LE STRATEGIE MACROREGIONALI COME NUOVO MODELLO DI COOPERAZIONE TERRITORIALE IN EUROPA.

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MILANO FACOLTA DI SCIENZE POLITICHE, ECONOMICHE E SOCIALI CORSO DI LAUREA SCIENZE INTERNAZIONALI ED ISTITUZIONI EUROPEE LE STRATEGIE MACROREGIONALI COME NUOVO MODELLO DI COOPERAZIONE TERRITORIALE IN EUROPA. IL CASO DELLA MACROREGIONE ALPINA Elaborato di: Gabriele Chiarello Relatore: Ilaria Madama Anno scolastico: 2011/2012

2 Le Strategie Macroregionali come Nuovo Modello di Cooperazione Territoriale in Europa. Il Caso della Macroregione Alpina Indice Introduzione La Cooperazione Territoriale Europea Le Strategie Macroregionali come Strumento di Cooperazione Territoriale L Integrazione Europea e il Rafforzamento del Ruolo delle Regioni Le diverse Forme di Cooperazione Territoriale tra le Regioni Macroregioni e Strategie Macroregionali Concetto e Definizione di Macroregione Le Strategie Macroregionali dell UE La Macroregione del Mar Baltico La Macroregione Danubiana Definire le Strategie Future La Macroregione Alpina Storia della Cooperazione Territoriale nel Territorio Alpino Costruire la Macroregione Alpina La Conferenza delle Regioni Alpine a Bad Ragaz Strategia Macroregionale per le Alpi: un Iniziativa delle Regioni L Intervista agli Esperti e la Conferenza tecnica del 22 febbraio 2013 a Milano Un Bilancio sulle Macroregioni: Sfide, Criticità, Conclusioni Appendice Bibliografia

3 Introduzione Recentemente è emersa nella politica regionale dell Unione Europea una nuova nozione di cooperazione territoriale: la Strategia macroregionale. Il primo esempio si è avuto con la presentazione nel giugno 2009 della Strategia dell UE per la Regione del Mar Baltico da parte della Commissione Europea; sempre quest ultima ha approvato la Strategia dell UE per la Regione Danubiana nel dicembre Queste strategie individuano per delle grandi aree transnazionali, denominate Macroregioni, una serie di opportunità, problematiche e sfide comuni che si devono affrontare attraverso un coordinamento più efficace di tutti i livelli di governo ed il coinvolgimento degli attori socio-economici presenti su quel determinato territorio. Tale nuovo modello di cooperazione viene osservato con interesse da altri territori che ora vorrebbero importarlo, come ad esempio le regioni dell arco alpino che si stanno attivando affinché si elabori anche per le Alpi una Strategia macroregionale europea. L obiettivo del presente elaborato è dunque quello di indagare le Strategie macroregionali, sulla base di quelle già adottate, evidenziandone le peculiarità che le contraddistinguono dalle forme di cooperazione territoriale finora conosciute ed esaminandone eventuali aspetti critici. Quali sono le loro caratteristiche principali? Che tipo di struttura di governance presentano? Perché questi nuovi strumenti dovrebbero apportare un valore aggiunto a tutta l Unione Europea? Si cercherà di rispondere a queste domande tenendo particolarmente in considerazione il ruolo che gli enti sub-nazionali rivestono nelle fasi di elaborazione e di attuazione delle strategie. Sarà inoltre dato ampio spazio all indagine sulle fasi iniziali del processo che condurrà alla nascita della Macroregione Alpina, analizzando le condizioni di partenza, i soggetti promotori ed in generale il dibattito in corso. Il Capitolo 1 inquadra le Strategie macroregionali in qualità di strumenti per la cooperazione territoriale; seguirà una breve analisi storica del rapporto instauratosi tra l Unione Europea e le regioni, con particolare riguardo all evoluzione del ruolo di quest ultime nei tempi recenti ed alle forme di cooperazione territoriale da esse sperimentate (e dall UE favorite). 3

4 Il Capitolo 2 approfondisce le Strategie macroregionali, prima spiegando il concetto e la definizione di Macroregione, poi elencando le caratteristiche principali di una Strategia macroregionale dell UE; seguirà dunque un analisi delle Strategie già adottate nonché un anticipazione sulle prospettive per l approvazione in futuro di nuove Strategie. Il Capitolo 3 è incentrato sulla Macroregione Alpina: in primo luogo verranno descritti gli organismi più significativi della storia della cooperazione territoriale nelle Alpi; in secondo luogo verrà fatta luce sul dibattito in corso, sia presentandone i protagonisti, sia rielaborandone cronologicamente le tappe principali del percorso, di cui la Conferenza di Bad Ragaz del giugno 2012 è la più importante. L esposizione è arricchita da un intervista ai tecnici competenti della Regione Lombardia (in Appendice la versione integrale). La tesi si conclude con il Capitolo 4 dove dopo aver messo in evidenza gli aspetti critici riscontrati da alcuni autori, vengono avanzate alcune considerazioni sulla ricerca svolta. 4

5 1. La Cooperazione Territoriale Europea 1.1 Le Strategie Macroregionali come Strumento di Cooperazione Territoriale Le Strategie macroregionali sono uno strumento di cooperazione territoriale emerso nell ambito dell Unione Europea e si collocano nel quadro delle politiche regionali comunitarie. Prima di poter procedere nell analisi delle caratteristiche principali, degli obiettivi e degli elementi critici delle Strategie macroregionali dell UE, è dunque necessario chiarire il contesto nel quale queste sono state proposte. In particolare esse, così come suggerito dalla Commissione Europea stessa, sono state concepite come metodo per rafforzare la coesione territoriale 1 all interno dell UE. Con il Trattato di Lisbona del 2007, l obiettivo della coesione ha di fatti assunto una terza dimensione, quella territoriale appunto, che si è andata ad affiancare al binomio socio-economico 2 presente già dall Atto Unico Europeo del La coesione territoriale ha dunque acquisito una dimensione propria e il fatto che, come si vedrà tra poco, le Istituzioni Europee hanno elevato la cooperazione territoriale ad obiettivo comunitario, è espressione di una chiara volontà di mettere la questione in una posizione centrale e quindi rappresenta una discontinuità con il passato. La nozione di coesione economica e sociale è stata una presenza costante nella storia della Comunità; fin dal preambolo del Trattato di Roma del 1957 figurava la necessità di garantire uno sviluppo armonioso del territorio comunitario dell UE. L idea di fondo è sempre stata quella di sostenere una politica finalizzata alla promozione di uno sviluppo equilibrato, armonioso e sostenibile della Comunità, che riducesse le disuguaglianze tra le diverse regioni europee. In questo senso si può affermare che la Comunità Europea ha fatto delle regioni degli interlocutori privilegiati, al fine di promuovere uno sviluppo locale in grado di superare i confini tra Stati membri, ritenendo più efficace un azione che veda come protagoniste aree territoriali contigue, accumunate da problematiche simili, piuttosto che interi territori statali, considerati separatamente l uno dall altro (Berionni 2012). Attraverso l istituzione di 1 European Commission 2009, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, The European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions European Union Strategy for the Baltic Sea Region, Brussels, , COM(2009) 248 final. 2 Art. 3.3 TUE: Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri. 5

6 programmi e finanziamenti appositi rivolti in questa direzione, di cui l istituzione del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale nel 1975, che ha dato ufficialmente vita alla politica regionale europea, è espressione fondamentale, la Comunità Europea, gli Stati e soprattutto le autorità regionali e locali hanno maturato un importante esperienza in tema di cooperazione. La cooperazione territoriale europea è un elemento centrale per la costruzione di uno spazio comune europeo e un pilastro dell'integrazione europea, alla quale apporta un chiaro valore aggiunto sotto varie forme: contribuisce a garantire che le frontiere non diventino barriere, avvicina gli europei tra loro, favorisce la soluzione di problemi comuni, facilita la condivisione delle idee e delle buone pratiche ed incoraggia la collaborazione strategica per realizzare obiettivi comuni 3. Recentemente le Istituzioni Europee, per mettere in evidenza la questione, hanno elevato la cooperazione territoriale europea ad obiettivo strutturale comunitario: ora rientra tra gli obiettivi fissati nella programmazione della Politica di Coesione Attraverso la Cooperazione territoriale, terzo obiettivo insieme a Convergenza e Competitività regionale e occupazionale, si mira a rafforzare la cooperazione transfrontaliera mediante iniziative congiunte locali e regionali, a rafforzare la cooperazione transnazionale mediante azioni volte allo sviluppo territoriale integrato connesse alle priorità comunitarie e a rafforzare la cooperazione interregionale e lo scambio di esperienze al livello territoriale adeguato 4. Le Strategie macroregionali, come sostenuto fin dal principio, sono dunque riconducibili a questo obiettivo. Considerando che gli enti regionali e locali sono stati i principali protagonisti della cooperazione territoriale europea e presumendo perciò che essi dovrebbero rivestire un importante funzione anche all interno delle Strategie macroregionali dal momento in cui quest ultime, come si vedrà, puntano ad un approccio territoriale fondato sul principio place-based, seguirà un esposizione sull evoluzione del ruolo e del peso politico di tali enti rispetto l avanzamento del processo d integrazione europea; verranno inoltre illustrate nei loro elementi essenziali le principali forme di cooperazione sorte in Europa tra le regioni (Associazioni di Regioni, Comunità di lavoro, Euroregioni, Programmi INTERREG, GECT), cosicché potranno successivamente risultare più chiare le differenze con le neonate Macroregioni. 3 Fonte: 4 Reg. CE n. 1083/2006, art. 3, comma 2, lettera c). 6

7 1.2 L Integrazione Europea e il Rafforzamento del Ruolo delle Regioni In questo paragrafo si analizza l evoluzione nel contesto europeo del rapporto instauratosi tra il livello di governo sovranazionale e quello sub-statale in quanto con l avanzamento dell integrazione europea si è assistito parallelamente oltre che ad un processo di rafforzamento del ruolo degli enti regionali rispetto ai propri governi centrali, ad un aumento degli organismi di rappresentanza di tali enti, nonché al tentativo di influenza degli stessi sul processo di decision-making comunitario. Negli ultimi quarant anni in quasi tutti gli Stati europei si è assistito ad una qualche forma di decentramento dei poteri in favore di entità che si possono ricondurre sotto la comune denominazione di regioni, intese in questo contesto secondo la definizione data dall Assemblea delle Regioni d Europa, ovvero l ente pubblico territoriale di livello immediatamente inferiore a quello dello Stato, dotato di auto-governo politico 5. Nel tempo le regioni stesse hanno acquisito una crescente consapevolezza sul ruolo che potevano svolgere all interno (nonché all esterno) del continente, e al tempo stesso sono sempre più risultate un importante risorsa tanto per l Unione Europea quanto per gli Stati membri. Solo dagli anni Ottanta però, dopo una fase iniziale di esclusione, esse sono state prese maggiormente in considerazione proprio grazie allo sviluppo delle politiche regionali comunitarie. A partire dalla loro introduzione le politiche regionali europee hanno offerto nuovi spazi di azione ai livelli di governo regionali, nonché la possibilità di sperimentare nuove strategie per lo sviluppo del territorio (Berionni 2012). Il processo di regionalizzazione è stato quindi favorito anche da una serie di interventi ed iniziative provenienti dal livello europeo 6. La posizione che oggi le regioni occupano in ambito europeo è frutto di un evoluzione storica non priva di ostacoli 7. I passi compiuti dalle regioni per rafforzare il proprio peso in Europa sono stati vari: innanzitutto hanno stretto rapporti tra loro, realizzando una rete multiforme di cooperazioni in quella che viene designata come «integrazione orizzontale» (su questo aspetto si rinvia al prossimo paragrafo); in secondo luogo hanno creato organismi di rappresentanza e di difesa dei propri interessi nei confronti dei rispettivi Stati e, poi, 5 ARE, Dichiarazione dell Assemblea delle Regioni d Europa sul Regionalismo in Europa, Basilea, 4 novembre 1996, in 6 Sul rapporto tra il processo di regionalizzazione e di integrazione europea si veda in particolare: Caciagli M., Integrazione europea e identità regionali, Working Paper n. 1/2001, CIRES. 7 Per un approfondimento a riguardo si propone in particolare: Caciagli M., Regioni d Europa. Devoluzioni, regionalismi, integrazione europea, Il Mulino,

8 dell Unione Europea 8 ; infine hanno cercato di ottenere dall UE il riconoscimento di una rappresentanza istituzionale, formalmente il passo più importante per il conseguimento dell «integrazione verticale» (Caciagli 2006). Come già si è detto, le Istituzioni europee hanno dato una svolta alla collaborazione con le regioni a partire dagli anni Ottanta, ovvero durante la Commissione Delors. L Atto Unico Europeo del 1986 riformò radicalmente il FESR che venne poi rafforzato negli anni Novanta dalla politica di coesione. Essendo la politica di distribuzione dei fondi strutturali basata sulla nozione di territorio regionale, la politica regionale dell UE ha contribuito notevolmente in quegli anni a rafforzare il ruolo dei governi regionali rispetto quelli centrali. La tappa decisiva per l istituzionalizzazione delle regioni in Europa è stata la Conferenza di Maastricht del Qui si inaugurò infatti la cosiddetta multilevel governance, e gli enti regionali vennero ufficialmente riconosciuti come attori nel panorama giuridico europeo. Nel recente Libro bianco sulla governance multilivello si definisce il questo modello di governance come un azione coordinata dall UE, dagli Stati membri e dalle autorità regionali e locali, fondata sulla partnership e con lo scopo di redigere ed implementare le politiche dell UE. Sempre a Maastricht è stato inoltre istituito il Comitato delle Regioni, concepito come organo sostanzialmente consultivo ma dall importante valore simbolico. Grazie al Comitato le regioni hanno conquistato un rango costituzionale e con questo il diritto di essere almeno ascoltate dalla Commissione e dal Parlamento (Caciagli 2001). Il Trattato di Lisbona del 2007 ha infine introdotto alcune nuove regole di particolare importanza per i livelli di potere sub-statali. Oltre ad aver precisamente definito la sfera di competenza dell UE, è stato costituito un nuovo contesto giuridico di riferimento per la comprensione e l applicazione del principio di sussidiarietà, questione alla base di tutte le richieste degli attori regionali per un più forte accesso al decision-making dell UE (Jefferey, Rowe 2012). Il Trattato di Lisbona ha infatti riscritto completamente il Protocollo sulla sussidiarietà ed obbliga formalmente la Commissione a prendere in considerazione la dimensione regionale e locale durante la discussione su una proposta di legge. Il Comitato delle Regioni ha così finalmente ottenuto il diritto ad esprimere pareri su una proposta di legge. Inoltre anche per i Parlamenti nazionali è garantito il diritto di esprimere opinioni 8 A partire dalla metà degli anni Ottanta molti enti regionali, territoriali e transnazionali istituirono presso Bruxelles gli uffici delle proprie delegazioni con le seguenti funzioni principali: collegamento, informazione, rappresentanza e assistenza. 8

9 preventive rispetto l applicazione del principio di sussidiarietà direttamente all Istituzione competente dell UE 9. Dopo aver osservato gli aspetti principali dell evoluzione del ruolo delle regioni in Europa e del rapporto tra queste e l Unione Europea, si considerano le principali forme di cooperazione territoriale sperimentate tra le regioni per incrementare il proprio potere. 1.3 Le diverse Forme di Cooperazione Territoriale tra le Regioni In questo paragrafo vengono presentate le forme di cooperazione territoriale, sorte in Europa prima del recente modello macroregionale, che hanno avuto come protagoniste principali le regioni. A partire dagli anni Settanta si sono sviluppate in tutta Europa diverse strutture di cooperazione, come le cosiddette Comunità di lavoro e le associazioni interregionali tra territori non-contigui. Le Comunità di lavoro (come l ARGE ALP, l ALPE ADRIA, la COTRAO, la CTP) non hanno personalità giuridica e pertanto non dispongono di ampio margine di operatività; nonostante l indubbia importanza simbolica, non possono, salvo rari casi, usufruire di fondi europei e non hanno in genere risorse finanziarie né umane proprie. In generale, le Comunità di lavoro sono specializzate in attività di tipo pianificativo e si limitano spesso all emanazione di dichiarazioni comuni ed allo scambio di informazioni 10. Per quanto riguarda invece gli altri tipi di associazione tra regioni, che nascono per specifici criteri geografici e/o altri, vanno menzionati: l Associazione delle regioni europee di confine (1971); la Conferenza delle Regioni periferiche e marittime (CRPM, 1973); la già citata Assemblea delle Regioni d Europa (ARE, creata nel 1985 per diventare la rappresentanza degli interessi regionali a livello europeo); la Comunità dei Quattro motori per l Europa (nata nel 1988 da un accordo tra le regioni più ricche d Europa, ovvero Lombardia, Catalogna, Rodano-Alpi, Baden-Wurttemberg) 11. Considerando il periodo di nascita di queste associazioni su tutto il territorio europeo, ovvero tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, si può affermare che la cooperazione tra le 9 Fonte sulle novità in merito introdotte dal Trattato di Lisbona: Jefferey C., Rowe C., Bringing the territory back in: toward a new understanding of the regional dimension of the EU, The Oxford Handbook of the European Union, Chapter 52, Agoust Proto P. P., Indagini su Euroregioni e GECT: quali prospettive per l Area Adriatica?, CeSPI Working Papers 45/2008/IT, Settembre Fonte principale: Caciagli M., Regioni d Europa. Devoluzioni, regionalismi, integrazione europea, Il Mulino,

10 regioni sia stata promossa soprattutto dall impulso derivato dall evoluzione delle Istituzioni europee, in un momento in cui la politica regionale comunitaria ha preso ampio respiro e coerente consistenza (Caciagli 2006). In realtà però già dalla fine degli anni Cinquanta nasceva in Europa in maniera del tutto spontanea una tipologia di associazione transfrontaliera tra differenti enti territoriali tuttora esistente: l Euroregione. EUREGIO fu la prima struttura di cooperazione stabilita nel 1958 da alcuni enti al confine tra Olanda e Germania, alla quale fecero seguito numerose esperienze simili (oggi se ne contano oltre settanta). L Associazione delle regioni frontaliere europee, che fornisce una definizione comunemente adottata anche a livello di Commissione europea, specifica come le Euroregioni, pur non avendo un univoca forma giuridica, essendo regolate da un regime di diritto misto, pubblico e privato, od organizzativa, posseggono una serie di caratteristiche in comune: sono permanenti, hanno una identità separata da quella dei propri paesi membri, hanno risorse amministrative, tecniche e finanziarie proprie e hanno meccanismi decisionali interni 12. Le Euroregioni non rappresentano un nuovo livello istituzionale-amministrativo locale o regionale quanto, piuttosto, un punto di scambio e di governance per organi pubblici e privati già esistenti: non dovrebbero, cioè, sovrapporsi con le competenze affidate agli enti locali e regionali del territorio (Proto 2008). Inizialmente, in realtà, tutte le strutture esistenti dalla fine degli anni Cinquanta hanno visto il loro campo d'azione molto limitato a causa della mancanza di un quadro giuridico comune a livello europeo (Angeleri, Vesan 2008). La prima istituzione ad aver ufficialmente riconosciuto il diritto delle comunità territoriali a cooperare ad un livello sovranazionale oltre i confini nazionali è stata il Consiglio d Europa. Nel 1980 ha di fatti promosso la firma della Convenzione di Madrid, uno degli accordi internazionali più importanti per la cooperazione transfrontaliera. La Convenzione di Madrid fornisce un quadro giuridico di riferimento e prevede una serie di accordi standard per le autorità locali e regionali, nonché per gli stati (Angeleri, Vesan 2008). La Convenzione è stata successivamente integrata da due protocolli, rispettivamente nel 1995 e nel Se, da una parte, la Convenzione di Madrid ed i Protocolli hanno rappresentato la base giuridica di riferimento per le Euroregioni, dall altra INTERREG, il programma lanciato dalla Commissione europea nel 1990, ne favorisce decisamente la diffusione e l operatività 12 Proto P. P., Indagini su Euroregioni e GECT: quali prospettive per l Area Adriatica?, CeSPI Working Papers 45/2008/IT, Settembre

11 (Proto 2008) 13. Il Programma INTERREG ha infatti incentivato le regioni a cooperare per aggiudicarsi le nuove risorse finanziarie a disposizione, tanto che quest ultime diventano quasi la finalità (spesso non dichiarata) attorno a cui si creano le nuove Euroregioni (Proto 2008). Cos è il programma INTERREG? INTERREG (INTERnational REGions iniziative) è un'iniziativa dell'unione Europea che si pone l obiettivo di evitare che i confini nazionali ostacolino lo sviluppo equilibrato e l'integrazione del territorio europeo, attraverso il sostegno di programmi transfrontalieri; finanziata dal FESR, l iniziativa si inserisce nel quadro della politica di coesione coerentemente con l obiettivo generale di ridurre le disparità tra i livelli di sviluppo delle regioni europee e il ritardo delle regioni più svantaggiate. A partire dal primo periodo di programmazione 14, l iniziativa è cresciuta, sia in termini di numero di progetti che di estensione geografica; l impatto di INTERREG sul territorio è stato talmente significativo che oggi, nella sua quarta edizione per la programmazione , si configura con il terzo obiettivo della politica di coesione, ovvero, come si è già detto, quello della cooperazione territoriale europea (su tre fronti: transnazionale, transfrontaliero, interregionale) 15. Il nuovo slancio dato dalle Istituzioni europee alla cooperazione territoriale e transfrontaliera negli anni Novanta è risultato un successo, testimoniato anche dal boom di Euroregioni nate in questo periodo. Il problema principale per queste spontanee organizzazioni transfrontaliere è stato l assenza di uno status giuridico comune riconosciuto a livello di Unione Europea. L importanza crescente delle Euroregioni ha trovato una formalizzazione con la Risoluzione del Parlamento europeo del 1 dicembre 2005 che forniva le indicazioni circa la definizione e la funzione delle stesse Euroregioni nel quadro della politica di cooperazione transfrontaliera dell Unione europea (Proto 2008). Inoltre l anno successivo la Commissione Europea decise di fare qualcosa in più per ovviare a questo problema, offrendo 13 Secondo lo stesso autore si potrebbe infatti parlare di un era pre- e post- INTERREG ( ); le euroregioni nate tra gli anni 50 e 80 si sono formate in maniera naturale, sulla base di rapporti consolidati e di un effettivo riconoscimento di problematiche e interessi comuni, determinandone una solida base di partenza. Non così, invece, fu per quelle euroregioni nate con l intento principale di accedere a fondi Interreg e che non possono contare su basi storiche e culturali altrettanto solide (Proto 2008). 14 INTERREG I coprì il periodo Le fecero seguito: INTERREG II per il periodo ; INTERREG III per il settennio ; INTERREG IV per il periodo , quando è diventato obiettivo comunitario. 15 In realtà le tre dimensioni individuate per INTERREG IV ricalcano la programmazione precedente la quale era già stata distinta in tre sezioni specifiche: la sezione A riguarda la cooperazione transfrontaliera tra i vicini enti subnazionali; la sezione B interessa la cooperazione transnazionale tra autorità nazionali, regionali e locali e, infine, la sezione C, è stata dedicata alla cooperazione interregionale tra enti subnazionali non-vicini (Angeleri, Vesan 2008). 11

12 un nuovo strumento alla cooperazione territoriale: il 5 luglio 2006 è stato adottato il Regolamento (ce) 1082/2006 sul Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (GECT). L obiettivo dei GECT è quello di facilitare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e/o interregionale, denominata «cooperazione territoriale» tra i suoi membri, al fine esclusivo di rafforzare la coesione economica e sociale. Il GECT deve essere costituito da enti presenti su almeno due stati membri e possono farne parte Stati membri, enti regionali, enti locali ed enti di diritto pubblico (non si esclude la partecipazione di membri di paesi esterni all UE). La caratteristica principale di un GECT sta nel godere di personalità giuridica nel quadro normativo dell Unione Europea che gli consente di agire in nome e per conto dei propri membri sulla base di competenze assegnategli nell ambito di una Convenzione (e di un relativo Statuto) da questi sottoscritta. In particolare essi godono di una certa autonomia in termini di budget, politica di assunzione del personale e gestione delle attività. A differenza di un Euroregione, il GECT risulta uno strumento più chiaro ed univoco ed ha una maggiore accessibilità ai finanziamenti dell UE, limitandosi da regolamento all attuazione di programmi o progetti sostenuti dalla Comunità 16. Inoltre un tale strumento offre nuove opportunità per strutturare un sistema multilivello di governance in Europa (Angeleri, Vesan 2008). A questo punto, avendo delineato le politiche regionali europee nei suoi elementi essenziali ed avendo individuato il contesto nel quale le Strategie macroregionali sono state proposte, è possibile cominciare l analisi di questi nuovi strumenti della cooperazione territoriale europea che si fondano, come vedremo, su principi differenti rispetto quelli analizzati in questo paragrafo Fonte: Proto P. P., Indagini su Euroregioni e GECT: quali prospettive per l Area Adriatica?, CeSPI Working Papers 45/2008/IT, Settembre Gli esempi concreti riguardo le diverse forme di cooperazione territoriale analizzate in questa sede si trovano al capitolo 3, relativo alla Macroregione Alpina, nel paragrafo dedicato alla Storia della cooperazione territoriale sul territorio alpino ; lì vi sono una serie di esperienze di cooperazione riconducibili a ciascun caso preso in considerazione in quest ultimo paragrafo. 12

13 2. Macroregioni e Strategie Macroregionali 2.1 Concetto e Definizione di Macroregione Avendo osservato quali forme di cooperazione territoriale hanno preceduto le Strategie macroregionali, si può ora procedere con l analisi del nuovo fenomeno, chiedendosi innanzitutto da dove è derivata la nozione di macroregione. In questo primo paragrafo si illustra lo sviluppo del concetto di macroregione nella letteratura scientifica, ma anche all interno del contesto europeo, a dimostrazione del fatto che il fenomeno è solo relativamente recente. Secondo alcuni studiosi (Dubois, Hedin, Schmitt, Sterling 2009), la definizione di (macro-) regione è legata alla definizione generica di regione intesa come qualsiasi ente che spazi dall unità amministrativa all area funzionale (non è dunque un prefisso a modificarne radicalmente il significato); le regioni infatti non sono un oggetto fisico predefinito come lo stato-nazionale e pertanto non esistono condizioni prestabilite o criteri relativi alla costituzione di una regione, incluse le macroregioni. Esse risultano piuttosto essere dei particolari raggruppamenti di potere, continuamente riprodotti dalla comunicazione sociale che determina le interazioni variabili tra diversi attori, e possono modificarsi nel tempo in seguito a mutamenti interni od esterni al proprio ambiente. Sicuramente strutture e caratteristiche particolarmente coerenti, siano queste politiche e/o geografiche, possono aiutare enormemente nella costruzione di una (macro-) regione ; ma giocano un ruolo importante anche le identità regionali, che possono accelerare o limitare i processi di istituzionalizzazione. Gli stessi studiosi hanno elaborato un importante ricostruzione storica del concetto di macroregione 18. In particolare hanno evidenziato come il termine macroregione sia stato preso in prestito dagli studiosi delle relazioni internazionali dove è utilizzato per definire un area condivisa da due o più Stati, che abbia una coerenza spaziale e/o un esperienza in comune; è dunque impiegato per definire da un punto di vista utilitaristico le relazioni funzionali tra diverse nazioni vicine, accomunate da un certo grado di omogeneità 18 Dubois A., Hedin S., Schmitt P., Sterling J., EU macro-regions and macro-regional strategies A scoping study, Nordregio Working Paper 2009:4. 13

14 geografica, culturale, sociale. Tuttora il termine appartiene allo studio delle relazioni internazionali. Ma il suo tradizionale significato si è recentemente evoluto: gli studi tendono infatti a concentrarsi anche sull accorpamento di unità transfrontaliere e sub-nazionali in macroregioni. Si può quindi affermare che le macroregioni non riguardano più solo il raggruppamento di territori omogenei poiché questo meccanismo si può ora anche basare sull eterogeneità. È stato proprio da questa nuova accezione che si è sviluppato il concetto di macroregione in Europa. Già sul finire degli anni Novanta Cappellin affermava che il territorio europeo può essere visto come una serie di macroregioni transnazionali sovrapposte (Cappellin 1998). Queste macroregioni sono caratterizzate dalla cooperazione tra diverse regioni amministrative della medesima macroregione e dalla competizione con quelle di macroregioni diverse. Da un punto di vista scientifico ciò che è importante stabilire è se le macroregioni individuate in Europa siano dei meri costrutti simbolici oppure la rappresentazione delle moderne tendenze dei processi di internazionalizzazione. Come sosteneva infatti Petrakos, chi studia le relazioni economiche ha notato come il processo di internazionalizzazione e liberalizzazione dei mercati coesiste con le crescenti tendenze di regionalizzazione a qualsiasi livello geografico (Petrakos 1997). A questo quesito Cappellin risponde che le macroregioni costituiscono una nuova struttura per la regolazione e lo sviluppo dei rapporti internazionali e che la cooperazione all interno di una macroregione sia qualcosa di più della semplice e funzionale interdipendenza territoriale. Sempre Cappellin sostiene che queste macroregioni saranno caratterizzate dall eterogeneità e non avranno confini fissi: ritiene infatti possibile la realizzazione di network interregionali sovrapposti tra loro e l esistenza di cuscini identitari multipli. La rinnovata attenzione sull approccio macroregionale in Europa deve dunque essere letta sotto un ottica di ulteriore sviluppo della cooperazione transnazionale all interno del contesto dell UE ampiamente definito. Analizzando i più recenti documenti sulle politiche europee in tema di sviluppo territoriale 19, si nota come il concetto di macroregione, seppur non menzionato, si sia sempre più imposto come utile ed innovativo strumento di 19 Dubois A., Hedin S., Schmitt P., Sterling J., EU macro-regions and macro-regional strategies A scoping study, Nordregio Working Paper 2009:4. 14

15 integrazione, cooperazione e sviluppo in grado di colmare alcune lacune esistenti e di apportare un valore aggiunto. È dunque possibile affermare che nonostante l assenza di una definizione chiara di macroregione, le Strategie lanciate dall UE non risultano comparabili a nessuna delle preesistenti forme di cooperazione. Anche la Commissione Europea ha riconosciuto che there is no standard definition for macroregion: il termine è stato utilizzato per descrivere sia gli importanti gruppi di nazioni a livello globale (UE, ASEAN, ecc ), sia i gruppi di regioni amministrative all interno di uno stesso Paese (Australia, Romania) (European Commission, 2009). Eppure è stata la Commissione stessa a fornirne la definizione maturata durante la preparazione della Strategia per il Mar Baltico: la Macroregione è intesa come un area che include territori di diversi paesi o regioni associati da una o più sfide o caratteristiche comuni ( ) geografiche, culturali, economiche o altro (European Commission, 2009: 1 e 7). In particolare la Strategia macroregionale è un quadro integrato che consente all Unione Europea e ai suoi Stati membri di identificare i bisogni e di allocare le risorse disponibili attraverso il coordinamento delle opportune politiche, per consentire ad un territorio di beneficiare di un ambiente sostenibile e di uno sviluppo economico e sociale ottimale (European Commission, 11/2009). A questo punto, dopo aver dimostrato la natura variabile e le diverse sfaccettature del concetto di macroregione, è possibile cominciare l analisi delle Strategie macroregionali dell Unione Europea, partendo da queste definizioni fornite dalla Commissione Europea stessa. 2.2 Le Strategie Macroregionali dell UE Un primo aspetto che emerge in maniera evidente dalle definizioni sopra citate è il ruolo funzionale delle Strategie macroregionali. L approccio funzionale si propone di progettare e sperimentare forme di cooperazione fra regioni europee che vadano oltre la logica tradizionale della prossimità territoriale, e si realizzino invece intorno alle reti funzionali che attraversano i diversi territori, secondo configurazioni di diversa lunghezza e a geometria variabile (Berionni 2012). La natura funzionale non pone di per sé limiti all estensione territoriale delle Macroregioni. Da ciò potrebbero sorgere dubbi tanto sulle loro possibili dimensioni quanto sulla coerenza 15

16 dei propri confini fisici. In realtà la Commissione si è espressa fin dal principio a riguardo: le Macroregioni possono coinvolgere diverse regioni di diversi Paesi a seconda della funzione perseguita, senza uno specifico limite quantitativo se non che il numero degli Stati Membri partecipanti sia significativamente inferiore ai Membri stessi dell Unione Europea (European Commission 2009). Dal momento in cui pesano maggiormente le ragioni di policy cui l area in questione è interessata, non è nemmeno necessario che i confini fisici siano meticolosamente rispettati. Pertanto non si può neanche escludere che una regione possa far parte di più Strategie macroregionali in base alle proprie caratteristiche peculiari. Le macroregioni sono quindi aree funzionali definite secondo sfide, caratteristiche e obiettivi comuni che necessitano di un azione collettiva degli attori presenti sul territorio ovvero la Comunità, lo stato centrale e le autorità regionali e locali in una scala geografica interrelata transnazionale (Stocchiero 2010a). Lavorando assieme su problematiche comuni, affrontate attraverso un approccio integrato che permetta di coordinare meglio i programmi (anche quelli già esistenti) e di utilizzare in modo più strategico le risorse disponibili (Berionni 2012), si può avere un efficacia superiore a quella che si avrebbe lavorando in modo frammentato e individuale. Le Strategie macroregionali sono dunque multi-livello e multiattoriali, in quanto mirano all inclusione di diversi stakeholders (Stocchiero 2010a). L idea di base è quella di creare valore aggiunto (European Commission, 2009: 1 e 7) attraverso un approccio integrato che mira a un obiettivo comune integrando diversi attori, diverse politiche e diversi programmi di finanziamento. Secondo la Commissione Europea una Strategia macroregionale dovrebbe consentire una facilitazione dei rapporti tra i diversi interessi socio-economici, favorendo, e non imponendo, l avvento di nuovi metodi per raggiungere risultati migliori in importanti aree di policy (European Commission, 2009). Le Strategie devono contribuire all europeizzazione dove ogni livello istituzionale partecipa ad un gioco a somma positiva: il livello locale e quello nazionale sono protagonisti nella creazione di uno spazio e nel raggiungimento di un obiettivo di sviluppo territoriale che travalica i confini, che consente di far fronte a problematiche comuni con un impatto positivo per tutti i partecipanti e contribuisce a costruire un Europa più unita (Stocchiero 2010a). Come si elabora una Strategia macroregionale? A livello comunitario non c è una normativa specifica volta a regolare la materia (Berionni 2012); ciò nonostante si può ricostruire, sulla 16

17 base delle Comunicazioni della Commissione per le Regioni Baltica e Danubiana, uno schema fisso consuetudinario dei passi istituzionali da percorrere per istituire le Macroregioni. In primo luogo è necessario costituire un solido consenso sulla strategia da adottare, nonché sull individuazione delle problematiche comuni da affrontare congiuntamente. La fase di iniziativa vede come protagonisti i territori interessati e dunque i territori regionali e locali, i quali ricoprono un ruolo di promozione ed impulso, a cui segue una fase di attivazione degli Stati coinvolti (Berionni 2012). Una volta che il consenso viene raggiunto anche a livello inter-governativo, il tema in oggetto viene inserito nell agenda del Consiglio Europeo il quale, dopo avere fissato alcuni parametri di riferimento, raccomanda alla Commissione di redigere i documenti necessari per dare il via ad una Strategia macroregionale. A questo punto la Commissione avvia un ampio processo di consultazione e di collaborazione con tutti gli attori della Regione interessati. Questo processo consultivo si conclude con l adozione di un Piano d Azione ed una Comunicazione sulla Strategia i quali dovranno infine essere formalmente approvati dal Consiglio Europeo. La Commissione informa costantemente il Consiglio Europeo sull evoluzione delle Strategie macroregionali, dimostrando che esiste un valore aggiunto per tutta l Unione. Il processo di consultazione ed elaborazione della Strategia macroregionale è endogeno bottom-up : al contrario delle politiche che discendono da un indirizzo strategico comunitario; la Macroregione stabilisce la sua Strategia attraverso il coinvolgimento degli attori locali (European Commission, 2009: 8). Anche se solo più avanti verranno evidenziate criticità a riguardo (in particolare sul rapporto bottom-up/top-down della Strategia e quindi sul ruolo delle regioni nella stessa), e nonostante alcuni studiosi hanno affermato, quantomeno sulla Macroregione Baltica, che i governi centrali sono stati i reali protagonisti nel processo di costruzione (Stocchiero 2010a), le regioni rivendicano un proprio ruolo nella governance e nell implementazione della Strategia. Come infatti si è già in parte analizzato, uno degli elementi cardine di una Strategia macroregionale è un alto grado di coordinamento multi-livello e multi-attoriale. Le Strategie macroregionali non hanno bisogno di legislazioni od istituzioni ad hoc poiché gli obiettivi, i progetti e la governance sono già descritti nei rispettivi documenti ufficiali, ovvero la Comunicazione ed in particolare il Piano di Azione. Quest ultimo ad esempio è concreto e con effetti tangibili grazie alla identificazione dei cd. flagship projects (Stocchiero 2010a); 17

18 per generare valore aggiunto (ed ottimizzare al tempo stesso l impatto delle politiche territoriali europee), si favorisce infatti un approccio di tipo pragmatico. Vengono quindi promosse iniziative multi-settoriali che si concretizzano in progetti bandiera funzionali che operano in gruppi relativamente piccoli (European Commission, 2009: 1). Per quanto riguarda invece le modalità attuative delle Strategie, si è scelto appunto di non creare istituzioni supplementari ma di coordinare al meglio le strutture già esistenti, operando secondo il modello della governance multilivello, dove l attuazione delle politiche avviene su più livelli di governo. Il Consiglio è responsabile dell elaborazione delle politiche; la Commissione riveste invece un ruolo strategico in qualità di responsabile del coordinamento, del monitoraggio, delle relazioni e del supporto all attuazione; i partner che già operano nella regione (quindi Stati Membri e autorità locali) si occupano infine dell applicazione direttamente sul campo e la loro responsabilità verrà adattata agli obiettivi della Strategia, secondo il cd. principio del partenariato (Berionni 2012). L efficacia della Strategia dipende dunque da un sistema di governance efficiente ed integrato. Un coordinamento multilivello permette inoltre una gestione più responsabile delle risorse finanziarie già esistenti. Un ulteriore caratteristica delle Strategie macroregionali è infatti l assenza di finanziamenti diretti. Questo aspetto che può rappresentare un elemento di debolezza viene considerato invece come un fattore innovativo, perché il fatto di non poter contare su risorse specifiche fa evitare conflitti distributivi tra gli attori stimolando a cercare un maggiore coordinamento e sinergia delle diverse fonti finanziarie esistenti sui diversi livelli (Stocchiero 2010a). In sintesi, ciò che connota in maniera specifica le Strategie macroregionali sono i cd. Tre No : No New Legislation, No New Istitutions, No New Funding (European Commission 11/2009), ovvero l azione deve tendere al risultato attraverso l applicazione di politiche comunitarie già disponibili, e non ricorrendo a nuove normative, nuove istituzioni o nuovi fondi (Stocchiero 2010a). Un ultimo aspetto da dover prendere in considerazione è il rapporto tra la dimensione interna e la dimensione esterna delle Macroregioni. Le aree geografiche individuate come Macroregioni comprendono infatti anche Paesi non membri o di prossima entrata nell UE. Questo significa che seppur le Strategie macroregionali operano nella politica di coesione interna all UE, in un mondo interconnesso e in spazi transnazionali concreti, anche le 18

19 politiche interne hanno inevitabilmente una dimensione esterna (Stocchiero 2011). Pertanto i Paesi terzi devono essere informati, coinvolti o comunque vanno considerati gli effetti su di loro (Stocchiero 2010a), se si vuole raggiungere l obiettivo funzionale. Mentre nella Strategia per il Mar Baltico la dimensione esterna, ovvero prevalentemente i rapporti con la vicina Russia, risulta marginale (Stocchiero 2010a), nel caso della Macroregione Danubiana sono stati compresi ben 6 Stati non membri, di cui 4 di prossima entrata. Lo stesso discorso si potrebbe applicare alle future Strategie, come per esempio quella Adriatico-Ionica, che comprende anche i Paesi non-membri dei Balcani. Le Macroregioni sono quindi anche un importante meccanismo per rafforzare il processo di entrata e di integrazione dei futuri Paesi membri (Stocchiero 2010b). Dopo aver definito nei precedenti paragrafi il concetto di macroregione e le caratteristiche principali di una Strategia macroregionale, si analizza nello specifico la prima Strategia che è stata adottata, ovvero quella per la Regione del Mar Baltico, alla quale si devono dunque le informazioni fondamentali finora pervenute sulle Macroregioni nel contesto europeo. 2.3 La Macroregione del Mar Baltico L idea di un approccio strategico nei confronti della Regione del Mar Baltico si è sviluppato innanzitutto all interno del Parlamento Europeo il quale, constatata la situazione nell area, ha pubblicato una relazione alla fine del Nel dicembre , il Consiglio Europeo ha invitato la Commissione a presentare una strategia per il Mar Baltico entro il giugno del 2009, nel rispetto di alcuni parametri: la strategia doveva in particolare far salva la Politica Marittima Integrata 22 ; contribuire ad affrontare le sfide ambientali urgenti connesse con il Mar Baltico ; considerare la Dimensione settentrionale 23 per gli aspetti esterni della cooperazione. La Commissione Europea ha quindi attivato un intenso processo di consultazione con gli Stati Membri e le parti interessati della Regione (Berionni 2012); si sono considerate quindi anche le pregresse esperienze di cooperazione nell area riconducibili ad organizzazioni internazionali come la CBSS 24 e la HELCOM 25, o l Unione delle 20 Una Strategia per il Mar Baltico per la Dimensione settentrionale. 21 Conclusioni del Consiglio Europeo (14 dicembre 2007). 22 Approvata nelle Conclusioni del medesimo Consiglio Europeo. 23 La dimensione settentrionale fornisce un quadro comune per la promozione del dialogo e una cooperazione concreta nell Europa settentrionale tra UE, Russia, Norvegia e Islanda. 24 Consiglio degli Stati del Mar Baltico. 25 Commissione di Helsinki. 19

20 Città Baltiche, importanti attori per lo sviluppo della Regione del Mar Baltico e quindi per l implementazione della Strategia (Kern, Ganzle 2011). La Strategia macroregionale è stata quindi presentata nel giugno 2009 (EUSBSR) con l approvazione di un Piano d Azione ed una Comunicazione 26, documenti pionieri per le future macroregioni. L iter istituzionale, infine, si è concluso con l adozione formale del Consiglio nell ottobre del 2009, sotto la Presidenza svedese. Di 9 Stati che si affacciano sul Mar Baltico, gli 8 partecipanti alla Strategia sono tutti Membri dell UE grazie all allargamento del 2004: Svezia, Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Danimarca, Polonia e Germania. Il Mar Baltico viene così ritenuto un mare interno dell UE e pertanto è stato necessario agire a livello europeo. Nella Comunicazione, la Commissione Europea ha innanzitutto individuato le sfide principali che interessano l intera area. In particolare le questioni più urgenti a cui far fronte riguardano i seguenti ambiti d intervento: ambiente, sfera economica, accessibilità e sicurezza. Ma le sfide non sono l unico motivo che unisce i Paesi che si affacciano sul Mar Baltico: essi condividono infatti una solida storia di cooperazione interregionale, caratteristiche peculiari comuni, risorse e potenzialità da sviluppare maggiormente. In risposta alle sfide comuni dell area baltica è stato elaborato un piano d intervento integrato. La Comunicazione definisce le linee guida d intervento della Strategia per raggiungere gli obiettivi mentre il Piano d Azione individua gli ambiti prioritari d intervento, i progetti e le azioni da attuare. Nel complesso la Strategia è stata organizzata secondo quattro pilastri, o aree tematiche, suddivisi in 15 settori prioritari d intervento: (1) Una regione con un ambiente sostenibile; (2) Una regione prospera; (3) Una regione accessibile e ricca di attrattiva; (4) Una regione sicura e senza rischi. In particolare per poter garantire un ambiente sostenibile si dovrà agire nei seguenti ambiti: ridurre l'immissione di nutrienti nel mare a livelli accettabili; preservare le aree naturali e la 26 Sulla base della Comunicazione della Commissione sulla Strategia dell UE per il Mar Baltico EUSBSR (giugno 2009) si struttura il resto del paragrafo in merito alle sfide e opportunità dell area ed agli obiettivi della Strategia. 20

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