Rileggendo Karl Polanyi

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1 Università degli Studi di Ancona Dipartimento di Economia Rileggendo Karl Polanyi Antonio G. Calafati (Intervista condotta da Sergio Sinigaglia) Pubblicato in: Una Città, n. 73, dicembre 1998 by the author

2 Rileggendo Karl Polanyi Antonio G. Calafati 1 (Intervista condotta da Sergio Sinigaglia) Polanyi non è un pensatore molto conosciuto al di là degli addetti ai lavori. Dipende dalla sua collocazione eretica rispetto all ortodossia neoclassica e a quella marxista? Certo il suo pensiero non rientra nel paradigma neoclassico e neanche in quello marxista, e questo non ha facilitato la diffusione della conoscenza delle sue opere, almeno in Italia. Opere che, comunque, nel nostro Paese sono state ampiamente tradotte anche se con prefazioni o introduzioni così diverse nell impostazione l una dall altra da far ogni volta pensare che si trattasse di un autore diverso. Credo che anche il suo itinerario professionale, anomalo e in un certo senso difficile, non abbia facilitato la diffusione dei risultati della sua ricerca. Polanyi ha potuto dedicarsi completamente alla ricerca soltanto dopo i cinquanta anni, nel 1947, quando entra come professore alla Columbia University di New York. Dopo aver lasciato l Ungheria era stato per molti anni giornalista a Vienna e successivamente insegnante in Inghilterra. Quando entra alla Columbia University aveva già scritto La grande trasformazione, che era uscita nel 1944 costituisce il gruppo di ricerca da cui nascerà il suo libro più impegnativo Traffici e mercati negli antichi imperi, pubblicato nel Una ricerca durata dieci anni che raccoglie scritti di Polanyi e dei suoi collaboratori. Polanyi muore nel 1964, e le altre sue opere più note Il commercio degli schiavi nel Dahomey (1964) e La sussistenza dell uomo (1977) usciranno postume a cura dei suoi allievi. Comunque, credo che la principale ragione delle difficoltà incontrate nella utilizzazione, sul piano analitico, del pensiero di Polanyi sia il carattere transdisciplinare della sua opera, un fattore che è in grado di spiegare la relativa diffusione del pensiero di altri scienziati sociali del Novecento. Resta il fatto che si tratta di un autore eretico Non so se sia veramente un autore eretico. Credo che Polanyi appartenga ad una linea di pensiero, molto ben visibile nel Novecento, che va da Veblen fino a Commons, da Myrdal a Hirsch, da Hirschman a Sen solo per citare alcuni nomi noti anche in Italia. L idea centrale di Polanyi vale a dire che il processo economico è incastonato nel sistema sociale, che l economia è un prodotto delle relazioni sociali non è a mio avviso eretica. Al contrario, si può dire che sia alla base del pensiero degli autori appena citati. Inoltre, si tratta di un idea che è stata dominante nelle politiche pubbliche. Nel campo delle politiche 1 Università degli Studi di Ancona, Dipartimento di Economia, Piazzale Martelli, Ancona (Italy) [calafati@deanovell.unian.it, 2

3 pubbliche, in modo evidente a partire dagli anni Trenta, la regolazione sociale del processo economico è diventata centrale. Ad esempio, la insostenibilità sociale di un mercato competitivo del lavoro forse il punto centrale di tutta la critica di Polanyi all economia di mercato era una tesi largamente condivisa, niente affatto eretica. Suggerendo un parallelismo che andrebbe sviluppato (e per nulla singolare), sarebbe sufficiente ricordare che prima della definitiva affermazione dello Stato sociale, il lavoro come merce aveva perso di rilevanza teorica. Nell opera di Keynes i salari erano (e dovevano rimanere) fissi: nella sua teoria non c era un mercato del lavoro vero e proprio. I salari fissi sono importanti quanto la parziale socializzazione degli investimenti in Keynes. Se consideriamo Polanyi eretico, allora dobbiamo considerare eretico gran parte del pensiero sociale del Novecento. Non credo sia la strada giusta per orientarsi. Che influenza ha avuto la prospettiva metodologica di Polanyi sullo studio del processo economico? L ampliamento del sistema categoriale che Polanyi propone per lo studio del processo economico è di straordinario interesse. L utilizzo integrato delle categorie dello scambio, della redistribuzione e della reciprocità, così come la sua contrapposizione tra economia formale e economia sostanziale hanno permesso di stabilire nuovi nessi causali e di suggerire nuove interpretazioni. Ed è ciò che ha permesso a Polanyi di proporre l originale lettura dell emergere del capitalismo data ne La grande trasformazione. Allo stesso tempo ha posto Polanyi in sintonia con un rilevante e affascinante filone del pensiero sociale ed economico del Novecento. In primo luogo, e da una prospettiva storica, si potrebbe dire che Polanyi abbia sviluppato il progetto di Thorstein Veblen, il quale proprio negli ultimi anni dell Ottocento, si accorse chiaramente che la prospettiva antropologica avrebbe rivoluzionato l economia politica, costringendola a modificare radicalmente il proprio sistema categoriale. Polanyi non è un antropologo, ma la prospettiva antropologica che lui effettivamente introduce nella ricerca storica e nell analisi economica cosa che Veblen non era riuscito a fare ha permesso un radicale avanzamento della conoscenza dei sentieri evolutivi delle economie. Comunque, già in John R. Commons grande interprete dell istituzionalismo americano tra le due guerre il più ampio concetto di transazione era stato sostituito a quello di scambio. Polanyi rende ancora più complesso il sistema categoriale, non guarda all economico come alla sfera nella quale domina lo scambio. Per lui il processo economico è dato dalla produzione e circolazione di materia organizzata, di merci, all interno di un dato sistema umano. Polanyi ritiene che la tesi secondo cui soltanto lo scambio e, per di più, soltanto lo scambio competitivo sarebbe l unico principio organizzativo del processo economico è semplicemente falsa da una prospettiva storica. La distinzione tra economia sostanziale ed economia formale è molto importante. 3

4 Torniamo al rapporto tra il pensiero di Polanyi e le politiche pubbliche. Potremmo indicare Polanyi come uno dei padri fondatori dello Stato sociale (Welfare State)? Non saprei dire quanto La grande trasformazione abbia influenzato il definitivo consolidamento dello Stato sociale dopo la Seconda Guerra Mondiale. Certamente, Polanyi è stato un interprete straordinario del processo che ha condotto all affermazione dello Stato sociale dalle prime legislazioni in difesa dei lavoratori degli ultimi decenni del secolo scorso fino all introduzione dei sistemi sanitari nazionali. Polanyi interpreta lo Stato sociale come una risposta al bisogno di ridurre e compensare i costi sociali dell espansione del mercato. Al centro del sua opera c è la tesi che i mercati soprattutto del lavoro, della terra e della moneta determinano costi sociali insostenibili. Polanyi vede i fascismi degli anni Venti e Trenta come una risposta alla domanda sociale di controllo dei mercati. Si può dire che nella sua analisi lo Stato sociale è un alternativa alle dittature fasciste del periodo tra le due guerre, perché i fascismi sono visti come una modalità di risposta al bisogno di compensare i costi sociali del mercato. Polanyi muore quando il moderno Stato sociale si trovava nella sua fase iniziale. Credo si possa affermare, comunque, che la sua analisi non conduca ad una dicotomia Stato-mercato. In Polanyi ciò che si contrappone al mercato è la società non lo Stato e sarebbe stato in favore di politiche pubbliche basate su questa distinzione La sua concezione del Welfare State, dunque, non è, per usare una parola abusata, statalista. Polanyi sembra dare un maggiore ruolo alla società Certamente, nella sua opera viene data molta importanza all articolazione territoriale dello Stato. Si potrebbe dire che in Polanyi l unità di analisi è il villaggio, la municipalità in termini moderni e più generali si potrebbe dire che è il sistema locale (chiuso o semichiuso). Anche se il processo di integrazione politica ed economica tra sistemi locali ha condotto alla nascita dello Stato, rimangono tanti livelli territoriali (e di regolazione) ai quali si può reagire alla invadenza del mercato, vale a dire ai quali si possono mantenere sfere di interazione non-di-mercato. Ad esempio, la redistribuzione una delle modalità elementari di trasferimento di merci (materia organizzata) da un individuo ad un altro mediata da un autorità non si esprime (e non si dovrebbe esprimere) soltanto a livello di Stato. Se si osservano i sistemi sociali nel tempo e nello spazio, l operare del principio redistributivo lo si trova appena sorge un qualche tipo di interazione tra individui: famiglia, tribù, comunità, società. Lo Stato sociale è, dunque, soltanto una modalità nella quale si può esprimere l operare del principio redistributivo. È importante sottolineare che, nella prospettiva di Polanyi, lo Stato sociale è la riaffermazione in chiave moderna del principio di redistribuzione che limita la sfera dello scambio. Tuttavia, è altrettanto importante sottolineare che la redistribuzione non può sostituire la reciprocità. Ecco, dalla prospettiva di Polanyi, si potrebbe dire che il principale difetto dello Stato sociale è di avere favorito una riduzione dell estensione ed efficacia dei meccanismi di reciprocità. Robert Walzer, in Sfere di giustizia, conduce una lettura moderna della concezione della giustizia redistributiva che sembra emergere dall analisi Polanyi. 4

5 In Polanyi lo scambio non è l unico principio organizzativo del processo economico, dunque. Ma, reciprocità e redistribuzione sono concetti chiave per capire le nostre economie, oppure sono utili soltanto per lo studio delle economie arcaiche o primitive Economie totalmente dominate dalla scambio competitivo non sono mai esistite: il sistema categoriale proposto da Polanyi è dunque applicabile anche alle nostre economie. In primo luogo, è utile sottolineare come Polanyi differenzi lo scambio dallo scambio competitivo, e quindi i mercati dai mercati competitivi. Si tratta di una distinzione fondamentale in Polanyi ma anche utile per capire quanta finzione ci sia oggi nell uso esteso del temine mercato. Vi possono essere degli scambi delle relazioni orizzontali tra sistemi locali, e l insieme di questi scambi danno luogo ad un mercato. Il termine mercato può anche assumere (e spesso assume) un significato spaziale quando le transazioni si concentrano nello spazio con una certa frequenza temporale. Ma lo scambio competitivo è un altra cosa.: si ha soltanto quando lo scambio avviene sulla base di una equivalenza (prezzo) che si è spontaneamente formato dall'interazione multilaterale tra i soggetti che comprano e vendono. I mercati competitivi sono mercati che si autoregolano, mercati nei quali il prezzo si forma dall intersezione di contrattazioni bilaterali tra compratore e venditore. In secondo luogo, per descrivere il processo economico Polanyi introduce le categorie della redistribuzione e della reciprocità. Reciprocità, redistribuzione e scambio sono le tre categorie (che Polanyi considera preliminari) che egli usa per interpretare la circolazione delle merci all interno dei sistemi umani (famiglie, villaggi, comuni, ). Con l espressione reciprocità Polanyi fa riferimento alla circolazione di materia organizzata da un individuo ad un altro determinata dallo status dalle relazioni di status tra gli individui. In una famiglia della società italiana oggi lo status di moglie o figlio fonda il diritto ad una parte della disponibilità di merci del marito o genitore. Non ci sono scambi, non ci sono equivalenze (prezzi): la materia organizzata (o la moneta) circola da un individuo ad un altro date le relazioni di status. La cultura, con i suoi valori e norme, determina la circolazione delle merci all interno del sistema umano di riferimento. La reciprocità in Polanyi è un principio ancora più elementare della redistribuzione. La redistribuzione ha una carattere politico, nel senso che si fonda su un processo di decisione collettiva. Le transazioni che avvengono sulla base del principio della reciprocità, invece, sono direttamente connesse alla cultura di una data comunità. L economia di mercato sarebbe dunque una innovazione recente, nata circa duecento anni fa insieme alla Rivoluzione industriale un esperienza secondo Polanyi nata con l abolizione delle Poor Laws nel 1834 e terminata circa quaranta anni dopo con l introduzione dei vincoli posti al funzionamento del mercato del lavoro, in particoalre con il riconoscimento dei Sindacati Polanyi interpreta l ascesa del capitalismo come un processo di trasformazione in merci vale a dire di materia-energia contrattata sui mercati competitivi del lavoro, della terra e della moneta. Pone la sua attenzione, tuttavia, sull ascesa e declino del mercato del lavoro e 5

6 del mercato della moneta. (A proposito del mercato della moneta, la discussione attuale sugli effetti di mercati dei capitali competitivi e globalizzati, rende molto attuali la prospettiva di Polanyi). Quale è stato il processo che ha condotto alla nascita dell economia di mercato? Da una prospettiva storica (ed analitica) potremmo dire che il punto di partenza di Polanyi sono sistemi umani chiusi o semi-chiusi in senso orizzontale. Polanyi interpreta l evoluzione istituzionale come un proceso di integrazione di sistemi locali. Si può fare l esempio del famiglia appoderata. La famiglia contadina con podere è un sistema aperto in termini di relazioni verticali: la produzione avviene sulla base di manipolazione di materia/energia presente come consistenza o come flusso nello spazio geografico di riferimento. Le transazioni orizzontali sono minime, al limite nulle. All interno della famiglia la materia organizzata, la produzione, viene distribuita tra i membri sulla base delle modalità della reciprocità e della redistribuzione. La sussistenza del sistema nel suo complesso era assicurata, data la tecnologia, dalla materia/energia disponibile nello spazio geografico. La sussistenza dei singoli membri era determinata dall operare dei princìpi della redistribuzione e della reciprocità e scollegata dalla posizione del singolo individuo nell ambito del processo di produzione. Il villaggio funzionava allo stesso modo. Le relazioni orizzontali erano maggiori, e servivano a ridurre la dipendenza della produzione dallo spazio geografico. Ma il fatto che vi fossero delle transazioni bilaterali o multilaterali tra villaggi non riduceva l importanza della reciprocità e della redistribuzione all interno del villaggio. In effetti, secondo l interpretazione di Polanyi la prima fase di espansione dei mercati riguarda i commerci tra sistemi umani (famiglie, tribù, comunità) all interno dei quali il mercato non ha ruolo: vi sono mercati senza economie locali di mercato. Il che equivale a dire che lavoro, terra e moneta non sono merci scambiate sulla base di prezzi. Per Polanyi dunque l economia di mercato l economia con mercati che si autoregolano è una costruzione artificiale? L utilizzazione della dicotomia naturale/artificiale in riferimento ad un processo economico organizzato da mercati competitivi è un nodo irrisolto della scienza sociale contemporanea. Le normative che impedivano la formazione di mercati del lavoro, della terra e della moneta erano eliminate durante la Rivoluzione industriale da decisioni politiche. I mercati sono duqnue artificiali nel senso che sono stati costruiti. Solo che per gli economisti inglesi dell Inizio del XIX secolo ciò che era naturale era l esito di tali trasformazioni. Un economia di mercato sembrava essere il riflesso della natura umana. Polanyi propone una diversa prospettiva: l economia di mercato nasce da una determinata idea di società, da politiche pubbliche influenzate da un ideologia, appunto il laissez faire. L aspetto interessante di Polanyi è la prospettiva empirica da cui muove: lui ritiene di osservare e in questo modo interpreta la storia economica e sociale (e politica) del XIX secolo che un economia dominata da mercati che si auto-regolano ha costi sociali insostenibili. In un certo senso, si può dire che Polanyi non ha una opposizione di principio 6

7 al mercato. La sua analisi è rivolta a spiegare l emergere di quei costi sociali che nel XIX secolo conducono alla questione sociale. Il capitalismo del laissez faire è artificiale come può esserlo un esperimento. Un esperimento che già intorno al 1870 mostra i segni del fallimento anche se, secondo Polanyi, ci vorrà l ascesa dei fascismi e la Seconda Guerra mondiale per convincere le società europee che l esperimento era veramente fallito. Questa prospettiva empirica prosaicamente ancorata ai costi sociali è molto interessante ed attuale; la ritroviamo ad esempio in K.W. Kapp quando scrive I costi sociali dell impresa (1950) e costituisce un importante filone dell ambientalismo moderno. Perché si è andati in questa direzione? Che cosa avrebbe spinto verso mercati competitivi per il lavoro, la terra e la moneta? La Rivoluzione industriale, la scoperta della macchina. Secondo l interpretazione di Polanyi sono stati la nascita della fabbrica e il successo che la macchina ha mostrato nella capacità di utilizzare l energia al fine di incrementare la produzione a rendere credibile tra la classe media inglese l esperimento dell economia di mercato. Il mercato del lavoro è stato fatto nascere, secondo Polanyi, perché veniva considerato funzionale ad un ulteriore espansione della produzione di fabbrica in particolare funzionale all aumento di scala della produzioni e alle fluttuazioni degli scambi determinata dalla tumultuosa dinamica commerciale. L accumulazione di capitale, ovvero il crescere attraverso la fabbrica del ruolo della macchina, non doveva trovare ostacoli, visti i benefici che determinava. E l espansione del sistema della fabbrica aveva bisogno di un mercato del lavoro. Una questione di flessibilità, allora come oggi Ma Polanyi sottolinea la resistenza della società alla nascita di un mercato del lavoro. L esperienza della Speenhamland Law sembra essere molto importante nella sua riflessione? La Speenhamland Law introdusse in Inghilterra nel 1795 un sussidio di integrazione del salario. Secondo Polanyi, essa fu l ultima forma di resistenza della società alla formazione di un mercato del lavoro. Fu abolita nel 1834, di fronte alla insostenibilità di un meccanismo redistributivo che non incentivava né la qualità del lavoro né l innovazione tecnologica e che i cui effetti redistributivi erano diventato politicamente insostenibile. Il sussidio di integrazione del salario viene interpretato da Polanyi come rifiuto di una società dominata dal mercato rifiuto che viene dalle élite dominante. In effetti, nei primi decenni dell Ottocento ciò che cambia è la concezione della società delle classi dominanti. Sullo sfondo di questo cambiamento la Speenhamland Law perdono di significato. Anche l ultimo decennio è stato un periodo di discussione sulla forma che le nostre società e le nostre economie dovrebbero assumere. L estensione dei mercati di cui tanto oggi si discute ha una base ideologica, non tecnica e la sua difesa è legittima, come la difesa di una ideologia, niente di più. 7

8 Come si colloca il pensiero di Polanyi rispetto alla concezione marxista del cambiamento sociale In primo luogo, Polanyi, a differenza di Marx, non aveva una concezione lineare in definitiva per stadi dell evoluzione del sistema sociale. Espansione e dominio dei mercati, formazione della classe operaia, socialismo: non era questa la sequenza che Polanyi vedeva. La grande trasformazione di cui parla Polanyi non scaturisce dall ineluttabile passaggio da uno stadio all altro. Polanyi interpreta il cambiamento istituzionale come regolato da un insieme di meccanismi di stabilizzazione locali, puntuali. I sistemi sociali reagiscono al disequilibrio sulla base di meccanismi di retroazione parziali, dal cui operare emerge un assetto istituzionale generale. Le società reagiscono ai costi sociali del mercato con mutamenti istituzionali diffusi, il cui esito globale non è predeterminato. Per usare un termine moderno si potrebbe parlare di complessità con riferimento al concetto di doppio movimento di Polanyi. Questi meccanismi di regolazione parziali e locali non appartengono al marxismo ortodosso e neanche al pensiero socialdemocratico classico. Il doppio movimento di Polanyi l espansione dei mercati e la reazione sociale che si manifesta attraverso un aumento della regolazione dell espansione dei mercati non si esprime attraverso le forme della collettivizzazione. Questo evoluzione istituzionale che frena l espansione dei mercati e limita il dominio non ha nulla a che vedere con l alternativa tra proprietà privata e proprietà collettiva dei mezzi di produzione. In questo senso, tra il pensiero di Polanyi e il marxismo ortodosso c è una differenza radicale. Un altra differenza riguarda ciò che determina il valore delle merci. Polanyi ritiene che la teoria del valorelavoro non abbia alcun significato e la rifiuta. Per Polanyi non è il lavoro la misura del valore di un oggetto prodotto, non è la quantità di lavoro incorporato direttamente e indirettamente in esso. Piuttosto il valore di un artefatto dipende dal significato che esso ha all interno di un dato sistema culturale, simbolico. L attenzione che Polanyi ha dedicato alla formazione delle equivalenze e la sua dimostrazione che le equivalenze non sono prezzi è emblematica. Lo sfruttamento si esprime in termini di una iniqua distribuzione delle merci: sono sfruttato se sono troppo povero (in relazione agli standard della collettività di riferimento). Come tanta parte della riflessione contemporanea, da Rawls a Walzer, da Dahrendorf a Sen, Polanyi pone al centro la questione della giustizia distributiva. Ma che cosa c è all origine del freno che le società pongono all invadenza del mercato attraverso mutamenti istituzionali locali e diffusi? Ne La grande trasformazione Polanyi cerca di risolvere un apparente paradosso. Negli ultimi decenni del XIX secolo la reazione contro l espansione del mercato, l introduzione di norme che vincolano gli esiti della contrattazione bilaterale, avvengono in società governate da regime politici molto diversi. D altra parte, sarà la stessa cosa per il consolidamento dello stato sociale dopo la Seconda Guerra Mondiale: tra il Welfare State dei Laboristi inglese e il Sozialstaat dei liberali tedeschi c era di fatto molto in comune. Polanyi sembra dare una risposta a questa generalità della reazione ancorandola a dei valori etici universali, in particolare all universalità del concetto di minimi esistenziali (di nuovo un tema che ritroviamo in Kapp). Dopotutto, nella stessa tradizione liberale classica la competizione e il 8

9 cambiamento non sono valori in sé come sembrano pensare molti liberali dell ultima ora (in Italia, abbastanza diffusi). La sofferenza determinata dalla povertà e dalla indigenza viene riconosciuta dai sistemi di decisione collettiva indipendentemente dall orientamento politico generale. Soltanto quando l esito degli esperimenti di ingegneria sociale diventa una fede e il laissez faire in Inghilterra a metà del secolo scorso era una fede allora questi valori universali cessano di orientare le decisioni collettive e i costi sociali, per quanto elevati, vengono visti come necessari per raggiungere un benessere sociale futuro maggiore. Di nuovo, si tratta di una valutazione sociale sui costi e benefici di un dato assetto istituzionale. La società civile nelle sue tante articolazioni reagisce ai costi sociali prodotti dal mercato. Ne La grande trasformazione ci sono pagine molto belle nelle quali viene descritta questa reazione. Nel XIX secolo la questione sociale la povertà aveva un rilievo centrale. La miseria non colpiva l intera collettività, ma componenti precise della popolazione: quelle la cui sussistenza era totalmente basata sulle relazioni di scambio (del proprio lavoro), senza più alcuna possibilità di confidare su relazioni verticali. In effetti, il nesso tra disoccupazione e povertà esiste soltanto se le relazioni orizzontali scambio di materia tra individui sono interamente dominate dal mercato. Se dominano reciprocità e redistribuzione tale nesso non c è. Polanyi è molto attento alla esperienza comunitaria di Owen Sì, almeno a giudicare da La grande trasformazione. Credo che Polanyi avesse in mente, come tutti noi d altra parte, una sua personale utopia. Proprio per la sua tendenza pragmatica, Polanyi non ha dedicato molto tempo a sviluppare i dettagli di questa utopia, ma credo che essa fosse basata sull immagine di una società articolata su sistemi locali di piccole dimensioni e largamente autosufficienti sulla base delle relazioni verticali, e che avessero un certo grado di apertura orizzontale governata dalle decisioni collettive del sistema locale stesso. Da questo punto di vista, il progetto di Owen ma non solo di Owen doveva apparire a Polanyi come un passo nella direzione giusta: appunto come un tentativo di ripristinare i meccanismi di reciprocità e redistribuzione. Si può aggiungere che, come Owen, Polanyi non era contro l innovazione tecnologica, ma riteneva che l innovazione tecnologica dovesse avere un controllo sociale. Una posizione che è successivamente riemersa nell ambientalismo (e nella legislazione sulla difesa dell ambiente). L utopia di Polanyi sembra riemergere, almeno in parte, anche nell ambito del comunitarismo americano. La situazione odierna sembra caratterizzata, come nel primo Ottocento, da un ritorno alla fede per il laissez faire (liberismo radicale) e all illusione dell efficienza sociale di mercati che si autoregolano. Da questo punto di vista, quanto è attuale il pensiero di Polanyi? L interesse per l opera di un autore dipende da così tanti fattori che è impossibile dire quanto Polanyi possa tornare al centro dell attenzione. Certo la sua attualità è straordinaria, 9

10 ma in un dibattito così sincopato e superficiale sulle relazioni Stato-mercato come quello che si sta svolgendo in Italia, ad esempio, non vedo che uso si possa fare delle categorie di uno studioso come Polanyi. Troppa complessità, troppo coerente pragmatismo per gran parte degli analisti e commentatori italiani. D altra parte, poiché liberismo radicale (laissez faire) e globalizzazione sono fedi così condivise tra gli analisti che hanno occupato la sfera della comunicazione, non vedo chi possa avere interesse a riprendere i temi di Polanyi. Certo, lontano dai riflettori del dibattito politico quotidiano è un altra cosa. Credo che Polanyi nelle università italiane sia letto e studiato, e magari lo sarà ancora di più nei prossimi anni. Anche perché è veramente interessante. D altra parte, proprio Polanyi ci ha insegnato che l evoluzione sociale ha origini diffuse e locali. Le politiche pubbliche non sono soltanto il riflesso del dibattito politico quotidiano Vuoi dire che la logica di mercato non è poi ancora così rilevante nel determinare le politiche pubbliche Se si guarda ai fatti, credo che sia difficile affermare che siamo entrati nuovamente in una fase di capitalismo radicale, di laissez faire. Nonostante i disperati e quotidiani tentativi di molti analisti di far credere che questa sarebbe la strada giusta, sono stati compiuti soltanto dei timidi (e in parte nascosti) passi in questa direzione. Inoltre, è difficile dire quanto le società europee siano disposte ad andare avanti lungo questa strada. Si deve fare attenzione a giudicare partendo dall esperienza italiana. In Italia lo Stato sociale non ha mai avuto una legittimità politica. Prima l inflazione e successivamente l evasione fiscale generalizzata hanno permesso la costruzione di uno stato sociale senza che ci sia stato bisogno di una discussione sulle sue implicazioni redistributive. E oggi sembra politicamente più semplice e tecnicamente più interessante liberalizzare piuttosto che ridare legittimità politica ai meccanismi di redistribuzione e dignità sociale ai meccanismi di reciprocità. Ma in gran parte dei paesi europei le cose stanno diversamente, e un nuovo trionfo dell ideologia del laissez faire non sembra ancora in vista. Credo che la società europea sia oggi disposta ad accettare il riemergere della questione sociale molto meno di quanto non lo fosse la società del secolo scorso. Il laissez faire è oggi tutt altro che l ideologia dominante. Poi, certo, come ci ha insegnato Hirschman i tempi e la direzione del cambiamento sono imprevedibili Rileggere Polanyi, dunque? Credo che gli storici non hanno mai smesso di leggerlo. L esortazione è forse più giustificata per gli economisti. D altra parte, il grande interesse per i cambiamenti istituzionali e per il rapporto tra istituzioni e processo economico richiamano l attenzione sull opera di Polanyi. Ma anche su tutta la tradizione di pensiero economico alla quale Polanyi appartiene. Rileggere Polanyi, come ancoraggio per un itinerario del Novecento poco frequentato e tuttavia così influente nel determinare le nostre istituzioni economiche. 10

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