È il tempo della responsabilità, della scelta e del cambiamento, molte volte evocato, e che adesso c è. Lo ripeto da anni:

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3 Signor Presidente del Consiglio, Signore Consigliere e Signori Consiglieri, appare ormai evidente come la crisi economica finanziaria non sia la classica crisi congiunturale a cui siamo stati abituati dal dopoguerra ad oggi. Siamo infatti davanti ad una crisi strutturale che mette in discussione non solo il livello di benessere dei Paesi occidentali, ma lo stesso modello di sviluppo del pianeta e il suo sistema di relazioni sociali e democratiche. La caratteristica di questa crisi anomala, è il fatto che è nata come crisi finanziaria e poi si è trasformata in crisi economica. In sostanza la crisi finanziaria ha generato una stretta creditizia che si è ripercossa nell economia reale. Alla fine è stato coinvolto tutto il sistema, pubblico e privato, perché meno economia reale, ovvero meno fabbriche e posti di lavoro, significa meno entrate fiscali e più spese per il sociale, e via avanti in una spirale che rischia di diventare recessiva. Il delicato equilibrio dei Paesi che avevano costruito il loro welfare su un ipotesi di crescita illimitata si è infranto e gli Stati, tra cui l Italia, che avevano già un debito pubblico sostenuto, si sono trovati immediatamente con l acqua alla gola. La crisi colpisce tutto il mondo occidentale e quindi anche noi, ma noi abbiamo dei problemi in più dovuti ad anni di mancate riforme e di stagnazione economica. Le riforme del Governo Monti cercano di recuperare questo gap, ma non possiamo dare niente per scontato. Soprattutto dobbiamo essere consapevoli del fatto che non si può tornare indietro. Risanare i bilanci, infatti, è cosa buona e giusta, ma non risolve la questione di fondo che qualcuno non a torto ha chiamato tornante della storia, ovvero la perdita di centralità economica e culturale dell Europa e del sistema occidentale nel mondo. Infatti non possiamo confondere causa con effetto. La crisi finanziaria che idealmente facciamo nascere con il fallimento di Lehman Brothers, ha solo accelerato un processo in corso da tempo che vede lo spostamento dell asse politico ed economico terrestre dai Paesi occidentali+giappone ai nuovi Paesi emergenti, BRICS in primo luogo (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), ma anche agli emergenti Paesi africani. Tutti Paesi che imperterriti continuano a crescere e a conquistare fette di mercato. Tutti Paesi nei quali sarà sempre più presente la stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Si potrebbe dire, benvenuti nel mondo globale! E del resto tutti intuivano che prima o dopo sarebbe finita così, ma quello che sta spiazzando il nostro sistema è però la velocità di questi processi. Ecco perché dobbiamo decidere subito, dobbiamo decidere tanto e dobbiamo decidere bene. Qualcuno ha detto che le crisi sono sempre occasione di miglioramento e di cambiamento: di certo oggi dobbiamo tirare fuori quello che abbiamo dentro, dare il vino migliore, perché non possiamo chiedere o sperare che altri lo facciano al posto nostro. È il tempo della responsabilità, della scelta e del cambiamento, molte volte evocato, e che adesso c è. Lo ripeto da anni: Cambiare significa impostare un nuovo modello di welfare incardinato sulla persona e i suoi diritti e non sull appartenenza sociale o etnica, ridurre il divario tra persone ricche e persone povere, aumentare la mobilità sociale, premiare il merito, distruggere le corporazioni, coniugare flessibilità e garanzie. I

4 Cambiare significa estendere ed investire sulla green economy per rendere sostenibile e reale il modello di crescita. Investire sull innovazione, la ricerca applicata, il sapere, l università, la conoscenza, la competenza. E non certo la via del nucleare. Cambiare significa costruire istanze democratiche sostanziali e non più solo formali, combattere la privatizzazione della democrazia, il predominio delle oligarchie e dei clan. Attuare veramente il federalismo. Sociale, ambiente, democrazia: le tre sfide della globalizzazione. Non è però scontato che da questa crisi si esca con più democrazia e più uguaglianza, e lo dimostrano le politiche messe in campo dai governi per fronteggiarla, che per lo più si pongono l obiettivo lodevole di ottimizzare il sistema ma non di metterlo in discussione, ovvero di affrontare le cause di fondo della crisi. Eppure è evidente come la crisi sia nata nel ventre delle politiche neoliberiste di un capitalismo senza regole che ha confuso la finanza con il mondo reale. Politiche indifferenti all incapacità del pianeta di autorigenerare le proprie risorse prime ambientali. Politiche indifferenti alle ricadute sociali di una competizione senza regole e senza diritti. In termini più completi si parlerebbe di sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo, che non c è stata e che rappresenta il vero motivo di una crisi che giustamente bisogna definire strutturale e di sistema. In questo mondo tutto è globalizzato, tranne la democrazia e la libera circolazione delle persone. Il problema è che l Occidente non è più credibile quando si rivolge ai Paesi emergenti e parla di modello di sviluppo da cambiare; primo perché non lo fa in casa propria e secondo perché appare l ennesima ipocrisia della cicala che critica la formica. Costruire un nuovo modello di sviluppo del resto non è una passeggiata, bisogna avere un intelligenza condivisa, leadership governative convinte e lungimiranti, risorse adeguate. Inoltre oggi bisogna dimostrare che ciò si può ottenere tenendo i conti a posto e non con una nuova fase di indebitamento. In due parole un economia con più ambiente e più sociale con conti in ordine è la vera sfida della democrazia, direi dell esistenza stessa della democrazia come migliore forma di governo. Come ho già detto, non è scontato. La Cina non è una democrazia, come non lo sono molti paesi africani e asiatici, e non è automatico che la crescita della classe media e del benessere in questi Paesi porti agli stessi sviluppi del dopoguerra europeo. Non tutte le piante crescono allo stesso modo e un filosofo accorto come François Jullien ci invita a guardare oltre il nostro tradizionale etnocentrismo occidentale e a pensare che oltre al nostro noi europeo esiste anche un altro noi possibile, ovvero un altra organizzazione del pensiero. Un altra civiltà. So che questa parola ci fa paura, ma è meglio arrossire prima che impallidire dopo. Dobbiamo farcene una ragione, alcuni dei nostri filosofemi come Essere, Dio, Libertà non sono universali, come sempre abbiamo creduto, e possono, e qui sta la paura, non essere neppure eterni. Possono cioè finire con la fine della centralità della cultura nata nel bacino del Mediterraneo. Questo significa crisi di sistema: stiamo vivendo un grande riassetto del mondo secondo nuovi paradigmi. Qualcuno ha osservato giustamente che per molto meno si sono fatte due guerre mondiali. II

5 Possiamo dire di avere una speranza? Sì, ma bisogna cambiare il modello di sviluppo, è questo il nodo di fondo. Le politiche monetaristiche e di manutenzione del sistema sono indispensabili per un recupero di competitività ma sono per loro stessa natura transitorie, perché ogni ipotesi di crescita economica deve misurarsi con il limite dello sfruttamento delle risorse ambientali e con la tenuta della coesione sociale. Ambiente e sociale sono le parole chiave del presente e del futuro, per tutti. È un problema di classi dirigenti, ma non solo, riguarda ognuno di noi. È la fatica del cambiamento: il mondo nuovo. L obiettivo che abbiamo davanti è quindi quello di costruire una società aperta, come modello di trasformazione ambientale e sociale dell economia. Delors diceva che il profitto deve essere lo strumento di misura delle aziende, ma non può essere lo strumento di misura della società. Con ciò affermava il bisogno di un nuovo patto sociale europeo e quindi di un nuovo Welfare universalistico, nel quale concorrevano come alleati e non avversari sia il pubblico e sia il privato: è lì che nasce l idea della sostenibilità sociale e ambientale dell impresa. Un economia sociale quindi, dove lo Stato è più efficiente e il mercato è più solidale. Questa non è stata la strada presa dall Europa dei banchieri e oggi se ne vedono i danni. Non basta l euro per fare l Europa. Anzi, l Europa si è trovata ad affrontare la più grande crisi del dopoguerra nel momento di maggiore debolezza: avremmo dovuto avere gli Stati uniti d Europa, un esercito unico, un sistema pensionistico unico e via di questo passo, e invece non abbiamo neppure un euro uguale per tutti. Eppure oggi come allora, l Europa rappresenta l unica possibilità che abbiamo per non avere un futuro certo di miseria. Noi queste cose le sappiamo bene. Abbiamo vissuto in diretta l epopea del superamento dei confini, così come in precedenza i nostri nonni hanno vissuto i drammi della mancanza di libertà e democrazia. Ecco perché diamo valore alla parola società aperta. Ecco perché comprendiamo il senso di una trasformazione sociale e ambientale dell economia. Ecco perché non abbiamo paura del futuro. Siamo la prova vivente che più apertura e più integrazione significano maggiore benessere. Non è un caso se con il 5,4% di disoccupazione abbiamo uno dei tassi più bassi in Italia. Non è un caso che il nostro tessuto industriale stia reggendo meglio di altri l urto della crisi. Non è un caso che la Fincantieri confermi qui la sua presenza produttiva, facendo perno del sistema Italia. Non è un caso che qui si affaccino capitali impensabili solo pochi anni fa: il parco commerciale di Villesse, il superporto di Monfalcone, la Zamparini City, quasi 3 miliardi di investimenti. Ovvero commercio, turismo, logistica. Ipotesi su cui discutere e discuteremo, ma ci sono! Una cosa è certa, non siamo e non vogliamo essere più terra per poli energetici e discariche. A quel modello di sviluppo abbiamo detto: basta! Non siamo più terra di conquista per chi dopo aver fatto danni a casa sua vuole incominciare a farli a casa nostra. Vediamo con preoccupazione anche i fenomeni di impoverimento della nostra comunità, le famiglie che non arrivano a fine mese, le imprese che non trovano credito, i liberi professionisti che annaspano. Non siamo un mondo separato, ma il sistema pubblico e privato di questa provincia è sano, solido e ha le idee chiare su dove condurre la barca. Una democrazia forte, un mercato solidale, una Provincia forte, Comuni forti, significano scelte fatte nell interesse del bene comune e non di pochi. Significa vivere da cittadini e non da sudditi e consumatori. L abbiamo imparato dai nostri nonni, lo insegneremo ai nostri figli. III

6 Ecco perché costruire una società aperta, come modello di trasformazione ambientale e sociale dell economia, è l obiettivo base di questa Provincia, che non a caso abbiamo sempre definito europea, ovvero prefigurazione di come vogliamo un Europa diversa. Questa è la sfida non solo di questo Consiglio e di questa maggioranza, ma di tutto il sistema Provincia. Un sistema che per molto tempo è stato marginale e che oggi in virtù della apertura dei confini e dei mercati riscopre e rivendica la propria centralità. L unico valico di pianura delle Alpi, il porto più a nord del Mediterraneo, le prime pianure provenendo da Est, l incrocio di ben tre Corridoi europei: il Corridoio 5, l Adriatico-Baltico, le autostrade del mare. Una terra che è campione di integrazione sociale e con tassi di criminalità sempre inferiori alla media. Una terra che rappresenta un unicum culturale, multilinguistico, storico e turistico senza paragoni. Tre lingue: l italiano, il friulano e lo sloveno. Un mare di storia: l archeologia, la Serenissima, l Impero, la Grande guerra, la Resistenza antifascista, la cortina di ferro. Una terra unica: il Collio, il Carso, l Isonzo e il Litorale. Un offerta agrituristica di qualità: il vino, i prodotti tipici, la filiera alimentare certificata, l agricoltura di qualità, il no all invasione degli OGM. Tutto questo ha bisogno di un senso, di una narrazione comune economica e culturale, che diventi punto di riferimento per tutta la comunità isontina e che chiarisca concretamente cosa intendiamo per trasformazione ambientale e sociale dell economia. L occasione di questa narrazione è l adesione della Provincia di Gorizia alla candidatura di Venezia e nord est capitale europea della cultura, attraverso la realizzazione di un masterplan provinciale che traduca nel paesaggio del nostro territorio il tema economia e cultura che sta alla base di questa candidatura. È una sfida importante e cercheremo partner importanti. Una sfida che parte dalla realizzazione di Carso 2014+, da quanto lì abbiamo imparato e da quanto lì abbiamo sbagliato. Deve essere una cosa di tutti e deve diventare per tutti noi e per tutta la comunità isontina, da un lato l occasione di un ripensamento del proprio modello di sviluppo e dall altro l occasione per portare a sistema provinciale sia l offerta culturale e turistica e sia la programmazione economica. Quello che può essere tranquillamente definito un masterplan sul futuro. Gli obiettivi economici di questo lavoro sono tre: costruire e rafforzare un sistema locale di piccole e medie imprese; attrarre capitali; favorire la differenziazione produttiva. Economia, ambiente e sociale sono quindi i temi di un nuovo progetto sociale che questa Provincia intende proporre a tutta la comunità isontina. Questo oggi significa tre cose da fare insieme tra pubblico e privato: costruire il capitale sociale; costruire il capitale ambientale; tenere i conti a posto. Il pubblico, lo ricordo, non è solo quanto previsto dall art. 114 della Costituzione: Comuni, Province, Città Metropolitane, Regioni e Stato. Esiste anche la pletora di enti e S.p.A. da disboscare. Il privato non è solo mercato. Ci sono le famiglie ed esiste il grande mondo della sussidiarietà orizzontale fatto da volontariato e no-profit, vero anticorpo sociale alle scelte auto-referenziali della politica: la nostra primavera araba. IV

7 In due parole il pubblico deve diventare più efficiente, e il privato più solidale e equo. La crisi ci dice che non possiamo più permetterci un pubblico che non funziona e un privato che inquina e tratta male i lavoratori. Il pubblico deve fare meno mercato possibile e il privato deve fare più responsabilità sociale e ambientale nell azienda. In realtà non è tutto bianco o nero, ci sono eccellenze in un caso e nell altro, ma è evidente che il sistema si sta lasciando andare. Manca fiducia e mancano esempi positivi: questo è il compito della politica. L obiettivo rimane quello di coniugare centralità della persona e tutela dell ambiente con il superamento della crisi economica. Creare nuova occupazione e lavoro è il vero metro di misura con cui si valuta la capacità del sistema di superare e vincere la crisi. In questo contesto diventa centrale la green economy, che non è una visione bucolica della vita, ma l economia vera e propria del futuro, e che noi decliniamo nei seguenti concetti: energia del sole economia del mare acqua pubblica riciclo rifiuti centralità viaria Il bilancio che presentiamo quest anno, apre dunque un mandato che abbia questa filosofia di fondo: costruire il capitale sociale, costruire il capitale ambientale, tenere i conti a posto. Quello che abbiamo già fatto in questi anni in termini di green economy, di occupazione, di rifiuti, di programmazione viaria, di edilizia scolastica, di impiantistica sportiva e di offerta culturale e turistica ci dice che siamo sulla strada giusta di un nuovo modello di sviluppo. I due Oscar del bilancio consecutivi ci dicono che siamo sulla strada giusta di efficacia ed efficienza della macchina pubblica. È stata una stagione di interventi notevoli e strutturali, tesi a rendere competitivo il sistema e a salvaguardare la coesione sociale e il senso di comunità. Ed è proprio questa parola comunità che abbiamo cercato di declinare in tutte le sue forme con centinaia di progetti e di idee nuove. Adesso andiamo avanti. Dal punto di vista del consistente patrimonio immobiliare della Provincia di Gorizia è necessario avviare un ottimizzazione (downsizing) per portarlo all essenziale e per una gestione ottimale dello stesso, sia in termini di utilizzo e sia in termini di spese fisse di energia e calore. La sistemazione del Palazzo della Provincia e il piano di 1,5 MW di pannelli fotovoltaici sui tetti dei nostri edifici, si muovono in questo senso. Il Piano Patrimonio rappresenta una priorità assoluta del nostro mandato, in quanto serve a contenere le spese correnti di funzionamento, che come tutti sanno sono difficili da comprimere, ma facili da espandere. Dal punto di vista delle opere pubbliche va detto che sono il perno di un nuovo modello di sviluppo sostenibile. Prioritario appare in questo senso l intervento nella green economy, nella viabilità e nella edilizia scolastica. In totale prevediamo opere in realizzazione e progetto nel 2012 per oltre 23 milioni di euro. E non è poca cosa di questi tempi, con il tasso della Cassa DDPP al 6,2% per vent anni e con il nuovo patto di stabilità che ci costringe alla riduzione dello stock di debito e al miglioramento del saldo di competenza mista. V

8 Sarebbe fuori luogo qui elencare le opere in programma nel 2012, basta però ricordare che sono per la maggior parte finanziate, il che vuol dire che si faranno. Oltre ai pannelli fotovoltaici già citati, è giusto qui auspicare che la Regione velocizzi la progettazione del polo intermodale di Ronchi, opera strategica ferma da troppo tempo. Inoltre va messo in evidenza il positivo accordo con il Comune di Villesse che ha inteso girare a un opera provinciale di rilevanza paesaggistica i dell accordo IKEA. Di questo ringrazio il Sindaco e il Consigliere provinciale Simonetta Vecchi per la sensibilità provinciale dimostrata. Con quei soldi trasformeremo in pista ciclabile il ponte ferroviario sull Isonzo della mai completata ferrovia Fogliano-Cormons. Un opera che darà un notevole impulso al tratto italiano della ciclovia sorgenti - foce Isonzo. Va ricordato altresì che la maggior parte di queste opere pubbliche sono il risultato di un azione di concertazione di area vasta con Comuni e Regione, che ha portato la Provincia di Gorizia a sottoscrivere negli anni ben tre protocolli di intesa, uno sulla viabilità per circa 50 milioni di euro, uno sull edilizia scolastica per altri 12 milioni di euro e uno sull impiantistica sportiva per 9 milioni di euro. Questi protocolli saranno portati a compimento come da impegni presi. Credo inoltre che questo sistema vada portato avanti anche in futuro, predisponendo le basi per nuovi protocolli, perché ottiene ottimi riscontri, valorizza il dialogo interistituzionale e mette gli interventi su una base oggettiva tecnica e non di favore a questa o quella amministrazione, come purtroppo accade oggi in Regione. In questo senso si inserisce anche il Piano strategico sulla viabilità che la Provincia attuerà in accordo con i Comuni e la Regione, al fine di costruire un nuovo ordine di priorità negli interventi. In questo senso si inserisce l indagine che la Provincia ha avviato assieme ai Comuni per la ricognizione dello stato dell edilizia scolastica esistente di ogni ordine e grado. Un lavoro da fare assieme, con energie proprie, che darà uno spaccato realistico della situazione con cui aprire una trattativa in Regione. La scuola è una cosa importante, è lì che si forma il patrimonio sociale che vogliamo costruire. Dal punto di vista della proiezione internazionale non possiamo che essere fieri di quello che stiamo facendo, sia nei progetti europei e sia in quelli di cooperazione internazionale. 19 progetti finanziati per più di 25 milioni di euro, di cui quasi 3 milioni di euro solo per la nostra Provincia. Possiamo dire con orgoglio che pochi in Italia hanno questi numeri. Su questa strada bisogna continuare differenziando di più i nostri interessi e ponendoci l obiettivo di partecipare con altri partner locali a bandi europei più ambiziosi, su temi strategici quali l acqua e l energia. L obiettivo è quello di un maggior afflusso di denaro dalla programmazione europea e di un maggior intreccio con le competenze del territorio isontino. In questa fase diventa decisiva anche la funzione di traino della Provincia nei confronti soprattutto dei piccoli comuni. Sapendo che la politica transfrontaliera ha superato la sua fase pionieristica e non vive più di simbolismi o di grandi opere, ma deve trasformarsi in una quotidianità sia istituzionale sia economica, sia fiscale e sia del vivere civile. È questo il punto d approdo: una normalità transfrontaliera e non tanti vuoti sogni di gloria. Guardiamo al Gect con rispetto e attenzione, ma ciò che conta è fare concretamente le cose e non solo declamarle, e fino a prova contraria in Slovenia non c è ancora il depuratore delle acque fognarie e non riusciamo neppure ad avere un identico approccio ai rifiuti o peggio allo VI

9 smaltimento di amianto. Per non parlare della benzina e dello svantaggio fiscale sulle imprese e sul mercato del lavoro. Di che Europa parliamo allora? Apprezzo che i Sindaci sloveni siano presenti al Patto dello sviluppo isontino. È un grande primo passo. A loro proporremo quattro ipotesi concrete di lavoro e di interesse reciproco: primo, le fognature di Nova Gorica e dei comuni limitrofi si allaccino direttamente al sistema fognario isontino, pagando come tutti un tot a metro cubo, ci pensa Irisacqua a depurare; secondo, un piano transfrontaliero dei rifiuti, che avrà poco potere regolamentare ma servirà a condividere politicamente le scelte; terzo, approccio comune allo smaltimento dell amianto; quarto, progetto comune per la pista ciclabile lungo l Isonzo all interno di un piano condiviso di valorizzazione turistica. Vorrei inoltre ricordare che continueremo il nostro impegno nella cooperazione internazionale nei Paesi poveri. Un impegno altamente qualificante e umanitario che trasferisce più del 90% delle risorse destinate ai diretti interessati in loco. È il caso di Avellaneda di Santa Fe in Argentina con cui siamo gemellati, ma anche dei pozzi d acqua in Burkina Faso, dei Lamponi di Pace in Bosnia. Dal punto di vista del bilancio in ordine e trasparente, i due Oscar parlano da soli. Abbiamo i conti in ordine, e questo è un merito di tutta la struttura e del senso di responsabilità di tutti i dipendenti, con particolare plauso alla nostra ragioneria. Ecco perché siamo pronti a dotarci di due strumenti strategici per una lettura diversa della società: il bilancio sociale, che abbiamo già iniziato, e il bilancio ambientale, che richiederà un impegno non secondario. D altra parte, se vogliamo costruire il patrimonio sociale ed ambientale, abbiamo bisogno di strumenti adeguati. Dal punto di vista ambientale abbiamo fatto tanto e possiamo fare anche di più. Il primo punto è sicuramente quello di continuare a incentivare e promuovere la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, nelle abitazioni private, nelle imprese e negli edifici pubblici. Il format che abbiamo ideato con gli istituti di credito per conti correnti a rata zero (GO Elios Family), lo sperimenteremo anche per gli edifici della Provincia: se funziona, è un ottimo format per tutti i Comuni e Enti Pubblici. L altra grande questione riguarda i rifiuti: fra poco nascerà in maniera totalmente informale, ma non meno decisiva, l AATO provinciale dei rifiuti. Si tratta di replicare composizione e modi di funzionamento dell AATO acqua con cinque semplici obiettivi: tariffa unica provinciale; standard di servizio unico provinciale; graduale trasformazione in TIA per tutti i Comuni; aumento raccolta differenziata; rifiuti zero ovvero modello Vedelago. Basta parlare di discariche, guardiamo il futuro. Ho detto informale, perché i Comuni non hanno alcun vincolo, ma sono rimasto molto colpito dalla loro totale disponibilità in questo senso. Tanto per dire che non serve una legge per lavorare e decidere insieme. Analoga importanza ha la trasformazione del sistema fognario isontino. In queste settimane decideremo se procedere o meno sull idea di un unico tubone provinciale che da Gorizia arrivi al mare, evitando qualsiasi emissione sull Isonzo. Un opera da milioni di euro, che oltre a risanare totalmente il fiume e garantire la balneabilità delle coste, permetterebbe minori costi a regime di controllo e funzionamento, ovvero contenimento delle tariffe. A ciò si aggiunge la predisposizione del Piano di manutenzione dell Isonzo, che servirà a migliorarne la sicurezza e la salute. VII

10 Sempre sui temi ambientali è nostra intenzione estendere la diffusione di internet adsl sul territorio, sia con wi-fi gratis in accordo con Rete Italia sia in convenzione con Assomax sia con il progetto Mercurio della Regione. Il 2012 sarà anche l anno in cui avvieremo la stesura del Nuovo Piano Faunistico Provinciale, in collaborazione con tutti i soggetti presenti sul territorio, che ci permetterà di essere ancora una volta eccellenza in questo settore. Dal punto di vista sociale la priorità assoluta rimangono le politiche del lavoro. I nostri centri per l impiego rimangono tra i primi in Italia, ma il tasso di disoccupazione contenuto al 5,4% non deve farci abbassare la guardia. Esistono infatti nuove esperienze, come il miracolo tedesco del Kurzarbeit, che vanno studiate e approfondite, copiate e incollate. In ogni caso le risorse a disposizione sono sempre rilevanti, quasi quattro milioni di euro che rappresentano anche il riconoscimento da parte della Regione del nostro lavoro. Vorrei solo ricordare che durante il 2011 ci sono state in Provincia di Gorizia ben contratti di assunzione e contratti di cessazione, con un saldo positivo tra assunzioni e cessazioni di circa 750 contratti a cui corrispondono circa 350 lavoratori. È un dato importante perché inverte (se pur di poco) il saldo negativo del Un terzo circa di questo lavoro è passato per i nostri CPI. Certamente avremmo bisogno di una nuova legge regionale sugli ammortizzatori sociali, con incentivi maggiori per chi vuole mettere su impresa. In questo senso la costruzione di capitale sociale passa anche attraverso la creazione di imprese sociali; non dimentichiamo che proprio recentemente in America uno studio dell US Bureau of Labor Statistics prevede che nel 2018 le top ten delle nuove professioni saranno in prevalenza legate ai servizi alla persona, ancorché sempre più necessaria la laurea anche per quei lavori. La sfida dell impresa sociale è quindi la sfida del futuro. La società che ci si presenta è infatti una società fortemente interdipendente anche dal punto di vista sociale, con una crescita demografica che non sembra arrestarsi e con disperato bisogno di uguaglianza e pari accesso al sapere e ai servizi sociali. Qualcuno ha detto che è la fine dell epoca dell io e l avvento dell epoca del noi. In ogni caso è una rivoluzione, favorita peraltro dalla rete internet e dallo scambio di sapere continuo che stravolge la gerarchia classica tra chi insegna e chi impara: nella rete tutti sono insegnanti e tutti sono studenti. Non è un caso che vogliano mettere il bavaglio alla rete. Nel nostro piccolo il piano di riordino scolastico ha posto le basi per un sapere più forte e più condiviso, sia per quanto riguarda l edilizia scolastica e sia per migliorare la qualità dello studio. Il tavolo provinciale e transfrontaliero dell istruzione rappresenta il punto di partenza di un netto potenziamento della qualità dell offerta scolastica. Del resto un nuovo modello di sviluppo ha bisogno di un sistema formativo che lo prepari e lo prefiguri: dobbiamo costruire i quadri che governeranno il futuro e guideranno una diversa idea di crescita. Questa è una sfida che non riguarda solo il settore pubblico, ma anche quello della formazione professionale e degli istituti parificati. Studiare nell Isontino deve diventare un elemento di forza. Stesso discorso vale per l università e gli enti di ricerca. In questo senso il progetto Sapere Isontino, rappresenta il primo tentativo serio di mettere in rete tale offerta. Anche qui, davanti alle difficoltà economiche, la soluzione è la rete e la sinergia. Resta inteso che la Provincia manterrà le linee di spesa sia per gli scuolabus e sia per l ammodernamento degli arredi scolastici. VIII

11 Come sempre continueremo a sostenere con grande impegno economico e attenzione l attività portata avanti dal CISI. Dal punto di vista culturale è il tempo di definire i contorni di un nuovo Welfare culturale, ovvero di investire sul bene più durevole, la cultura, con un uso razionale e sinergico delle risorse e con la capacità di attrarre anche risorse private e nuove forme di mecenatismo. È inutile negarlo, la cultura è l anello più debole della crisi, perché in prevalenza è sempre stata finanziata da fondi pubblici. Non basta però la volontà, bisogna usare la crisi per riunire le mille iniziative e semplificare il regime di offerta, aprendo inevitabilmente il sistema alle risorse e iniziative private e alle associazioni. Il Tavolo provinciale della Cultura è anche qui un ottimo punto di partenza condiviso. Un discorso a parte merita Libri e Libertà che sempre più cresce come vero soggetto culturale oltre che bookcrossing. Il 2012 sarà l anno di una maggiore presenza della Provincia sul territorio, dopo Gorizia e Gradisca è il turno di Monfalcone, replicando la formula vincente della Sala due settimane e ricercando uno spazio adeguato non solo a mostre, ma anche a presentazione di libri, convegni, kermesse ecc. Sul fronte delle Grandi mostre è prevista in Borgo Castello quella delle Donne e grande guerra, che ripercorre i diversi ruoli che le donne hanno svolto, sostituendo l uomo al fronte nelle fabbriche, nei mezzi di trasporto, nella vita quotidiana, in collaborazione con il museo di Mauthen in Austria. Sempre a Borgo Castello sarà presentato il primo lavoro sulla memoria del Novecento, con un installazione innovativa fatta di testimonianze e immagini. Rimane la volontà della Provincia di realizzare il museo diffuso del Novecento sul territorio. A Palazzo Attems, oltre alla Pinacoteca provinciale esposta, sarà l occasione anche per presentare le nuove acquisizioni, sulla base dell opera di mecenatismo che la Provincia da sempre persegue nei confronti degli artisti non solo locali. Un progetto non meno importante riguarda la ricerca di archivio sulle origini della nostra Provincia, finalizzata a ricostruire la storia del territorio dalla Contea alla nascita della Provincia, un passaggio importante di questi tempi. Un discorso a parte meritano le politiche giovanili, che trovano nel progetto europeo di cui siamo capofila Youth Adrinet un fiore all occhiello della nostra attività, logica conclusione del notevole lavoro portato avanti con Giovani alla Frontiera. Praticamente insegniamo il protagonismo dei giovani ai Paesi dell Adriatico. L attività della Provincia inoltre riguarderà anche il sostegno convinto alle attività del Forum provinciale, ovvero alla creatività e al soggettivismo dei giovani in prima persona. Overnight e i progetti con le scuole sono tutti messi in sicurezza, mentre il finanziamento di alcuni eventi è rimandato alle prossime variazioni di bilancio. Da questo punto di vista non possiamo che rimanere basiti dalla presunta volontà della Regione di riportare le politiche giovanili in capo alla stessa. Si tratterebbe non di uno, ma di cento passi indietro. Non è questo il mestiere della Regione, ma soprattutto sarebbe distruttiva una visione centralista delle politiche giovanili. Su questo siamo pronti a dare battaglia. IX

12 Dal punto di vista della pratica sportiva, il 2012 sarà sicuramente l anno in cui andremo a tagliare i nastri di molti degli impianti previsti dal protocollo di intesa con i Comuni. Si tratta, come già detto, di quasi 9 milioni di euro di investimenti, tesi in prevalenza a mettere in sicurezza gli impianti e a migliorarne la fruibilità. Continueremo perciò a mettere a totale disposizione delle associazioni le nostre palestre scolastiche dalle 8 di mattina alle 24, tutti i giorni e con tariffe ridotte al minimo: in tal senso alcuni interventi di manutenzione sono previsti nel piano triennale. L estensione della pratica sportiva del resto rimane in cima ai nostri obiettivi di fondo. Non si tratta solo di salute, ma di un sistema educativo che costruisce i cittadini del futuro, perché richiede impegno, passione, rispetto degli altri, integrazione tra diverse culture, in una parola costruzione del capitale sociale. Su questo aspetto educativo abbiamo sempre investito molto e continueremo a farlo: progetto educare con lo sport, per fare crescere le persone e non solo gli agonisti; sport disabili, per il sostegno alle attività e alla integrazione sociale; progetto Mimosa, per una pratica sportiva che aiuti l integrazione degli immigrati; progetto sport nelle scuole, perché è lì che bisogna incominciare. Ricordo infine che proprio con lo sport abbiamo iniziato alcuni anni fa la politica dei tavoli con il tavolo dello sport e il tavolo della speleologia. Una politica di condivisione con il territorio tesa a realizzare un percorso di empowerment e a superare la distanza tra cittadini e istituzioni. Si è trattato di una scelta vincente. Oggi esistono tavoli per quasi ogni settore, sono strutture flessibili, non costano nulla, sono sempre partecipati e producono sempre cose di qualità. La realtà è che la qualità della società in cui viviamo non è tanto il risultato delle leggi, dei governi, dei leader che ci amministrano, ma molto dipende anche dal nostro essere comunità, dall interazione tra noi, dal conformismo buono che genera fiducia, onestà, responsabilità, solidarietà. Tutto questo, che noi chiamiamo volontariato, è già qualcosa di più di una semplice disponibilità. Le nuove tecnologie infatti hanno diffuso una tale massa di informazioni che le società moderne ormai non sono più governabili dall alto. Le sfide che abbiamo davanti hanno bisogno sempre più di comportamenti diffusi e capillari. Internet è una rivoluzione perché sposta il centro del sapere e quindi del potere. È l ascesa di un consumismo collaborativo diverso dal passato, perché oggi è più consapevole e preparato. Il nostro obiettivo non può quindi che essere quello di rafforzare i legami con il mondo del no profit e delle associazioni di volontariato. Non si tratta solo di dare contributi, ma di lavorare insieme nei tavoli e delegare la gestione dove possibile. Dobbiamo costruire e rafforzare il capitale sociale del nostro territorio. In questo senso si muove la nostra azione di comunicazione, che senza tante parole rappresenta ormai un esempio per tutti da seguire. Cercheremo nel 2012 di completare la gamma della nostra offerta comunicativa, sia con le scuole sia con i Comuni, non rinunciando ai capisaldi del nostro successo che sono quelli del Web e della capacità innovativa di costruire per ciascuno un messaggio. Il Bilancio 2012 vuole essere perciò un bilancio per il futuro: in tutto 18 programmi e 218 progetti. Alcuni sono in continuità con il passato, altri sono nuovi. Si tratta comunque di una programmazione aperta a tutti i contributi, come penso abbiate compreso in questi mesi di lavoro provinciale. X

13 Il lavoro di un mandato che mi auguro possa continuare anche dopo, perché non esiste alcun argomento ragionevole né per chiudere le Province né per svuotarle. In questo senso recentemente ho scritto un documento sulla nuova società Regione, con l obiettivo di riportare il dibattito politico a un confronto tra ipotesi coerenti e complete della società. Procedere a tentoni non è utile né saggio. Ho trovato molti riscontri e questo è incoraggiante, ma la strada è ancora lunga, eppure è l unica percorribile. Immagino una Regione a specialità globale, una Regione flessibile, una Regione sociale, una Regione federalista, una Regione leggera, una Regione forte. Con una divisione dei compiti chiara: ai Comuni il cittadino, alle Province il territorio, alla Regione il modello di sviluppo. È finita l idea vecchia della Provincia come ente intermedio. Comuni e Province rappresentano la Repubblica più vicina ai cittadini, in un nuovo rapporto tra cittadino e autorità. Immagino quattro grandi azioni per il cittadino e la democrazia: disboscamento della pletora di enti, consorzi, agenzie, aziende, spa più o meno pubbliche; semplificazione burocratica spinta, con una vera e propria decimazione delle leggi in vigore che stanno solo irrigidendo il lavoro a Comuni e Province e complicano la vita a famiglie e imprese; elasticità della macchina pubblica: il pubblico è bello, ma lo spirito di servizio non può essere un optional. In questo senso confermo che la Provincia è a favore di tutte le stabilizzazioni, perché elasticità non deve voler dire precarietà; chiarezza nei bilanci: il sistema attuale di bilancio degli EELL va snellito e modificato, evitando il giro di carte inutili, rendendolo più trasparente al cittadino e più utile alle sfide del noi globale. Il senso profondo di questa proposta è in due parole quello di costruire il capitale sociale e costruire il capitale ambientale con un pubblico più efficace e un privato più solidale. Non c è un altra strada. Se vogliamo fare le cose bene, dobbiamo porci l obiettivo di erogare i servizi dove è meglio per il cittadino e per l ambiente e dove a parità di qualità costa meno. Parafrasando una nota pubblicità, direi che abbiamo bisogno non di uno Stato grande ma di un grande Stato. La realtà è che non si può disegnare una nuova architettura istituzionale senza sapere che cavolo di società si vuol costruire e che modello di sviluppo si vuole perseguire. La sensazione che ho, è che molte delle cose che sento partano dal presupposto che questa sia una crisi momentanea, dura ma momentanea, lunga forse, ma momentanea. In poche parole, manca la consapevolezza di crisi di sistema. Signor Presidente del Consiglio, Signore Consigliere e Signori Consiglieri, concludo ogni hanno questa relazione parlando della Costituzione Italiana, la nostra Costituzione, la più bella del mondo. Lo faccio perché ho sempre pensato che il concetto di Patria non abbia nulla a che vedere con quello di nazionalismo, né tanto meno di stato centralizzato. Oggi l idea di Costituzione si intreccia con il futuro delle Province, con il ruolo delle democrazie di fronte alla crisi finanziaria, con lo spostamento della centralità economica e culturale dell Europa, con l emersione dalla miseria di miliardi di persone nel mondo. XI

14 Parlo ogni anno di Costituzione in omaggio alla nostra storia travagliata e come monito per me stesso, prima che per gli altri, per non dimenticare e per non avere paura del futuro: a questo serve una Carta Costituzionale, a sapere chi siamo, da dove veniamo e dove possiamo andare. Una delle cose più belle di questi anni è stata l adesione degli studenti al Treno della Memoria che si reca ad Auschwitz, è il secondo video della Provincia più visto in rete con 5437 visualizzazioni: è una buona notizia. Non dimentichiamolo, per il bene dell Italia, per il bene dell Isontino. La Giunta Provinciale Gorizia, 8 febbraio 2012 XII

15 Siôr President dal Consei, Sioris Conseiris e Siôrs Conseîrs, aromai al somee clâr che la crisi economiche finanziarie no je la crisi conzunturâl classiche che o sin stâts usâts dal dopovuere incà. Di fat o sin denant di une crisi struturâl che e met in discussion no dome che il nivel di benstâ dai Paîs ocidentâi, ma il stes model di disvilup dal mont e il so sisteme di relazions sociâls e democratichis. La carateristiche di cheste crisi anomale e je il fat che e sedi nassude tant che crisi finanziarie e che dopo si sedi trasformade in crisi economiche. In sostance la crisi finanziarie e à gjenerât une strente creditizie che e je passade inte economie reâl. Ae fin al è stât cjapât dut il sisteme, public e privât, parcè che mancul economie reâl, ven a stâi mancul fabrichis e puescj di vore, al vûl dî mancul jentradis fiscâls e plui spesis pal sociâl, e vie indenant intune spirâl che e va a pericul di deventâ recessive. L'ecuilibri delicât dai Paîs che a vevin costruît il lôr benstâ sociâl suntune ipotesi di cressite ilimitade si è rot, e i Stâts, e tra chei la Italie, che a vevin za un debit public avonde alt, si son cjatâts daurman cu la aghe al cuel. La crisi e colpìs dut il mont ocidentâl e duncje ancje nô, ma nô o vin problemis in plui par vie di agns che no si à fat riformis e di stagnazion economiche. Lis riformis dal Guvier Monti a cirin di recuperâ chest disvantaç, ma no podìn dâ nuie par sigûr. Soredut o vin di jessi cussients che no si pues tornâ indaûr. Bonificâ i belançs, di fat, e je une robe buine e juste ma nol risolf la cuistion di fonts che cualchidun al à clamât a reson un svolt de storie, o sedi la pierdite di centralitât economiche e culturâl de Europe e dal sisteme ocidentâl intal mont. Di fat no podìn confondi cause cun efiet. La crisi finanziarie che a nivel ideâl o fasìn nassi cul faliment dal Lehman Brothers, e à dome sveltît un procès che al jere inviât za di timp e che al viôt il moviment dal as politic e economic de tiere dai Paîs ocidentâi e dal Gjapon ai gnûfs Paîs emergjents, prin di dut Brasîl, Cine, Indie, Russie e Sudafriche, ma ancje ai paîs Africans emergjents. Ducj Paîs che a van indevant a cressi imburîts e a concuistâ fetis di marcjât. Ducj Paîs là che e sarà simpri plui presinte la stragrande maiorance de popolazion mondiâl. Si podarès dî, benvignûts intal mont globâl! E dal rest ducj a intuivin che prime o dopo e sarès lade a finîle cussì, ma chel che al è daûr a seâ la jerbe sot dai pîts al nestri sisteme e je la sveltece di chescj procès. Ve parcè che o vin di decidi daurman, o vin di decidi tant e o vin di decidi ben. Cualchidun al à dit che lis crisis a son simpri ocasions di miorament e di cambiament: dal sigûr vuê o vin di tirâ fûr chel che o vin dentri, dâ il vin miôr, parcè che no podìn domandâ o sperâ che altris lu fasin tal nestri puest. Al è il timp de responsabilitât, de sielte e dal cambiament, tantis voltis riclamât, e che cumò al è ca. Lu torni a dî di agns: Cambiâ al vûl dî impuestâ un gnûf model di benstâ sociâl fondât su la persone e sui siei dirits e no su la apartignince sociâl o etniche, ridusi la diference tra personis sioris e personis puaris, cressi la mobilitât sociâl, premiâ il merit, distruzi lis corporazions, coniugâ flessibilitât e garanziis. XIII

16 Cambiâ al vûl dî slargjâ e invistî su la economie verde par fâ sostignibil e reâl il model di cressite. Invistî su la inovazion, la ricercje aplicade, il savê, la universitât, la cognossince, la competence. E no je dal sigûr la vie dal nucleâr. Cambiâ al vûl dî costruî istancis democratichis sostanziâls e no plui dome formâls, combati la privatizazion de democrazie, il predomini des oligarchiis e dai clans. Meti in vore pardabon il federalisim. Sociâl, ambient, democrazie: lis trê sfidis de globalizazion. Nol è garantît però che di cheste crisi si vegni fûr cun plui democrazie e plui paritât, e lu dimostrin lis politichis metudis in cjamp dai guviers par frontâle, che pal plui si metin l'obietîf lodevul di otimizâ il sisteme ma no di metilu in discussion, o sedi di frontâ lis causis di fonde de crisi. Cun dut achel al è clâr che la crisi e je nassude intal grim des politichis neoliberistis di un capitalisim cence regulis che al à confondût la finance cul mont reâl. Politichis indiferentis ae incapacitât dal ambient di autorigjenerâ lis sôs risorsis primis. Politichis indiferentis aes ricjadudis sociâls di une competizion cence regulis e cence dirits. In tiermins plui complets si fevelarès di sostignibilitât ambientâl e sociâl dal disvilup, che no je stade e che e je la reson vere di une crisi che pardabon si scuen definî struturâl e di sisteme. In chest mont al è globalizât dut, fale che la democrazie e la circolazion libare des personis. Il probleme al è che l'ocident nol è plui crodibil cuant che si indrece ai Paîs emergjents e al fevele di model di disvilup di cambiâ; prin parcè che no lu fâs in cjase sô e po parcè che e somee la enesime ipocrisie de ciale che e critiche la furmie. Costruî un gnûf model di disvilup dal rest nol è un zughet, si à di vê une inteligjence condividude, sorestanziis governativis convintis e previdentis, risorsis adatis. Cun di plui vuê si scuen dimostrâ che chest risultât si pues otignî cui conts a puest e no cuntune altre fase di indebitament. In dôs peraulis une economie cun plui ambient e plui sociâl cun conts in ordin al è la vere sfide de democrazie, o disarès de esistence stesse de democrazie tant che miôr forme di guvier. Cemût che o ai za dit, nol è garantît. La Cine no je une democrazie, e no son democratics nancje tancj paîs africans e asiatics, e nol è automatic che la cressite de classe medie e dal benstâ in chescj Paîs e dedi chei stes disvilups dal dopovuere european. No dutis lis plantis a cressin tal stes mût, e un filosof atent tant che Francois Jullien nus invide a cjalâ di là dal etnocentrisim ocidentâl che o vin simpri, e a pensâ che di là dal nestri nô european al esist ancje un altri nô pussibil, o sedi une altre organizazion dal pinsîr. Une altre civiltât. O sai che cheste peraule nus fâs pôre, ma al è miôr vignî ros prime che no sblancjâ dopo. O vin di fâsi une reson, cierts dai nestris filosofemis tant che Jessi, Diu, Libertât no son universâi come che o vin crodût simpri e a puedin, e chi e ven pôre, no jessi nancje eternis. A puedin ancje finî cu la fin de centralitât de culture nassude intal bacin dal Mediterani. Chest al vûl dî crisi di sisteme: o sin daûr a vivi un grant riassestament dal mont daûr di gnûfs paradigmis. Cualchidun al à osservât cun reson che par tant mancul si son fatis dôs vueris mondiâls. Podìno dî di vê une sperance? Sì, ma si scuen cambiâ il model di disvilup, al è chest il grop. Lis Politichis monetaristichis e di manutenzion dal sisteme a coventin par fuarce par un recupar di competitivitât ma a son pe lôr stesse nature transitoriis, parcè che ogni ipotesi di cressite XIV

17 economiche e à di misurâsi cul limit dal sfrutament des risorsis ambientâls e cu la tignude de coesion sociâl. Ambient e sociâl a son lis peraulis clâf dal presint e dal futûr, par ducj. Al è un probleme di classis dirigjentis, ma no dome, nus tocje ognidun di nô. E je la fadie dal cambiament: il mont gnûf. L'obietîf che o vin denant alore al è chel di fâ sù une societât vierte, tant che model di trasformazion ambientâl e sociâl de economie. Delors al diseve che il profit al à di jessi il strument di misure des aziendis, ma nol pues jessi il strument di misure de societât. Cun chest al afermave il bisugn di un gnûf pat sociâl european e duncje di un gnûf Benstâ sociâl universalistic, là che a concorevin tant che aleâts, e no tant che aversaris, sedi il public e sedi il privât: al è li che e nas la idee de sostignibilitât sociâl e ambientâl de imprese. Une economie sociâl duncje, dulà che il Stât al è plui eficient e il marcjât al è plui solidari. Cheste no je stade la strade cjapade de Europe dai banchîrs, e vuê si viodin i dams. Nol baste l'euro par fâ la Europe. Anzit, la Europe si è cjatade a frontâ la crisi plui grande dal dopovuere intal moment di plui grande debilece: o varessin vût di vê i Stâts unîts di Europe, un esercit unic, un sisteme pensionistic unic e vie indevant, e invezit no vin nancje un euro compagn par ducj. Ma vuê, compagn che in chê volte, la Europe e je la uniche pussibilitât che o vin par no vê un futûr di miserie sigure. Nô chestis robis lis savìn ben. O vin vivût in direte la epopee dal superament dai confins, e cussì prime i nestris vons a àn vivût i dramis de mancjance di libertât e democrazie. Ve parcè che i din valôr ae peraule societât vierte. Ve parcè che o capìn il sens di une trasformazion sociâl e ambientâl de economie. Ve parcè che no vin pôre dal futûr. O sin la prove vivente che plui viertidure e plui integrazion a vuelin dî plui benstâ. Nol è un câs se cul 5,4% di disocupazion o vin un dai tas plui bas in Italie. Nol è un câs se il nestri tiessût industriâl al ten bot miôr di altris ae crisi. Nol è un câs se la Fincantieri e conferme chi la sô presince produtive, fasint pivot dal sisteme Italie. Nol è un câs se chi a vegnin dongje capitâi che dome pôcs agns indaûr no si podeve nancje imagjinâ: il parc comerciâl di Vilès, il superpuart di Monfalcon, la Zamparini City, cuasi 3 miliarts di investiments. Vâl a dî cumierç, turisim, logjistiche. Ipotesis di discuti, e o discutarìn, ma a son! Une robe e je sigure, no sin e no volìn jessi plui tiere par pôi energjetics e discjariis. A chel model di disvilup o vin dit: vonde! No sin plui tiere di concuiste par cui che dopo di vê fat dams a cjase sô e vûl scomençâ a fâju a cjase nestre. O vin pinsîr a viodi ancje i fenomens di impuariment de nestre comunitât, lis fameis che no rivin a fin dal mês, lis impresis che no cjatin credit, i libars professioniscj che no rivin a stâ sù. No sin un mont separât ma il sisteme public e privât di cheste Provincie al è san, salt e al à lis ideis claris su dulà menâ la barcje. Une democrazie fuarte, un marcjât solidari, une Provincie fuarte, Comuns fuarts, al vûl dî sieltis fatis intal interès dal ben comun e no di pôcs. Al vûl dî vivi di citadins e no di sotans e consumadôrs. Le vin imparade dai nestris vons, le insegnarìn ai nestris fîs. Ve parcè che fâ sù une societât vierte, tant che model di trasformazion ambientâl e sociâl de economie, al è l'obietîf base di cheste Provincie, che no par câs o vin definît simpri europeane, o sedi prefigurazion di cemût che o volìn une Europe divierse. XV

18 Cheste e je la sfide no dome di chest Consei e di cheste maiorance, ma di dut il sisteme Provincie. Un sisteme che par tant timp al è stât margjinâl e che vuê in fuarce de viertidure dai confins e dai marcjâts al torne a scuvierzi e al riclame la sô centralitât. L'unic pas di planure des Alps, il puart plui a Nord dal Mediterani, lis primis planuris vignint di Est, la crosere di ben trê Coridôrs europeans: il Coridôr 5, il Baltic Adriatic, lis autostradis dal mâr. Une tiere che e je campion di integrazion sociâl e cun tas di criminalitât simpri plui bas de medie. Une tiere che e rapresente un unicum culturâl, multilinguistic, storic e turistic cence paragons. Trê lenghis: il talian, il furlan e il sloven. Un mâr di storie: la archeologjie, la Serenissime, l'imperi, la grande vuere, la resistence antifassiste, la coltrine di fier. Une tiere uniche: il Cuei, il Cjars, il Lusinç e il litorâl. Une ufierte agrituristiche di cualitât: il vin, i prodots tipics, la filiere alimentâr certificade, la agriculture di cualitât, il no ae invasion dai OGM. Dut chest al à bisugn di un sens, di une narazion economiche e culturâl comune, che e deventi pont di riferiment par dute la comunitât dal Lusinç e che e sclarissi in concret ce che o volìn dî cun trasformazion ambientâl e sociâl de economie. La ocasion di cheste narazion e je la adesion de Provincie di Gurize ae candidature di Vignesie e Nordest capitâl europeane de culture, traviers la realizazion di un plan strategjic provinciâl che al tradusi intal paisaç dal nestri teritori il teme economie e culture che al fâs di fonde a cheste candidature. E je une sfide impuartante e o cirarìn interlocutôrs impuartants. Une sfide che e partìs de realizazion di Cjars 2014+, di ce che li o vin imparât e di ce che li o vin falât. Al à di jessi une robe di ducj, e al à di deventâ par ducj nô e par dute la comunitât dal Lusinç, di une bande la ocasion di un ripensament dal nestri model di disvilup e di chê altre la ocasion par puartâ a sisteme provinciâl sedi la ufierte culturâl e turistiche, sedi la programazion economiche. Al è ce che al pues jessi definît cun trancuilitât un plan strategjic sul futûr. I obietîfs economics di chest lavôr a son 3: costruî e rinfuarçâ un sisteme locâl di impresis piçulis e mediis; riclamâ capitâi; favorî la diferenziazion produtive. Duncje economie, ambient e sociâl a son i temis di un gnûf progjet sociâl che cheste Provincie e vûl proponi a dute la comunitât dal Lusinç. Chest vuê al vûl dî trê robis di fâ insiemi tra public e privât: dâ dongje il capitâl sociâl; dâ dongje il capitâl ambientâl; tignî i conts a puest. Il public, us al ricuardi, nol è dome ce che al è previodût dal art. 114 de Costituzion: Comuns, Provinciis, Citâts Metropolitanis, Regjons e Stât. E je ancje dute la sdrume di ents e spa di disboscâ. Il privât nol è dome marcjât. A son lis fameis e al esist il grant mont de sussidiarietât orizontâl fat di volontariât e no-profit, vêr anticuarp sociâl aes sieltis autoreferenziâls de politiche: la nestre Primevere arabe. In dôs peraulis il public al à di deventâ plui eficient, e il privât plui solidari e just. La crisi nus dîs che no podìn plui permetisi un public che nol funzione e un privât che al incuine e al trate mâl i lavoradôrs. Il public al à di fâ mancul marcjât pussibil e il privât al à di fâ plui responsabilitât sociâl e ambientâl inte aziende. XVI

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