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- Simone Colombo
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4 Donne in bilico tra arretratezza e modernizzazione Indagine qualitativa sulle esistenze e i lavori, flessibili e precari delle donne Rapporto Commissionato dalle Consigliere di Parità della Provincia di Roma realizzato da Sabina Di Marco Roma, Maggio 2007 poi lei si sganciò, finalmente. Prese il largo per conto suo. Arrivò in posti illustrati nei libri e anche in altri, che non erano sui libri e nemmeno sulle mappe. Posti in cui lei, essendo una ragazza, non si era mai sognata di arrivare. Non da sola, perlomeno. Ray Carver, Orientarsi con le stelle, Minimum fax.
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6 Indice Premessa Il metodo e il campione. Il racconto di sé, l autobiografia, le storie di vita Guida alla lettura delle interviste Le interviste Allegati A. Il mercato del lavoro e l occupazione femminile B. Bibliografia
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8 Premessa La parola alle protagoniste. Donne che si raccontano in una lunga, appassionante, sincera intervista e che, in modo diretto e autentico, ci consentono di entrare nel cuore dello studio che qui presentiamo. Donne in bilico: tra generazioni diverse, tra lavoro e vita, tra precariato e autostima, tra studio e realizzazione professionale, tra arretratezza e modernizzazione, come sintetizza efficacemente l autrice nel titolo del testo che segue, da cui è stata tratta in seguito la pièce teatrale dal titolo Presente Sospeso 1. Cinzia, Silvia, Gisella, Fabiola, Laura, Lucia ed Alessandra: sette donne. Un campione random che significativamente rappresenta lo spaccato del mondo (non solo del lavoro) femminile, precario e flessibile, in Provincia. Sette - come note, a volte dolci, a volte stridule, sullo spartito della domandaofferta - le intervistate sottolineano I momenti si e i momenti no delle loro esperienze lavorative e di vita, sempre in sintonia con il nostro tempo, con un tempo che le vede oggi sospese pericolosamente, appunto, tra passato e futuro. In movimento continuo secondo una sinfonia a molti sconosciuta ed incomprensibile eppure armoniosa. A chi legge infatti le loro parole rimane dentro il suono forte del coraggio con cui affrontano le difficoltà a trovare un occupazione, il suono allegro dell autoironia con cui guardano a se stesse e al mondo, il suono profondo di denuncia delle ingiustizie e delle cose che non vanno nella nostra società. Poi, a corollario dei tanti virgolettati, segno del rispettoso ascolto delle biografie sonore di ognuna di loro, nella seconda parte dello studio, seguono i dati salienti del fenomeno analizzato, raccolti e commentati a livello scientifico, ma mai con distacco. Qual è dunque alla fine il quadro che emerge dalla presente ricerca qualitativa basata sulla tecnica del racconto autobiografico che come Consigliere di Parità della Provincia di Roma abbiamo promosso per conoscere da dentro la realtà che ogni giorno è davanti agli occhi di tutti? 1 Con la regia di Paolo Vanacore, musiche originali di Alessandro Panatteri, fonica e luci Andrea Latini e Luciano Stavola. Interpreti: Silvia Antonini, Barbara Christoffel, Michela Massimi, Eleonora Petrucci 5
9 Come intuibile, dai ritratti tratteggiati dalle protagoniste, non può scaturire un immagine unica di donna contemporanea. I vissuti infatti sono molto diversi, per età, capacità, provenienza, percorsi. Eppure, nonostante le tante differenze, le caratteristiche delle nostre finiscono per coincidere. Spesso in conflitto con la famiglia d origine, un po disilluse del partner, affaticate dalla quotidianeità, critiche verso i ritmi della grande città, non pienamente partecipi della vita politica, soddisfatte nel ruolo di madri e convinte nel fare volontariato. Insomma, una realtà da tenere in conto nelle sue diverse sfaccettature per chi come noi ha la mission della tutela e della promozione delle competenze femminili, della lotta alle discriminazioni di genere, della promozione delle pari opportunità uomodonna nel mercato lavoro. Dunque, azioni mirate da intrecciare con percorsi professionalizzanti, individuali e collettivi e politiche integrate nel territorio per dare il nostro sostegno al coraggio e alla tenacia delle tante giovani e meno giovani donne che cercano un lavoro, vogliono mettere su famiglia e realizzarsi come persone nella società. Le Consigliere di Parità Francesca Bagni Cipriani, Daniela Belotti 6
10 1. Il metodo e il campione. Il racconto di sé, l autobiografia, le storie di vita La scelta di svolgere un indagine sul lavoro precario e flessibile delle donne sul versante qualitativo, con metodi e con caratteristiche chiaramente interpretativi e legati alla soggettività del racconto personale della propria individuale esperienza, nasce dalla constatazione che l oggettività dei dati sull occupazione in Europa, così come in Italia e nella Provincia di Roma (vedi allegato 1) giustificano solo in parte, il senso profondo di smarrimento e, appunto di precarietà, avvertito in maniera così diffusa e largamente consolidata, nell immaginario collettivo e nella cultura del nostro paese. Esistono delle zone d ombra che rendono solo parzialmente descrivibili con i metodi statistici classici sull occupazione e il mercato del lavoro, il senso d inadeguatezza, le difficoltà di accesso al lavoro, l incertezza e la paura del futuro che si avverte come sentimento diffuso d instabilità sociale, soprattutto per i giovani e le donne. Il futuro non è più quello di una volta compare sul muro di una città italiana ad opera di un poeta di strada e sintetizza una cultura che nega al proprio domani possibilità di miglioramento della propria condizione. Si avverte un sentimento di rinuncia da parte delle donne e dei giovani a vedersi garantito un percorso professionale e lavorativo, un incapacità a progettare un proprio modo di affrontare il mondo del lavoro in una fase di forte transizione da un modello ad un altro. Dal lavoro maschile stabile e industriale, al lavoro femminilizzato, flessibile e terziarizzato. Dove vengono richieste abilità e competenze capaci di governare mercati instabili, risorse umane con alte aspettative e consumi in forte trasformazione. Dunque appare limitante il tentativo di dare una qualche interpretazione e lettura alle trasformazioni epocali che stiamo vivendo nel mondo del lavoro, circoscrivendo al lavoro stesso la materia d indagine. Si è ritenuto di poter attingere alle diverse sfere del vissuto soggettivo delle donne intervistate, come vasi comunicanti che concorrono alla costruzione della proprio condizione esistenziale, di cui il lavoro é parte integrante e come vedremo, costitutiva. Si è scelto dunque di affrontare il tema della precarietà/flessibilità del mercato del lavoro delle donne con delle interviste guidate a metà strada tra l autobiografia e le storie di vita, conducendo le intervistate, ma lasciandole anche abbastanza libere di dilungarsi su uno anziché un altro tema. Il percorso delle storie si è dipanato dalla famiglia di origine, alla propria vita privata, affettiva e familiare, a partire i temi del 7
11 lavoro, della professione, della formazione e del rapporto con le istituzioni e la politica. In questa libertà di racconto le intervistate hanno tessuto la narrazione di vicende private e pubbliche intersecandole e ricostruendo la propria storia personalissima e, tuttavia, spesso così comune a quella di un altra. Nella scelta del campione si è inteso innanzitutto, tener conto dei settori in cui il lavoro precario e flessibile è più presente, ma anche di quei settori, meno rilevanti mediaticamente e che tuttavia sono tra quelli in cui troviamo forme diverse di precarietà e molta occupazione femminile. Si è pertanto proceduto ad intervistare nei settori della pubblica Amministrazione, dove la presenza di precariato storico è altamente significativa, il settore della ricerca, altro mercato bloccato in cui gli accessi a carriere stabili e più tradizionali appare una chimera per quanti da decenni ruotano attorno ad università, enti di ricerca, ecc., si è esaminato inoltre il settore della cooperazione sociale e poi, attività nei beni culturali settore che nella città di Roma rappresenta uno degli ambiti che caratterizzano il mercato del lavoro, e di lavoro precario, per storici dell arte, archeologi, ecc. inoltre si è affrontato il settore privato del commercio, intervistando una giovane agente immobiliare, eppoi naturalmente una lavoratrice di call center uno dei settori più richiamati nell immaginario collettivo in associazione con lavoro precario ed alienante, infine quello della comunicazione,intervistando una donna di precariato storico alla Rai. In tal modo si è ritenuto di toccare quei settori che sono su Roma e Provincia le realtà più significative da un punto di vista socio economico del territorio, caratterizzato da pubbliche amministrazioni e terziario avanzato, appunto. Le donne sono tutte fortemente presenti nei settori menzionati, fino in alcune realtà ad arrivare ad oltre il 70% della forza lavoro. Le donne intervistate hanno in alcuni casi chiesto l anonimato e le abbiamo dunque chiamate con nomi a volte fittizi, per garantire una tutela, che per chi vive una condizione di lavoro a termine è una delle esigenze più diffuse. La dimensione territoriale non è parsa significativa nel determinare la scelta delle donne da intervistare non essendo questa una variabile che modifica in maniera sostanziale il rapporto con la dimensione precaria del lavoro in senso stretto, anche se per alcune intervistate la dimensione comunitaria a differenza di quella cittadina modifica il rapporto cittadino/istituzioni. Altra variabile di cui si è invece tenuto conto è quella dell età. Le intervistate abbracciano tutte le fasce di età dai 20 ai 30, dai 30 ai 40, e dai 40 ai 50. A confermare che oramai il lavoro precario e flessibile, tocca tutte le fasce di età e non può essere 8
12 relegato ad un evento giovanilistico. Anzi, spesso la precarietà si protrae sino alla soglia dei 50 anni, specialmente in quei settori in cui il sapere è valore aggiunto (si pensi al settore della ricerca o alla biologa della P.A.), modificando radicalmente i percorsi di vita delle persone, portando a rinunce e ad un modello di vita assolutamente inedito rispetto al passato. Anche se come vedremo in seguito, non è a nostro avviso possibile stabilire nessi causa/ effetto tra le scelte operate in ambito privato (es. avere e non avere figli) ed il lavoro. Spesso sono diversi i fattori che inducono a tale scelta e talvolta si sceglie di avere figli nonostante l instabilità economica e lavorativa. Perché la scelta di avere, o non avere figli, realizzare o meno una propria vita affettiva compiuta non è ascrivibile esclusivamente a condizioni materiali di vita, come vedremo a guidare le donne in queste scelte difficili e costitutive della propria identità e della propria vita, concorrono spesso aspettative, bisogni, ricerche identitarie appunto che legano indissolubilmente le condizioni materiali di vita ai rapporti con la famiglia di origine, a modelli sociali e culturali, a quanto d immateriale e culturale concorre nel determinare gli stili di vita. Con questa indagine, che evidentemente non pretende di avere rilevanza statistica, s intende tuttavia esplorare alcuni ambiti culturali e valoriali che spesso vengono sottovalutati nel descrivere fenomeni lavoristici. Il lavoro non si riduce, soprattutto nelle società avanzate, a fonte di reddito, il lavoro, ed in particolare per le donne ed i giovani, rappresenta il modo di essere nella società. Il modo di esistere come individui e come categorie collettive, pertanto, individuare quegli elementi che concorrono a costruire l immaginario sul precariato contribuisce a dare spunti di riflessione sul fenomeno e a mirare le politiche d intervento. 2. Guida alla lettura delle interviste Le interviste sono state realizzate toccando tutte le sfere della vita, da quella pubblica del lavoro e del rapporto con la politica e le istituzioni, a quella privata nel rapporto con la famiglia di origine, quello con i figli e il partner, nella vita di relazione con gli amici e nel quartiere. Andando a ripercorrere il proprio percorso di studi e di vita, ricostruendo valori e stili di vita, aspettative e bisogni delle intervistate. Tutte le intervistate alzandosi, a microfoni spenti, hanno rilevato il bisogno di parlare che avevano e il fatto che sempre meno vi è capacità di ascolto in una società spesso urlata, sembra essersi interrotto il filo della comunicazione attiva, dove gli interlocutori partecipano alla vita e ai pensieri dell altro. Il primo dato che risulta 9
13 significativo è il bisogno di essere ascoltate da parte delle intervistate. Ed anche il bisogno di ricostruire un percorso che nella narrazione perde il senso di frammentarietà, proprio di chi non riesce ad avere una visione progettuale della propria vita. Il dato che appare significativo dalla lettura delle interviste è quello della vita alla giornata, senza particolari aspettative per il futuro e con un modo di procedere a vista che nel lavoro si traduce nel cogliere le occasioni che vengono avanti, al di là di un disegno, di una ricerca di professionalità e di identità, ma piuttosto uno sperimentare strade per garantirsi, anche con due o tre lavori, la sussistenza e una parziale stabilità nel mercato. Le donne che abbiamo intervistato sono in bilico tra il proprio futuro e il proprio passato, alla ricerca di un identità sociale e personale che le emancipi dalle loro madri e le conduca in qualche luogo, che ancora non riescono a vedere. Il futuro appare infatti una sorta di chimera, non si aspira più alla costruzione di progetti di vita, si ambisce a permanere in una condizione di eterna contemporaneità. In un presente sospeso. Ma queste donne così poco visionarie rispetto al loro futuro, quasi miopi, a differenza delle donne del passato esibiscono una rinnovata sicurezza nelle proprie capacità e tranne che per rare eccezioni bastano a se stesse. Sanno essere sole, ed anche quando scelgono la famiglia come priorità, non rinunciano allo spazio per sé, a quella stanza tutta per sè di woolfiana memoria.. Alla domanda, quasi di colore, posta in conclusione delle singole interviste biografiche, ovvero, che donna sei? le risposte sono: in crisi, coraggiosa, leggera, tutte comunque risposte consapevoli di una condizione e di uno stato d animo, e pronte ad affrontare le difficoltà anche da sole. Questa forma di solitudine nei percorsi che si evidenzia nella distanza dalle istituzioni che non entrano se non in maniera del tutto marginale nella loro vita è una caratteristica inedita che va a definire un modo nuovo di essere. Solitario ed individualizzato, cui le donne fatte di legami e relazioni sfuggivano in epoche passate, anche di un passato recente. Entrando nel merito e provando a dare una lettura delle interviste suddivise per aree tematiche, si tentano alcune interpretazioni che evidentemente non sono esaustive del fenomeno della flessibilità/precarietà, ma contribuiscono in forma di suggestioni a descrivere un fenomeno con una forte valenza sociale, di cui le donne sono protagoniste, nel bene e nel male. 10
14 2.1 La vita familiare, ovvero la propria famiglia di origine, come luogo di costruzione dei valori e dell identità; Il campione delle intervistate conferma il dato che le origini di quanti vivono nella città di Roma e nella Provincia sono le più disparate. Roma è luogo di arrivo per molti che in origine vivevano in altri posti d Italia e anche all estero con storie di migrazioni e forte mobilità sul territorio. Da un punto di vista antropologico appare evidente la forte contaminazione tra diverse culture, dal Nord al Sud Italia, ma anche una presenza ormai consolidata e di seconda generazione di cittadini provenienti da altri Paesi (nel campione abbiamo anche una giovane donna nata in Italia di origine di Capo Verde). Nel descrivere la propria famiglia di origine tutte le intervistate esibiscono una forte capacità di analisi e una grande capacità di approfondimento, come se quello fosse un tema ampiamente sviscerato. Le questioni che riguardano la propria famiglia, i propri genitori vengono trattate con grande lucidità di analisi e forte consapevolezza delle proprie origini, attribuendovi chiare connotazioni sociali. La famiglia è senz altro luogo di affetti, luogo di costruzione d identità per le intervistate che tuttavia vi riconoscono tutti i pregi, ma anche tutti i limiti, a volte con analisi impietose circa l idea stessa di famiglia o i rapporti di coppia dei propri genitori. E come se riconoscessero un solco tra l esperienza maturata nella prima parte della loro vita e ciò che sono in età più matura. La famiglia è senz altro luogo di solidarietà e di sostegno ma si evidenziano le distanze tra il modo di vedere il lavoro, i rapporti di coppia e più in generale la società tra genitori e figli in un solco generazionale molto più marcato di quanto ci si aspetterebbe. Uno dei dati che emerge con maggiore chiarezza è una valutazione complessiva della propria famiglia di origine come luogo di conflittualità; genitori spesso in conflitto tra loro, separazioni o comunque coppie ritenute scoppiate dalle intervistate come fonti di antagonismi, anche di genere. Le intervistate, single o in coppia, marcano la distanza tra il proprio modo di concepire i rapporti e quello della famiglia di origine. Sottolineano il gap tra una visione sostanzialmente tradizionale di famiglia e la loro spesso connotata da percorsi di convivenza anziché di matrimonio e non sempre coronate da figli come fine ultimo del rapporto di coppia in una fase matura. Per queste donne la famiglia è stato sì luogo di affetti, ma anche luogo di conflitti. Si evidenzia inoltre una sostanziale distanza identitaria dalla figura materna percepita spesso come subalterna e comunque distante rispetto ad un modello di donna a cui 11
15 non si vuole proprio assomigliare. Madri che lasciano il lavoro con l avvento dei figli, insoddisfatte del proprio ruolo, cariche di aspirazioni inespresse, veicoli di costruzione di aspettative circa il lavoro e le opportunità di emancipazione che questo offre. Una visione che porta spesso le intervistate a ricercare nella realizzazione professionale ed economica un aspetto irrinunciabile, fonte di stimolo e affermazione sociale in un contesto quello del mercato del lavoro - che appare comunque ostile e poco favorevole ad accogliere le donne e valorizzarle. Le madri lasciavano il lavoro per scelta con l arrivo dei figli per quanto in maniera forzosa e indotta le figlie vengono espulse dal mercato con la maternità come inidonee a garantire la flessibilità e le performance richieste, Rosella. Il rapporto identitario con la madre risulta spesso contraddittorio, fatto più che di vicinanze, di distanze forse adesso inizio ad avvicinarmi a mia madre, adesso che sono madre anch io, sostiene Silvia. Ma le madri hanno trasferito alle loro figlie un sentimento d inadeguatezza sociale. Spesso si sono dedicate ai figli non come libera scelta, ma come scelta obbligata che dalle figlie viene imputata spesso ai padri mio padre disincentivava mia madre a lavorare, se per caso ogni tanto a lei gliene veniva la voglia, Sara. Con i padri i rapporti sono anch essi difficili, padri che assumono un ruolo critico nei confronti di figlie che si misurano come uomini con il mercato del lavoro che cercano la propria via alla realizzazione sociale anche adesso che ho avuto riconoscimenti nella mia professione, dopo tanti anni, per mio padre resto una con un lavoro precario di cui ci si deve preoccupare, Serena. Ad accomunare parte delle intervistate è inoltre la difficoltà ad emanciparsi e a lasciare la famiglia di origine e non solo per motivi legati alla condizione economica e alla precarietà contrattuale, ma anche a causa di un diffuso senso di colpa nell abbandonare genitori anziani. Colpisce la definizione di una delle intervistate che parla di una sorta di vampirismo generazionale dei vecchi sui giovani. E le donne appaiono le più vampirizzate, anche in termini emotivi. La famiglia dunque come luogo di costruzione della propria identità con tutte le contraddizioni che essa inevitabilmente porta con sé. Nella costruzione del proprio immaginario sul lavoro le donne intervistate mostrano tutti i limiti e la grande forza di storie di famiglia in cui il tema della soddisfazione nel lavoro, del riconoscimento economico, della rivendicazione sociale hanno comunque, nel bene e nel male, determinato le proprie scelte, sempre scelte di emancipazione. Ed il lavoro è ancora luogo di emancipazione sociale per le donne. 12
16 2.2 La sfera privata, affettiva ed amicale come ambito di costruzione di relazioni e di una nuova famiglia; Si evince nell ambito privato e della sfera affettiva, la difficoltà nella costruzione di rapporti nella forma tradizionale, mutuati dal passato, quando si è in coppia si tende alla convivenza in forma sostitutiva rispetto al matrimonio o comunque come forma di anticipo pre matrimoniale che non si può saltare nel passaggio alla vita adulta. La convivenza e non il matrimonio appare fase irrinunciabile in un percorso di coppia. Così come appare problematizzata la relazione con l altro sesso, la difficoltà in età adulta a trovare punti di condivisione con un eventuale partner in alcuni casi considerato come chimerico. In rari casi il partner assume il ruolo trainante, più spesso è un compagno con cui si condividono paritariamente percorsi. Non colui che conduce, spesso se non in uno scambio alla pari, viene condotto da donne sempre più consapevoli ed autonome emotivamente ed economicamente. Non rinunciano come le loro madri all indipendenza economica, neanche con l avvento dei figli, ma ancor di più non rinunciano a propri spazi emotivi, alla stanza tutta per sé di Virginia Wolf. Le donne intervistate innanzitutto pensano a sé come conquista irrinunciabile, e alla propria personale realizzazione come persone. I figli quando non ci sono sono vissuti come un costo affettivo ed economico, quando ci sono come una risorsa, fonte di energie e ottimismo. Anche se si problematizza il ruolo di madre ed il prevalere del rapporto di cura a fronte della ricerca di una relazione più cognitiva e affettiva. La divisione dei compiti tra genitori appare un tema superato, padri e madri contribuiscono alla crescita dei figli, ma permane un ruolo materno più pratico e orientato alla cura ed uno paterno più ludico ed orientato al gioco, Barbara. In alcuni casi appare che la ricerca della propria realizzazione personale e professionale venga vissuta in maniera detrattiva rispetto alla propria realizzazione legata alla sfera affettiva e di relazione, come se si fosse state costrette a scegliere tra l una o l altra. Come se per alcune di loro l impegno nella realizzazione professionale sia costato in termini di realizzazione di una vita affettiva piena e compiuta. I partner quando ci sono, sono forse un pò sbiaditi, sullo sfondo, compagni paritari a cui si ricorre nei momenti di crisi o fonti di svago. 13
17 2.3 Gli ambiti del territorio, della vita di quartiere, della mobilità sul territorio, come risposta all isolamento prodotto dalla città; La città appare sempre più costituita da quartieri dormitorio, dove si approda dopo una mobilità forsennata fatta di spostamenti per raggiungere il luogo di lavoro (spesso più di uno) e dunque con un vissuto straniante. Il quartiere è il luogo dove si approda senza tessere legami particolari, si fa la spesa e si compra il giornale, ma la relazione ed il legame si limita a questo. Cittadine della città le intervistate ne vivono anche tutta la valenza anonima a discapito di una possibilità maggiore di relazione e di radicamento. Si evince con chiarezza che il territorio, il quartiere non viene vissuto dalle intervistate come luogo di aggregazione, come comunità di affetti, ma piuttosto come luogo di transito. Quando non proprio ostile, Giorgia che descrive il suo quartiere come un luogo diviso tra persone agli arresti domiciliari e tossicomani, dove non vorrebbe veder crescere il proprio figlio. Confermando l idea di una città che riesce poco ad aggregare, a produrre luoghi di partecipazione, mentre viene enfatizzata la dimensione di provincia per le opportunità di relazioni di qualità che offre, per la possibilità d impegno anche politico che consente, per la maggiore vicinanza tra istituzione e cittadino. La città risulta essere ostile mentre la provincia accogliente e comunitaria. 2.4 Le scelte scolastiche e formative; Le intervistate hanno quasi tutte un istruzione medio alta (diploma, laurea e post laurea), tuttavia il percorso formativo nei periodi della scuola e dell Università non sembra essere particolarmente enfatizzato. Nella descrizione dei propri percorsi formativi si evince intanto un atteggiamento quasi neutro di scarsa partecipazione, come se le scelte effettuate non fossero state in alcun modo fonte di un preciso intendimento, di una scelta attitudinale e di un progetto professionale, una mancanza di orientamento e d indirizzo anche da parte della famiglia, un essere lasciate sole difronte alle scelte scolastiche e professionali. Qualche rammarico, alcune difficoltà, qualche breve entusiasmo nel percorso di studi, con istituzioni scolastiche che non diventano mai persone, maestri, raramente scelte di passione. Forse a causa di uno scarso orientamento e indirizzo in alcuni casi si evince la distanza tra i propri interessi, hobbies, impegni nel tempo libero o in forma residuale e le scelte scolastiche e universitarie e professionali. 14
18 Il nesso tra istruzione e professione appare spesso casuale. Evidenziando il gap tra il mondo dell istruzione e quello del lavoro che risultano essere due ambiti distinti e distanti. Le intervistate spesso avevano diverse ambizioni o non avevano affatto ambizioni rispetto al lavoro oggi svolto. Tranne in casi rari, Carla, dove la scelta professionale (archeologa) è autenticamente una passione che aiuta anche a sottovalutare la forma contrattuale con cui la professione si esercita, per Carla il tipo di contratto non appare rilevante, è piuttosto rilevante il tipo di prestazione richiesta e il livello di gratificazione ottenuto. La formazione in età più adulta viene spesso vissuta come contingenza, come opportunità finalizzata a cogliere una proposta di lavoro ed anche in questo caso con uno scarso indirizzo rispetto ad un progetto complessivo, ma mirata alla contingenza, al carpe diem. Ci si riposiziona in età adulta rispetto alla formazione in relazione alle opportunità di lavoro che offre. Il rapporto attitudini formazione lavoro, sembra ancora lontano da venire. 2.5 La ricerca del lavoro e le opportunità offerte dal mercato; Le difficoltà di ingresso e permanenza nel mercato del lavoro da parte di queste donne conferma il comune sentimento di difficoltà di accesso accentuato negli ultimi anni, per tutti, donne, uomini giovani e meno giovani. L assenza delle istituzioni nell agevolare l incontro domanda/offerta di lavoro e la presenza di luoghi comuni e pregiudizi legati forse più all età che al genere, contribuiscono ad allontanare le persone dal mercato del lavoro, relegandolo in condizioni di vera marginalità. La giovinezza appare come l attributo principale a garantire competitività sul mercato, sembrano pesare poco le esperienze maturate, non la competenza, la professionalità, ma la giovinezza, la disponibilità, la duttilità. Vi è inoltre un evidente denuncia della casualità nella realizzazione dei percorsi, legati alla casualità alla realizzazione di uno stage o alla risposta ad un annuncio, o alla segnalazione di un amico, per trovare un lavoro saltuario che poi diviene il proprio lavoro stabilmente a full time, in forma precaria. La ricerca del lavoro si realizza per lo più, a disconfermare il luogo comune senza nessuna raccomandazione, solo il passaparola e inviando il curriculum, ma mai attraverso canali istituzionali (es. Centri per l Impiego). La casualità nel trovare un primo lavoro a cui poi ci si aggrappa perché sembra impossibile trovarne un altro, la difficoltà nel perseguire un progetto professionale e 15
19 l assenza di percorsi che garantiscano accesso al lavoro e la grande possibilità di cambiarlo, il lavoro, se si vuole. Si rimarca tuttavia una differenza tra ieri ed oggi, ieri si trovava lavoro anche inviando un curriculum, oggi no. Io non chiedo un lavoro a tempo indeterminato, io chiedo un contratto, ma non trovo neanche quello. Come se le aziende fossero molte di meno e le persone che cercano lavoro sempre di più, Chiara. Appare inoltre forte la richiesta di modernizzazione dei metodi con cui ovviare al gap tra offerta e domanda di lavoro, si suggeriscono costruzione di banche dati, bacini tematici di precari cui attingere ecc. lamentando istituzioni assenti e inadempienti. Il dato realmente significativo è legato all assenza di qualunque forma codificata di orientamento al lavoro, e di accesso al mercato. Donne sole con i propri percorsi che hanno fatto di necessità virtù e si destreggiano, a volte abilmente, in un mondo ostile. 2.6 Il lavoro e la stabilità occupazionale; Il lavoro risulta essere ancora un elemento costitutivo determinante per l identità sociale e uno spartiacque per le donne con le generazioni precedenti. Sono una donna diversa dal passato perché ho un lavoro, una professione, un istruzione, una riconoscibilità sociale. Mi allontano dai modelli tradizionali anche grazie al lavoro, grazie a questo costruisco una nuova identità di genere. Dunque per le donne il possedere o meno un occupazione di qualità appare ancora più determinante in una fase di transizione culturale dai modelli genitoriali, e sociali industriali a nuovi modelli paritari. Tuttavia alla rivendicazione di genere si affianca ancora la rivendicazione di classe, il bisogno del lavoro come mero bisogno economico e non esistenziale ed identitario. E l istruzione e la mobilità sociale come rivendicazione del passaggio da una condizione sociale ad un altra per donne che la ricercano non più di riflesso come condizione legata al matrimonio, ma come personale rivendicazione sociale in maniera del tutto inedita rispetto al passato. Rivendicazione di genere e di classe dunque nel lavoro, che diviene ai primi posti nella graduatoria dei valori delle donne, che sembrano non rinunciarvi in termini di principi e che si trovano costrette a farlo a causa di un welfare poco inclusivo e ad un mercato del lavoro selvaggio. Il lavoro mantiene ancora una centralità indiscussa come mezzo di affermazione ancora prima di ben più evidenti differenze, fa la differenza. Non mi sento diversa per la pelle, per la cittadinanza, perché donna, ma per il lavoro sì, quel contratto e la precarietà, mi fanno 16
20 sentire diversa, diversa anche dai miei genitori che sono immigrati in italia da Capo Verde, ma hanno lavorato con un contratto a tempo indeterminato e la sicurezza del lavoro. Un tratto comune che si evince da queste storie di precarietà e flessibilità contrattuale è l essere costretti all aprogettualità professionale e a prendere quello che capita mi sono riciclata continuamente, dice Sara, e non si può tenere barra su un progetto di realizzazione professionale si è in balia del mercato e di quello che offre momentaneamente saltuariamente e non valgono lauree e specializzazioni, sembra un indistinto in cui l esperienza e la competenza non si cumulano, non fanno carriera. Percorsi aprogettuali per un mercato ed una società senza progetto, che non valorizza e non riconosce meriti. In più la convinzione che non basta un solo lavoro ma ne servono più di uno e per garantire salario e per evitare di perderne uno e non trovarsi nulla tra le mani, la pluricommittenza come ammortizzatore sociale come unica possibilità per affrontare la disoccupazione possibile. La vita tra due o più lavori, così se finisce uno ho sempre l altro. Non vorrei molto, non mi aspetto più di fare carriera. Vorrei solo più sicurezza e la possibilità di avere un po di tempo libero. Anche solo per leggere, Sara. Un altro dato che appare evidente è che nel lavoro atipico incontriamo spesso una forma di discrasia tra il contratto (autonomo) ed il lavoro effettivamente svolto (subordinato). Un altro dato che emerge con grande chiarezza è che non esiste l idea di carriera come avanzamento gerarchico o economico, ci si preoccupa in una condizione di precarietà di garantirsi una certa orizzontalità di lavoro, di mantenere almeno lo status quo, trovare solo un modo per restare a galla. 2.7 La propensione alla progettualità e al futuro; Appare evidente dalle interviste la tendenza a ridurre le aspettative circa il futuro nelle intervistate più grandi di età, e una visione complessiva delle intervistate che le porta a enfatizzare la contemporaneità e il presente senza riporre particolare investimenti nel futuro, che diviene una sorta di luogo rimosso di cui non si sanno decifrare i codici, qualcosa di assente, impossibile da prefigurare. Le intervistate alla domanda sul futuro, si scherniscono, rifuggono, si accontentano di quello che hanno. E quello che hanno è una profonda fiducia in loro stesse, donne coraggiose, ottimiste, realiste, ironiche, leggere. 17
La felicità per me è un sinonimo del divertimento quindi io non ho un obiettivo vero e proprio. Spero in futuro di averlo.
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