti solo quelli successivi a a) cambio di primo ministro; b) mutamento della composizione partitica; c) elezioni politiche. Cfr. Laver (2003)), è un tipico esempio di conflitto personale. Per un breve resoconto si veda Calandra (1996: 385-6). 29 Per ragioni pratiche, ho considerato come conflitti coalizionali anche quei conflitti in cui un partito si confronta con il primo ministro (se non è attaccato da almeno uno dei membri della coalizione) o con un ministro partitico sulla sua linea politica. La seconda scelta è giustificata dal fatto che, negli effetti, un mancato appoggio esplicito del partner (o, se è attraversato da divisioni, di parte di esso) a cui il ministro appartiene al partito in questione può essere visto come uno implicito alle posizioni del suo delegato. Si noti che, sulla stessa materia, vi può essere contemporaneamente conflitto coalizionale e conflitto intra-partitico. 30 Un conflitto di questo tipo può nascondere certamente un tentativo di influenza anche sulle politiche. Resta il fatto che l oggetto su cui si concentrano le parti del conflitto è una carica e non una politica pubblica. Vi rientrano anche quei contrasti relativi alle nomine che spettano all esecutivo per posizioni extra-governative, come può essere quella di presidente di una banca nazionale, di un vertice militare o della televisione pubblica. 31 Secondo Nousiainen (1993), i conflitti che vedono il primo ministro coinvolto sono anche più seri degli altri. 12

14 Fig La costellazione dei conflitti nelle coalizioni di governo. Conflitti intra-partitici A Conflitti intra-partitici B Conflitti intra-partitici C Partito A Partito B Partito C Coalizione ABC Conflitti intra-coalizionali Conflitti coalizionali (interpartitici) Meta-conflitti procedurali Conflitti interministeriali/personali Office Policy 4. Conflitti, conflittualità e gestione dei conflitti nel gabinetto Prodi I Economista, Romano Prodi è stato un primo ministro apartitico, senza una base di supporto specifica, vicino al centro cattolico, in particolar modo al Partito popolare italiano. Una figura come quella di Prodi, esterna rispetto al mondo della politica ma al contempo non estranea ad essa, possedeva le caratteristiche per essere un efficace elemento unificatore del centro-sinistra italiano (Diamanti 2007: 737-8). La coalizione pre-elettorale da lui guidata che si presentò alle elezioni del 21 aprile 1996 comprendeva due partiti maggiori, il Partito democratico della sinistra (il più grande, divenuto Democratici di sinistra-ds all inizio del 1998) e il Ppi, e una serie di partiti minori, tra cui il partito centrista da poco creato dal primo ministro uscente Lamberto Dini Rinnovamento italiano e la Federazione dei Verdi. I quattro partiti formarono anche la coalizione di governo, l Ulivo 32. Al contrario, Rifondazione comunista, sebbene facesse parte della coalizione elettorale, scelse di rimanere fuori dal governo, fornendo, insieme al partito La Rete e alle due forze territoriali Südtiroler Volkspartei (Svp) e Union Valdôtaine (Uv), solo un supporto esterno 33. L Ulivo ottenne al Senato la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari, mentre alla Camera dei Deputati, per la sopravvivenza del gabinetto, risultarono fondamentali i voti di Rifondazione, che si vide così 32 Dal più grande al più piccolo dal punto di vista dei seggi parlamentari: Pds, Ppi, Ri, Verdi. 33 Piccole formazioni aderirono invece ai gruppi parlamentari (nella Camera dei Deputati) dei principali partiti della coalizione: Unione democratica e Alleanza democratica (confluita nel 1997 in Unione democratica) in quello dei Popolari; Movimento dei comunisti unitari e Sinistra repubblicana in quello del Pds, con cui, assieme ad altre formazioni, diedero vita ai Ds; Socialisti italiani (fuoriusciti poco dopo l inizio della legislatura e fusisi nel 1998 con ciò che rimaneva del vecchio Partito socialista democratico italiano nel Partito socialista), Partito repubblicano italiano e Patto Segni in quello di Rinnovamento italiano (tre deputati del Patto Segni si distaccano nel dicembre 1996, costituendo un sottogruppo all interno di quello misto. Dato che la maggioranza, cioè cinque deputati, restano nel gruppo di Ri, ho però continuato a considerare il Patto Segni come parte del gruppo dei diniani anche per quanto concerne il periodo successivo). Tranne Unione democratica, che ha espresso un ministro ed un sottosegretario, tutte hanno ottenuto solo posti di ministro junior. Ricordo che, in base alla definizione di partito che ho dato nel capitolo precedente, nessuna può essere presa in considerazione come partito, se non i Socialisti una volta che ebbero creato il loro gruppo autonomo. 13

15 garantito un costante e significativo potere di ricatto sull intera compagine governativa. Il nuovo gabinetto entrò in carica il 18 maggio e vi rimase fino al 9 ottobre 1998, giorno in cui il governo rassegnò le dimissioni a seguito del ritiro del supporto proprio di Rifondazione e della sconfitta in un voto di fiducia parlamentare. Per quanto riguarda la struttura del gabinetto, ne facevano parte, alla data del giuramento, ventun ministri, di cui diciassette di provenienza partitica. Prodi (Presidenza del Consiglio); Carlo Azeglio Ciampi (tesoro, bilancio e programmazione economica); Flick (grazia e giustizia) e Di Pietro 34 (lavori pubblici e aree urbane) costituivano il gruppo dei ministri tecnici. Nella spartizione dei portafogli, la parte del leone la giocò il Pds con nove ministri, tra cui il vice presidente del Consiglio Walter Veltroni. Seguiva il Ppi con quattro ministri (di cui uno, Antonio Maccanico, ministro per le poste e telecomunicazioni, era un esponente di Unione democratica (supra, nota 33)). Tre dicasteri andarono a Rinnovamento italiano, mentre i Verdi ottennero quello per l ambiente. Tra i leader dei membri coalizionali, solo uno, Lamberto Dini, optò per una entrata nel gabinetto, a differenza di quanto fecero Massimo D Alema (Pds/Ds), Gerardo Bianco (Ppi), Carlo Ripa di Meana (Verdi) e i loro sostituti (Franco Marini per il Ppi dal gennaio 1997 e Luigi Manconi per la Federazione dei Verdi dal novembre 1996) Conflitti, conflittualità e coinvolgimento partitico I primi dati a cui guardare per avere un quadro generale del carattere più o meno diffuso dei conflitti nel primo gabinetto Prodi riguardano la frequenza con cui sono stati citati. Più precisamente, possiamo osservare il numero di giorni in cui si è avuta almeno una citazione, compiendo la distinzione tra tipi di conflitto a cui esse si riferiscono (tabella 4.1). Si rammenti che tutti i dati quantitativi che riporto sono tratti dalle sole prime pagine de La Stampa. Come ci si poteva aspettare, le azioni conflittuali inerenti ai conflitti interpartitici risultano essere le più frequenti. In quasi il 15 percento dei giorni in cui il gabinetto è rimasto in vita si è avuta, da parte di uno o più partiti, almeno un azione conflittuale 36 riportata in prima pagina rivolta verso uno o più partner coalizionali. A distanza seguono i comportamenti legati ai conflitti intra-partitici, con 56 giorni, pari a poco più del 6 percento della vita della coalizione, e, in ultima posizione, le azioni ricadenti nell ambito dei conflitti interministeriali/personali, con un incidenza, in termini di giorni, di poco meno del 4 percento. Se scomponiamo il dato relativo ai conflitti interpartitici, notiamo poi che, in linea con quanto detto in precedenza, i conflitti per le politiche sono di gran lunga più pervasivi di qualsiasi altro conflitto coalizionale. Su 129 giorni con una citazione di almeno un conflitto in cui le parti sono partiti politici, 98 rimandano a comportamenti che riguardano conflitti di policy, contro i 19 legati ai conflitti per le cariche 37 e alle sole 12 citazioni di conflitti per la gestione dei rapporti 34 Antonio Di Pietro si dimise il 14 novembre 1996 a seguito di accuse giudiziarie a suo carico che risultarono in seguito infondate. Venne sostituito da un altro tecnico, Paolo Costa. 35 Sottolineo che Antonio Maccanico, ministro per le poste e le telecomunicazioni, era leader di Unione democratica, la quale però, per i motivi citati nella nota 33 del presente capitolo, non può essere considerato membro coalizionale. 36 Rimando alla nota 26 per i motivi per cui parlo anche di azione conflittuale e non solo di conflitto. 37 E solo in uno di questi è citato un conflitto per le cariche in senso stretto, cioè per posti ministeriali: quello per la carica di ministro per i lavori pubblici, successivo alle dimissioni di Antonio Di Pietro, riportato il 19 novembre

16 coalizionali (meta-conflitti). Se guardiamo alle cifre totali, notiamo che i giorni in cui c è almeno una citazione, quale sia il tipo di conflitto a cui si riferisce, costituiscono circa un quarto dell intera esistenza del gabinetto. Tab Giorni con almeno una citazione e relativo tipo di conflitto (gabinetto Prodi I). Conflitti intra-coalizionali Conflitti Conflitti coalizionali intra-partitici Numero di giorni Percentuale di giorni Conflitti interministeriali/personali Conflitti per cariche Conflitti di policy Meta-conflitti Totale 56(58) 34(35) 19(20) 98(101) 12(13) 219(227)* Totale 117(121) Totale 129(134) * Si noti che lo stesso giorno potrebbe essere toccato da più di una categoria. Note: la percentuale dei giorni è calcolata sui giorni totali di vita del gabinetto così come indicati nella tabella 3.1. Tra parentesi è indicato invece il numero totale di rilevazioni, nel caso in cui in alcuni giorni se ne abbiano avute più di una, essendo riportate azioni inerenti a conflitti diversi. Nel periodo considerato La Stampa non è uscita in edicola 20 volte. Inoltre, tre numeri non sono stati consultabili on line. Totale Totale Questo dato, ma soprattutto la bassa frequenza dei meta-conflitti coalizionali potrebbero far pensare ad una situazione di conflittualità relativamente limitata. Il dato è però viziato dalla particolare composizione della maggioranza parlamentare da cui dipendeva il governo. Molti scontri avvennero infatti tra uno o più membri coalizionali e Rifondazione comunista. Se quest ultima fosse stata presente nel gabinetto e quindi fosse stata parte della coalizione secondo la mia definizione, il numero di citazioni crescerebbe sensibilmente. Per ben 166 giorni, almeno una azione conflittuale da parte di Rifondazione contro un ministro o un esponente della coalizione o viceversa è stata eseguita. Prendendo in considerazione tutte le citazioni in cui è implicata Rc, ne troviamo «Su quasi ogni issue socioeconomica cruciale, Rifondazione sottolineò la sua posizione peculiare e forzò il governo a negoziare con lei. La stabilità del governo fu garantita principalmente dalla capacità di Prodi di mediare con Rifondazione» (Ignazi 1997: 423). Spesso, dunque, i partiti della coalizione si trovarono a confliggere con essa, provenendo da sinistra la minaccia maggiore alla sopravvivenza dell esecutivo, e non stupisce che il governo cadde per via di un contrasto in materia di bilancio proprio con tale partito. Tornando a focalizzarsi sulla coalizione, vale la pena di illustrare altre interessanti informazioni. Come detto, i conflitti che ci interessano per la nostra analisi sono quelli interpartitici, e soprattutto quelli di policy. Un rozzo indicatore dell andamento della conflittualità (Andeweg 1993) ossia dell innalzamento ovvero della diminuzione della temperatura dei rapporti interpartitici della coalizione per quanto riguarda questo tipo particolare di conflitto può essere ricavato misurando la quantità di rilevazioni in determinati periodi. Come prima cosa, osserviamo la conflittualità annuale, così da scoprire quale è stato l anno peggiore e quale il più tranquillo per la coalizione. Siccome solo nel 1997 il gabinetto è rimasto in carica per tutti i dodici mesi, non è possibile utilizzare il numero assoluto di citazioni. Ho calcolato perciò la percentuale di giorni (non di 38 Rilevazioni sono state compiute anche per quanto riguarda i Socialisti italiani (cinque volte) e La Rete (due volte). 15

17 rilevazioni 39 ) in un anno in cui sono citate una o più azioni conflittuali inerenti ai conflitti coalizionali per le politiche rispetto ai giorni totali in cui il governo è rimasto in carica in quello stesso anno solare. Successivamente, ho invece creato un indice di conflittualità mensile, questa volta conteggiando il numero assoluto di giorni, per ogni mese, con almeno un azione riportata in prima pagina. Fino a tre giorni, ho assunto un livello di conflittualità mensile nullo/basso 40, tra quattro e sei un livello medio, da sette in su un alta conflittualità. I risultati sono mostrati nelle figure 4.1 e 4.2. Fig Tasso di conflittualità interpartitica annua in materia di policy nel gabinetto Prodi I , ,96 Tasso di conflittualità annua Note: valori in percentuale ,93 Fig Andamento dell indice di conflittualità mensile nel gabinetto Prodi I per la durata in carica. N. giorni con citazioni mag-96 giu-96 lug-96 ago-96 set-96 ott-96 nov-96 dic-96 gen-97 feb-97 mar-97 apr-97 mag-97 giu-97 lug-97 ago-97 set-97 ott-97 nov-97 dic-97 gen-98 feb-98 mar-98 apr-98 mag-98 giu-98 lug-98 ago-98 set-98 ott-98 Note: i dati di maggio 96 e di ottobre 98 sono rilevati nei soli giorni in cui il governo è in carica. Il primo grafico ci mostra che è stato il 1996 l anno in cui più spesso la coalizione si è trovata di fronte a situazioni di conflittualità interna legata a questioni di policy, mentre il 1998 pare essere quello meno conflittuale dal punto di vista del tempo impiegato a confrontarsi. Il risultato è in sintonia con quanto illustrato nella figura 4.2. Notiamo infatti che è solo nei primi due anni solari di vita del gabinetto che l indice di conflittualità mensile raggiunge più spesso un livello medio e arriva talvolta ad uno alto. Nel 1998, la conflittualità interna mensile della coalizione tocca livelli di medietà solamente in tre casi (gennaio, febbraio e settembre), mentre si attesta, nei rimanenti mesi, su un livello basso o nullo. 39 Si ricordi che, in ogni caso, lo scarto tra il numero di giorni con la citazione di almeno un azione e il numero effettivo di rilevazioni è di soli tre punti, e quindi di poco conto. 40 Si potrebbe obiettare che in assenza di articoli si dovrebbe parlare solo di livello nullo. Si tenga a mente però che, in prima pagina, sono citati solo le azioni/i conflitti rilevanti. Nulla vieta che ve ne siano di minori, a cui si fa riferimento solo nelle pagine interne. Per questo motivo preferisco ricorrere alla dizione più generica nullo/basso. 16

18 Questi dati possono però confondere se non si tiene conto dello status minoritario che la coalizione deteneva alla Camera. Rifondazione comunista, sebbene non facente parte della coalizione in senso stretto, era parte della coalizione parlamentare da cui dipendeva l esecutivo. E, come abbiamo visto, ebbe costantemente un atteggiamento di scontro nei confronti della coalizione. Si può quindi supporre che il tempo investito nella gestione dei conflitti in materia di politiche (e non solo) tra partiti supportanti il governo sia stato, per i membri della coalizione, sensibilmente maggiore rispetto a quanto si potrebbe evincere dall osservazione dei due grafici. Il grafico 4.3 mette a confronto l andamento dell indice mensile di conflittualità coalizionale della figura 4.2 con un ipotetico indice analogo che riguarda le sole azioni di confronto tra uno o più partner della coalizione e Rifondazione (considerata come fosse un quinto partner) inerenti alle sole questioni di policy. La congettura è confermata. Fig Confronto tra la conflittualità mensile della coalizione e la conflittualità mensile dei rapporti tra la coalizione di gabinetto e Rifondazione comunista. N. giorni mag-96 giu-96 lug-96 ago-96 set-96 ott-96 nov-96 dic-96 gen-97 feb-97 mar-97 apr-97 mag-97 giu-97 lug-97 ago-97 set-97 ott-97 nov-97 dic-97 gen-98 feb-98 mar-98 apr-98 mag-98 giu-98 lug-98 ago-98 set-98 ott-98 Conflittualità coalizione Conflittualità coalizione-rc Note: i dati di maggio 96 e di ottobre 98 sono rilevati nei soli giorni in cui il governo è in carica. Il numero di giorni in cui su La Stampa è comparso in prima pagina almeno la citazione di una o più azioni conflittuali da o verso Rifondazione comunista spesso supera il numero di giorni associato ai comportamenti conflittuali della sola coalizione di gabinetto. E, mentre l indice di conflittualità coalizionale tocca il livello massimo solo in tre occasioni, quello coalizione-rifondazione comunista lo fa per ben dieci volte! Appare inoltre, da un osservazione impressionistica, che i picchi di conflittualità tra uno o più partner coalizionali e Rifondazione coincidano con dei punti bassi toccati dalla conflittualità interna alla coalizione, quasi ad indicare che, nel momento in cui la situazione, nei rapporti con la forza esterna da cui dipendeva la sopravvivenza del gabinetto, diveniva più calda, la coalizione si compattava per gestire il problema, per poi confliggere quando perdeva di pericolosità l agire di Rifondazione. Rimanendo ai conflitti di policy e volendo conoscere qualcosa in più circa il coinvolgimento dei singoli membri della coalizione, è possibile calcolare il numero di volte in cui un azione conflittuale o uno scambio di azioni conflittuali sono associati esplicitamente al nome di un partito della coalizione o ad un suo esponente esprimente la posizione del partito o di una parte di esso (figura 4.4). Il Pds/Ds è il partito più coinvolto con 73 citazioni, seguito dal Partito popolare con 53. A una distanza quasi pari a quella che divide Pds/Ds e Ppi troviamo i Verdi e Rinnovamento italiano, posizionati 17

19 sostanzialmente alla pari, con uno scarto di solo una citazione. La spiegazione di queste differenze potrebbe risiedere nel ruolo dei quattro partiti all interno della coalizione. I due partiti maggiori sarebbero anche quelli che più confliggono su questioni rilevanti o che comunque lo fanno giocando la parte principale e venendosi così citati, più degli altri due, sulle prime pagine del quotidiano. La chiara predominanza del risultato del Pds/Ds potrebbe essere indicatrice di una centralità nelle interazioni interpartitiche in genere e, nel caso specifico, in quelle conflittuali 41. L importanza del partito per gli equilibri coalizionali parrebbe confermata anche dalla copertura che La Stampa ha dedicato ai confronti interni. Delle 57 rilevazioni legate ai conflitti intra-partitici, 44 denotano una divisione nel Pds/Ds 42. Fig Grado di coinvolgimento diretto dei partiti della coalizione nei conflitti di policy. Grado di coinvolgimento Pds/Ds Ppi Verdi Ri Concludo la panoramica sul tema dei conflitti e della conflittualità nella coalizione guidata da Prodi con un resoconto dei campi di policy a cui si riferiscono tutte le rilevazioni. In questo modo, possiamo capire quali sono i temi su cui i membri coalizionali si sono trovati più spesso a confliggere e, molto probabilmente, a negoziare nell ambito dei processi di gestione del conflitto interpartitico. Al proposito ho raggruppato le issues in nove categorie tematiche (Tebaldi 2005: 273-4): a) politica delle istituzioni (tranne quelle giudiziarie. Rientrano anche partiti, regole elettorali, rapporti tra coalizione e forze partitiche esterne); b) politica estera (anche rapporti con il Vaticano e Unione europea); c) stato sociale (anche scuola e università); d) giustizia; e) difesa e ordine pubblico; f) economia; g) territorio e trasporti; h) diritti civili (temi etici e promozione ovvero non estensione di diritti civili a minoranze, gruppi particolari e fette della popolazione); i) attività culturali (anche sport). Le issues che non rientrano in nessuna di queste categorie sono state inserite in quella residuale altro (tabella 4.2). Tab Numero di rilevazioni concernenti comportamenti conflittuali riguardanti conflitti coalizionali per le politiche per settore di policy. Campo di policy Giustizia Economia Altro Politica istituzioni Politica estera Stato sociale Difesa e ordine pubblico Territorio e trasporti Diritti civili Attività culturali N. rilevazioni / 17 4 / I numeri relativi agli altri tipi di conflitto interpartitico sono troppo modesti per confermare in modo significativo quanto detto, ma, in ogni caso, va detto che anch essi sembrano ricalcare, almeno in parte, la tendenza. Se guardiamo ai conflitti per le cariche, vediamo che il Pds/Ds mantiene il primo posto con 18 citazioni. Il Ppi scende però al terzo con 9 citazioni, preceduto dai Verdi con 10 e seguito da Ri con 4. Per quanto concerne i meta-conflitti coalizionali, Pds/Ds e Ppi sono quasi appaiati, il primo con 7 citazioni e il secondo con 6. Le citazioni che riguardano Ri sono 3; una sola quella dei Verdi. 42 Undici rimandano a Rinnovamento italiano, due al Ppi e solo una ai Verdi. 18

20 La categoria che chiaramente spicca è politica delle istituzioni, mentre giustizia si posiziona al secondo posto con l esatta metà delle rilevazioni, con solo due punti in più di economia. Tutti gli altri temi mostrano risultati di scarso rilievo, con un numero di citazioni al di sotto di 10, ad eccezione di stato sociale, che raggiunge a malapena la soglia. La maggior frequenza delle interazioni conflittuali legate al campo alle istituzioni può essere facilmente spiegata dall attenzione particolare che venne data dalla politica italiana durante gli anni del governo Prodi alla problematica della riforma delle istituzioni, che ebbe come risultato l istituzione della commissione Bicamerale per le riforme presieduta da Massimo D Alema e di cui facevano parte anche esponenti di partiti all opposizione 43. Allo stesso modo, si giustifica il fuoco sulla tematica della giustizia, altro settore per cui ci si impegnò per una riforma all interno della commissione 44. Il terzo posto dell economia non fa che ribadire invece l importanza intrinseca che possiede questa dimensione di policy per ogni governo (Curini 2011). Si rammenti poi al proposito la ricorrenza di azioni scontrose (e delle risposte) da parte di Rifondazione comunista un partito certo fuori dalla coalizione, ma comunque nella sua orbita in tema di economia e politica sociale a cui si è fatto cenno, le quali, se conteggiate, potrebbero far lievitare in maniera significativa i dati. Su questioni socioeconomiche si è concentrato un importante conflitto coalizionale occorso nel primo anno di vita del gabinetto Prodi I, e più precisamente nel corso della preparazione della legge Finanziaria per il La gestione dei conflitti coalizionali: il caso dell intervento sulla spesa sociale (Finanziaria per il 1997) 45 La preparazione della prima legge Finanziaria del governo Prodi fu tutt altro che agevole per i partiti della coalizione. Aspri contrasti in merito sorsero, andando ad aggiungersi a quelli con Rifondazione comunista. L oggetto del contendere fu un possibile intervento sulla spesa sociale, e più precisamente sui sistemi pensionistico e sanitario; in quest ultimo caso, derivarono dall ipotesi di introdurre una normativa che avrebbe previsto il pagamento di una somma (ticket) per le prestazioni sanitarie pubbliche. Le proposte rientravano nel più ampio disegno di manovra finanziaria (De Giorgi e Verzichelli 2008) che il governo stava preparando per permettere all Italia di rispettare i parametri economici 46 che il trattato europeo di Maastricht aveva indicato come vincolanti per l ingresso nel gruppo di paesi che avrebbero adottato l Euro come moneta corrente 47. All inizio del settembre 1996, la preparazione della Finanziaria era in atto. La delegazione che vi stava lavorando alla Presidenza del Consiglio comprendeva, oltre ai membri del governo Ciampi; Micheli (sottosegretario alla Presidenza del Ppi); Visco (ministro delle finanze del Pds) e Giarda (sottosegretario al tesoro 43 Un aspra critica agli outputs della commissione è in Pasquino (1997). 44 Per un agile rassegna delle issues di maggiore rilevanza per la politica italiana negli anni del primo gabinetto Prodi si veda Italy, di Piero Ignazi, nei numeri del Political Data Yearbook dedicati del 1997, 1998 e 1999 nonché i volumi collettanei usciti negli stessi anni di Politica in Italia. I fatti dell anno e le interpretazioni, editi da Il Mulino. 45 Il recupero delle informazioni è avvenuto leggendo le copie cartacee dei numeri del Corriere della Sera che vanno dal 1 settembre 1996 al 15 ottobre È possibile trovare una loro specificazione all Articolo 140 di Unione europea (2008). 47 Un obiettivo che sarà alla fine raggiunto dal gabinetto Prodi. 19

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