GIOVANNI POLARA CONCLUSIONI

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1 GIOVANNI POLARA CONCLUSIONI Questo è stato il primo convegno dopo la scomparsa di Nino Scivoletto: i curatori degli Atti del 2008, Roberto Cristofoli, Francesco Santucci e Carlo Santini, hanno dedicato a lui il volume, aperto da un ricordo scritto da quest ultimo, che con il doveroso affetto di un allievo, ma anche con la serenità dello studioso, ritorna sul Properzio di Scivoletto, sul ruolo che gli scritti di Croce ebbero nel provocarlo, e ripercorre la storia dei convegni di Assisi voluti e organizzati da lui, latinista e Preside di Facoltà nell Università umbra. Il successo più che trentennale dell appuntamento dimostra che i suoi fondatori i Della Corte, i Vivona, i Catanzaro, gli Scivoletto avevano visto bene, ma anche che i successori, Paolo Fedeli, Santini e il Presidente dell Accademia Giorgio Bonamente, stanno degnamente continuando il loro programma, senza peraltro rinunciare a marcare ciascun convegno con il tratto peculiare delle loro personalità; anche l organizzazione, da tempo magistralmente coordinata da Cristofoli, e la segreteria riescono a fare degli incontri un occasione particolarmente gradevole, mentre gli amministratori comunali, e in primo luogo il Sindaco Ricci, hanno trovato il modo, anche in questi tempi di ristrettezze, per finanziare venti borse che hanno consentito ad altrettanti giovani di prendere contatto con il mondo della ricerca. Come sempre il convegno si è aperto col saluto dell Accademia Properziana del Subasio portato da Giorgio Bonamente: presentato da Paolo Fedeli, che presiedeva la seduta, Bonamente ha parlato degli Atti appena usciti, secondo l ottima consuetudine di garantire che ciascun volume sia già stampato quando ha inizio il convegno successivo. A nome di tutti, ha ringraziato l Accademico Arnaldo Manini, che si è fatto carico dei costi in memoria del suo caro Roberto, e ha fatto presente che una seduta avrebbe avuto luogo a Spello, sull altro versante del Subasio, e quindi sempre nel territorio a cui fa riferimento l Accademia; si è infine soffermato sull argomento di quest anno, Tempo e spazio

2 254 GIOVANNI POLARA nella poesia di Properzio, sottolineando che anche questa volta si è fatto in modo di esaminare l argomento sia dal punto di vista letterario sia da quello storico. Abbiamo quindi ascoltato il saluto dell Assessore Massucci a nome suo e del Sindaco, e quello del Sovrintendente archeologico per l Umbria Gabriele Baldelli, che ha preso possesso della carica lo scorso anno e si è soffermato sul Museo archeologico di Assisi e sugli scavi in città, consentiti dai contributi del Comune e della Cassa di Risparmio, in particolare quelli della nuova domus con pareti affrescate fin quasi al soffitto e quelli dell anfiteatro; poi Paolo Fedeli, nel dare la parola al Preside del Liceo classico Properzio, ha sottolineato l importanza che i Convegni hanno sempre riservato ai rapporti con la scuola secondaria, confermati dalla costante presenza di studenti, fin dal 1976, e dalla significativa scelta degli organizzatori di dedicare uno dei Convegni proprio all insegnamento scolastico di Properzio. Il Preside Giovanni Pace ha quindi informato sul confortante aumento delle iscrizioni al Liceo classico e sul cospicuo numero di suoi diplomati che proseguono i loro studi nel campo dell antichistica, invogliati anche dal Certamen Propertianum organizzato dal Liceo. La dottoressa Laura Manca, della Soprintendenza archeologica, che ha poi anche guidalo la visita di Spello, ha invece illustrato i nuovi reperti venuti alla luce nel corso dei lavori di sistemazione urbana strade, cisterne, pilastri, colonne, ma soprattutto case con le loro decorazioni e ha parlato brevemente della casa di Properzio, che al termine della mattinata è stata oggetto di una breve visita guidata. Le relazioni e gli interventi hanno confermato come la scelta del tema su cui costruire il convegno sia stata particolarmente felice. Parlare di tradizione e innovazione fa parte, del resto, dei compiti più propri di chi fa il nostro mestiere, visto che curiamo la tradizione la conservazione del passato nel presente e la sua trasmissione al futuro ma dobbiamo anche essere attenti all innovazione, perché è destinato a non conservarsi ciò che non è capace di cambiarsi per rispondere alle nuove esigenze che ogni stagione storica reca con sé; e al tempo stesso siamo consapevoli che il nuovo non si può produrre se non in relazione al vecchio (all antico), in risposta ad esso: dal niente non può nascere niente! Il convegno poteva così ospitare due tipi di interventi: quelli che si occupavano di tradizione e innovazione in Properzio, cioè come il poeta si movesse fra antico e nuovo, come partecipasse del passato di Roma, dell Umbria, dell Italia, del Mediterraneo e come contribuisse a creare la nuova società che nei suoi anni stava prendendo vita, e quelli che

3 CONCLUSIONI 255 avevano per oggetto tradizione e innovazione nelle letture che di Properzio sono state fatte nei secoli. Ci facciamo un vanto di non abbandonare i solidi percorsi della filologia e della metodologia storica, ma proprio per questo non rifiutiamo i nuovi strumenti e i nuovi tipi di indagini che gli sviluppi della tecnologia ci stanno offrendo in direzioni finora non immaginabili; ancora di più non rinunciamo a cercare nuovi percorsi metodologici, come sempre hanno fatto i nostri predecessori. Certo ci possono essere problemi e discussioni; quando nacque la Methode ci fu un sollevamento contro la filologia germanica che occupò buona parte dell Ottocento, e non solo: oggi ci fanno sorridere le profezie del Vallauri che a metà secolo prevedeva che Mommsen sarebbe stato dimenticato in breve tempo, e che si sarebbe presto tornati a scrivere in buon latino; può anche darsi che questa seconda cosa prima o poi succeda, non ci sarebbe nulla di male e magari ancora oggi a qualcuno potrebbe fare piacere, ma certo il metodo filologico è stato una grande conquista, e allo stesso modo le nuove tecniche per l indagine filologica, delle quali abbiamo avuto interessanti saggi in varie relazioni, ci daranno altre conquiste da aggiungere non da sostituire a quelle da tempo acquisite e messe in pratica. Se poi pensiamo alla velocità con cui le innovazioni nascono, si sviluppano e si consumano, possiamo perfino dire che alcune di queste tecniche non sono neppure ormai tanto nuove (e tanto nuovi del resto non siamo nemmeno noi), ed è bene che ci si sbrighi ad approfittarne tutti: sono stati inventati il treno, l automobile, l aeroplano e oggi sarebbe assurdo farne a meno per un cieco misoneismo; altrettanto assurdo sarebbe però privarci di una bella camminata ogni tanto, se ci fa piacere e magari ci fa anche bene. Ci ha ricordato von Albrecht che l attesa e il viaggio possono valere più del risultato e del raggiungimento della meta, e questo vale senz altro anche per il gusto della ricerca e per l uso dei suoi strumenti. Ma se Tradizione e innovazione è per noi tematica di assoluta attualità, non si può negare che sia stata anche una questione centrale dell età di Augusto, che aveva per missione quella di cambiare tutto nasce l impero! ma amava essere formalmente improntata alla continuità; si introducevano innovazioni sostanziali in tutti o quasi i campi delle istituzioni e della vita quotidiana nel pieno rispetto di alcune forme che funzionavano da garanzia di persistenza e riducevano così le tensioni e le angosce prodotte dall ignoto. Dei mutamenti e addirittura delle rivoluzioni di cui fu spettatore e partecipe, e in qualche caso addirittura simbolo, sul piano della politica non meno che su quello dei valori, delle consuetudini e, ovviamente, della letteratura, Properzio per la sua storia personale e per le sue opere è testimone privilegiato; uno

4 256 GIOVANNI POLARA dei percorsi più seguiti dai relatori è stato perciò quello della presenza del mos maiorum nelle elegie, indagata da tre punti di vista: in rapporto alla res publica e alle sue strutture, a partire dalla figura del principe; in rapporto alla vita privata; in rapporto alla vita sociale e collettiva. Hans Christian Günther ha affrontato l argomento dal punto di vista delle istituzioni, e quindi della massima innovazione introdotta da Ottaviano Augusto; Properzio e il principato, dunque, in termini di adesione e prese di distanza, di entusiasmi e di nostalgie. L introduzione del nuovo sistema era avvenuta attraverso vicende sanguinose, capaci di generare il cambiamento epocale destinato a condizionare per continuità o per ideologia il futuro dell Europa, e anche l esistenza personale del poeta ne era stata pesantemente colpita, ma tutto lo sforzo del poeta è dedicato a presentare questi contenuti, che potrebbero essere così connotati di reazioni individuali, nelle più rigorose forme scolastiche di un estetica tradizionale. È un fenomeno che ha riguardato tutti grandi esponenti delle prime due generazioni dei poeti augustei, con le canoniche coppie Virgilio-Orazio e Tibullo-Properzio, ma ognuno di essi ha saputo risolvere il problema in forme personali, con differenze che il relatore ha finemente individuato all interno dell analogia. Per Properzio è ormai canonica la chiave di lettura dell integrazione difficile di La Penna, che ne fa un augusteo con forti limiti nell adesione al progetto del principe, ma che aderiva comunque al circolo di Mecenate, a dimostrazione della straordinaria capacità di integrare i dissidenti dimostrata da chi sovrintendeva ai rapporti con gli artisti del verso. Tra le molte presenze delle tematiche politiche all interno della poesia che sono state passate in rassegna, un posto importante è spettato alla recusatio dell epica: Günther ha posto il problema se il rifiuto riguardasse l intero genere, o solo l epica mitologica, ed è giunto alla conclusione che dietro la recusatio ci fosse soprattutto una scelta di tipo estetico, anche perché l amarezza del poeta nei riguardi della situazione politica contemporanea non si estendeva mai alla persona di Ottaviano, sicché, da questo punto di vista, Orazio e Tibullo sono anche meno augustei di lui. Dopo aver esaminato l elegia II 1 nel confronto con altre famose recusationes, la sesta bucolica di Virgilio e l Orazio dell ode I 6 e della prima epistola, e con l antirecusatio nel proemio del terzo libro delle Georgiche (haud mollia iussa), il relatore è giunto alla conclusione che nell ambiente di Mecenate ogni poeta veniva accettato per quello che era, proprio perché in questo modo si poteva ricavare il meglio da ognuno di loro, e così anche Properzio ha la sua antirecusatio, che è II 10. Properzio sceglie quindi per sé il compito di integrare la tematica

5 CONCLUSIONI 257 politica con la poesia d amore, e in questo modo riesce, a coronamento della sua scrittura, a produrre la sua opera di regime, la regina elegiarum, che genialmente ha una donna nel ruolo di protagonista. I valori del mos maiorum nelle scelte personali e familiari degli augustei hanno sempre interessato studiosi di letteratura, storici e giuristi: ne è un esempio il successo di un libro come Casta domus di Tullio Spagnuolo Vigorita, che in queste settimane ha visto la sua terza edizione, su un tema discusso con puntigliosa vivacità da più di cent anni come quello della legislazione di Augusto sulla famiglia e sulla sua cronologia, che vede gli studiosi schierati sostanzialmente su due fronti contrapposti, quello di chi ritiene sempre valide le tesi di Mommsen e quello di chi dubita della loro esattezza; nel convegno Mario Lentano e Maurizio Bettini ce ne hanno offerto una lettura nuova, che ha spostato il fuoco del problema sulle consuetudini e le convinzioni profonde dei Romani del tempo. Lentano, per il suo Properzio e i valori privati del mos maiorum, ha preso le mosse da una raffigurazione cinquecentesca di Bamberga, un rilievo appartenente alla tomba di Enrico II in cui è rappresentata l ordalia di Cunegonda, che, accusata di adulterio, dimostrò la propria innocenza sottoponendosi alla prova delle lastre ardenti. Era da poco passato il fatidico anno mille, e la vicenda dimostra un atteggiamento nei riguardi dell onere della prova che è esattamente contrario rispetto al nostro: tocca all imputato di addurre prove convincenti di non aver commesso ciò di cui viene incriminato, e non all accusa di portare sufficienti riscontri a favore delle sue tesi. Così era, nel mondo antico, per i casi che ci narra il romanzo greco, così per soffermarci su Properzio nell elegia sul serpente di Lanuvio, così perfino per la Madonna, che in alcuni apocrifi è costretta a confondere chi era incredulo dinanzi al mistero della nascita di Gesù. E che questa fosse una pratica, una mentalità diffusa, è confermato dalla consuetudine di non nascondere, nelle iscrizioni tombali, i pettegolezzi e i sospetti che erano circolati nei riguardi del defunto, anzi piuttosto di metterli bene in evidenza per difenderlo e dimostrare la falsità delle calunniose invenzioni fatte circolare sul suo conto. Anche la nascita di ogni bambino doveva essere dimostrata legittima, contro una sorta di sospetto programmatico nei riguardi delle madri, e lo stesso vale per la pudicizia femminile, sicché è possibile una lettura di IV 11 come una sorta di processo a Cornelia nelle forme previste dalle procedure giuridiche romane. Questa innovativa chiave interpretativa, accompagnata da una lettura attenta alle più tradizionali questioni filologiche, ha portato anche a interessanti contributi di critica testuale, ad esempio a proposito del v. 70 (fata o facta con i recentiores?).

6 258 GIOVANNI POLARA Lentano ha messo in evidenza come l elegia contenga momenti e figure tipiche dei giudizi, come il giuramento, la presenza di garanti e di giudici (gli illustri antenati della defunta), i precedenti, con le altre figure di donne sottoposte a prova, e una serie di indizi che vanno dalle lacrime del vedovo a quelle, anche più significative, di Augusto, che con il suo ruolo quasi divino gode della massima credibilità come testimone e come difensore; per di più, nell elegia ritornano anche, con notevole frequenza, termini tecnici come lex e ius. Attraverso un procedimento così formalizzato, che si conclude con l arrivo di un altra Cornelia nel paradiso dove il Somnium aveva collocato gli Scipioni, un fatto privato finisce con l acquistare rilevanza pubblica. Dai valori privati a quelli pubblici, dunque, e quindi alla relazione di Bettini, Properzio e i valori pubblici del mos maiorum. Partendo dalle definizioni antiche di mos, e soffermandosi in particolare su quella che lo determina come iudicium animi, Bettini si è chiesto quando qualcosa di così privato divenga un fatto pubblico, e ha individuato, con gli antichi, due caratteristiche che fanno del mos una consuetudo: l essere condiviso da più persone e il persistere per una significativa quantità di tempo. Divenire una consuetudo comporta non secondarie conseguenze giuridiche, ma non libera il mos dalla sua caratteristica di costruzione culturale e mutevole, perché è tipico del mos andare incontro ad innovazioni ai fini dell utilitas, e la flessibilità è una sua caratteristica intrinseca, perché anch esso solo cambiando può permanere, e solo se permane può cambiare: modificare il mos, insomma, è appunto un mos, in una sorta di paradosso russelliano sulla permanenza del mutevole. Le elegie sulle quali Bettini ha fondato la sua analisi del mos in Properzio sono state le prime due del quarto libro: la prima con i monumenti della città e i loro racconti, ma anche con le cose da fare e quelle da evitare (Tarpea, l augurium di Romolo, Ercole e Caco e così via); soprattutto la seconda, con Vertumno che cambia forma, ma rimane sempre nell ambito umano, statua di bronzo capace di mimesi come un trasformista o un pantomimo che cambiano personalità per mezzo delle vesti, un potente elemento di identificazione dal preciso ruolo nella società e nella storia. Non a caso le persone che passano dinanzi a Vertumno sono identificate soprattutto attraverso le loro toghe (turba togata), che sono quasi un uniforme che ne fa un popolo con la sua identità, mentre il dio come Properzio! è invece vagus. È un argomento già affrontato qualche anno fa nei Convegni properziani con una relazione di Paola Pinotti dal titolo significativamente profetico: Properzio e Vertumno: anticonformismo e restaurazione augustea, nella quale l autrice segnalava accanto alla componente del lusus alessandrino, anche la presenza di un lato serio, che si collega alla posizione

7 CONCLUSIONI 259 di Properzio in rapporto alla politica del principato, e quindi all uso pubblico del mos maiorum. Fra queste due lezioni di Lentano e Bettini e due che si sono tenute il giorno successivo sul tema dell altro c è stata una significativa continuità all interno della questione dell identità, sollevata nella sua relazione e nelle discussioni da Maurizio Bettini con evidente sensibilità per i problemi di oggi non meno che per quelli del passato: ma gli uni non potrebbero esserci senza gli altri, o almeno sarebbero visti e avvertiti in maniera diversa. Fabio Stok ha posto la questione di Properzio e gli altri dai Romani chiamando in causa in primo luogo la geografia, o meglio la cartografia un altro fuori da sé dunque con quella sorta di atlante pubblico che fu la cosiddetta carta di Agrippa. Se l architetto Nicodemo (forse il padre di Galeno?) farà porre a Pergamo un formulario pubblico per il calcolo delle superfici e dei volumi dei solidi di rotazione, a dimostrazione di un bel rapporto fra la popolazione e le cosiddette scienze esatte, la pubblicità di un planisfero ha più evidenti finalità propagandistiche, non solo perché al centro della terra è posto proprio il paese in cui ci si trova, secondo l ideologia dell impero di mezzo, mentre ai margini sono collocati i popoli e le terre nondum cogniti, ma anche perché già la loro rappresentazione è un modo per cominciare ad appropriarseli. L età di Augusto tende infatti a ridurre e marginalizzare la parte sconosciuta del mondo, che sta addirittura divenendo tutto romano, a differenza dei tempi di Cicerone, che ben sapevano che molto ancora c era da conoscere. Quanto a Properzio, il poeta sa di non avere limiti a livello esistenziale: il suo argomento è l amore, e questo regna uguale dappertutto, e le diversità etniche sono superate dal linguaggio d amore; sul piano politico, invece, anche lui, come gli altri augustei, auspica la totale conquista del mondo da parte di Roma. La sua visione della terra segue un percorso sull asse E/W più che su quello N/S: gli estremi delle terre emerse vanno dai Parti e gli Indi fino ai Britanni, mentre la Germania è molto sottovalutata, e ancora di più l Africa. L auspicio di Properzio è che l unità politica conseguente alle future conquiste possa dare vita ad un popolo romano esteso in tutto il mondo, così come era successo in passato per l unità d Italia (l Italia antica, naturalmente) e stava accadendo per la Gallia e per l Africa settentrionale, mentre le diversità riguardano solo popoli e paesi ancora fuori dello stato di Roma o le realtà del passato, separate dal tempo più che dallo spazio, come l Egitto dei Faraoni e dei Lagidi. Le diversità, tuttavia, non sempre segnano una superiorità dei Romani, perché può avvenire che siano indifferenti sul piano dei valori: non c è nulla di male se i Celti di Britannia e del continente si dipingono

8 260 GIOVANNI POLARA il viso, e in qualche caso le caratteristiche degli altri popoli sono addirittura preferibili a quelle Romane, come per il suicidio rituale delle vedove indiane. Anche la propensione per il lusso è oggetto di considerazioni ambigue: se infatti esso da un lato si presenta come simbolo di una tendenza allo spreco, e quindi merita una valutazione negativa, è anche vero che esso dimostra come il benessere si sia ampiamente diffuso nel popolo romano, per merito dei suoi governanti. Dall altro fuori da sé ad un altro che sta rapidamente diventando parte integrante del proprio essere, e viene quindi avvertito quasi come un altro dentro di sé : la relazione di Luigi Spina su La cultura greca in Properzio è risultata particolarmente gradevole per la sua vivacità e la capacità di tenere sempre desta l attenzione, con il classico artificio della suddivisione in parti, premesse e svolgimenti, ma anche con le novità del susseguirsi di immagini, parole pronunciate e testo scritto. Tra le premesse, Spina ha ricordato la speranza di grande successo, almeno post mortem, che il poeta nutriva, contrapposta alla sua esclusione da alcuni moderni canoni dei classici, la sua modica presenza nella scuola e la sua quasi totale assenza nella pittura; la premessa metodologicamente più importante è stata però quella sul significato che si vuole dare a cultura greca, che non si identifica in una serie di citazioni letterarie, ma si allarga piuttosto ad una Stimmung, un atmosfera che abbraccia la Grecia del passato recuperata da occhi romani, l evocazione di personaggi e fatti chiamati a testimoniare a favore delle tesi sostenute secondo il precetto della Retorica aristotelica, l importazione dei miti, oppure lo spostamento dell azione romana in luoghi del mito ricchi di connotazioni, con una trasposizione-traduzione che può giungere fino al rovesciamento nell adynaton di un Ippolito innamorato o di una Penelope infedele. Due percorsi dunque: andare verso gli antichi, come praticava il Machiavelli indossando vesti degne di loro, o anche il metodo della filologia che invita a liberarsi dei propri idola per evitare anacronismi, oppure chiamare gli antichi al presente con Plutarco e le altre rivisitazioni attualizzanti; Properzio sceglie il secondo, come Gaber che canta due elegie, come Battiato che canta in latino l inizio di III 7, e Spina ci ha presentato questi dialoghi fra Properzio e la sua grecità evidenziandone una serie di aspetti che, senza questa particolarissima ottica, avrebbero rischiato di scomparire o almeno di essere notevolmente sminuiti. Dopo questa illustrazione si può chiudere il cerchio che si era aperto con la domanda su che cosa fosse per Properzio la cultura greca, e dare ad essa una risposta che per il relatore è: Quello che la cultura statunitense è stata per Adriano Celentano.

9 CONCLUSIONI 261 C è infine un altro che è ormai pienamente inserito nella coscienza romana, gli Etruschi che sono stati oggetto della relazione di Paolo Poccetti su Properzio e l Etruria. Certo la situazione dell etrusco Properzio era diversa, su questo argomento, da quelle degli altri poeti augustei, e ne fa una fonte privilegiata su almeno due aspetti: il rapporto fra Roma e gli Etruschi nel quadro dell ideologia augustea e soprattutto i caratteri etnolinguistici e le esperienze personali. Poccetti ha ricordato come in quell identità incompiuta dell Italia romana di cui ha scritto Andrea Giardina (e torna ancora una volta il tema dell identità) fosse ancora presente una rete di parentele, amicizie e clientele consolidata dalla consapevolezza delle comuni origini, che va approfondita a proposito dell etrusco Mecenate e dei rapporti che poteva intrattenere con i primi poeti dell età augustea, Virgilio Orazio e Properzio le differenze con la generazione di Ovidio non sono solo cronologiche, o su temi come la regalità degli Etruschi, sui loro nomi, Tusci, Etrusci, Tyrrheni, intercambiabili per Virgilio ed Orazio, mentre in Properzio l ultimo di essi ha sempre a che fare con il mare, e designa comunque i popoli, tutti i popoli, che dal mare sono venuti, e i primi due, invece, sono più individuanti di quello specifico popolo, ma al tempo stesso sono più ampi perché non lo designano necessariamente in relazione al suo mare. Come Bettini, Poccetti ha esaminato attentamente e dettagliatamente l elegia di Vertumno, rilevando alcuni aspetti meritevoli di segnalazione, ad esempio il fatto che il vicus Tuscus negli altri poeti compare come Tuscus vicus (a parti invertite Orazio e Properzio usano via Sacra e Sacra via), e non si tratta di una differenza trascurabile, perché anteporre il sostantivo fa divenire prevalente il carattere toponomastico della denominazione, mentre anteporre l aggettivo enfatizza il rapporto con gli Etruschi. Naturalmente Properzio si distingue anche per la frequenza di Umbria/Umber e delle vicende relative alla regione, dal bellum Perusinum agli altri eventi per lui luttuosi; si occupa anche della tripartizione delle originarie tribù di Roma, di nomi istituzionali come quello di Lucumone, e si distingue per un gusto antiquario meno presente negli altri poeti. Insomma dà più spazio (e meno negatività) a ciò che è avvertito come etrusco, da Porsenna a Mezenzio, dalle origini di Roma a Tarquinio il Superbo; descrive come locus amoenus i campi fertili che costituiscono il panorama umbro; espone ampiamente in chiave filoetrusca le vicende di Veio; si sofferma sulle origini etrusche della religione romana. Fra i cambiamenti augustei più celebrati, soprattutto da Augusto stesso, c è quello nel campo dell architettura e della monumentalità di Roma, trovata di pietra e lasciata di marmo; di questa, vista attraverso

10 262 GIOVANNI POLARA la poesia e più in generale la letteratura, si è interessato Michael von Albrecht nella sua bella lezione su Properzio e l architettura della Roma augustea. Al centro della relazione sono stati soprattutto due elegie, II 31, con la descrizione del tempio di Apollo Palatino, e IV 1, con il confronto tra la Roma antica e quella di Augusto. Il tempio inaugurato nel 28 è rappresentato secondo il percorso che possono compiere gli occhi di un visitatore che descriva prima il portico, con i suoi materiali e le sue decorazioni, e soprattutto con la luminosità dell insieme, veramente degno della bellezza di Apollo e della luce di Febo; poi le Danaidi, le statue collocate fra le colonne che attraverso Danao rinviano alla fondazione del tempio di Apollo ad Argo, ma non possono sfuggire al confronto con le Danaidi poetiche collocate sul balteo di Pallante da Virgilio, che giudica un nefas le uccisioni dei mariti, mentre Properzio sottolinea soprattutto la pietas nei riguardi del padre dimostrata ubbidendo al suo ordine. Poi la statua marmorea di Apollo, che fonde poesia, musica e scultura, è presentata nell atto di cantare, con qualche differenza rispetto alla seconda e più ampia descrizione del tempio in IV 6 motivata dalla diversa situazione militare di Roma. Infine l interno del tempio, la vera casa del dio, trasportato da Delo a Roma, divenuta aurea, smentendo la profezia di Callimaco secondo cui nessuna terra sarebbe mai stata amata da lui come l isola natia; quest Apollo romano consacra la parità della letteratura latina con quella greca, simboleggiata dalla doppia biblioteca sul Palatino. Ancora, le sculture d avorio sui battenti della porta, poi la statua interna del dio, fra Latona e Diana, con la Sibilla ai suoi piedi, la veste lunga e la cetra: a questo punto carmen, oracolo, poesia e musica sono tutti compresenti, e anche Apollo intona il suo canto. L altra elegia, IV 1, è invece bipartita come il libro che introduce, in cui coesistono poesia eziologica e poesia erotica; la funzione di guida alla visita di Roma è svolta mettendo i luoghi antichi in contrasto con quelli della nuova maxima Roma, con gli estremi dei buoi di Evandro e ancora una volta del tempio di Apollo. Gli edifici pubblici al centro di Roma segnano la differenza delle epoche, e quella fra le meraviglie attuali e il povero focolare che costituiva i maxima regna di Romolo e Remo è prodotto della grandezza di Augusto: solo il nome di Roma e dei Romani è rimasto sempre quello, sicché il vero nodo è quello della crescita all interno dell identità. Alla crescita fanno da contraltare da un lato le rovine (di Troia) e dall altro la poesia: le rovine ne sono il presupposto, anche se altrove c è meno ottimismo, perché alla rovina passata corrisponde il crollo morale del mondo moderno; quanto al poeta, in fondo è anche lui un architetto, novello Anfione la cui costruzione

11 CONCLUSIONI 263 coincide con quella di Roma, e la poesia sull edificazione può legittimamente gareggiare con la costruzione stessa. Se Augusto sta creando Roma come un sublime testo poetico, così Properzio si impegna nel far sorgere le sue opere, che rispetto a quelle architettoniche hanno in più una prospettiva di eternità (exegi monumentum... aveva detto pochi anni prima Orazio): la poesia costruisce soltanto, mentre i potenti della terra possono costruire, ma con le guerre talvolta sempre troppo spesso possono anche distruggere. L epoca di Augusto è però, almeno per noi, soprattutto letteratura, con un esemplare concentrazione di capolavori destinati ad una straordinaria fortuna in tutti i tempi e in tutti i luoghi del mondo; giustamente, perciò, anche quest anno il convegno è stato aperto da Paolo Fedeli su un tema squisitamente letterario, Il IV libro delle elegie fra l Eneide virgiliana e l ultima produzione lirica di Orazio. Per aiutare gli ascoltatori, Fedeli ha ricordato innanzi tutto qualche data; l ultimo libro delle elegie va collocato sicuramente dopo il 23 (terminus post quem già del terzo, con la morte di Marcello) e il 15: otto anni sono molti, ma il libro segna anche una grande novità nella poesia del suo autore, perché i cambiamenti appena anticipati nel terzo sono ora pienamente compiuti e danno tutti i loro frutti. Virgilio muore nel 19, come Tibullo, l anno in cui va collocata anche la crisi di Mecenate, di cui si avvertono le conseguenze nel quarto libro delle odi di Orazio, che ha al suo centro direttamente la figura di Augusto, così come il secondo delle epistole, e anche nel quarto di Properzio Augusto sostituisce Mecenate. Come è noto i rapporti fra Orazio e Properzio non furono ottimi: ufficialmente si ignorano, ma Orazio dopo il 19 prese il posto di Virgilio come massimo poeta vivente, e lo dimostra se non altro la scelta di affidargli la composizione del Carme Secolare (e poi l Ars), e Properzio non può non esserne a conoscenza. La critica si è immaginata rapporti probabilmente anche peggiori di quelli realmente documentati e documentabili, immaginando che Properzio fosse il seccatore della nona satira oraziana; problema diverso è quello dell identificazione con Properzio del poeta elegiaco di cui si parla nell epistola a Floro, ricordando Callimaco e Mimnermo, i due poeti greci più cari a Properzio, ma in questo caso, se pure è vero che il riferimento sia a lui e probabilmente è così, nel riferimento oraziano non c è cattiveria, perché l elegiaco riceve esattamente lo stesso trattamento che Orazio, con la sua consueta autoironia, riserva a se stesso. Fedeli ha poi passato in rassegna le possibili riprese properziane da Orazio, mostrando come siano assai poche e poco significative: le affinità nella struttura compositiva di due libri, Prop. III e Hor. carm. III, e il

12 264 GIOVANNI POLARA tema della missione del poeta come vate; in Prop. IV e Hor. carm. IV l elogio di Augusto, la difesa della poesia, la consapevolezza di sé, gli amici, il tempo che fugge, la precarietà del tentativo di ritornare agli amori giovanili. Anche fra questi due ultimi libri le analogie sono soprattutto nella struttura complessiva e nella collocazione in posti privilegiati dei due libri di componimenti di forte portata programmatica. Molto diverso è il rapporto con Virgilio: oltre le sicure riprese tematiche ci sono ben più significative analogie verbali. Fra le prime merita in particolare di essere ricordata la saldatura fra passato mitico e storia contemporanea (le armi di Enea e Augusto a IV 1), quasi un simbolo del rapporto fra tradizione e innovazione che dà il titolo al convegno, e la mediazione tra i valori del tempo antico e quelli moderni, fra i culti arcaici e la religiosità dei suoi tempi, tanto che si può concludere che Properzio si ponga come modelli tanto Callimaco quanto Virgilio. Questo itinerario, già così ricco di per sé, è stato ulteriormente abbellito e reso sempre affascinante con una quantità di osservazioni puntuali su un altissimo numero di luoghi virgiliani, oraziani, properziani chiamati in causa, come poteva fare solo chi abbia il pieno dominio di tutta la poesia augustea e di tutte le linee di ricerca contemporanee sull argomento. Più politiche e ideologiche sono le somiglianze individuate da Lorenzo Braccesi nella sua relazione Properzio, Foscolo e dintorni. Braccesi è uno dei massimi studiosi sull argomento, e con un suo bel volume di vari anni fa si sono confrontati prestigiosi italianisti, ma anche altri classicisti, come Vincenzo Di Benedetto; ritorna ora sul tema affrontandolo con nuove tecniche e nuovi strumenti come le banche dati allestite dalle ricerche compiute o coordinate da Mirko Tavoni, per i testi italiani, e da Paolo Mastandrea per quelli latini. Ci ha fatto così vedere un significativo numero di citazioni e riprese testuali dal poeta augusteo a quello dei tempi di Napoleone, e ci ha illustrato le modalità con cui il testo latino è stato di volta in volta riutilizzato, ma anche gli errori in cui può essere incorso Foscolo, esposto a fraintendimenti per inesatte interpretazioni correnti ai suoi tempi, e non solo su Properzio, visto che come è noto attribuiva a Gallo i distici di Massimiano antidatandoli così grosso modo di cinque secoli e mezzo. Braccesi si è soprattutto soffermato sulle affinità biografiche tra i due poeti sul tema della continuità e del cambiamento, e ci ha ricordato come entrambi siano stati vittime di fatti storici che li avevano portati alla perdita di una patria, quella etrusca di Properzio, e nel caso di Foscolo addirittura due, l amata Zacinto e l Italia ma soprattutto Venezia tradita dopo Campoformio; ci ha fatto vedere il significato che

13 CONCLUSIONI 265 essi attribuivano ai due imperatori dei loro tempi e il rapporto che stabilirono con il loro potere e con le modalità di esercitarlo, per cui Orazio, non molto amato da Properzio, era considerato da Foscolo una sorta di predecessore dell odiato Vincenzo Monti; ha approfondito i loro rapporti con Callimaco, fra i più amati modelli di Properzio, ma anche apprezzato da Foscolo che volle commentare la traduzione catulliana della Chioma di Berenice (i papiri con il testo greco non videro la luce prima del ventesimo secolo); ha segnalato l interesse che entrambi dimostrano per la poesia delle rovine e per i testi delle iscrizioni. In conclusione, ha affiancato i due scrittori per la necessità che entrambi avvertivano di integrarsi in un sistema da cui prendevano le distanze. La letteratura va intesa e gustata con l aiuto di critici raffinati come Fedeli e Braccesi, ma sono necessari anche gli strumenti della filologia perché le analisi siano fondate su salde basi scientifiche; lo ha ricordato proprio Fedeli nella discussione sulla relazione di Lucio Ceccarelli su L evoluzione del distico elegiaco fra Catullo e Ovidio, avvertendoci dell importanza degli studi di prosodia e metrica ai fini della costituzione del testo, e non solo: solo rigorose indagini quantitative possono dare fondamento scientifico a quelle che altrimenti sono destinate a rimanere impressioni diffuse e tutt al più petizioni di principio. La densità del testo di Ceccarelli merita che venga riletto con la necessaria attenzione quando vedrà la luce negli Atti, visto che mette a frutto una banca dati in cui sono inseriti tutti i distici di Catullo, Tibullo, Properzio, Ovidio, con la possibilità di interrogazioni molteplici e articolate per cogliere le differenze tra i carmina docta e gli epigrammi del Veronese, o le opere prima e dopo l esilio per il Venosino, e così via. I programmi impiegati consentono anche confronti fra i dati statistici relativi agli esametri della poesia in distici e quelli katà stichon; insomma, anche se non abbiamo certo tutti i testi prodotti in quegli anni, perché gravissime sono le perdite fra i componimenti degli autori contemporanei di Catullo, ma anche fra gli augustei, c è la possibilità di individuare con buona credibilità alcune costanti che possono essere considerate senza troppe incertezze come linee di evoluzione attendibili. Da Catullo ad Ovidio aumentano i dattili, e crollano soprattutto le serie di 3 o 4 spondei consecutivi, mentre aumentano gli olodattilici e le serie di 4 dattili; molta attenzione viene dedicata all alternanza fra dattili e spondei; tendono a diminuire le sinalefi; fra le incisioni del terzo piede cresce il numero delle pentemimeri; fra i versi di Ovidio sono pochissimi quelli che non presentano incisioni nel terzo piede; al quarto piede Catullo fa registrare un numero relativamente alto di dieresi; nelle clausole dell esametro tendono a generalizzarsi i tre tipi cano-

14 266 GIOVANNI POLARA nici, mentre Catullo presenta ancora tipologie arcaiche destinate a scomparire. Nella distribuzione di dattili e spondei fra i vari piedi l esametro di Properzio e il pentametro di Tibullo presentano caratteristiche atipiche per quanto riguarda la presenza degli spondei al secondo piede; nelle clausole del pentametro, Catullo predilige più degli altri il polisillabo, mentre Ovidio è per i bisillabi, e Properzio evita l anapesto finale; Catullo mostra una notevole varietà di schemi verbali tra dieresi e clausola, sicché nessuna tipologia supera il 30% delle ricorrenze, mentre Ovidio è molto meno libero. Particolare interesse hanno i rilevamenti relativi a problemi già segnalati dagli antichi: Quintiliano segnalava come atipica, anche se non errata, la sillaba breve aperta come finale di verso, e in effetti i rilevamenti sui pentametri danno l 8% in Catullo, il 3-4% in Tibullo e Properzio e solo il 2% in Ovidio. La banca dati si presta anche a rilevamenti sintattici, che ci dicono ad esempio come tendano a divenire sempre più frequenti la pausa sintattica a fine pentametro e la collocazione di sostantivo e attributo in dieresi e clausola (con omoteleuto o senza); ma questa è solo una parzialissima elencazione di alcune delle tante preziose informazioni che Ceccarelli ci ha dato, e dalle quali non potranno prescindere i futuri studi sui distici augustei. Infine Carlo Santini, che con la sua relazione conclusiva ha incorniciato il Convegno all interno di un percorso tracciato già da Fedeli in apertura. Il suo Forme, voci, gesti in Properzio: l Anrede all amico rivale ha infatti preso le mosse dalle odi di Orazio per giungere al nostro poeta, tracciando una sorta di storia delle rappresentazioni del dialogo nella poesia lirica ed elegiaca della prima età augustea; ne sono emersi chiaramente il ruolo e le potenzialità della persona loquens e dell interlocuzione, che può avere come destinatari quegli amici-rivali a cui gli scorsi convegni hanno dedicato importanti relazioni. L inserimento di parti dialogiche rende infatti più ricco e complesso il ruolo del poeta, di cui si possono enfatizzare le funzioni pedagogiche e didascaliche e quindi il ruolo di maestro d amore, lungo un percorso destinato ad avere fortuna nella poesia elegiaca degli anni successivi. Con una serie di analisi delle varie elegie di Properzio in cui compaiono discorsi indirizzati ad amici di pari rango, compagni di studi, rivali, Santini ha approfondito il senso di queste inserzioni all interno delle strutture compositive di ognuna di esse, dei singoli termini che vengono impiegati per attirare l attenzione dell interlocutore, delle figure retoriche che ne rendono più vivace l andamento. Molto importanti sono stati i contributi che Santini ha recato alla migliore definizione del significato che hanno i vocativi, destinati a sta-

15 CONCLUSIONI 267 bilire un rapporto di solidarietà con il destinatario del discorso, una solidarietà che in qualche caso può perfino sfumare nella complicità, e all evoluzione del ruolo della persona loquens da libro a libro: un modo anche questo per affrontare il delicatissimo problema dei cambiamenti della poetica properziana con il procedere dell età dell autore e con il sopravvenire di avvenimenti esterni che lo costringono a correzioni di rotta. In questo modo il relatore, partendo da una tematica specifica e ben individuata, trattandola esaustivamente secondo le varie tipologie di interlocuzione, tutte dettagliatamente esemplificate e discusse nei loro sviluppi e nelle motivazioni che hanno indotto il poeta ad inserirle nel tessuto dei componimenti, ha affiancato efficaci ricostruzioni e quadri d insieme a puntuali analisi dei testi capaci di sollecitarne le venature più riposte. All inizio dei lavori Bonamente e Fedeli hanno espresso la loro convinzione che questo sarebbe stato uno dei più importanti fra i periodici convegni organizzati dall Accademia e dal Centro di Studi sulla poesia latina in distici elegiaci, e certamente è stato uno dei più vivaci e stimolanti per il confronto fra le diverse letture e per la provocazione a cercare gli usi sempre nuovi che si possono fare della tradizione, tentando di fornire risposte alle domande che gli antichi ci pongono in modo da conoscerli meglio, e attraverso loro conoscere meglio anche noi. Assai proficua è stata anche l indagine a cui sono stati sottoposte alcune parole chiave come cultura e identità, con le sottostanti realtà storiche, per mettere a fuoco i termini dell antitesi tradizione-innovazione: si può dire che, dopo queste giornate, non sono più parole scontate, innocenti, di unanime e anodina comprensione, e scegliere per l uno o l altro dei loro possibili valori è già uno schieramento, una presa di posizione. Dietro ogni interpretazione dell essere e del divenire c è un interpretazione del mondo che vale anche, o almeno spera di poter valere, come intervento sul reale; è questo il nostro modo di fare, che si dimostra alla lunga tanto meno superficiale e più duraturo delle vanterie degli ardaliones, meddlers per gli anglofoni, come ricorda il buon Forcellini, e fortuna delle parole in una vecchia edizione del Concise Oxford Dictionary la voce meddler è immediatamente seguita da media. Mentre altri si sforzano con fatica di conservare aperto lo stretto ponte fra il passato e il futuro, questi sono tutti occupati nel mostrarsi in azione mentre girano a vuoto nella migliore delle ipotesi, o combinano guai agli altri cercando di far bene a sé nella peggiore: come dimenticare la pointe conclusiva di Mart. IV 78, come sfuggire alle sue capacità evocative!

16 268 GIOVANNI POLARA Questo nostro lavoro, di cui nel convegno abbiamo avuto tanti ottimi esempi, ha lo straordinario pregio di agire sulle mentalità e sulle coscienze, a condizione che non lo interpretiamo come un gioco superficiale (ci sono anche i giochi molto profondi) o un semplice dovere professionale da svolgere per guadagnarsi lo stipendio, ma senza troppo impegno e senza rifletterci nemmeno un po. Tra l ormai scontato È necessario che tutto cambi perché tutto possa rimanere immutato e l abile copertura sotto il manto della continuità di presunte innovazioni che sono invece veri e propri tradimenti di regole profondamente presenti nelle coscienze rimane, come straordinaria arma di difesa contro il fare tanto per fare e il non fare per disperazione, l invito di Baruch Spinoza a conoscere e capire, a trascrivere e trasferire nel carattere della ragione la folla di dati e notizie che rischia di sommergerci con il suo rumore. Come sempre, il problema è di trovare una misura, e come sempre è necessario sentire quante più voci è possibile. È quello che ha fatto questo convegno, e ne ringraziamo tutti i relatori e gli organizzatori.

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