Volumi pubblicati Claudio Cecchella (a cura di), Il processo sommario e la riforma dei riti, Quaderni volterrani del diritto/1, 2012, 128 pp.

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1 Itinerari legislativi

2 itinerari legislativi Volumi pubblicati Claudio Cecchella (a cura di), Il processo sommario e la riforma dei riti, Quaderni volterrani del diritto/1, 2012, 128 pp.

3 La riforma della filiazione La legge 10 dicembre 2012, n quaderno della Scuola di formazione dell Osservatorio sul diritto di famiglia a cura di Claudio Cecchella e Mauro Paladini

4 Copyright 2013 by Pro Form Srl Istituto di Formazione Professionale Sede legale: via Fiorentina 214/C, Pisa Tel Fax formazione@istitutoproform.org PEC: istitutoproform@pec.it P. IVA e Cod. Fisc Redazione e impaginazione David Nieri Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, segreteria@aidro.org e sito web

5 Indice Introduzione Gianfranco Dosi 7 Introduzione alle nuove regole processuali Claudio Cecchella 11 PROFILI SOSTANZIALI Unicità dello status filiationis e rilevanza della famiglia non fondata sul matrimonio Francesco Prosperi 17 Profili sostanziali e sistematici della nuova disciplina della filiazione Mauro Paladini 35 Luci e ombre sulla riforma della filiazione Luca Bardaro 49 Delega al governo per l adeguamento delle disposizioni vigenti in materia di filiazione contenuta nell art. 2 della legge 219/2012 Tiziana Ceccarelli 63 PROFILI PROCESSUALI Il ruolo processuale del figlio in età minore Giancarlo Savi 83 La legge n. 219 del 2012 sullo stato giuridico dei figli: i profili processuali Michele Angelo Lupoi 109

6 APPENDICE LEGISLATIVA Legge 10 dicembre 2012, n. 219 Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali (12G0242) (GU n. 293 del ) 127 Testo del decreto approvato dal Consiglio dei Ministri 12 luglio 2013, n

7 Introduzione Gianfranco Dosi Presidente dell Osservatorio sul diritto di famiglia I figli sono tutti uguali. È questo il senso della legge 10 dicembre 2012, n. 219 (entrata in vigore il 1 gennaio 2013) e del decreto legislativo di attuazione nel testo formulato dalla Commissione Bianca, approvato dal Consiglio dei Ministri. La riforma comporterà la revisione completa della disciplina giuridica della filiazione con la scomparsa anche di ogni riferimento alla provenienza legittima o naturale della nascita, la revisione completa di tutto il titolo VII ( Dello stato di figlio ) e del titolo IX ( Della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri del figlio ) del primo libro del codice civile. Quindi tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico (nuovo art. 315-bis del codice civile), ivi compresi i figli adottivi minorenni (unificati agli altri figli nella stessa nozione di parentela: nuovo articolo 74 codice civile), e ogni figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori [ ] e, se capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano (art. 315-bis); importante riaffermazione di un principio che fa già parte del diritto vivente, dalla ratifica avvenuta in Italia nel 1991 della Convenzione di New York del 1989 sui diritti dei minori e a cui viene data una sistemazione definitiva con il nuovo articolo 336-bis. La riforma ha ambizioni vaste. La legislazione delegata ha già risistemato e rivisto tutte le disposizioni vigenti in materia di filiazione per eliminare ogni residua discriminazione tra i figli nati nel matrimonio ed i figli nati fuori del matrimonio. Il riconoscimento di un figlio nato fuori del matrimonio produrrà perciò effetti identici a quelli dei figli nati nel matrimonio, anche nei confronti dei parenti del genitore che lo effettua (e non solo nei confronti del genitore che lo riconosce); e scomparirà così una delle più vistose aberrazioni della attuale disciplina della filiazione. Il decreto di attuazione prevede forse però con un eccesso di delega anche l introduzione di un termine massimo di cinque anni salvo che per il figlio per il disconoscimento (art. 244) e per l impugnazione del riconoscimento (art. 263) con l obiettivo ragionevole di non lasciare lo status della filiazione esposto per sempre al rischio di una impugnazione. E poi l abolizione, nell interesse dei figli, del divieto assoluto di riconoscimento dei figli nati da relazioni incestuose (art. 278). Nuove norme sul cognome (art. 262); nuovo procedimento per il riconoscimento tardivo in caso di dissenso del primo geni- 7

8 La riforma della filiazione: la legge 10 dicembre 2012, n 219 tore (art. 250); la legittimazione passiva nel riconoscimento giudiziario di un curatore allorché non vi siano eredi (art. 276) E altre norme importanti. Sul versante dei rapporti tra genitori e figli viene affermato il principio sul quale la legge 54/2006 aveva inciampato frettolosamente che il genitore che riconosce da solo il figlio esercita in via esclusiva la responsabilità genitoriale (art. 316) e che in caso di affidamento monogenitoriale il genitore affidatario ha l esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale (art. 337-quater). Viene regolamentato il diritto degli ascendenti al rapporto con i nipoti (art. 317-bis). Dovremo anche abituarci ad una completa revisione linguistica perché tutti gli articoli più noti ed entrati nel linguaggio quotidiano dei giuristi di famiglia (per fare qualche esempio il 148 il 317-bis il 155 e seguenti e così via) vengono modificati e ricollocati. Sarà difficile e ci vorrà tempo. Si dispone quindi l unificazione delle disposizioni che disciplinano i diritti e i doveri dei genitori nei confronti dei figli nati nel matrimonio e fuori dal matrimonio. Una unificazione che è anche ordinamentale con l attribuzione di quasi tutte le competenze al tribunale ordinario, come da tempo tutte le persone di buon senso reclamano a gran voce. Rimangono disparità di rito (derivanti dal condizionamento inevitabile delle regole processuali applicabili alla crisi della famiglia coniugale) ma nella prassi dei tribunali saranno trovate le giuste garanzie anche nel rito camerale, considerato che si tratta ormai del rito generalizzato nel diritto di famiglia. E d altro lato l art. 3 della legge 219 estende a tutti figli le stesse garanzie patrimoniali previste nel processo di separazione e divorzio in caso di inadempimento delle obbligazioni di mantenimento verso i figli. L unificazione delle competenze davanti al tribunale ordinario per i figli nati nel matrimonio e per quelli nati fuori dal matrimonio è, quindi, finalmente acquisita nel nostro ordinamento. E non è fuori luogo a tale proposito rilevare che per un obiettivo di così grande significato sono stati sufficienti solo alcuni aggiustamenti nell articolo 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, come da tempo molti sollecitavano. La tenacia dei sostenitori di questa riforma ha vinto sulle resistenze di chi non la voleva. Ora si tratta di trovare le soluzioni giuste per alcune asimmetrie e per alcune difficoltà interpretative su questioni anche importanti come quello della attrazione al giudice ordinario in caso di separazione e divorzio della competenza sui provvedimenti de potestate di cui sono oggettivamente poco comprensibili le soluzioni proposte dal testo della norma. La incomprensibile disparità di trattamento tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori del matrimonio, che ancora i nostri codici prevedevano, non era più tollerabile. Quindi si tratta di una riforma di grandissimo significato le cui inevitabili zone d ombra (che non vanno, però, demonizzate) non sono tali da annullare il complessivo significato di civiltà che ha questa nuova normativa. 8

9 Introduzione La riforma attribuisce in campo civile, quindi, al tribunale ordinario (con una semplice modifica, come si è detto, dell art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile) la competenza su tutta la materia della filiazione, ad eccezione dei procedimenti di contrasto agli abusi della potestà (salvo che non siano collegati alla causa di separazione o divorzio) e dei procedimenti di adozione che rimangono di competenza del tribunale per i minorenni. Nessuno dovrà più sobbarcarsi viaggi lunghissimi fino al lontano tribunale per i minorenni della propria regione per ottenere un provvedimento che potrà essere richiesto al tribunale ordinario della propria città. E d altro lato questa può essere l occasione per richiedere a gran voce che nei nostri tribunali i giudici come da tempo hanno fatto gli avvocati individuino percorsi organizzativi e strutturali per garantire una maggiore specializzazione. Si deve registrare con soddisfazione in questa prima fase di applicazione della riforma (dal primo gennaio 2013) che i tribunali ordinari si siano tutti già bene organizzati. Nulla ha creato problemi; solo un sovraccarico di lavoro che potrà essere assorbito con un po di migliore organizzazione nei tribunali. In attesa che la riforma dell ordinamento giudiziario individui le caratteristiche che dovrà avere il nuovo giudice della famiglia i giudici per i minorenni continueranno ad occuparsi come detto di abusi e di adozione. Si discutono da tempo diverse prospettive di riforma dell ordinamento. Quella più plausibile è senz altro l attribuzione di una competenza generalizzata nel settore del diritto delle persone e della famiglia ai tribunali ordinari, che dovranno costituire proprie sezioni specializzate (come già oggi esistono nelle città in cui il numero dei giudici lo consente). Altre soluzioni quale quella di un tribunale unico nelle forme concentrate dell attuale tribunale per i minorenni (in sostanza uno per regione) appaiono del tutto inattuabili se non altro perché in contrasto con elementari esigenze di prossimità della giustizia ai cittadini. 9

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11 Introduzione alle nuove regole processuali Claudio Cecchella Università di Pisa 1. La legge n. 219 del 2012 e il successivo regolamento attuativo, nella unificazione dello status di figlio sul piano sostanziale, costituisce una conquista di civiltà e allinea finalmente il nostro ordinamento al principio di identità del figlio. La scelta, intorno alla quale si erano elevati gli allarmi delle Associazioni familiariste dell Avvocatura e particolarmente dell Osservatorio sul diritto di famiglia, che aveva elaborato anche un progetto di riforma, di stralciare la riforma generale del processo di famiglia, offrendo ancora un passaggio transitorio ad un ulteriore episodio di travaso di competenze tra tribunale per i minori e tribunale ordinario, nella sostanza mantenendo ancora il primo, costituisce invece motivo di profonda perplessità. Ancora un volta la spinta parlamentare è verso l elaborazione normativa più evidente presso l opinione pubblica, ma che abbandona l operatore di giustizia alle gravi lacune del sistema processuale. È rimasta quindi sullo sfondo la diversità delle tutele, nonostante la unificazione dello status, poiché è rimasta la ripartizione delle competenze e la diversificazione dei riti: così il figlio nato fuori dal matrimonio dovrà ancora rivolgersi, seppure per le sole azioni de potestate, al lacunoso rito innanzi al tribunale per i minorenni e sarà costretto all assordante silenzio tenuto dal legislatore su di un efficiente ed adeguato sistema di tutela anticipatoria a cui il figlio nato dal matrimonio può ovviare con le forme cautelari ammesse innanzi al tribunale ordinario oppure con le misure anticipatorie e presidenziali, nell ambito dei procedimenti per separazione e divorzio. Una reale unificazione dello status sul piano sostanziale impone e rende indilazionabile una unificazione sul piano processuale, attraverso la attribuzione della competenza unitaria del tribunale ordinario, organizzato in sezione specializzata, e un rito unico applicabile a tutti i figli, visto che i figli sul piano sostanziale sono sempre gli stessi. Solo così il disegno di unificazione può dirsi compiuto. 2. Pur nel significativo travaso, dovuto alla novellazione dell art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile, delle competenze dal tribunale per i minorenni verso il tribunale ordinario e di un nuovo rilievo delle deroghe per ragioni di competenza, 11

12 La riforma della filiazione: la legge 10 dicembre 2012, n 219 capovolto rispetto all orientamento di Cass. 3 aprile 2007, n che introdusse nel sistema una vis attractiva della competenza del tribunale dei minori in caso di connessione, è rimasta la ripartizione delle competenze ed in particolare l affidamento delle controversie c.d. de potestate, sulla decadenza nella potestà, sui provvedimenti convenienti di minor gravosità rispetto alla decadenza e sulla rimozione o riammissione nell esercizio della riammissione (artt c.c.), al tribunale per i minori, oltre alla nuova previsione di un autorizzazione avuto riguardo all interesse del figlio e alla necessità di evitargli qualsiasi pregiudizio al riconoscimento del figlio incestuoso (art. 251, 2 comma, c.c.), azione per il quale il figlio nato fuori dal matrimonio deve rivolgersi al tribunale per i minorenni. 3. La persistente frammentazione delle competenze e dei riti, che tanto nuoce alla efficienza del processo civile e al principio di eguaglianza, è ancor più drammatico nella materia de qua, per la sua delicatezza e per gli interessi in gioco. Pone poi tutto un problema legato alla competenza attrattiva per connessione, che quanto meno ha il pregio di essere attribuita al tribunale ordinario. Tuttavia la vis non si pone solo per la litispendenza anteriore dei procedimenti per separazione e divorzio, del giudizio sulla controversia inerente l esercizio della potestà ex art. 316 e dubitativamente, ma si ritiene affermativamente, anche dei figli nati fuori dal matrimonio (art. 317-bis c.c.), ma pure quando dette azioni sono introdotte successivamente. Non si inserisce dunque l istituto nel contesto della perpetuatio iurisditionis ex art. 5 c.p.c., poiché la norma esclude la competenza del tribunale per i minori quando sia anticipata o anche seguita l azione innanzi al tribunale ordinario. 4. Resta poi il dramma di un processo sulla potestà che si conduce innanzi al tribunale per i minori con il rito camerale puro, ovvero senza una regolamentazione di legge, in difetto delle corrispondenti garanzie (in aperta violazione dell art. 111 Cost.), per cui potranno perpetuarsi nuovamente le prassi offerte dalla pronuncia di misure del tribunale per i minorenni su segnalazione dei servizi sociali, in assenza di contraddittorio di entrambi i genitori: prassi intollerabili per la materia e comunque alla luce dei principi costituzionali. Resta insoluto il tema di una tutela anticipatoria e provvisoria in limine litis, non tollerando il rito camerale alcun procedimento diverso da se stesso, come i procedimenti cautelari (il legislatore si limita quanto meno a sancire un immediata esecutività del decreto che conclude il procedimento camerale), donde la necessità di ricorrere all analogia ex artt. 710, 3 comma, c.p.c. o, preferibilmente, 336, 3 comma c.c. 5. Infine la reclamabilità del decreto in camera di consiglio, innanzi alla sezione della Corte di appello per i minorenni, che sancisce questa volta in modo generalizzato la natura camerale dell appello in materia di famiglia (arg. art. 709-bis c.p.c. e art. 12

13 introduzione alle nuove regole processuali 4, 15 comma l. n. 998/1970), con buona pace di norme come l art. 342, sul motivo specifico in appello, e l art. 348-bis, sul filtro alla ragionevole probabilità dell accoglimento dell appello e, infine, sull art. 345 c.p.c. intorno al divieto dei nova in appello. L appello camerale ironia e vendetta del sistema si rappresenta più garantistico dell appello orinario, sia per non essere come la giurisprudenza ha predicato applicabile in via analogica regole ed istituti del processo ordinario, sia perché profili attinenti all inammissibilità del mezzo processuale e/o preclusione o decadenza possono essere ammessi solo in modo espresso e tipizzato dal legislatore. 6. Un ultima annotazione, il processo sul riconoscimento del figlio, in un auspicato contesto di più ampio e diffuso accertamento della filiazione, pone un incomprensibile distinzione, sul piano processuale, tra il caso del genitore consenziente e il caso del genitore dissenziente, senza dimenticare la lacuna del legislatore nel non aver individuato le forme per l espressione del dissenso o opposizione al riconoscimento. Si intende forse che la materia sia disponibile? E il consenso o dissenso possa veramente determinare un diverso dosaggio dell accertamento giudiziale? La previsione della norma è equivoca, anche laddove richiama l ascolto del minore (nonostante la sua generalizzazione ex art. 315-bis c.c.) solo nel caso di opposizione. 7. Inoltre l art. 315-bis c.c., dopo la stagione del tacitamente abrogato art. 4, 8 comma, l. n. 898 del 1970 e del tutt ora in vigore art. 155-sexies c.c., sancisce nella prospettiva del figlio il diritto all ascolto. Quest ultimo significativo passaggio dall ascolto discrezionale all ascolto doveroso, sino al riconoscimento, come le convenzione internazionali convertite in legge imponevano, del diritto all audizione, sul quale i nostri provvedimenti minorili si giocano molto della loro efficacia in Europa (art. 23, del regolamento 2003/2201. Già il giudice di legittimità aveva sanzionato di nullità il difetto di audizione (a seguito delle Sezioni Unite n del 21 ottobre 2009), che costituisce finalmente riconoscimento della qualità di parte sostanziale del processo sulla potestà e l affidamento del minore e che l art. 315-bis c.c. riconosce attraverso un istituto che è tutt altro con mezzo istruttorio quanto piuttosto accesso del punto di vista del minore come parte nella lite tra i genitori. Ma resta per la non identica sensibilità della giurisprudenza (Cass. 14 luglio 2010, n ; contrariamente alla condivisibile App. Milano 16 ottobre 2008, rel. e pres. Gatto) il nodo del minore come parte formale, rappresentato tecnicamente da un difensore, l avvocato del minore, che costituisce il vero nodo della futura legislazione in materia di processo di famiglia a cui non potrà sottrarsi presto o tardi il legislatore, anche dopo la riforma dell ordinamento professionale che ha sancito le specializzazioni. 13

14 La riforma della filiazione: la legge 10 dicembre 2012, n Sull attuazione, pur nel generalizzato quadro delle misure coercitive, a tutela non solo dei provvedimenti personali ma anche economici, resta la frammentarietà di istituti che potrebbero essere regolati in modo unitario e generale, compiendo il passo che il legislatore ha percorso nel diritto comune attraverso l art. 614-bis c.p.c. 14

15 profili sostanziali

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17 Unicità dello status filiationis e rilevanza della famiglia non fondata sul matrimonio Francesco Prosperi Università di Macerata 1. Filiazione e famiglia fondata sul matrimonio: le ragioni della discriminazione a carico della filiazione nata fuori del matrimonio e la necessità del loro superamento - 2. Dalla discriminazione all eguaglianza: a) la modifica degli artt. 74 e 258 c.c Segue: b) il riconoscimento del figlio nato da incesto - 4. Segue: c) l inserimento del figlio nato fuori del matrimonio nella famiglia legittima del proprio genitore - 5. Unicità dello status filiationis e famiglia non fondata sul matrimonio - 6. Pluralità dei modelli familiari e Costituzione: compatibilità - 7. Estensibilità della natura familiare alle convivenze etero e omosessuali - 8. La lacuna non colmata: le c.dd. famiglie ricomposte - 9. Considerazioni conclusive 1. Filiazione e famiglia fondata sul matrimonio: le ragioni della discriminazione a carico della filiazione nata fuori del matrimonio e la necessità del loro superamento La parificazione di tutte le forme di filiazione, quale che sia la fonte di costituzione del legame giuridico, è stata finalmente realizzata anche nel nostro ordinamento, come da tempo avvenuto in tutti i Paesi europei, sulla spinta del diritto internazionale convenzionale 1 e comunitario 2. 1 È d obbligo il riferimento alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e ratificata dall Italia con l. 14 agosto 1955, n. 848, in cui il divieto di discriminazione della filiazione fuori del matrimonio è ricavabile dagli artt. 8, 12 e 14, relativi, rispettivamente, al diritto al rispetto della vita privata e familiare, al diritto di sposarsi e di formare una famiglia e al divieto di discriminazione, e alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, siglata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall Italia con l. 27 maggio 1991, n. 176, Convenzione che all art. 2, impegna gli Stati contraenti a rispettare e a garantire i diritti previsti dalla Convenzione stessa a tutti i fanciulli che dipendono dalla loro giurisdizione, senza alcuna distinzione o discriminazione relativa alla nascita o a qualsiasi altra circostanza. 2 L adozione di una nozione ampia di filiazione, inclusiva della filiazione legittima, naturale e adottiva, traspare con chiarezza già nel Regolamento (CE) n. 2201/2003, in materia di cooperazione giudiziaria civile, il quale, modificando sul punto il precedente Regolamento (CE) n. 1347/2000, il cui ambito di applicazione era limitato ai figli comuni dei coniugi, al fine di garantire pari diritti a 17

18 La riforma della filiazione: la legge 10 dicembre 2012, n 219 L art. 315 del codice civile nel testo riformato dalla l. 10 dicembre 2012, n. 219 proclama ora, infatti, che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico. Né il principio giuridico, così chiaramente formulato, rischia in alcun modo di essere rimesso in discussione dall eventuale mancata attuazione nei termini previsti della delega attribuita al governo per eliminare ogni discriminazione in materia di filiazione dall ordinamento vigente. Ciò per la semplice ragione che con l entrata in vigore del nuovo testo dell art. 315, in virtù del criterio cronologico, ogni disposizione incompatibile si deve ritenere tacitamente abrogata. L avvenuta unificazione degli status filiationis, d altra parte, non risente neppure della conservazione di modalità di accertamento differenziate per la filiazione generata in costanza di matrimonio, potendosi parlare di diversità di status soltanto quando essi abbiano un contenuto sostanziale diverso e non quando siano diversi unicamente i modi di accertamento o di contestazione. Ancorché il principio di eguaglianza consiglierebbe di uniformare anche questi aspetti, così come avvenuto, ad esempio, nell ordinamento tedesco. L esito ora raggiunto è stato frutto di un percorso lungo e travagliato, iniziato con il disegno di legge di delega al governo per la revisione della normativa in materia di filiazione approvato dal Consiglio dei Ministri il 16 marzo 2007, decaduto con la fine anticipata di quella legislatura, che ha dovuto superare resistenze tenaci, che fino all ultimo hanno tentato e sperato di interromperne il cammino. Un opposizione che trova una razionale spiegazione esclusivamente nell esigenza di difendere la famiglia fondata sul matrimonio quale unico modello di famiglia giuridicamente riconosciuto, essendo a tutti evidente che i figli nati fuori del matrimonio non portano alcuna responsabilità delle circostanze del proprio concepimento e che, quindi, non dovrebbero pagare per colpe che non hanno. Di fatti, in un sistema, com è ormai quello vigente, in cui la mancanza del matrimonio non determina alcuna conseguenza né sull esercizio della funzione genitoriale, né sulla condizione giuridica dei figli, l attrattiva del matrimonio si riduce, non potendo essere annoverato tra le ragioni che ne favoriscono la scelta il desiderio di assicurare al figlio una condizione giuridica migliore. Difendere, però, la propensione al matrimonio penalizzando i figli nati fuori del matrimonio non soltanto è da tempo sentito come profondamente ingiusto dalla cotutti i minori, ha incluso nel proprio ambito applicativo le famiglie di fatto e quelle ricostituite, come risulta dalla nozione di responsabilità genitoriale e dalla recisione del legame di necessaria contestualità tra i provvedimenti adottati in tale contesto e quelli in materia di dissoluzione del vincolo matrimoniale. Il divieto di discriminazione della filiazione nata fuori del matrimonio è stato previsto dalla Carta dei diritti fondamentali dell Unione europea (c.d. Carta di Nizza), che con l entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha assunto lo stesso valore dei Trattati, in termini sostanzialmente analoghi a quanto disposto dalla Cedu: art. 7 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), art. 9 (diritto a sposarsi ed a costituire una famiglia), l art. 21 (diritto a non essere discriminati). 18

19 Unicità dello status filiationis e rilevanza della famiglia non fondata sul matrimonio scienza sociale, ma è, soprattutto, incompatibile con la gerarchia dei valori disegnata dalla Costituzione, che pone al vertice la persona umana non già la famiglia sia pur fondata sul matrimonio. La scelta appare, inoltre, ingiustificata anche nella prospettiva della politica del diritto, non tenendo conto che lo stesso rapporto coniugale è divenuto nel tempo sempre più instabile e sempre meno, quindi, suscettibile di essere considerato il luogo in linea di principio maggiormente idoneo ad assicurare il miglior assolvimento dei compiti genitoriali rispetto a modelli familiari alternativi. Sulla linea della rigorosa difesa del primato della famiglia fondata sul matrimonio si è, peraltro, purtroppo attestata la Corte costituzionale nell affrontare le questioni relative alla filiazione, dalla quale sarebbe, invece, stato lecito attendersi una ben altra difesa della dignità della persona quantunque nata fuori del matrimonio. L equiparazione fra filiazione legittima e filiazione naturale richiesta dall art. 30, comma 3, Cost. riguarderebbe, infatti, secondo l orientamento della giurisprudenza costituzionale, soltanto il rapporto che si instaura tra il genitore e il figlio 3. Sì è, quindi, rigettato il dubbio di costituzionalità sollevato a proposito della discriminazione più grave a carico della filiazione nata fuori del matrimonio lasciata irrisolta dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, vale a dire la negazione di ogni rapporto di parentela oltre quello intercorrente con il genitore, salvo i casi in cui non fosse diversamente previsto. Circostanza che, seppur non espressamente enunciata e benché l art. 74 c.c. definisse la parentela come il vincolo tra persone che discendono da uno stesso stipite senza alcuna distinzione tra discendenza legittima o naturale, veniva ricavata in via interpretativa, sostenendo la dottrina dominante, ma non unanime 4, che tra gli effetti del riconoscimento dovesse comprendersi la parentela, sì che la sua rilevanza dovesse essere limitata al genitore che avesse operato il riconoscimento in virtù dell art. 258 c.c., che, nel testo ora riformato, sanciva l esclusività degli effetti prodotti dal ricono- 3 Cfr. Corte cost., 24 marzo 1988, n. 363, in Dir. fam., 1988, 1201 ss.; Corte cost., 12 aprile 1990, n. 184, in Rass. dir. civ., 1991, 422 ss., con nota di Prosperi, L incerto incedere della Corte costituzionale nei confronti della parentela naturale; Corte cost., 7 novembre 1994, n. 377, in Fam. e dir., 1995, 5; Corte cost., 15 novembre 2000, n. 532, in Giust. civ., 2001, I, 591 ss., con nota di Bianca; ed in Fam. dir., 2001, 361 ss., con nota di Ferrando. 4 Per l opinione che assegnava capacità espansiva anche alla parentela naturale, ritenendo che l esclusività degli effetti del riconoscimento disposta dall art. 258 c.c. fosse volta unicamente a impedire l estensione degli effetti del riconoscimento da un genitore all altro, v., infatti, tra gli altri, Carraro, La vocazione legittima alla successione, Padova 1979, 61, 167 ss., 178 ss.; Bianca, Diritto civile, 2, Persona e famiglia, 1981, 20 ss.; Prosperi, La famiglia non fondata sul matrimonio, Camerino-Napoli 1980, 145 ss.; Id., Matrimonio, famiglia e parentela, in Rass. dir. civ., 1983, 405 ss.; Majello, Della filiazione naturale e della legittimazione, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma 1982, 7 e 108 ss.; Ciccarello, Parentela (dir. civ.), in Enc. dir., XXXI, Milano 1981, 654 s.; Ferrando, Il rapporto di filiazione naturale, in Tratt. Bonilini-Cattaneo, Filiazione e adozione, III, Torino 1997, 93. In giurisprudenza, v. Cass., sez. II, 6 ottobre 2006, n , in Giust. civ. mass., 2006,

20 La riforma della filiazione: la legge 10 dicembre 2012, n 219 scimento, salvo, appunto, i casi previsti dalla legge. Soluzione interpretativa giudicata costituzionalmente conforme dal giudice delle leggi. Salvo il timido e incoerente accoglimento della questione di incostituzionalità operato in due occasioni concernenti a successione ab intestato dei fratelli naturali, le quali, operando una sottile e opinabile distinzione tra consanguineità e parentela, hanno finito per creare un grado ulteriore di successibili rispetto a quelli previsti dall art. 565 c.c., collocando i fratelli naturali all ultimo posto dei chiamati per legge, dopo, cioè, i parenti legittimi fino al sesto grado e prima soltanto dello Stato 5. La Corte costituzionale si è, comunque, rapidamente pentita di questa sia pur modesta apertura, dichiarando inammissibile il dubbio di legittimità costituzionale sollevato sempre a proposito dell art. 565 c.c. e mirante ad ottenere l inserimento dei fratelli e delle sorelle naturali nello stesso ordine successorio dei fratelli legittimi 6, ritenendo trattarsi di questione appartenente alla discrezionalità legislativa. Non senza mancare, tuttavia, di sottolineare che Dopo vent anni dalla riforma del diritto di famiglia appare sempre meno plausibile la regola che esclude dall eredità i fratelli e le sorelle naturali del defunto a beneficio anche di lontani parenti legittimi fino al sesto grado. L orientamento restrittivo della Corte ha trovato ulteriore conferma nella decisione che ha ritenuto infondato il dubbio di costituzionalità sollevato a proposito dell esclusione dei parenti naturali di grado ulteriore rispetto ai fratelli (in particolare, nel caso di specie si trattava di cugini naturali) da ogni diritto di successione legittima 7 e, più di recente, nella sentenza con cui è addirittura giunta a ritenere pienamente conforme alla Costituzione il diritto di commutazione previsto nell art. 537, comma 3, c.c., in quanto, secondo quello che si legge nella motivazione, tale disposizione attribuirebbe al giudice il ruolo di garante della parità di trattamento nella diversità, attraverso il continuo adeguamento della concreta applicazione della norma ai princìpi costituzionali. Un vero e proprio esercizio di funambolismo logico che non può oscurare la circostanza che la diversità di posizioni attribuita dalla norma alla filiazione legittima rispetto a quella naturale attiene a null altro che al diverso status filiationis, cioè ad una condizione personale e sociale che non può incrinare, per previsione espressa dell art. 3, comma 1, cost., il principio fondamentale di eguaglianza di fronte alla legge. Era, dunque, largamente presente nella nostra cultura giuridica la convinzione che la tutela costituzionalmente riservata alla famiglia fondata sul matrimonio giustificasse la compressione di un diritto fondamentale del figlio naturale come quello a veder formalmente riconosciuti i rapporti di parentela con i parenti del proprio genitore. 5 Corte cost., 4 luglio 1979, n. 55, in Rass. dir. civ., 1980, 1146 ss., con nota di Prosperi (1119 ss.); Corte cost., 12 aprile 1990, n. 184, cit. 6 Corte cost., 7 novembre 1994, n. 377, cit. 7 Corte cost., 15 novembre 2000, n. 532, cit. 20

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