II) L INDUSTRIA TELEVISIVA
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- Giacinto Vinci
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1 II) L INDUSTRIA TELEVISIVA A- BREVE STORIA ( ovvero della peculiarissima simbiosi tra TV e politica, in Italia ) 1- La TV nasce commerciale :two sided market (USA1935): si era già affermata la società dei consumi. Soft free per vendere apparecchi (hard) e pubblicità Il modello britannico: BBC ( 1936 ): ancora debole la società dei consumi. Diversa visione del ruolo dello stato: educare, informare, intrattenere. Intervento pubblico per promuovere la vendita degli apparecchi. 2- La storia della TV italiana mostra il ruolo della tecnologia, delle regole, della politica e della domanda, ma anche l enorme ( anomalo ) impatto culturale ( e quindi politico ) di questo m.m. 1
2 a)inizio(1954) sul modello BBC:canone e poca pubblicità, ma fin dall inizio è evidente l importanza del controllo politico della TV, il grande comunicatore: modello top-down. La TV in Italia nasce politica b)anni 50 e metà 60. Tecnologia: terrestre via etere. Regola: monopol pubblico (un solo canale controllato dalla DC e c.d.a. RAI nominato dal governo). Pubblico: se la beve tutta! Però programmi mito : Non è mai troppo tardi (formazione); Festival Sanremo, Lascia o raddoppia, Campionati del mondo di calcio (intrattenimento ); Tg1 (promozione politica); Carosello (promozione consumo) >> nasce il popolo della TV : i contenuti creano partecipazione e cultura. In 6 anni la copertura territoriale al 90%; gli abbonati da 178 mila a 8 milioni nel Con il Centro-sinistra nasce RAI 2 (1965): simbiosi tra TV e politica. 2
3 c)anni 70 e 80: cambia la tecnologia (cavo),ma soprattutto società, regole, e quadro politico > cambia la TV i) la tecnologia del cavo fermata dalla politica: il caso Telebiella (1971 ) e degli altri operatori locali via cavo ii) nasce società dei consumi: cresce la pubblicità e aumenta la domanda d intrattenimento >> TV commerciali iii) saturazione delle vendite di televisori >> la TV a colori (1976 ): la battaglia PAL vs. SECAM iv) concorrenza, estera: Capodistria e RTSI v) la battaglia per nuove regole: intervento rivoluzionario della Corte Costituzionale: sì alle TV locali via cavo (1974). Risposta: legge 103/1975: controllo RAI passa al Parlamento, limiti alla pubblicità ( pro quotidiani ) e limiti strettissimi all uso del cavo, che diventa antieconomico. Si apre la strada alle reti private via etere 3
4 vi) La Corte Costituzionale legalizza le reti locali, se via etere (1976) >> le premesse per maggiore varietà e per la TV commerciale d) Anni 80 e 90: irruzione della TV commerciale, ossia come usare la politica per fare affari televisivi i) il far west dell etere: nascono nuove emittenti locali e la furbata della quasi-contemporanea nazionale di programmi regionali; i pretori per l oscuramento dei ripetitori locali/ nazionali Fininvest crea Canale 5; 1983 Rusconi crea Italia1 e Mondadori Rete 4; 1984 Italia 1 e Rete 4 sono acquistate da Fininvest. Vince la TV come venditrice di pubblicità rispetto alla TV come venditrice di contenuti 4
5 ii) 1986: la politica legittima la TV commerciale. Legge Craxi- Berlusconi : stop a nuove emittenti >> duopolio de facto: situazione congelata, aumento tempo pubblicitario dei privati, rinvio a una legge di riforma. iii) 1990: la politica istituisce il duopolio RAI-Fininvest. La legge 223/90 (Mammì): 12 canali naz. Attribuiti discrezionalmente; canone low cost di concessione privato; limiti alla pubblicità; servizio universale; Garante della informazione (vincoli al controllo di quotidiani e di reti locali, etc.); blocco reti locali iv) 1994: infine la TV va al governo: gli affari televisivi fanno la politica e il ritorno al passato: il 5
6 controllo politico dalla TV. Interpretare la politica dal 1994 ad oggi come la gestione di un gestore televisivo: share, eventi, telegiornali, memoria breve, popolo, etc. Però la Corte Cost. afferma che il duopolio impedisce il pluralismo v)1997. Legge Maccanico: avvio del digitale; TV regionali; sopravvivenza, temporanea, di Rete 4 e RAI 3; Istituzione dell Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni; limiti al controllo delle risorse. vi) La TV privata ( Mediaset ) fa le leggi per sé: la legge 112/2004 (Gasparri ), ossia della difesa del duopolio sul mercato dell ascolto e del quasi monopolio su quello della pubblicità. Il digitale. 6
7 vii) situazione attuale degli ascolti: 1.7 televisori per famiglia; 97% delle famiglie ( più di 24 milioni ) è datata di televisione; sky 4,7 milioni di famiglie 7
8 B- L ORGANIZZAZIONE DELLA INDUSTRIA TELEVISIVA I)Fasi componenti della filiera televisiva, e problemi collegati 8
9 Importante. La vendita dei contatti è condizione necessaria di esistenza della TV commerciale. Nel caso di TV pubblica la pubblicità è utile ai fini di bilancio, ma non necessaria ( la TV pubblica sarebbe finanziata dal canone ). Lo stesso dicasi per la pay TV, dove gli ascoltatori pagano direttamente il contatto. 9
10 La rilevazione dell ascolto 1) Le prime rilevazioni dell ascolto, via Interviste: ) Nasce Auditel (1986): 33% RAI, 27% Mediaset, 6% altre private, 33% associazioni utenti e UPA, 1% FIEG 3) Come funziona: a) indagine volta a rilevare il numero delle famiglie ( determinazione dell universo, che non comprende i luoghi pubblici ), in continuo aggiornamento; b) campionamento e people meter ; c) sistema assai complicato di controllo e verifiche ( cfr. Baudi-Brigida, pagg ) 4) Informazioni che se ne derivano: a- Ascolto medio; b- share; c- indice di penetrazione; d- contatti netti; e- minuti visti; f- permanenza. ( cfr. Ba- Br, pag.280) 5) Ascolto medio: 4 h x persona; 6 h x famiglia; telespettatori nel giorno medio 9.2 milioni; prime time: 24 milioni; ( cfr. Siliato, pagg.55 e segg.) 10
11 6) Che cosa s intende per qualità dei programmi? Le star, sono segnale di qualità? La qualità dell ascolto: Qualimat M.Gui, L.Stanca Attratti ma insoddisfatti: perché continuiamo a guardare la TV? Consumatori, diritti e mercato n.1/2009 Come si spiega un alto ascolto accompagnato da bassa soddisfazione per i programmi? La partecipazione collettiva alla elaborazione dei programmi: i club di fan, gli studi dei sociologi 11
12 II) Le variabili esogene(fino a un certo punto) 1)- La domanda a- la domanda di programmi diversi Che cos è il prodotto distribuito? Programmi televisivi ( es. soap opera, show, dibattiti di tipo informativo, collegamenti, etc.) e non televisivi ( es. film, sport, etc.). La distribuzione degli ascolti: l ipotesi del telespettatore mediano e le nuove tendenze del consumo personalizzato (analogie con altri settori ) Diversa elasticità o willingness to pay : mercati separati in relazione alla wtp: effetti sulla integrazione orizzontale (convergenza) e sulla nuova TV ( in particolare pay TV ) ( rinvio) I programmi: 1) a utilità ripetuta ( i diritti di esclusiva ); 2) a utilità non ripetuta 12
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15 b- la domanda composita:il palinsesto Come si distribuiscono gli ascolti: curva a campana. Il vantaggio di avere più canali: economie di varietà ), effetti sulla concorrenza. Altri palinsesti più liberi:lo zapping, la paytv e la tv on demand (rinvio) 15
16 2)- Le diverse tecnologie di trasmissione ( o di illuminazione ). iii- i- broadcasting: la frequenza e la banda delle onde elettromagnetiche: vhf e uhf. Proprietario dell etere è lo stato Con il digitale non vi è più un problema di scarsità Il diverso consumo di banda e. da parte dei diversi programmi Il problema della copertura ii- satellite: shf, transponder, footprint. cavo: diverso sviluppo nei vari paesi iv- analogico e digitale:l ultima rivoluzione (rinvio) v- i costi dell illuminazione: fissi e variabili 16
17 III) Concorrenza e pluralismo nella TV Cosa s intende per concorrenza; quali ne sono i vantaggi attesi?cosa s intende per pluralismo? Economia e politica s incrociano: comunque il monopolio potere di mercato, potere politico - è un fatto negativo. A) Condizione necessaria perché vi sia concorrenza: un certo numero di reti indipendenti, ossia controllate da soggetti diversi. Tale condizione non sussisteva nel monopolio pubblico con una rete (un po meglio con tre reti), ma neppure nella situazione attuale di duopolio per due motivi: i) collusione di fatto su vari mercati; ii) unificazione in una persona del controllo economico di Mediaset e politico di RAI, come da evidenza. B) Chi controlla la concorrenza? teoricamente vi sono due Autorità che in modo diverso potrebbero intervenire: AGcom e AGCM. In realtà il controllo politico diretto e indiretto su questi due soggetti è molto forte e quindi non vi è nessun garante della concorrenza 17
18 C) L eventuale esistenza di concorrenza non implica pluralismo. Il pluralismo implica non solo che ci siano più emittenti autonome, ma anche che vi sia la possibilità di accesso alle reti di soggetti che hanno idee diverse. In Italia questo esiste solo nella misura in cui è ancora possibile D) Vi è comunque un problema delicato, che è quello dell accesso alle informazioni ( sempre più centralizzato ) oltre che della concentrazione nei produttori di programmi. E) Vi è a livello internazionale una crescente concentrazione dei media e un crescente uso dell informazione centralizzata a fini politici ( es. Murdoch ). La concentrazione è un problema generale dei m.m.. Motivi: nella pay TV uno sta meglio di due ( rinvio ); economie di scala ed economie di varietà 18
19 F) Su quali mercati si compete? contenuti (programmi); pubblicità; ascolto ( news e intrattenimento vario ). a- Contenuti: la concorrenza per programmi unici, a utilità ripetuta ( film, etc.) e non (sport, etc.). Effetti sui prezzi. Il problema dell esclusiva. I programmi di intrattenimento fatti in casa e comprati. Le news : rischi derivanti dalla concentrazione delle fonti, le agenzia stampa internazionali. Mercati dei contenuti e produzione culturale: concentrazione internazionale. Il problema delle culture locali e dell omogeneizzazione della cultura b- Pubblicità: tra reti diverse (audience, dimensione operatore, prezzo ), tempi scarsi, tra mass media ( rinvio AGCM ). Rischi derivanti dalla concentrazione nel controllo delle risorse. Mercato pubblicitario e produzione culturale. 19
20 c- Ascolto: il prezzo è strumento (limitato) di concorrenza solo per la pay TV. Quali strumenti di concorrenza? programmi che facciano audience, buon palinsesto, >> spiazzare i concorrenti e vantaggi di disporre più di un canale. Effetti: più concorrenza significa qualità migliore? (dubbi). Più concorrenza significa informazione più ampia e più veritiera? (JEP spring 2008 p.133 ) (dubbi) d- Allora a che serve la concorrenza? è comunque assai meglio del monopolio; è una condizione necessaria affinché vi sia pluralismo 20
21 IV) Le politiche pubbliche e i loro obiettivi 1) sviluppo del settore: USA ed Europa 2) formazione del cittadino? paternalismo? il problema della libertà di scelta: scelte libere o indotte? il senso di porre limiti al consumo di informazioni. Paternalismo libertario. Noi e gli altri 3) promozione della concorrenza o del pluralismo: come si distinguono? come si promuove? 4) il servizio pubblico: generi di programmi, destinatari, copertura del territorio, programmi di emergenza. Ha senso oggi? 5) il problema del canone 21
22 C- LA NUOVA TV I) La pay TV Precondizioni: a- diverse willingness to pay per diversi programmi b- tecnologie che consentono di privatizzare il bene pubblico segnale TV : cavo, decoder c- copyright e diritti di esclusiva La paytv in Europa e in Italia: il caso paradossale del monopolio creato dall AGCM: da Stream e Telepiù a Sky II) La tv digitale e convergente a) L evoluzione del digitale in Italia: iniziative aziendali, assenza di programmi in presenza di una forte evoluzione tecnologica, regolazione ad hoc 22
23 b) Le potenzialità del digitale:i) numerosità dei canali; ii) miglioramento della qualità; iii) interattività D- LE PROSPETTIVE DELLA TV ( Cfr. The Economist, May 1st 2010 ) 1) Diversamente da altri media ( cinema, stampa), il tempo dedicato alla TV è aumentato nell ultimo decennio. Dati relativi ai consumi tra 8-18 anni (USA): m.m. 379 minuti, TV 220 (1999); m.m. 458 minuti, TV 280 (2009). Sono aumentati anche musica, computer e videogame. Il telespettatore non si rende neppure conto di quanta TV guarda ( Economist fig.4 ). Peraltro bisogna tener conto che vi è comunque un limite di saturazione. Il problema quindi non è più quello di guadagnare più tempo nell ascolto complessivo, ma è di trovare il modo per trarre più denaro possibile nell unità di tempo. D altra parte (UK) la pubblicità su internet ha superato quella sulla TV. 23
24 2) Il maggiore concorrente della TV è il video on line. Tuttavia anche negli USA la TV è ancora vincente ed è l attività che porta più soldi alle grandi compagnie dei media. Questo avviene anche perché il prezzo della pay è aumentato, i programmi sono razionalizzati, si riesce a far pagare la registrazione di episodi passati, etc. Inoltre lo sport è un tipo di spettacolo, tipico della TV, che tira moltissimo. In UK metà delle entrate dei club calcistici ( I divisione ) proviene dalla TV. 3) Quali le nuove direzioni della TV? i) il nuovo business televisivo non propone semplici e generici shows ( o più in generale programmi d intrattenimento ), ma crea prodotti d intrattenimento dati in concessione (franchises) e aventi un chiaro e riconosciuto carattere ( branded ), costituiti da più componenti delle quali gli show televisivi sono il più importante. Non si aspetta che il programma abbia successo per appicicargli la promozione e vendita di merci ( merchandising), ma fin dalla partenza sono macchine per il 24
25 merchandising. In altri termini la televisione propone messaggi che sono integralmente parti del merchandising delle imprese. Si supera la divisione tra programma e pubblicità, da un lato, tra programmi televisivi ed altri programmi. La TV coesiste e collabora con gli altri media nella promozione di questi programmi. ii) Internazionalizzazione dei programmi e quindi concentrazione degli operatori iii) Nuove frontiere tecnologiche: TV tridimensionale iv) Creare una relazione non perdente con internet, attraverso la politica di vendita dei programmi passati, della pubblicità, etc. v) Spingere sull interattività: via sms o altro; via social-networks. Questo anche per quanto riguarda le notizie ( Al-Jazeera, CNN ); creando media brands ( T-shirts etc. ); mettendosi in politica ( Fox Murdoch -, Mediaset - Berlusconi ) 25
26 E- OSSERVAZIONI CONCLUSIVE La TV a ben vedere non è un mercato a due facce (pubblicità e intrattenimento), ma a tre facce (pubblicità, intrattenimento e politica ). E una macchina per far soldi, ma anche il più influente e pervasivo tra i m.m.. Se fosse pay-tv pura si limiterebbe a vendere intrattenimento, non troppo diversamente dai librai e dai music store. In realtà la tv è molto di più. E un potente mezzo di promozione delle vendite (pubblicità, merchandising, etc. ), oltre che di aggregazione dei consumatori e dei cittadini. La TV ha il potere di far vivere la gente in realtà virtuali. La TV propone racconti, che sono modellati e a loro volta modellano la realtà, e fa partecipare i telespettatori ad essi. I racconti della TV sono la realtà; quella vera è meno importante. La TV presenta 26
27 racconti che non hanno un inizio e una fine. La cultura televisiva è diventata la cultura quotidiana e civica. Vi è un concetto antico di TV per il quale cultura e politica sono separati dal business, pur essendone ovviamente influenzati ( modello TV pubblica senza pubblicità ). Vi è la cultura della TV commerciale che invece nasce per business e vende intrattenimento con la finalità di fare soldi e quindi vende la cultura che è più appropriata a tal fine. Oggigiorno tuttavia gioca anche sul terreno politica, con effetti straordinari. Quindi il business, tramite la pubblicità, è diventato il grande motore della cultura e della politica. Ben venga internet, con tutti i suoi limiti! 27
28 Bibliografia: per approfondimenti sul settore televisivo: 1) G.Doyle ( vedi bibliografia generale ) 2) F Siliato (2008), La televisione digitale, Maggioli ( cap.1*, 2, 3* ) 3)A. Nicita, G.Ramello, F.Silva ( a cura di ) (2008) La nuova televisioni: Parte I, II,IV 4) P.Baudi di Vesme, F.Brigida (2009), L evoluzione dei media e della pubblicità in Italia, F.Angeli ( capp. Vari ) 5) Indagine conoscitiva 23/2004: Settore TV: raccolta pubblicitaria 6) The Economist, Special report, May 1th, ) A.Testa (2007), La pubblicità, il Mulino 28
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