Mangiarsi l anima: fame e cibo tra Antichità e Medioevo

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1 PERCORSO 2 Mangiarsi l anima: fame e cibo tra Antichità e Medioevo Affrontare un percorso tematico dedicato al cibo e alle abitudini alimentari degli uomini e delle donne del mondo antico e medievale è impresa alquanto complessa, considerata l estensione spazio-temporale del campo di indagine. Il rischio è quello di affondare nella genericità o, al contrario, di perdersi nella banalità delle piccole curiosità. Negli ultimi anni le ricerche specialistiche sull alimentazione e sul cibo hanno compiuto un deciso passo in avanti, rinvigoriti dalla ricerca archeologica e da uno studio più approfondito delle fonti scritte e di quelle artistiche. Da questi studi emerge un panorama quanto mai interessante delle abitudini alimentari dei nostri antenati, che contribuisce in maniera positiva a ricostruirne la vita quotidiana. 1 Le civiltà antiche I cereali I cereali hanno accompagnato il cammino alimentare dell uomo ancor prima della scoperta del fuoco: la ricerca del cibo condusse l uomo a raccogliere i semi delle graminacee e ad accorgersi che erano più vantaggiosi rispetto agli altri vegetali, perché si conservavano a lungo, erano più trasportabili e nutrienti. Perciò i primi tentativi di agricoltura si rivolsero proprio verso i cereali. La loro coltivazione variò secondo il clima e il territorio: frumento nell area mediterranea, avena e segale a nord, sorgo in Africa, riso in Asia, mais in America. Fu intorno a queste piante di civiltà che si organizzò l intera vita delle società primitive: verso il 3000 a.c. in Egitto già si selezionava il frumento e nel 2000 a.c. esisteva il grano che noi tuttora consumiamo; intorno allo stesso periodo il riso era già coltivato in Cina. Il pane Le prime testimonianze di panificazione si trovano presso gli Egizi: il primo tentativo fu fatto con orzo e miglio. Non è certo dove sia stato coltivato per la prima volta il grano: probabilmente in Asia Minore e in Africa Orientale. In alcune anfore ritrovate nelle piramidi c erano chicchi di grano, che gli Egizi ritenevano dono di Iside, la dea che insegnò alle donne a macinarlo e a impastare la farina con i piedi. Il primo pane fu la galletta non lievitata: la scoperta del lievito infatti fu probabilmente casuale. Tra gli Egizi il fornaio era considerato un cittadino importante: il pane cotto nei forni era addirittura una moneta di scambio e in un catalogo del Nuovo Regno (oltre il 1000 a.c.) si elencano 40 varietà di pane e di dolci. Affresco con pescatore, da Akrotiri (Santorini). XVI sec. a.c. Atene, Museo Archeologico Nazionale. A tavola seduti Gli Egizi per mangiare si sedevano a tavola e anche nei poemi omerici Greci e Troiani mangiano seduti su sedie e panche: nell Odissea quando Ulisse giunge al palazzo di re Alcinoo, questi gli fa portare una sedia e ordina al figlio di fargli posto. 1

2 2 L antica Grecia Scena di simposio proveniente dalla tomba del Tuffatore a Paestum. 480 a.c. La birra La birra è una bevanda fermentata, poco alcolica, a base di cereali (specialmente orzo), aromatizzata con il luppolo. Essa è la bevanda più diffusa nel mondo e anche una delle più antiche. La prima testimonianza della produzione di birra risale al 3700 a.c. in Asia: furono i Sumeri, poi seguiti da Assiro-Babilonesi ed Egizi, i primi a produrla e a diffonderla. Nella saga di Gilgamesh, leggendario re di Uruk, si narra come gli dèi, per incivilire l eroe Enkidu, compagno di Gilgamesh, gli fecero bere proprio la birra, bevanda allora ritenuta sacra: Egli bevve della se-bar-bi-sag / ne bevve sette volte / il suo spirito si sciolse / egli parlò ad alta voce / il suo corpo si riempì di benessere / il suo volto si illuminò (...). La produzione della birra era regolata da leggi statali, tanto che i maestri birrai, per esercitare il loro mestiere, dovevano essere iscritti in un apposito albo. Come il vino per Romani e Greci, così la birra per Sumeri, Babilonesi ed Egizi rappresentava un simbolo culturale da proteggere e valorizzare. In Italia i primi produttori furono gli Etruschi, contagiando poi i Romani che la utilizzavano anche per le sue proprietà curative e cosmetiche, come ricorda Plinio il Vecchio. La ricetta della birra era ben nota anche ai Celti e si diffuse ben presto in tutto il territorio europeo. Il banchetto degli dèi Omero narra che nell Olimpo il banchetto era il passatempo preferito degli dèi: Per tutto il giorno, fino al tramonto del sole, essi se ne stanno al festino e il loro cuore non deve lamentarsi di un pranzo in cui tutti hanno la propria parte. Gli alimenti dell eterna giovinezza, propria appunto degli abitanti dell Olimpo, erano l ambrosia, cibo che aveva tutti i sapori ed era nove volte più dolce del miele, e il nettare, bevanda dolce e profumata. Il banchetto, allietato da musica e conversazione, era dunque il simbolo dell eterna felicità degli dèi. Secondo Esiodo, in origine anche gli uomini sedevano al banchetto divino: I pasti allora erano comuni e comuni i seggi fra gli immortali e gli uomini mortali. Poi venne l inganno di Prometeo, il quale, rubando il fuoco per donarlo agli uomini, scatenò la punizione di Zeus. Da allora gli uomini diventarono mortali, obbligati a lavorare per nutrirsi e ad accoppiarsi per riprodursi. Il banchetto degli uomini Dallo studio della cultura greca emerge l importanza dei rituali connessi con il mangiare e con il bere e il valore attribuito alla commensalità, che era una delle più importanti modalità di socializzazione, parte integrante dell organizzazione della pólis. Il momento dedicato al cibo, ovvero il banchetto vero e proprio, e quello riservato alle bevande, il simposio, erano nettamente separati e le attività collegate a entrambi i momenti avevano grande rilevanza sociale, venendo ritualizzate e codificate fin dall età arcaica: la partecipazione a tali eventi dimostrava infatti il senso di appartenenza alla comunità, riunita in un esperienza di piacere e di festa. In età classica si diffuse in Grecia la pratica di mangiare sdraiati, ripresa forse dai Fenici; i commensali prendevano posto su letti conviviali e rimanevano appoggiati sul braccio sinistro, sostenuto da cuscini. I servi disponevano davanti ai letti bassi tavolini su cui erano collocate le vivande. Durante il pasto vero e proprio non si usavano tovaglie, tovaglioli o posate, perché i cibi, già tagliati, erano serviti su piatti e presi con le mani. 2

3 Scena di danza con Baccanti intorno alla statua di Dioniso sec. a.c. Scena di un banchetto; particolare di vaso a figure rosse. V sec. a.c. Il simposio Al banchetto seguiva il simposio: tolte le prime portate, si servivano cibi stuzzicanti, dolci e vino abbondante, sempre allungato con acqua fredda o tiepida, le cui proporzioni erano stabilite dal direttore di mensa, il simposiarca. La miscela di acqua e vino era preparata in un cratere centrale, da cui i coppieri attingevano con i mestoli per versare la bevanda nei calici dei convitati. Bere vino puro era infatti ritenuto indegno di popoli civili: a Locri, in Magna Grecia, le leggi di Zaleuco prevedevano addirittura la pena capitale per chi avesse bevuto vino puro senza prescrizione medica. Aristofane ne I cavalieri dice: Quando gli uomini bevono diventano ricchi, prosperano gli affari, vincono le cause, sono felici e aiutano gli amici. Nel simposio inoltre il vino aveva un ruolo fondamentale. Durante il simposio i convitati si cingevano la testa con bende, fiori e corone, offrivano libagioni in onore delle divinità e assistevano a spettacoli musicali o a esibizioni di acrobati e giocolieri. I musici, quasi sempre donne, al suono del doppio flauto o dell arpa accompagnavano le esibizioni delle danzatrici, per lo più schiave; ai banchetti e ai simposi prendevano parte le etére, sorta di cortigiane, mentre le donne libere non vi partecipavano mai. Nel periodo ellenistico, a partire dal IV secolo a.c., il banchetto divenne particolarmente sfarzoso e raffinato, per influsso delle abitudini orientali introdotte in Grecia dopo le conquiste di Alessandro. Origine del vino La parola vino è antichissima e gli studiosi discutono se derivi dal sanscrito venas (= piacevole) oppure dall antico ebraico iin che attraverso il greco oinós sarebbe giunta ai Latini. Altri sostengono invece che la radice sanscrita vi (= attorcigliarsi) avrebbe dato origine alla parola vino (= frutto della pianta che si attorciglia). Secondo la mitologia greca, fu Dionisio a scoprire la pianta della vite, da cui produsse il primo vino: a lui pertanto i Greci dedicavano i riti e le attività della vendemmia. Il vino greco era considerato il migliore nel mondo antico e molti scrittori anche latini, come Varrone e Columella, ne descrissero le modalità di produzione; i vini migliori erano quelli di Chio, Taso, Lesbo e quello prodotto a Nasso, un vero e proprio nettare secondo le parole del poeta Archiloco. Il pane L alimento base del mondo greco era il pane, prodotto in diverse forme e con vari tipi di farina. Pare che in epoca classica si producessero circa una sessantina di tipi di pane, diversi per forma, tipo di cereali impiegati, ingredienti, modalità di cottura. Tra i pani greci più famosi si ricordano il pane di farina di farro, quello di farina di frumento, e quello di farina bianca e senza lievito. Molto diffuso era anche l uso di cospargere il pane con semi di papavero, cumino, lino e sesamo. Si attribuisce ai Greci l istituzione dei primi forni pubblici e delle associazioni di panificatori con precise regole di lavoro. Un alimentazione ricca e varia Più che per la carne, utilizzata soprattutto nelle cerimonie religiose, già dall età arcaica la gastronomia greca si distingueva per l uso di vegetali, pesce e dolci. Il pasto si apriva con una sorta di antipasto per stimolare l appetito. Seguiva spesso una zuppa di verdure o legumi: lenticchie, ceci, cipolle, rape, cardi, asparagi, lattuga e funghi; diffuso era anche l uso dei pinoli. Grande era la varietà dei pesci conosciuti: seppie, gamberi, polipi, anguille, tonni, solo per citarne alcuni, cui si aggiungeva un gran numero di molluschi, frutti di mare e crostacei: cozze, ostriche, aragoste e vari generi di conchiglie. Il pescato era preparato in diversi modi: grigliato, rosolato, stufato, arrostito sulla brace, avvolto in foglie di fico o di vite; spesso veniva mangiato anche crudo. L origine del formaggio (dal greco phormós, il paniere in cui si poneva il latte cagliato per dargli forma, da cui la forma dei Romani e il formage dell antico francese) af- 3

4 3 Statua di banchettante; nelle mani sono visibili una coppa e una lira sec. a.c. Gli Etruschi Nobile etrusco a banchetto, particolare di un affresco dalla Tomba delle Leonesse a Tarquinia. VI sec. a. C. fonda nella mitologia: per Omero, Zeus fu nutrito con il latte e i formaggi della capra Amaltea, il cui corno simboleggiava l abbondanza. Altre fonti storiche informano che durante le Olimpiadi, la principale fonte di energia degli atleti era costituita da formaggio impastato con olio di oliva, farina, frutta e miele. Il formaggio prediletto dagli antichi greci era di latte caprino, qualche volta si gustava quello misto (ovino e caprino), quasi mai quello vaccino, ritenuto nocivo. Oltre alla feta, era popolare la ricotta, mischiata con erbe o miele, mentre il formaggio stagionato era scaldato sulla brace o grattugiato. I Greci consumavano grandi quantità e varietà di frutta fresca (fichi, mele, melegrane, pere, uva) e secca (mandorle, nocciole, noci). I fichi, le mele e le cotogne erano bolliti a lungo per ricavarne un mosto molto concentrato, usato per accompagnare i dolci o anche come dolcificante: si tratta di uno sciroppo ancora apprezzato nell Italia del sud (il vincotto). Il banchetto Il banchetto aveva per gli Etruschi un doppio significato: uno religioso, quando era celebrato in occasione di una cerimonia funebre, affinché il defunto partecipasse al convivio del commiato, l altro di carattere sociale, come manifestazione di ricchezza e di appartenenza a un determinato gruppo sociale. La rappresentazione del banchetto è anche uno dei temi più frequenti nell arte figurativa etrusca, tipico delle decorazioni destinate sia a case private sia a tombe, come il celebre affresco della Tomba dei Leopardi: lo schema prevede una figura semisdraita sul letto conviviale, con il gomito sinistro appoggiato a uno o più cuscini, secondo la moda greca introdotta in Etruria nel IV secolo a.c. Calice in avorio proveniente dalla Tomba Barberini di Praeneste. VII sec. a.c. I tavoli sono coperti da sontuose tovaglie e apparecchiati con prezioso vasellame; i convitati indossano ricche vesti, il capo cinto da fasce o corone di mirto, sdraiati su letti ricoperti da stoffe preziose e cuscini. Molti servi sono intorno ai commensali, mentre musici e danzatori allietano il convito. È interessante notare che, come dimostra l iconografia, le donne etrusche, uniche nel mondo antico, partecipavano ai banchetti. Le fonti letterarie a nostra disposizione confermano quanto desunto dalle immagini pittoriche. Catullo, ad esempio, colpito dal lusso dei nobili etruschi e dagli aspetti curiosi della loro vita, rese popolare l immagine dell etrusco molle e raffinato. Posidonio (filosofo e storico del II sec. a.c.), a proposito del banchetto etrusco, scrive: Presso gli Etruschi due volte al giorno si apparecchiano mense sontuose, con tappeti variopinti e coppe argentee di ogni specie, ed è presente una folla di bei servi, adorni, di vesti sontuose. Una dieta ricca Le testimonianze archeologiche rivelano che, nel corso dei secoli, uno dei principali alimenti etruschi fu sempre la carne, di maiali, pecore e pollame, talora integrata da cacciagione (cervo, capriolo, lepre). Era cuci- 4

5 4 Il cibo a Roma Servizio di argenteria disposto su una tavola, proveniente dalla tomba di C. Vestorius Priscus a Pompei. I sec. d.c; affresco. nata bollita e arrostita, come dimostrano i corredi funerari, che comprendono alari, spiedi e pinze per maneggiare i tizzoni di brace. Anche la frutta veniva consumata in abbondanza, fresca o fermentata in bevande di scarso contenuto alcolico: nello scavo di un insediamento agricolo (IV- III sec. a.c.) sono stati ritrovati 570 semi e noccioli diversi: corniole, nocciole, ghiande di quercia, olive, uva, fichi, pere. La conferma di queste informazioni arriva anche dai dati rilevati nel villaggio del Gran Carro di Bolsena, scoperto sotto le acque del lago, datato al IX secolo a.c., che ha portato alla luce una grande quantità di noccioli di frutta selvatica, tra cui figurano anche susine e prugne. Tra i cereali era presente il farro e tra i legumi le fave. Tra i piatti più cucinati erano le zuppe di cereali e legumi e le minestre di verdura. Le farine di cereali erano utilizzate per fare frittelle e focacce. Condimento ideale per ogni cibo era l olio d oliva, di qualità eccellente, così come il vino. L alimentazione romana L alimentazione romana di epoca arcaica e repubblicana era sobria e basata su legumi, cereali, formaggio e frutta. Con la conquista dell Oriente, almeno sulle mense dei ricchi arrivarono nuovi ingredienti: accanto al pane, alla puls (= purea di cereali), ai legumi (lupini, lenticchie, ceci e fave), agli ortaggi (lattughe, cavoli e porri), alla frutta (fichi, mele e pere), comparvero altri frutti, come le ciliege, importate per la prima volta dall Oriente da Lucullo, le albicocche, le pesche, gli agrumi e soprattutto le spezie. Anche a Roma erano frequenti, nelle case dei ricchi, sontuosi banchetti per decine di amici e clientes. I cibi erano tanti e cucinati con cura, alcuni molto elaborati, come si rileva dalle ricette tramandate dal cuoco Apicio. Molto apprezzate erano le uova di anitra, piccione e pernice e il pesce, fresco o in salamoia. Tipico di Roma era un condimento a base di colatura di pesce, aceto e spezie, il garum, una delle salse più note dell antichità; diffusissimo era anche l olio d oliva, importato soprattutto dalla Baetica (oggi Andalusia) e dall Africa settentrionale in tali quantità che le anfore in cui era trasportato formarono a Roma, in circa tre secoli, una vera e propria collinetta artificiale (il monte Testaccio, cioè Monte dei cocci ). La carne I Romani mangiavano raramente carne bovina, più spesso ovina e caprina, ma comuni erano anche il maiale e gli insaccati e molto apprezzata la carne di volatili, prodotta nelle ville rustiche o cacciata, insieme a selvaggina più grande (cinghiali, daini, cervi e caprioli). Una delle caratteristiche fondamentali della cucina romana era l accostamento di gusti opposti, il piccante con il dolce, il dolce con lo speziato. Oggi non troveremmo gradevoli buona parte delle ricette romane giunte fino a noi: come le pere lesse con miele, la salsa di pesce, olio e uova, o le pietanze a base di gru, fenicotteri, pappagalli e pavoni, ritenute all epoca molto raffinate. L antipasto La gustatio, un vero e proprio antipasto, era offerto dai Romani all inizio della cena; Cicerone chiamava queste vivande promulsis, perché all inizio dei conviti c era l usanza di bere il mulsum, ossia il vino mielato. Gli antipasti erano cibi appetitosi e stimolanti, specialmente ortaggi accompagnati da salse acri e piccanti. Si riteneva infatti che il banchetto dovesse essere aperto da cibi che preparavano il sistema digestivo a ricevere gli altri alimenti. 5

6 Un thermopolium: sorta di bar aperto sulla strada dove ci si poteva rifocillare con cibo e bevande. Ercolano. I sec. d.c. Natura morta; particolare di un affresco proveniente da una villa di Pompei. I sec. d.c. Le abitudini alimentari Appena sveglio, il romano consumava uno dei due pasti della giornata, una colazione a base di pane e formaggio, frutta e carne, spesso avanzi della cena della sera prima, che anche gli invitati a un banchetto potevano portarsi a casa in un cestino. Sbrigati i primi affari, c era il prandium, lo spuntino della tarda mattinata, sobrio e veloce. L evento culinario della giornata aveva luogo nel tardo pomeriggio, quando il romano ricco, dopo un bagno alle terme, verso le tre o le quattro del pomeriggio, si sedeva a tavola fino al calare del sole. Le portate erano fino a sei, ognuna costituita da una serie di piatti. Dopo l antipasto gustatio vi erano le portate principali di carne e pesce, seguite dalle secundae mensae, cioè i dolci e la frutta (il nostro dessert). La serata continuava poi con il simposio, in cui al vino sempre annacquato si accompagnava qualche cibo salato, come i porri, che stimolavano il desiderio di bere. Varie norme di buona educazione e di etichetta regolavano la cena. Nel triclinio (la sala da pranzo), il padrone di casa faceva disporre i letti tricliniari, su cui i convitati si stendevano a due o tre, sostenendosi con il braccio sinistro piegato, mentre la mano destra era libera di prendere il cibo dai tavoli accuratamente predisposti davanti agli ospiti. Il posto d onore, detto consolare, era all estrema destra del letto centrale, di fronte alla porta d ingresso, cosicché un messaggero, entrando, potesse facilmente trasmettere al convitato una comunicazione urgente. Il padrone di casa era alla sinistra dell ospite d onore. Nelle domus più ricche le sale da pranzo erano più d una, occupate in base alla stagione e all orientamento: i triclini estivi, seminterrati e contenenti fontanelle e giochi d acqua, erano orientati a nord, e dunque più freschi, mentre quelli invernali guardavano a ovest, per cogliere gli ultimi raggi di sole. Il pane A Roma i pistores (= fornai) comparvero nel II secolo a.c. ed erano schiavi provenienti dalla Grecia appena conquistata. Fino ad allora i Romani avevano mangiato solo una galletta, così dura da essere usata come piatto, e una purea di cereali chiamata puls. Le focacce azzime furono via via sostituite da pagnotte, pani in cassetta, bastoni segnati con tacche (che servivano per dosare le porzioni) impastati con olio, latte, zafferano, rosmarino, capperi. Catone arrivò addirittura a rimpiangere pubblicamente l austera galletta degli avi, indicando quali elementi di decadenza morale quei bizzarri pani fatti a fungo, a treccia, a cornetto. Ai Romani, ed esattamente a Vitruvio, deve essere riconosciuto l enorme merito di aver sostituito la macina a pietra, azionata dall energia umana o animale, con il mulino (pistor) mosso dalla forza idrica. Durante l impero la panificazione divenne un servizio pubblico: sotto il dominio di Augusto i forni attivi nella capitale erano circa quattrocento. Il formaggio L arte della preparazione del formaggio con l uso anche di cagli vegetali (rametti o succo di fico, zafferano, carciofi, aceto), fu messa a punto dagli Etruschi e trasmessa ai Romani, che ne fecero quasi un industria. Virgilio segnala che la razione giornaliera di pecorino dei legionari romani era equiparabile a 27 grammi e serviva a ridurre la fatica. Plinio il Vecchio (I sec. d.c.) riporta un elenco dei formaggi più rinomati; nei banchetti dell età imperiale con il formaggio si arrivò a realizzare raffinate preparazioni culinarie, che i Romani esportarono in tutto l impero, come dimostra la diffusione del termine caseus (= cacio) in quasi tutte le lingue europee: dall inglese cheese al tedesco Käse, dall olandese kaas allo spagnolo queso. Columella, nel suo De re rustica, descrive metodi di preparazione, che non differiscono molto da quelli dei nostri artigiani, mentre l imperatore Diocleziano emise un ordinanza sulla salatura e la commercializzazione del formaggio stagionato e di quello fresco avvolto in foglie. 6

7 Il vino Gli Etruschi e i Romani amavano un vino particolarmente dolce, simile al nostro moscato, ottenuto con l aggiunta di acqua e miele. In particolari occasioni mischiavano alla bevanda erbe dai poteri afrodisiaci al fine di potenziarne le qualità corroboranti. Schiavi impegnati nella vendemmia; particolare di mosaico da una villa romana. II sec. d.c. Insegna di un osteria sulla Via di Diana a Ostia. Particolare. I sec. d.c. La cucina dei poveri I più poveri, dal momento che spesso nei loro alloggi non avevano spazio per cucinare, si nutrivano nelle taverne, che i ricchi non frequentavano. La taverna era la sala da pranzo del povero, vi aleggiavano odori pesanti e si poteva ordinare un bicchiere di vino miscelato con acqua bollente, salsicce all aglio, piselli fritti o bolliti, pane nero. Bastavano due asses, monete di scarso valore, per mangiare in ogni momento del giorno, oppure per portare a casa dei piatti già pronti. La plebe e gli schiavi consumavano qui l unico pasto caldo della giornata: composto da vivande bollite, budini e cibi tritati accompagnati da molta salsa, erbe aromatiche, pepe e spezie. I loro principali alimenti erano radici, cipolle, cavoli, lattuga, porri, fave, ceci, lupino, sesamo e cereali. Si mangiava spesso anche pesce conservato in salamoia; la carne era invece rara. Il cuoco In età repubblicana i ricchi Romani non erano soliti avere un cuoco alle loro dipendenze, ma lo arruolavano a seconda delle esigenze: la contrattazione si svolgeva al mercato, come possiamo ricavare da una commedia di Plauto, lo Pseudolus, in cui troviamo anche la parodia della sacralità del banchetto. In età imperiale invece i bravi cuochi erano ambitissimi: virtuosi della cucina, essi manipolavano le materie prime tanto da ingannare i commensali, inducendoli a credere di mangiare carne o pesce mentre in realtà mangiavano zucca, come racconta Marziale. Estetica e magia A Roma la mensa aveva anche un valore estetico: perciò alcuni triclini erano allestiti in gallerie di quadri o persino in un magazzino di frutta, come ricorda Varrone. A volte una pioggia di petali di fiori cadeva dall alto sui commensali, mentre dal pavimento esalava l aroma della verbena. Nel contesto della mensa alcuni oggetti assumevano anche valenze magiche, perciò, prima di accostarsi alla tavola, c era l usanza di togliersi anelli e cinture, che simboleggiavano i cerchi magici a delimitazione degli spazi posseduti dalle presenze demoniache. Le lucerne non dovevano essere spente a conclusione del pasto, per non disperdere la sacralità del fuoco. Gli avanzi servivano da nutrimento alle anime dei morti e, nei tempi più antichi, erano addirittura portati in offerta sulle tombe. Bibliografia essenziale E. BRESCIANI, Food and drink. Life resources in ancient Egypt, Lucca P. CAMPORESI, La terra e la luna. Alimentazione, folclore, società, Milano A. CIPRIANI, Mangiare per vivere. Breve storia sociale dell alimentazione, Roma J. L. FLANDRIN - M. MONTANARI (a cura di), Storia dell alimentazione, Bari D. GIUGLIANO, La dieta mediterranea alle origini del mito, Napoli M. L. MINARELLI, A tavola con la storia, Firenze M. MONTANARI, Convivio. Storia e cultura dei piaceri della tavola dall Antichità al Medioevo, Roma ID., La fame e l abbondanza. Storia dell alimentazione in Europa, Bari G. REBORA, La civiltà della forchetta. Storie di cibi e di cucina, Bari R. I. ROTBERG - T. K. RABB (a cura di), La fame nella storia, Roma M. SENTIERI, Cibo e ambrosia. Storia dell alimentazione mediterranea tra caso, necessità e cultura, Bari V. TETI, Il colore del cibo. Geografia, mito e realtà dell alimentazione mediterranea, Roma

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