In altre stagioni ci saremmo

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1 SABATO 19 GENNAIO 2013 ANNO N. 16 In Italia con "Io Donna" EURO 1,50 Milano, Via Solferino 28 - Tel Servizio Clienti - Tel Fondato nel Roma, Piazza Venezia 5 Tel Oggi Tempi liberi Persone non prodotti Sto parlando di te La pubblicità 3.0 di Elvira Serra a pagina 28 Domani lalettura Dibattito delle idee Il feticcio ideologico della «questione etica» di Pierluigi Battista nel supplemento LA CRISI E QUALCHE SEGNALE DALLE IMPRESE C È UN PAESE CHE NON S ARRENDE di DARIO DI VICO Sfida politica sul Fisco. La patrimoniale divide Bersani e la Cgil. Grillo: eliminare i sindacati Bankitalia: 2013 ancora difficile Redditest beffa per i pensionati sulle spese sanitarie Il ricordo AGNELLI INTERPRETE DEL NOVECENTO RIMOSSO 30119> Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano In altre stagioni ci saremmo divisi tra ottimisti e pessimisti. Oggi, purtroppo, non c è partita e i dati del Bollettino economico di Banca d Italia lo ribadiscono. Peggiorano le stime sul Pil che nel 2013 scenderà dell 1% e non dello 0,2% come indicato in precedenza e anche l occupazione subirà un ulteriore taglio dell 1%. Scattata e condivisa la fotografia dei guasti della recessione, si sente però l esigenza di completare l operazione e di parlare a quella parte del Paese che non solo non si arrende ma qualche risultato lo porta a casa pur camminando controvento. E sì, perché la recessione non equivale a una caduta verticale delle attività, anche questa volta è un mutamento di pelle che, rispetto al passato, sconta in vari settori un arretramento più secco e una drastica contrazione dell offerta. Lo stesso documento della Banca d Italia, ad esempio, riconosce la straordinaria vitalità delle nostre aziende esportatrici, che tra l altro stanno animando una discreta campagna di acquisizioni all estero. Troppo spesso dimentichiamo che a fare la differenza tra i tedeschi e noi, più che la qualità del prodotto industriale, è l efficienza della catena distributiva. E purtroppo noi italiani, salvo qualche lodevole eccezione, in logistica e vendita al dettaglio non siamo mai stati tra i primi della classe. Interpretare il mutamento di pelle è sempre un esercizio difficile ma ci sono episodi che in qualche modo vanno colti perché possono segnare la transizione. Uno di questi è lo sbarco a Sassuolo del colosso americano Mohawk che ha comprato la Marazzi. Quello emiliano della ceramica è il fratello maggiore dei distretti del made in Italy e le dinamiche che lo coinvolgono sono anticipatrici. Sarà dunque interessante vedere come l arrivo americano rimodulerà i rapporti, spingerà o meno i Piccoli a mettersi assieme, aprirà magari nuove opportunità di collaborazione finalizzate ai mercati terzi. Il cambiamento vede protagoniste anche diverse multinazionali che operano da tempo in Italia, si sono radicate e in qualche modo ibridate. I loro country manager sono degli alleati che qualsiasi governo dovrebbe cercare di portare dalla sua/nostra parte affinché si stabiliscano in Italia nuove localizzazioni produttive e affluiscano risorse per gli investimenti necessari a globalizzare i nostri marchi. Dove il mutamento di pelle fatica a venir fuori è il mercato interno, troppo debole perché ci possano essere prospettive rosee per le piccole imprese che non esportano e di conseguenza per i livelli occupazionali che hanno garantito finora. Allora i dossier da prendere in mano subito prima delle urne possono essere anche solo due: la filiera dell edilizia e i pagamenti pregressi della pubblica amministrazione. Nel primo caso è stato annunciato un tavolo per monitorare la concessione dei mutui alle famiglie. In quella sede per sostenere la domanda di abitazioni si dovrà valutare l ipotesi di tornare alla tradizione delle cartelle fondiarie sottoscritte in una prima fase da investitori istituzionali, magari a partire dalla Cassa depositi e prestiti. Quanto ai pagamenti siamo ancora in fase di stallo perché troppe pubbliche amministrazioni, comprese alcune Procure della Repubblica, non hanno i soldi per pagare e le banche faticano a scontare i crediti pur perfettamente certificati. Ma non si può lasciare che tutto marcisca. Il Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, spiega che «anche il 2013 sarà difficile: l Italia è ancora in recessione». E sull economia, Fisco in particolare, si sfidano i leader politici. Con Pd e Cgil divisi sulla patrimoniale. DA PAGINA 4 A PAGINA 13 La trincea centrista: trenta senatori Il Professore dovrà prendere trenta al Senato per potersi laureare alle elezioni. Trenta sono infatti i seggi che gli consentirebbero di essere determinante nella formazione della maggioranza a Palazzo Madama. Il blitz in Algeria CONTINUA A PAGINA 9 Giannelli Intercettata dai pm: finse commozione E la prefetto rise sul sisma dell Aquila Restano numerosi stranieri nelle mani dei terroristi. Che chiedono uno scambio di GIUSEPPE SARCINA insidia del terrorismo fondamentalista riguarda tutti. Il premier britannico David Cameron L l ha detto chiaro: «L appoggio alla Francia è vitale, altrimenti la minaccia di Al Qaeda crescerà nella regione». È per questo che in Mali ci deve essere anche l Europa. A PAGINA 50 di FULVIO BUFI e FIORENZA SARZANINI Il giudice di Napoli mette fuori dai ranghi l ex vicecapo della polizia Nicola Izzo e la prefetto Giovanna Iurato, indagati nell inchiesta Finmeccanica. Le carte svelano anche come la Iurato, prefetto a L Aquila, avrebbe finto di piangere commemorando le vittime del sisma. A PAGINA 23 Piccolillo Settegiorni di Francesco Verderami L acciaio e la città «Chiudere l Ilva?» Referendum a Taranto Caos sulle regole, interviene un sindaco Femminicidi Un sito svela gli uomini che uccidono le donne A PAGINA 22 A PAGINA 25 UN CANDIDATO DA NON PRESENTARE di ANTONIO POLITO Nicola Cosentino, detto «Nick o mericano», deputato del Pdl, imputato in due processi come «colletto bianco» del clan dei Casalesi (concorso in associazione camorristica, corruzione, reimpiego di capitali illeciti aggravati dalla finalità mafiosa), per due volte oggetto di una richiesta di arresto respinta dal voto della Camera, è un uomo innocente. È innocente finché una sentenza di primo grado, una di appello ed eventualmente un giudizio di Cassazione non affermino il contrario. CONTINUA A PAGINA 50 Ricatto sugli ostaggi per lo Sceicco cieco LA FORZA CHE MANCA (ANCORA) ALL EUROPA di GOFFREDO BUCCINI Quel primo divieto per la tecno-sigaretta di GIAN ANTONIO STELLA Cosentino in lista AP / CANAL ALGERIE VIA ASSOCIATED PRESS TV di EMANUELE CASO e GIANNI SANTUCCI Fumare negli uffici pubblici? Un abitudine desueta: chi ci prova più? Ma a Lomazzo, paese del Comasco, è vietato anche fumare la nuovissima sigaretta elettronica, che il tabacco non ce l ha. Così ha deciso il sindaco: bandita pure da biblioteca, asili e scuole. Continua l incubo del raid. A In Amenas almeno 100 ostaggi sono stati sottratti ai terroristi, ma alcuni non si trovano. Il capo del gruppo chiede agli Usa uno scambio con lo Sceicco cieco. CHE COSA VUOLE L «OSAMA DEL DESERTO» di GUIDO OLIMPIO Il guercio punta al conflitto globale. Ecco come si spiega il prezzo impossibile fissato da Mokhtar Belmokhtar, detto «il guercio», per liberare due ostaggi americani. Washington, è la richiesta, deve rilasciare lo sceicco egiziano Omar Abdel Rahman e la pachistana Aafia Siddiqui, due icone islamiste. A PAGINA 27 Il personaggio ALLE PAGINE 2 E 3 A PAGINA 3 A dieci anni dalla scomparsa di Gianni Agnelli, avvenuta il 24 gennaio 2003, il Corriere ricorda la figura e l opera dell Avvocato. (f. de b.) Il passato prossimo è un tempo ormai scomparso. Caduto in disuso. In una società così aggrappata al presente, la storia si impossessa più rapidamente della cronaca appena vissuta. La divora. Ed è come se personaggi e avvenimenti venissero risucchiati inesorabilmente nelle viscere dei secoli. Sono trascorsi già dieci anni dalla morte di Giovanni Agnelli. In realtà molti di più. Un epoca. Potremmo dire parlando dell Avvocato: «Sembrava ieri...». Ma sarebbe una bugia pietosa, un inutile cortesia post mortem. Personaggi che hanno riempito fino all inverosimile l allora nostro presente, dei quali mai avremmo pensato di poter fare a meno, sono scomparsi dall orizzonte quotidiano dei loro posteri con una velocità insospettabile. Non ci sentiamo orfani nemmeno per un attimo e di nessuno. Immersi in un presente liquido, sovrabbondante di miti e mode, coltiviamo una memoria elettrica assai labile, che rimuove in fretta nomi e fatti con la stessa velocità con la quale si passa da uno strumento multimediale all altro. CONTINUA ALLE PAGINE 48 E 49 con un intervista a Cesare Romiti di Aldo Cazzullo ANSA

2 2 Primo Piano Sabato 19 Gennaio 2013 Corriere della Sera La guerra in Nord Africa Sangue su sangue, la vecchia tattica delle forze algerine Le autorità algerine hanno ritenuto di non avere altra scelta. Parigi informata regolarmente Philippe Lalliot, portavoce ministero Esteri francese di LORENZO CREMONESI Èdi lunga data la storia dell inflessibilità delle autorità algerine nei confronti dell'eversione islamica. Le sue radici risalgono agli anni della guerra di liberazione contro i francesi. Ottenuta l indipendenza nel 1962, i vecchi dirigenti del Fronte di Liberazione Nazionale avviarono una proficua collaborazione con i militari dell ex nemico. Il nuovo socialismo autoritario di Houari Boumédiène con pragmatica spregiudicatezza facilitò i rapporti tra le sue unità dell'antiterrorismo e quelle francesi. «Con i terroristi non si tratta. Nessun cedimento a costo di mettere a repentaglio la vita dei civili», hanno metodicamente ripetuto da allora i responsabili della sicurezza nazionale. Slogan che divenne prassi quotidiana dopo il colpo di Stato militare del gennaio 1992 volto a impedire il secondo turno delle elezioni legislative, dove era data per scontato il trionfo dei partiti religiosi legati al Fronte Islamico di Salvezza (Fis). Poi sino almeno alla fine del 1997 fu guerra civile senza esclusione di colpi. Gli estremisti musulmani del Gia (il Gruppo Islamico Armato) lanciarono una lunga serie di gravissimi attentati. I loro prigionieri venivano metodicamente sgozzati. I militari risposero per le rime arrestando e facendo sparire le loro vittime (si calcolano almeno desaparecidos). La peggiori torture furono adottate su larga scala. Si affinò la tecnica dei massacri di civili imputandoli poi agli islamici per ingraziarsi la popolazione. Mohammed Samraoui, ex numero due dell antiterrorismo, in un libro del 2003 («Cronache di un anno di sangue») citava una frase che usava ripetere il suo capo diretto, Smail Lamari: «Sono pronto ad eliminare tre milioni di algerini pur di mantenere la legge e l ordine». In pochi anni il numero dei morti sfiorò quota Ma il regime è rimasto al suo posto. Incubo senza fine nel deserto Mancano ancora decine di ostaggi Algeria, centinaia in salvo. Incerto il bilancio delle vittime Cominciano ad arrivare i racconti dei sopravvissuti. Chi si è nascosto in un buco del soffitto dei dormitori, chi è rimasto sotto il letto per oltre 40 ore aiutato da un collega algerino che di tanto in tanto passava un boccone di pane e la borraccia dell acqua approfittando di un momento di distrazione dei rapitori. Il radio operatore dell impianto, Azedine, 27 anni, ha detto ai media locali di aver visto il corpo senza vita del suo caporeparto francese: «L hanno ucciso a colpi di mitra. Non ho assistito all esecuzione. Ho solo sentito la raffica. Poi, scappando, l ho visto sdraiato a terra nel sangue». Alcuni tecnici inglesi parlano della loro fuga disperata nel caos Il segretario del Pd si schiera al fianco di Parigi Per il leader Sel l azione militare è un «errore» del blitz delle teste di cuoio algerine giovedì mattina. Qualcuno testimonia di aver udito centinaia di colpi. Molti all inizio manco avevano capito si trattasse di un attacco terroristico. «Pensavamo fosse un esercitazione. Solo più tardi ci siamo resi conto che volevano prenderci davvero», dicono alle radio occidentali. «Cercavano gli stranieri. A noi algerini hanno ordinato di prendere la nostra roba e andare via subito», spiegano i locali di questa primitiva e spiccia selezione imposta dai terroristi. Sono le prime testimonianze dei lavoratori stranieri e locali nel grande impianto di estrazione del gas di In Amenas, nel cuore del deserto algerino, poco distante dal confine con la Libia. E sono conferme della situazione di caos, violenza e morte che ancora impera sul posto. Ci si salva per puro caso, non è strano, sull impianto lavorano oltre 700 persone, circa un quinto stranieri: la barba lunga, i capelli scuri e magari una rudimentale conoscenza dell arabo, possono rappresentare la vita al posto della morte. Ieri sera ancora non era Conferme L Eliseo conferma la morte di un prigioniero francese. Ucciso anche un americano chiaro il bilancio delle vittime. Nonostante giovedì sera ad Algeri la tv di Stato avesse annunciato «la fine del blitz», ieri è stato evidente che le operazioni continuavano e dunque il numero finale delle vittime potrebbe essere molto diverso. Comunque, questi i dati forniti nelle ultime ore dalla agenzia stampa algerina Aps: il blitz lanciato giovedì mattina dai commando governativi (24 ore dopo l attacco di una trentina di qaedisti) avrebbe liberato oltre 670 lavoratori, di cui stranieri. «Tra i morti accertati vi sono 18 terroristi e 12 ostaggi tra stranieri e algerini», ha sostenuto l Aps senza fornire dettagli sulla nazionalità. Altre fonti indicano che si- Visto da Roma Avviati contatti tra governo e partiti per capire quanto l Italia potrà aiutare i francesi E il conflitto già divide Vendola e Bersani ROMA Il governo dovrebbe riferire ufficialmente martedì prossimo alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato in che cosa consisterà il «supporto logistico» all offensiva francese contro i guerriglieri fondamentalisti islamici in Mali, annunciato mercoledì scorso dal titolare della Farnesina Giulio Terzi. Il decreto di finanziamento sulle missioni all estero che sarà esaminato a Montecitorio in aula il 22 gennaio prevede già la spesa di euro «per la partecipazione di personale militare» alla missione dell Ue «Eucap Sahel-Niger» e «alle iniziative dell Unione europea in Mali». Da lì potrà venire l autorizzazione a mandare un massimo di 24 istruttori per le forze armate maliane, ma anche altro servirebbe per realizzare il proposito di aiutare Parigi e gli Stati africani autorizzati dall Onu a intervenire in Mali con aerei da trasporto C130-J, C-271 e con Boeing 767 capaci di rifornire in volo di carburante caccia amici. Un emendamento aggiuntivo? Un ordine del giorno? Entrambi? O strumenti ulteriori? Dettagli per addetti ai lavori, se non ci fosse di mezzo una campagna elettorale. L Italia rischia di sperimentare che la propria condizione di bagnomaria governo in carica per gli affari correnti, legislatura in agonia e una guerra non troppo lontana da casa può essere urticante dentro e fuori, in politica internazionale e interna. Dalle informazioni arrivate al governo di Mario Monti risulta che i francesi si trovano davanti a nemici abili, da contrastare con un impegno militare di lungo periodo. Sarebbe formato da duemila uomini addestrati e ben armati il nocciolo duro dei combattenti di al Qaeda del Maghreb, Movimento nazionale di liberazione dell Azawad, Movimento per l'unità e la Jihad nell Africa occidentale e Ansar Dine. Intorno a loro, altri tre-quattromila guerriglieri. Ansar Dine è stato descritto da nostri alleati abile nel raggirare mezzo mondo negoziando con Stati africani per poi favorire, prima della reazione francese, l espansione dei più radicali nel Mali del Nord. Benché tutti oggi a Roma escludano invii di soldati, è ipotizzabile che nella prossima legislatura militari tolti via via dall Afghanistan potrebbero servire in Africa. Senza clamore, il governo ha in corso contatti con i partiti per capire quanto è in grado di fornire adesso a Parigi senza attirarsi troppi attacchi dalle forze politiche. Tra Partito democratico e Sinistra ecologia e libertà si vedono crepe. «Non possiamo lasciare sola la Francia», ha dichiarato il segretario del Pd Pierluigi Bersani. Ci sono «cinquemila chilometri di Sub-Sahara in instabilità» con «infiltrazioni di jihadisti e trafficanti di droga, ha aggiunto, e «bisogna fermare questa cosa». Nichi Vendola, Sel, ha definito invece «errore clamoroso» l intervento francese. Il Consiglio dei ministri ha ascoltato una relazione del ministro della Difesa Giampaolo Di Paola e comunicato di aver «condiviso» la linea dell Alto rappresentante dell Ue per gli affari esteri. Che cosa aveva detto Catherine Ashton? «La Francia non è sola (...) ha agito esattamente come doveva. (...) Un certo numero di Paesi ha informato che sarebbero pronti a sostenerla con tutti i mezzi». Come, per l Italia, resta da vedere. Maurizio Caprara Il racconto dei sopravvissuti ILLUSTRAZIONI DI FRANCO PORTINARI In mensa Quaranta persone prese prigioniere mentre sono in mensa per colazione. I terroristi dividono gli stranieri dagli algerini (alcuni pachistani riescono a passare per locali) La telefonata Garry Barlow, 49 anni, chiama la moglie Lorraine in Inghilterra: «Hanno assaltato il campo, siamo ostaggio dei mujahedin. Sono seduto al mio posto con una cintura esplosiva addosso» La fuga L irlandese Stephen McFaul è tra gli ostaggi caricati dai miliziani su 5 gipponi. Un elicottero delle teste di cuoio ne distrugge 4. Sul quinto il guidatore perde il controllo, illeso McFaul in mezzo al caos riesce a fuggire

3 Corriere della Sera Sabato 19 Gennaio 2013 Primo Piano 3 # Siamo profondamente preoccupati per coloro che ancora sono in pericolo in Algeria Hillary Clinton, segretario di Stato Usa Non daremo tregua ai terroristi di Al Qaeda in Algeria e in Nord Africa David Cameron, primo ministro britannico Il personaggio Così Belmokhtar «il guercio» mira a diventare un leader globale «Scambio con due superterroristi» no ad ora gli stranieri morti sarebbero tra 4 e 6. Però sarebbero ancora 32 quelli nelle mani dei qaedisti. Chi sono? Difficile specificare. Il Giappone segnala 14 cittadini mancanti e solo 3 salvi. Per la Norvegia i dati sono rispettivamente 8 e 5. Parigi parla di 2 francesi salvi, confermando una vittima (tra i morti anche un americano). Tra gli ostaggi liberati ci sarebbero 5 cittadini Usa, un irlandese e un austriaco. A conferma che i ter roristi hanno comunque nelle loro mani degli americani sta la loro proposta per uno «scambio di prigionieri»: due ostaggi Usa in cambio di Omar Abdel Rahman, lo sceicco in carcere per il tentativo di attentato al World Trade Center nel Carri armati Unità dell esercito algerino intorno al sito attaccato (Afp); in alto a sinistra i primi ostaggi liberati (Afp, Epa) Gli ostaggi algerini e stranieri uccisi nel blitz, secondo le fonti ufficiali I miliziani morti nell attacco delle forze speciali algerine 1993, e della scienziata pachistana Aafia Siddiqi, condannata nel 2010 per aver cercato di assassinare cittadini americani. La risposta da Washington non si è fatta attendere. «Gli Stati Uniti non trattano con i terroristi», replica il Dipartimento di Stato, in accordo con la politica di inflessibilità adottata dal governo di Algeri. A rincarare la dose c è anche il segretario alla difesa Usa, Leon Panetta, che, dopo aver incontrato il premier britannico David Cameron a Londra, ha aggiunto: «Non daremo tregua ai terroristi di Al Qaeda in Algeria e in Nord Africa». Ma ciò non significa che a In Amenas il pericolo sia cessato. Tutt altro: ad Algeri i giornalisti locali sottolineano che i combattimenti continuano. «Siamo preoccupati per gli ostaggi», ha dichiarato il segretario di Stato uscente, Hillary Clinton. A sottolineare l emergenza sono stati istituiti aerei speciali per evacuare le migliaia di lavoratori stranieri da tutto il Paese. L. Cr. L Osama del Sahara alza la posta Ricatto all America: «Rilasciate lo Sceicco cieco e Lady Al Qaeda» I detenuti L offerta Il commando jihadista «Battaglione di sangue» chiede il rilascio di due superterroristi in carcere negli Usa in cambio della liberazione di due americani prigionieri nell impianto algerino Lo sceicco cieco Il primo superterrorista è Omar Abdel Rahman (in alto), «lo sceicco cieco» egiziano che a 74 anni sta scontando l ergastolo ed è considerato il capo del gruppo estremista Al Jamaa Al Islamya: responsabile di azioni come l attacco al World Trade Center del 1993 La scienziata pachistana La seconda è Aafia Siddiqui, 40 anni, scienziata pachistana: sposata con un nipote della «mente» dell 11/9 Khalid Sheikh Mohammed, è stata condannata a 86 anni di carcere perché attiva in Al Qaeda WASHINGTON «Il guercio» ha ambizioni transnazionali, da jihadista vero, che non riconosce confini e Stati. Punta ad un conflitto globale. Si spiega così il prezzo impossibile fissato da Mokhtar Belmokhtar, detto appunto «il guercio», per liberare due ostaggi americani. Se Washington li vuole, ha fatto sapere, deve rilasciare lo sceicco cieco egiziano Omar Abdel Rahman e la pachistana Aafia Siddiqui. Due icone islamiste. Un modo per Belmokhtar di conquistare consensi in Nord Africa e in Oriente sposando la causa di personaggi per i quali si sono mobilitate piazze e leader. Vorrà dire qualcosa se, nel suo primo discorso, il presidente egiziano Morsi ha speso parole per sollecitare la liberazione dello sceicco. Ancora più duro Ayman Al Zawahiri che ha suggerito i rapimenti di stranieri per proporre lo scambio. Ci provano pur sapendo che la risposta degli Stati Uniti è negativa: «Non trattiamo con i terroristi», hanno ribadito ieri. La mossa di Belmokhtar è in linea con la sua lunga storia di militante che si è dipanata dal ventre dell Algeria fino all Afghanistan. Andato giovanissimo a combattere i sovietici, Belmokhtar è tornato in Algeria portandosi dietro la menomazione all occhio sinistro e qualche legame. Dimissionato più volte dai capi gelosi delle sua forza, Belmokhtar ha retto grazie alla base di potere personale. I sequestri degli occidentali e i traffici (armi, droga, sigarette) gli hanno portato palate di denaro. I legami con tuareg e popolazioni nel Sahel gli hanno garantito supporto. I rapporti sotterranei con alcuni governi africani gli hanno permesso di navigare in un area difficile. Le armi acquistate a più riprese in Libia hanno portato un buon arsenale alla sua falange, «quelli che si firmano con il sangue». Una realtà temuta perché fin dal 2002 ha cercato di avere un filo diretto con la casa madre qaedista. Un link contestato da alcuni esperti e confermato da altri, convinti che le notizie sui viaggi di emissari nel Sahel siano fondate. Di sicuro Belmokhtar ha tenuto conto dei consigli di questi anni. Colpendo il sito della Bp, i terroristi hanno attaccato un bersaglio che simboleggia lo sfruttamento delle risorse energetiche da parte dell Ovest. Proprio uno dei target consigliati, nel tempo, da Osama e Al Zawahiri. Un piano affidato da Belmokhtar a Lamine Muhamad Bouchanab, un militante che sarebbe stato ucciso a In Amenas. Sempre in sintonia con la vecchia guardia è la richiesta di rilascio dei due prigionieri. Abdel Rahman, arrestato a Brooklyn dopo il primo attentato alle Torri Gemelle (1993), è una guida spirituale molto ascoltata della Jamaa Islamya. Una stella dell integralismo le cui cassette sono ascoltate a Islamabad come a Milano. Più controverso il profilo di Aafia Siddiqui, «Lady Al Qaeda». Quarantenne, ex studentessa al Mit di La risposta La replica della Casa Bianca alle condizioni del miliziano: «L America non tratta con i jihadisti» Harvard, laureata, sposata ad un nipote della mente dell 11 settembre, madre di 3 figli, è stata accusata di far parte di Al Qaeda e per questo condannata a 86 anni di galera. Sospettata di far ricerche su sostanze tossiche, coinvolta (forse) nello smercio di pietre preziose per l autofinanziamento, è scomparsa verso la fine del Arrestata, è stata rinchiusa nella prigione di Bagram (Afghanistan), dove era conosciuta sembra come il «prigioniero 650». Per i suoi familiari, invece, è una vittima innocente. Due biografie perfette per il piano di Belmokhtar che, secondo un testimone, avrebbe guidato personalmente gli assalitori. Presenza possibile anche se sembra strano abbia rischiato una pallottola. Il «principe» del Sahel, convinto di poter andare molto lontano, ha sempre evitato le trappole. Almeno fino a ieri. Guido Olimpio L intervista Il politologo parigino e la guerra africana del presidente socialista: «Abbiamo agito da soli perché Obama ha scelto un ruolo defilato» «Dall Iraq di Bush al Mali di Hollande. Il nuovo interventismo francese» Moïsi riflette sui rischi legati all azione «Ma questa volta la minaccia era reale» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI Professor Moïsi, non trova un po ironico che i valori della «guerra al terrorismo» proclamati un tempo dalla vituperata America di Bush siano difesi oggi dalla Francia di Hollande? E che sia Parigi, oggi, a chiedere aiuto militare a alleati riluttanti, proprio come a lungo è capitato a Washington? «La storia sta cambiando. La Francia si trova in guerra da sola, in prima linea, per tre ragioni. La prima è che gli Stati Uniti non sono più quelli di una volta. Leading from behind, guidare ma un passo indietro, è la nuova dottrina dell America, lo si è visto anche in Libia. Ma, vista da Parigi, c è una differenza fondamentale tra Iraq 2003 e Mali 2013: quella fu una guerra per scelta, questa è per necessità. A Bagdad non esistevano armi di distruzioni di massa; a Timbuctù i terroristi ci sono davvero». Il politologo francese Dominique Moïsi dice di comprendere le ragioni dell intervento di Hollande. «Ma, come si è visto subito, basta guardare all'algeria, è una mossa carica di rischi». Per quali altre ragioni la Francia èsola? «Oltre al basso profilo degli Stati Uniti, c è quello dell Europa. In materia di sicurezza e difesa l Ue è ancora meno presente che in passato. Nessuno vuole aiutare la Francia, e il caso più spettacolare è la Germania». Un nuovo colpo all'asse franco-tedesco? «E proprio nei giorni in cui celebriamo il 50 anniversario del Trattato dell Eliseo che ne è all origine. In realtà oggi assistiamo all insensato divorzio tra Francia e Germania». E il terzo motivo dell isolamento della Francia? «L Africa non è ancora quel che vorremmo, cioè un continente in grado di fronteggiare da solo il pericolo terrorista. La forza africana non sarebbe stata pronta prima di settembre. Per questo la Francia ha agito subito, da sola». Non c è anche un silenzioso cambiamento ideologico? E una paradossale vittoria in Europa della visione neocon, come dice furibondo l'ex premier Villepin? «Non andrei così lontano, l intervento francese è basato sul principio di realtà. Già in Afghanistan, e dal 2001, Parigi conduceva la guerra al terrorismo di cui oggi parla Hollande. A Kabul si trattava di combattere uno Stato terrorista; ora la Francia cerca di impedire che ne nasca un altro, in Mali, alle porte di casa». Non contano anche ragioni economiche? Petrolio, gas, uranio? «Io penso di no. E una mentalità diffusa, ci si sente smaliziati a denunciare inconfessabili ragioni nascoste. La Francia non combatte in Mali per l uranio, ma neanche per vaghe ragioni ideali: la necessità di stroncare sul nascere uno Stato terrorista che potrebbe minacciare l'europa è una motivazione sufficiente e molto concreta». L opinione pubblica europea e gli intellettuali anti-guerra per il momento non si mobilitano. C'è un pregiudizio favorevole a Hollande perché francese, e di sinistra? Dominique Moïsi, politologo francese. Tra i suoi libri, «Geopolitica delle emozioni», pubblicato in Italia da Garzanti «In Francia, l opinione pubblica è dietro Hollande oggi. Vedremo domani se ci sono molte perdite o attentati in patria. Gli europei non protestano, ma neanche chiedono ai loro governi più decisione nel sostenere un azione a difesa di tutti». Ma se fossero stati gli Stati Uniti a intervenire in Mali? Non si sarebbe già gridato all'assalto imperialista? «E una vecchia storia. La Francia suscita meno impressione, è un Paese più debole. Un suo intervento è percepito come più accettabile. Se l opinione pubblica europea è indulgente, non credo lo saranno i fondamentalisti islamici. La Francia oggi rischia di soppiantare gli Stati Uniti nel ruolo di Grande Satana». Ieri Lione, la seconda metropoli francese, è rimasta paralizzata per ore, il metro bloccato per un allarme bomba. «Inviando gli aerei e le truppe in Mali la Francia ha deciso di correre dei rischi. Bisogna prepararsi a una certa "israelizzazione" della nostra vita quotidiana». Stefano

4 4 Primo Piano Sabato 19 Gennaio 2013 Corriere della Sera Le previsioni Il Bollettino «Recessione nel 2013, ma è quasi finita» Bankitalia: Pil in calo dell 1%. Visco contestato all Università di Firenze ROMA «Anche quest anno sarà un anno difficile. L economia italiana è ancora in recessione». Così il governatore della Banca d Italia, Ignazio Visco, annuncia la revisione al ribasso delle previsioni che indicano la possibilità, ma solo al 50% e con tanti rischi, di una ripresa nella seconda metà del Nello scenario disegnato dal governatore, di una recessione che persiste anche se rallenta, che accentua la disoccupazione e continua a frenare i consumi delle famiglie, spiccano tuttavia gli elementi positivi della tenuta delle esportazioni e soprattutto dell allentamento delle tensioni sui mercati con la riduzione dello spread tra i rendimenti dei titoli italiani e tedeschi ed il netto miglioramento delle condizioni di finanziamento del Tesoro sui mercati. Ci sono «rinnovati segnali di interesse per i titoli di Stato italiani», ha detto Visco intervenendo all Università di Firenze dove ha svolto una lectio magistralis sulla politica monetaria e la crisi. «Il nostro Paese deve saper trovare le motivazioni e gli incentivi per affrontare con decisione il problema della crescita» ha affermato il governatore. «Guadagni di competitività possono essere solo il risultato di un impegnativo ma imprescindibile disegno organico di riforma» ha Bini Smaghi sul «Ft» «Italia, ora più decisioni» Dai leader dei maggiori partiti non vengono «misure che potranno risolvere i problemi». Lo ha scritto, in un intervento sul Financial Times, l economista Lorenzo Bini Smaghi. Per l ex membro del board Bce servono decisioni che «richiedono la determinazione nel combattere l opposizione dei molti gruppi di interesse». aggiunto, spiegando che si tratta di proseguire la strada delle misure già avviate «dalle liberalizzazioni nell accesso ai mercati al loro migliore funzionamento e al sostegno dell accumulazione di capitale umano e fisico, dal miglioramento della qualità dei servizi pubblici alla riduzione degli ostacoli burocratici, dal contrasto all evasione fiscale e alla corruzione a una maggiore efficienza della giustizia civile. La crescita della produttività dipende da un progresso netto in tutte queste componenti». L equilibrio dei conti pubblici, che non esclude, dice Visco, ricomposizioni nelle principali poste di bilancio senza cambiare i saldi, «è la precondizione per il successo». Ma torniamo alle stime della crescita. Per il 2012 è confermata la riduzione del Pil attorno al 2,1%, per il 2013 la previsione fatta a luglio scorso di un calo pari allo 0,2% è stata rivista con una contrazione dell 1%. La correzione è consistente ed è l effetto spiega il Bollettino economico di Palazzo Koch «del peggioramento del quadro internazionale, nonché delle conseguenze dell incertezza e del perdurare delle condizioni di credito restrittive». Tuttavia «lo scenario prefigura un ritorno alla crescita nella seconda metà dell anno, sia pure su ritmi modesti e con ampi margini di incertezza»: per gli economisti di Via Nazionale vuol dire una probabilità di avverarsi di circa il 50%. Il recupero, che peraltro è già in atto, sarebbe insomma lento e in qualche caso, come purtroppo nel lavoro, ritardato: «Gli effetti della recessione non si sono finora riflessi in una caduta dell occupazione, ma hanno determinato soprattutto un maggiore ricorso alla cassa integrazione e un aumento delle persone in cerca di lavoro». Si stima che l occupazione si riduca quest anno (in media di quasi l 1%) e ristagni nel successivo. Il tasso di disoccupazione aumenterebbe, riflettendo anche l incremento delle persone in cerca di lavoro, e toccherebbe il 12% nel 2014». Colpendo soprattutto i giovani e il Sud. «Il cammino da compiere», ha sottolineato Visco, «è ancora lungo, va percorso con impegno e attenzione, ma una fase acuta della crisi è stata superata». Ulteriori riduzioni dello spread, ha spiegato, «potranno derivare dal pieno dispiegarsi delle riforme nazionali». Un contributo positivo è atteso anche dalle ipotesi più favorevoli riguardanti i rendimenti dei titoli di Stato. «La loro riduzione dice il Bollettino riflette l annuncio delle operazioni della Bce nonché la credibilità dei programmi nazionali di aggiustamento». I rischi sono però ancora tanti, avverte Palazzo Koch, legati all andamento della domanda interna e alle condizioni del credito, tornate restrittive perché le banche temono di avere troppe sofferenze, prestiti non rimborsati. Stefania Tamburello L ateneo La lezione interrotta del Governatore: sono attento ai giovani ROMA Volantini, striscioni e slogan. «Contro la crisi e l austerità fuori Bankitalia dall Università», gridava un gruppo di studenti dei collettivi dell Università di Firenze all arrivo del governatore Ignazio Visco, atteso in aula magna per la lectio magistralis sul ruolo e le responsabilità della Banca centrale nella crisi. La contestazione era stata annunciata e la polizia ha fatto cordone per evitare che le proteste impedissero lo svolgersi della cerimonia voluta dal rettore Alberto Tesi. Il quale ha pure cercato di convincere i ragazzi a desistere. Ma senza successo. La protesta ha accompagnato, fuori dall aula, l inizio della relazione di Visco. Fino a quando il rettore ha deciso di fare entrare i contestatori per dire la loro. Ma l invito è stato solo l occasione per ripetere più da vicino gli slogan. «Voi la chiamate crescita noi sfruttamento», hanno ripetuto i giovani dei Collettivi che nei loro volantini se la prendevano con la crisi, le banche, la Bce ed anche il governo. Visco, che aveva iniziato a spiegare l azione dell Istituto di Francoforte e della Banca d Italia per affrontare la crisi e le tensioni dei I ruoli diversi «Le responsabilità della crisi? Bisognerebbe spiegare i ruoli» mercati, si è interrotto, pronto ad ascoltare le proteste e magari anche a rispondere. Ma gli studenti non sono riusciti, o non hanno voluto, raccogliere la sollecitazione del rettore ad andare sul palco per esprimere, con un unica voce, le rivendicazioni e le proteste. Così dopo una decina di minuti sono usciti e Visco ha ripreso a parlare. Anche se c è stata un altra interruzione: l allarme antincendio e il richiamo, subito rientrato, ad evacuare l aula, fatto scattare da una sigaretta accesa, magari proprio da uno studente dei Collettivi, troppo vicino ai sensori anti-fumo dell università. Non ci sono state altre interruzioni: il Governatore ha proseguito la sua lezione per circa due ore senza fare commenti sull accaduto. Non ha dato, del resto, l impressione di essersela presa per le contestazioni. Sembra anzi che volesse andare a spiegare direttamente agli studenti il ruolo della Banca d Italia nella crisi. «Bisognerebbe, poi, dire loro chi sono e che cosa realmente fanno i banchieri centrali e i regolatori... Forse dovrebbero leggere la relazione», ha mormorato sperando di far capire ai giovani come vanno le cose. Ovviamente secondo un banchiere centrale. S.Ta. Protesta Cinque anni dopo Escono le trascrizioni dei vertici della Banca centrale: i governatori non avevano capito «La grande crisi? Una buona cosa» I verbali (imbarazzanti) della Fed «Non mi aspetto insolvenze o semi-insolvenze delle grandi istituzioni finanziarie». Così parla Ben Bernanke, presidente della Federal Reserve, nel dicembre Nel marzo 2008 scoppia il caso Bear Stearns, che per evitare la bancarotta fu svenduta a Jp Morgan. Nel settembre 2008 fallisce Lehman Brothers. Sono dovuti passare 5 anni, per poter leggere le trascrizioni imbarazzanti delle riunioni dei vertici della Banca centrale americana. Ma adesso è evidente, scritto nero su bianco: per la maggior parte del 2007 la Fed ha sottovalutato i rischi di quella che si è trasformata nella peggiore crisi finanziaria dagli anni 30. Nessuno sembra aver colto i segnali di pericolo, dopo che già nell estate 2007 cominciano a manifestarsi i primi problemi legati ai mutui subprime. Ascoltate cosa dice Tim Geithner, attuale ministro del Tesoro americano (in uscita) e allora presidente della Fed di New York nel corso di una telefonata del 10 agosto 2007: «Non abbiamo indicazione che maggiori e più diversificate istituzioni stiano avendo problemi di finanziamento. In effetti molte di esse riportano quello che classicamente avviene in una fase del genere e cioè che il denaro stia affluendo». L abbaglio sembra totale. Frederic Mishkin, allora membro del Federal Open Market Committee, dice che «quello che sta succedendo è una cosa buona. Eravamo preoccupati che i mercati fossero troppo ottimisti, che c'era troppo opacità e che le persone Così parlò Ben Bernanke «Non mi aspetto - dice Bernanke nel dicembre insolvenze o semi-insolvenze delle grandi istituzioni» L ingresso degli studenti dei Collettivi nell aula magna dell Università di Firenze ha costretto il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, a interrompere la sua lectio magistralis. In precedenza, il rettore dell ateneo era uscito dall aula per cercare di calmare la protesta degli studenti. Il Collettivo studentesco rivoluzionario ha rivendicato la partecipazione. non fossero intimorite di questo. Adesso lo sono e credo si tratti di una situazione salutare». «Il risultato più probabile è che la crisi dei mutui subprime sarà limitata in durata ed effetti», dichiara l allora vice presidente della Fed Donald Kohn. E ancora. William Dudley, che successivamente ha sostituito Geithner a capo della Fed di New York e che all epoca era il responsabile del desk sulle operazioni di mercato, nel corso della telefonata dell agosto 2007 sostiene che Washington Mutual e Countywide, due banche poi collassate, «hanno problemi temporanei». Alla riunione del 30 ottobre, Janet Yellen, allora presidente della Federal Reserve di San Francisco intravede «rischi crescenti», ma scommette ancora in un «atterraggio morbido dell economia». Soltanto con il passare dei mesi la Fed sposta la sua attenzione dal rischio di inflazione e comincia a riconoscere i sintomi della crisi e ad agire di conseguenza. Ma ormai è troppo tardi. La domanda che ora circola a Wall Street è questa: la crisi sarebbe stata meno severa se la Fed avesse intuito prima la portata della crisi finanziaria e agito con più prontezza anziché continuare a prevedere una crescita costante dell economia americana? Giuliana

5 Corriere della Sera Sabato 19 Gennaio 2013 Primo Piano 5» Approfondimenti I controlli del Fisco e i bilanci delle famiglie LA BEFFA PER GLI ANZIANI NEL REDDITEST LA SPESA SANITARIA? INNESCA L ALLARME Le simulazioni sul tenore di vita dei pensionati: bastano euro «di troppo» MILANO Pensi al nuovo Redditometro e ti immagini che abbia nel mirino potenziali grandi evasori: banchieri, finanzieri, insospettabili venditori. E se invece qualche perfido occultatore di ricchezza si nascondesse sotto le mentite spoglie di un pensionato? In effetti, direte voi, in Italia c è una categoria di pensionati d oro che potrebbe benissimo finire sotto la lente accertatrice del Fisco. Ma, come è noto, i nuovi strumenti messi a punto dall Agenzia delle Entrate setacciano a maglie molto strette e per capire meglio quanto tocchino la categoria dei pensionati, meglio andare nello specifico. E a riservare le maggiori sorprese, ancora una volta, è il Redditest: gli esperti di Eutekne.info hanno scelto di analizzare i pensionati, che, viste le entità delle retribuzioni erogate dall Inps, di certo non possono essere considerati una categoria privilegiata. Prima è d obbligo una precisazione in merito alle pensioni minime: anche loro saranno soggette ad accertamenti, visto che i controlli si «accendono» in conseguenza delle spese e non del reddito. Esiste però la franchigia dei 12 mila euro annunciata da Equitalia: se lo scostamento tra spese e reddito dichiarato rimane entro la soglia di quella cifra, non scatta l accertamento. «Ma bisogna ricordare avvertono da Eutekne.info che, per quanto lodevole, la franchigia, anche se dovesse essere pubblicata nelle circolari, non è una legge e quindi non mette al riparo con Stato di diritto». A questo punto, meglio passare ai casi concreti. E sottoponendo al vaglio del Redditest qualche simulazione, è facile scoprire dei sorprendenti paradossi. Prendiamo l esempio di un pensionato che vive da solo: ha Per cento differenza tra reddito dichiarato dal contribuente ed entrate accertate dal Fisco che dà l avvio al controllo con il Redditometro Mila euro la franchigia annuale ammessa dall Agenzia delle Entrate in termini di scostamento tra reddito e spesa Le procedure dell Agenzia delle Entrate Scostamento del 20%, parte il contraddittorio 1 2 Il Redditometro mette sotto osservazione il reddito dichiarato (dal 2009 in poi) e le spese sostenute, ma anche gli investimenti e i risparmi fatti. Tra i due valori lo scostamento non deve superare il 20%. In caso contrario il Fisco chiederà chiarimenti al contribuente in un contraddittorio Le voci che compongono il Redditometro. Trenta di queste, per esempio i consumi domestici, saranno rilevate attraverso banche dati Milioni famiglie che secondo la prima simulazione del Fisco risulterebbero passibili di accertamento con il Redditometro Bonus di 12 mila euro per bilanciare le medie L Agenzia delle Entrate ha chiarito che se lo scostamento tra il reddito dichiarato e quello presunto è pari o inferiore a 12 mila euro (mille euro al mese), al contribuente non saranno chieste spiegazioni. Si tratta di un modo di tenere in conto gli eventuali errori di approssimazione dovuti all uso delle medie Istat Fallito il confronto, scatta l accertamento 3 In sede di contraddittorio il contribuente deve rispondere alla richiesta di spiegazioni mossa dal Fisco. La richiesta in questa fase è circoscritta al singolo addebito, non all intera posizione del contribuente. Ma se questi non sarà in grado di fornire spiegazioni, partirà l accertamento sull intero profilo fiscale Da marzo Redditest È uno strumento, il cui funzionamento è simile al Redditometro, che permette al contribuente di autotestare la propria coerenza tra redditi dichiarati e spese sostenute. La verifica avviene attraverso un software disponibile sul sito dell Agenzia delle Entrate. Il contribuente che desidera controllare la sua situazione deve inserire tutti i dati richiesti: al termine una luce verde indicherà coerenza tra reddito e spese, mentre la luce rossa evidenzia incongruenze. Redditometro Il meccanismo del Redditometro prevede invece l analisi reddituale del contribuente, o del nucleo familiare, attraverso il confronto tra reddito dichiarato e una serie di spese che si ritengono effettuate in ogni caso. Il «paniere» delle spese verrà rilevato sulla scorta dei dati presenti nella «Banca dati tributaria» o, in assenza, o in via presuntiva sui parametri base previsti dalle tabelle Istat. Meglio il «tablet» Per il sistema dell Agenzia delle Entrate, meglio comprare un tablet che spendere per una clinica Cure pubbliche o private L uso della sanità privata invece di quella pubblica fa accendere le spie dell «incoerenza» tributaria un età superiore ai 65 anni, abita a Macugnaga, in provincia di Verbania, con una casa di 55 metri quadri e un utilitaria «schedata» (in gergo fiscale) da 50 kilowatt. Supponiamo che il nostro protagonista disponga complessivamente di un reddito di 15 mila euro e che, nell arco di un anno, spenda euro a vario titolo: 200 per le bollette dell elettricità, 400 per quelle del gas, 200 per la telefonia, 100 per gli elettrodomestici, 600 per Rc auto, 100 per i circoli ricreativi, 2 mila li spende per le vacanze e altri 2 mila per le spese mediche (che dopo una certa età assumono un peso determinate all interno del bilancio). Con questi dati il nostro protagonista vedrà accendersi il semaforo verde: la sua posizione fiscale è coerente, quindi, almeno si spera, potenzialmente al riparo da accertamenti sintetici. Ma la musica cambia sensibilmente se alteriamo un particolare: immaginiamo che lo stesso pensionato nel 2009 abbia effettuato un investimento (magari qualcosa di poco evidente come un conto deposito) e immaginiamo che il capitale messo al sicuro non sia una cifra da poco (per esempio 20 mila euro), ma un vero e proprio tesoro: quello stesso pensionato ha messo da parte un milione di euro. Ci crederete? Il Redditest accenderà ugualmente il semaforo verde della coerenza. Non così se, però, l investimento da 1 milione di euro è avvenuto nel Ma non è finita, c è anche la beffa: con gli stessi dati, se invece aggiungiamo ulteriori 2 mila euro di spese mediche, arriva pronta e inesorabile la falce dell incoerenza. Ora, passiamo ad esaminare un altra simulazione: una coppia di pensionati, sempre di età superiore a 65 anni, vive a Milano in un abitazione di 75 metri quadri, con un auto familiare da 60 kilowatt, con reddito complessivo di 20 mila euro. Le spese annuali della coppia ammontano a euro (300 per l elettricità, 500 per il gas, 200 di telefonia, 800 per la Rc auto, 100 circoli ricreativi, per viaggi, spese mediche). Un assetto che fa scattare il pollice verso del Fisco: la situazione è di incoerenza. Però il colpo di scena è dietro l angolo: proviamo a immaginare che il vecchietto, attratto da quelle che egli definisce «diavolerie moderne» e soprattutto da un irrefrenabile desiderio di sentirsi giovane, spenda euro tra ipad, tablet, maxi televisore a schermo piatto e magari anche una videocamera professionale, magari tagliando le spese per le vacanze. Incredibilmente la sua posizione per il Redditest diventa coerente. Da tutto ciò si evince un concetto chiaro: il Redditest è fermamente convinto che sia molto meglio che un pensionato eviti di spendere inutilmente soldi per pagarsi la clinica privata e ottenere un servizio più celere rispetto alla sanità pubblica, per dedicarsi alle più nuove tecnologie. E chissà, magari ha davvero ragione lui. Isidoro Trovato L intervento NIENTE MAXI RIFORME, PER IL LAVORO ORA PASSI CONCRETI di MICHEL MARTONE * Caro direttore, Oggi la priorità nel mercato del lavoro è ricollocare gli occupati che hanno gli ammortizzatori sociali in scadenza e creare nuove occasioni di lavoro per le donne e i giovani. Tutti gli sforzi delle istituzioni preposte e delle parti sociali dovrebbero essere concentrati su questo obiettivo. Invece, complice la campagna elettorale, si parla d altro. Le scrivo, quindi, perché non credo che, in questa difficile congiuntura economica e occupazionale, il Paese abbia bisogno di un altra rivoluzione del mercato del lavoro, come già si comincia a promettere nei dibattiti elettorali. L esperienza di tante riforme del lavoro ha già ampiamente dimostrato che per creare posti di lavoro non bastano le leggi o le sentenze dei giudici ma serve un economia sana e competitiva nella quale sia possibile fare impresa e investire a lungo termine nel capitale umano come nell innovazione e nello sviluppo di nuovi prodotti. Ma perché ciò accada è necessario fare un salto di qualità nell azione riformista, abbandonare la logica delle riforme rivoluzionarie e delle controriforme radicali per passare a quella della loro difficile implementazione politica e amministrativa. I giovani non vengono assunti perché il cuneo fiscale è troppo alto e non perché esistono troppe o troppo poche tipologie di contratti di lavoro. I disoccupati che cercano lavoro hanno bisogno di imprese che assumano e di centri per l impiego che funzionino, non di una nuova iniziativa legislativa che, nelle intenzioni dei promotori, si proponga di riformare integralmente l ordinamento del lavoro ma che poi nei fatti si traduca, dopo estenuanti trattative sindacali e infiniti dibattiti parlamentari, in un risultato diverso da quello immaginato. Ciò non significa che la riforma Fornero non possa essere modificata. Anzi, penso che alcune modifiche siano necessarie, specialmente nella parte relativa alla flessibilità in entrata ma anche in quella che riguarda gli ammortizzatori sociali. Ma resta il fatto che, al di là delle polemiche elettorali, si tratta di un importante opera di manutenzione del nostro mercato del lavoro che ha intaccato alcuni tabù, come l articolo 18 o la cassa integrazione, e ha già comportato notevoli costi politici e sociali. D altra parte a questa riforma hanno comunque partecipato le principali forze politiche e sociali. Basti pensare che il testo Giusto poter potenziare l apprendistato, servono migliori relazioni sociali uscito dal confronto con le parti sociali ha poi subito, in sede parlamentare, quasi un centinaio di emendamenti. Per questo è auspicabile che non ci si perda nella velleitaria illusione di rivoluzionare per l ennesima volta il mercato del lavoro ma si scelga di procedere con spirito pragmatico, dando alla riforma il tempo di produrre i suoi effetti per poi fare le modifiche che si dimostreranno necessarie alla luce dei risultati del monitoraggio che è già stato avviato. Nel frattempo, gli impeti riformatori di chi vincerà le elezioni si potrebbero concentrare sul difficile versante Dobbiamo lavorare sul cuneo fiscale e sui servizi per l impiego della gestione amministrativa delle istituzioni del mercato del lavoro, dai servizi per l impiego agli enti bilaterali o ai fondi interprofessionali; del reperimento delle risorse necessarie a ridurre il cuneo fiscale a cominciare da quello che grava su donne e giovani; del potenziamento dell apprendistato; della costruzione di quelle relazioni industriali collaborative che sono indispensabili per assicurare la reale partecipazione dei lavoratori all andamento delle aziende. Per tornare a creare posti di lavoro il nostro sistema ha bisogno di unità e coesione mentre l esperienza dimostra che le riforme, soprattutto quelle che riguardano il mercato del lavoro, dividono. E non è quello di cui hanno bisogno i cittadini nel mezzo dell estenuante crisi economica che ci travaglia ormai da anni. * Viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali

6 6 Primo Piano Sabato 19 Gennaio 2013 Corriere della Sera Il forum Il negoziato Italia-Svizzera, il dialogo va avanti Sul tavolo arriva il caso Campione Il nodo delle tasse nella città del Casinò. Terzi: intesa possibile Confini Il Fisco Il tavolo Berna-Roma sulle imposte Tra Italia e Svizzera sono in corso trattative sulla tassazione delle attività portate dagli italiani nella Confederazione e non dichiarate al Fisco tricolore. La trattativa è «ora incanalata in modo sicuro» ha detto il ministro degli Esteri Giulio Terzi L ultimatum Il segreto bancario, la Svizzera e la black list La Svizzera ha sei mesi di tempo per fare progressi nello scambio delle informazioni bancarie o non potrà evitare di essere sulla lista nera. È l ultimatum lanciato dal commissario Ue alla Fiscalità Algirdas Semeta. Oltre confine Lavoro, la decisione sul salario minimo Il Consiglio di Stato (in pratica il governo) ticinese ha deliberato di introdurre in tre settori il commercio, la meccanica di precisione e l'informatica dal primo aprile una paga oraria minima di 17,30 franchi l ora. Il che porta, in regime di orario normale, a un salario mensile di franchi. ROMA Le tasse potrebbero scendere davvero per gli italiani. Ma solo per i 2 mila o poco più che vivono a Campione d Italia, il paesino della provincia di Como circondato dal Canton Ticino, la nostra piccola enclave in terra svizzera, da sempre in testa nelle classifiche per ricchezza e reddito pro capite. Non si tratta dell ennesima promessa elettorale di casa nostra. Ma dell ultimo sviluppo della lunga trattativa che Roma e Berna stanno portando avanti da mesi sul fisco e sui capitali italiani depositati nelle banche della Confederazione. Ieri a Roma si è aperto il primo Forum per il dialogo tra Italia e Svizzera. Si tratta di un appuntamento organizzato dall ambasciata elvetica e dalla rivista di geopolitica Limes per sviluppare la collaborazione tra i due Paesi in tutti i settori, mettendo insieme personalità della cultura, dell economia e della politica. Ed è stato Didier Burkhalter, il capo del dipartimento federale degli affari esteri, a citare la «fiscalità di Campione d Italia» come uno dei sei punti sul tavolo del negoziato. Una novità, come hanno osservato diversi partecipanti all incontro visto che finora di Campione non si era ufficialmente parlato ed i punti sul tavolo erano cinque. Qual è il nodo da sciogliere? Campione è territorio italiano a tutti gli effetti, anche per il fisco e quindi anche per il peso delle tasse. Ma è circondato dal Canton Ticino dove la pressione fiscale è molto più bassa rispetto a quella di casa nostra. Uno squilibrio che i residenti di Campione vorrebbero correggere. La questione è arrivata sul tavolo del gruppo di pilotaggio, come è stata chiamata la squadra di tecnici svizzeri e italiani che lavorano ai dettagli dell intesa. E l ipotesi tutta da costruire è quella di prevedere un livello di tassazione intermedio tra quello italiano e quello del Canton Ticino. Oltre al caso Campione, però, i problemi da risolvere sono ancora parecchi. C è la questione dei lavoratori transfrontalieri, quella della convenzione sulla doppia imposizione, la possibilità di offrire servizi bancari oltre frontiera e l accesso ai mercati. Il ministro degli Esteri Giulio Terzi si dice ottimista: «Le complesse questioni fiscali sono state incanalate, il gruppo di pilotaggio è uno strumento efficace e in grado di dare i risultati auspicati». Ma il vero nodo dell intesa resta la percentuale da far pagare, per chiudere i conti con il fisco e la giustizia, a chi nel passato ha esportato capitali in Svizzera. «Non I transfrontalieri I dossier: i lavoratori transfrontalieri, la doppia imposizione, i servizi bancari oltre frontiera, l accesso ai mercati La Commissione Il commissario Semeta: sei mesi per fare progressi nello scambio delle informazioni bancarie E l Ue avverte Berna: più trasparenza o lista nera MILANO Londra o Berlino? È questo il bivio nella strada italiana che porta ai forzieri svizzeri: una via che Roma dovrà seguire per alzare il velo sui valori tricolore non dichiarati al Fisco nazionale e portati nella Confederazione. Le trattative con Berna hanno davanti a sé il modello accettato dagli inglesi che permette di tassare senza svelare, mantenendo quindi la segretezza davanti al Fisco nazionale e il caso tedesco, in cui il parlamento ha bocciato la strada già seguita da Londra. I tedeschi, a quanto sembra, vogliono non solo i soldi (le tasse) ma Gli Stati Uniti A dicembre Berna ha siglato un accordo con gli Usa relativo ai conti correnti dei cittadini americani sarà un condono dice il responsabile svizzero degli Esteri, passando al francese dopo un apprezzabile italiano perché i pagamenti si farebbero sulla totalità di ciò che è dovuto secondo una formula che tiene conto della durata del deposito, dell aliquota fiscale del Paese d origine e dei termini di prescrizione». Lo stesso Burkhalter si dice «fiducioso che l accordo sarà raggiunto a breve» e chiede che la nostra campagna elettorale non interrompa i negoziati. Anche se è chiaro a tutti che per arrivare al dunque bisognerà aspettare il nuovo governo che avremo dopo le elezioni. E anche se il segnale arrivato ieri da Bruxelles va esattamente nella direzione opposta. Il commissario europeo alla fiscalità, il lituano Algirdas Semeta, ha detto che la Svizzera ha sei mesi di tempo per fare progressi nello scambio delle informazioni bancarie o finirà nella lista nera dei paradisi fiscali. L Ue chiede alla Svizzera di seguire il modello dello scambio automatico delle informazioni inserito dell accordo chiuso con gli Stati Uniti. In base a quell intesa le banche svizzere sono obbligate a comunicare al fisco Usa i conti attivati dai clienti americani. Lo stesso principio non è previsto negli accordi siglati con i Paesi europei come la Germania o l Austria e Berna non ha nessuna intenzione di inserirlo nemmeno in quello con l Italia. Non solo. Perché il commissario Semeta dice anche che Berna l accordo lo deve fare direttamente con Bruxelles. Un bel bastone fra le ruote di tutti i trattati bilaterali. E anche del prossimo governo italiano. Lorenzo Salvia lsalvia@corriere.it anche più luce sui nomi dei propri facoltosi connazionali. Ma il dossier sul tavolo italo-svizzero non è solo questo: comprende per esempio anche la revisione dell accordo sulla doppia imposizione, l accesso degli istituti finanziari elvetici al mercato italiano, la questione della «black list» tricolore in cui figura la Svizzera e la tassazione per i lavoratori frontalieri. Ma se sul versante europeo restano ancora diversi passi da fare, su quello americano la situazione sembra essere molto più avanti. A dicembre Berna ha siglato un accordo con gli Stati Uniti per l applicazione della legge americana, che obbligherà le banche svizzere a comunicare al fisco tutti i conti attivati dai clienti Usa. A Bruxelles, invece, la Commissione europea ha appena avvertito la Svizzera: se entro sei mesi non si otterranno «risultati concreti» sulle trattative riguardanti i dissensi sul regime fiscale, alcuni Paesi dell Ue potrebbero decidere «misure difensive», ha spiegato il commissario europeo responsabile di Fisco e Dogane Algirdas Semeta, in un intervista ai quotidiani svizzeri «Tages Anzeiger» e «Le Temps». «Se ci saranno progressi nei colloqui, la Svizzera sarà in grado di evitare di essere sulla lista nera» ha detto il commissario. Giovanni Stringa L ex magistrato elvetico «Ma se l Italia dovesse mai rischiare il default, la prima regione a finire nel baratro sarebbe il Canton Ticino» Bernasconi: perché vedo crescere il sentimento anti-italiano Suo padre era il famoso avvocato Pino Bernasconi che a Lugano, negli anni della guerra, ospitò in casa sua molti rifugiati italiani e che nel 1943 pubblicò, nella sua collana editoriale, la raccolta poetica di Eugenio Montale Finisterre le Ultime cose di Umberto Saba. Si capisce dunque perché Paolo Bernasconi non tolleri l aria di anti-italianità crescente che si respira da qualche anno in Ticino. Per la verità, al Forum per il dialogo tra l Italia e la Svizzera, che si è aperto ieri a Roma e che prosegue oggi all Hotel Parco dei Principi, interverrà su questioni fiscali, i temi di cui si occupa professionalmente, essendo, da ex magistrato, uno dei massimi esperti della criminalità economica internazionale oltre che professore universitario a San Gallo e a Milano. «La Svizzera dice non è più il Paese dell accoglienza e dell ospitalità: il clima è molto cambiato. È significativo che nel 2009 sia passata l iniziativa popolare contro i minareti». Manifestazioni di paura irrazionale rispetto al mondo islamico come se ne trovano un po ovunque, nei Paesi occidentali, Italia compresa? «Si fa coincidere l islamismo con il fondamentalismo: sarebbe come dire che nel periodo delle Br gli italiani erano tutti dei terroristi. Ma la questione più allarmante è il sentimento anti-italiano che si sta diffondendo». Non è una novità: tra la fine degli anni Sessanta e l inizio degli Ottanta, l Azione Nazionale di James Schwarzenbach sottopose al giudizio dei cittadini diverse iniziative che intendevano limitare la presenza straniera nella Confederazione. «Sì ma non c era un terreno xenofobo fertile come oggi e infatti i referendum furono respinti. Da un decennio almeno si distribuisce veleno anti-italiano, il che è un atteggiamento contrario alla tradizione elvetica». Il problema su cui spesso si punta sono i 56 mila frontalieri italiani che quotidianamente vengono a lavorare a Lugano e dintorni dalle provincie di Varese e di Como, e la sera tornano a casa. «La presenza numerosa dei frontalieri viene enfatizzata dagli organi di stampa leghisti, che ne danno una rappresentazione anche grafica decisamente razzista con proclami tipo "Fuori dalle balle!" eccetera, le stesse che Bossi utilizzava contro gli immigrati. Però bisogna tener conto di un fatto importante: si tratta delle espressioni estremiste lanciate non da gruppuscoli marginali ma dal primo partito ticinese, che ha una rappresentanza maggioritaria nel governo cantonale e che adesso avanza la sua candidatura per la poltrona di sindaco della città di Lugano, tradizionalmente liberale (le elezioni si terranno il 14 aprile, N.d.R.)». È vero che qualche mese fa la Lega dei Ticinesi si oppose all istituzione di una strada dedicata a Eugenio Montale, però trovò la reazione dell opinione pubblica e della società civile, e la cosa andò felicemente in porto. «L opinione pubblica ticinese ha sempre avuto un atteggiamento ambivalente: da una parte si compiace della familiarità con gli italiani, dall altra manifesta una certa insofferenza. Fatto sta che il motivo ricorrente della stampa leghista, molto seguita dai lettori, si riassume in tormentoni come "Fallitalia", un termine che pone l accento con disprezzo sullo spauracchio della crisi economica e sulla Repubblica italiana come un Paese in fallimento sul piano generale. Senza dimenticare i proclami sul Muro da tirar su alla dogana di Brogeda o l appello ai blocchi stradali per impedire l ingresso ai lavoratori stranieri». Ma sono espressioni folcloristiche e tutto sommato innocue o si traducono poi in proposte politiche? «È in corso la richiesta di una cosiddetta ecotassa, che non ha nulla di ecologico, da imporre ai frontalieri». Un capro espiatorio per la crisi economica che non risparmia L opinione pubblica Il motivo della stampa ticinese ha sempre leghista, molto seguita avuto un dai lettori, si riassume atteggiamento in tormentoni ambivalente come «Fallitalia» L analisi Paolo Bernasconi neanche il mondo economico e finanziario ticinese? «Il concetto che viene ripetuto è: gli italiani ci rubano il lavoro. Ma si tratta di un argomentazione antieconomica e autolesionista perché se l Italia, per delirio d ipotesi, dovesse mai rischiare il default come la Grecia, la prima regione a finire nel baratro sarebbe il Canton Ticino». Cioè? «La nostra economia bancaria dipende in buona parte dalla salute dell Italia: negli ultimi cinque anni in Ticino quasi tutte le banche italiane sono state chiuse o assorbite, e la clientela è diminuita del per cento». Eppure gli scambi non sono mai venuti meno. L'Italia rimane il secondo partner commerciale della Svizzera dopo la Germania e le università federali sono piene di docenti e studenti italiani, a cominciare da quella luganese: «In Ticino dobbiamo accendere dei ceri tutti i giorni perché l Italia superi la crisi e combattere questa martellante rappresentazione di anti-italianismo». Paolo Di Stefano

7 Corriere della Sera Sabato 19 Gennaio 2013 La crisi Trend globali Un altro (piccolo) balzo Primo Piano 7 Riparte l economia cinese Inversione di tendenza nell ultimo trimestre del 2012 Il Paese torna a crescere, ma la forza lavoro è ai minimi La pax politica e il rischio di cifre gonfiate di DANILO TAINO Dunque la Cina ci stupisce ancora. Il famoso hard-landing, l atterraggio brusco dell economia, sarebbe stato evitato anche questa volta, a dare retta ai numeri resi noti ieri dall Ufficio di Statistica: la crescita non sarebbe mai scesa sotto il 7% durante tutto il Qualche giorno fa, però, Alberto Forchielli fondatore di Mandarin Capital e dell Osservatorio Asia da Pechino sosteneva che le statistiche sulle esportazioni non corrispondevano «ai movimenti di beni attraverso i porti e alle importazioni dei partner commerciali». E si domandava se fossero numeri «contraffatti». In effetti, non si può escludere che i nuovi dirigenti del partito, impegnati in una non tranquilla fase di transizione di potere, massaggino le statistiche per farle sembrare migliori. Non sarebbe la prima volta. A conferma, ieri il Financial Times riportava quello che ironicamente viene chiamato l indice Li Keqiang dal nome del primo ministro entrante che nel 2007 definì «fatte dall uomo» le statistiche cinesi. È un indice che misura l andamento del Pil ma sulla base dei consumi di energia, dei trasporti ferroviari e di indicatori del genere. Bene, l indice Li Keqiang dice che l economia cinese cresceva del 3,5% a metà 2012 e ancora oggi l aumento non supererebbe il DAL NOSTRO INVIATO Figlio unico La politica del figlio unico presenta il conto: i cinesi in età da lavoro diminuiti di 3,5 milioni 7,9% La crescita cinese nell ultimo trimestre del Dopo sette trimestri di continua discesa e dopo aver segnato il 7,4% tre mesi fa, l economia cinese ha finalmente registrato un rimbalzo Il corso Così Pechino addestra le bodyguard Alcune reclute durante l allenamento quotidiano che prevede, tra l altro, lezioni sulla condotta da tenere in caso di evasione e tiro al bersaglio come parte della preparazione per proteggere il crescente numero di uomini d affari che si reca nelle regioni calde dell Africa e del Medio Oriente. La Genghis International Security Academy è una delle tante scuole per PECHINO Il piccolo balzo in avanti. La Cina chiude il 2012 con una crescita media del Prodotto interno lordo (Pil) del 7,8%, un risultato che riporta le lancette dell economia indietro di 13 anni. E tuttavia ci sono ragioni di ottimismo. Perché, spiega l Ufficio nazionale di statistica nel suo rapporto annuale, l ultimo trimestre ha visto una crescita del 7,9% quando a metà anno gli indici avevano segnato un timido 7,4% con timori per il futuro (e un obiettivo ufficiale fissato al 7,5%: nel 2011 la crescita era stata del 9,3%). «La nostra economia si sta stabilizzando», fa sapere il direttore dell Ufficio Ma Jiantang. Buone notizie, insomma, almeno sul fronte orientale. Tali da infondere ottimismo alle diverse Borse asiatiche che si sono trovate in terreno positivo soprattutto sull onda delle novità in arrivo da Pechino. Sempre secondo le statistiche ufficiali, questa inversione di tendenza negli ultimi tre mesi è dovuta soprattutto a due fenomeni. Da una parte i rinnovati, massicci investimenti del governo centrale nelle infrastrutture (ferrovie, strade, metropolitane) e dall altra una politica monetaria più «indulgente» hanno favorito la ripresa di attività e consumi, spingendo verso l alto gli indici. E questo nonostante, per la prima volta nella sua Storia recente, la Cina abbia visto una contrazione della sua forza lavoro, dovuta ovviamente alla ultradecennale politica sul figlio unico: i cinesi compresi nella fascia di età tra i 15 e i 59 anni, infatti, sono diminuiti di 3,45 milioni, portando il totale a 937,37 milioni. Ciononostante, gli occupati (per via della migrazione interna) sono complessivamente aumentati così come i consumi interni, per quanto i bassi redditi medi dei cinesi non abbiano consentito di bilanciare del tutto il calo delle esportazioni dovuto alla crisi in corso in gran parte del mondo. Naturalmente non mancano i timori: c è chi esprime dubbi sulla tenuta dell economia cinese nel lungo periodo. In particolare si pensa a una possibile bolla immobiliare o a una crisi a livello locale visto che il governo centrale ha posto limiti alla possibilità delle province di indebitarsi pur di completare il piano di crescita assegnato. Un altro problema è quello della disparità di reddito, per quanto secondo i numeri ufficiali presentati in conferenza stampa da Ma guardie del corpo in Cina che offrono protezione ai nuovi ricchi ma in questo caso il focus è sul territorio internazionale. Il corso dura tre settimane ed è tenuto dall ex soldato delle forze speciali portoghesi Marco Borges. Per ora gli iscritti sono 24 uomini e nove donne. Tra loro ex militari ma anche atleti, imprenditori e persino laureati. (Ap photo/ Alexander F. Yuan) Politiche efficaci Due le spinte alla ripresa: gli investimenti nelle infrastrutture e i tagli dei tassi d interesse Jiantang il coefficiente Gini (inventato dallo studioso italiano Corrado Gini) è sceso a 0,474 dallo 0,477 del 2011 (il numero è compreso tra 0 e 1 e, quanto più si avvicina allo zero, tanto più indica armonia: l obbiettivo per la Cina è 0,4). Il tasto della disparità è molto sentito. È la prima volta in dieci anni che vengono forniti dati «ufficiali» che in parte contraddicono una percezione reale delle disparità da parte della popolazione, così come è riportata dai media del Paese. Ma avvicinandosi il cambio al vertice dello Stato a marzo Hu Jintao dovrebbe passare a Xi Jinping l ultima carica rimasta, quella di presidente, mentre Li Keqiang dovrebbe prendere il posto di Wen Jiabao a capo del governo la Cina ha bisogno di stabilità e «pace sociale». Condizioni che soltanto una crescita sostenuta ma «non eccessiva» può garantire perché capace di raffreddare l inflazione, vera nemica dei redditi medio-bassi. «I leader cinesi ha detto Zhang Zhiwei, economista della Nomura, al Wall Street Journal si concentreranno proprio sul controllo dei rischi di una finanza facile e sull inflazione piuttosto che spingere ancor di più l acceleratore dell economia». Zhang si aspetta che il Pil della Repubblica Popolare cresca dell 8% nella prima metà del 2013 per poi attestarsi al 7,3 nella seconda metà dell anno. Numeri quasi modesti per la Cina, e tuttavia adatti a mantenere stabile il Paese. Numeri comunque che per noi, in Occidente, restano un sogno. Paolo Riforme Un registro pubblico conterrà i nomi di società e amministratori domiciliati nell arcipelago. Gli Usa: «Non basta» Isole Cayman, il paradiso fiscale apre ai controlli Tanto per avere un idea di che cosa siano le Isole Cayman: 80 mila società fiscalmente domiciliate; Fondi di investimento (hedge fund), vale a dire un numero pari a tre quarti del totale nel mondo; depositi per miliardi di dollari, quattro volte più della somma custodita in tutte le banche di New York. Un cittadino normale fatica a ritrovare quei tre puntini nel mare delle Antille, quasi nascosti dal profilo di Cuba: Grand Cayman, Little Cayman e Cayman Brac, 56 mila abitanti, uno dei quattordici Territori d oltremare britannici. Ma per i manager e finanzieri di mezzo mondo, compresi gli amministratori dei 138 fondi della Bain guidata da Mitt Romney, Abitanti Le Cayman, territorio britannico d oltremare, sono tre isole a sud di Cuba: 56 mila persone per 259 km² Fondi Alle Cayman hanno sede fondi speculativi (hedge fund). Alle Bahamas (350 mila abitanti) 3 mila Draghi su «Time» Il settimanale americano Time,in edicola ieri, ha dedicato la copertina al presidente della Bce. Il titolo è evocativo: Euro Vision. «La lotta di Mario Draghi per salvare l euro e il sogno di un Europa unita sono appena all inizio scrive la rivista. In alcune parti dell eurozona solo la disoccupazione è in crescita». le Isole sono un ambiente intimo, un bunker tra palme, sole, e qualche irriducibile pescatore. Insomma il perfetto paradiso fiscale: tasse irrisorie, zero controlli e segretezza totale su provenienza e movimenti dei capitali. Ora, però, scrive il quotidiano inglese Financial Times, le «autorità locali» sarebbero pronte ad aprire una fessura. Nel concreto: sarà istituito un registro pubblico in cui trascrivere i nomi delle società e dei loro amministratori. I fiduciari delle finanziarie dovrebbero poi sottoporsi a una specie di esame per dimostrare di essere effettivamente al servizio degli investitori domiciliati alle Cayman. La richiesta di apertura è partita dagli stessi clienti del piccolo arcipelago. La crisi finanziaria mondiale ha lasciato sul campo un pervicace sentimento di diffidenza nei confronti dei gestori di fondi. Governi, risparmiatori, opinione pubblica chiedono più trasparenza. Ed ecco allora la mossa degli Hedge fund, accolta, a quanto pare, dalla Cima (Cayman Islands Monetary Authority) con la stessa sollecitudine con cui anche il biscazziere più consumato riserva un trattamento di favore al frequentatore abituale. Le riforme allo studio, però, sono praticamente nulla per il Tesoro americano, che sta esercitando da mesi pressioni sull intero sistema dei «paradisi fiscali» per ottenere informazioni sui conti intestati a cittadini americani. Ma è poco anche se consideriamo qual è il punto di partenza locale. La legge cardine del sistema risale al 1976, e fu varata proprio come risposta a un indagine americana su un flusso clandestino di capitali. Il nome della norma è programmatico: Confidential Relationships Preservation Law, che si può tradurre, senza il timore di cedere alla volgarità in modo semplice, come racconta il giornalista Nicholas Shaxson nel fondamentale «Le Isole del Tesoro» (pubblicato in Italia nel 2011 da Feltrinelli). Signori e signore, se venite alle Cayman fatevi i fatti vostri, perché la legge punisce con il carcere chiunque riveli accordi finanziari o bancari conclusi qui. Sono previste sanzioni anche semplicemente per chi chiede informazioni. Nel 2009 la Confidential Law è stata un po addolcita, ma la sostanza non cambia. È lecito, dunque, coltivare lo scetticismo di fronte agli annunci e ricordare che le Cayman sono inserite in una rete di protezione che, di fatto, riporta alla grande finanza di Londra. Anche se spesso il governo di Sua Maestà (e la Regina nomina direttamente il Governatore delle Cayman) mostra di non ricordarlo. Giuseppe Sarcina gsarcina@corriere.it

8 8 Primo Piano Sabato 19 Gennaio 2013 Corriere della Sera Verso il voto Gli scenari Tasse e giovani, offensiva dei leader La patrimoniale divide la Cgil e Bersani Il segretario pd: c è già l Imu. Monti: detassare chi assume under 30 Grillo attacca i sindacati: vecchi come i partiti, vanno eliminati La Nota di Massimo Franco Le promesse esagerate allungano l ombra di altra instabilità Il rischio di un «modello berlusconiano» anche per gli altri capipartito Ipropositi di verità e di sobrietà stanno diventando le prime vittime di questo inizio di campagna elettorale. Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, avverte che il 2013 sarà probabilmente un altro anno di recessione; e che la disoccupazione rischia di toccare il 12 per cento. Ma in gran parte delle forze politiche la consapevolezza di una crisi economica destinata a durare è come messa fra parentesi, quasi si trattasse di una narrativa troppo impopolare per essere tollerata e capita dagli elettori. All opposto, sembra che tutto congiuri per un iperbolica impennata delle promesse e dello scaricabarile. E in questo, l offensiva che Silvio Berlusconi sta sferrando sembra costringere tutti a scendere sul suo terreno: magari rimproverandogli la sua eredità disastrosa, ma senza riuscire ad affermare una contro-verità in grado di inchiodarlo. E pazienza se il risultato potrebbe essere quello, pesante e alla fine suicida, di ritrovarsi dopo le urne con una montagna di impegni impossibili da mantenere; e con una delusione dell elettorato non solo bruciante ma pericolosa. Alcide De Gasperi, l uomo della ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale, consigliava ai politici di promettere un po meno di quello che potevano mantenere, per lasciare al governo un margine di manovra e dare qualcosa in più. Il modello che si sta imponendo è invece opposto. Per contrastare l antipolitica di Beppe Grillo e scuotere gli astensionisti, si additano obiettivi sempre più irrealizzabili. E da questo punto di vista, Berlusconi si conferma il più abile, inducendo anche gli avversari alla tentazione di inseguirlo su quel terreno. Il risultato paradossale è quello di una continua oscillazione fra richiami alle difficoltà da fronteggiare, e assicurazioni che le cose andranno meglio. L aspetto più sconcertante di quanto sta avvenendo è la finzione di concretezza che tende a imporsi nei discorsi televisivi e nelle apparizioni in pubblico. Si spiegano in dettaglio i «provvedimenti da prendere»: si tratti di Imu, di posti di lavoro, di spese per l istruzione o la sanità, di sgravi alle imprese, investimenti, evasori fiscali o diminuzione delle tasse. La descrizione minuziosa delle ricette dovrebbe renderle in sé credibili, nonostante non sia affatto da escludere una manovra correttiva a primavera; e sia ragionevole prevedere che, come quasi tutte le altre nazioni europee, la politica economica dell Italia non potrà discostarsi dagli impegni già presi. Dunque, entrare nel merito degli strumenti legislativi per addolcire il rigore e promuovere la ripresa finisce, in certi casi, per apparire un modo di parlare d altro rispetto alla dura realtà della crisi; e ipotizzare soluzioni tanto miracolose sulla carta quanto impossibili da applicare, a meno di destabilizzare ulteriormente i conti pubblici. È l effetto di un sistema di voto teso a incoraggiare vecchi schieramenti e un offerta elettorale che raschiano il fondo del barile sia come alleanze che come contenuti, pur di sedersi da posizioni di forza al tavolo della trattativa dopo il 24 e 25 febbraio. È forte il sospetto che tutto questo non porterà alla stabilità ma ad un altra legislatura convulsa, e più breve dell attuale. Ma conta relativamente, rispetto alla convinzione che un bombardamento di promesse possa creare attese e speranze più di una descrizione puntuale delle sfide appena cominciate. Il contorno dei processi contro Berlusconi aggiunge fumo e tensioni ad una campagna che già tende da sola a incattivirsi e a confondere ulteriormente le scelte dell elettorato. E, puntando su una radicalizzazione dello scontro, cerca di delegittimare qualunque voce che si appelli alla serietà e alla moderazione. Mario Monti ha commissionato un manuale con le istruzioni che i candidati della sua lista dovrebbero seguire. Ma forse, dovrà sostituirlo con un manuale di guerra. ROMA Niente patrimoniale, annuncia Pier Luigi Bersani giurando di avere al suo fianco l alleato Nichi Vendola ma aprendo un fronte polemico con la Cgil di Susanna Camusso. La questione fiscale, quindi, entra prepotentemente in questa fase iniziale della campagna elettorale. Come entrano, anche dopo la sortita di Silvio Berlusconi, le misure a sostegno dell occupazione giovanile proposte dal premier Mario Monti che immagina forme di detassazione a favore di chi assume giovani sotto i 30 anni. E proprio sulla questione tasse Pier Ferdinando Casini denuncia la presenza in tv di troppi buffoni e smemorati. Su tutto questo arriva a sorpresa l attacco di Beppe Grillo ai sindacati che andrebbero «eliminati». Il leader del Pd Pier Luigi Bersani assicura che, una volta al governo, non ha alcuna intenzione di introdurre una patrimoniale sulle ricchezze finanziarie. Non credo a un imposta del genere, obietta il leader del Pd, «non voglio fare il Robespierre, l abbiamo già sugli immobili e si chiama Imu; ritengo, invece, che ci debba essere una maggiore progressività». Bersani Le proposte Il proposito di Monti 1Monti ha parlato di volontà di ricalibrare l Imu: «Voglio ridurla, ma non come il governo precedente che creò situazioni per cui poi ha dovuto rimetterla» La linea di Berlusconi 2Berlusconi: «Aboliremo l Imu sulla prima casa: per coprire il gettito basterà un leggero aggravio delle imposte su lotto, scommesse, alcol, tabacchi» L idea di Bersani 3Per Bersani «la patrimoniale esiste già ed è l Imu». Il Pd intende rielaborarla inserendo una progressività che favorisca le fasce deboli e le più in difficoltà aggiunge che «il nostro problema è la tracciabilità dei patrimoni» in modo da definire una sorta di «Maastricht della fedeltà fiscale». E quindi «mai più condoni perché noi lavoriamo per la fedeltà fiscale in modo che ogni euro che ricaviamo lo mettiamo a ridurre le tasse per chi le paga. Se non cominciamo mai non ne usciamo mai». Bersani è convinto che sia «necessario rendere più progressiva l Imu e quindi di fare di quell imposta una imposta più giusta» e cioè che a pagarla siano «le grandi ricchezze immobiliari, non sono per mettere delle patrimoniali sulle grandi ricchezze non immobiliari». Ma Nichi Vendola è d accordo? «Penso proprio di sì», garantisce il leader del Pd. E Vendola, soffermandosi su un possibile accordo con l ex pm Antonio Ingroia, afferma che «si deve fare un appello alla luce del sole, non la desistenza». Un modo per raccogliere l invito che l altro giorno aveva fatto lo stesso Ingroia, contrario a intese sottobanco. Cgil, sì alla patrimoniale Susanna Camusso ritiene che «sia indispensabile fare la patrimoniale». Una posizione contraria a quella del segretario del Pd Le regioni e il Senato Lombardia 49 I senatori espressi dalla Lombardia (10 milioni e 202 mila abitanti nel giugno scorso) sono 49. Il premio di maggioranza per il Senato assegna 27 seggi alla coalizione vincente, alle opposizioni ne restano 22. È la regione al centro di tutti i calcoli sulla composizione di Palazzo Madama Bersani: «Non ci raccontino che l Imu c è già o altro c è già. Oggi c è una straordinaria diseguaglianza tra chi paga regolarmente le tasse sul suo reddito e sulla casa e chi invece non paga sulla multiproprietà immobiliare e sulle rendite». Ed è su questo che, insiste la Camusso, «bisogna ricongiungere la forbice applicando la regola fondamentale, prevista dalla Costituzione, che la tassazione è progressiva sul reddito delle persone». Il premier Rispondendo via Twitter alle domande poste dal Forum dei giovani, Mario Monti illustra alcuni provvedimenti che ha in mente per favorire l ingresso delle nuove generazioni nel mondo La corsa per la Regione Veneto 24 I 4 milioni e veneti (nell ottobre 2011) i prossimi 24 e 25 febbraio eleggeranno 24 senatori. La coalizione che uscirà vincente dalle urne potrà contare su 14 eletti nella camera «alta». Le opposizioni, quindi, invieranno a Roma dieci senatori. del lavoro, tema sul quale nei giorni scorsi era intervenuto anche Berlusconi proponendo un esenzione contributiva per un certo numero di anni. Monti scrive al riguardo che «occorre introdurre forme di detassazione per chi assume under 30». E sottolinea anche la necessità «di migliorare i servizi di orientamento e consulenza per la ricerca di impiego». Il Professore ricorda poi Susanna Camusso «Non ci raccontino che l Imu c è già o altro c è già. Serve una patrimoniale» Lazio, Radicali con Storace Pannella: «Imbarazzo? No, lui non è la Binetti» ROMA Sul «taxi» di Francesco Storace verso la Regione Lazio, c è posto anche per i Radicali, fino a ieri alleati del centrosinistra (nel 2010 fu Emma Bonino la sfidante della Polverini) e oggi «tecnicamente apparentati» col candidato del centrodestra: così, per entrare alla Pisana, gli basterà superare l 1%. Marco Pannella annuncia: «Accogliamo l invito di Storace, anche per un minimo di rivolta morale contro comportamenti vergognosi che ci hanno ingannato e tagliato fuori». Riferimento a Nicola Zingaretti, sfidante di Storace, che aveva chiesto «di non ricandidare gli eletti dello scorso consiglio regionale». Compresi Rocco Berardo e Giuseppe Rossodivita, che denunciarono la mole di soldi pubblici che affluivano nelle casse dei gruppi regionali, «base» dello scandalo Fiorito-Maruccio. Pannella viene sommerso dalla critiche. Contrario Mario Staderini, segretario nazionale: «Contribuiremmo alla Marco Pannella, 82 vittoria di una coalizione in continuità con quella della Polverini». In silenzio Emma Bonino, che già aveva espresso il suo «no». Furiosi candidati e attivisti: in molti vogliono ritirare il proprio nome dalle liste di «Amnistia, giustizia, libertà», e sul profilo Facebook di Pannella si va dalle critiche agli insulti («Marco, che c... fai? Coi fascisti no!»). Gad Lerner twitta: «Un umiliazione per la comunità ebraica». Roberto Morassut (Pd), attacca: «Ritirerò la mia firma per Pannella senatore a vita». Il leader, parlando al partito, risponde: «Storace un bandito? Sto c... Nessun imbarazzo, non è la Binetti». Che replica: «Pannella-Storace, la strana coppia». L ex governatore incassa: «Mi farebbe piacere una vera alleanza: i valori della democrazia e della libertà ci uniscono». Zingaretti non ci sta: «Sono per il rinnovamento, senza privilegi e furbizie. Quella dei Radicali è una scelta politica, non tecnica». Ernesto

9 Corriere della Sera Sabato 19 Gennaio 2013 Primo Piano 9 Campania Sicilia Con i suoi 5 milioni e 834 mila abitanti, è la seconda regione italiana più popolosa dopo la Lombardia. Invia a Palazzo Madama 29 senatori, di cui 16 destinati alla coalizione che, nella Regione, avrà più voti. Sempre che abbia superato il 20% del totale a proposito dei modi con cui i giovani possono accedere al credito che «il piano famiglia prevede già mutui agevolati a giovani coppie per la prima casa». Il leader dell Udc Pier Ferdinando Casini vede che il dibattito di questo avvio di campagna elettorale è popolato da «tanti smemorati». In tv, argomenta il leader dell Udc alludendo a Berlusconi senza mai farne Il premier Il Professore via Twitter: «Già previsti mutui agevolati per le giovani coppie» Giallo sul manuale per i candidati: rigore, poco trucco e profili online ROMA Una società americana che lavora per Monti ha calcolato che il 50% degli indecisi, che in Italia al momento sono diversi milioni di cittadini, tentenna sul nome del Professore. In altri termini: o non andrà a votare o se lo farà darà il voto all ex rettore della Bocconi. Il committente ha accolto il dato con soddisfazione. L altra metà di coloro che non hanno ancora deciso, che stanno valutando, che attenderanno l ultimo momento per sciogliere la riserva, si dichiarano oggi propensi a votare per tutti tranne che per Monti, ammesso che alla fine decidano di recarsi alle urne. Il moderato ottimismo che si coglie fra chi lavora per il premier dimissionario è fatto anche di queste cose. I numeri dei sondaggi attuali vengono analizzati con un certo distacco. Sono forse non confortanti, la forchetta resta al momento ferma fra il 13% e il 15%, ma è quella che viene individuata come «la prateria degli indecisi» a dare motivi di speranza. Altra speranza è offerta dal valore attuale delle rilevazioni: «In gran parte su utenze fisse, con campioni obsoleti». E dunque? «E dunque non valgono molto, anzi quasi nulla». Alcuni negli anni passati ci hanno azzeccato: «Siamo ufficialmente I siciliani, secondo l ultimo censimento, sono poco più di 5 milioni. Dall Isola partiranno, alla volta di Roma, venticinque senatori, di cui quattordici espressi dalla maggioranza che prevarrà nella due giorni del voto. Qui il centrodestra può contare su una delle coalizioni più ampie il nome, «ci sono tante Alici nel Paese delle meraviglie con un signore che, dopo avere alzato il prelievo fiscale per cinque anni, ci viene a dire che cancellerà tutto». Ma fa notare, «noi non possiamo dimenticare che dall Imu al redditometro quelle imposte, le ha introdotte lui». Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, nel suo tsumami tour che ieri lo ha portato a Brindisi, sferra un durissimo attacco alle organizzazioni sindacali: «Voglio uno Stato con le palle, eliminiamo i sindacati che sono una struttura vecchia come i partiti. Le aziende devono essere di chi lavora». L. Fu. I montiani domani in convention Scenari Berlusconi punta su 4 regioni per imporre al Pd una grande coalizione Quei trenta senatori per avere un ruolo-chiave La «linea del Piave» dei centristi SEGUE DALLA PRIMA È questa la linea del Piave di Monti, la sua trincea, il numero che lo divide dal trionfo o dalla disfatta. Perciò dovrà attestarsi a «quota 15%», perché arretrando rischierebbe di diventare irrilevante se Berlusconi fosse in grado di vincere la battaglia del Quadrilatero, se riuscisse cioè a conquistare, oltre al Lombardo-Veneto, anche la Sicilia e la Campania. Così il Cavaliere trasformerebbe in vittoria la sconfitta che per lui si profila alla Camera, e grazie ai premi di maggioranza in quelle quattro regioni non consentirebbe a Bersani di formare il governo senza i suoi voti. La sfida delle urne sta tutta qui, è descritta in uno studio che il premier e i suoi alleati hanno analizzato, una mappa che i numeri hanno trasformato in una zona di guerra, dove sono dispiegate le forze in campo e il loro peso. In questa «simulazione di distribuzione dei seggi per il Senato» vengono prese in esame «diverse ipotesi di vittoria delle coalizioni». E non è un caso se il report si sofferma solo su tre casi. Il primo contempla la vittoria del centrosinistra in tutte le regioni, tranne la Lombardia, il Veneto e la Sicilia assegnate al centrodestra. Con questo scenario Bersani arriverebbe a 148 senatori, restando dieci seggi sotto la maggioranza. I trenta montiani sarebbero fondamentali per garantire il varo dell esecutivo, e renderebbero marginali i 106 senatori del Cavaliere. Il Professore sarebbe ancor più determinante nel caso in cui Berlusconi conquistasse l intero Quadrilatero, aggiungendo la Campania alla Sicilia e al Lombardo-Veneto, e arrivando a 116 seggi contro i 138 di Bersani. L appuntamento Candidati faccia a faccia Si svolgerà domani al parco scientifico Kilometro rosso di Bergamo (Stezzano) la prima convention, a porte chiuse, di «Scelta civica», il movimento che sostiene Mario Monti C è dunque un motivo se nei giorni scorsi Casini, in una conversazione riservata, ha commentato con una battuta la «rimonta» del Cavaliere: «Meno male che è risalito un po nei sondaggi, altrimenti il centrosinistra avrebbe vinto anche al Senato». Ma la confidenza disvela una preoccupazione latente, che poi è tema di dibattito nel Pdl e nel Pd. Come si comporterà Monti in campagna elettorale? Riuscirà ad espandere il proprio consenso? O quantomeno, sarà in grado di tenere le posizioni di qui alle urne? Perché la terza proiezione spiega che il premier non può arretrare dalla linea di trincea del 15%: in quel caso otterrebbe solo venti seggi al Senato, e se Berlusconi conquistasse le quattro regioni chiave rovescerebbe il risultato della sfida. Per il centrosinistra si rinnoverebbe l incubo del 2006: i 138 senatori di Bersani e i venti di Monti arriverebbero infatti a stento alla quota necessaria per la maggioranza, ed è chiaro che non basterebbero, che l ingovernabilità potrebbe essere scongiurata a Palazzo Madama solo dall appoggio dei 126 voti del centrodestra. Stretto nella morsa delle due maggiori forze politiche, salterebbe così il disegno del Professore e anche quello Effetto 2006 Con Monti sotto il 15% (e solo 20 seggi) l asse con Bersani raggiungerebbe a stento la maggioranza. Come nel 2006 Il programma Riunione di lavoro Settegiorni di Francesco Verderami La convention avrà il carattere della riunione di lavoro per definire i punti programmatici della lista. Tra l altro, si parlerà della bozza messa a punto da Pietro Ichino sulla «FlexSecurity» del leader democratico. Ecco perché il Cavaliere sta puntando tutto su quelle quattro regioni, ecco perché pur di rendere marginale Monti invita gli elettori a dare il loro voto «al Pd piuttosto che agli altri partiti». C è nel Cavaliere come dicono i suoi stessi avversari una «feroce determinazione» nel perseguire l obiettivo: «I tempi sono stretti ma noi siamo abituati ai miracoli», dice Berlusconi. È tutto da vedere se riuscirà nell impresa. A far da contrappeso c è però qualche esitazione del Professore, che ha insinuato timori e perplessità negli alleati. Sono dubbi dettati dall impostazione della campagna elettorale e dalle carenze organizzative della sua struttura, se è vero che il premier ha dovuto chiedere aiuto a un «professionista della politica» come il segretario dell Udc Cesa per raccogliere le firme necessarie alla presentazione delle liste. Se Monti non facesse trenta, Berlusconi farebbe trentuno. Lo s intuisce dal modo in cui parla di Bersani, «persona molto simpatica»: «Ricordo quando venne a trovarmi in clinica dopo che ero stato colpito al viso alla manifestazione di Milano. Con grande naturalezza mi prese la mano e parlammo per venti minuti. Da allora conservo di lui un buon ricordo. Ogni tanto fa il duro, ma io al massimo della durezza rispondo che è un uomo del vecchio apparato». Sembra un brano del libro cuore, è l approccio di chi nel 2006 appena aperte le urne propose a Prodi un governo di larghe intese. Perciò Bersani confida che Monti resista, anche se a leggere le tre simulazioni il Professore si sarà reso conto che non sarebbe il capo di un terzo polo ma il leader di una quarta forza. Perché in quei report Grillo ha sempre e comunque 31 seggi. Francesco Verderami La strategia Secondo i consulenti del premier il 50% di chi non ha ancora scelto potrebbe disertare le urne o sceglierlo Il programma Da Bondi a Lanzillotta, un team lavora sul programma L obiettivo di alleggerire il fisco per il ceto medio e basso I sondaggi di Monti sugli indecisi: metà lo voterebbe in corsa da appena 16 giorni, abbiamo iniziato con il 3% e siamo arrivati ai numeri attuali, siamo stati sempre in crescita, almeno nel trend complessivo. Abbiamo rilevazioni nostre, che teniamo per noi, che sono profondamente diverse dalle cifre che ogni giorno pubblicano i quotidiani e le televisioni». Domenica a Bergamo, con tutti i candidati, Monti presenterà una sorta di gemmazione della sua Agenda. Poi, dopo qualche giorno, dovrebbe prendere forma una versione più concreta, elettorale. Al programma declinato con numeri, cifre, proposte dettagliate stanno lavorando in tanti: dall esperto di spending review Enrico Bondi, sui costi del Paese, a Linda Lanzillotta, sulla semplificazione amministrativa; da Lorenzo Dellai (riformulazione delle autonomie) all economista Marco Simoni. Il team di coloro che scrivono, offrono contributi, inviano schede, è molto ampio: nomi meno noti si affiancano a quelli di personaggi conosciuti dalle cronache, il ministro Riccardi e Andre Olivero, Mauro Mario e Pietro Ichino. A caccia di idee forti, in grado di far breccia sugli indecisi, si formano in queste ore vari capitoli di intervento. Una grande parte sarà sicuramente riservata al welfare e al lavoro, ma in questo caso fermarsi alle modifiche possibili alla legge Fornero è fuorviante. «Non è quella la traccia, non è solo questione politica, non è quello che ci guida: chi dice che il Pd non ci ha consentito di fare delle cose che invece presenteremo nel programma non ha capito ancora lo spirito dell iniziativa montiana. Certo, aumenteremo la flessibilità in entrata, ma non siamo concentrati su questo, o solo su questo». Un esempio è sul sistema del collocamento: in Italia non funziona, la Fornero non l ha toccato, all estero è integrato fra lavoro pubblico e privato, incrocia realmente domanda e offerta, si offre come trasparente ai disoccupati. In sintesi: «Fuori dall Italia funziona, da noi no e occorre una grande riforma». Ci sarà poi tutto un capitolo articolato di detassazione: delle contribuzioni per i nuovi assunti, probabilmente, secondo un sistema a scalare; degli utili reinvestiti, in ragione del lavoro nuovo creato dalle imprese. Per ora sono idee all attenzione del Professore, provenienti da diversi soggetti, articolate in modo diverso: entro pochi giorni dovranno definirsi come ossatura di un programma molto dettagliato. Una strategia elettorale definita anche con gli esperti all Akpd sta spostando la maggior parte delle novità nelle ultime settimane: sarà allora che gli indecisi forse si decideranno, magari ascoltando Monti che spiegherà le proposte che si appresta a pubblicare. Sul fisco invece si procede su due fronti: cercare di aumentare la progressività di alcune imposte, a partire dall Imu, in modo da togliere meno risorse al ceto medio e basso; introdurre una fiscalità di vantaggio con qualche segnale, sulla famiglia, magari riuscendo a rimodulare il carico tributario in relazione al numero di figli. A fine giornata un piccolo giallo su un presunto kit per i candidati distribuito in Lombardia: un filo di trucco, pochi gioielli, mai interrompere i giornalisti, o gli altri ospiti, in un talk show. Ma non solo: poche spese, sobrietà non solo davanti allo specchio, e dunque anche negli acquisti, con lo stile di vita, con i comportamenti pubblici. E infine un pizzico di tecnologia: aprite un profilo su un social network. Anche Monti si è convertito all idea, importata anni fa da Berlusconi? Nemmeno per sogno: l iniziativa c è stata ma è locale e disconosciuta in modo secco dal team elettorale del Professore. «È una cultura che non ci appartiene; l unico materiale che distribuiamo è il programma». Marco Galluzzo mgalluzzo@rcs.it Il Porcellum La legge Si torna al voto con le norme di 2006 e 2008 Il «Porcellum» (270/2005) è la legge con cui si andrà al voto il 24 e il 25 febbraio dopo il fallimento (peraltro annunciato) di tutti i tentativi di cambiarla che si sono susseguiti nell ultimo anno, anche a seguito dei numerosi richiami del capo dello Stato Giorgio Napolitano. Con la «legge Calderoli» si è andati alle urne nel 2006 e nel 2008 Al Senato Il premio è assegnato per regione La legge Calderoli prevede che al Senato il premio di maggioranza sia assegnato su base regionale. In sostanza, la coalizione che prevale in ciascuna regione, invia a Palazzo Madama il 55% dei senatori che spettano alla regione stessa. Lo sbarramento è al 20% per la coalizione o all 8% per le liste singole Il nodo Risultati difformi tra le Camere Il rischio che deriva dall impostazione del Porcellum è che le due Camere possano essere formate da maggioranze diverse, o che la maggioranza «nazionale» che emerge a Montecitorio si trovi con soltanto pochi o pochissimi seggi di vantaggio al Senato. Ed è il rischio che, almeno secondo i sondaggi, potrebbe concretizzarsi alle prossime Politiche Il caso Lombardia, la Regione chiave Il testa a testa in Lombardia, la Regione che porta a Palazzo Madama il maggior numero di senatori, complica le previsioni sulla composizione del prossimo Senato. Se il centrosinistra perdesse la Lombardia manterrebbe la maggioranza in Senato soltanto se vincesse in tutte le altre regioni Composizione L Istat cambia la ripartizione dei seggi Il 23 dicembre un decreto del capo dello Stato ha modificato, in base ai dati Istat sulla popolazione residente, la ripartizione dei seggi che spettano a ciascuna regione. A trarne giovamento sono le regioni del Nord a scapito di quelle del Sud. La Lombardia, per esempio, guadagna tre seggi alla Camera e due al Senato

10 10 Primo Piano Sabato 19 Gennaio 2013 Corriere della Sera Verso il voto Il centrodestra Berlusconi: sbagliai a dimettermi Liste, partita aperta sugli inquisiti Il Cavaliere pretende 15 posti sicuri. No del prete anticamorra ROMA Silvio Berlusconi continua a sfruttare ogni possibilità televisiva per convincere gli elettori a rendere la campagna elettorale meno scontata di quanto sembri. Ieri a «Italia domanda» è tornato ad incolpare la «tempesta perfetta» per la crisi del suo governo, ha detto forse per la prima volta di aver «sbagliato a cedere il passo a Monti («ma del senno di poi son piene le fosse»), ha accusato Fini di aver rotto per la promessa di «fare il premier», ha scherzato con Fiorello: «È il mio tipo, ma se ci separassimo non ho più soldi per pagare gli alimenti...», ha difeso Marchionne: «Lo stimo, èé persona seria. Ho fiducia che continuerà a investire». Ma intanto, ad angosciare big e peones del Pdl, è altro. Ed è il numero, risicato, di posti a disposizione. Ridotti per di più da un Cavaliere che continua a pretendere per i suoi «nomi nuovi» una quindicina di candidature sicure. Ma oltre ai conti da far quadrare, alle poche deroghe che alla fine verranno concesse (c è chi parla di «qualche decina», chi di una quindicina massimo a fronte di oltre 120 richieste potenziali), i vertici del Pdl (Alfano, Verdini, Letta, I nomi Roberto Formigoni Il governatore della Regione Lombardia, 65 anni, ha confermato ieri che sarà candidato a Palazzo Madama. Formigoni è in carica (anche se dimissionario) al Pirellone dal Era già stato in Parlamento con Dc e Ppi. Nicola Cosentino Il nome dell ex sottosegretario all Economia, 54 anni, è apparso in una inchiesta sulla camorra, ma il 12 gennaio 2012 la Camera ha negato l autorizzazione all arresto. La sua ricandidatura, a lungo dibattuta, dovrebbe ormai essere assicurata. Federica Guidi Modenese, 43 anni, laureata in legge, vicepresidente (dal 2005 al 2008) e poi presidente (dal 2008 al 2011) dei Giovani Imprenditori di Confindustria: è molto probabile la sua candidatura nelle file del Pdl. Gaetano Quagliariello Il vicecapogruppo uscente a Palazzo Madama, 52 anni, rischiava di non essere in lista. Invece nelle ultime ore, nonostante non ci sia ancora l ufficialità, è spuntata una nuova ipotesi: dovrebbe essere candidato in Abruzzo, sempre al Senato. La gag Silvio Berlusconi, 76 anni, ieri è stato ospite del programma di Canale 5 «Italia domanda». «Se le inventa sul momento le gag?», gli ha chiesto Alberto Bilà, 48 anni. «Ma lei pensa che io sia stato a prepararmi cose del genere? Io sono giocoso, allegro». Poi ha scherzato: «Prendo atto che questa sera il conduttore si tiene a debita distanza...». (Ansa) Bondi, Cicchitto e lo stesso Cavaliere) sono ormai da giorni sepolti tra Palazzo Grazioli e via dell Umiltà per risolvere il problema dei problemi: che fare dei tanti inquisiti che pretendono la ricandidatura? Chiaro che con un Berlusconi che si sente sotto attacco della magistratura il richiamo garantista ha la sua efficacia. Così come la constatazione che gli inquisiti sono tanti e di peso (basti pensare a Verdini) per immaginare anche solo di escluderli tutti. E soprattutto, il Cavaliere finora è stato chiaro: chi porta voto in regioni chiave e decisive al Senato deve essere ricandidato. E però, un po la decisione del Pd di escludere dalle proprie liste candidati chiacchierati nonostante abbiano vinto le primarie, un po le parole tranchant del prete anticamorra Merola che, pur interessato a correre con il Pdl, ha declinato l offerta candidatura per «i nomi che ho visto mettere in lista in Campania», un po la ferma linea di resistenza di Alfano (che non si candiderà in regione per marcare la distanza) e il timore di un effetto boomerang continuano ad agitare il Pdl. E la lite continua tra Alfano e Verdini, dicono, non accenna a placarsi. Tanto che, a ieri sera, era data per molto a rischio la presenza in lista di Scajola (per ragioni più di opportunità dopo la vicenda della casa del Colosseo che non giudiziarie), ancora non era stata ufficializzata la candidatura di Cosentino (pur data per scontata), come quelle di Cesaro e Laboccetta, erano a massimo rischio quelle di Milanese e Papa, e nelle esclusive mani di Berlusconi quella di Dell Utri: «Questa è una vicenda che si vedranno loro due, nessuno ha voce in capitolo per decidere», dice uno dei partecipanti al tavolo delle trattative. Ma i nodi da sciogliere restano tanti: in Sicilia è bagarre, con liti sul territorio fra pidiellini ed esponenti di Grande Sud, da Micciché a Romano. E se in Abruzzo alla fine Quagliariello dovrebbe spuntarla come capogruppo al Senato, nel Lazio è sfida per i posti certi, con le new entry che rischiano di far saltare le gerarchie (per la Polverini non si è ancora trovato un posto): una sarebbe una delle segretarie del Cavaliere, Elisabetta Lodovico, mentre tra i nomi top secret della società civile si continua a fare quello di Federica Guidi, di Cesare Paciotti, di Bernabò Bocca. Paola Di Caro DI NOTTE SCOPRI LA SUA ANIMA NASCOSTA. DI GIORNO TORNA L AUTO PER LA FAMIGLIA PERFETTA. MOTORI MULTIJET II FINO A 170CV CON CAMBIO AUTOMATICO E TRAZIONE INTEGRALE ATTIVA. FIAT FREEMONT, TUO A EURO. TUTTO DI SERIE. IN PIÙ ANTICIPO ZERO, TASSO ZERO, TAEG 1,71%. 7 posti veri e 32 configurazioni dei sedili Clima automatico trizona Radio CD MP3 Touch screen Cerchi in lega da 17 Cruise Control Sistema Keyless Go ANCHE SABATO 19 E DOMENICA 20 FIAT FREEMONT. TUTTE LE AUTO CHE VUOI. 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11 Corriere della Sera Sabato 19 Gennaio 2013 Primo Piano 11 Nel partito Scilipoti chiuso in lunghe riunioni. Viespoli: niente è peggio dell incertezza Nel limbo dei big che rischiano: La protesta di studenti e rettori Voto negato agli Erasmus, ora si muove il governo MILANO Il governo prova a risolvere il nodo del voto degli studenti in Erasmus. «Stamattina (ieri, ndr) ho parlato con il ministro dell Interno perché gli studenti che sono all estero per il programma Erasmus possano poter votare. Sono 24 mila, ed è un loro diritto che deve essere garantito ha detto il sottosegretario all Istruzione Elena Ugolini. Non possiamo permettere che le famiglie paghino un viaggio di andata e ritorno per un diritto. Stiamo cercando strade per risolvere il problema». Si mobilita anche l Unione degli Universitari, che lancia la foto-petizione degli studenti italiani all estero che vogliono votare. «In un momento in cui i cittadini sono chiamati ad esercitare il diritto-dovere del voto, è necessario dare una risposta ai tantissimi giovani che vedono questo loro diritto negato solo a causa delle loro scelte di studio», precisa l Udu. Per aderire bisogna inviare una foto con lo slogan alla mail Le foto saranno pubblicate su Facebook. Anche i rettori si schierano: la situazione è «incresciosa», secondo Marco Mancini, presidente della Conferenza dei Rettori delle università italiane (Crui). Bruno: ho la deroga, vediamo la posizione. E Scajola si aspetta la conferma ROMA Pasquale Viespoli: «Vorrei sapere anch io che succede». Claudio Scajola: «Liste Pdl? Non so». Domenico Nania: «Confesso: non ho la minima idea». Giorni così. Chi non è sicuro di ottenere la candidatura nel Pdl vive uno stato di ansia, perlopiù impotente. «Non c è condizione peggiore dell incertezza», dice Viespoli, che è stato sindaco di Benevento per otto anni e poi dal 2001, parlamentare della Repubblica. Scajola, tre volte ministro e due volte dimissionario (una frase su Marco Biagi, la casa con vista Colosseo) per la prima volta non siede personalmente a «quel tavolo». Quale tavolo? Là, dove si decidono i nomi delle liste di Berlusconi. Scajola entrò in Forza Italia diciotto anni orsono ed è stato uno dei cuori dell organizzazione. Sa bene che l ultima parola spetta sempre a Berlusconi, che stavolta la coperta è più corta, i posti sicuri dovrebbero essere di meno. Scajola confida alle persone più vicine che anche se nessuno gli ha assicurato nulla, lui è sicuro di se stesso, essendo una colonna dagli albori. Può pesare la storia della casa al Colosseo? Pensa di no, gli argomenti a quel tavolo sono ben altri, la vicenda della casa si sgonfia da sola. Domenico Nania, vicepresidente del Senato uscente, Msi, poi An, poi Pdl, nella sua Sicilia legge le notizie sui giornali. D altronde, «non c è un soggetto preciso a cui rivolgersi sul tema candidature, non ci sono procedure specifiche da seguire». La voce è mesta, ma dice che il suo vero dispiacere politico fu quando Fini «ha fatto ciò che ha fatto». Non è dispiaciuto L intervista Il leader di Api: il 25 decideremo sulle liste in campo, noi torneremo alle Europee ROMA Dunque, Francesco Rutelli non si candida alle elezioni. Qual è il vero perché di questa scelta? «Dopo il 2008, alla caduta del governo Prodi, mi sono impegnato a concorrere a un polo liberale e riformatore, e a non partecipare più a coalizioni condizionate dalla sinistra massimalista. Alleanza per l Italia, Api, ha deciso di non presentare proprie liste, ma di partecipare a questo progetto: un alleanza di centro-sinistra, ma "di nuovo conio". Purtroppo, non c è. Anziché un nuovo film, vedremo i titoli di coda dei film già visti. Una sinistra che non riesce a fare a meno di posizioni del passato. Conservatori che si uniscono a leghisti e populisti anti-europei. E il polo di Monti che ha avuto poco tempo per diventare una forza davvero unitaria». Bruno Tabacci ha detto: «Rutelli non c è perché era perplesso sul progetto del Centro democratico». Perplesso perché? «Quella lista, e mi dispiace, ha due limiti insuperabili: una base di consenso insufficiente ad equilibrare La scelta Valducci, uno dei fondatori di Forza Italia: avevo già deciso, farò di nuovo il manager, il revisore dei conti una coalizione troppo a sinistra. Non poche persone che la formano sono perbene. Ma una parte ha appoggiato il governo Monti fortemente, e una parte lo ha combattuto aspramente: la contraddizione è eccessiva». Lei ha scritto su Twitter: «Elezioni: come sempre, e a maggior ragione stavolta, eserciterò la mia piena libertà» Che vuol dire? «Che Api continuerà il proprio impegno. Il 25 gennaio riuniamo il Consiglio nazionale e ci pronunciamo sulle liste in campo. L anno prossimo parteciperemo alle Europee, e continueremo a essere presenti nei territori e nelle amministrazioni locali. Io continuo a occuparmi del futuro della mia città, Roma». Qual è l alleanza che la convincerebbe? «Un alleanza tra Polo di centro e Pd. Il dramma è che nessuno può dirlo agli elettori, e se Pd e Monti si parlano, debbono farlo di nascosto. Perché Vendola lo impedisce a Bersani, e i montiani non hanno la possibilità di dire prima quello che faranno dopo il voto. Questo finirà per rafforzare il ritorno di Berlusconi, e rilanciare il voto di protesta. A sinistra, insomma, Sel vuol mandare i "ricchi all'inferno" e si cercano accordi con la lista Ingroia. Dall altra parte, non aveva torto Passera a chiedere una scelta coraggiosa, e un vero e proprio nuovo soggetto politico» Lei dunque giudica bene un asse Monti-Bersani... «Penso sarebbe la cosa migliore. Io continuo l impegno politico e per il futuro di Roma. E sto preparando qualcosa di personale che sorprenderà molti per se stesso, è dispiaciuto «per il destino della destra italiana». D altronde, lui rientra perfettamente in una delle regole di chi dovrebbe restare fuori dalle liste: ha trascorso in Parlamento già tre legislature. Ci sono le celebri deroghe, però: «Ma io non ho chiesto deroghe!». Orgoglioso: «Ho fatto politica fin da ragazzo, per vocazione, continuerò a impegnarmi. E riprenderò la mia professione, avvocato civilista...». Viespoli anche è stato nel Msi, poi An, Pdl, ma uscì con Fini e si è poi riavvicinato assieme alla sua nuova formazione Coesione nazionale, 13 senatori a Berlusconi. Dice: «Sono sereno. Berlusconi ha sempre offerto apprezzamento per il contributo politico e parlamentare dato dal nostro gruppo al suo governo e al centrodestra e ha sempre espresso l impegno a confermarlo nella vicenda elettorale. Non mi risulta abbia cambiato opinione». L avvocato Donato Bruno, da Noci (Bari), che fu in predicato di succedere ad Alfano come ministro della Giustizia, è relativamente più tranquillo: «Ho ottenuto la deroga, lunedì. E adesso sono sul pezzo. Molto dipende dalla posizione in lista...». E una scacchiera, aggiunge, ma laggiù a Roma, comunque decidano, decideranno bene. «So che c è gente che staziona a Palazzo Grazioli, per cercare di influenzare le scelte». Lui no, si trova a Milano: «Ringrazio chi ha fatto le valutazioni sulle deroghe. Avranno tenuto conto della mia produttività in Parlamento: primo posto, per presenze e attività svolta!». Fra i sospesi, c è perfino Domenico Scilipoti, l uomo che passò dal Psdi al partito di Di Pietro e superò quindi il guado dal centrosinistra al centrodestra, salvando il governo Berlusconi, dicembre Sta chiuso in lunghissime riunioni, non intende comunicare stati d animo. La battaglia è pesante e ingarbugliata, si sta giocando tutte le sue possibilità, spiegano attorno a lui. Alcuni non hanno voluto immergersi in questo gorgo paludoso. Mario Valducci, per esempio, è uno dei sette fondatori di Forza Italia (gennaio 1994): «Il 2 gennaio scorso, ancor prima che si parlasse di deroghe, ho comunicato: basta, non mi candido più. Tornerò a fare il manager, il commercialista, il revisore dei conti». E Antonio Mazzocchi, questore della Camera: «Dopo 18 anni nel partito, non mi ricandido, ma raddoppierò il lavoro sul territorio. Largo ai giovani». Andrea Garibaldi agaribaldi@corriere.it «No ai massimalisti, meglio un anno sabbatico» Rutelli: con Vendola un film già visto Bersani e Monti si alleino subito e lo dicano non so neanche a chi rivolgermi Le procedure L ex an Nania: non ci sono procedure specifiche da seguire. Continuerò l impegno e tornerò a fare l avvocato Ma bisogna dirlo prima, e chiaramente, agli elettori. Se non ci fosse una maggioranza in Parlamento, come potrebbero accordarsi dopo essersi combattuti?» Ormai «da fuori», cosa pensa dei tempi di questa campagna elettorale? «Finora, la cosa più impressionante è che ciascuno rinfaccia le colpe all altro: su tasse, disoccupazione, debito, mancato sviluppo, tutto è inchiodato al passato. Presenterò tra due settimane a tutte le forze riformiste in campo una proposta di legislatura, una strategia per creare molti posti di lavoro e nuove attività produttive con la green economy. Ci sta lavorando un team di tecnici e giovani economisti. A questo punto, Rutelli, qual è il suo futuro? «Sono stato fuori dal Parlamento altre volte nella mia vita: è un "sabbatico" che può far bene, e certo non significa minore impegno politico. Ho alcuni compiti internazionali, oltre alla presidenza del Partito democratico europeo, e alcuni progetti pronti in Italia, sui temi che mi stanno a cuore da sempre. E sto preparando qualcosa, di personale e non politico, che sorprenderà molti. Ma non ne parlerò prima delle elezioni...» Paolo Conti Dal centrosinistra al centrodestra Padre e figlia ancora in corsa La saga (con giravolta) dei leader dei «Pensionati» MILANO La «pensionata» di 44 anni ci riprova. Per Elisabetta Fatuzzo potrebbe essere la terza volta al Pirellone. Il partito è sempre quello: i Pensionati. Un logo che più anonimo non si potrebbe, sfondo bianco e scritta blu. Un movimento piccolo, che oscilla tra l uno e il due per cento (il picco nel 1990 a Milano: tre e mezzo per cento). E con gli stessi «leader». Da sempre. Padre e figlia. Carlo Fatuzzo ebbe l idea nel 1987: la popolazione invecchia, perché non dare voce e rappresentanza alla terza età? Una rendita di voti piccola ma costante. Quello che di volta in volta cambia è la collocazione della giovane «pensionata». Solo due anni fa il movimento della famiglia Fatuzzo scelse in Lombardia la sinistra e l alleanza con Filippo Penati, allora candidato governatore di Pd e soci. Un alleanza mai messa in discussione durante il Formigoni quater. Sempre all opposizione di Pdl e Lega. Mai un dubbio, rarissime le votazioni in dissenso dagli altri gruppi del centrosinistra. A legislatura terminata, ecco la capriola. A capo della lista a Bergamo, Elisabetta appoggerà ora la corsa di Bobo Maroni, mentre il babbo, il fondatore della «ditta», piazzerà il simbolo a fianco del centrodestra a sostegno di Berlusconi. Il papà al Senato (ora è europarlamentare), la figlia al Pirellone. La famiglia «Pensionati» andrà fortissimo anche a questo giro, c è da scommetterci. Elisabetta è una donna gentile e timida. Una persona dolcissima, giurano i colleghi del Consiglio regionale. Fa l avvocato a Bergamo, è sposata, non ha figli. L unico hobby, dice lei, è il Le spese in Regione «Funzionamento» e «comunicazione» del (mono)gruppo sono costati 116 mila euro «partito». «Avevo tredici anni e il progetto di mio padre mi colpì così tanto che passavo i pomeriggi a infilare i volantini nelle buche delle lettere». A 27 anni Elisabetta è già consigliere regionale. Non della Lombardia, però. Per il debutto della rampolla meglio la Liguria, non a caso la regione più anziana d Italia. Essere stata consigliere di due diversi parlamentini fa di Elisabetta un caso politico unico. Quando sarà davvero in età da pensione sommerà due vitalizi, il ligure e il lombardo? «Con le riforme di Monti, chissà se ci saranno ancora i vitalizi. Qua non si capisce più niente», risponde lei. Chissà. Nel frattempo, ecco Maroni, la Lega e la proposta di mantenere il 75 per cento delle tasse sul territorio. Un eldorado anche per i «tartassatissmi pensionati di Lombardia». A favore dei quali Elisabetta ha presentato nell ultima legislatura una lunga serie di proposte di legge. «Contributi regionali per l installazione della videosorveglianza nei condomini», per esempio. E poi mozioni a sostegno degli esodati o per garantire gli assegni familiari anche «alle vedove e vedovi dei lavoratori autonomi». Ma il coup de théâtre è arrivato coi titoli di coda. Ultima seduta di Consiglio dell era formigoniana: «Approfitto della presenza massiccia dei giornalisti», ha annunciato prima di esibire, a beneficio di flash e telecamere, la bandiera del partito «così poco presente sui media». La legislatura degli scandali ha vissuto l ultimo epilogo con la storiaccia dei rimborsi spese dei gruppi. Lei, come tutti quelli dell opposizione, ha consegnato pochi giorni fa alla Guardia di Finanza la documentazione di scontrini e fatture. A ottobre Elisabetta aveva già pubblicato online il rendiconto per l anno Tra «funzionamento» e «comunicazione» il gruppo ha speso più di 116 mila euro. Niente male per un gruppo con un solo consigliere. «Ma i miei scontrini sono limitatissimi, meno di euro in un anno per pranzi e cene», si è giustificata la «pensionata»: «Il resto sono rimborsi ai collaboratori». Andrea Senesi

12 12 Primo Piano Sabato 19 Gennaio 2013 Corriere della Sera Verso il voto Il centrosinistra Il Pd esclude gli «impresentabili» Fuori Crisafulli, Papania e Caputo Il senatore uscente di Enna: così vincono giacobini e giustizialisti La sfida Letta: «Aspetto di capire cosa faranno Pdl, Lega e tutti gli altri: useranno il nostro rigore?» ROMA Una decisione tecnica, basata sulle norme dello statuto e del codice etico. Ma anche e soprattutto una valutazione politica. Che non sia stata facile, la decisione della Commissione di garanzia, lo si desume dalla lunga gestazione della riunione, cominciata alle Solo alle 20 arriva il sofferto verdetto: bocciati senza appello i due senatori uscenti Mirello Crisafulli, di Enna, e Antonio Papania, di Trapani, entrambi campioni di preferenze. La Commissione considera inoltre decaduta la deroga concessa a Nicola Caputo di Caserta, nel frattempo indagato nell inchiesta sull improprio dei fondi regionali. Si prende poi atto di due rinunce volontarie alla candidatura da parte di Bruna Brembilla e Antonio Luongo. Decapitato mezzo Pd siciliano, si salvano gli altri due big del partito, Francantonio Genovese e Angelo Capodicasa. Salva anche Rosaria Capacchione, la giornalista anti camorra sotto processo per calunnia. Crisafulli è un senatore molto noto, campione di preferenze a Enna, rinviato a giudizio per abuso d ufficio. Lui si era difeso dicendo di essere «pulitissimo». E in sua difesa si era schierata una parte del partito siciliano. Ma non è bastato. Dopo la decisione, Crisafulli è una furia: «Questo è giacobinismo allo stato puro. Un errore e una scorrettezza clamorosa. Spero che il mio partito non continui su questa strada. Quando si sceglie la via della purezza c è sempre uno più puro che ti epura». Intervenendo alla «Zanzara», parla di «giustizialismo» e chiede: «Come farò a spiegarlo alle persone che son venute a votarmi alle primarie? Potevano anche dirmelo prima». Caputo si dichiara «esterrefatto»: «Mi chiedo se le regole valgono in tutte le regioni. Basta un avviso Nel partito Le primarie per i parlamentari Tra il 29 e il 30 dicembre il Pd ha indetto le primarie per la scelta dei futuri parlamentari da inserire nelle liste delle Politiche di febbraio. Al voto hanno partecipato più di un milione di militanti ed elettori La questione degli «incandidabili» La Commissione di garanzia del Pd ha deciso ieri di escludere i due senatori uscenti Mirello Crisafulli (Enna) e Antonio Papania (Trapani) e di non rinnovare la deroga a Nicola Caputo (Caserta) Il criterio scelto: l opportunità politica Alla Commissione il Pd è ricorso perché lo statuto e il codice etico non erano sufficienti a coprire molti dei casi in discussione che riguardavano reati meno gravi e situazioni limite. Il criterio, perciò, è stato l «opportunità politica» Il partito e la tutela dell onorabilità Molti sono stati salvati dall esclusione. La Commissione ha spiegato: la scelta tiene in considerazione «il principio costituzionale della presunzione di innocenza e quello che ci impone la tutela dell onorabilità del Pd» di garanzia per metterti fuori gioco?». Dalla Commissione spiegano che il suo caso era più lieve, ma si era fatta una deroga per i consiglieri regionali a patto che fossero «cristallini». Luigi Berlinguer, presidente della Commissione, spiega così le decisioni: «Abbiamo voluto mantenere fermi due principi in difficile equilibrio: quello costituzionale che si fonda sulla presunzione di innocenza del singolo e quello che impone alla Commissione che presiedo la tutela dell immagine e della stessa onorabilità del partito». Berlinguer respinge già nella delibera le prevedibili accuse di giustizialismo: «Di fronte a polveroni mediatici e a sommari processi di piazza (magari via web) che creano un irrespirabile clima di intolleranza, la Commissione di garanzia ha scelto sulla base dell interpretazione severa di codice etico, statuto, leggi dello Stato». Interpretazione severa che mette in subbuglio il partito, in particolare al Sud. Papania, che ha patteggiato 2 mesi e 20 giorni per abuso d ufficio, aveva spiegato nei giorni scorsi che «il reato è estinto e quindi sono completamente riabilitato». Non è servito, perché la Commissione ha deciso di bocciare chi aveva avuto condanne (o patteggiamenti) o rinvii a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione. Ora al telefono dice di rispettare la decisione, anche se aggiunge: «È una sentenza politica, ingiusta, che mi amareggia». Dopo una conversazione telefonica di mezz ora con Berlinguer, Luongo ha deciso di anticipare la decisione, rinunciando alla candidatura. Come aveva fatto anche la Brembilla, che pure aveva respinto le accuse di avere avuto contatti con i clan calabresi. Nessuno degli esclusi sarà sostituito. Enrico Letta è soddisfatto del lavoro fatto: «Adesso aspetto di capire cosa faranno Pdl, Lega e tutti gli altri con le loro liste. Voglio vedere se useranno il nostro stesso rigore». Alessandro Trocino Fondazione chiusa e silenzi La caduta di «re» Bassolino La rabbia per non essere stato consultato sui candidati E i democratici candidano i «nuovi italiani» «I nuovi italiani sono la rivoluzione di queste elezioni, insieme alla scelta di avere più donne in Parlamento». Così il vicesegretario pd Enrico Letta ha presentato ieri le candidature di (da sinistra) Khalid Chaouki, nato in Marocco, in Italia dall età di 9 anni, giornalista, responsabile Nuovi italiani del Pd; Fernando Biague, originario del Guinea Bissau, in Italia da 27 anni; Cecile Kyenge, nata in Congo, medico, responsabile immigrazione in Emilia Romagna e Nona Evghenie, nata in Romania, laureata in Economia, in Italia dal 2002, consigliere comunale di Padova. «La rappresentanza non può avere un unica origine mentre nella società vi sono provenienze diverse», ha detto Letta. L ex governatore L accusa: «Nomi deboli, il Pci era più aperto». E la moglie è finita al quindicesimo posto Ex sindaco Antonio Bassolino, 65 anni, è stato sindaco di Napoli dal 1993 al 2000 e governatore della Campania dal 2000 al 2010 Nel partito NAPOLI Lui è fuori da tutto, e praticamente ormai anche dalla sua Fondazione che si avvia a chiudere per mancanza di finanziamenti. Però è pur sempre Antonio Bassolino, uno che ha contato parecchio, che nel Pd (e denominazioni precedenti) ha avuto voce in capitolo ai massimi livelli, e nella politica del Paese il suo peso lo ha fatto sentire. Adesso invece non gli hanno nemmeno chiesto un parere prima di compilare le liste elettorali. E lui se l è presa. Ma proprio molto. Lo dice nell intervista rilasciata qualche giorno fa al Mattino,in cui esordisce così: «Scriva che sono fuori di me, che sono incazzato». Incazzatura politica, ovviamente, niente di personale. Quindi se il suo stato d animo possa dipendere anche dal fatto che la moglie Anna Maria Carloni (che alle primarie è passata ma raccogliendo molto meno di quanto sperasse) sia stata messa in lista alla Camera soltanto al quindicesimo posto, non è dato saperlo. Bassolino accusa il Pd di aver fatto liste deboli che potrebbero mandarlo incontro a brutte sorprese, e magari i risultati del voto gli daranno anche ragione, perché lui è sempre stato uno che capiva le cose un attimo prima di molti altri, e il fiuto politico certamente ce l ha ancora. Quindi al Pd faranno gli scongiuri davanti alle sue previsioni. Se andrà male, dice, «se la saranno cercata», perché «hanno fatto liste deboli, segno di una chiusura interna del partito. Persino il Pci dei tempi andati era più aperto verso gli intellettuali esterni e alla società». E lui i rigidi schemi del Pci li ha conosciuti, e diciamo che li ha anche applicati. Insomma non parla per sentito dire. Però che arrivasse a parlare così del suo partito è una sorpresa. Perché è vero che sicuramente lo voterà («come cittadino ed elettore non verrò meno al mio dovere») ma «una volta entrato nella cabina farò molta fatica a mettere la croce sul simbolo del mio partito», giura. E ammette che lo farà «solo per rispetto alla mia storia politica». Cose così forti non si spiegano solo con una questione di permalosità, per la storia della Carloni o perché nemmeno il Pd si è fatto avanti quando la Fondazione Sudd è finita in cattive acque, o anche perché nessuno nel partito gli ha offerto più niente, da quando è uscito di scena travolto dalla tragedia dell emergenza rifiuti che colpì Napoli e la Campania con lui governatore. Ad Antonio Bassolino bisogna riconoscere una onestà intellettuale e politica che lo ha sempre tenuto lontano da certe bassezze. Ragiona così perché ne è davvero convinto: «Nessuno mi ha chiesto di esprimere un parere sulle liste, me le hanno mostrate a cose fatte». Quindi «io ho espresso solo la mia preoccupazione. Con questi nomi non funzionerà e se ne accorgeranno». A colpire Bassolino non è tanto il fatto che i capilista dei due collegi della Campania (Epifani e Letta) non siano campani. «Questo ci può pure stare, non mi scandalizzo. Anche in passato è stato fatto spesso». Ma, insiste, «bisognava allargarsi di più all esterno, agli intellettuali, alla società civile. Invece le liste sono state fatte per tutelare gli apparati, sono state gestite con una logica tutta interna. L ho detto, persino il Pci sapeva aprirsi di più. Anzi, si apriva di più». Se non si conoscesse il suo percorso politico e personale degli ultimi vent anni, i discorsi di Bassolino sul Pci potrebbero addirittura sembrare nostalgici. Non lo sono, ma che ormai non si riconosca più nel Pd lo dice lui stesso, e molto chiaramente, nell intervista al Mattino: «Non mi riconosco in nessuna componente del partito, né bindiani, né lettiani, né dalemiani, né franceschiniani, né cozzoliniani e tutti gli altri. Sto a casa, per conto mio. E parlo a nome mio, di Antonio Bassolino». Che si era ritagliato un nuovo ruolo e uno spazio con la Fondazione Sudd ma è finita male anche lì: «Speravo che qualcuno si facesse avanti per sostenerci, ormai la notizia che fossimo in difficoltà era nota. Ma non si è mosso nessuno. Non solo il partito, ma nemmeno le istituzioni. Proprio nessuno». Fulvio Bufi

13 Corriere della Sera Sabato 19 Gennaio 2013 Primo Piano 13 Trento Il Carroccio: non è democrazia. Solidarietà delle istituzioni Blitz degli anarchici al gazebo della Lega Il personaggio Il fondatore di «Agende rosse»: si è mosso come i vecchi partiti Salvatore Borsellino: Ingroia? Sia ministro, ma sulle liste sbaglia Il fratello del magistrato: potrei anche votare Grillo Il leader wwf in lista con l ex pm Chi è L attivismo Palermitano, 70 anni, Salvatore Borsellino è il fratello minore del magistrato Paolo, ucciso dalla mafia nella strage di via D Amelio il 19 luglio 1992 con i cinque uomini della scorta. Dopo l omicidio, Salvatore si è dedicato alla lotta alla mafia L agenda rossa Nel 2009, a Palermo, in occasione del diciassettesimo anniversario della strage di via D Amelio, Borsellino ha promosso con il «Comitato cittadino antimafia» la prima marcia delle «Agende rosse» (dall agenda di Paolo, sparita dopo la strage) da cui nascerà il «Movimento delle Agende rosse» di cui Salvatore è leader Stefano Leoni si è autosospeso dall organizzazione ambientalista Antonio Ingroia ha annunciato l ingresso nelle liste di Rivoluzione civile come candidato alla Camera di Stefano Leoni, che ieri si è autosospeso dall incarico di presidente del Wwf. «Lo ringrazio per aver voluto mettere a disposizione della nostra squadra e di tutti gli italiani la sua PALERMO Non si vedevano da quando Antonio Ingroia era partito per il Guatemala e si sono riabbracciati ieri sera davanti a Lucia Annunziata, arrivando in tv sulla scia delle dure dichiarazioni di Salvatore Borsellino. Il fratello del giudice contro il pupillo del bersaglio di via D Amelio? Non era mai accaduto. E lui, il fratello che sembra il gemello di Paolo Borsellino, ingegnere in pensione a Milano, anima del movimento delle «Agende rosse», una battaglia continua accanto ai pm di prima linea, non smentisce la critica al neocandidato di Rivoluzione civile sulla composizione delle sue liste, ma s indigna con «chi strumentalizza la critica, spacciandola per un attacco a Ingroia, che mai attaccherò». Caso chiuso? «Solo in parte», spiega questo combattivo fratello, fiaccato anche dalla notizia che la figlia ha appena perso il lavoro in un azienda tedesca, settore marketing, chiusa a Milano. «Ma ci sono problemi più gravi, quelli del Paese. E su quelli dobbiamo impegnarci». Che cosa rimprovera a Ingroia? «Avrebbe dovuto operare una diversa gestione nella composizione delle liste perché così anche il suo movimento finisce per muoversi come i vecchi partiti». Sono mancati spazi per candidati delle Agende rosse? «Era scattato un invito alla società civile. A cominciare dal mio movimento. Ho subito detto che io non mi sarei candidato. Ma ci sono ragazzi d oro da lanciare. E non è stato dato il giusto peso a questa disponibilità». Perché? «Volevano metterli in lista per portare voti a politici che, senza il sostegno della società civile, non entrerebbero in Parlamento. Gli stessi che adesso si candidano occultando i loro simboli. Già, siamo all occultamento di simboli». Stiamo parlando del partito di Di Pietro e Orlando? «Non c è bisogno di fare nomi. Certo, Italia dei valori. Ma anche quelli che in Parlamento non c erano. A noi hanno pensato all ultimo momento». Ingroia assolto a metà? «Riflettendo ho capito che è colpa della legge elettorale. E che tutti i partiti non hanno voluto cambiarla. Ipocriti, tutti i segretari di partito. Lamentosi e inattivi». Interessati a cosa? «A poter scegliere loro chi metterci nelle liste». E Ingroia s è lasciato prendere la mano? «S è lasciato prendere pure lui da questi meccanismi. Ma il problema è generale. Napolitano ci ha provato a chiedere una diversa legge con un appello pressante, ma non se ne è fatto niente». Il suo voto, a questo punto? «Forse a Ingroia, ma forse a Grillo perché fra tanti giovani delle Agende rosse molti hanno già votato per "5 Stelle". Tante idee convergono, potessero camminare insieme...». Auspica un governo Grillo-Ingroia? «Se il Pd avesse aderito al primo appello mosso da Ingroia ci saremmo mobilitati tutti per il meglio che potrebbe avere questo nostro Paese: un governo Bersani con Ingroia ministro della Giustizia». Qualcuno ha anche parlato di un ritiro della sua candidatura. «Altra bufala. Non mi sono mai sognato di porla. Non lo posso fare per il cognome che porto, per mio fratello...». Ma l ha fatto sua sorella Rita, eletta europarlamentare. «Rispetto Rita, ma io faccio le mie valutazioni. Ho sempre ammirato il suo coraggio, sin dai tempi in cui si presentò contro Cuffaro, perdendo. Ma io non mi sento di trascinare il mio cognome in una campagna elettorale. Io potrei candidarmi come Salvatore, non come Borsellino». Un giudizio su Monti? «Io sono ingegnere, anche se da vent anni mi occupo di giustizia... Sicuramente Monti è persona degna, messo però lì non per salvare l Italia, ma banche e poteri finanziari forti». Felice Cavallaro pluriennale competenza sui temi ambientali», ha detto Ingroia. L obiettivo di Leoni, docente di Diritto ambientale all Università del Piemonte orientale, è quello di «rafforzare la presenza della tematica ambientale nell agenda politica nazionale». Ferite tre persone Secondo assalto in due giorni In piazza Duomo In alto il gazebo della Lega in piazza Duomo a Trento dopo l assalto degli anarchici; qui sopra i leghisti trentini, con al centro il segretario del Carroccio Maurizio Fugatti, martedì scorso davanti a un gazebo MILANO Tre feriti, il tendone ribaltato, i tavolini di plastica con tutti i fogli e i manifesti per aria, un ambulanza sul posto e tanti agenti di polizia. Ieri pomeriggio, a Trento, in una ventina, anche molte ragazze, del gruppo anarco-insurrezionalista di Rovereto hanno assalito un gazebo della Lega in piazza Duomo: una spedizione punitiva in piena regola come scrive oggi il Corriere del Trentino che ha colpito giovani e anziani, militanti e passanti con una scarica di calci, pugni e spintoni. Due attivisti del Carroccio sono stati feriti al volto e il titolare di un bar che si era precipitato fuori a vedere cosa stava succedendo è finito in ospedale. L ex presidente del consiglio regionale Franco Tretter, del partito Autonomista che si era fermato a parlare con il senatore del Carroccio Sergio Divina per aver cercato di bloccare una ragazza impegnata a strappare una bandiera della Lega, ha ricevuto un pugno in faccia e un calcio alla schiena. Dopo il blitz, gli anarchici si sono dispersi tra le vie del centro. È il secondo attacco in due giorni. Giovedì, lo stesso gruppo aveva minacciato coi megafoni gli attivisti impegnati al gazebo in una raccolta firme che è all origine della rabbia antagonista: i militanti del Carroccio chiedono ai trentini di schierarsi contro la legge dell Autonomia che prevede contributi di disoccupazione per gli immigrati. La Digos della questura di Trento, che li conosce da tempo, è impegnata nell identificazione degli anarchici e sono in corso le indagini per stabilire le responsabilità di ognuno. «Non è possibile ha detto il senatore Divina che pochi ragazzi tengano in mano una città senza rispetto per nessuno. Si può andare avanti così per i 40 giorni di campagna elettorale che ci aspettano?» «È inaccettabile aggiunge Maurizio Fugatti, segretario locale del partito. Già giovedì ci avevano impedito di raccogliere le firme. Questa è l idea di democrazia che ha chi si ispira ai partiti della sinistra. Noi, comunque, saremo ancora qui a dimostrare che Trento non è così. Il sindaco faccia emergere il senso civico di questa città». E l intervento del primo cittadino, Alessandro Andreatta (Pd) che ha espresso immediata solidarietà al Carroccio non si è fatto attendere: «Esprimo una ferma condanna per l aggressione al gazebo della Lega. È con amarezza che si registra un gesto di questo tipo in una città dove da sempre chiunque può esprimere il proprio credo politico in modo libero e democratico. Non è certo con atti di aggressione verbale e soprattutto fisica che si manifestano le diversità di espressione politica». «È un atto che offende l intera comunità democratica del Trentino», ha commentato il presidente del Consiglio provinciale di Trento, Bruno Dorigatti. R. P. SPILLA CON GEMME E DIAMANTI, BULGARI, CIRCA 1965 DA UNA SUPERBA COLLEZIONE PRIVATA VENDUTA PER CHF 146,500 / 121,658 STIMA CHF 37,000 55,000 GINEVRA, MAGGIO 2012 TROVATAINITALIA VENDUTAAGINEVRA RISULTATO ECCEZIONALE Per valutazioni gratuite in preparazione delle aste primaverili di Ginevra, fissate un appuntamento con gli specialisti in gioielli di Sotheby s a Milano, Roma, Bologna, Firenze, Torino e Palermo, 21 gennaio 30 gennaio. MILANO E PALERMO TORINO ROMA FIRENZE BOLOGNA SOTHEBYS.COM

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15 Corriere della Sera Sabato 19 Gennaio Esteri Il verdetto Ancora sospeso il giudizio sul rinvio in Italia Dal Kerala a New Delhi Un primo spiraglio In India I marò Salvatore Girone (a destra) e Massimiliano Latorre lasciano il commissariato di polizia di Kochi, nello stato indiano del Kerala (Reuters/Sivaram) nella vicenda dei marò Il governo indiano esautora i giudici locali Nel caso dei due marò italiani detenuti in India, la lentezza con cui si muove la giustizia indiana continua a essere esasperante. Una novità, però, ieri si è registrata: la Corte Suprema del Paese ha di fatto messo la faccenda in mani politiche. La Corte, infatti, ha disposto la creazione di un tribunale speciale, a New Delhi, per esaminare il caso di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. E ha dato disposizione che a istituire il nuovo tribunale siano gli organi esecutivi dello Stato indiano, sentito il Chief Justice, cioè il giudice più alto in grado nel Paese, che presiede la Corte Suprema stessa. La prima cosa che il tribunale speciale dovrà fare sarà decidere la questione della giurisdizione, cioè se i due marò vadano processati nel merito delle accuse a loro mosse in India oppure in Italia. È la questione chiave fin dall inizio della vicenda, lo scorso 15 febbraio, e attorno a essa si è mossa tutta La vicenda L incidente Il 15 febbraio 2012 due pescatori vengono uccisi al largo di Kochi, nello stato indiano del Kerala. Le autorità locali accusano i marò, che si trovano a bordo della nave «Enrica Lexie», di aver sparato contro il peschereccio L'arresto Le autorità indiane arrestano Massimiliano Latorre e Salvatore Girone con l'accusa di omicidio. La Farnesina contesta un conflitto di giurisdizione Il processo La Corte Suprema indiana ha disposto ieri la creazione di un tribunale speciale, a New Delhi, per esaminare il caso e decidere se i marò vadano processati in India o in Italia Guarda il video con una chiamata gratuita al la difesa diplomatica e giudiziaria delle autorità italiane che hanno seguito il caso, con l obiettivo di svolgere il processo in Italia. «Ora sembra esserci un margine di manovra politica da parte del governo indiano», commentava ieri un funzionario: nel senso che l argomentazione usata finora dai ministri di Delhi per non esprimersi l indipendenza della magistratura è adesso un po più pallida. Se il tribunale speciale dovesse comunque decidere che la giurisdizione è indiana, sarà esso stesso a tenere il processo di merito. Ieri la Corte Suprema ha stabilito «l incompetenza» dei tribunali del Kerala a giudicare Girone e Latorre. Nonostante i due pescatori uccisi secondo l accusa, dai due militari italiani che erano in missione anti-pirateria sulla nave Enrica Lexie fossero originari di quello Stato, l incidente avvenuto il 15 febbraio «non era avvenuto nelle acque territoriali indiane». Ragione per cui, i tribunali del Kerala non hanno parola nella vicenda e le decisioni vanno prese al livello «federale», cioè nella capitale del Paese, Delhi. Nella sentenza, i giudici hanno anche detto che, nel corso del servizio a bordo della Enrica Lexie, Girone e Latorre «non godevano di quella immunità sovrana» che avrebbe automaticamente comportato che il processo si tenesse in Italia. 11 mesi La durata del caso del marò detenuti in India. La vicenda è iniziata il 15 febbraio 2012 Ciò nonostante, la Corte Suprema ha invitato il tribunale speciale che sarà costituito a tenere anche conto dell articolo cento della convenzione Onu sul diritto alla navigazione, Unclos, che sottolinea il dovere degli Stati a cooperare «al massimo nella repressione della pirateria in alto mare o in ogni luogo fuori dalla giurisdizione di qualunque Stato». Attività che Girone e Latorre stavano svolgendo quel 15 febbraio Il governo italiano ieri ha espresso una certa soddisfazione per la piccola svolta. «L Alta Corte ha riconosciuto che i fatti avvennero in acque internazionali e che la giurisdizione non era della magistratura locale del Kerala ha scritto in una nota Palazzo Chigi La decisione incoraggia l ulteriore impegno già assicurato in questi mesi dalla Repubblica italiana». L obiettivo del governo «resta il rientro in Italia dei due marinai». Sul trasferimento del caso via dal Kerala si è detto soddisfatto anche il ministro degli Esteri Giulio Convenzione Onu Il tribunale speciale terrà conto dell attività di lotta alla pirateria che i marò stavano svolgendo Terzi e della positività della «de-keralizzazione» ha parlato il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura, che ha seguito il caso sin dall inizio. E felici di lasciare lo Stato indiano del Sud si sono detti Girone e Latorre. Il fatto è che, immediatamente dopo l uccisione dei due pescatori, nel Kerala il clima si è fatto piuttosto ostile nei confronti dei marò. Spostare tutto a Delhi è dunque visto come un passo avanti. Ieri sera, Girone e Latorre sono partiti in aereo da Kochi diretti nella capitale. Lì dovrebbero rimanere a piede libero, alloggiati nell ambasciata italiana, con il solo obbligo di presentarsi una volta alla settimana alla stazione di polizia di Chanakyapuri, l enclave diplomatica di Delhi. Danilo

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17 Corriere della Sera Sabato 19 Gennaio 2013 Esteri 17 La storia Sergei Filin, ex étoile del mitico teatro russo, era stato «avvertito». Forse una vendetta per le sue scelte impopolari Brevi Balletto macabro al Bolshoi Direttore sfigurato con l acido Faide, scandali, minacce. E ora il finale choc MOSCA Da sempre si sa che la più grande istituzione russa per la musica e il balletto è un covo di vipere, con gelosie e lotte intestine fra personaggi più o meno famosi, dirigenti e burocrati. Adesso esce fuori che al Bolshoi potrebbero esserci anche veri e propri criminali e potenziali assassini. Tutto lascia infatti credere che l attentato di giovedì notte contro il direttore artistico del balletto Sergei Filin sia maturato all interno della prestigiosa organizzazione. Colpito in faccia dall acido lanciato da un ignoto attentatore, Filin rischia la vista, dopo una lunga e delicata operazione portata a termine ieri. Un attacco che segue altre intimidazioni, come il taglio degli pneumatici della sua auto, ed episodi di molestie via Internet. E tutto, forse, solo perché la sua gestione del balletto ha dato fastidio a qualcuno. L attacco è avvenuto alle undici di sera nel parcheggio sotto l abitazione di Filin dove vivono parecchi artisti del Bolshoi. La vittima stava rientrando a casa e, dato che nevicava, aveva il cappuccio della tuta sulla testa. Qualcuno lo ha raggiunto con passo svelto e lo ha affiancato. Quindi lo ha chiamato per nome e quando Filin si è girato, gli ha lanciato in faccia il contenuto di un barattolo che teneva in mano. L intera scena è stata ripresa da una telecamera di sorveglianza, anche se le immagini sono molto confuse ( Soccorso, Filin è stato portato in Prima e dopo Sergei Filin, il direttore del Bolshoi aggredito (Ap) ospedale dove gli sono state riscontrate diverse ustioni al volto e al collo, oltre alle gravi lesioni ad un occhio. Ma cosa succede al Bolshoi? Filin è un «figlio» del teatro, nel senso che gran parte della sua carriera si è svolta all interno dell antica istituzione russa. Diplomato nel 1988, è entrato subito nell équipe del balletto, dove è emerso grazie alle sue interpretazioni sia in gruppo che da solista. Nel 2007 era diventato direttore artistico del balletto Il teatro L incarico Sergei Filin, 42 anni, è direttore artistico del Teatro Bolshoi di Mosca dal 2011 L istituzione Il Bolshoi è la più grande istituzione russa di musica e balletto. Fondato nel 700 come Teatro Imperiale, decaduto nel 900 sovietico, è stato restaurato tra il 2005 e il 2011 del Teatro Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko, la seconda compagine moscovita. La sua attività era stata molto apprezzata, con nuovo spazio a ballerini giovani e a un repertorio rinnovato. Così nel 2011 il Bolshoi, che già si trovava in mezzo alle polemiche per vari scandali più o meno rilevanti, decise di affidare il balletto a Filin. Fin dall inizio i suoi propositi si sono rivelati «rivoluzionari», come aveva preannunciato lui stesso in una intervista prima di assumere l incarico. «La troupe del balletto deve essere completamente riformata», aveva detto alla britannica Dance Gazette. «Inoltre c è bisogno di una nuova ideologia del repertorio, con decisioni coraggiose su cosa tenere e cosa aggiungere. È necessario, poi, esercitare uno stretto controllo sulle attività esterne dei ballerini e sui loro ritmi di lavoro. A volte sembra che nessuno voglia più essere una ballerina. Ciò che vogliono è trovare un marito ricco, oppure diventare una star televisiva o finire in Parlamento come la prima ballerina Svetlana Zakharova. Se tutti questi problemi non saranno affrontati urgentemente, la compagine finirà semplicemente a pezzi». Un programma che sicuramente ha suscitato risentimenti in una istituzione con 220 ballerini e tanti senatori. Negli ultimi anni ci sono state ballerine licenziate perché troppo pesanti, come la bionda Anastasia Volochkova; un direttore del balletto, Gennadij Yanin, quasi nominato e poi giubilato per un filmino a sfondo sessuale finito su Internet; un altro, Makhar Vaziyev, sul punto di accettare ma che poi decise di rimanere alla Scala, vista, forse, l aria che tirava al Bolshoi. Faide, gelosie, dispetti. Ma il vetriolo in faccia è un altra cosa. Fabrizio Ucraina «Ordinò un omicidio» L ultima accusa a Yulia KIEV La Procura generale ha formalizzato contro l ex premier ucraina Yulia Tymoshenko l accusa di aver ordinato l omicidio di un deputato imprenditore nel Secondo i pm, Tymoshenko e l allora premier Pavlo Lazarenko avrebbero pagato ai killer più di due milioni di dollari. La leader dell opposizione, che sta già scontando una condanna a sette anni per abuso d ufficio, rischia l ergastolo. Pakistan Poliziotto trovato morto Indagava sul premier ISLAMABAD Kamran Faisal, ufficiale della polizia pakistana che aveva indagato sul primo ministro Raja Pervaiz Ashraf per corruzione, è stato trovato impiccato al ventilatore nella sua stanza. Martedì la Corte suprema aveva chiesto l arresto del premier, arresto poi sospeso dal capo della squadra anticorruzione Fasih Bokhari (lo stesso che aveva rimosso per scarso rendimento l investigatore trovato morto ieri). Stati Uniti Sindaco «eroe» di New Orleans alla sbarra per corruzione NEW ORLEANS L ex sindaco di New Orleans Ray Nagin è stato incriminato per corruzione: 21 le accuse tra cui quella di aver preso tangenti in cambio di contratti per la ricostruzione della città dopo l uragano Katrina. Nagin, eletto nel 2002 grazie al voto dei neri, era diventato un personaggio noto a livello nazionale nel 2005 quando l uragano si abbatté sulla città. Per aver ricostruito New Orleans si era dipinto come un eroe nella sua autobiografia.

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20 20 Sabato 19 Gennaio 2013 Corriere della Sera Cronache Procuratore Il pg Laura Bertolè Viale (foto Maurizio Maule) Giustizia La sentenza per Berlusconi prevista dopo il voto Il processo Mediaset non si ferma per le elezioni Terza decisione diversa in una settimana MILANO Non arriverà prima del voto la sentenza del processo d Appello sui diritti tv Mediaset nel quale il 26 ottobre scorso Silvio Berlusconi era stato condannato in primo grado a 4 anni per frode fiscale: i giudici della seconda sezione, che ieri mattina hanno respinto la richiesta difensiva di sospensione generale delle udienze durante la campagna elettorale, e che nel pomeriggio hanno svolto la relazione introduttiva, hanno infatti comunque già fissato almeno altre 4 udienze (tutti i venerdì a partire dalla requisitoria il 28), l ultima delle quali il primo marzo per una sentenza che dunque arriverà in ogni caso dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio. La prospettiva non soddisfa comunque l ex premier e attuale capolista del Pdl, che molto contava su una generale moratoria elettorale (negatagli lunedì scorso dalle tre giudici del processo Ruby per concussione e prostituzione minorile) una volta che a concedergliela l altro ieri erano invece stati altri giudici: quelli del processo a Silvio e Paolo Berlusconi per concorso nella rivelazione di segreto d ufficio con la pubblicazione nel 2005 su Il Giornale di un intercettazione, segreta e non depositata, tra il numero uno di Unipol Giovanni Consorte e l allora segretario ds Piero Fassino. Forse perché fiduciosi in questo precedente, ieri gli avvocati parlamentari Piero Longo e Niccolò Ghedini non insistono tanto sulla richiesta di «legittimo impedimento» di Berlusconi impegnato in una riunione di partito per la formazione delle liste, ma confidano direttamente nella sospensione elettorale delle udienze. La prima richiesta viene liquidata dai giudici Galli, Scarlini e Minici con la constatazione che l impedimento non è né «tempestivo», visto che la riunione viene evocata ieri ma la convocazione è del 15 gennaio e in ogni caso successiva al calendario del processo già fissato da tempo, né «assoluto», giacché «non è evidente la ragione» per cui la riunione non poteva essere collocata «in altra data» rispetto all udienza. La richiesta di stop generale, riassumono invece i giudici, «muove dal presupposto che Berlusconi, essendo capolista, debba disporre di tempo Le tre scelte Lo stop negato nel caso Ruby I difensori di Silvio Berlusconi lunedì scorso avevano avanzato la richiesta di sospensione per via della campagna elettorale anche per il processo Ruby, ma è stata respinta. Il processo pertanto prosegue Unipol, la sentenza slittata a marzo Nel processo sull intercettazione sulla tentata scalata di Unipol a Bnl i giudici hanno accolto la richiesta dei legali di Berlusconi. La sentenza, prevista per il 7 febbraio, giovedì è stata rinviata al 7 marzo, dopo il voto La decisione di ieri Richiesta negata anche nel processo sulle presunte irregolarità nella compravendita di diritti cinematografici e tv da parte di Mediaset: i giudici ieri hanno definito «generiche» le ragioni degli avvocati di Berlusconi adeguato» per dedicarsi alla campagna elettorale, e che ciò «trovi degna tutela» in due articoli della Costituzione: il 51 («Tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza»), già richiamato dai giudici dell intercettazione-fassino quando giovedì avevano concesso a Berlusconi lo stop elettorale, e il 2 («La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità»). Ma per i giudici del processo Mediaset l argomento dell «opportunità» va «raffrontato» e bilanciato «con la ragionevole durata del processo», e le ragioni di sospensione devono per legge essere «qualificate e specifiche», mentre le argomentazioni proposte da Berlusconi sono «talmente generiche da non far comprendere» come le udienze «possano interferire in termini confliggenti con gli articoli 2 e 51». Anche perché «il mero svolgimento delle udienze non sembra avere come effetto» quel «clamore mediatico» paventato da Berlusconi. «Si trattava di rinviare solo di un mese con la prescrizione bloccata», protesta Ghedini contro una decisione «che, incidendo pesantemente sulla possibilità di svolgere efficacemente e liberamente la campagna elettorale», a suo avviso segnala che «la situazione a Milano nei processi al presidente Berlusconi è ormai insostenibile e fuori da ogni logica». Luigi Ferrarella lferrarella@corriere.it Doppia sede Un prefetto per Milano e Bergamo MILANO Se ne va per raggiunti limiti di età ma «amareggiato» e «deluso» per due macchie che hanno lasciato ombre su una carriera quarantennale. Gian Valerio Lombardi il primo febbraio raggiungerà la soglia dei 67 anni e sarà collocato a riposo. Ieri il governo, su proposta del ministro dell Interno Annamaria Cancellieri, ha nominato nuovo prefetto di Milano Camillo Andreana proveniente da Bergamo (manterrà entrambe le funzioni). Nomina di transizione: Andreana compirà 67 anni il primo luglio e lascerà a sua volta l incarico. Il nuovo governo nominerà il prefetto che guiderà nei prossimi anni corso Monforte. Lombardi sarà ricordato per due sue «imprudenze». «La mafia a Milano non esiste» disse alla commissione antimafia nel E poi, al telefono (intercettato) con Marysthell Polanco, una delle Olgettine protette da Berlusconi, chiuse ossequiosamente: «Mi saluti il presidente» Ȧl. Be.

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