TECNOLOGIA IN MOVIMENTO NELLA SCUOLA DELL INFANZIA: QUATTRO PRATICI ESEMPI

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTA DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA INDIRIZZO INFANZIA TECNOLOGIA IN MOVIMENTO NELLA SCUOLA DELL INFANZIA: QUATTRO PRATICI ESEMPI RELATORE Professor Umberto Cattabrini CANDIDATA Ilaria Volpi A. A. 2011/2012 1

2 Ad Arianna,che ha atteso con pazienza, a Mamma e Babbo che sono sempre stati lì per me, a Massimiliano che nonostante tutto mi è sempre rimasto accanto. Grazie 2

3 Introduzione p.5 1. La storia dei videogiochi: Pong p Breve excursus sulla storia dei videogiochi p I primi videogiochi p Pong: semplicità ed innovazione p La relazione tra gioco e apprendimento p Gioco e apprendimento: una prospettiva psicologica p Gioco e apprendimento: una prospettiva pedagogica p Videogiochi e scuola dell infanzia p Scuola e tecnologia p Elementi chiave p La Media Education p Scuola dell infanzia e scuola primaria: cosa p.85 cambia?... (se cambia) 4. Usare supporti didattici tecnologici nella scuola dell infanzia: utopia o possibilità? p Ipotesi di lavoro p Tappeto interattivo, LIM, Kinect, WII p Quali software per la scuola dell infanzia? p Quali funzioni andiamo a sollecitare? p Tecnologia e scuola dell infanzia: osservazione p Il tappeto interattivo p La LIM p La WII p Il Kinect p.135 Conclusioni p.141 Bibliografia p.151 3

4 4

5 Introduzione Il gioco nell era post-moderna: la disputa tra apocalittici ed integrati Il gioco è uno degli elementi oramai più noti nella vita dell uomo. Come sostiene lo stesso Fink, infatti, il gioco è un fenomeno della vita che ognuno conosce dall interno. Ognuno ha già una volta giocato e può parlare del gioco a partire dalla propria esperienza ( ) Il gioco è conosciuto universalmente. 1 Il gioco è piacere, libertà, creatività, ma soprattutto, appartiene a tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutte le età. Oggi, con l affermarsi dei videogiochi e di internet, si va verso una nuova definizione dell uomo fortemente influenzata dall elemento gioco che Pecchinenda definisce Homo games 2, data la grande centralità e rilevanza che il videogioco ha assunto nell era post-moderna, venendo così a delineare una nuova tipologia di uomo, che si muove tra reale e virtuale, un uomo che grazie alla tecnologia non conosce più limiti di spazio e di tempo. Il pericolo maggiormente legato all uso dei videogiochi, specie con i ragazzi, è quello della sovraesposizione, cioè il pericolo effettivo è che non vengano considerati come un semplice passatempo o come strumento didattico, ma come una sorta di 1 E. Fink, Oasi del gioco Trento, ed. Cortina, 2008, p. 5 2 G. Pecchinenda, Videogiochi e cultura della simulazione Bari, ed. Laterza, 2004, p. VII 5

6 baby-sitter. Ecco perché allora ritorna sulla scena la disputa tra apocalittici ed integrati: i primi che lanciano una severa condanna nei confronti dei giochi elettronici, sottolineando solo gli effetti negativi sulla sfera cognitiva degli utenti; i secondi, che invece ne riconoscono la positività e la possibilità di dare vita, attraverso tali strumenti ad un pensiero creativo. Apocalittici e integrati 3 è un'espressione che trae origine da un saggio di Umberto Eco pubblicato quasi cinquant'anni orsono. In esso il famoso scrittore faceva alcune considerazioni su quella che allora si definiva "letteratura di massa", individuando in essa aspetti positivi e negativi. Oggi, a distanza di tanto tempo, non saprei dire se esiste ancora una letteratura di massa, anche perché, con la caduta delle barriere politiche, mentali e ideologiche, le "masse" sono diventate un'altra cosa. Oggi, in questo nuovo secolo del terzo millennio, gli apocalittici e integrati fanno parte degli scenari esistenziali di ogni giorno. In particolar modo quelli che sono riferiti ai nuovi mezzi di comunicazione. C è chi ne è fortemente entusiasta e chi è contro senza riserve. Come nel caso della tavoletta, vale a dire l Ipad, che viene in un certo qual modo, enfatizzando la situazione, alle nuove tavole della legge dettate a Mosè sul Monte Sinai. Queste ultime oggi sembrano, invece, provenire da Cupertino, una città situata nella Contea di Santa Clara in California, USA, patria del così detto high tech. Un neuro scienziato dell università della California a San Francisco, che già da qualche tempo si era posto la domanda 3 Cfr. U. Eco, Apocalittici e integrati ed. Bompiani,

7 se l esposizione al web ci sta facendo diventare tutti più stupidi, cambiando a livello neuronale il nostro cervello, rincara la dose con un altro libro, affermando che la vita online altera e danneggia il nostro cervello. Mi riferisco allo studioso Nicolas Carr 4, il quale ha da poco pubblicato un libro facendo calare sul titolo di copertina dell edizione americana The Shallows una domanda di partenza che dà il senso a tutto, vale a dire: Che cosa Internet sta facendo ai nostri cervelli?. Il titolo del libro è stato abbastanza fedelmente tradotto in italiano con I superficiali anche se le immagini che suscita la parola in inglese sono più articolate e complesse. Nicolas Carr sembra far parte della categoria degli apocalittici, vale a dire di chi vede nei nuovi media più danni che vantaggi. All opposto, invece, un altro esimio studioso dell argomento che va sotto il nome di Steven Pinker 5. Vediamo allora di capire meglio chi è un apocalittico e chi invece un integrato. Socrate fu forse uno dei primi intellettuali della storia a temere la tecnologia. Platone nel suo Fedro fa esprimere a Socrate il suo timore sull invenzione dei libri. Questi, a suo dire, facilitano la dimenticanza nell anima dell uomo. Invece di ricordare essi stessi, i lettori, leggendo i libri, si sarebbero fidati ciecamente nella scrittura. In poche parole, la biblioteca rovinava la mente. E superfluo ricordare che con l avvento della stampa i timori aumentarono. Poi subentrarono la radio e la televisione le quali, che a detta di molti, danneggiavano oltre agli occhi anche la mente ed il corpo. I libri, fu detto, scompariranno. 4 Cfr. N. Carr, The Shallows ed. Cortina, Cfr. S. Pinker, L istinto del linguaggio: come la mente crea il linguaggio ed. Mondadori,

8 E questo avrebbe fatto piacere a Socrate. Nicholas Carr apre il suo libro con il ricordo melodrammatico delle ultime ore di vita del supercomputer HAL nel famoso film 2001: Odissea nello spazio. Tutti ricordiamo le sue parole quando il computer viene smontato la mia mente se ne va, lo sento. Per Carr l analogia con la fine del nostro cervello è simile a quella di HAL. Egli scrive letteralmente: I can feel it too. Over the last few years, I ve had an uncomfortable sense that someone, or something, has been tinkering with my brain, remapping the neural circuitry, reprogramming the memory. (Lo sento anche io. Nel corso degli ultimi anni ho avuto come la terribile sensazione che qualcuno, qualcosa, stesse stagnando il mio cervello, rimodellando i circuiti neurali, riprogrammando la memoria). Mentre HAL era stato messo a tacere dagli uomini che lo usavano, Carr sostiene che sono gli uomini, siamo noi stessi a farci del male distraendo la serietà della nostra attenzione verso la frenetica superficialità di Internet. Aveva già sostenuto una cosa del genere avanzando la domanda se Google ci stesse rendendo tutti più stupidi. Carr con le sue affermazioni pare oscillare senza forse accorgersene tra gli apocalittici e gli integrati. Vale a dire, mentre afferma che la rete fa scemare l attenzione per la profondità, non nega la sua utilità e ci conduce nelle acque immobili ma infinite del sapere. Il problema, allora, resta: come fare per impiegare al meglio le nostre qualità umane per gestire quanto ci sembra importante per la conoscenza? Si tratta di acque di superficie, è vero, ma solo per chi vuole restare superficiale. Egli aggiunge che gli effetti negativi della rete superano quelli positivi. E il caso dei 8

9 motori di ricerca. Per non dire poi del modo in cui i computer stanno distruggendo la nostra capacità di concentrazione. Il PC è ormai diventato un ecosistema di tecnologie interrotte : ormai trascorriamo le nostre giornate saltando di sito in sito, passando da controllare la posta elettronica, per poi dare una sbirciatina su Facebook. Siamo fermamente convinti, mentre facciamo ciò, di stare acquisendo nuove ed interessanti informazioni, ma è davvero così? Oppure si tratta solo di un illusione, poiché si tratta solo di nozioni inutili e superficiali che, in un certo senso, ci scivolano addosso, senza lasciarci niente più di prima. L essere umano è da sempre aperto alle novità e di conseguenza anche al cambiamento provocato da queste, ma questa sua flessibilità, secondo l ottica di Carr, non ha solo risvolti positivi. A Carr preoccupa il fatto che questa malleabilità cerebrale ci fa schiavi e succubi della tecnologia dalla quale siamo continuamente riprogrammati. Se allora Internet sta cambiando il nostro cervello perché ogni cosa esterna ad esso lo può influenzare, non è detto che questa influenza sia sempre necessariamente negativa. Il grande pericolo rappresentato da internet sembra stare nell illusione di avere tutto a portata di mano e di poter tutto dominare. Il libro di Carr ci ricorda anche le perdite che dobbiamo sperimentare ogni qualvolta subentra una nuova tecnologia. Egli ricorda, per esempio, che l invenzione della parola scritta condusse alla scomparsa del racconto e della poesia nella loro oralità. L invenzione dei caratteri mobili a stampa fece scomparire i manoscritti illustrati. Gli spettacoli alla TV hanno fatto morire il teatro radiofonico. Il rumore, la dinamicità ed i colori di Internet 9

10 hanno trasformato il testo del libro in una reliquia obsoleta. Internet diventa così il nuovo libro aperto sul mondo intero. Il lettore diventa il mondo e con esso si fonde. O si confonde? La disputa tra apocalittici e integrati è destinata allora a continuare. Mi sembra una cosa del tutto ovvia e naturale. In fondo nessuno è in grado di prevedere come sarà il futuro e come la tecnologia cambierà noi stessi e il mondo e del resto, nessuno è nella posizione per stabilire da quale parte sta la ragione. L uso delle tecnologie in ambito educativo: in Europa ed in Italia Ma vediamo più da vicino come le tecnologie, ed in particolare i videogiochi, influenzano la nostra vita quotidiana, specie quella delle nuove generazioni. I ragazzi di oggi vivono la tecnologia come un passatempo, o riescono ad andare oltre?quali sono i cambiamenti che le nuove tecnologie apportano alle relazioni e alle modalità di apprendimento? Come comunicano le nuove generazioni? A queste domande hanno cercato di rispondere docenti e altri esperti in occasione del convegno L'educazione ai tempi di Internet 6, che si è tenuto il 23 e 24 settembre 2011 a Torino. Obiettivo del convegno, infatti, era proprio quello di «realizzare un'opportunità di riflessione e confronto su un tema che sta cambiando i modi di vivere di tutti, in particolare dei 6 verificato il 4/10/

11 giovani, analizzandone specificamente le implicazioni psicologiche ed educative».tra gli argomenti affrontati ed approfonditi durante le due giornate di studio troviamo: Nuove Tecnologie e Media Education; L'utilizzo delle nuove tecnologie per compensare le difficoltà di apprendimento; La valorizzazione della dimensione informatica della cultura nelle scuole; Uso delle tecnologie del 3D per la didattica: esempi pratici interattivi. La ricerca pubblicata nel Quaderno 38 7 e curata da Marina D'Amato, indaga sul rapporto tra l'infanzia e i media e sull influenza di questi ultimi nella formazione dei ragazzi. È ormai evidente che i mezzi di comunicazione di massa, con tecnologie tradizionali e più innovative, occupano un posto importante nella vita quotidiana dei giovani già a partire dai primi anni di vita. Se esaminiamo ciò che viene offerto dalla televisione, dal cinema, dalla letteratura, dalla radio, da Internet e videogiochi e dall'analisi della rappresentazione dell'infanzia nei media emergono quelli che ormai sono i nuovi miti e si delinea l'identità dei giovanissimi di oggi. Nel 1962 al MIT (Massachusetts Institute of Technology) nasce Spacewar, il primo videogioco della storia e con lui una nuova modalità ludica interattiva destinata ad animare la fantasia di milioni di bambini, giovani e adulti. A partire dai primi anni Settanta infatti, novità multimediali come Pong e Asteroids iniziarono a popolare le sale giochi, conquistando un successo sempre maggiore all interno delle società industrializzate. Solo intorno agli anni Ottanta però, grazie all arrivo dei personal computer e delle nuove consolle 7 verificato il 4/10/

12 Nintendo, i videogiochi hanno cominciato a diffondersi nelle case degli appassionati. Da allora il mercato internazionale di videogame ha acquisito una potenza tale da arrivare attualmente a competere con quello dei giocattoli tradizionali. Persone di tutte le età e di tutto il mondo si ritrovano quindi a vivere le stesse avventure e sconfiggere gli stessi nemici senza limiti di tempo e di spazio, in qualità di veri e propri eroi di un mondo virtuale. È perciò importante studiare le caratteristiche di questi personaggi e in particolare di quelli attuali, per evidenziare di quali valori e modelli di comportamento sono il simbolo. Ci sono dei casi, però, in cui il giocatore non veste i panni di un personaggio ben preciso, perciò si trova a dover giocare al di fuori della modalità. Il gioco diventa così ancora più appassionante e coinvolgente in quanto è il giocatore stesso che diventa protagonista e che guarda attraverso lo schermo e in prima persona l effetto delle sue azioni. L'utilizzo dei videogiochi nelle scuole europee è una pratica in crescita. Lo rivela il rapporto conclusivo del progetto Games in schools 8, realizzato da European Schoolnet - rete di ministeri dell'istruzione europei - su commissione dell'isfe, associazione europea degli editori di videogiochi. Attraverso un'inchiesta che ha coinvolto, fra gli altri, oltre cinquecento insegnanti in tutta Europa, i redattori del rapporto si sono proposti di rilevare quali sono le aspettative dei docenti sull'utilizzo dei videogiochi, qual è l'impatto dei nuovi strumenti didattici sulla motivazione e sui risultati degli studenti e in che modo alcune scuole li hanno 8 games.eun.org verificato il 5/ 10/

13 inseriti nei loro percorsi educativi. Lo studio, in conclusione, tenta di stabilire in che misura l'uso dei videogiochi permette di rispondere alle molteplici sfide degli attuali sistemi educativi. Dal rapporto emerge che il settanta per cento degli insegnanti intervistati ha iniziato a utilizzare i videogiochi in classe, indipendentemente dal genere di appartenenza, dall'età, dall'esperienza professionale, dalla familiarità con i videogiochi, dalla materia insegnata e dal grado di scuola. L'ottanta per cento ha dichiarato di volerne sapere di più sul tema. L'uso dei videogiochi spazia dalle lingue straniere alla letteratura, dalla matematica alla storia e comprende non solo videogiochi educativi in senso stretto, ma anche videogiochi di intrattenimento in commercio. Per quanto riguarda gli studenti, dal rapporto emerge che sembrano essere più motivati quando il videogioco viene integrato nel processo di educazione e apprezzano il fatto che il nuovo approccio si avvicina alla loro vita quotidiana, affida un ruolo attivo nell'apprendimento e introduce, infine, una componente di gioco nell'attività scolastica. In relazione alle modalità di utilizzo dei videogiochi e alla loro diffusione nelle scuole, il rapporto evidenzia che l'uso dei nuovi strumenti didattici è una pratica in crescita, mai lasciata al caso ma programmata con rigore, nell'ambito di un quadro pedagogico ben strutturato. Dai risultati dello studio emergono, inoltre, differenti livelli di coinvolgimento delle istituzioni e differenti approcci e obiettivi, a seconda dei diversi sistemi educativi dei vari paesi europei. Danimarca, Olanda e Gran 13

14 Bretagna sono tra quelli con il più elevato sostegno istituzionale alla sperimentazione dei videogiochi a scuola In alcune scuole primarie della Francia i bambini, per imparare a leggere e scrivere, assistiti dagli insegnanti, muovono i primi passi nel linguaggio grazie ai messaggini di uno dei più famosi social network: Twitter. Si legge infatti sulla Stampa.it 9, nella sezione dedicata alla tecnologia, in un articolo di C. Leonardi, che Twitter è ormai diventato maestro di scuola, dato è l'account col quale tweetano i bambini della scuola elementare di Dunkerque, nel nord della Francia, la prima a lanciarsi nell'avventura dei pensierini in versione digitale. «È un iniziativa ancora poco diffusa, ma sta avendo un discreto successo tra gli insegnanti», scrive la giornalista Cécil Bontron. Secondo quanto racconta il giornale francese, dal 2010, anno di esordio dell'iniziativa, sarebbero ormai ottantuno le classi francofone che utilizzano Twitter (di cui cinquanta in Francia). Bertrand Formet, uno dei promotori del progetto ci spiega che esistono vari progetti, in base all ordine scolastico in cui vengono applicate, dalla scuola dell infanzia fino all ambito universitario. Ai bambini viene insegnato ad approcciarsi ai social network secondo modalità ben precise, per esempio ad usarlo solo in presenza dei genitore o dell insegnante, essere gentili quando si è in rete, ma senza fornire informazioni personali o password a nessuno. L'esperimento comunque dà esiti incoraggianti. È la conclusione di Yann Leroux, psicologo e psicanalista: I bambini imparano molto presto che quello che 9 verificato il 1/04/

15 scrivono sulla carta, rimane. Mentre con il computer si può correggere: viene meno il senso di colpa dovuto agli errori e possono sperimentare senza paura 10. Il Council for Industry and Higher Education ha infatti detto la sua, con la voce di un gruppo di esperti, trattando come argomento principale il mondo dei videogiochi legato a quello della scuola. Da tempo il Regno Unito sta vivendo un periodo nero per quanto riguarda lo sviluppo di nuove tecnologie ed industria digitale e un tentativo interessante, sarebbe quello di intraprendere un percorso formativo al riguardo proprio nelle scuole. Tutti i ragazzi giovani utilizzano il computer, Facebook e ovviamente i videogames, ma proprio approfittando di questa passione, sarebbe utile introdurre come materia il videogioco, non come passatempo, come lo si vive a casa, ma analizzandolo nella struttura e nell efficacia sul mercato. Questo sarebbe, a mio parere, un grosso passo in avanti nel campo della media education, anche se ovviamente, non ci si può affidare al caso, ma la procedura dovrebbe essere studiata e progettata nei minimi dettagli, poiché si andrebbero ad utilizzare degli strumenti al di fuori del campo per il quale sono stati progettati, cioè al di fuori del ludico, ma all interno del campo formativo. In Italia il panorama, a tal proposito muta notevolmente: come sostiene Gabriele Ferri, semiotico e ricercatore in game studies 11 in uno dei suoi articoli, l'idea che un gioco possa essere uno strumento didattico non è nuova, ma la dicitura "videogioco educativo" sembra ancora una verificato il 1/04/ verificato il 1/10/

16 contraddizione in termini, tanto a molti giocatori quanto alla grande maggioranza degli insegnanti italiani. Invece l'utilità di particolari giochi a scuola sta avendo molti riscontri positivi all'estero, soprattutto nei confronti di allievi definiti con elegante eufemismo "resistant to classroom education", cioè resistenti all'istruzione in classe. Per certi versi l'italia è stata all'avanguardia nella didattica multimediale (chi ricorda i Cd'Art, contenenti grandi raccolte di immagini di pittori famosi, distribuiti in edicola a metà degli anni novanta?) ma la spinta sembra essersi esaurita negli ultimi anni: un paragone con quanto accade a New York ne costituisce l'esempio lampante. Nel 2005 a New York, alla South Shore High School di Brooklyn, l'associazione Global Kids ha portato avanti il progetto Ayiti - The Cost of Life 12. Gli sponsor dell'iniziativa erano UNICEF e Microsoft: i medesimi di Missione "Internet Sicuro!" 13. Gli studenti di Brooklyn sono stati guidati nella progettazione di un videogioco che simulasse la difficoltà della vita ad Haiti, ribattezzata Ayiti nella finzione videoludica. Ma, al di là dei fortunati che hanno avuto l'opportunità di progettare le meccaniche di gioco, Ayiti - The Cost of Life, è stato poi realizzato dagli sviluppatori professionisti di GameLab seguendo fedelmente le indicazioni dei ragazzi ed ora è a disposizione, assieme ad altro materiale didattico, di tutti gli insegnati che ne vogliano fare uso. Ayiti non è solo un videogioco tipo SimCity, semplice e divertente, ma è anche un buon punto di partenza per la didattica che non sarebbe 12 verificato il 1/10/ verificato il 2/10/

17 realizzabile con mezzi diversi dal computer. Il punto di forza che deve stare alla base dei giochi didattici ben progettati è la possibilità di schematizzare, semplificare e simulare un problema chiedendo al giocatore di risolverlo. Spesso si confonde il videogioco didattico con uno strumento di valutazione ma la specificità di un gioco non è quella di sostituire un'interrogazione o un test. Un buon videogioco scolastico, come Ayiti, astrae i punti fondamentali di un problema complesso, permette agli studenti di tentare approcci alternativi e ha comunque sempre bisogno di una discussione finale guidata dall'insegnante. Missione "Internet Sicuro!", realizzato invece in Italia, d'altro canto, non è un gioco ed è scarsamente multimediale: avrebbe potuto essere stampata su un libro di testo senza cambiare la sua natura. Non ci sono elementi di simulazione, gli allievi sono semplicemente spettatori di una normale lezione, con la differenza che si parla di sicurezza online invece che di storia. Il massimo dell'interazione offerta da Missione "Internet Sicuro!" è rappresentato dal concorso-cruciverba finale. Vista l'alta qualità del prodotto che Microsoft e UNICEF hanno promosso negli Stati Uniti, ci si potrebbe aspettare dalle medesime organizzazioni ampi miglioramenti nei progetti per il pubblico italiano. Attualmente, il Ministro dell Istruzione Gelmini, si è pronunciato in materia di videogiochi, sottolineando l importanza di questi come uno strumento didattico per le scuole e le università. I videogiochi oggi rappresentano un'opportunità per introdurre nella scuola linguaggi digitali e nuove strategie di apprendimento, ha commentato al Corriere il 17

18 ministro Gelmini. Dalla ricerca, infatti, emerge chiaramente come i genitori attribuiscano ai giochi elettronici un valore dal punto di vista cognitivo. La nuova generazione di videogiochi didattici offre molte opportunità e non è un caso che siano ormai utilizzati anche all interno di percorsi universitari. 18

19 Capitolo primo La storia dei videogiochi: Pong Nel primo capitolo, il mio scopo, è quello di tracciare a grandi linee la storia dei videogiochi, per cercare di capire quali siano le origini delle nostre moderne console. Il videogioco è un media alquanto giovane. Esso viene definito come gioco le cui regole sono gestite automaticamente da un dispositivo elettronico che utilizza un interfaccia uomomacchina basata sul display come sistema di output 14. È circa dieci anni fa che Paul Saffo 15, direttore dell'institute for the Future di Menlo Park (California) ha formulato "la regola dei trenta anni" secondo la quale occorrono circa trenta anni per la completa penetrazione di nuove idee all'interno di una cultura. Nel corso di questi anni il media ludico ha subito molti stadi di trasformazione, passando da "passatempo ludico" a "esperienza senso motoria- ludico - interattiva" grazie alle nuove sperimentazioni in questo campo ed è cambiato molto l'atteggiamento delle persone rispetto a questo nuovo media verificato il 15/11/ V. Paul Saffo and the 30 years rule, Design World,

20 1.1 Breve excursus sulla storia dei videogiochi La storia dei videogiochi viene spesso fraintesa, quindi è necessario spiegare cosa è successo nel 1950 prima, per poi passare attraverso la vera storia dei videogiochi che ha avuto inizio nel Già nel 1951, un giovane di 29 anni, ingegnere esperto nella progettazione di televisori di nome Ralph Baer, ha lavorato presso Loral, una società di TV. Il suo capo ingegnere, Sam Lackoff, gli commissionò un progetto per un televisore che fosse all avanguardia per l epoca. Questo sarebbe risultato un compito facile per Ralph, che però voleva aggiungere un nuovo concetto, un tocco di innovazione ed originalità al suo progetto, che il suo capo, ovviamente, al momento non comprese: giochi sul televisore. Il concetto di videogioco era quindi ormai nato, ma non poteva essere attuato in quanto mancavano le basi per mettere in pratica il progetto, in quanto Lackoff aveva respinto l idea di Baer. Nel settembre del 1966, Ralph tornò alla sua idea originale, ossia di installare giochi su televisori e così iniziò a costruire i primi prototipi di videogiochi. Ecco perché Ralph Baer è pertanto considerato come l'inventore del videogioco. Nel 1967, Ralph Baer ha dato vita al primo videogioco giocato su un televisore, un gioco chiamato Chase 16. Il videogioco è stato introdotto negli anni settanta sul 16 verificato il 15/10/

21 mercato e, nel corso degli anni, ha subito varie trasformazioni, passando dall essere da una semplice meraviglia elettronica ad un prodotto complesso, grazie all incalzante rivoluzione digitale. Siamo passati a parlare del gioco non più in termini di ludico, ma coniando il termine di ludiforme 17, ossia, intendendo con tale termine tutto ciò che può essere proposto ad un individuo per farlo divertire, ma che allo stesso tempo, produce forme di apprendimento. Mentre il videogiocatore, nei primi anni ottanta, veniva classificato come NERD (cioè una strana tipologia di essere umano, introverso, asociale, riservato, con pochi amici e dall aspetto esteriore non particolarmente attraente), oggi video giocare è diventato "cool", soprattutto con l'aumento delle prestazioni grafiche della pubblicità martellante della multinazionali del divertimento. Il videogamer, prodotto dell homo ludens, non è più al limite della società,ma viene situato al centro di essa, poiché sembra comprenderne a pieno il funzionamento, le interazioni. Egli non viene più rappresentato come il ragazzino pieno di lentiggini che se ne sta imbambolato davanti allo schermo e ogni tanto fa un ghigno che sta a metà tra la schizofrenia e l'epilessia, ma come una persona che gioca e che "ha una vita sociale ben salda" e che il giocare e la tecnologia comunicativa hanno reso ancor più solida, vasta. La compagnia che attualmente porta il nome Atari fu fondata nel 1993 sotto il nome GT Interactive. La GT Interactive fu acquisita dall'iesa nel 1999 e rinominata Infogrames, che acquisisce il marchio Atari dall'acquisto di Hasbro Interactive. La originale Atari era una pioniera nei giochi 17 Cfr. Visalberghi A., Insegnare ad apprendere: un approccio evolutivo, Firenze, La Nuova Italia,

22 arcade ("videogioco da sala giochi" si riferisce, in generale, a un videogioco cui si gioca in una apposita postazione pubblica a gettoni o a monete, dotata di monitor, joystick, pulsanti, trackball o altro), nelle console domestiche (una console è un dispositivo elettronico di elaborazione di tipo special purpose concepito esclusivamente o primariamente per giocare con videogiochi. Le console si possono suddividere in varie tipologie: esistono, infatti, quelle portatili come il Game Boy che fa il suo ingresso in Europa nel 1990 (oggi in disuso); Nintendo DS nato nel 2004, anche se nel 2011 è stato introdotto sul mercato il Nintendo 3DS; o la Playstation Portable (PSP) nata nel 2004; le console "da tavolo", invece, sono caratterizzate da maggiori dimensioni, circuiteria più complessa, che consente loro di poter essere collegate, attraverso un cavo specifico, anche ad un televisore e ad un personal computer ( un personal computer è un qualsiasi computer di uso generico le cui dimensioni, prestazioni e prezzo di acquisto lo rendano adatto alle esigenze del singolo individuo). Un 22

23 personal computer può essere un "desktop PC" cioè un PC da scrivania o fisso, un "portatile", un "tablet PC", cioè un PC a tavoletta o un "palmare" e può essere utilizzato a casa, in ufficio o in viaggio. Un PC è pensato per essere utilizzato direttamente da un utente finale, senza l'intervento di un tecnico informatico specializzato, grazie all interfaccia grafica. Il suo dominio in quelle aree la resero la più grande forza nell'industria dell'intrattenimento elettronico dagli inizi fino alla metà degli anni ottanta. Atari sviluppa, pubblica e distribuisce giochi per tutte le maggiori console di videogiochi e personal computer, ed è una delle più grandi case di pubblicazione di videogiochi negli Stati Uniti. Nel 1972 Nolan Bushnell fonda la Atari e nello stesso anno viene messo sul mercato Pong; così nacque l'industria dei videogiochi e Higgin, Botan, Rassel, Bear e Bushnell consapevolmente o no, riuscirono ad incanalare le nostre paure collettive nello loro creazioni virtuali; era evidente che il mondo era stanco, che c era bisogno di qualcosa di nuovo che esorcizzasse le paure di ognuno, che permettesse ad ogni individuo di esternare le proprie emozioni, di misurarsi con ciò che più temeva. Ecco che quindi i videogiochi erano la perfetta arma di distrazione di massa in tutto il globo. I primi videogiochi furono prodotti collaterali della guerra fredda, come Harpoon, uscito nel 1989 e sviluppato da Apeiron. Si tratta di un interessante simulatore di combattimenti navali basato 23

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