Giurisprudenza Trascrizione

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1 Matrimonio tra omosessuali TRIBUNALE DI GROSSETO 9 aprile 2014, ord. - Pres. ed Est. Ottati E trascrivibile l atto di matrimonio celebrato all estero tra persone omosessuali, non esistendo nell ordinamento italiano alcun impedimento alla trascrizione nei registri dello stato civile dell'atto di matrimonio contratto all estero, secondo le forme previste dalla legge straniera, non avendo la trascrizione natura costitutiva, ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé sulla base del principio tempus regit actum. Conforme Difforme Non si rinvengono precedenti in termini ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI Corte cost. 15 aprile 2010, n. 138, in Giust. civ., 2010, I, 1294; Cass. 15 marzo 2012, n. 4184, in Foro it., 2012, I, 2727 Il Tribunale di Grosseto Sciogliendo la riserva assunta all udienza del 3 aprile 2014 nel procedimento n. 113/2014 V.G., osserva: 1. Il provvedimento di rifiuto dell Ufficiale di Stato Civile del Comune di Grosseto di trascrivere nei registri dello stato civile l atto di matrimonio celebrato con rito civile il a New York (USA) tra i sigg. G. C. e S. B. si fonda sulle seguenti motivazioni: a) la normativa italiana non consente che persone dello stesso sesso possano contrarre matrimonio; b) non è possibile trascrivere l atto di matrimonio contratto all estero tra persone dello stesso sesso, in quanto nel nostro ordinamento non è previsto il matrimonio tra soggetti dello stesso sesso in quanto in contrasto con l ordine pubblico ; c) l art. 27 della legge n. 218 del 1995 dispone che la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio; d) non è applicabile, nel caso di specie, la normativa contenuta nella dichiarazione universale dei diritti dell uomo (CEDU), ancorché ratificata con la legge n. 849 del 1955, la quale la esclude stabilendo all art. 9 che il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l esercizio. Il Pubblico Ministero ha espresso parere sfavorevole in ordine all accoglimento del ricorso ex art. 95 del D.P.R. n. 396 del 2000 presentato dai sigg. C. e B. avverso il succitato provvedimento di rifiuto dell Ufficiale di Stato Civile del Comune di Grosseto sul presupposto che l ordinamento italiano non attribuisce effetti giuridici al matrimonio celebrato tra persone dello stesso sesso e, pertanto, la trascrizione di unioni omosessuali non è possibile. Sia l Ufficiale di stato Civile del Comune di Grosseto sia il Pubblico Ministero hanno fatto riferimento, tra l altro, alla sentenza n del della Corte di Cassazione. 2. Si osserva, innanzitutto, che il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso celebrato all estero non è inesistente per lo stato italiano (Cass. n. 4184/12) e non è contrario all ordine pubblico, come la Suprema Corte ha riconosciuto, sia pure non esplicitamente, nella seconda parte della motivazione della sentenza n. 4184/12 laddove ha richiamato la sentenza 24 giugno 2010 della Corte Europea dei diritti dell uomo (prima sezione, caso Shalk e Kopf c. Austria) con la quale è stato stabilito che la Corte non ritiene più che il diritto al matrimonio di cui all art. 12 della CEDU debba essere limitato in tutti i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto, ed ha affermato che il diritto al matrimonio riconosciuto dall art. 12 della CEDU ha acquisito un nuovo e più ampio contenuto, inclusivo anche del matrimonio contratto tra due persone dello stesso sesso. 3. La normativa di riferimento per la trascrizione degli atti di matrimonio celebrati all estero corrisponde, essenzialmente, alle seguenti disposizioni: a) l art. 18 del D.P.R. n. 396 del 2000, secondo cui gli atti formati all estero non possono essere trascritti se sono contrari all ordine pubblico; b) l art. 115 del codice civile, secondo cui il cittadino italiano è soggetto alle disposizioni contenute nella sezione I del capo III del titolo VI del libro primo anche quando contrae matrimonio in paese straniero secondo le forme ivi stabilite; c) l art. 27 della legge n. 218 del 1995, secondo cui la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio ; d) l art. 28 della legge n. 218 del 1995, secondo cui il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento ; e) l art. 65 della legge n. 218 del 1995, secondo cui hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando 672 Famiglia e diritto 7/2014

2 essi sono stati pronunciati dall autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producano effetti all ordinamento di quello Stato, anche se pronunciali da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa. 4. Alla luce delle sopra richiamate normative, il tribunale ritiene che l atto di matrimonio oggetto del ricorso dei sigg. C. e B. possa essere trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Grosseto, non essendo ravvisabile, nel caso di specie, alcuno degli impedimenti derivanti dalle stesse disposizioni in quanto: a) come chiarito al punto 2, il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso celebrato all estero non è contrario all ordine pubblico; b) nelle norme di cui agli artt. da 84 a 88 del codice civile non è individuabile alcun riferimento al sesso in relazione alle condizioni necessarie per contrarre matrimonio; c) l art. 27 della legge n. 218 del 1995 contiene un implicito richiamo alle condizioni necessarie per contrarre matrimonio di cui alla sezione I del capo III del titolo VI del libro primo del codice civile, dunque vale quanto precisato alla precedente lettera b); d) è incontestato che il matrimonio celebrato all estero è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo della celebrazione, come nel caso di specie; e) è incontestato che il matrimonio in oggetto è produttivo di effetti giuridici nell ordinamento dello Stato dove è stato celebrato e non è contrario all ordine pubblico; e non essendo previsto, nel nostro ordinamento, alcun ulteriore e diverso impedimento derivante da disposizioni di legge alla trascrizione di un atto di matrimonio celebrato all estero secondo le forme previste dalla legge straniera e che, quindi, spieghi effetti civili nell ordinamento dello Stato dove è stato celebrato, non avendo tale trascrizione natura costitutiva ma soltanto certificativa e di pubblicità di un atto già valido di per sé sulla base del principio tempus regit actum (Cass. n /13; Cass. n /98). P.Q.M. Ordina all Ufficiale di Stato Civile del Comune di Grosseto di trascrivere nei registri di stato civile il matrimonio contratto in data in New York (USA) con rito civile tra C. G., nato a Grosseto in data e B. S., nato a Fiesole (FI) il MATRIMONIO OMOSESSUALE: NOVITA DALL EUROPA? di Mario Segni Una clamorosa ordinanza del Tribunale di Grosseto ha disposto la trascrizione di un matrimonio omosessuale contratto all estero. E difficile che questa decisione modifichi la posizione della giurisprudenza, unanimemente orientata in senso contrario. Ma la giurisprudenza europea è in movimento, e sebbene riconosca agli Stati la competenza in materia matrimoniale, afferma nuovi diritti delle convivenze omosessuali. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittimo il divieto della fecondazione eterologa, si aprirà la strada per la procreazione assistita eterologa delle coppie omosessuali. Il caso (1) Cfr. Corte cost. 15 aprile 2010, n. 138, in Giust. civ., 2010, I, 1294, secondo cui è infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis e 156 bis c.c., nella parte in cui, sistematicamente interpretati, L ordinanza con la quale il Tribunale di Grosseto, il 3 aprile 2014, ha prescritto all ufficiale di stato civile di trascrivere il matrimonio contratto all estero da due persone dello stesso sesso ha avuto un ampio risalto. Sembra abbia avuto anche degli effetti concreti. A quanto si è appreso dalla stampa il Comune di Bari, che ha già istituito il registro delle unioni civili, starebbe considerando di ordinare all ufficio di stato civile di adottare questa prassi e quindi di accogliere immediatamente ogni richiesta di trascrizione di un matrimonio omosessuale contratto all estero. E possibile che il Comune di Bari metta in atto questo disegno e altri comuni seguano questa strada. Mi sembra difficile però che l ordinanza provochi un mutamento nell orientamento finora unanime con cui la giurisprudenza ha negato la trascrivibilità del matrimonio tra omosessuali. E prevedibile anzi che già l appello che la Procura ha proposto contro l ordinanza venga accolto. La materia, che recentemente è stata oggetto di ampio dibattito soprattutto sotto il profilo della costituzionalità delle norme che la disciplinano, è stata infatti compiutamente esaminata da due importanti sentenze, quella della Corte Costituzionale n. 138/2010 (1) e quella della Corte di Cassazione n. non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost. Famiglia e diritto 7/

3 4184/2012 (2). Due sentenze ampie e approfondite che hanno fornito una compiuta interpretazione della intera materia, e che non è facile rimettere in discussione. E contro le quali, per la verità, l ordinanza del Tribunale di Grosseto non ha fornito argomenti nuovi. (2) Cass. 15 marzo 2012, n. 4184, in Foro it., 2012, I, 2727, secondo cui non sussiste, nel caso di due cittadini italiani dello stesso sesso i quali abbiano contratto matrimonio all estero, il diritto alla trascrizione del relativo atto nel corrispondente registro dello stato civile italiano (la Cassazione ha ritenuto, in considerazione dell art. 12 Cedu come interpretato dalla corte europea dei diritti dell uomo, che la diversità di sesso dei nubendi L intervento della Corte costituzionale La sentenza della Corte Costituzionale n. 138/2010 fu accolta da un coro di critiche delle organizzazione impegnate nella difesa dei diritti omosessuali. Fu un fatto singolare perché quella sentenza in realtà segnò dei punti importanti nella definizione di questi diritti. Per la prima volta fu infatti stabilito che l unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso rientra tra le formazioni sociali di cui parla l art. 2 della Costituzione, e ha quindi diritto a un riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri. Siè quindi aperta la strada al riconoscimento giuridico della coppia di fatto omosessuale, come del resto accade in larga parte dei paesi europei. Naturalmente dopo avere indicato questo obiettivo come un traguardo necessario sotto il profilo costituzionale, la Corte non ha alcun potere di spinta sul Parlamento, e tutto rimane quindi soggetto alle iniziative politiche, che oggi sembrano più lontane che mai. Ma è sulla base di questo principio, peraltro mutuato dal diritto europeo, che si è affermata anche in Italia la regola per cui la coppia omosessuale deve avere lo stesso trattamento giuridico della coppia eterosessuale, e le prerogative che gradualmente (anche se molto lentamente) il nostro sistema accorda alle convivenze extramatrimoniali ricomprendono anche le convivenze omosessuali. Anche sotto il profilo concreto si è trattato quindi di una sentenza di grande importanza. Ma per quanto riguarda il matrimonio omosessuale la sentenza è stata chiarissima. La Corte era stata chiamata in causa da una serie di ordinanze che, muovendo dal presupposto che il sistema italiano costruisce il matrimonio come unione tra un uomo e una donna, sostenevano l incostituzionalità di tale sistema e chiedevano alla Consulta una declaratoria di illegittimità che estendesse al matrimonio omosessuale le regole di quello ordinario. La Corte accetta la premessa. Ricorda anzi che la giurisprudenza ha addirittura considerato la diversità di sesso tra i requisiti minimi indispensabili per ravvisare l esistenza del matrimonio. Chiarite in modo preciso le caratteristiche del matrimonio, la Consulta affronta l argomento più delicato, su cui si basavano in modo principale le ordinanze di rimissione alla Corte (argomento ripreso dalla ordinanza del tribunale di Grosseto), e cioè la tesi che il complesso di queste norme va interpretato tenendo conto delle profonde modifiche, intervenute nel costume e nella realtà sociale, che hanno portato ad una valutazione della convivenza omosessuale del tutto diversa da quella degli anni in cui furono emanate le norme del codice e la Costituzione. Si è sostenuta, in quelle ordinanze, una interpretazione che non rimanga cristallizzata al significato che le norme avevano in una realtà storica del tutto diversa, ma che tenga conto che nella cultura odierna anche le coppie omosessuali rientrano nel concetto di famiglia. Se questa fosse l interpretazione giusta, si afferma, le norme del codice civile che identificano il matrimonio con l unione tra uomo e donna sarebbero in contrasto con il significato attuale della Costituzione, e dunque illegittime. Ma anche su questo l interpretazione della Corte è netta. E vero, afferma la sentenza, che i concetti di matrimonio e di famiglia vanno interpretati tenendo conto anche della evoluzione della società e dei costumi. Ma detta interpretazione non può spingersi fino al punto di incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerate in alcun modo quando fu emanata. Così facendo non si compirebbe una semplice rilettura del sistema o si abbandonerebbe una mera prassi interpretativa, ma si procederebbe ad una interpretazione creativa. La sentenza della Cassazione e i precedenti della CEDU Dopo che la Consulta aveva chiarito in modo così netto il significato delle norme sul matrimonio e la loro costituzionalità, la Cassazione non poteva che proseguire sullo stesso solco. Essa giudicava su non può essere ritenuta come requisito minimo indispensabile per l «esistenza» del matrimonio civile ed ha quindi affermato che l intrascrivibilità delle unioni omosessuali dipende non più dalla loro «invalidità», bensì dalla loro «inidoneità» a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell ordinamento italiano, correggendo in tal senso, ex art. 384, 4ş comma, c.p.c., la motivazione in diritto del decreto impugnato). 674 Famiglia e diritto 7/2014

4 una fattispecie identica a quella vista dal Tribunale di Grosseto, e cioè una richiesta di trascrizione di un matrimonio omosessuale contratto all estero. Una volta ribadito che nel nostro ordinamento la diversità di sesso è condizione di esistenza del matrimonio, la conclusione era doverosa, e si trattava di scegliere solo gli argomenti per motivarla. La intrascrivibilità di tale atto dipende non già dalla sua contrarietà all ordine pubblico, si legge nella sentenza, ma dallapreviaepiùradicaleragione della sua non riconoscibilità come atto di matrimonio nell ordinamento italiano. La contrarietà all ordine pubblico è quindi un fatto irrilevante; non viene nemmeno esaminata perché superflua di fronte alla considerazione più drastica, la inesistenza di una fattispecie matrimoniale. Vi è tuttavia un punto su cui la Cassazione, pur muovendosi sulla stessa linea, contiene affermazioni nuove, ed è quello della valutazione delle sentenze emesse dalla CEDU. Punto importantissimo, perché è proprio su questo terreno che sono arrivate le spinte più forti al cambiamento. La Consulta aveva affrontato il tema della compatibilità del nostro sistema matrimoniale con i principi della Carta dei diritti e della Carta di Nizza. Le norme da considerare, dice la Consulta, sono gli art. 12 della Convenzione europea e 9 della Carta di Nizza. Ma il contrasto è escluso, conclude la Corte, perché l art. 9, nell affermare il diritto di sposarsi, rinvia alle leggi nazionali per la disciplina dell esercizio di tale diritto, sicché la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento. MalasentenzaCEDU cui le ordinanze rinviavano a sostegno delle loro tesi (Goodwin c. Regno Unito, 11 luglio 2002), riguardava in realtà una fattispecie diversa da quella che stiamo qui esaminando, e cioè il caso del matrimonio di un transessuale con persona del suo sesso originario dopo la operazione che aveva portato al mutamento del sesso; problema, come rileva la Consulta, disciplinato initaliadaunaapposita legge (la n. 164 del 1982), e quindi non rilevante nella problematica in discussione. Dopo la sentenza della Consulta invece lo specifico tema del matrimonio tra omosessuali era stato direttamente affrontato da una sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani. Si tratta di una sentenza importante, Schalk c. Gov. Austria (3), che la Cassazione ha esaminato con attenzione. Il problema che ci interessa ha una chiara soluzioneinquestasentenzacedu.e stata la prima pronuncia sulla legittimità del non riconoscimento di matrimoni omosessuali. La questione nasceva dalla richiesta di due cittadini austriaci dello stesso sesso di contrarre matrimonio. Dal 2010 l Austria ha riconosciuto e ricollegato importanti effetti alla unione omosessuale, ma non contempla la possibilità del matrimonio. Di fronte al rifiuto degli organi giudiziari austriaci di superare questa regola le parti hanno ricorso alla Corte dei Diritti appellandosi alle norme europee che sanciscono il diritto generalizzato a contrarre matrimonio e a fondare una famiglia. La Corte ha affermato che le norme in questione (art. 12 della Convenzione Europea e art. 9 della Carta di Nizza) si riferiscono anche alle coppie omosessuali, e ha stabilito quindi un nuovo principio nel sistema europeo. Ma ha precisato che non può derivare da tale interpretazione permissiva una norma impositiva di un obbligo positivo verso gli Stati membri traducibile nella necessità di adottare una normativa nazionale in questo senso. La scelta sulla adozione o meno del matrimonio omosessuale rientra necessariamente nella discrezionalità del legislatore interno.. Gli argomenti del Tribunale di Grosseto Pur con sfumature e motivazioni parzialmente diverse le due sentenze italiane giungono quindi a conclusioni identiche. Stupisce che il Tribunale di Grosseto abbia trovato argomenti a sostegno in qualcuna delle lunghe argomentazioni svolte dalla Cassazione. Si dice ad esempio che secondo la Suprema Corte il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è contrario all ordine pubblico. In realtà, come si è detto, la Corte evita di esaminare questo profilo perché ravvisa un previo e più grave argomento che chiude la questione, e cioè la non riconoscibilità di questa fattispecie come atto di matrimonio dell ordinamento italiano. Edèveroche, dopo avere inizialmente ribadito la inesistenza del matrimonio, corregge nell ultima pagina il concetto precisando che dopo la sentenza della Corte Europea, piuttosto che di inesistenza si deve parlare di inidoneità delle unioni omosessuali a produrre, quali atti di matrimonio, qualsiasi effetto giuridico nell ordinamento italiano. Francamente faccio fatica a comprendere la differenza tra inesistenza giu- (3) Corte europea diritti dell uomo 24 giugno 2010, Schalk c. Gov. Austria, innuova giur. civ. comm., 2010, I, 1137, con nota di Winkler, secondo cui Il diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali pone la qualifica di «famiglia» anche alle unioni formate da persone dello stesso sesso. Famiglia e diritto 7/

5 ridica e inidoneità a produrre qualsiasi effetto giuridico.laveritàècheleduesentenzesonogranitiche e non lasciano alcuno spiraglio a interpretare diversamente il nostro sistema matrimoniale. Sul piano del diritto matrimoniale la situazione è quindi immobile; è in largo sviluppo invece il riconoscimento dei diritti delle convivenze omosessuali fuori del matrimonio. Ravvisando queste convivenze tra le formazioni sociali di cui all art. 2 della Costituzione, la Corte ha infatti esteso a queste ipotesi tutti gli effetti giuridici che vengono ricollegati ad una convivenza tra sessi diversi. Le organizzazioni che si battono per questi diritti hanno raggiunto risultati importanti, sia in singoli casi, sia nell ottenere provvedimenti amministrativi che garantiscano questa tutela. Va ricordata, ad esempio, la circolare del Ministero dell Interno che prescrive la concessione del permesso di soggiorno al convivente, sia eterosessuale che omosessuale (n del 2012). In questo senso dunque, l ordinanza di Grosseto, anche se non scalfirà la posizione della giurisprudenza, sarà uno dei tanti eventi di cui si compone questo lungo cammino per il riconoscimento di questi diritti. Uno sguardo all Europa Ma se il sistema italiano rimane immutato, in forte movimento è invece quello europeo. Come si sa è dall Europa che è venuta la spinta decisiva per il riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali, ed è in questa scia che la Corte Costituzionale ha emesso nel 2010 la sentenza n. 138 che ha inquadrato le convivenze di persone dello stesso sesso tra le formazioni sociali previste dall art. 2 della Costituzione. La posizione della giurisprudenza europea, abbiamo detto, è quella espressa dalla sentenza Schalkc.Gov.Austria:competenzadei parlamenti nazionali sulla disciplina del matrimonio, e quindi discrezionalità degli stati nell includervi o meno la convivenza omosessuale. Ma totale parificazione tra le due fattispecie fuori del matrimonio, e quindi estensione alle coppie dello stesso sesso di tutti i diritti accordati alla convivenza eterosessuale. Naturalmente il cammino è a volte tortuoso, non perfettamente regolare, come è logico d altra parte in un sistema complesso come quello europeo. Nella recentissima sentenza Vallianatos e altri c. Gov. Grecia (4) la Corte ha accolto il ricorso di alcune coppie omosessuali greche che, non potendo iscriversi al registro delle unioni civili riservato dalla legge greca alle coppie eterosessuali, hanno sostenuto la violazione degli artt. 8 e 14 CEDU. La decisione anzi è stata presa direttamente dalla Grande Chambre, forse proprio per sottolineare l importanza del problema. Ma pur ribadendo il principio della parificazione tra coppie omo e eterosessuali, la Corte ha affermato la possibilità dei legislatori nazionali di disporre eccezioni, purché siano adeguatamente motivate secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità (che nella fattispecie concreta non vengono ravvisati). E soprattutto si è limitata a sancire soltanto un obbligo risarcitorio a carico dello Stato greco. Vi erano una serie di problemi di competenza, poiché i ricorrenti non avevano adito il giudice interno ricorrendo direttamenteallacorte.manonc è dubbio che, come viene ammesso nella stessa sentenza, la Corte ha disposto una tutela insufficiente dei diritti dei ricorrenti (5). I problemi ancora irrisolti Ma nello stesso periodo, cioè nel 2013, due altre sentenze hanno stabilito nuovi principi. Le decisioni non riguardano specificamente la questione che stiamo esaminando, e cioè il riconoscimento del matrimonio omosessuale. Concernono però i diritti di queste convivenze. La prima, emessa dalla CE- DU, riguarda la adozione da parte del partner di unacoppiaomosessualedelfigliodell altra (6). La seconda emessa invece dalla Corte di giustizia dell Unione Europea estende alla coppia omosessuale iscritta nel registro delle unioni civili, che secondo la legislazione (francese) vigente allora non poteva sposarsi, i benefici accordati per il matrimonio, e cioè una somma a titolo di premio di matrimonio e un indennizzo per i giorni di congedo straordinario (7). (4) Corte europea diritti dell uomo 7 novembre 2013, Vallianatos e altri c. Grecia, Ric. nn /09 e 32684/09. (5) R. Conti, La Corte dei diritti umani e le unioni civili negate, reperibile su (6) Corte europea diritti dell uomo 19 febbraio 2013, X e altri c. Austria. (7) Corte di giustizia UE 12 dicembre 2013, C-267, Hay, reperibile su , secondo cui L art. 2, par. 2, lett. a), direttiva 2000/1/78/Ce del consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una disposizione di un contratto collettivo, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, a termini della quale a un lavoratore dipendente unito in un patto civile di solidarietà con una persona del medesimo sesso sono negati benefici, segnatamente giorni di congedo straordinario e premio stipendiale, concessi ai dipendenti in occasione del loro matrimonio, quan- 676 Famiglia e diritto 7/2014

6 La legittimità degli omosessuali, sia del singolo che della coppia, ad ottenere la adozione è il punto centrale del dibattito odierno circa il riconoscimento dei loro diritti. Sono ben note le riserve e le contrarietà sulla idoneità di una coppia dello stesso sesso a svolgere compiutamente la funzione educativa. Confesso, per dovere di chiarezza, che pur essendo sostenitore della necessità di dare in Italia un riconoscimento giuridico alle convivenze extramatrimoniali, sia etero che omosessuali, mi chiedo se sia nell interesse del minore affidarne la educazione ad una coppia dello stesso sesso. L interesse della sentenza è quindi molto alto, perché pur riferendosi ad una questione particolare della legislazione austriaca, manifesta con chiarezza la posizione della Corte sui punti essenziali di un problema che non è solo giuridico, ma politico e sociale. Il caso nasce dalla domanda del partner di una coppia femminile omosessuale di adottare il figlio naturale dell altro partner. Il sistema di quel paese, l Austria, consente la adozione sia alla coppia sposata, sia alle convivenze extramatrimoniali, sia ai singoli, e nessun limite sussiste ai singoli e alle coppie omosessuali. Ma una norma del codice civile (art. 182) dispone che la adozione di un minore riconosciuto da entrambi i genitori estingue il legame giuridico tra l adottante e il genitore dello stesso sesso. Di conseguenza, in questo caso, la adozione avrebbe interrotto il legame con la madre biologica, cioè con uno dei due componenti della coppia che chiedeva la adozione. Ovviamente costoro chiedevano non questo risultato, ma la cessazione del legame con il padre naturale e l inserimento del minore nella loro comunità. I giudici austriaci respingono a tutti i livelli la richiesta e i ricorrenti adiscono la Corte Europea dei diritti umani sostenendo che la norma prima richiamata esclude per la coppia omosessuale la adozione coparentale (è questo il termine della adozione del figlio naturale del partner). La Corte, come ho detto, accoglie il ricorso. Il ragionamento della Corte parte dalla affermazione che la relazione esistente tra una coppia omosessuale che convive di fatto in maniera stabile rientra nella nozione di vita famigliare così come quella di una coppia eterosessuale che si trova nella stessa situazione. Quando un minore vive insieme a loro, la vita famigliare comprende anche quest ultimo. do la normativa nazionale dello stato membro interessato non consente alle persone del medesimo sesso di sposarsi, allorché, alla luce della finalità e dei presupposti di concessione di La seconda affermazione è che le coppie omosessuali (o se si preferisce le vite familiari tra persone dello stesso sesso) hanno gli stessi diritti delle convivenze eterosessuali. Il principio non è assoluto, tollera delle eccezioni che abbiano le caratteristiche della proporzionalità e della ragionevolezza. Ancora una volta la Corte ribadisce che nella disciplina del matrimonio vi è competenza e discrezionalità degli Stati. Se ad esempio l Austria avesse riservato il diritto alla adozione alle coppie sposate la Corte non avrebbe obiettato. Ma così non è perché l Austria riconosce le convivenze sia omo che eterosessuali e in ambedue i casi consente la adozione. Anche altre esigenze consentirebbero differenze di trattamento. Tale è l interesse del minore, sicché in presenza di questa è ammessa una differenza di trattamento tra soggetti nella stessa situazione. Ma in questo caso, precisa la Corte, il vero e l unico punto determinante è stato il sesso, e se è così si è violato il principio della non discriminazione. Da un punto di vista logico si è seguito il ragionamento già fatto altre volte sulla parità di trattamento e l obbligo di non discriminazione. Ma guardando al contenuto si è precisata una affermazione importantissima sui vari aspetti del dibattito. Affermando che di fronte ad una richiesta di adozione di una coppia omosessuale bisogna verificare in concreto se sussista o meno un interesse del minore, la Corte esclude che l inserimento di un minore in una famiglia comunità omosessuale sia comunque di per sé un fatto nocivo. Sotto questo profilo la posizione delle coppie omosessuali e di quelle eterosessuali viene assolutamente parificata. E in concreto, e su altri elementi, che il giudice dovrà valutare la idoneità dei richiedenti. Il concetto fondamentale delle correnti che ritengono comunque nocivo l affidamento alla coppia omosessuale è escluso. Vi è di più. Il Governo austriaco aveva obiettato che la norma in questione (art. 182) non esclude solo il partner omosessuale, ma anche la sorella, la cugina, la zia della madre biologica, quindi qualunque donna, e che non vi è quindi una esclusione della sola coppia omosessuale. Vero, ribatte la Corte, ma solo nel caso della coppia omosessuale viene negata la adozione ad una comunità che rappresenta una vita familiare, che non esiste invece nel caso in cui la madre biologica conviva con la sorella, la zia, e così via. Il concetto di vita familiare costituita dalla coppia tali benefici, detto lavoratore si trova in una situazione analoga a quella di un lavoratore che contragga matrimonio. Famiglia e diritto 7/

7 dello stesso sesso (quella che la nostra Costituzione definisce formazione sociale ) viene portato alle sue ultime conseguenze, e nessuna disparità di trattamento è ammessa nei confronti della vita familiare rappresentata dalla coppia eterosessuale. La seconda sentenza della Corte di giustizia dell Unione Europea riguarda un caso meno eclatante, ma contiene un principio giuridico di grande rilievo. Il dipendente di una banca francese contrae e iscrive nel registro delle unioni civili un PACS con persona dello stesso sesso. Il fatto avviene prima della approvazione della legge che ammette il matrimonio omosessuale. Il dipendente chiede di usufruire delle agevolazioni che il contratto collettivo riconosce a chi contrae matrimonio, e cioè un aumento dello stipendio e un congedo matrimoniale. Dopo il rifiuto del datore di lavoro il dipendente adisce l autorità giudiziaria. In ultima istanza la Cassazione formula alla Corte di Giustizia europea un quesito chiedendo se il diverso trattamento previsto in questo caso dal contratto collettivo costituisca una discriminazione basata sul sesso e sia quindi in contrasto con le norme della Convenzione. La CEDU dà una risposta positiva. La sentenza muove ancora una volta dalla premessa, divenuta in Europa ormai giurisprudenza costante, della parificazione tra le convivenze eterosessuali e quelle omosessuali all interno della PACS. La particolarità di questo caso è nel fatto che la coppia omosessuale non poteva sposarsi, e quindi non poteva accedere alle facilitazioni concesse per il matrimonio alle quali invece una coppia eterosessuale poteva arrivare sposandosi. E qui che la Corte europea ravvisa la discriminazione. Si giunge quindi alla singolare conclusione secondo cui la coppia omosessuale ha diritti che non competono automaticamente a quella eterosessuale, la quale solo attraverso il matrimonio può ottenere gli stessi risultati. Tutto questo è in armonia con la costruzione generale elaborata dalla CEDU. E tuttavia viene affermato un principio nuovo. I conviventi omosessuali non hanno diritto al matrimonio perché viene riconosciuta la competenza degli Stati a decidere in materia. Ma, almeno in questo caso, alla coppia dello stesso sesso vanno ricondotti gli effetti derivanti da quel matrimonio al quale non ha accesso. Il divieto di accedere allo stato matrimoniale non preclude quindi il diritto di acquisirne gli effetti. La situazione italiana Come ho detto all inizio, la situazione della legislazione e della giurisprudenza italiana è del tutto immobile, e almeno nei tempi brevi nulla lascia presagire cambiamenti. Ma è difficile capire se e quanto la cittadella italiana resisterà alla marea montante europea che si muove sempre più velocemente verso la totale parificazione giuridica della coppia omosessuale a quella eterosessuale. Alle spinte che vengono dall Europa si è aggiunto nelle ultime settimane un fatto del tutto nuovo, che non concerne direttamente il tema che stiamo trattando, ma che in modo indiretto modifica sensibilmente il quadro complessivo: la sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014, che ha dichiarato l illegittimità delle norme che vietano la fecondazione eterologa. Sotto il profilo strettamente giuridico le due ipotesi sono diverse e non vi è alcun nesso tra le due. Ma sotto il profilo sostanziale dei valori e dei principi che sono alla base del sistema le cose cambiano. Intanto viene esteso il confine della vita familiare, che sinora comprendeva la coppia eterosessuale e i figli generati con i rispettivi semi, sia nella procreazione naturale sia in quella assistita. La vita familiare ricomprende adesso anche la procreazione eterologa, e quindi un figlio prodotto con seme altrui. Ma soprattutto la applicazione dei principi europei porta a concludere che anche la coppia omosessuale, se formata da due donne, può accedere alla procreazione assistita. La legge n. 40, all art. 5, dispone che possono accedere alla procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.. La estensione dei diritti della coppia eterosessuale a quella omosessuale è ormai un principio acquisito della giurisprudenza della Corte, e il divieto viene considerato un atto di discriminazione. Il problema non si è sinora posto perché la coppia omosessuale deve necessariamente ricorrere alla fecondazione eterologa, sinora vietata dalla legge n. 40. Ma dopo la sentenza della Corte il divieto non esiste più. E facile prevedere che la questione sarà portata ai giudici italiani e sollevata, dapprima davanti alla Corte Costituzionale e in seguito di fronte alla Corte di Strasburgo. Il principio non sempre viene applicato in modo tassativo, come si è visto nel caso delle coppie omosessuali greche in cui è stata ammessa, in via di ipotesi, una deroga della legislazione nazionale nel limite della ragionevolezza e della proporzionalità. Ma sarà possibile formulare in questo caso una difesa rispettosa di questi limiti? Non è facile, perché il vero argomento spendibile sembra essere quello della inidoneità della coppia omosessuale alla educazione dei figli. Argomento che oltre 678 Famiglia e diritto 7/2014

8 che essere contraddetto dalle legislazioni dei paesi che ammettono la adozione della coppia dello stesso sesso, è ormai esplicitamente respinto dalla CE- DU. E nella sentenza Vallianatos e altri c. Gov. Grecia la Corte indica uno dei motivi di fondo che la spinge ad una posizione sempre più rigida: il fatto che siano soltanto due i paesi della UE che limitano le unioni civili alle coppie eterosessuali, la Grecia e la Lituania. Si tratta di materie in cui l evoluzione sociale è rapida, osserva la Corte, e in cui la legislazione deve recepire i mutamenti sociali. E il mutamento è verso la parificazione tra i due tipi di coppia. L Italia è sinora sfuggita alle decisioni della CE- DU perché, unico tra i paesi europei, non ha alcun riconoscimento delle convivenze fuori del matrimonio, e non offre quindi l appiglio a sentenze che colpiscano la discriminazione. Ma se in qualche modo si arriverà a riconoscere alla coppia omosessuale il diritto di ricorrere alla procreazione assistita, verranno meno le ragioni di fondo per negarle il diritto alla adozione, e forse allo stesso matrimonio. Il cavallo di Troia sarà quindi già entrato nella fortezza. Peraltro la realtà concreta si muove più velocemente. A gennaio la stampa umbra ha dato notizia dell imminente nascita della figlia di una coppia omosessuale, frutto di una procreazione assistita, evidentemente fatta all estero (8). Ancora più clamorosamente la Cassazione, con sentenza n. 601 del 11 gennaio 2013, ha respinto il ricorso del padre contro l affidamento del bambino alla madre omosessuale. Naturalmente la decisione non può avere giuridicamente sviluppi ulteriori sino a che la adozione è riservata alle coppie sposate, ma la Cassazione adotta nella motivazione il principio che ha portato le corti europee a giudicare discriminatoria ogni differenza di trattamento tra coppie etero ed omosessuali rispetto all affidamento e alla educazione dei figli. Il ricorso, scrive la Corte, non ha alla base certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino. Sarebbe molto meglio per l Italia che il Parlamento si decidesse ad affrontare il tema e a prendere le sue decisioni, piuttosto che vederci imporre le scelte dalle corti europee. (8) Cfr. l articolo reperibile su Famiglia e diritto 7/

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